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Avvocato Generale HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE, 30/4/2019 n. C-708/17 e C-725/17
Teleriscaldamento-Sulla compatibilità della normativa di uno stato membro in materia di fornitura di energia termica con la dir.2011/83/UE sui diritti dei consumatori, nonché con la dir. 2006/32/CE e la dir 2012/27/UE sull'efficienza energetica.

La direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale la quale preveda che, negli immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore, i condòmini siano tenuti a contribuire alle spese di riscaldamento dell'immobile, benché non abbiano chiesto individualmente la fornitura di teleriscaldamento e ancorché non ne facciano uso nel loro appartamento.

L'art. 13, par. 2, della direttiva 2006/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, concernente l'efficienza degli usi finali dell'energia e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio, nonché l'art. 10, par. 1, e l'all. VII, punto 1.1, della direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull'efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale la quale preveda che, negli immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore, una parte delle spese del riscaldamento utilizzato nell'immobile, corrispondente al calore emesso dall'impianto interno di riscaldamento e di acqua calda, sia ripartita fra i condòmini in funzione del volume riscaldabile del loro appartamento, indipendentemente dalla quantità di tale calore effettivamente emesso in ciascun appartamento.


Materia: energia / disciplina

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

 

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

 

presentate il 30 aprile 2019 (1)

 

Cause riunite C-708/17 e C-725/17

 

«EVN Bulgaria Toplofikatsia» EAD

 

contro

 

Nikolina Stefanova Dimitrova

 

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Rayonen sad Asenovgrad (tribunale distrettuale di Asenovgrad, Bulgaria)]

 

e

 

«Toplofikatsia Sofia» EAD

 

contro

 

Mitko Simeonov Dimitrov

 

interveniente

 

«Termokomplekt» OOD

 

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Sofiyski rayonen sad (tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria)]

 

«Rinvio pregiudiziale – Teleriscaldamento – Immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore – Tutela dei consumatori – Direttiva 2011/83/UE – Articolo 27 – Fornitura non richiesta – Normativa nazionale che prevede che i condòmini siano tenuti a contribuire alle spese di riscaldamento benché non lo utilizzino nel loro appartamento – Efficacia energetica – Direttiva 2006/32/CE – Articolo 13, paragrafo 2 – Direttiva 2012/27/UE – Articolo 10, paragrafo 1 – Fatturazione dell’energia fondata sul consumo effettivo – Normativa nazionale che prevede che una parte delle spese di riscaldamento sia ripartita fra i condòmini in funzione del volume riscaldabile del loro appartamento»

 

I.      Introduzione

 

1.        Con due domande di pronuncia pregiudiziale, il Rayonen sad Asenovgrad (tribunale distrettuale di Asenovgrad, Bulgaria) e il Sofiyski rayonen sad (tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria) hanno deferito alla Corte diverse questioni concernenti, in sostanza, la compatibilità della normativa bulgara in materia di fornitura di energia termica con la direttiva 2011/83/UE (2) sui diritti dei consumatori, nonché con la direttiva 2006/32/CE (3) concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e la direttiva 2012/27/UE (4) sull’efficienza energetica.

 

2.        Tali domande sono state presentate nell’ambito di controversie fra la società EVN Bulgaria Toplofikatsia EAD (in prosieguo: la «EVN») e la sig.ra Nikolina Stefanova Dimitrova, da un lato, e fra la società Toplofikatsia Sofia EAD e il sig. Mitko Simeonov Dimitrov, dall’altro, concernenti il rifiuto di tali soggetti privati di saldare le loro fatture di riscaldamento. Questi ultimi contestano le fatture in questione sostenendo che, benché il loro immobile sia alimentato da una rete di calore, essi non hanno acconsentito a ricevere il teleriscaldamento e non lo utilizzano nei rispettivi appartamenti.

 

3.        Le numerose questioni sollevate dai giudici del rinvio riguardano essenzialmente due problematiche. Da un lato, tali giudici si chiedono se la normativa bulgara, laddove essa prevede che i proprietari di immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore siano tenuti a contribuire alle spese di riscaldamento benché, al pari della sig.ra Dimitrova e del sig. Dimitrov, essi non lo utilizzino nel loro appartamento, imponga ai privati nella loro situazione di accettare una fornitura non richiesta di teleriscaldamento, contraria all’articolo 27 della direttiva 2011/83.

 

4.        Dall’altro, il Rayonen sad Asenovgrad (tribunale distrettuale di Asenovgrad) si interroga sulla compatibilità della normativa in questione, nella parte in cui essa prevede che una parte di tali spese sia ripartita fra i condòmini in funzione del volume riscaldabile del loro appartamento, con le disposizioni delle direttive 2006/32 e 2012/27, le quali obbligano gli Stati membri ad assicurare, in determinate circostanze, che la fatturazione dell’energia indirizzata ai clienti finali sia «basata sul consumo effettivo».

 

5.        Nelle presenti conclusioni illustrerò le ragioni per le quali, a mio avviso, le direttive 2011/83, 2006/32 e 2012/27 non ostano ad una siffatta normativa nazionale.

 

II.    Contesto normativo

 

A.      Diritto dell’Unione

 

1.      Diritto del consumo

 

6.        L’articolo 3 della direttiva 2011/83, intitolato «Ambito di applicazione», dispone quanto segue:

 

«1.      La presente direttiva si applica, alle condizioni e nella misura stabilita nelle sue disposizioni, a qualsiasi contratto concluso tra un professionista e un consumatore. Si applica altresì ai contratti per la fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento, anche da parte di prestatori pubblici, nella misura in cui detti prodotti di base sono forniti su base contrattuale.

 

(...)

 

5.      La presente direttiva non pregiudica il diritto contrattuale nazionale generale, quali le norme sulla validità, formazione o efficacia di un contratto, nella misura in cui gli aspetti relativi al diritto contrattuale generale non sono disciplinati dalla presente direttiva.

 

(…)».

 

7.        L’articolo 27 di tale direttiva, dal titolo «Fornitura non richiesta», prevede quanto segue:

 

«Il consumatore è esonerato dall’obbligo di fornire qualsiasi prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta di beni, acqua, gas, elettricità, teleriscaldamento o contenuto digitale o di prestazione non richiesta di servizi, vietate dall’articolo 5, paragrafo 5, e al punto 29 dell’allegato I della direttiva 2005/29/CE [(5)]. In tali casi, l’assenza di una risposta da parte del consumatore in seguito a tale fornitura non richiesta non costituisce consenso».

 

8.        L’allegato I della direttiva 2005/29, recante il titolo «Pratiche commerciali considerate in ogni caso sleali», menziona, al punto 29, il fatto di «[e]sigere il pagamento immediato o differito o la restituzione o la custodia di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto (…) (fornitura non richiesta)».

 

2.      Le direttive sull’efficienza energetica

 

9.        La direttiva 2006/32 è stata sostituita, con effetto a partire dal 5 giugno 2014, dalla direttiva 2012/27 (6). Cionondimeno, considerati i periodi in cui si sono svolti i fatti dei procedimenti principali, queste due direttive sono applicabili ai medesimi.

 

10.      L’articolo 13 della direttiva 2006/32, intitolato «Misurazione e fatturazione informativa del consumo energetico», disponeva quanto segue:

 

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché, nella misura in cui sia tecnicamente possibile, finanziariamente ragionevole e proporzionato rispetto ai risparmi energetici potenziali, i clienti finali di energia elettrica, gas naturale, teleriscaldamento e/o raffreddamento e acqua calda per uso domestico, ricevano a prezzi concorrenziali contatori individuali che riflettano con precisione il loro consumo effettivo e forniscano informazioni sul tempo effettivo d’uso.

 

Al momento di sostituire un contatore esistente, si forniscono sempre contatori individuali di questo tipo a prezzi concorrenziali, a meno che ciò sia tecnicamente impossibile e antieconomico in relazione al potenziale risparmio energetico preventivato a lungo termine. Quando si procede ad un nuovo allacciamento in un nuovo edificio o si eseguono importanti ristrutturazioni come quelle cui fa riferimento la direttiva 2002/91/CE [(7)], si forniscono sempre contatori individuali di questo tipo a prezzi concorrenziali.

 

2.      Gli Stati membri provvedono affinché, laddove opportuno, le fatture emesse dai distributori di energia, dai gestori del sistema di distribuzione e dalle società di vendita di energia al dettaglio si basino sul consumo effettivo di energia, e si presentino in modo chiaro e comprensibile (...).

 

(...)».

 

11.      L’articolo 9 della direttiva 2012/27, intitolato «Misurazione», riprende, al suo paragrafo 1, le disposizioni dell’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2006/32. Il paragrafo 3 di tale articolo 9 così dispone:

 

«Qualora il riscaldamento e il raffreddamento o l’acqua calda per un edificio siano forniti da una rete di teleriscaldamento o da una fonte centrale che alimenta una pluralità di edifici, un contatore di calore o di acqua calda è installato in corrispondenza dello scambiatore di calore o del punto di fornitura.

 

Nei condomini e negli edifici polifunzionali riforniti da una fonte di riscaldamento/raffreddamento centrale o da una rete di teleriscaldamento o da una fonte centrale che alimenta una pluralità di edifici, sono inoltre installati entro il 31 dicembre 2016 contatori individuali per misurare il consumo di calore o raffreddamento o di acqua calda per ciascuna unità, se tecnicamente possibile ed efficiente in termini di costi. Nei casi in cui l’uso di contatori individuali non sia tecnicamente possibile o non sia efficiente in termini di costi, per misurare il riscaldamento, sono usati contabilizzatori di calore individuali per misurare il consumo di calore a ciascun radiatore, salvo che lo Stato membro in questione dimostri che l’installazione di tali contabilizzatori di calore non sarebbe efficiente in termini di costi. In tali casi possono essere presi in considerazione metodi alternativi efficienti in termini di costi per la misurazione del consumo di calore.

 

Quando i condomini sono alimentati dal teleriscaldamento o teleraffreddamento o i sistemi propri comuni di riscaldamento o raffreddamento per tali edifici sono prevalenti, gli Stati membri possono introdurre regole trasparenti sulla ripartizione dei costi connessi al consumo di calore o di acqua calda in tali edifici, al fine di assicurare la trasparenza e la precisione del conteggio del consumo individuale. Se del caso, tali regole comprendono orientamenti sulle modalità per ripartire i costi relativi al calore e/o all’acqua calda utilizzati come segue:

 

a)      acqua calda per il fabbisogno domestico;

 

b)      calore irradiato dall’impianto dell’edificio e ai fini del riscaldamento di aree comuni (qualora le scale e i corridoi siano dotati di radiatori);

 

c)      per il riscaldamento di appartamenti».

 

12.      L’articolo 10 della direttiva 2012/27, intitolato «Informazioni sulla fatturazione», prevede quanto segue al suo paragrafo 1:

 

«Qualora i clienti finali non dispongano dei contatori intelligenti di cui alle direttive 2009/72/CE [(8)] e 2009/73/CE [(9)], gli Stati membri provvedono affinché, entro il 31 dicembre 2014, le informazioni sulla fatturazione siano precise e fondate sul consumo reale, conformemente all’allegato VII, punto 1.1, per tutti i settori che rientrano nell’ambito di applicazione della presente direttiva, compresi i distributori di energia, i gestori dei sistemi di distribuzione e le società di vendita di energia al dettaglio, qualora ciò sia possibile dal punto di vista tecnico ed economicamente giustificato.

