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Avvocato Generale M.Campos Sanchez - Bordona, 13/6/2019 n. C-364/18 e C-365/18
Sulla compatibilità con il diritto dell'Ue del metodo di calcolo adottato dalle autorità italiane che quantifica i canoni dovuti dalle imprese titolari di concessioni di gas facendo riferimento a un indice (il QE) basato sulle quotazioni del petrolio

L'articolo 6, paragrafi 1, 2 e 3, e l'ottavo considerando della direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, non ostano ad una normativa interna che quantifica i canoni dovuti dalle imprese titolari di concessioni di gas facendo riferimento a un indice (quale il QE) basato sulle quotazioni del petrolio e di altri combustibili nel medio e lungo periodo, anziché a un altro indice (quale il Pfor) legato al prezzo del gas sul mercato di breve periodo.

Materia: gas / disciplina

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

 

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

 

presentate il 13 giugno 2019(1)

 

Cause riunite C-364/18 e C-365/18

 

Eni SpA

 

contro

 

Ministero dello Sviluppo economico,

 

Ministero dell’Economia e delle Finanze,

 

nei confronti di:

 

Autorità di Regolazione per l’Energia, Reti e Ambiente,

 

Regione Basilicata,

 

Comune di Viggiano,

 

Regione Calabria,

 

Comune di Ravenna,

 

e altri,

 

Assomineraria

 

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Italia)]

 

e

 

Shell Italia E & P SpA

 

contro

 

Ministero dello Sviluppo economico,

 

Ministero dell’Economia e delle Finanze,

 

Autorità di Regolazione per l’Energia, Reti e Ambiente,

 

nei confronti di:

 

Regione Basilicata,

 

Comune di Viggiano

 

Comune di Montemurro,

 

Comune di Grumento Nova,

 

Comune di Marisco Nuovo,

 

Comune di Marsicovetere,

 

Comune di Calvello,

 

Assomineraria

 

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia)

 

«Questione pregiudiziale – Direttiva 94/22/CE – Energia – Condizioni per la concessione e l’esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi – Canoni dovuti per le concessioni di gas naturale – Calcolo dei canoni – Indici QE e Pfor – Carattere discriminatorio»

 

 

1.        Il presente rinvio pregiudiziale fornisce alla Corte l’occasione di pronunciarsi sull’applicazione della direttiva 94/22/CE (2) ai canoni (royalties) che gli Stati membri possono chiedere alle imprese titolari di autorizzazioni (3) alla prospezione, ricerca e coltivazione di gas naturale. Tali canoni costituiscono in realtà il corrispettivo versato dalle imprese allo Stato per l’accesso e lo sfruttamento di risorse pubbliche, quali gli idrocarburi, in generale, e il gas naturale, in particolare.

 

2.        In concreto, nella fattispecie occorre stabilire se la direttiva 94/22 consenta agli Stati membri di utilizzare un determinato indice di riferimento (il cosiddetto indice QE) per calcolare l’importo del canone, anziché un altro indice conforme al prezzo di mercato del gas naturale.

 

I.      Contesto normativo

 

A.      Diritto dell’Unione

 

1.      Direttiva 94/22

 

3.        A tenore del quarto, sesto, settimo e ottavo considerando:

 

«considerando che gli Stati membri hanno sovranità e diritti sovrani sulle risorse di idrocarburi che si trovano nel loro territorio;

 

(...)

 

considerando che occorre garantire l’accesso non discriminatorio alle attività di prospezione, di ricerca e di coltivazione degli idrocarburi e al loro esercizio, secondo modalità che favoriscono una maggiore concorrenza nel settore, onde contribuire ad una prospezione, ricerca e coltivazione ottimali delle risorse negli Stati membri e rafforzare l’integrazione del mercato interno dell’energia;

 

considerando che a tal fine occorre introdurre norme comuni affinché ai procedimenti di concessione delle autorizzazioni per la prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi possano partecipare tutti gli enti provvisti dei necessari requisiti; che il rilascio delle autorizzazioni deve basarsi su criteri obiettivi, resi noti mediante pubblicazione; che anche le condizioni cui esso è subordinato devono essere rese note in anticipo a tutti gli enti che partecipano al procedimento;

 

considerando che gli Stati membri devono mantenere la facoltà di subordinare l’accesso e l’esercizio di tali attività a limitazioni giustificate da motivi di interesse pubblico e al versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi, stabilendo le modalità del versamento in modo da non interferire nella gestione degli enti; che questa facoltà deve esercitarsi in maniera non discriminatoria; che, ad eccezione degli obblighi legati all’esercizio di tale facoltà, non si devono imporre agli enti condizioni e obblighi non giustificati dalla necessità di gestire correttamente l’attività; che il controllo sulle attività degli enti deve limitarsi a quanto necessario per l’osservanza di tali obblighi e condizioni».

 

4.        L’articolo 2, paragrafi 1 e 2, dispone quanto segue:

 

«1.      Gli Stati membri mantengono il diritto di determinare, all’interno del loro territorio, le aree da rendere disponibili per le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi.

 

2.      Se un’area è resa disponibile per le attività di cui al paragrafo 1, gli Stati membri garantiscono che non vi siano discriminazioni tra gli enti per quanto riguarda l’accesso a tali attività ed il loro esercizio da parte degli enti».

 

5.        L’articolo 6, paragrafi 1, 2 e 3, primo comma, così recita:

 

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché le condizioni e i requisiti di cui all’articolo 5, punto 2), nonché gli obblighi particolareggiati relativi all’esercizio di un’autorizzazione specifica siano giustificati esclusivamente dalla necessità di assicurare il corretto esercizio delle attività nell’area geografica per la quale è richiesta l’autorizzazione, mediante applicazione del paragrafo 2 oppure versamento di un corrispettivo pecuniario o in idrocarburi.

 

2.      Gli Stati membri, se così giustificato da motivi di sicurezza nazionale, sicurezza pubblica, pubblica sanità, sicurezza dei trasporti, protezione dell’ambiente, tutela di risorse biologiche e del patrimonio nazionale avente valore artistico, storico o archeologico, sicurezza degli impianti e degli addetti, gestione pianificata di risorse di idrocarburi (ad esempio, tasso di sfruttamento degli idrocarburi o ottimizzazione del loro recupero) o dalla necessità di garantire un gettito fiscale, possono stabilire condizioni e requisiti per l’esercizio delle attività di cui all’articolo 2, paragrafo 1.

