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Consiglio di Stato, Sez. III, 11/10/2019 n. 6918
Sui presupposti che devono sussistere per il provvedimento di scioglimento di un Consiglio comunale

Sul patrocinio dell'Avvocatura dello Stato

L'art. 143 del T.U.E.L., al c. 1, richiede che gli elementi capaci di evidenziare la sussistenza di un rapporto tra l'organizzazione mafiosa e gli amministratori dell'ente considerato infiltrato devono essere "concreti, univoci e rilevanti" ed assumere una valenza tale da determinare "un'alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere l'imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati".

Lo scioglimento ex art. 143 cit., in virtù della natura "non sanzionatoria" che lo contraddistingue, è legittimo sia qualora sia riscontrato il coinvolgimento diretto degli organi di vertice politico-amministrativo sia anche, più semplicemente, per l'inadeguatezza dello stesso vertice politico-amministrativo a svolgere i propri compiti di vigilanza e di verifica nei confronti della burocrazia e dei gestori di pubblici servizi del Comune, che impongono l'esigenza di intervenire ed apprestare tutte le misure e le risorse necessarie per una effettiva e sostanziale cura e difesa dell'interesse pubblico dalla compromissione derivante da ingerenze estranee riconducibili all'influenza e all'ascendente esercitati da gruppi di criminalità organizzata. Ai fini dello scioglimento può essere sufficiente anche soltanto un atteggiamento di debolezza, omissione di vigilanza e controllo, incapacità di gestione della "macchina" amministrativa da parte degli organi politici che sia stato idoneo a beneficiare soggetti riconducibili ad ambienti controindicati

Le vicende, che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento di un Consiglio comunale, devono essere considerate nel loro insieme, e non atomisticamente, e risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento mafioso;assumono quindi rilievo situazioni non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere, nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni), e ciò anche quando il valore indiziario degli elementi raccolti non è sufficiente per l'avvio dell'azione penale o per l'adozione di misure individuali di prevenzione.Gli elementi vanno comunque contestualizzati territorialmente, tenuto conto della valenza che determinate condotte possono assumere in particolari contesti ambientali.

Il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ex art. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 611, dà origine ad un rapporto di immedesimazione organica, ben diverso da quello determinato dalla procura "ad litem", che trova fondamento nell'"intuitus fiduciae" e nella personalità della prestazione. Ne consegue che gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede, senza bisogno di mandato, neppur quando le norme ordinarie richiedono il mandato speciale, come nel caso di ricorso per cassazione, e che, avendo la difesa dell'Avvocatura dello Stato carattere impersonale, ed essendo quindi gli avvocati dello Stato pienamente fungibili nel compimento di atti processuali relativi ad un medesimo giudizio, l'atto introduttivo di questo è valido anche se la sottoscrizione è apposta da avvocato diverso da quello che materialmente ha redatto l'atto, unica condizione richiesta essendo la spendita della qualità professionale abilitante della difesa".


Materia: enti locali / ordinamento
Pubblicato il 11/10/2019

N. 06918/2019REG.PROV.COLL.

N. 02530/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2530 del 2019, proposto da
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Reggio Calabria, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro

-OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato -OMISSIS- Mario Macrì, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Comune di -OMISSIS-, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti, concernente lo scioglimento del consiglio comunale e la nomina della commissione straordinaria per presunte ingerenze della criminalità organizzata locale;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 settembre 2019 il Cons. Stefania Santoleri e uditi per le parti l’avvocato -OMISSIS- Mario Macrì e l'avvocato dello Stato Attilio Barbieri;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. - Con il ricorso di primo grado, proposto dinanzi al TAR per il Lazio, i signori -OMISSIS- (già Sindaco del Comune di -OMISSIS-), -OMISSIS- (già Presidente del Consiglio Comunale di tale Comune), -OMISSIS- (già Vicesindaco di tale Comune), -OMISSIS- (già Assessore ai Lavori Pubblici e al Decoro Urbano dello stesso Comune), -OMISSIS- (già Assessore all’Ambiente, Sport, Turismo e Spettacolo dello stesso Comune), -OMISSIS- (già Consigliere Comunale di tale Comune), -OMISSIS- (già Consigliere Comunale dello stesso Comune), -OMISSIS- (già Assessore all’Urbanistica e all’Unione dei Comuni dello stesso Comune di -OMISSIS-) hanno impugnato il decreto del Presidente della Repubblica del -OMISSIS- 2017 di scioglimento del Consiglio Comunale di -OMISSIS- e nomina della Commissione straordinaria, pubblicato sulla G.U., Serie Generale, -OMISSIS- 2017 unitamente alla relazione di accompagnamento del Ministro dell’Interno del -OMISSIS- 2017 e alla relazione del Prefetto di Reggio Calabria del 25 settembre 2015 prot. -OMISSIS- Segr. Sic., allegate al predetto decreto, alla deliberazione del Consiglio dei Ministri del -OMISSIS-2017, al decreto di sospensione degli Organi elettivi del Comune di -OMISSIS- adottato dal Prefetto di Reggio Calabria il -OMISSIS- 2017, ai verbali del Comitato Provinciale per l’ordine e la Sicurezza Pubblica di Reggio Calabria del -OMISSIS- 2017, alla Relazione della Commissione d’Indagine presso il Comune di Reggio Calabria depositata presso la Prefettura di Reggio Calabria il 12 agosto 2017, alla Deliberazione della commissione straordinaria presso il Comune di -OMISSIS- (con i poteri della Giunta Comunale) -OMISSIS- 2017 di insediamento della medesima Commissione, e agli altri atti indicati nel ricorso.

A sostegno della loro impugnativa hanno dedotto un unico articolato motivo con il quale hanno denunciato la violazione dell’art. 143 del d.lgs. n. 267/2000 ed il vizio di eccesso di potere sotto diversi profili: carenza dei presupposti, travisamento dei fatti, illogicità manifesta, carenza d’istruttoria, sviamento di potere.

I ricorrenti hanno rappresentato al Tribunale amministrativo regionale adìto l’insussistenza dei presupposti ai quali l’art. 143 del T.U.E.L. subordina l’emanazione del gravato provvedimento dissolutorio, attesa l’assenza, secondo la loro prospettazione, di «concreti, univoci e rilevanti elementi su collegamenti diretti o indiretti con la criminalità organizzata».

Hanno rilevato che la dedotta inidoneità probatoria ricorrerebbe con riferimento a tutte le singole vicende ed argomentazioni poste dall’amministrazione alla base del provvedimento impugnato, che sono state, pertanto, la loro analiticamente contestate, deducendo, di volta in volta, l’insussistenza in fatto o la riconducibilità ad attività di gestione e non a scelte degli organi elettivi.

Hanno quindi precisato che il provvedimento dissolutorio, oltre a non indicare in maniera puntuale condizionamenti e collusioni determinanti l’alterazione del procedimento di formazione della volontà dell’ente, degli organi elettivi ed il pregiudizio alla sicurezza pubblica, non avrebbe tenuto in alcun conto l’intensa attività della giunta per contrastare il fenomeno mafioso.

Nel giudizio di primo grado si sono costituite la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Reggio Calabria, i quali hanno eccepito in limine litis il difetto di legittimazione passiva in capo alla Presidenza della Repubblica e, comunque, nel merito, l’infondatezza del ricorso chiedendone il rigetto.

2. - Con la sentenza -OMISSIS- febbraio 2019 il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sede di Roma, dopo aver decretato l’estromissione dal giudizio del Presidente della Repubblica, ha accolto il ricorso e ha annullato il provvedimento dissolutorio.

Detto provvedimento, ad avviso del primo giudice, non sarebbe riuscito ad evidenziare, “tenuto conto dei ravvisati vizi di travisamento dei fatti e di illogicità nella valutazione dei presupposti”, “la sussistenza di quegli elementi concreti, univoci e rilevanti, ex art. 143 cit. idonei a configurare la compromissione del buon andamento o dell’imparzialità dell’amministrazione comunale e la presenza del condizionamento da parte dalla malavita organizzata” (cfr. penultima pagina della sentenza).