 

(...)».

 

13.      Il punto 1.1 dell’allegato VII della direttiva 2012/27, intitolato «Fatturazione basata sul consumo effettivo», enuncia quanto segue:

 

«Per consentire al cliente finale di regolare il proprio consumo di energia, la fatturazione dovrebbe avvenire sulla base del consumo effettivo almeno una volta l’anno (...)».

 

B.      Diritto bulgaro

 

14.      L’articolo 133, paragrafo 2, dello Zakon za energetikata (legge sull’energia) (10) dispone che «[l]’allacciamento degli impianti dei clienti in un immobile in regime di condominio avviene con il consenso scritto dei proprietari rappresentanti almeno i due terzi della proprietà dell’immobile in regime di condominio».

 

15.      L’articolo 142, paragrafo 2, di tale legge prevede che «[l]’energia termica destinata al riscaldamento di un immobile in regime di condominio si suddivide in calore emesso dall’impianto interno, in energia termica destinata al riscaldamento delle parti comuni e in energia termica destinata al riscaldamento delle singole abitazioni».

 

16.      L’articolo 149 bis, paragrafo 1, di detta legge enuncia che «[i] clienti di energia termica in un immobile in regime di condominio possono acquistare l’energia termica da un fornitore scelto con il consenso scritto di un numero di condòmini che rappresenta almeno i due terzi della proprietà dell’immobile in regime di condominio».

 

17.      L’articolo 149 ter della stessa legge specifica il contenuto del contratto scritto previsto in caso di vendita di energia termica da parte di un fornitore a clienti residenti in un immobile in regime di condominio.

 

18.      L’articolo 153, paragrafi 1, 2 e 6, della legge sull’energia prevede quanto segue:

 

«1.      Tutti i proprietari e i titolari di un diritto reale avente ad oggetto l’uso di un bene in un immobile in regime di condominio allacciato alla sottostazione di utente o ad una parte autonoma della medesima sono clienti di energia termica e sono tenuti ad installare apparecchiature per la ripartizione del consumo di energia termica, previste all’articolo 140, paragrafo 1, punto 2, sui radiatori che si trovano nelle proprie abitazioni e a versare un corrispettivo per il consumo di energia termica alle condizioni e secondo le modalità stabilite dal regolamento interessato, di cui all’articolo 36, paragrafo 3.

 

2.      Qualora i proprietari che rappresentano almeno i due terzi della proprietà dell’immobile in regime di condominio e che sono allacciati alla sottostazione di utente o ad una parte autonoma della medesima non desiderino essere clienti di energia termica destinata al riscaldamento o all’acqua calda, essi sono tenuti a dichiararlo per iscritto all’impresa di trasporto di energia termica e a chiedere la cessazione della fornitura di energia termica destinata al riscaldamento o all’acqua calda di tale sottostazione di utente o di una parte autonoma della medesima.

 

(...)

 

6.      I clienti che risiedono in un immobile in regime di condominio che facciano cessare il flusso di energia termica verso i radiatori nelle proprie abitazioni, continuano ad essere clienti dell’energia termica in relazione al calore emesso dall’impianto interno e dai radiatori situati nelle parti comuni dell’edificio».

 

19.      Il naredba za toplosnabdyavaneto (regolamento sul teleriscaldamento), n. 16-334 del 6 aprile 2007, prevede le modalità e le condizioni tecniche relative al teleriscaldamento, alla gestione operativa del sistema di riscaldamento, all’allacciamento dei produttori e dei clienti alla rete di calore, alla distribuzione, alla sospensione e alla soppressione dell’allacciamento al teleriscaldamento.

 

20.      Risulta dall’articolo 61, paragrafo 1, di tale regolamento che, per gli immobili in regime di condominio, la ripartizione del consumo di energia termica fra i condòmini/clienti di energia deve essere effettuata in conformità alle norme previste dal metodo figurante in allegato a detto regolamento (in prosieguo: il «metodo previsto dal regolamento sul teleriscaldamento»).

 

21.      Il punto 6. 1. 3. del metodo previsto dal regolamento sul teleriscaldamento enuncia che «[l]a quantità di energia termica (...) emessa dall’impianto interno è ripartita proporzionalmente al volume riscaldabile delle abitazioni risultante dal progetto costruttivo».

 

III. Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

 

A.      Causa C-708/17

 

22.      La sig.ra Dimitrova è proprietaria di un appartamento in un immobile in regime di condominio situato nella città di Plovdiv (Bulgaria). Tale immobile è munito di un impianto interno di riscaldamento e di acqua calda (11) allacciato ad una rete di teleriscaldamento (12). La EVN fornisce a detto immobile, tramite siffatta rete, l’energia termica utilizzata per il riscaldamento e l’acqua calda per uso domestico.

 

23.      Una società terza, incaricata del rilevamento e della ripartizione, fra i diversi condòmini, del consumo di energia termica dell’immobile in questione, ha attribuito all’appartamento della sig.ra Dimitrova, in applicazione del metodo previsto dal regolamento sul teleriscaldamento, un consumo di un valore pari a 266,25 lev bulgari (BGN) (circa EUR 136) per il periodo dal 1° novembre 2012 al 30 aprile 2015.

 

24.      Poiché la sig.ra Dimitrova non aveva versato tale somma, il 12 luglio 2016 la EVN ha depositato una domanda di ingiunzione di pagamento dinanzi al Rayonen sad Asenovgrad (tribunale distrettuale di Asenovgrad), il quale ha accolto tale domanda.

 

25.      La sig.ra Dimitrova ha proposto opposizione avverso tale ingiunzione. La EVN ha quindi presentato un ricorso dinanzi al medesimo organo giurisdizionale, chiedendo l’accertamento del proprio credito nonché la condanna dell’interessata al pagamento di interessi di mora e legali. La sig.ra Dimitrova contesta, in tale ambito, il credito in questione e sostiene, segnatamente, che non esiste alcun rapporto obbligatorio fra se stessa e la EVN. La sig.ra Dimitrova contesta parimenti le fatture che le sono state inviate, adducendo che esse non rispecchiano il suo consumo reale di energia termica, contrariamente a quanto previsto all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/32.

 

26.      In tali circostanze, il Rayonen sad Asenovgrad (tribunale distrettuale di Asenovgrad) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

 

«1)      Se l’articolo 13, paragrafo 2, della [direttiva 2006/32] osti alla possibilità per l’impresa fornitrice del teleriscaldamento ad un edificio in regime di condominio di pretendere il corrispettivo per l’energia termica complessivamente consumata, fornita dall’impianto servito dal teleriscaldamento, ripartendolo in proporzione al volume riscaldabile delle singole abitazioni di proprietà risultanti dalla pianta, senza considerare, a tal riguardo, il quantitativo di energia termica effettivamente fornito ad ogni singola “abitazione di proprietà".

 

2)      Se sia compatibile con l’articolo 27 della [direttiva 2011/83] una norma nazionale in base alla quale i consumatori, proprietari di abitazioni in edifici in regime di condominio, siano obbligati a versare ad un’impresa di teleriscaldamento un corrispettivo per l’energia termica di cui non abbiano in realtà usufruito, benché fornita dall’impianto dell’edificio servito dal teleriscaldamento, avendo detti consumatori-condòmini cessato di utilizzare l’energia termica fornita dall’impresa fornitrice del teleriscaldamento, avendo essi rimosso i radiatori nelle proprie abitazioni ovvero avendo gli addetti dell’impresa medesima, su loro richiesta, impedito tecnicamente al radiatore di erogare calore.

 

3)      Se una norma nazionale di tal genere realizzi una pratica commerciale sleale ai sensi della [direttiva 2005/29]».

 

B.      Causa C-725/17

 

27.      Il sig. Dimitrov è proprietario di un appartamento in un immobile in regime di condominio situato nella città di Sofia (Bulgaria). Tale immobile è munito di un impianto interno di riscaldamento ed acqua calda allacciato ad una rete di teleriscaldamento. La Toplofikatsia Sofia fornisce a detto immobile, tramite tale rete, l’energia termica utilizzata per il riscaldamento e l’acqua calda per uso domestico.

 

28.      La Toplofikatsia Sofia ha convenuto in giudizio il sig. Dimitrov dinanzi al Sofiyski Rayonen sad (tribunale distrettuale di Sofia) chiedendo l’accertamento di un credito corrispondente alla fornitura di calore per il periodo dal 1° maggio 2014 al 30 aprile 2016, nonché alle spese della società «Termokomplekt» OOD, la quale aveva effettuato il rilevamento e la ripartizione del consumo di energia termica dell’immobile. Il sig. Dimitrov fa valere, in tale contesto, l’inesistenza di un rapporto obbligatorio fra il medesimo e la Toplofikatsia Sofia, poiché essi non hanno firmato alcun contratto scritto e poiché egli non utilizza il teleriscaldamento nel suo appartamento.

 

29.      In tali circostanze, il Sofiyski Rayonen sad (Tribunale distrettuale di Sofia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

 

«1)      Se la [direttiva 2011/83] che esclude dal proprio ambito di applicazione le norme del diritto contrattuale tradizionale in materia di conclusione di contratti, escluda tuttavia da detto ambito anche la disciplina di questa forma estremamente atipica, prevista per legge, di costituzione di rapporti contrattuali.

 

2)      Qualora la direttiva, nel caso di specie, non escluda una propria disciplina, se si tratti di un contratto ai sensi dell’articolo 5 della direttiva o di altro. Nel caso in cui si tratti di un contratto o nel caso in cui non si tratti di un contratto: se la direttiva sia applicabile nel caso di specie.

 

3)      Se rientri nell’ambito di applicazione della [direttiva 2011/83] questo tipo di contratti di fatto indipendentemente dalla data della loro costituzione o se la direttiva si applichi solo ad appartamenti di nuovo acquisto o – più restrittivamente – solo agli appartamenti di nuova costruzione (ossia impianti di utenti che chiedono l’allaccio alla rete di teleriscaldamento).

 

4)      Qualora la direttiva sia applicabile: se la normativa nazionale sia contraria all’articolo 5, paragrafo 1, lettera f), [di tale direttiva] in combinato disposto con il paragrafo 2 [di tale articolo], che prevedono il diritto o la possibilità, in linea di principio, di risolvere il rapporto contrattuale.

 

5)      Qualora sia richiesta la conclusione di un contratto: se sia prescritta a questo riguardo una forma e quale contenuto debbano avere le informazioni che devono essere messe a disposizione del consumatore (in questo caso: al singolo proprietario dell’appartamento e non al condominio). Se la mancanza di informazioni tempestive e accessibili si ripercuota sulla costituzione del rapporto giuridico.

 

6)      Se sia necessaria una richiesta esplicita, e quindi una volontà formalmente espressa da parte del consumatore affinché diventi parte di un siffatto rapporto giuridico.