 

3.      Le disposizioni per il pagamento dei corrispettivi di cui al paragrafo 1, comprese le condizioni per la partecipazione dello Stato, sono fissate dagli Stati membri in modo da garantire il mantenimento dell’indipendenza di gestione degli enti».

 

B.      Diritto italiano

 

1.      Decreto legislativo n. 625/96

 

6.        Ai sensi dell’articolo 19, commi 1, 5 e 5-bis del decreto legislativo n. 625/96 (4):

 

«1.      Per le produzioni ottenute a decorrere dal 1° gennaio 1997, il titolare di ciascuna concessione di coltivazione è tenuto a corrispondere annualmente allo Stato il valore di un’aliquota del prodotto della coltivazione pari al 7% della quantità di idrocarburi liquidi e gassosi estratti in terraferma, e al 7% (5) della quantità di idrocarburi gassosi e al 4% della quantità di idrocarburi liquidi estratti in mare.

 

(...)

 

5.      I valori unitari dell’aliquota per ogni concessione di coltivazione sono determinati, per ciascun titolare in essa presente, come media ponderale dei prezzi di vendita da esso fatturati nell’anno di riferimento.

 

5-bis      Per le produzioni ottenute a decorrere dal 1° gennaio 2002 i valori unitari dell’aliquota di coltivazione sono determinati:

 

(...)

 

b)      per il gas, per tutte le concessioni e per tutti i titolari, in base alla media aritmetica relativa all’anno di riferimento dell’indice QE, quota energetica del costo della materia prima gas, espresso in euro per MJ [(megajoule)], determinato dall’Autorità [di regolazione] per l’energia elettrica e il gas ai sensi della deliberazione 22 aprile 1999, n. 52/99, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 100 del 30 aprile 1999, e successive modificazioni, assumendo fissa l’equivalenza 1 Smc [(standard metro cubo)] = 38,52 MJ. A decorrere dal 1° gennaio 2003, l’aggiornamento di tale indice, ai soli fini del presente articolo, è effettuato dall’Autorità [di regolazione] per l’energia elettrica e il gas sulla base dei parametri di cui alla stessa deliberazione».

 

2.      Decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, convertito nella legge 2 aprile 2007, n. 40

 

7.        All’articolo 11, comma 1, di detto decreto-legge (6) è stata prevista la cessione, da parte dei titolari delle concessioni di coltivazione, delle aliquote del prodotto dovute allo Stato presso il mercato regolamentato delle capacità, secondo le modalità determinate con decreto del Ministro dello Sviluppo economico, sentita l’Autorità di Regolazione per l’Energia, Reti e Ambiente (in prosieguo: l’«Autorità di regolazione»).

 

8.        In attuazione di tale disposizione è stato adottato il decreto ministeriale 6 agosto 2010 (7), ai sensi del quale, per quanto qui rileva, «le procedure di contrattazione delle aliquote avvengono mediante negoziazione ad asta» (articolo 4, comma 1); «non sono accettate offerte in acquisto inferiori all’indice QE (...)» (articolo 4, comma 3), e «in caso di mancata vendita, il lotto di gas offerto rimane nella disponibilità del titolare, il quale è tenuto a corrispondere allo Stato l’equivalente valorizzato in misura pari all’indice QE di cui al comma 3» (articolo 4, comma 4).

 

3.      Decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito con modificazioni nella legge 24 marzo 2012, n. 27

 

9.        L’articolo 13 del decreto-legge n. 1/2012 (8) («Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività») dispone quanto segue:

 

«A decorrere dal primo trimestre successivo all’entrata in vigore del presente decreto, l’Autorità [di regolazione] per l’energia elettrica e il gas, al fine di adeguare i prezzi di riferimento del gas naturale per i clienti vulnerabili di cui all’articolo 22 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, e successive modificazioni, ai valori europei, nella determinazione dei corrispettivi variabili a copertura dei costi di approvvigionamento di gas naturale, introduce progressivamente tra i parametri in base ai quali è disposto l’aggiornamento anche il riferimento per una quota gradualmente crescente ai prezzi del gas rilevati sul mercato. In attesa dell’avvio del mercato del gas naturale di cui all’articolo 30, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99, i mercati di riferimento da considerare sono i mercati europei individuati ai sensi dell’articolo 9, comma 6, del decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 130».

 

4.      Disposizioni successive

 

10.      Con la deliberazione 196/2013/R/gas (9), l’Autorità di regolazione ha abbandonato definitivamente, con effetto dal 1° ottobre 2013, l’indice QE quale parametro di determinazione del costo del gas ai fini della definizione delle condizioni di fornitura a favore dei clienti vulnerabili nel mercato tutelato.

 

11.      La componente a copertura dei costi di approvvigionamento del gas naturale nei mercati all’ingrosso è ora costituita dall’indice Cmem, definito unicamente con riguardo al mercato di breve periodo del gas naturale ai sensi dell’articolo 1, lettera c), del dispositivo di detta deliberazione.

 

12.      Il Cmem è il risultato della somma di vari elementi, tra cui l’indice Pfor.

 

13.      A norma dell’articolo 6.2, lettera d), del «Testo integrato delle attività di vendita al dettaglio di gas naturale e gas diversi da gas naturale distribuiti a mezzo di reti urbane» (TIVG), nella versione modificata dalla deliberazione 196/2013/R/gas, l’indice Pfor «espresso in euro/GJ [(gigajoule)], a copertura dei costi di approvvigionamento del gas naturale nel trimestre t-esimo, [è] pari alla media aritmetica delle quotazioni forward [(a termine)] trimestrali OTC [(over the counter)] relative al trimestre t-esimo del gas, presso l’hub TTF (10), rilevate da Platts (11) con riferimento al secondo mese solare antecedente il trimestre t-esimo».

 

II.    Controversia principale e questione pregiudiziale

 

14.      La Eni SpA (in prosieguo: l’«Eni») e la Shell Italia E&P Spa (in prosieguo: la «Shell») sono due società titolari di concessioni per l’estrazione di gas naturale in Italia (12) che operano anche nei mercati all’ingrosso e al dettaglio della distribuzione e vendita di gas in tale Stato membro.