3. - Avverso tale sentenza la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dell’Interno e l’Ufficio Territoriale del Governo – Prefettura di Reggio Calabria hanno proposto appello avanti a questo Consiglio di Stato, deducendo, con un unico, articolato motivo (che verrà in seguito esaminato), l’erroneità di tale decisione che avrebbe indebitamente svalutato il consistente quadro di elementi, che giustificherebbero l’infiltrazione mafiosa all’interno dell’ente comunale e fonderebbero il provvedimento dissolutorio ingiustamente annullato, chiedendone, previa sospensione dell’esecutività anche inaudita altera parte, la riforma, con la conseguente reiezione del ricorso di primo grado.

3.1. Con il decreto monocratico -OMISSIS- marzo 2019, in accoglimento dell’istanza cautelare proposta, ai sensi dell’art. 56 c.p.a., è stata disposta la sospensione della sentenza impugnata.

3.2 - Si sono costituiti nel presente grado del giudizio, con memoria depositata il giorno 8 aprile 2019, gli appellati, per chiedere la reiezione dell’appello e della connessa istanza incidentale di sospensione.

3.3 - Con ordinanza -OMISSIS- aprile 2019 la Sezione ha confermato il decreto presidenziale -OMISSIS- marzo 2019 accogliendo, con ampia motivazione, l’istanza cautelare proposta dalla parte appellante.

3.4 - Con memoria ex art. 73 c.p.a., depositata il 4 settembre 2019 le parti appellate hanno illustrato le loro tesi difensive, anche alla luce della motivazione dell’ordinanza cautelare n. -OMISSIS-, chiedendo il rigetto dell’appello con conferma della sentenza appellata.

4. - All’udienza pubblica del 19 settembre 2019 l’appello è stato trattenuto in decisione.

5. - L’appello è fondato e va, dunque, accolto.

6. - Prima di procedere alla disamina dei motivi di appello è opportuno ribadire i consolidati principi applicabili alla materia controversa.

Occorre ricordare che l’art. 143 del T.U.E.L., al comma 1 (nel testo novellato dall’art. 2, comma 30, della l. n. 94 del 2009), richiede che gli elementi capaci di evidenziare la sussistenza di un rapporto tra l’organizzazione mafiosa e gli amministratori dell’ente considerato infiltrato devono essere «concreti, univoci e rilevanti» ed assumere una valenza tale da determinare «un’alterazione del procedimento di formazione della volontà degli organi elettivi ed amministrativi e da compromettere l’imparzialità delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati».

Secondo la giurisprudenza consolidata, lo scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazioni mafiose, ai sensi dell'art. 143 del d.lgs. 267/2000, non ha natura di provvedimento di tipo sanzionatorio, ma preventivo, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, è sufficiente la presenza di elementi che consentano di individuare la sussistenza di un rapporto tra l'organizzazione mafiosa e gli amministratori dell'ente considerato infiltrato (cfr., tra le tante, Cons. St., III, n. 5023/2015).

Lo scioglimento ex art. 143 cit., in virtù della natura "non sanzionatoria" che lo contraddistingue, è legittimo sia qualora sia riscontrato il coinvolgimento diretto degli organi di vertice politico-amministrativo sia anche, più semplicemente, per l'inadeguatezza dello stesso vertice politico-amministrativo a svolgere i propri compiti di vigilanza e di verifica nei confronti della burocrazia e dei gestori di pubblici servizi del Comune, che impongono l'esigenza di intervenire ed apprestare tutte le misure e le risorse necessarie per una effettiva e sostanziale cura e difesa dell'interesse pubblico dalla compromissione derivante da ingerenze estranee riconducibili all'influenza e all'ascendente esercitati da gruppi di criminalità organizzata (Cons. Stato, Sez. III, n. 1266/2012; Cons. Stato, Sez. III, n. 256/2016; Cons. Stato, Sez. III, n. 4578/17).

Va ribadito che – secondo la giurisprudenza – può essere sufficiente anche soltanto un atteggiamento di debolezza, omissione di vigilanza e controllo, incapacità di gestione della “macchina” amministrativa da parte degli organi politici che sia stato idoneo a beneficiare soggetti riconducibili ad ambienti controindicati (Cons. Stato, Sez. Terza, 28 maggio 2013, n. 2895).

Gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono caratterizzarsi per concretezza ed essere, anzitutto, assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica; per univocità, intesa quale loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire; per rilevanza, che si caratterizza per l’idoneità all’effetto di compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale (Cons. St., sez. III, 19 febbraio 2019, n. 1165).

Le vicende, che costituiscono il presupposto del provvedimento di scioglimento di un Consiglio comunale, devono essere considerate nel loro insieme, e non atomisticamente, e risultare idonee a delineare, con una ragionevole ricostruzione, il quadro complessivo del condizionamento mafioso;

assumono quindi rilievo situazioni non traducibili in episodici addebiti personali ma tali da rendere, nel loro insieme, plausibile, nella concreta realtà contingente e in base ai dati dell'esperienza, l'ipotesi di una soggezione degli amministratori locali alla criminalità organizzata (vincoli di parentela o affinità, rapporti di amicizia o di affari, frequentazioni), e ciò anche quando il valore indiziario degli elementi raccolti non è sufficiente per l'avvio dell'azione penale o per l'adozione di misure individuali di prevenzione (cfr., in ultimo, Cons. Stato, III, n. 1038/2016, n. 4529/2015, n. 3340/2015, n. 2054/2015 e n. 3340/2014).

Gli elementi vanno comunque contestualizzati territorialmente, tenuto conto della valenza che determinate condotte possono assumere in particolari contesti ambientali (cfr. sul punto il decreto del Tribunale di -OMISSIS- n. -OMISSIS--OMISSIS-2018).

Questo Consiglio di Stato, anche nella sua più recente giurisprudenza (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 18 luglio 2019, n. 5077, Cons. St., sez. III, 17 giugno 2019, n. 4026), ha osservato che il condizionamento può rilevare come fattore funzionale, allorquando, cioè, le cosche incidono sulla gestione amministrativa dell’ente, ricevendone sicuri vantaggi, e solo una valutazione complessiva, contestualizzata anche sul piano territoriale, può condurre ad un appropriato esame della delibera di scioglimento, quale tutela avanzata approntata dall’ordinamento giuridico, in virtù di una valutazione degli elementi, posti a base della delibera, che costituisca bilanciata sintesi e mai mera sommatoria dei singoli elementi stessi.

Stante l'ampia sfera di discrezionalità di cui l'Amministrazione dispone in sede di valutazione dei fenomeni connessi all'ordine pubblico, ed in particolare alla minaccia rappresentata dal radicamento sul territorio delle organizzazioni mafiose, con ogni effetto sulla graduazione delle misure repressive e di prevenzione (cfr. Cons. Stato, III, n. 2038/2014) - il controllo sulla legittimità dei provvedimenti adottati si caratterizza come estrinseco, e cioè nei limiti del vizio di eccesso di potere quanto all'adeguatezza dell'istruttoria, della ragionevolezza del momento valutativo, della congruità e proporzionalità al fine perseguito (cfr. Cons. Stato, III, n. 256/2016).

Svolte queste considerazioni di ordine preliminare, è possibile procedere alla disamina dell’appello.

7. - Vanno preventivamente esaminate le eccezioni di inammissibilità dell’appello sollevate dalla parte appellata sotto due diversi profili:

- l’appello è stato proposto dall’Avvocatura Generale dello Stato, e precisamente dall’Avv. dello Stato Tito Varrone: l’atto, però, è stato sottoscritto con firma digitale dall’Avv. dello Stato Attilio Barbieri; la sostituibilità prevista dall’art. 19 della L. 103/79 presuppone una giustificazione che non caso di specie non sarebbe stata allegata;

- l’appello, oltre a presentare l’erronea indicazione delle disposizioni richiamate, sarebbe inammissibile per violazione dell’art. 101, comma 1, c.p.a. non avendo proposto specifiche censure nei confronti della sentenza impugnata.

8. - Le eccezioni non possono essere condivise.