 

7)      Ove sia stato concluso un contratto, formalmente o meno, se il riscaldamento delle parti comuni dell’edificio (in particolare del vano scala) rientri nell’oggetto del contratto e se il consumatore abbia richiesto il servizio relativamente a questa parte del servizio ove, a tale riguardo, non esista un’esplicita richiesta da parte sua o addirittura dell’intero condominio (ad esempio quando i radiatori sono stati rimossi, circostanza che si dovrà presupporre nella stragrande maggioranza dei casi – i periti non citano infatti i radiatori nelle parti comuni dell’edificio).

 

8)      Se, affinché il proprietario possa essere qualificato come consumatore che ha richiesto il riscaldamento delle parti comuni dell’edificio rilevi (o faccia differenza) il fatto che nell’appartamento di cui è proprietario abbia posto fine alla fornitura di riscaldamento».

 

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

 

30.      Le decisioni di rinvio sono datate 6 dicembre 2017 (C-708/17) e 5 dicembre 2017 (C-725/17). Esse sono pervenute alla Corte, rispettivamente, il 19 e il 27 dello stesso mese.

 

31.      Con decisione del presidente della Corte dell’8 febbraio 2018 le cause C-708/17 e C-725/17 sono state riunite, in quanto connesse, ai fini della fase scritta e orale del procedimento, nonché ai fini della sentenza.

 

32.      La EVN, la Toplofikatsia Sofia, la sig.ra Dimitrova, il governo lituano e la Commissione europea hanno depositato osservazioni scritte dinanzi alla Corte. Le medesime parti, ad eccezione del governo lituano, sono state rappresentate all’udienza che si è svolta il 12 dicembre 2018.

 

V.      Analisi

 

A.      Sulla competenza della Corte e sulla ricevibilità delle questioni pregiudiziali

 

33.      La EVN fa valere che la Corte non è competente a risolvere la terza questione pregiudiziale sollevata dal Rayonen sad Asenovgrad (tribunale distrettuale di Asenovgrad) nella causa C-708/17. Infatti, con tale questione, detto giudice chiederebbe alla Corte non di interpretare il diritto dell’Unione, bensì di dichiarare l’esistenza di una pratica commerciale sleale, esercizio che rientrerebbe nella competenza delle istituzioni nazionali.

 

34.      Non condivido tale posizione. A mio avviso, nulla impedisce ad un giudice nazionale di chiedere alla Corte, nell’ambito di un rinvio pregiudiziale, di pronunciarsi sulla qualificazione di una determinata situazione fattuale quale pratica commerciale sleale, ai sensi della direttiva 2005/29, a condizione che quest’ultimo proceda all’accertamento e alla valutazione dei fatti necessari. Infatti, la qualificazione rispetto al diritto dell’Unione di fatti determinati da un giudice nazionale presuppone un’interpretazione di tale diritto per la quale, nell’ambito della procedura di cui all’articolo 267 TFUE, la Corte è competente (13).

 

35.      La EVN contesta, inoltre, la ricevibilità di tutte le questioni pregiudiziali sollevate dal Sofiyski Rayonen sad (tribunale distrettuale di Sofia) nella causa C-725/17. Secondo tale società, detto giudice non ha formulato alcuna questione sulla quale la Corte possa pronunciarsi. Detto giudice non avrebbe neppure fornito spiegazioni quanto alle ragioni che l’hanno indotto ad interrogarsi sulla portata delle disposizioni di diritto dell’Unione delle quali esso chiede l’interpretazione, o sul collegamento che esso individua fra tali disposizioni e la normativa nazionale applicabile alla controversia della quale è investito.

 

36.      A mio avviso, tale obiezione dev’essere parimenti respinta. Le questioni del Sofiyski Rayonen sad (tribunale distrettuale di Sofia) vertono, in sostanza, sull’interpretazione della direttiva 2011/83. Tale giudice ha indicato, nella sua decisione di rinvio, le ragioni per le quali tale direttiva è rilevante ai fini della controversia di cui è investito e ha spiegato di nutrire dubbi quanto alla compatibilità delle disposizioni della legge sull’energia, in particolare con l’articolo 27 di detta direttiva. Le sue questioni soddisfano dunque i requisiti applicabili in materia di ricevibilità (14).

 

B.      Nel merito

 

1.      Considerazioni preliminari

 

37.      Le presenti cause vertono, in sostanza, sulla ripartizione delle spese di riscaldamento negli immobili in regime di condominio alimentati da una rete di teleriscaldamento (15).

 

38.      La sig.ra Dimitrova e il sig. Dimitrov sono proprietari di appartamenti facenti parte di simili immobili. Le società ricorrenti nel procedimento principale, la EVN e la Toplofikatsia Sofia, sono i distributori di energia (16) che forniscono a tali immobili, tramite le reti di calore alle quali sono allacciati, l’energia termica utilizzata per il riscaldamento e l’acqua calda per uso domestico. Tale energia viene distribuita all’interno di detti immobili grazie ad un impianto interno di riscaldamento e di acqua calda composto da una sottostazione di utente (17) e da un insieme di condotti e impianti di distribuzione, incluse condutture ascendenti che attraversano ciascun appartamento.

 

39.      La fornitura di riscaldamento ed acqua calda per uso domestico è disciplinata, in Bulgaria, dalla legge sull’energia e dal regolamento sul teleriscaldamento. Tale normativa prevede che, qualora un immobile sia alimentato da una rete di calore, ciascuno dei condòmini, il cui appartamento sia allacciato all’impianto interno di riscaldamento ed acqua calda, sia tenuto a contribuire alle spese corrispondenti all’energia termica fornita a tale immobile (18).

 

40.      A tal riguardo, detta normativa enuncia che siffatte spese sono ripartite fra i condòmini separando l’energia termica utilizzata come acqua calda per uso domestico da quella destinata al riscaldamento; quest’ultima energia si suddivide, a sua volta, in calore emesso dall’impianto interno (ossia le perdite di calore della rete di distribuzione interna), in calore utilizzato per il riscaldamento delle parti comuni (scale, atri, cantine comuni, ecc.) e in calore utilizzato per il riscaldamento delle parti private (19). Mentre il riscaldamento e l’acqua calda utilizzati nelle parti private vengono fatturati in funzione del consumo effettivo di ciascuno, il calore emesso dall’impianto interno e quello utilizzato per il riscaldamento delle parti comuni vengono ripartiti fra i condòmini secondo il volume riscaldabile del loro appartamento, come indicato nel progetto costruttivo dell’immobile (20).

 

41.      La sig.ra Dimitrova e il sig. Dimitrov non utilizzano il riscaldamento e l’acqua calda per uso domestico collettivi nel loro appartamento e contestano il fatto di essere tenuti, ciononostante, a contribuire alle spese del riscaldamento utilizzato nell’immobile, in particolare a quelle corrispondenti al calore emesso dall’impianto interno (21). Essi sostengono, a tal riguardo, che le disposizioni della legge sull’energia sono contrarie al diritto del consumo dell’Unione (sezione 2).

 

42.      Inoltre, la sig.ra Dimitrova contesta la regola sulla ripartizione delle spese relative al calore emesso dall’impianto interno prevista dal regolamento sul teleriscaldamento, la quale, fondandosi sul criterio del volume riscaldabile degli appartamenti, non tiene conto della quantità di energia effettivamente consumata da ciascun condomino, contrariamente ai requisiti imposti dalla normativa dell’Unione in materia di efficienza energetica (sezione 3).

 

43.      Preciso, per concludere, che le presenti cause sono lungi dall’essere isolate. La questione del contributo alle spese di riscaldamento dei condòmini che hanno rinunciato ad utilizzarlo nel loro appartamento genera, stando alle informazioni contenute nelle decisioni di rinvio e a quelle fornite dalle parti, un contenzioso di massa dinanzi ai giudici bulgari. Tale contenzioso tradisce una vera e propria crisi sociale legata al prezzo dell’energia in Bulgaria. Una parte significativa del parco immobiliare bulgaro è costituita da immobili scarsamente isolati sul piano termico, costruiti prima del 1989, in un’epoca in cui il prezzo dell’energia era strettamente controllato dallo Stato. Da allora, secondo le statistiche menzionate dalla Commissione, tale prezzo è stato moltiplicato per 25 in tale Stato membro, di modo che il teleriscaldamento è divenuto insostenibile per numerose famiglie.

 

2.      Sulla direttiva 2011/83 (seconda e terza questione nella causa C-708/17 e totalità delle questioni nella causa C-725/17)

 

44.      La seconda e la terza questione nella causa C-708/17, nonché la totalità delle questioni nella causa C-725/17 vertono, in sostanza, sulla compatibilità delle disposizioni della legge sull’energia che disciplinano la fornitura di energia termica negli immobili in regime di condominio con il diritto del consumo dell’Unione. Tali disposizioni possono essere riassunte nel modo seguente.

 

45.      L’allacciamento dell’impianto interno di un immobile in regime di condominio ad una rete di calore esige il consenso scritto dei condòmini che rappresentano almeno i due terzi della proprietà dell’immobile in questione (22). Tale allacciamento determina il sorgere di un contratto (23) e la fornitura di energia termica all’immobile è soggetta a talune condizioni generali (24).

 

46.      Quando un immobile è allacciato ad una rete di calore, l’articolo 153, paragrafo 1, della legge sull’energia prevede che tutti i proprietari (o titolari di un diritto reale, quale l’usufrutto o il diritto d’uso) delle parti private collegate all’impianto interno siano clienti di energia termica. In tale qualità, essi sono tenuti a contribuire alle spese corrispondenti all’energia termica utilizzata nell’immobile, alle condizioni e secondo le modalità previste dal regolamento sul teleriscaldamento. Lo stesso vale anche per i proprietari, come la sig.ra Dimitrova e il sig. Dimitrov, che non facevano parte del condominio al momento dell’adozione della decisione di allacciamento.

 

47.      Ciascun condomino può scegliere di non utilizzare nel proprio appartamento l’energia termica così fornita, spegnendo i propri radiatori (25). Per contro, in conformità all’articolo 153, paragrafo 6, della legge sull’energia, i condòmini che hanno rinunciato al riscaldamento nel loro appartamento continuano ad essere tenuti a versare una parte delle spese di riscaldamento dell’immobile, ossia quelle corrispondenti al calore emesso dall’impianto interno e a quello utilizzato per il riscaldamento delle parti comuni. Ciò vale fino alla soppressione dell’allacciamento dell’immobile alla rete di calore (che implica la risoluzione del contratto di fornitura di teleriscaldamento), la quale richiede parimenti il consenso scritto dei condòmini che rappresentino almeno i due terzi della proprietà dell’immobile in questione (26). È pacifico che una siffatta decisione non è stata adottata dai condòmini degli immobili di cui ai procedimenti principali.

 

48.      La sig.ra Dimitrova e il sig. Dimitrov, alla cui posizione aderiscono i giudici del rinvio, reputano tale situazione incompatibile con il diritto del consumo dell’Unione, in particolare con l’articolo 27 della direttiva 2011/83. Essi ritengono, segnatamente, che la legge sull’energia imponga ai condòmini che non utilizzano il teleriscaldamento nel loro appartamento una «fornitura non richiesta» di tale riscaldamento, ai sensi di siffatta disposizione. Orbene, detta disposizione prevede, nella materia, un rimedio contrattuale (remedy): un consumatore che si trovi di fronte ad una siffatta fornitura «è dispensato dall’obbligo di versare qualsivoglia corrispettivo». La sig.ra Dimitrova e il sig. Dimitrov non dovrebbero pertanto essere tenuti a contribuire alle spese di riscaldamento dei loro immobili.