 

15.      Le due società si contrappongono alle autorità italiane (13) contestando l’importo dei canoni relativi al 2015 che esse devono corrispondere allo Stato per le loro concessioni. Nello specifico, chiedono che sia annullata la decisione del 24 marzo 2016 della Direzione generale per la sicurezza dell’approvvigionamento e le infrastrutture energetiche, avente ad oggetto il «decreto legislativo n. 625/1996 – articolo 19, comma 5-bis. Indice QE 2015 – quota energetica costo materia prima del gas naturale per l’anno 2015» (14), nonché le norme e decisioni che ne costituiscono il fondamento.

 

16.      Secondo le ricorrenti, il mantenimento nel 2015 dell’indice QE quale parametro per il calcolo dei canoni sarebbe illegittimo. A loro parere, tale calcolo andrebbe effettuato sulla base dell’indice Pfor (ancorato al prezzo del gas sul mercato di breve periodo) e non dell’indice QE (basato sulle quotazioni del petrolio e di altri combustibili su un periodo più lungo).

 

17.      Esse sostengono che, di fatto, l’indice QE è stato definitivamente abbandonato ai fini della regolazione tariffaria del mercato tutelato e pertanto non dovrebbe più trovare applicazione neppure per il calcolo dei canoni. Affermano quindi che si dovrebbe fare riferimento al nuovo indice Pfor, stabilito dall’Autorità di regolazione in modo da rispecchiare proprio il valore di mercato del gas.

 

18.      Il giudice del rinvio spiega che attraverso l’attuale meccanismo di calcolo si procede, in prima battuta, ad offrire sul mercato regolamentato delle capacità e del gas le aliquote di prodotto spettanti allo Stato in misura pari al prezzo corrispondente all’indice QE. Laddove, come accade nella gran parte dei casi, le predette aliquote rimangano invendute, tale quantitativo di gas naturale rimane nella disponibilità dell’impresa concessionaria, la quale corrisponde però allo Stato l’equivalente del suo prezzo calcolato applicando l’indice QE, che risulta essere superiore a quello di mercato. Il giudice del rinvio ne deduce che i concessionari sono obbligati ad acquistare le aliquote di gas naturale ad un prezzo sensibilmente più elevato rispetto a quello di mercato, subendo quindi un evidente pregiudizio rispetto agli altri operatori del settore, loro concorrenti, che non sono destinatari di tale obbligo.

 

19.      Con la sentenza del 18 gennaio 2018, n. 290, il Consiglio di Stato (Italia) ha riformato varie decisioni assunte dal giudice del rinvio nel giugno 2016, confermando la legittimità delle decisioni delle autorità italiane che applicavano l’indice QE.

 

20.      Ciononostante, il giudice del rinvio continua a ritenere che possa sussistere una discriminazione nei confronti dei titolari delle concessioni per la coltivazione di gas naturale e si chiede se l’interpretazione della normativa interna suffragata dalla sentenza del Consiglio di Stato del 18 gennaio 2018 possa essere in contrasto con i principi della direttiva 94/22.

 

21.      In tale contesto, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (Italia) sottopone alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

 

«Se le previsioni contenute nella [direttiva 94/22], all’art. 6, par. 1 e al sesto considerando, ostano ad una normativa interna, in particolare l’art. 19, comma 5-bis, del decreto legislativo n. 625 del 1996, che, in ragione dell’interpretazione fornita dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 290/2018, consente di imporre, in sede di corresponsione delle royalties, il parametro QE, basato sulle quotazioni del petrolio e di altri combustibili, piuttosto che in base all’indice Pfor, ancorato al prezzo del gas sul mercato di breve periodo».

 

22.      Hanno presentato osservazioni scritte l’Eni, la Shell, la Assomineraria, il Comune di Viggiano (Italia), il governo italiano e la Commissione. Tutte le suddette parti, ad eccezione del Comune di Viggiano, hanno partecipato all’udienza tenutasi il 4 aprile 2019.

 

III. Risposta alla questione pregiudiziale

 

23.      Le parti intervenute nel procedimento pregiudiziale dissentono sulla risposta da fornire al giudice del rinvio:

 

        secondo l’Eni, la Shell e l’Assomineraria, il metodo di calcolo dei canoni basato sull’indice QE comporterebbe una discriminazione e recherebbe pregiudizio alle entità titolari di concessioni per l’estrazione di gas naturale rispetto a quelle che esercitano soltanto attività di distribuzione e commercializzazione di tale prodotto. L’indice QE tiene conto del prezzo del petrolio e di altri idrocarburi, che è superiore a quello del gas naturale, cosicché l’importo dei canoni per le concessioni di gas supera il prezzo di vendita sul mercato dei quantitativi di gas per la cui vendita devono essere corrisposti i suddetti canoni;

 

        il governo italiano, il Comune di Viggiano e la Commissione ritengono che la direttiva 94/22 lasci agli Stati membri la libertà di fissare l’importo dei canoni mediante l’applicazione di un indice quale il QE. A loro parere, la direttiva 94/22 non obbligherebbe gli Stati membri a calcolare i canoni in base al prezzo di mercato del gas naturale.

 

24.      Per dirimere tale controversia, mi sembra necessario esaminare anzitutto il metodo di calcolo dei canoni per le concessioni di gas applicato in Italia.

 

A.      Calcolo dei canoni per le concessioni di gas in Italia

 

25.      A partire dalla legge n. 6/1957 (15), l’Italia ha imposto alle imprese di estrazione il pagamento di canoni per le concessioni di gas nel suo territorio. Inizialmente, tali canoni potevano essere corrisposti in natura (una percentuale del gas estratto) o in denaro. L’ammontare finale era identico in entrambi i casi, in quanto l’importo in denaro era fissato in base al prezzo medio di vendita del gas che l’impresa concessionaria aveva applicato in un determinato anno.

 

26.      La situazione è rimasta immutata dopo il recepimento della direttiva 94/22 nel diritto italiano mediante il decreto legislativo n. 625/96. Le imprese concessionarie hanno continuato a pagare un canone in natura (pari a una percentuale del gas estratto) o in denaro (corrispondente al valore di mercato del quantitativo di tale gas).

 

27.      Con la riforma dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 625/96 introdotta dalla legge 23 aprile 2004, n. 239, il sistema dei canoni è cambiato.