8.1 - Come ha rilevato la Corte di Cassazione, il patrocinio dell'Avvocatura dello Stato ex art. 43 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 611, dà origine ad un rapporto di immedesimazione organica, ben diverso da quello determinato dalla procura "ad litem", che trova fondamento nell'"intuitus fiduciae" e nella personalità della prestazione. Ne consegue che gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede, senza bisogno di mandato, neppur quando le norme ordinarie richiedono il mandato speciale, come nel caso di ricorso per cassazione, e che, avendo la difesa dell'Avvocatura dello Stato carattere impersonale, ed essendo quindi gli avvocati dello Stato pienamente fungibili nel compimento di atti processuali relativi ad un medesimo giudizio, l'atto introduttivo di questo è valido anche se la sottoscrizione è apposta da avvocato diverso da quello che materialmente ha redatto l'atto, unica condizione richiesta essendo la spendita della qualità professionale abilitante della difesa" (cfr., ex plurimis, Cassazione civile sez. trib., 30/05/2018, n.13627; Cass. 28/3/2012 n. 4950).

Poiché non è stata posta in contestazione la qualifica di Avvocato dello Stato del sottoscrittore dell’atto, né la riconducibilità dell’atto all’Avvocatura dello Stato, non sussiste alcuna irregolarità nella sottoscrizione del ricorso in appello, tenuto conto del particolare regime applicabile all’Avvocatura dello Stato.

8.2 - Altrettanto infondata è la seconda eccezione di inammissibilità: in base all'art. 101, 1º comma, c.p.a., il ricorso in appello deve contenere specifiche doglianze contro i capi della sentenza gravata, posto che l'oggetto del giudizio è costituito da quest'ultima, e non dal provvedimento impugnato in primo grado (cfr., ex multis, Cons. Stato, V, 21 aprile 2015, n. 2015); nondimeno, nel caso di specie, l’appellante ha formulato, in termini puntuali e specifici, una complessiva e generalizzata censura alle valutazioni espresse dal primo giudice in relazione alle prospettazione della parte ricorrente, sicchè l’appello non presenta il vizio di inammissibilità denunciato dalle parti appellate.

L’atto di appello segue, infatti, la seguente tecnica di redazione: parte dalla ricostruzione in fatto della vicenda, riporta le controdeduzioni prospettate dai ricorrenti nel giudizio di primo grado avverso i presupposti che reggono il provvedimento dissolutorio, richiama testualmente il contenuto della sentenza appellata e, da pag. 25 in poi, formula, con un unico motivo di appello, le doglianze nei confronti della sentenza stigmatizzando sistematicamente, punto per punto, le affermazioni rese dal giudice di prime cure in specifici paragrafi (relativi a: organi elettivi, apparato burocratico, appalti pubblici, stabilimenti balneari, e così via) provvedendo a censurarle.

E’ del tutto evidente che non sussiste la violazione dell’art. 101, comma 1, c.p.a. e che, dunque, tutte le eccezioni di inammissibilità per la stessa ragione, sollevate nella memoria difensiva degli appellati, in relazione ai singoli elementi oggetto di disamina (ad es. situazione finanziaria, stabilimenti balneari, e così via) devono respingersi.

Quanto alla erronea citazione di norme di legge, si tratta di meri refusi che non incidono sul contenuto e la valenza dell’atto di appello.

Le eccezioni vanno, quindi, rigettate.

9. - Superate le eccezioni di rito, è possibile passare ad esaminare i profili di doglianza contenuti nell’atto di appello.

9.1 - Nel paragrafo relativo agli organi elettivi, l’appellante censura la sentenza del TAR che – a fronte di una ponderosa ricostruzione delle vicende connesse alla competizione elettorale, contenuta nella relazione della Commissione di indagine, a dimostrazione dell’interessamento della criminalità organizzata alle elezioni a partire dalla fase di presentazione delle liste, confermata dalla presenza presso i seggi di soggetti contigui alle due cosche locali -OMISSIS- e -OMISSIS- – si è limitata a sostenere che si sarebbe trattato della sola indicazione di rapporti di parentela e frequentazioni, non seguita dalla necessaria indicazione della possibile incidenza dei soggetti controindicati sull’operato degli amministratori locali, tanto da sottolineare che nei loro confronti nulla sarebbe risultato dalle indagini delle Forze di Polizia.