 

49.      Le critiche della sig.ra Dimitrova e del sig. Dimitrov sono incentrate sui paragrafi 1 e 6 dell’articolo 153 della legge sull’energia. Per un verso, è oggetto di discussione il fatto che, in conformità al primo paragrafo, l’obbligo per ciascuno condomino di contribuire alle spese di riscaldamento e di acqua calda collettive non fa seguito alla conclusione di un contratto fra lo stesso e il distributore, bensì esiste per il mero fatto della detenzione della proprietà di un appartamento allacciato all’impianto interno. In particolare, i proprietari che non facevano parte del condominio all’epoca dell’adozione della decisione di allacciamento dell’immobile alla rete di teleriscaldamento non avrebbero mai «chiesto» di fruire del teleriscaldamento. Per altro verso, essi contestano il fatto che il secondo paragrafo obbliga i condòmini che abbiano spento o rimosso i radiatori dal loro appartamento a contribuire alle spese di riscaldamento dell’immobile, sebbene, agendo in tal modo, gli stessi abbiano chiaramente espresso la loro volontà di rinunciare al teleriscaldamento.

 

50.      Alla luce delle considerazioni che precedono, al fine di fornire una risposta utile ai giudici del rinvio occorre a mio avviso riunire e riformulare la seconda e la terza questione nella causa C-708/17 e tutte le questioni nella causa C-725/17 in un’unica questione, con la quale si chiede se la direttiva 2011/83 osti ad una normativa nazionale la quale preveda che, negli immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore, i condòmini siano tenuti a contribuire alle spese di riscaldamento dell’immobile, benché non abbiano chiesto individualmente la fornitura di teleriscaldamento e benché non ne facciano uso nel loro appartamento.

 

51.      Prima di pronunciarsi su tale questione sarebbe necessario, in linea di principio, verificare se la direttiva 2011/83 sia applicabile nei procedimenti principali (27). A tal riguardo ricordo che, come previsto dal suo articolo 3, paragrafo 1, tale direttiva si applica, alle condizioni e nella misura stabilita dalle sue disposizioni, a «qualsiasi contratto concluso tra un professionista e un consumatore», fra cui i «contratti per la fornitura di acqua, gas, elettricità o teleriscaldamento, anche da parte di prestatori pubblici, nella misura in cui detti prodotti di base sono forniti su base contrattuale». Inoltre, detta direttiva, in conformità al suo articolo 28, paragrafo 2, si applica unicamente ai «contratti conclusi dopo il 13 giugno 2014».

 

52.      Tuttavia, non ritengo necessario analizzare nel dettaglio siffatta problematica nella presente causa. A tal riguardo, si evince dalle decisioni di rinvio che, nel diritto bulgaro, la fornitura di riscaldamento e di acqua calda per uso domestico agli immobili in regime di condominio tramite una rete di calore da luogo ad un contratto; che il condominio è una comunità priva di personalità giuridica (28) e che ciascun condomino è considerato il cliente finale tenuto al pagamento dei costi dell’energia termica utilizzata nell’immobile (29). Di conseguenza, è possibile muovere dalla premessa che esiste certamente, ai fini della direttiva 2011/83, un «contratto avente ad oggetto la fornitura di teleriscaldamento» che vincola un «professionista» (il fornitore/distributore) e un «consumatore» (ciascun condomino), e che tale direttiva è applicabile ratione temporis (30), senza che questi diversi aspetti debbano essere analizzati in dettaglio, tanto più che, a mio avviso, la direttiva citata non osta manifestamente ad una disposizione come l’articolo 153, paragrafi 1 e 6, della legge sull’energia.

 

53.      A tal riguardo ricordo, in primo luogo, che, come specificato dal suo articolo 3, paragrafo 5, la direttiva 2011/83 «non pregiudica il diritto contrattuale nazionale generale, quali le norme sulla validità, formazione o efficacia di un contratto, nella misura in cui gli aspetti relativi al diritto contrattuale generale non sono disciplinati dalla presente direttiva» (31).

 

54.      Orbene, i paragrafi 1 e 6 dell’articolo 153 della legge sull’energia riguardano, precisamente, la formazione, la validità e gli effetti del contratto di fornitura di energia nei confronti di ciascun condomino, nonché le modalità di risoluzione di tale contratto (32). Essi prevedono, in sostanza, che ciascun condomino sia vincolato al distributore di energia e che sia tenuto, a tale titolo, a contribuire alle spese di riscaldamento (fino alla risoluzione del contratto di allacciamento decisa con una maggioranza qualificata dei condòmini). In definitiva, esiste, in conformità a tali disposizioni, fintantoché non sia stata presa tale decisione di porre fine all’allacciamento, un contratto valido ed efficace fra la sig.ra Dimitrova e il sig. Dimitrov, da un lato, e i distributori, dall’altro. Le disposizioni della direttiva 2011/83 non possono rimettere in discussione tale stato di fatto, poiché la formazione, la validità e gli effetti dei contratti non sono appunto, in linea di principio, questioni armonizzate da tale direttiva (33). Quest’ultima non impone pertanto, di norma, requisiti sostanziali o formali per la conclusione e la validità di un siffatto contratto o, ancora, la sua risoluzione (34).

 

55.      Ammetto che la mera constatazione del carattere limitato dell’armonizzazione effettuata dalla direttiva 2011/83 non è sufficiente a rispondere alla questione sollevata. Infatti, l’articolo 27 di tale direttiva, relativo alle forniture non richieste, verte, in una certa misura, sulla formazione dei rapporti contrattuali (35).

 

56.      A tal proposito ricordo, in secondo luogo, che, per quanto riguarda la nozione di «fornitura non richiesta», l’articolo 27 della direttiva 2011/83 rimanda all’allegato I, punto 29, della direttiva 2005/29 (36). Tale punto definisce la «fornitura non richiesta» come il fatto, per il professionista, segnatamente, di esigere il pagamento immediato o differito di prodotti che il professionista ha fornito, ma che il consumatore non ha richiesto. Siffatto articolo 27 precisa parimenti che l’assenza di una risposta da parte del consumatore in seguito ad una fornitura non richiesta non costituisce consenso (37).

 

57.      Nel diritto dell’Unione, le forniture non richieste avevano inizialmente dato luogo ad una disposizione della direttiva 97/7/CE concernente la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (38), che la direttiva 2011/83 ha sostituito. L’idea era quella di contrastare la pratica consistente, per un professionista, nell’inviare ad un consumatore un dato prodotto indicando che, qualora quest’ultimo non fosse stato rispedito entro un determinato termine, il professionista avrebbe considerato accettata la sua offerta di vendita e avrebbe preteso dal consumatore il pagamento del prezzo – in altre parole, nel forzare il consenso del consumatore all’acquisto. Dispensando quest’ultimo da qualsiasi prestazione corrispettiva in caso di fornitura non richiesta e specificando che il suo silenzio non costituisce consenso, l’articolo 27 della direttiva 2011/83 impedisce la valida formazione di un contratto a seguito di una siffatta pratica. In tale misura, siffatta disposizione armonizza il diritto nazionale dei contratti (39).

 

58.      Ciò premesso, una delle condizioni essenziali cui è subordinata la qualificazione come fornitura non richiesta, ai sensi dell’articolo 27 della direttiva 2011/83, è il fatto che la fornitura in questione non sia stata sollecitata preliminarmente e espressamente dal consumatore. Inoltre, tale disposizione è intesa ad impedire ad un professionista di imporre al consumatore un rapporto contrattuale.

 

59.      Orbene, nella specie, per un verso, la fornitura di energia criticata non è stata effettuata su iniziativa di un professionista bensì in conformità alle prescrizioni del legislatore bulgaro. Ai sensi della legge sull’energia, il distributore di energia termica è tenuto ad allacciare i clienti che lo domandano alla rete di calore (40) e ad alimentare con energia termica gli immobili allacciati. Dubito fortemente che una fornitura effettuata in forza di un obbligo legale possa essere qualificata come «fornitura non richiesta», ai sensi dell’articolo 27 della direttiva 2011/83 (41).

 

60.      Per altro verso, e in ogni caso, la fornitura di riscaldamento deriva effettivamente da una richiesta espressa e preliminare. Ciascun condomino è vincolato al distributore non appena una maggioranza qualificata di essi abbia espressamente acconsentito, per iscritto, a tale fornitura. In realtà, la sig.ra Dimitrova e il sig. Dimitrov contestano il fatto che una determinata maggioranza dei condòmini possa impegnare la totalità di essi (incluse le persone che divengono proprietarie successivamente) e che la stessa maggioranza sia necessaria per rinunciare a ogni fornitura di energia termica nell’immobile.

 

61.      L’articolo 153, paragrafi 1 e 6, della legge sull’energia, lungi dall’istituire una fornitura non richiesta, si inserisce nell’ambito di una «situazione di gruppo» complessa, il condominio. A tal riguardo, ricordo che gli immobili soggetti al regime del condominio, come quelli di cui ai procedimenti principali, contengono parti private che sono oggetto di un diritto di proprietà esclusiva, e parti comuni soggette ad un regime di indivisione forzata, delle quali ciascun condomino possiede necessariamente una quota. Le parti comuni sono, in linea di principio, indissociabili e destinate all’uso e all’utilità di tutti, e sono pertanto soggette ad un’amministrazione organizzata sulla base di decisioni adottate con una determinata maggioranza dei condòmini (42). Un siffatto regime è indispensabile per consentire una gestione efficace di tali parti comuni: la regola dell’unanimità renderebbe quest’ultima impraticabile.

 

62.      Orbene, l’impianto interno di riscaldamento e di acqua calda è, precisamente, una parte comune del condominio (43). La fornitura di riscaldamento e di acqua calda per uso domestico nell’immobile, implicando l’utilizzazione di siffatto impianto interno, è un servizio offerto collettivamente ai condòmini e, pertanto, una questione riguardante il condominio nel suo insieme. La «domanda» di teleriscaldamento si basa, logicamente, su una decisione di quest’ultimo (44).

 

63.      Peraltro, una volta presa una siffatta decisione, è parimenti logico che ciascun condomino sia tenuto a contribuire alle spese corrispondenti alle perdite dell’impianto interno e al consumo di calore delle altre parti comuni dell’immobile: nella sua qualità di proprietario indiviso di tali parti, egli è parimenti «consumatore» di tale calore (45). Poco importa, a tal riguardo, che egli intenda riscaldare il proprio appartamento con i propri mezzi senza ricorrere al riscaldamento collettivo, che non occupi i locali o che abbia rimosso i propri radiatori (46).

 

64.      Lo stesso vale nel caso dei proprietari entrati nel condominio successivamente all’adozione della decisione di allacciamento dell’immobile al teleriscaldamento. Il principio secondo il quale i nuovi condòmini sono vincolati dalle decisioni prese dal condominio, incluso l’allacciamento al teleriscaldamento, è inteso ad assicurare la stabilità del condominio; se così non fosse, qualsiasi decisione di quest’ultimo verrebbe rimessa in discussione in occasione di ciascun trasferimento di proprietà nell’immobile. Del resto, le persone che acquistano un appartamento vengono informate del fatto che l’immobile in questione è alimentato da una rete di calore e che taluni oneri sono associati alle parti comuni che esse acquistano con tale appartamento (47). Inoltre, le condizioni generali applicabili al teleriscaldamento sono note al pubblico (48).