 

28.      Infatti, ai sensi della nuova versione dell’articolo 19 del decreto legislativo n. 625/96, dal 1° gennaio 2002 il pagamento poteva essere effettuato solo in denaro. A partire dal 1° gennaio 2003, il canone consisteva in una percentuale del prodotto estratto (16), al quale si applicava il prezzo del gas risultante dall’indice QE. Tale indice era definito come la quota energetica del costo della materia prima del gas, espressa in euro per MJ (megajoule), e doveva essere determinato dall’Autorità di regolazione in base ai parametri della sua deliberazione n. 52/99.

 

29.      Secondo le informazioni fornite dalle parti, l’Autorità di regolazione calcolava ogni due mesi l’indice QE facendo riferimento a un paniere di prodotti energetici (17), in particolare sulla base delle quotazioni medie del petrolio e di altri combustibili risultanti dai contratti pluriennali di vendita all’ingrosso. All’epoca, come ammesso dalle stesse parti, l’indice QE rispecchiava il reale valore di mercato del gas naturale (18).

 

30.      Successivamente, una riforma del 2007, concretizzatasi in un decreto del Ministero dello Sviluppo economico del 6 agosto 2010, ha consentito alle imprese concessionarie di vendere sul «mercato regolamentato delle capacità e del gas» (PSV) (19), all’asta, le aliquote di gas spettanti allo Stato, trasferendo a quest’ultimo, a titolo di canone, le somme risultanti. Tale hub virtuale PSV è il mercato all’ingrosso sul quale vengono effettuati tutti gli scambi di gas naturale in Italia.

 

31.      Tuttavia, la normativa prevedeva il rigetto delle offerte a prezzi inferiori all’indice QE. In tale situazione, i lotti di gas offerti rimanevano nella disponibilità del titolare, il quale era tenuto a corrispondere allo Stato il canone equivalente a tali lotti, valorizzato in misura pari all’indice QE.

 

32.      Sembra che l’indice QE non fosse più allineato al prezzo di mercato del gas naturale, cosicché le imprese titolari di concessioni di gas in Italia non riuscivano a vendere le aliquote di gas sul mercato regolamentato.

 

33.      Il disallineamento tra l’indice QE e il prezzo di mercato del gas naturale è stata confermata allorché l’Autorità di regolazione ha adottato la deliberazione 196/2013/R/gas, con la quale è stato definitivamente abbandonato, a partire dal 1° ottobre 2013, l’indice QE quale parametro di determinazione del costo del gas in relazione alle condizioni di fornitura in favore dei clienti del mercato tutelato (20).

 

34.      Ai fini della determinazione del costo del gas, la deliberazione 196/2013/R/gas ha assunto l’indice Pfor, che riflette le quotazioni trimestrali del gas naturale alla borsa del gas nei Paesi Bassi (lo hub TTF), registrate da Platts.

 

35.      Tuttavia, le autorità italiane hanno continuato ad applicare l’indice QE per fissare il prezzo del gas naturale ai fini dei canoni. Le imprese concessionarie, dal momento che nel 2015 non hanno potuto vendere alle aste del mercato PSV le aliquote di gas corrispondenti a detti canoni, affermano di essere state obbligate a pagare allo Stato, a tale titolo, importi superiori a quelli che sarebbero stati dovuti in caso di applicazione del prezzo di mercato del gas nel breve periodo (vale a dire, il prezzo risultante dall’indice Pfor).

 

36.      Dai documenti versati al fascicolo risulta che:

 

        nei quattro trimestri del 2015, i valori dell’indice QE, espressi in euro/GJ (21), sono stati 7,976985, 6,940217, 6,194914 e 5,573671. La media dell’indice QE per il calcolo dei canoni del 2015 era quindi 6,671447 (22).

 

        i valori in euro/GJ dell’indice Pfor per i quattro trimestri del 2015 sono stati 6,553299, 5,984375, 5,665388 e 5,564236. La media dell’indice Pfor era 5,9418245 (23).

 

37.      Da tali dati si evince che, nel 2015, l’indice QE ha registrato valori superiori a quelli dell’indice Pfor. Le imprese titolari di concessioni di gas hanno quindi pagato canoni di importo superiore (24) a quello che sarebbe risultato dall’applicazione del valore di mercato alle corrispondenti partite di gas naturale.

 

B.      Interpretazione della direttiva 94/22

 

38.      La direttiva 94/22 realizza un’armonizzazione non esaustiva delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi nell’Unione (25).

 

39.      Tale armonizzazione minima assume come premessa la sovranità degli Stati membri sugli idrocarburi che si trovano nel loro territorio (26), che sono risorse naturali rientranti nella loro disponibilità. La direttiva 94/22 si limita ad istituire una procedura per l’accesso e l’esercizio di tali attività al fine di favorire una maggiore concorrenza nel settore, contribuire ad una prospezione, ricerca e coltivazione ottimali di tali risorse e rafforzare l’integrazione del mercato interno dell’energia (27).

 

40.      In particolare, la direttiva prevede che i procedimenti di concessione delle relative autorizzazioni devono essere aperte a tutti gli enti dell’Unione provvisti dei necessari requisiti, sulla base di «criteri obiettivi», a condizioni rese note in anticipo a tutti gli enti che vi partecipano (28).

 

41.      La direttiva 94/22 autorizza gli Stati a subordinare l’accesso e l’esercizio di tali attività a «limitazioni giustificate da motivi di interesse pubblico» e al versamento di un corrispettivo (canone) (29).

 

42.      L’ottavo considerando e l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 94/22 lasciano agli Stati membri la libertà di scegliere tra un canone costituito da un corrispettivo pecuniario (pagamento in denaro) o in idrocarburi (pagamento in natura). Di conseguenza, una normativa nazionale come quella controversa, con la quale si è optato per il pagamento del canone sotto forma di corrispettivo pecuniario, è compatibile con la direttiva 94/22.

 

43.      La questione fondamentale ai fini della presente controversia è se la direttiva 94/22 contenga condizioni relative all’importo dei canoni e al metodo per calcolarli. Anticipo già che, a mio parere, detta direttiva lascia un margine di discrezionalità molto ampio agli Stati membri per la definizione del metodo di calcolo dei canoni.

 

44.      Tuttavia, è vero che gli Stati membri devono esercitare in maniera non discriminatoria la loro facoltà di fissare i canoni (ottavo considerando della direttiva 94/22), in modo che, per quanto riguarda l’accesso e l’esercizio delle attività di prospezione, ricerca e sfruttamento di idrocarburi, le imprese si trovino su un piano di parità (articolo 2, paragrafo 2) (30).