Nella sentenza appellata, il TAR ha ricordato che l’unico elemento rilevato sarebbe stato quello relativo alla posizione di un assessore, per il quale sarebbe stata stigmatizzata l’incompatibilità con la sua attività professionale, e sarebbe stata censurata la sua partecipazione ad un memorial in memoria di un soggetto appartenente ad una delle cosche del territorio: entrambi gli elementi, sarebbero stati, però, ridimensionati dal TAR, che li avrebbe ritenuti privi di significatività.

Nell’atto di appello, l’Amministrazione sottolinea la svalutazione effettuata dal TAR di fattori di carattere ambientale e sociologico di indubbio rilievo, in quanto la presenza di soggetti controindicati tra i sottoscrittori delle liste costituisce indice inequivoco di un palese interessamento degli ambienti criminali alle elezioni comunali; sottolinea tutto l’excursus che ha riguardato le elezioni comunali, comprensivo della campagna elettorale, delle riunioni elettorali, dei comizi ai quali hanno preso parte soggetti controindicati, della presenza di soggetti intranei o collusi alle cosche presso le seggi durante le operazioni di voto, dell’utilizzazione dei locali di un soggetto collegato da rapporti di parentela con soggetti controindicati, a dimostrazione di uno specifico interesse delle cosche alle elezioni.

9.2 - La prospettazione dell’appellante è condivisibile.

L’interessamento delle cosche locali nei confronti delle elezioni comunali emerge in modo chiaro dalla piana lettura della relazione della Commissione di indagine, da cui si evince perfino lo schieramento delle due cosche in relazione alle candidature, come pure sottolineato dal Procuratore della Repubblica nell’ambito della riunione del Comitato Ordine e Sicurezza dopo aver esaminato la relazione di tale Commissione (cfr. seduta del -OMISSIS- 2017, n. 3).

Il TAR ha svalutato quindi elementi concreti, univoci e rilevanti – se letti in combinazione con i successivi elementi che attengono allo svolgimento dell’attività amministrativa dell’ente – in seguito esaminati.

9.3 - Quanto alla posizione dell’Assessore ai Lavori Pubblici, il TAR non ha preso in considerazione minimamente in favore di chi l’Assessore ha prestato la propria attività professionale (fra questi, è ricompreso, ad es., un soggetto legato da stretti legami di affinità – richiamati nella relazione - con il capo della `ndrina -OMISSIS-); con riferimento alla partecipazione al memorial in favore del -OMISSIS- di un personaggio di spicco della cosca -OMISSIS-, nella sentenza non si fa cenno alcuno al decreto del Tribunale di -OMISSIS- n. -OMISSIS-, con il quale a tale episodio è stata riconosciuta un’indubbia valenza, tale da far decretare l’incandidabilità dell’Assessore in questione.

Già in sede cautelare questa Sezione aveva sottolineato che gli elementi – da valutarsi complessivamente e non in modo atomistico – devono essere contestualizzati anche territorialmente, in quanto in un determinato contesto ambientale, elementi come, ad esempio, la partecipazione di un assessore ad “memorial” in ricordo di un soggetto il cui -OMISSIS- era esponente di spicco della criminalità organizzata, possono assumere rilevanza e pregnanza particolare, in quanto espressione di “rispetto” e, dunque di “sudditanza” nei confronti delle compagnie malavitose.

Ed infatti, il Tribunale di -OMISSIS-, nel decretare l’incompatibilità di quell’Assessore ha rilevato – a confutazione delle tesi difensive spese in quella sede e ribadite anche in questo giudizio – che egli “non è un quisque de populo che partecipa, peraltro attivamente, ad una manifestazione sportiva, ma è un assessore comunale che, con la sua presenza, rende pubblico omaggio al -OMISSIS- -OMISSIS- di un noto pregiudicato. Si tratta, com'è facile intuire, di un comportamento grave perché <attesta> pubblicamente una situazione di vicinanza delle istituzioni locali, così concorrendo ad ingenerare una immagine del Comune condizionato dalla criminalità, con conseguente perdita di credibilità delle stesse istituzioni, oltre che della singola figura interessata”.