 

65.      In tale contesto, non si può desumere dall’articolo 27 della direttiva 2011/83, come sembrano fare la sig.ra Dimitrova e il sig. Dimitrov, che un consumatore debba sempre acconsentire individualmente alla cessione di qualsiasi bene o alla fornitura di qualsiasi servizio, e che debba poter recedere individualmente dal contratto che prevede tale cessione o tale fornitura. Ritengo che la direttiva 2011/83 non osti a che, in talune situazioni complesse, le quali implichino una forma di comunità di consumatori e un bene o un servizio fornito collettivamente ai medesimi, il consenso prestato da alcuni di essi vincoli gli altri (49), inclusi i nuovi membri di tale comunità, alle condizioni previste dal diritto nazionale degli Stati membri. Tale direttiva, o il diritto dell’Unione in generale, semplicemente non disciplinano siffatte questioni particolari.

 

66.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, suggerisco alla Corte di rispondere alla seconda e alla terza questione nella causa C-708/17 e alla totalità delle questioni nella causa C-725/17 dichiarando che la direttiva 2011/83 deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una disposizione nazionale la quale preveda che, negli immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore, i condòmini siano tenuti a contribuire alle spese di riscaldamento dell’immobile, benché essi non abbiano chiesto individualmente la fornitura di teleriscaldamento e benché non lo utilizzino nel loro appartamento.

 

3.      Sulle direttive relative all’efficienza energetica (prima questione nella causa C-708/17)

 

67.      La prima questione sollevata dal Rayonen sad Asenovgrad (tribunale distrettuale di Asenovgrad) nella causa C-708/17 verte sul metodo di ripartizione, fra i condòmini di un immobile alimentato da una rete di calore, delle spese corrispondenti all’energia termica consumata in tale immobile. Il testo di tale questione riguarda la direttiva 2006/32. Tuttavia, poiché il credito contestato dalla sig.ra Dimitrova verte sull’energia termica fornita fra il 1° novembre 2012 e il 30 aprile 2015 (50) e tale direttiva è stata sostituita dalla direttiva 2012/27 a partire dal 5 giugno 2014, occorre rispondere a tale questione alla luce di queste due direttive (51).

 

68.      Come è stato indicato al paragrafo 40 delle presenti conclusioni, la normativa bulgara prevede che le spese corrispondenti al calore emesso dall’impianto interno (ossia, lo ricordo, le perdite della rete di distribuzione interna) vengano ripartite fra i condòmini in proporzione al volume riscaldabile del loro appartamento.

 

69.      La sig.ra Dimitrova afferma che tale regola sulla ripartizione non è conforme ai requisiti risultanti dall’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/32, sostituito dall’articolo 10, paragrafo 1, e dall’allegato VII, punto 1.1, della direttiva 2012/27.

 

70.      A tal riguardo, l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/32 imponeva agli Stati membri di provvedere affinché, laddove opportuno, le fatture indirizzate ai clienti finali di energia «si basino [segnatamente] sul consumo effettivo». L’articolo 10, paragrafo 1, e l’allegato VII, punto 1.1, della direttiva 2012/27 ribadiscono tale obbligo, precisando che esso doveva essere attuato dagli Stati membri entro il 31 dicembre 2014 per tutti i settori che rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva, qualora ciò sia possibile dal punto di vista tecnico ed economicamente giustificato (52).

 

71.      Orbene, secondo la sig.ra Dimitrova, la regola sulla ripartizione delle spese relative al calore emesso dall’impianto interno, prevista dal regolamento sul teleriscaldamento, ha come conseguenza che l’importo fatturato ai condòmini a titolo di tale calore non dipende dalla quantità di energia termica potenzialmente o effettivamente emessa (o, piuttosto, persa) dall’impianto interno nel loro appartamento – e, dunque, «effettivamente consumata» da ciascun condomino (53). Il Rayonen sad Asenovgrad (tribunale distrettuale di Asenovgrad) tende a condividere tale posizione.

 

72.      Tale giudice chiede pertanto alla Corte, in sostanza, se l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/32 e l’articolo 10, paragrafo 1, e l’allegato VII, punto 1.1, della direttiva 2012/27 ostino ad una siffatta regola relativa alla ripartizione. Esso chiede inoltre se la risposta a tale questione dipenda dall’accertare se sia tecnicamente possibile o meno determinare il quantitativo di calore effettivamente emesso dall’impianto interno in ciascun appartamento.

 

73.      A mio avviso, tale questione va risolta negativamente. A tal riguardo ritengo opportuno ritornare sulle condizioni alle quali la fatturazione fondata sul consumo effettivo dev’essere effettuata e sulle tecniche sulle quali essa si basa per quanto riguarda la fornitura di calore negli immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore (in primo luogo) e successivamente, in presenza di situazioni in cui tale metodo di fatturazione è obbligatorio, sulla portata di tale obbligo (in secondo luogo).

 

74.      In primo luogo, come ho ricordato, l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/32 imponeva agli Stati membri di provvedere affinché, «laddove opportuno», la fatturazione dell’energia ai clienti finali si basasse sul consumo effettivo. L’articolo 10, paragrafo 1, e l’allegato VII, punto 1.1, della direttiva 2012/27 indicano, da parte loro, che tale fatturazione doveva essere effettuata «qualora ciò sia possibile dal punto di vista tecnico ed economicamente giustificato». A mio avviso, tali condizioni devono essere lette alla luce delle disposizioni relative al rilevamento dei consumi di energia, figuranti all’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2006/32 e all’articolo 9 della direttiva 2012/27.

 

75.      A tal riguardo, l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2006/32 e l’articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2012/27 prevedono, in termini pressoché identici, che i clienti finali di energia installino contatori individuali che consentano di misurare il loro consumo effettivo. La rigorosità dell’obbligo in materia varia in funzione del tipo di edifici in questione: la loro installazione viene imposta per i nuovi edifici o per gli edifici in cui si eseguono importanti ristrutturazioni, mentre, per gli edifici esistenti, tale installazione è subordinata alla condizione che essa sia tecnicamente possibile, finanziariamente ragionevole e proporzionata rispetto ai risparmi potenziali (54).

 

76.      Il legislatore dell’Unione ha provveduto a chiarire (55), all’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2012/27, la modalità di attuazione di tale misurazione nel caso del consumo di riscaldamento, raffreddamento e acqua calda per uso domestico segnatamente negli immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore.

 

77.      Tale disposizione precisa in tal senso che, in immobili del genere, da un lato, dev’essere installato un contatore di calore o di acqua calda in corrispondenza dello scambiatore di calore o del punto di fornitura (56). Dall’altro, gli Stati membri devono provvedere affinché siano installati entro il 31 dicembre 2016 contatori individuali per misurare il consumo di calore o raffreddamento o di acqua calda per ciascuna unità, «se tecnicamente possibile ed efficiente in termini di costi». Altrimenti, devono essere usati contabilizzatori di calore (57) per misurare il consumo di calore a ciascun radiatore, «salvo che lo Stato membro in questione dimostri che l’installazione di tali contabilizzatori di calore non sarebbe efficiente in termini di costi» (58). In quest’ultimo caso, possono essere presi in considerazione altri metodi efficienti in termini di costi per la misurazione del consumo di calore.

 

78.      Ne risulta che, per quanto attiene al riscaldamento negli immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore, la fatturazione basata sul consumo effettivo, prevista all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/32 e all’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2012/27, deve essere effettuata per gli occupanti che dispongono di strumenti che consentono di determinare tale consumo, alle condizioni previste all’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2006/32 e all’articolo 9, paragrafi 1 e 3, della direttiva 2012/27. Tale metodo di fatturazione si basa sulla misurazione dei contatori termici individuali oppure, in loro assenza, sui rilevamenti dei contabilizzatori di calore situati nelle parti private (59).

 

79.      Nella specie, è pacifico che siffatti strumenti erano installati negli appartamenti della sig.ra Dimitrova e del sig. Dimitrov (60). Essi devono pertanto beneficiare di una fattura basata sul loro consumo effettivo di energia termica (61).

 

80.      Ciò premesso, in secondo luogo, ritengo che né l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/32 né l’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2012/27 impongano che, qualora sia obbligatorio tale metodo di fatturazione, la fattura di energia termica dei clienti finali dipenda unicamente dal consumo effettivo.

 

81.      Infatti, contrariamente a quanto affermato dalla sig.ra Dimitrova, tali disposizioni non sanciscono un principio secondo il quale ciascun cliente finale di energia dovrebbe pagare soltanto quanto effettivamente consumato. Il loro testo si limita ad indicare che la fatturazione deve essere «fondata sul» consumo effettivo. Tale requisito deve essere letto, a mio avviso, alla luce degli obiettivi di tali direttive e della genesi di tali disposizioni.

 

82.      A tal riguardo, ricordo che le direttive 2006/32 e 2012/27 sono intese, segnatamente, a migliorare l’efficienza energetica nell’Unione, in particolare nella fase degli usi finali (62). Esse si collocano nel solco di due raccomandazioni del Consiglio (63) e di una prima direttiva (64) intesa a promuovere il ricorso, per quanto riguarda la ripartizione delle spese per il riscaldamento, il raffreddamento e l’acqua calda per uso domestico negli immobili in regime di condominio muniti di impianti collettivi, a regole che tengano conto del consumo effettivo di ciascun occupante. Infatti, il rapporto accertato fra il consumo individuale effettivo e la fatturazione induce ognuno ad adottare comportamenti efficienti sotto il profilo energetico (65) al fine di diminuire il primo e ridurre proporzionalmente la seconda.

 

83.      La fatturazione fondata sul consumo effettivo, come prevista all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/32 e all’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2012/27, non è dunque fine a se stessa: tale metodo di fatturazione è finalizzato ad indurre gli occupanti di immobili in regime di condominio ad adottare comportamenti efficienti sotto il profilo energetico, al fine di ottenere risparmi energetici nella fase dell’uso finale. Un simile obiettivo implica che una parte della fattura di energia termica dei clienti finali dipenda dal loro consumo effettivo, quella corrispondente all’uso da essi fatto dei radiatori della loro abitazione, vale a dire al loro comportamento individuale (66).

 

84.      Per contro, ripartire l’integralità dell’energia termica consumata in un immobile fra i suoi diversi condòmini sulla scorta dei dati forniti dai contatori individuali o dai contabilizzatori dei loro appartamenti eccederebbe quanto richiesto dall’obiettivo del risparmio di energia perseguito. Soprattutto, una siffatta regola sulla ripartizione sarebbe iniqua e idonea a compromettere la realizzazione di tale obiettivo sul lungo termine.

 

85.      Infatti, per un verso, come sottolineato dalla Toplofikatsia Sofia, dalla EVN, dal governo lituano e dalla Commissione, i diversi appartamenti negli immobili in regime di condominio non sono indipendenti sul piano termico. Il calore circola, in una certa misura, fra le pareti divisorie degli appartamenti adiacenti, dai locali in cui la temperatura è più elevata verso quelli in cui la temperatura è inferiore, cosicché il consumo di ciascuno è influenzato dal comportamento altrui sotto il profilo del riscaldamento (67). Una ripartizione delle spese di riscaldamento fondata unicamente sul consumo individuale sarebbe dunque idonea ad indurre taluni occupanti, i cui appartamenti sono ad esempio situati al centro dell’immobile, a spegnere i loro radiatori nel corso di tutta la stagione di riscaldamento e a dipendere esclusivamente dal calore proveniente dai loro vicini, il che comporterebbe costi supplementari per questi ultimi.