 

45.      Orbene, la direttiva non impone limiti agli Stati membri né riguardo al metodo di determinazione del canone, né riguardo alla sua entità. Le imprese titolari di concessioni di gas che hanno presentato osservazioni (l’Eni, la Shell e l’associazione Assomineraria) hanno ammesso che uno Stato può elevare il canone dal 7 al 10% dei quantitativi di gas estratti, come ha fatto l’Italia nel 1999.

 

46.      Tuttavia, le medesime imprese argomentano che il canone dovrebbe essere calcolato con una formula che rifletta il prezzo di vendita del gas sul mercato, il che non avviene attualmente con l’indice QE. Aggiungono che l’applicazione di tale indice reca loro pregiudizio (discriminazione) in quanto esse sono obbligate ad acquistare l’aliquota di gas naturale corrispondente al canone ad un prezzo superiore a quello di mercato (attualmente collegato all’indice Pfor).

 

47.      Non condivido questa tesi e ritengo, al contrario, che l’applicazione dell’indice QE non comporti una discriminazione incompatibile con la direttiva 94/22 nei confronti delle imprese titolari di concessioni di gas. La discriminazione vietata da tale direttiva è quella che uno Stato membro potrebbe effettuare tra imprese titolari di autorizzazioni (ad esempio per motivi legati alla nazionalità, al luogo di residenza (31) o al luogo di provenienza del suo capitale sociale, tra altri) in relazione alla determinazione dei canoni. Ciò avverrebbe se le società con capitale sociale proveniente da altri Stati membri dovessero pagare un canone più elevato rispetto a quello dovuto dalle società con capitale italiano.

 

48.      L’approccio dell’Eni e della Shell pone l’accento sulla discriminazione esistente, a loro parere, tra le imprese titolari di concessioni e quelle che intervengono nel mercato della distribuzione e commercializzazione del gas naturale senza sfruttare alcun giacimento. Secondo tale approccio:

 

        i concessionari sarebbero obbligati ad acquistare il gas naturale corrispondente all’aliquota della loro produzione, che essi devono pagare a titolo di canone, ad un prezzo superiore a quello di mercato, applicando l’indice QE come riferimento per la vendita di tali lotti di gas alle aste del mercato PSV (32);

 

        le imprese che, senza essere titolari di concessioni di sfruttamento, operano nel mercato del gas naturale in Italia non sono tenute ad effettuare tali acquisti e non devono pagare canoni allo Stato italiano.

 

49.      Orbene, la direttiva 94/22 si limita ad impedire le discriminazioni tra le imprese titolari di concessioni (rectius, titolari di autorizzazioni) relative al gas, ma non vieta le differenze di trattamento tra dette imprese e quelle che operano solo come intermediari e venditori di gas naturale nel mercato regolato all’ingrosso PSV o nel mercato al dettaglio per clienti tutelati.

 

50.      Sotto il profilo del pagamento dei canoni, i titolari di concessioni di sfruttamento e le imprese di distribuzione e vendita di gas naturale nei mercati italiani non si trovano in situazioni comparabili (33), dato che queste ultime, ripeto, non devono versare alcun tipo di canone di estrazione. Ritengo pertanto che l’asserita discriminazione sia inesistente.

 

51.      Siffatta discriminazione, lamentata dalle imprese concessionarie, rispetto alle imprese che si limitano a commercializzare gas naturale in Italia, può verificarsi solo quando il prezzo di mercato del gas è basso. Se detto prezzo aumenta rispetto a quello del petrolio e degli altri idrocarburi utilizzati nell’indice QE, la situazione si inverte: le aste non vanno deserte e le imprese concessionarie vendono il gas naturale ad un prezzo superiore a quello risultante dall’applicazione dell’indice QE. Secondo i dati forniti dal governo italiano, e non smentiti dalle imprese concessionarie, tale situazione si è verificata nel 2016 e 2017, esercizi nei quali i concessionari hanno venduto il gas naturale alle aste ad un prezzo superiore a quello risultante dall’applicazione dell’indice QE (32% nel 2016 e 36,7% nel 2017) e dell’indice Pfor (46,3% nel 2016 e 52,1% nel 2017). In questi casi, i concessionari non hanno dovuto riacquistare il gas naturale estratto ad un prezzo superiore a quello risultante dall’applicazione dell’indice QE.

 

52.      La direttiva 94/22 stabilisce altri limiti, non molto precisi, per circoscrivere l’ampio margine di discrezionalità riconosciuto agli Stati membri in relazione alla quantificazione e al metodo di calcolo di questo tipo di corrispettivi. In particolare:

 

        l’articolo 6, paragrafo 1, stabilisce che i canoni devono essere «giustificati esclusivamente dalla necessità di assicurare il corretto esercizio delle attività nell’area geografica per la quale è richiesta l’autorizzazione»;

 

        l’articolo 6, paragrafo 3, prevede che «le disposizioni per il pagamento dei corrispettivi (...) sono fissate dagli Stati membri in modo da garantire il mantenimento dell’indipendenza di gestione degli enti».

 

53.      Orbene, né il giudice del rinvio né le imprese tenute al pagamento dei canoni hanno affermato che la normativa italiana oltrepassa tali limiti.

 

54.      Le medesime imprese sostengono tuttavia che è incoerente utilizzare l’indice QE per il calcolo dei canoni, in quanto esso non tiene conto del prezzo di mercato del gas naturale, bensì del prezzo del petrolio e di altri idrocarburi nei contratti a lungo termine. A loro parere, la direttiva 94/22 precluderebbe tale possibilità e imporrebbe l’applicazione di un indice collegato al prezzo di mercato del gas naturale (quale l’indice Pfor utilizzato sul mercato italiano dal 2013 per i clienti tutelati).

 

55.      A tale proposito, l’ENI sostiene che l’utilizzo dell’indice QE potrebbe portare ad una situazione paradossale in cui, qualora il prezzo di mercato del petrolio e di altri idrocarburi aumentasse in misura considerevole rispetto al prezzo di mercato del gas, il valore del canone sarebbe superiore al prezzo del gas naturale estratto dall’impresa concessionaria.