La sentenza di primo grado non ha contestualizzato a livello territoriale ed ambientale l’episodio, liquidandolo come se si trattasse di un fatto minore, privo di significato; non lo ha collegato con la prestazione professionale svolta, nonostante l’incompatibilità, a beneficio di un appartenente alla medesima famiglia -OMISSIS-.

Nella relazione della Commissione di indagine – contrariamente a quanto dedotto dagli appellati – viene rilevato il collegamento tra gli amministratori e soggetti controinteressati (cfr. pag. 108)

9.4 - Quanto alla posizione del Sindaco, su cui si accentrano i rilievi degli appellati, sottolineando che nei suoi confronti il Tribunale di -OMISSIS- ha ritenuto che non ricorressero i presupposti per decretarne l’incandidabilità, è sufficiente rilevare – come già osservato, peraltro, in sede cautelare – che i presupposti per tale declaratoria sono diversi rispetto a quelli che reggono il provvedimento dissolutorio.

Come ha precisato la giurisprudenza, “E' ben vero che il provvedimento di declaratoria dell'incandidabilità è collegato a quello di scioglimento previsto dal richiamato art. 143, ma è altrettanto vero che l'incandidabilità dei singoli amministratori non è automatica, imponendosi, soprattutto perché viene interessato un fondamentale aspetto di notevole rilevanza costituzionale, quale il diritto correlato all'elettorato passivo, che siano autonomamente e distintamente valutate le posizioni dei singoli soggetti interessati, allo scopo di evidenziare collusioni o condizionamenti, che, secondo l'insegnamento delle Sezioni unite di questa Corte, abbiano determinato, per colpa dell'amministratore, "una situazione di cattiva gestione della cosa pubblica, aperta alle ingerenze esterne e asservita alle pressioni inquinanti delle associazioni criminali operanti sul territorio" (Cass., 30 gennaio 2015, n. 1747): ne consegue che allo scioglimento del Consiglio Comunale non fa seguito necessariamente la dichiarazione di incandidabilità di tutti gli amministratori essendo necessaria la sussistenza di elementi indicativi di un condizionamento per ciascuno di essi (Cass. Sez. I, 3 agosto 2017, 19407), elemento che secondo il Tribunale di -OMISSIS- non risultava provato nei confronti del Sindaco, ma che non implica affatto l’illegittimità dello scioglimento del Consiglio Comunale.

9.5 - In relazione alla circostanza secondo cui, nei confronti degli amministratori pubblici “nulla risulta” sottolineata dal TAR e dagli appellati, condivisibilmente l’appellante ha ricordato come ciò non sia di per sé significativo, in quanto vi sono precedenti (elezioni del Comune di -OMISSIS-) nella quale per precisa scelta della cosca locale erano stati individuati come componenti della lista elettorale, poi risultata vincitrice, soggetti scevri da pendenze giudiziarie e di polizia.

10. - Passando ad esaminare gli elementi oggettivi, il Collegio ritiene di soffermarsi esclusivamente sugli elementi ritenuti di maggior peso, tali da giustificare da soli, il provvedimento dissolutorio.

Tra di essi assumono particolare rilevanza le vicende relative agli stabilimenti balneari, in quanto relative specificatamente a soggetti controindicati che, per effetto della condotta tenuta dall’Amministrazione comunale, hanno ottenuto vantaggi indebiti.

10.1 - Nella sentenza (§8) il TAR ha ritenuto che in questa specifica vicenda sarebbe rinvenibile un vizio di travisamento dei fatti: la contestata ritardata notifica dei provvedimenti di revoca delle concessioni, a seguito dell’emanazione di altrettante interdittive antimafia, non si sarebbe verificata.

Secondo il TAR, vi sarebbe stato, piuttosto, un notevole ritardo nel riscontro delle richieste di informazioni antimafia da parte della Prefettura di Reggio Calabria, laddove, invece, il Comune si sarebbe attivato celermente, appena avuto notizia delle interdittive.