 

86.      Inoltre, il consumo individuale negli appartamenti dipende dalla loro collocazione nell’immobile. A tal riguardo, taluni appartamenti sono idonei ad essere per natura più freddi e a necessitare di più calore per raggiungere una determinata temperatura rispetto ad altri, a pari volume, a causa della loro collocazione sfavorevole, ad esempio, quelli situati all’ultimo piano, al primo piano sopra un parcheggio, un atrio o un altro locale non riscaldato, nell’angolo dell’immobile o, ancora, orientati a pieno nord. Sarebbe pertanto iniquo ripartire l’energia termica consumata in un immobile in regime di condominio soltanto sulla scorta del consumo individuale.

 

87.      Per altro verso, far dipendere l’integralità della fattura di energia dal consumo individuale rischierebbe di rendere più difficile l’adozione di misure che consentano di migliorare l’efficacia energetica globale dell’edificio, come ristrutturazioni di ampia portata, e di ottenere così risparmi di energia significativi a lungo termine. Infatti, simili misure richiedono, di regola, una decisione dell’assemblea dei condòmini. Orbene, la modalità di ripartizione delle spese di riscaldamento fra questi ultimi ha un impatto diretto sulla predisposizione di ciascuno ad adottare una siffatta decisione e a sostenere i costi di tali ristrutturazioni. Una ripartizione fondata unicamente, o in misura eccessiva, sul consumo individuale indurrà gli occupanti che si trovano in una situazione energetica favorevole – i quali abbiano, ad esempio, un appartamento situato idealmente al centro dell’immobile, il quale beneficia del calore proveniente dagli appartamenti adiacenti e subisce poche perdite verso l’esterno – a non procedere in tal senso, contrariamente ai proprietari di appartamenti meno efficienti sul piano energetico, i quali rischiano di ritrovarsi in minoranza (68).

 

88.      Come sottolineato dalla Commissione, dalla EVN e dalla Toplofikatsia Sofia, è pertanto consuetudine, negli Stati membri, che la fattura relativa al riscaldamento negli immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore o da un impianto collettivo contenga una parte variabile, dipendente dal consumo reale misurato o dai rilevamenti dei contabilizzatori delle parti private, e una parte fissa, assegnata a ciascun condomino secondo criteri indipendenti da tali dati. Questa parte fissa riflette pertanto il fatto che una parte del riscaldamento utilizzato nell’immobile non dipende dal comportamento individuale di ciascuno dei suoi occupanti. È questo il caso non solo dei trasferimenti di calore menzionati in precedenza, bensì anche del calore emesso dall’impianto interno, base delle presenti cause (o, ancora, di quello utilizzato nelle parti comuni).

 

89.      In tale contesto, l’articolo 9, paragrafo 3, terzo comma, della direttiva 2012/27 prevede che, per tali immobili, gli Stati membri possano introdurre regole trasparenti sulla ripartizione dei costi connessi al consumo di calore o di acqua calda, al fine di assicurare la trasparenza e la precisione del conteggio del consumo individuale. Tale disposizione precisa inoltre che, se del caso, tali regole comprendono orientamenti sulle modalità per ripartire i costi relativi al calore e/o all’acqua calda utilizzati come (a) acqua calda per il fabbisogno domestico, (b) calore irradiato dall’impianto dell’edificio e ai fini del riscaldamento di aree comuni (qualora le scale e i corridoi siano dotati di radiatori) e (c) per il riscaldamento di appartamenti.

 

90.      Come si evince da tale disposizione, l’introduzione di siffatte regole sulla ripartizione è facoltativa (69). Gli Stati membri sono pertanto liberi di prevedere simili regole o di lasciare la decisione concernente il livello della parte fissa e della parte variabile alla libertà contrattuale dei condòmini, o, ancora, di adottare un quadro generale che lasci un margine di manovra a questi ultimi.

 

91.      Inoltre, per quanto riguarda il contenuto di siffatte eventuali regole, come sottolineato dalla EVN, dalla Toplofikatsia Sofia e dal governo lituano, l’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2012/27 lascia a ciascuno Stato membro la scelta, a condizione che le regole adottate siano «trasparenti». Gli Stati membri dispongono pertanto di un ampio margine discrezionale. In tal senso, la Bulgaria ha adottato una ripartizione fondata su una divisione fra il consumo nelle parti private, misurato con l’ausilio di contatori o contabilizzatori, e una parte fissa, la quale separa il calore delle parti comuni e quello emesso dall’impianto interno, ripartito in funzione del volume riscaldabile di ciascun appartamento. Per contro, la maggior parte degli Stati membri ha optato per un metodo consistente nel ripartire fra i condòmini una determinata percentuale del consumo totale dell’immobile (ad esempio, il 30%) in funzione di un criterio come il volume o la superficie di ciascun appartamento (senza distinzione fra il calore emesso nelle parti comuni e quello emesso dall’impianto interno), mentre la restante percentuale dipende dai rilevamenti del contatori o dei contabilizzatori. Questi diversi metodi sono compatibili, a mio avviso, con le direttive 2006/32 e 2012/27 (70).

 

92.      Infine, contrariamente a quanto sembra ritenere la sig.ra Dimitrova (71), la fatturazione fondata sul consumo effettivo non implica che i criteri scelti dagli Stati membri per ripartire la parte fissa della fattura di energia termica – nella specie, le spese relative al calore emesso dall’impianto interno – riflettano il più fedelmente possibile il consumo effettivo. Per quanto riguarda la parte della fattura che non dipende dai rilevamenti degli strumenti situati nelle parti private, gli Stati membri sono liberi, a mio avviso, di ripartirla secondo il criterio che essi reputano adeguato, come la superficie utile (in m2) di ciascun locale o il suo volume riscaldabile (in m3). In altri termini, il legislatore bulgaro non era tenuto ad adottare un criterio che riflettesse il calore effettivamente emesso dall’impianto interno in ciascun appartamento, anche ammesso che tale dato sia tecnicamente misurabile (72).

 

93.      Ciò premesso, la realizzazione dell’obiettivo perseguito dalla regola di fatturazione fondata sul consumo effettivo, come prevista all’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/32 e all’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2012/27, implica, a mio avviso, che la parte variabile sia significativa. Ciò è essenziale, infatti, per incentivare lo sviluppo di comportamenti energetici efficienti.

 

94.      Riassumendo, ritengo che tali disposizioni impongano agli Stati membri di provvedere affinché una parte della fattura dipenda dal consumo effettivo, e che tale parte sia sufficiente per determinare i cambiamenti comportamentali che tali disposizioni intendono ottenere (73).

 

95.      Risulta dalle considerazioni che precedono che, a mio avviso, le regole previste dalla legge sull’energia e dal regolamento sul teleriscaldamento rispettano i requisiti in materia di rilevamento e di fatturazione dell’energia previsti dalle direttive 2006/32 e 2012/27. Per un verso, come sottolineato dalla EVN e dalla Toplofikatsia Sofia, la legge sull’energia prevede l’installazione di contatori di energia termica a livello della sottostazione di ciascun edificio e di contatori individuali o di contabilizzatori di calore in ciascun appartamento per il riscaldamento e di contatori per l’acqua calda per uso domestico (74). Le fatture contengono una parte variabile, corrispondente al consumo nelle parti private, la quale si fonda sul consumo effettivo di ciascun condomino, misurato da tali contatori individuali o stimato grazie ai contabilizzatori; tale parte variabile è, in media significativa (75). Dall’altro, il legislatore bulgaro ha previsto regole sulla ripartizione che soddisfano il requisito di trasparenza figurante all’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2012/27: esse definiscono in maniera chiara la modalità di determinazione dell’energia consumata nell’immobile e i criteri, secondo i quali le spese corrispondenti sono ripartite fra i condòmini.

 

96.      Di conseguenza, suggerisco alla Corte di rispondere alla prima questione nella causa C-708/17 dichiarando che l’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/32, nonché l’articolo 10, paragrafo 1, e l’allegato VII, punto 1.1, della direttiva 2012/27 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale che preveda che, negli immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore, una parte delle spese del riscaldamento utilizzato nell’immobile, corrispondente al calore emesso dall’impianto interno di riscaldamento e acqua calda, sia ripartita fra i condòmini in funzione del volume riscaldabile del loro appartamento, indipendentemente dalla quantità di tale calore effettivamente emesso in ciascun appartamento.

 

VI.    Conclusione

 

97.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alle questioni pregiudiziali sollevate dal Rayonen sad Asenovgrad (tribunale distrettuale di Asenovgrad, Bulgaria) nella causa C-708/17 e dal Sofiyski rayonen sad (tribunale distrettuale di Sofia, Bulgaria) nella causa C-725/17:

 

1)      La direttiva 2011/83/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio deve essere interpretata nel senso che essa non osta ad una normativa nazionale la quale preveda che, negli immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore, i condòmini siano tenuti a contribuire alle spese di riscaldamento dell’immobile, benché non abbiano chiesto individualmente la fornitura di teleriscaldamento e ancorché non ne facciano uso nel loro appartamento.

 

2)      L’articolo 13, paragrafo 2, della direttiva 2006/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 aprile 2006, concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio, nonché l’articolo 10, paragrafo 1, e l’allegato VII, punto 1.1, della direttiva 2012/27/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una normativa nazionale la quale preveda che, negli immobili in regime di condominio alimentati da una rete di calore, una parte delle spese del riscaldamento utilizzato nell’immobile, corrispondente al calore emesso dall’impianto interno di riscaldamento e di acqua calda, sia ripartita fra i condòmini in funzione del volume riscaldabile del loro appartamento, indipendentemente dalla quantità di tale calore effettivamente emesso in ciascun appartamento.

 

1      Lingua originale: il francese.

 

2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2011 sui diritti dei consumatori, recante modifica della direttiva 93/13/CEE del Consiglio e della direttiva 1999/44/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e che abroga la direttiva 85/577/CEE del Consiglio e la direttiva 97/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2011, L 304, pag. 64).

 

3      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2006 concernente l’efficienza degli usi finali dell’energia e i servizi energetici e recante abrogazione della direttiva 93/76/CEE del Consiglio (GU 2006, L 114, pag. 64).

 

4      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 25 ottobre 2012 sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE (GU 2012, L 315, pag. 1).

 

5      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 maggio 2005 relativa alle pratiche commerciali sleali delle imprese nei confronti dei consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva relativa alle pratiche commerciali sleali») (GU 2005, L 149, pag. 22).

 

6      Fatte salve talune eccezioni irrilevanti per le presenti cause. V. articolo 27, paragrafo 1, e articolo 28, paragrafo 1, della direttiva 2012/27.

 

7      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2002 sul rendimento energetico nell’edilizia (GU 2003, L 1, pag. 65).

 

8      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).

 

9      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 luglio 2009 relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE (GU 2009, L 211, pag. 94).