 

56.      Tale argomento, che sembra avere convinto il giudice del rinvio, si fonda su un’ipotesi (l’incremento differenziale di un indice rispetto all’altro) estranea ai fatti occorsi nel 2015, ai quali fa riferimento la decisione controversa dell’Autorità di regolazione. Come si è già rilevato, la differenza tra l’indice QE e l’indice Pfor durante detto esercizio non è stata elevata (34), sicché l’importo dei canoni non ha subito un aumento così rilevante da mettere a rischio l’esistenza delle attività relative al gas delle imprese concessionarie. Inoltre, come già indicato, negli anni 2016 e 2017 la situazione si è ribaltata, in quanto il prezzo di mercato del gas naturale è stato superiore a quello risultante dall’applicazione degli indici QE e Pfor.

 

57.      In ogni caso, sulla scelta di un indice piuttosto che di un altro possono incidere fattori di discrezionalità e di opportunità politica, a seconda che si vogliano imporre canoni più o meno gravosi alle imprese concessionarie (e, simmetricamente, più o meno favorevoli per l’erario).

 

58.      Può infatti essere logico utilizzare un indice che rifletta il prezzo di mercato del gas nel breve periodo (indice Pfor). Tuttavia, non è irragionevole fare riferimento a un altro indice basato sul prezzo a medio o lungo termine del petrolio o di altri idrocarburi, come l’indice QE. Di fatto, la scelta di un indicatore meno volatile può essere un fattore preso legittimamente in considerazione dal legislatore al fine di assicurare una maggiore stabilità e prevedibilità delle entrate pubbliche prevenienti dall’estrazione di idrocarburi.

 

59.      Infine, è pacifico che lo Stato italiano potrebbe, altrettanto legittimamente, aumentare l’importo dei canoni, elevando l’aliquota di gas naturale destinato al pagamento di tali corrispettivi (ad esempio, un canone pari al 15% del gas estratto, anziché al 10%), il che produrrebbe un risultato analogo.

 

60.      Ciò che rileva, ai fini della risposta pregiudiziale, è che l’utilizzo di un indice quale il QE non contravvenga a nessuno dei limiti di cui all’articolo 6 della direttiva 94/22 che ho menzionato poc’anzi. E tale ipotesi ricorre, a mio avviso, in quanto:

 

        da un lato, la «necessità di garantire un gettito fiscale» (articolo 6, paragrafo 2) giustifica l’utilizzo dell’indice QE, dato che, mediante la sua applicazione all’aliquota di gas che le imprese concessionarie devono destinare al pagamento dei canoni (attualmente pari al 10%), lo Stato italiano può ottenere un gettito più elevato;

 

        dall’altro, la necessità di assicurare il corretto esercizio delle attività nell’area geografica per la quale è richiesta l’autorizzazione (articolo 6, paragrafo 1) o il mantenimento dell’indipendenza di gestione degli enti (articolo 6, paragrafo 3) non sono compromesse dall’utilizzo dell’indice QE, almeno per quanto riguarda le aliquote applicate nel 2015.

 

61.      Ad ogni modo, spetta ai giudici nazionali, i quali dispongono di tutti gli elementi di fatto, valutare se l’utilizzo di un indice quale il QE, slegato dal prezzo di mercato del gas, ai fini del calcolo dei canoni dovuti per le concessioni di gas abbia prodotto, in un determinato anno, effetti incompatibili con i limiti fissati per il calcolo di detti canoni dall’articolo 6 della direttiva 94/22.

 

62.      Sebbene il giudice del rinvio non sollevi tale questione nella sua ordinanza, aggiungo che spetta altresì ai giudici nazionali verificare, nell’ambito di una valutazione globale di tutte le circostanze di diritto e di fatto rilevanti, se la normativa interna controversa nel procedimento principale soddisfi i requisiti del principio di proporzionalità (35), e che la Corte deve fornire a detti giudici gli elementi di interpretazione del diritto dell’Unione che consentano loro di pronunciarsi (36).

 

63.      Tale specifica valutazione è già stata effettuata dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 290/2018, alla quale fa riferimento il giudice del rinvio. Per poter derogare all’orientamento definito dall’organo supremo della giurisdizione amministrativa, cui è riservata l’ultima parola sull’applicazione del suo diritto interno, il giudice del rinvio dovrebbe avere, a mio avviso, solidi motivi atti ad inficiare inequivocabilmente detta valutazione.

 

64.      A parte tali riserve, ritengo che vi siano almeno altri due elementi che militano a favore della compatibilità con il diritto dell’Unione del metodo di calcolo dei canoni adottato dalle autorità italiane.

 

65.      Il primo è che sia l’articolo 6, paragrafo 1, sia l’ottavo considerando della direttiva 94/22 consentono agli Stati membri di optare per un corrispettivo in natura o per un corrispettivo in denaro. In tal modo viene lasciata agli Stati membri la scelta tra le due alternative, senza che vi sia alcun legame tra le stesse. Pertanto, dalla direttiva non si evince che il canone, sia esso espresso in denaro o come corrispettivo pecuniario, debba coincidere o essere collegato al valore di mercato della quota di gas estratto.

 

66.      Il secondo è che uno Stato membro non contravviene necessariamente al principio di proporzionalità qualora quantifichi il canone in denaro applicando un indice, come il QE, che non assicura l’equivalenza tra il valore di mercato dell’aliquota di gas corrispondente al canone e l’importo pecuniario di quest’ultimo. Tale equivalenza, ripeto, non è un obiettivo della direttiva 94/22. Pertanto, il principio di proporzionalità non impone agli Stati membri di utilizzare indici di riferimento come il Pfor.

 

67.      L’incompatibilità con il principio di proporzionalità di una normativa nazionale che dà attuazione alla direttiva 94/22 potrebbe sorgere qualora la procedura per la determinazione dell’importo di cui trattasi comportasse l’imposizione di canoni così elevati da rendere praticamente impossibili le attività di prospezione, ricerca e coltivazione di gas naturale. Stando alle informazioni contenute nel fascicolo, non sembra essere questa la situazione scaturita dalla normativa italiana che impone l’utilizzo dell’indice QE.

 

68.      Questione diversa è il fatto che l’applicazione dell’indice QE possa comportare una maggiore o minore alterazione dell’equilibrio finanziario inizialmente previsto nei rispettivi titoli concessori. Qualora sorgesse tale problema (che potrebbe derivare sia da una variazione degli indici, sia da un aumento dell’aliquota del canone), la sua soluzione andrebbe cercata nelle norme interne relative all’equilibrio nelle concessioni, e non nella direttiva 94/22 (37).

 

69.      Infine, si può respingere, senza che occorrano ulteriori giustificazioni, l’argomento secondo cui l’applicazione dell’indice QE costituirebbe una restrizione ingiustificata al diritto di proprietà tutelato dall’articolo 17 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. La proprietà originaria degli idrocarburi spetta allo Stato italiano e, qualora esso decida di autorizzare un’impresa ad estrarli, può subordinare tale concessione di risorse pubbliche al pagamento da parte del beneficiario di un corrispettivo alle casse dello Stato.

 

IV.    Conclusione

 

70.      Alla luce di quanto precede, propongo di rispondere al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia nei seguenti termini:

«L’articolo 6, paragrafi 1, 2 e 3, e l’ottavo considerando della direttiva 94/22/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, non ostano ad una normativa interna che quantifica i canoni dovuti dalle imprese titolari di concessioni di gas facendo riferimento a un indice (quale il QE) basato sulle quotazioni del petrolio e di altri combustibili nel medio e lungo periodo, anziché a un altro indice (quale il Pfor) legato al prezzo del gas sul mercato di breve periodo».

 

1      Lingua originale: lo spagnolo.

 

2      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi (GU 1994, L 164, pag. 3).

 

3      La direttiva 94/22 utilizza, all’articolo 1, punto 3, il termine «autorizzazione» in senso onnicomprensivo («ogni disposizione legislativa, regolamentare, amministrativa o contrattuale, o strumento emanato in sua applicazione, in base alla quale le autorità competenti degli Stati membri autorizzano un ente ad esercitare, per proprio conto e a proprio rischio, il diritto esclusivo di prospezione, ricerca o coltivazione di idrocarburi in un’area geografica»). Secondo le informazioni contenute nel fascicolo, in Italia tali autorizzazioni assumono la forma giuridica delle «concessioni» (per la precisione, concessioni demaniali) e i loro titolari sono definiti «concessionari». Nelle presenti conclusioni utilizzerò entrambi i termini.

 

4      Decreto legislativo 25 novembre 1996, n. 625 – Attuazione della direttiva 94/22/CEE relativa alle condizioni di rilascio e di esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi (in prosieguo: il «decreto legislativo n. 625/96»).

 

5      Tale aliquota è stata successivamente elevata al 10% dall’articolo 45, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99.

 

6      Legge 2 aprile 2007, n. 40, Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 gennaio 2007, n. 7, recante misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove imprese (GURI n. 77 del 2 aprile 2007).

 

7      Decreto ministeriale 6 agosto 2010 – Decreto per la vendita delle aliquote di prodotto della produzione di gas nel territorio nazionale, royalties, destinate allo Stato (GURI n. 200 del 27 agosto 2010).

 

8      Legge 24 marzo 2012, n. 27 – Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività (GURI n. 71 del 24 marzo 2012).

 

9      Deliberazione 9 maggio 2013 196/2013/R/gas. Seconda fase della riforma delle condizioni economiche applicate ai clienti finali del servizio di tutela nel mercato del gas naturale a partire dall’1 ottobre 2013. Modifiche al TIVG. Disponibile all’indirizzo https://www.arera.it/allegati/docs/13/196-13.pdf.

 

10      Lo hub TTF (Title Transfer Facility) è la borsa del gas nei Paesi Bassi. V. https://www.gasunietransportservices.nl/en/shippers/products-and-services/ttf.

 

11      La Platts era una divisione della multinazionale McGraw-Hill che operava come società di gestione del mercato finanziario dei future e delle opzioni sui prodotti derivati negoziati sui mercati di origine dei prodotti energetici di tutto il mondo. Nel 2016 la McGraw-Hill Financial è divenuta S&P Global e la Platts è divenuta S&P Global Platts, tutt’ora la società indipendente che fornisce informazioni, prezzi di riferimento e analisi sui mercati delle materie prime e dei prodotti energetici. V. https://www.spglobal.com/platts/en/about.

 

12      L’Eni è titolare di concessioni di coltivazione del gas sia in terraferma che nel sottofondo marino. La Shell è titolare di concessioni di coltivazione del gas esclusivamente in terraferma, nella regione Basilicata.

 

13      In concreto, al Ministero dello Sviluppo Economico (Italia), al Ministero dell’Economia e delle Finanze (Italia) e all’Autorità di regolazione.

 

14      Comunicato del 24 marzo 2016 – Indice QE 2015. Quota energetica costo materia prima del gas naturale per l’anno 2015, disponibile all’indirizzo https://www.mise.gov.it/index.php/it/98-normativa/altri-atti-amministrativi/2034303-comunicato-del-24-marzo-2016-indice-qe-2015-quota-energetica-costo-materia-prima-del-gas-naturale-per-l-anno-2015.

 

15      Legge 11 gennaio 1957, n. 6, Ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi (GURI n. 25 del 29 gennaio 1957).

 

16      L’aliquota ammontava al 7% della quantità di idrocarburi liquidi e gassosi estratti in terraferma, al 7% della quantità di idrocarburi gassosi (tale quota è stata elevata al 10% dall’articolo 45, comma 1, della legge 23 luglio 2009, n. 99) e al 4% della quantità di idrocarburi liquidi estratti in mare.

 

17      Deliberazione 28 maggio 2009 – ARG/gas 64/09. Approvazione del Testo integrato delle attività di vendita al dettaglio di gas naturale e gas diversi da gas naturale distribuiti a mezzo di reti urbane (TIVG), disponibile all’indirizzo https://www.arera.it/it/docs/09/064-09arg.htm. Ai sensi dell’articolo 6.2 di detta deliberazione dell’Autorità di regolazione, l’indice QE è fissato in base alle quotazioni del petrolio Brent, del gasolio e dell’olio combustibile a basso tenore di zolfo.

 

18      Si deve tenere conto del fatto che le attività di prospezione, esplorazione ed estrazione del petrolio e di gas naturale sono soggette a condizioni analoghe e devono essere trattate in un contesto comune e distinto da quello delle attività successive. Ciò è indicato nella motivazione della proposta di direttiva del Consiglio sul rilascio e esercizio delle autorizzazioni alla prospezione, esplorazione e estrazione di idrocarburi, COM (92) 110 def., dell’11 maggio 1992 (GU 1992, C 139, pag. 12).

 

19      La Snam Rete Gas gestisce lo hub virtuale PSV («Punto di Scambio Virtuale»), in cui hanno luogo le cessioni e gli scambi bilaterali quotidiani del gas immesso nella rete nazionale di gasdotti italiani. L’Autorità di regolazione ha attribuito al PSV la qualità di «mercato regolamentato delle capacità e del gas». V. http://www.snam.it/en/transportation/Online_Processes/PSV/.