 

10      DV n. 107 del 9 dicembre 2003.

 

11      Ossia un insieme di condotti e di impianti di distribuzione e di fornitura di energia termica, comprese condutture ascendenti di riscaldamento che attraversano ciascun appartamento.

 

12      Nelle presenti conclusioni, i termini «energia termica» e «calore» saranno sinonimi, al pari delle espressioni «rete di teleriscaldamento» e «rete di calore».

 

13      V., in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Asociación Profesional Elite Taxi (C-434/15, EU:C:2017:981, punto 20 e la giurisprudenza ivi citata). Ciò premesso, a mio avviso, tale questione deve essere esaminata congiuntamente a quelle concernenti la direttiva 2011/83 (v. nota 36 delle presenti conclusioni).

 

14      Requisiti che figurano, segnatamente, all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte.

 

15      Come previsto dal considerando 25 della direttiva 2011/83, il teleriscaldamento consiste nella fornitura di calore, anche sotto forma di vapore o di acqua calda, da una fonte centrale di produzione verso una pluralità di edifici tramite un sistema di trasmissione e distribuzione, al fine di riscaldarli.

 

16      Ai sensi dell’articolo 2, punto 20, della direttiva 2012/27.

 

17      Tale sottostazione contiene lo scambiatore, nel quale viene effettuato il trasferimento di energia fra la rete di calore e la rete di distribuzione interna dell’immobile (v. articolo 135, paragrafo 1, della legge sull’energia). Essa corrisponde al punto di fornitura del calore da parte dei distributori ed è munita di un contatore che consente di misurare la quantità di calore fornita all’immobile. Si evince cionondimeno dalla decisione di rinvio nella causa C-725/17 che l’immobile di cui trattasi in tale causa è un edificio di notevole altezza, munito di due anelli di distribuzione, ognuno dei quali dispone di una sottostazione di utente.

 

18      V. articolo 153, paragrafo 1, della legge sull’energia.

 

19      V. articolo 140 bis e articolo 142, paragrafo 2, della legge sull’energia.

 

20      V. punto 6. 1. 3. del metodo previsto dal regolamento sul teleriscaldamento.

 

21      È pacifico che la causa C-708/17 riguarda unicamente il calore emesso dall’impianto interno. A tal riguardo, il rappresentante della sig.ra Dimitrova ha indicato, in udienza, che l’appartamento in questione non è attualmente abitato e che le parti comuni del suo immobile non sono riscaldate. La decisione di rinvio si fonda parimenti sulla premessa secondo la quale la sig.ra Dimitrova avrebbe fatto rimuovere i propri radiatori. Il suo rappresentante ha tuttavia precisato che essi sono al loro posto e sono utilizzabili. In ogni caso, a mio avviso, tale dettaglio non incide sull’interpretazione richiesta. La situazione è meno chiara nel caso del sig. Dimitrov. La decisione di rinvio nella causa C-725/17 afferma che quest’ultimo non utilizza il riscaldamento nel suo appartamento, ma che una determinata quantità di calore è stata fatturata al medesimo a tale titolo. Siffatta decisione fa parimenti riferimento alle spese relative al calore emesso dall’impianto interno. Essa menziona infine radiatori installati nelle parti comuni dell’immobile, mentre la settima questione in tale causa si basa sul presupposto che non ve ne siano.

 

22      Articolo 133, paragrafo 2, della legge sull’energia.

 

23      Articoli 149 bis e 149 ter della legge sull’energia. Tali disposizioni prevedono che l’acquisto di energia termica, deciso dai condòmini, dia luogo ad un contratto scritto con un fornitore che, a quanto mi risulta, è il distributore di energia termica stesso, come sembra avvenire nei procedimenti principali (la EVN per Plovdiv e la Toplofikatsia Sofia per Sofia), ovvero un’impresa terza, la quale abbia essa stessa concluso un contratto con tale distributore per la fornitura dell’energia acquistata.

 

24      Articolo 150 della legge sull’energia. Tali condizioni generali sono definite dai distributori, sono approvate da una commissione amministrativa e devono essere pubblicate almeno da un quotidiano nazionale e da un quotidiano locale.

 

25      Ovvero ricorrendo ad una soluzione più radicale consistente nel rimuovere i propri radiatori.

 

26      Articolo 153, paragrafi 2 e 3, della legge sull’energia.

 

27      In base alla mia interpretazione, è questo l’oggetto della seconda, della terza e dell’ottava questione pregiudiziale nella causa C-725/17.

 

28      V. parimenti, su tale punto, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Kerr (C-25/18, EU:C:2019:86, paragrafo 43).

 

29      V. paragrafo 46 delle presenti conclusioni. Rilevo, a tal riguardo, che il legislatore dell’Unione è pervenuto a distinguere, nella recente direttiva (UE) 2018/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 dicembre 2018, che modifica la [direttiva 2012/27] (GU 2018, L 328, pag. 210), non ancora applicabile, «clienti finali» e «utenti finali». Ai sensi del nuovo articolo 10 bis introdotto dalla direttiva 2018/2002, gli «utenti finali» sono, segnatamente, le persone fisiche o giuridiche che occupano un edificio individuale o un’unità in un condominio o edificio polifunzionale alimentato con riscaldamento, raffreddamento o acqua calda per uso domestico da una fonte centrale che non dispone di un contratto diretto o individuale con il fornitore di energia. Viceversa, i «clienti finali» sono le persone direttamente vincolate al fornitore.

 

30      Benché, come sottolineato dal governo lituano, niente sia meno sicuro con riferimento ai periodi in cui si sono svolti i fatti dei procedimenti principali.

 

31      V. parimenti, in tal senso, considerando 14 della direttiva 2011/83. Analogamente, l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2005/29 dispone che quest’ultima direttiva non pregiudica l’applicazione del diritto contrattuale, in particolare delle norme sulla formazione, validità o efficacia di un contratto.

 

32      È vero che i paragrafi 1 e 6 dell’articolo 153 della legge sull’energia non sono, propriamente parlando, disposizioni di «diritto contrattuale (…) generale», nel senso di norme di diritto comune applicabili a qualsiasi tipo di contratto. Mi sembra che una simile obiezione sia sottesa alla prima questione pregiudiziale nella causa C-725/17. Tuttavia, ai fini dell’esclusione prevista all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/83, il carattere generale o speciale della norma non rileva quanto il suo oggetto: qualora una disposizione nazionale verta su una questione che rientri per natura nel diritto contrattuale (formazione, validità, causa, oggetto, ecc.), essa non ricade, in linea di principio, nell’ambito di applicazione di tale direttiva.

 

33      Ricordo, a tal riguardo, che, nella sua proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sui diritti dei consumatori [COM (2008) 0614 definitivo], la Commissione aveva contemplato un’armonizzazione completa del diritto in materia di contratti conclusi con consumatori. Il legislatore dell’Unione ha alla fine proceduto ad un’armonizzazione nettamente più limitata, incentrata su determinati contratti particolari e questioni specifiche: introduzione di un obbligo generale di informazione, rifusione e uniformazione degli obblighi di informazione e del diritto di recesso in materia di contratti a distanza e di contratti negoziati fuori dei locali commerciali, ecc.

 

34      Tale interpretazione non viene messa in discussione dalle disposizioni menzionate dal Sofiyski rayonen sad (tribunale distrettuale di Sofia) nella sua decisione di rinvio. A tal riguardo, l’articolo 5, paragrafo 1, lettera f), della direttiva 2011/83 non disciplina la questione della risoluzione del rapporto contrattuale, bensì unicamente l’obbligo per il professionista di fornire al consumatore le informazioni concernenti le condizioni di risoluzione del contratto, previste dal diritto nazionale. Analogamente, l’articolo 7, paragrafo 1, e l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2011/83, oltre al fatto che essi si applicano rispettivamente ai contratti negoziati fuori dei locali commerciali e ai contratti a distanza, e dunque non ai contratti di fornitura di teleriscaldamento, si limitano a disciplinare la forma nella quale tali informazioni devono essere fornite.

 

35      Da ciò la precisazione, figurante all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2011/83, secondo la quale tale direttiva non pregiudica il diritto contrattuale generale «nella misura in cui» gli aspetti relativi al diritto contrattuale generale non sono disciplinati da detta direttiva.

 

36      A mio avviso, non occorre pertanto pronunciarsi in maniera autonoma sulla direttiva 2005/29, come chiesto dal Rayonen sad Asenovgrad (tribunale distrettuale di Asenovgrad) con la sua terza questione. Infatti, mi sembra che tale questione venga sollevata ai fini dell’applicazione del rimedio (remedy) previsto dall’articolo 27 della direttiva 2011/83.

 

37      L’articolo 27 della direttiva 2011/83 è stato trasposto in termini analoghi all’articolo 62 dello Zakon za zashtita na potrebitelite (legge relativa alla protezione dei consumatori) (DV n. 99 del 9 dicembre 2005).

 

38      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 maggio 1997 concernente la protezione dei consumatori in materia di contratti a distanza (GU 1997, L 144, pag. 19). Si trattava dell’articolo 9 di tale direttiva.

 

39      Del resto, come è stato indicato al paragrafo 48 delle presenti conclusioni, tale articolo offre al consumatore un rimedio (remedy) contrattuale.

 

40      V. articolo 133, paragrafo 1, della legge sull’energia.

 

41      È vero che ciò solleva la questione inedita se il divieto di forniture non richieste, come previsto all’articolo 27 della direttiva 2011/83, sia opponibile ai legislatori nazionali, vale a dire se questi ultimi possano essere tenuti a non mettere i professionisti in una situazione in cui essi siano costretti ad imporre ai consumatori siffatte forniture. Ciò detto, la presente causa non richiede di approfondire tale questione.

 

42      In Bulgaria, i rapporti giuridici risultanti dalla proprietà di un’abitazione sono disciplinati dallo zakon za sobstvenostta (legge sulla proprietà). Lo zakon za upravlenie na etazhnata sobstvenost (legge in materia di amministrazione degli appartamenti in regime di condominio) definisce anche i rispettivi diritti e obblighi dei proprietari, degli utilizzatori e dei conduttori nell’ambito dell’amministrazione del bene in condominio. Il suo articolo 10 designa, quali organi amministrativi, l’assemblea e un consiglio di amministrazione.

 

43      Articolo 140, paragrafo 3, della legge sull’energia. La stessa disposizione figura nella legge sulla proprietà e nella legge in materia di amministrazione degli appartamenti in regime di condominio.

 

44      Lo stesso vale per tutti i prestatori che intervengono nelle parti comuni. Si pensi al prestatore incaricato della riparazione o della manutenzione dell’impianto interno, del giardiniere che cura uno spazio comune, ecc. Nella materia, di norma, ciascun condomino è tenuto a ricorrere ai prestatori indicati dal condominio e a pagare una quota degli oneri collettivi relativi a tali prestazioni. V. conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Kerr (C-25/18, EU:C:2019:86, paragrafo 43).

 

45      Osservo che tanto il Konstitutsionen sad (Corte costituzionale, Bulgaria), con la sentenza n. 5 del 22 aprile 2010 nella causa costituzionale n. 15 del 2009, quanto il Varhoven kasatsionen sad (Corte suprema di cassazione, Bulgaria) nella sua sentenza interpretativa n. 2/2016 del 25 maggio 2017, hanno dichiarato, fondandosi su motivi simili, che non sussiste un conflitto fra l’articolo 153, paragrafi 1 e 6, della legge sull’energia e l’articolo 62 della legge relativa alla protezione dei consumatori, il quale vieta le forniture non richieste.

 

46      Inoltre, una parte di tale calore penetra nel suo appartamento. V. paragrafo 85 delle presenti conclusioni.

 

47      V., in tal senso, sentenza n. 5 del 22 aprile 2010 del Konstitutsionen sad (Corte costituzionale).

 

48      V. nota 24 delle presenti conclusioni. Oltretutto, come indicato dalla Commissione in udienza, un condomino può, a determinate condizioni, chiedere all’assemblea generale di riconsiderare la questione dell’allacciamento dell’immobile alla rete di teleriscaldamento e contestare in sede giudiziale l’eventuale decisione di tale assemblea.

 

49      Su tale punto, non occorre dunque sapere se sia il gruppo nel suo insieme (nella specie, il condominio) o ciascuna delle persone che lo costituisce (ciascun condomino) ad essere il «consumatore» del servizio o del prodotto richiesto, ai sensi della direttiva 2011/83.

 

50      Analogamente, il credito controverso nella causa C-725/17 verte sul calore fornito fra il 1° maggio 2014 e il 30 aprile 2016. Orbene, benché il Sofiyski rayonen sad (tribunale distrettuale di Sofia) non abbia interpellato la Corte sull’interpretazione delle direttive in materia di efficienza energetica, una sua risposta su tale problematica può essere utile per statuire anche sulla causa citata.

 

51      V. paragrafo 9 delle presenti conclusioni. Secondo una costante giurisprudenza della Corte, una nuova norma del diritto dell’Unione si applica, salvo deroghe, immediatamente agli effetti futuri delle situazioni sorte sotto l’impero della vecchia legge [v., segnatamente, sentenza del 10 giugno 2010, Bruno e a. (C-395/08 e C-396/08, EU:C:2010:329, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata)]. Le direttive 2006/32 e 2012/27 sono pertanto applicabili entrambe ratione temporis ai procedimenti principali: la prima per l’energia termica consumata fino al 5 giugno 2014, la seconda per quella consumata a partire da tale data.

 

52      L’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2012/27 specifica che tale disposizione non si applica ai clienti che finali che dispongano dei contatori intelligenti di cui alle direttive 2009/72 et 2009/73 concernenti rispettivamente l’elettricità e il gas naturale. Tale precisazione non riguarda pertanto la fornitura di calore.

 

53      La sig.ra Dimitrova sostiene che sarebbe possibile fornire una stima precisa del calore emesso dall’impianto interno in ciascuna abitazione determinando, caso per caso, se le condutture di tale impianto attraversino effettivamente l’appartamento in questione e, se del caso, facendo riferimento alle caratteristiche tecniche dei tubi che attraversano tale appartamento, in particolare al loro isolamento (idoneo ad impedire qualsiasi trasferimento di calore) e alla loro superficie riscaldante (più la superficie del tubo è estesa, considerato segnatamente il suo diametro, maggiore è la quantità di calore emessa).

 

54      L’idea è quella di tenere conto della configurazione degli edifici esistenti e di introdurre un rapporto costo/efficacia. Si tratta segnatamente di valutare se il costo delle modifiche che sarebbe necessario apportare agli impianti degli immobili esistenti, e segnatamente vetusti, per attuare la misurazione individuale del consumo sia proporzionato ai risparmi energetici che possono essere realizzati grazie a tale misurazione. V. considerando 30 della direttiva 2012/27, nonché Robinson, S. e Vogt, G., Guidelines on good practice in cost-effective cost allocation and billing of individual consumption of heating, cooling and domestic hot water in multi-apartment and multi-purpose buildings, Support for the implementation of Articles 9-11 of Directive 2012/27/EU on energy efficiency with respect to thermal energy supplied from collective systems, Empirica GmbH, Bonn, dicembre 2016.

 

55      V. considerando 32 e 33 della direttiva 2012/27.

 

56      Vale a dire al livello della sottostazione (v. nota 17 delle presenti conclusioni).

 

57      Diversamente da un contatore di energia termica, un contabilizzatore di calore non misura il quantitativo di calore effettivamente fornito ad un’abitazione, ma si limita a dare una grandezza rappresentativa del medesimo, integrando nel tempo la differenza di temperatura fra un punto di superficie del radiatore emittente, sul quale esso è fissato, e la temperatura ambiente del locale.

 

58      Come ho già precisato, tali condizioni di affidabilità e di efficienza in termini di costi sono intese a tenere conto degli impianti esistenti e dei costi che la loro eventuale modifica comporterebbe. In tal senso, l’installazione di contatori individuali imporrebbe, in taluni casi, di sostituire tutto l’impianto interno di un immobile, poiché simili contatori non possono essere installati, segnatamente, nei sistemi di distribuzione a condutture verticali. In tali immobili è consentito installare, al loro posto, contabilizzatori su ciascun radiatore. Simili contabilizzatori non possono tuttavia essere installati, da parte loro, negli edifici in cui il riscaldamento funziona senza radiatore o una superficie di scambiatore di energia termica sulla quale collocarli. In ogni caso, l’installazione di strumenti che consentono di determinare il consumo individuale non è utile negli immobili i cui occupanti non possono controllare i loro radiatori. V. considerando 28 e 29 della direttiva 2012/27, nonché Robinson, S. e Vogt, G., op. cit.

 

59      Ciò è confermato dalla nuova direttiva 2018/2002, che ha introdotto nella direttiva 2012/27 un articolo 10 bis, il quale verte specificamente sulla fatturazione del consumo per il riscaldamento, il raffreddamento e l’acqua calda per uso domestico e precisa, al suo paragrafo 1, che «[l]addove siano installati contatori o contabilizzatori di calore, gli Stati membri provvedono a che le informazioni di fatturazione e consumo siano (…) basate sul consumo effettivo o sulla lettura del contabilizzatore» (il corsivo è mio).

 

60      Si evince dalle decisioni di rinvio che un «contatore termico» si trova nell’appartamento della prima, mentre nell’appartamento del secondo sono installati dei contabilizzatori.

 

61      Non è necessario risolvere, nella presente causa, la questione della data esatta in cui la fatturazione basata sul consumo effettivo è divenuta obbligatoria nei loro immobili, in forza del diritto dell’Unione.

 

62      V. considerando da 1 a 3 e 32 della direttiva 2006/32 e considerando 2 e 60 della direttiva 2012/27.

 

63      Raccomandazioni 76/493/CEE del Consiglio, del 4 maggio 1976, concernente l’utilizzazione razionale dell’energia negli impianti di riscaldamento degli edifici esistenti (GU 1976, L 140, pag. 12) e 77/712/CEE del Consiglio, del 25 ottobre 1977, concernente la regolazione del riscaldamento, la produzione di acqua calda per usi igienici e la misurazione delle quantità di calore nei nuovi edifici (GU 1977, L 295, pag. 1).

 

64      Direttiva 93/76/CEE del Consiglio, del 13 settembre 1993, intesa a limitare le emissioni di biossido di carbonio migliorando l’efficienza energetica (SAVE) (GU 1993, L 237, pag. 28).

 

65      Ad esempio, non aprire le finestre al fine di arieggiare lasciando al contempo i radiatori accesi, abbassare la temperatura delle stanze, segnatamente di quelle non occupate o durante la notte, ecc. V. considerando 29 della direttiva 2006/32 e da 30 a 33 della direttiva 2012/27.

 

66      La direttiva 93/76 imponeva in tale senso che la fatturazione dell’energia fosse fondata «in proporzione appropriata» sul consumo effettivo (v. considerando 11 e articolo 3 di tale direttiva).

 

67      Secondo la EVN, il dato della fatturazione, previsto dalla legge sull’energia, corrispondente al calore emesso dall’impianto interno, includerebbe non soltanto le perdite dell’impianto interno in senso stretto, bensì anche, più in generale, i trasferimenti di calore all’interno dell’immobile.

 

68      V. Robinson, S. e Vogt, G., op. cit., pag. 31. Ciò sarebbe parimenti contrario allo spirito dell’articolo 19, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2012/27, dal quale risulta che gli Stati membri devono prevedere le misure adeguate per eliminare gli ostacoli all’efficienza energetica per quanto riguarda «la separazione degli incentivi (…) tra gli stessi proprietari, con l’intento di evitare che essi rinuncino a realizzare investimenti intesi a migliorare l’efficienza energetica, che avrebbero invece realizzato in altre condizioni, perché non ne otterranno individualmente i pieni benefici o per l’assenza di regole che disciplinano la ripartizione dei costi e dei benefici, incluse le norme e le misure nazionali che disciplinano i processi decisionali per i beni in multiproprietà».

 

69      Osservo tuttavia che la recente direttiva 2018/2002 rende obbligatoria l’adozione di norme relative alla ripartizione da parte degli Stati membri (v. nuovo articolo 9 ter, paragrafo 3, introdotto da tale direttiva nella direttiva 2012/27).

 

70      La Corte ha già dichiarato che la direttiva 2012/27 fissa, in via generale, un quadro per la riduzione del consumo energetico, lasciando agli Stati membri la scelta riguardo alle modalità di attuazione, e che essi dispongono, a tal riguardo, di un ampio potere discrezionale. V. sentenza del 7 agosto 2018, Saras Energía (C-561/16, EU:C:2018:633, punto 24 e la giurisprudenza ivi citata). A mio avviso, lo stesso vale, a fortiori, per quanto riguarda la direttiva 2006/32. Diversi metodi di ripartizione dei costi dell’energia termica sono stati pertanto scelti dagli Stati membri in funzione delle loro preferenze e caratteristiche proprie. V. Castellazzi, L., Analysis of Member States’ rules for allocating heating, cooling and hot water costs in multi-apartment/purpose buildings supplied from collective systems – Implementation of EED Article 9(3), EUR 28630 EN, Lussemburgo, Publications Office of the European Union, 2017.

 

71      V. nota 53 delle presenti conclusioni.

 

72      Del resto, come fatto valere dalla Toplofikatsia Sofia, il criterio del volume riscaldabile, adottato dal legislatore bulgaro, riflette la diffusione di calore.

 

73      Preciso che il fatto che la direttiva 2006/32 non menzionasse espressamente la possibilità di adottare norme concernenti la ripartizione, diversamente dall’articolo 9, paragrafo 3, della direttiva 2012/27, non significa che l’interpretazione della prima direttiva debba essere diversa da quella della seconda direttiva. L’obiettivo delle norme relative alla fatturazione fondata sul consumo reale è lo stesso nelle due direttive, e l’aggiunta, da parte del legislatore, di detto articolo 9, paragrafo 3, era intesa unicamente a chiarire l’applicazione di tali norme.

 

74      V. articolo 140 della legge sull’energia.

 

75      V. articolo 145, paragrafo 1, della legge sull’energia. La Toplofikatsia Sofia ha indicato, in udienza, che si evince dall’applicazione di tali regole che la parte fissa della fattura varia, in Bulgaria, fra il 30 % e il 70 %, in funzione delle caratteristiche di ciascun edificio e, in particolare, del suo isolamento.

 

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