 

20      Verte su tale mercato la sentenza del 20 aprile 2010, Federutility e a. (C-265/08, EU:C:2010:205). Il «cliente tutelato» è il cliente civile che è connesso a una rete di distribuzione del gas, al quale deve essere garantita la fornitura, come stabilito all’articolo 2, punto 5, del regolamento (UE) 2017/1938 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2017, concernente misure volte a garantire la sicurezza dell’approvvigionamento di gas e che abroga il regolamento (UE) n. 994/2010 (GU 2017, L 280, pag. 1).

 

21      Il gigajoule (GJ) equivale a 109 joule (J); il joule è l’unità del Sistema internazionale di unità di misura utilizzata per misurare l’energia, il lavoro e il calore. In quanto unità di energia e di lavoro, il joule è definito come la quantità di lavoro compiuto da una forza costante di un newton per lo spazio di un metro nella stessa direzione della forza.

 

22      Comunicato del 24 marzo 2016 – Indice QE 2015. Quota energetica costo materia prima del gas naturale per l’anno 2015, disponibile all’indirizzo https://www.mise.gov.it/index.php/it/98-normativa/altri-atti-amministrativi/2034303-comunicato-del-24-marzo-2016-indice-qe-2015-quota-energetica-costo-materia-prima-del-gas-naturale-per-l-anno-2015.

 

23      I dati figurano sul portale dell’Autorità di regolazione: https://www.arera.it/it/che_cosa/presentazione.htm.

 

24      In udienza, la Shell e l’Eni hanno affermato di avere subito danni rispettivamente per EUR 1 237 538 ed EUR 8 114 895 nell’esercizio 2015.

 

25      La direttiva 94/22 ha generato pochissimo contenzioso: è stato proposto un unico ricorso per inadempimento nei confronti della Polonia per trasposizione inesatta, risolto con sentenza del 27 giugno 2013, Commissione/Polonia, C-569/10, EU:C:2013:425).

 

26      Quarto considerando: «gli Stati membri hanno sovranità e diritti sovrani sulle risorse di idrocarburi che si trovano nel loro territorio».

 

27      V, in particolare, sesto considerando e articolo 3 della direttiva 94/22.

 

28      V., in particolare, settimo considerando e articolo 5 della direttiva 94/22.

 

29      V., in particolare, ottavo considerando e articolo 6 della direttiva 94/22.

 

30      «[I]n forza dell’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 94/22, gli Stati membri garantiscono che non vi siano discriminazioni tra gli enti per quanto riguarda l’accesso alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi ed il loro esercizio nelle aree destinate allo svolgimento delle medesime» (sentenza del 27 giugno 2013, Commissione/Polonia, C-569/10, EU:C:2013:425, punto 50).

 

31      Secondo la Corte, l’articolo 18, paragrafo 1, lettera b), della legge polacca sulle risorse geologiche e minerarie richiedeva ad un operatore economico stabilito in un altro Stato membro e desideroso di ottenere una concessione di prospezione, ricerca o coltivazione di idrocarburi in Polonia di disporre di una sede o di uno stabilimento nel territorio polacco anche prima che gli venisse rilasciata la concessione. Detta disposizione è stata dichiarata incompatibile con l’articolo 2, paragrafo 2, della direttiva 94/22 (sentenza del 27 giugno 2013, Commissione/Polonia, C-569/10, EU:C:2013:425, punti 51 e 52), in quanto rendeva l’accesso all’attività di sfruttamento di idrocarburi più difficile per gli operatori stranieri rispetto agli operatori aventi la sede principale in Polonia.

 

32      Le imprese concessionarie devono acquistare i loro lotti di gas alle aste del mercato all’ingrosso PSV al prezzo risultante dall’indice QE, che esse devono corrispondere allo Stato a titolo di canone. Successivamente devono vendere tale gas al prezzo più basso applicato sul mercato all’ingrosso PSV e sul mercato al dettaglio tutelato per clienti vulnerabili, in cui il prezzo di vendita del gas naturale è determinato in base all’indice Pfor, che è inferiore all’indice QE.

 

33      Secondo costante giurisprudenza, il principio di parità di trattamento, quale principio generale del diritto dell’Unione, impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (sentenze del 28 novembre 2018, Solvay Chimica Italia e a., C-262/17, C-263/17 e C-273/18, EU:C:2018:961, punto 66, e del 16 dicembre 2008, Arcelor Atlantique et Lorraine e a., C-127/07, EU:C:2008:728, punto 23).

 

34      V. paragrafo 36 delle presenti conclusioni.

 

35      «[S]petta al giudice del rinvio, sempre tenendo conto delle indicazioni fornite dalla Corte, verificare, all’atto di una valutazione globale delle circostanze proprie del rilascio delle nuove concessioni, se la restrizione in questione nel procedimento principale soddisfi i requisiti ricavabili dalla giurisprudenza della Corte per quanto concerne la loro proporzionalità» (sentenze del 12 giugno 2014, Digibet e Albers, C-156/13, EU:C:2014:1756, punto 40, e del 28 gennaio 2016, Laezza, C-375/14, EU:C:2016:60, punto 37).

 

36      Il principio di proporzionalità si applica agli Stati membri nello sviluppo e nell’attuazione del diritto dell’Unione e impone agli stessi di fare in modo che i loro atti siano idonei al conseguimento degli obiettivi perseguiti e non oltrepassino i limiti di quanto è necessario per realizzarli. V., inter alia, sentenze del 12 luglio 2018, Spika e a. (C-540/16, EU:C:2018:565, punti 45 e 46); del 20 dicembre 2017, Global Starnet (C-322/16, EU:C:2017:985, punto 52), e del 26 marzo 2015, Macikowski (C-499/13, EU:C:2015:201, punti 47 e 48).

 

37      È ancora la sentenza n. 290/2018, del Consiglio di Stato ad affrontare tale questione, al punto 66 in fine: per stabilire se si fosse verificato un «sopravvenuto disequilibrio delle condizioni complessive delle concessioni [di gas]», occorreva procedere a «un esame completo di tutte le (...) clausole [di tali concessioni] e dei (...) conseguenti oneri e vantaggi», il che oltrepassava i limiti della controversia sottoposta a d

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