Con riferimento allo stabilimento balneare “-OMISSIS-” le richieste sarebbero state inoltrate dal Comune alla Prefettura di Reggio Calabria nel 2013 e sarebbero state riscontrate dalla stessa Prefettura con nota del 6 dicembre 2017, protocollata il giorno successivo: la revoca della concessione sarebbe stata notificata dopo pochi giorni, il 22 dicembre 2017.

Con riferimento allo stabilimento balneare “-OMISSIS-” la risposta della Prefettura sarebbe stata protocollata dal Comune il 29 luglio 2016, e la revoca sarebbe intervenuta il 27 agosto 2016, con notifica il 9 settembre 2016: secondo il TAR il tempo impiegato dal Comune sarebbe compatibile con l’espletamento delle attività istruttorie resesi necessarie.

10.2 - L’appellante censura tale capo di sentenza sostenendo che il primo giudice avrebbe svalutato la portata di un elemento molto rilevante: la Commissione di indagine avrebbe ben sottolineato che delle quattro concessioni balneari colpite da certificazione antimafia interdittiva due sarebbero riconducibili alla famiglia -OMISSIS- (-OMISSIS- e -OMISSIS-), mentre le altre due alla famiglia -OMISSIS- (-OMISSIS- e -OMISSIS-); il TAR non avrebbe tenuto conto del contesto ambientale nel quale si sono dipanate le vicende, né avrebbe considerato il fatto notorio della pervasività della criminalità organizzata nel settore degli stabilimenti balneari, ritenuto molto appetibile dalla criminalità organizzata, come già sottolineato da questa Sezione nella sentenza n. -OMISSIS- in relazione al ricorso proposto per l’impresa “-OMISSIS- S.a.s. di -OMISSIS- -OMISSIS-” di -OMISSIS- -OMISSIS-, relativa all’interdittiva antimafia emessa nei confronti di uno degli stabilimenti in questione.

Ha poi aggiunto che i provvedimenti interdittivi sarebbero stati impugnati e sarebbero stati confermati dal TAR e da questa Sezione proprio in considerazione del livello di infiltrazione e della pericolosità delle cosche di `ndrangheta (-OMISSIS- e -OMISSIS-) operanti sul territorio: il Comune, quindi, avrebbe dovuto provvedere rapidamente a revocare le concessioni.

10.3 - La doglianza è pienamente condivisibile.

Occorre rilevare, innanzitutto, che in presenza di un’interdittiva antimafia non sussistevano particolari oneri istruttori per l’Amministrazione Comunale tali da necessitare un ampio margine di tempo per provvedere: la revoca della concessione, infatti, costituisce atto vincolato e conseguenziale che non richiede alcun particolare approfondimento istruttorio.

Nella prassi si riscontra che tale genere di provvedimenti viene emesso dagli enti locali o dalle stazioni appaltanti a distanza di pochissimi giorni dalla comunicazione del provvedimento prefettizio (in genere, il giorno successivo), proprio perché non comporta particolari oneri a carico dell’Amministrazione che deve emettere gli atti consequenziali.

Del resto, se si leggono gli atti di revoca in questione, ci si avvede che essi si limitano a richiamare il provvedimento prefettizio e a disporre, in via consequenziale, la revoca della concessione senza introdurre alcunché in aggiunta.

Le lungaggini – ritenute “normali” dal TAR (anche quella relativa allo stabilimento “-OMISSIS-” riconducibile alla famiglia -OMISSIS- per la quale la notifica della revoca è intervenuta a fine stagione balneare a fronte del provvedimento prefettizio emesso a fine luglio), hanno palesemente agevolato i gestori degli stabilimenti che hanno potuto continuare ad esercitare la loro attività commerciale nonostante il provvedimento di interdizione.

10.4 - Contrariamente a quanto ritenuto dal TAR, non vi è stato alcun travisamento dei fatti, in quanto in relazione allo stabilimento “-OMISSIS-” l’appellante ha rappresentato che il provvedimento prefettizio era stato comunicato al Comune via pec il 21 ottobre 2016 con protocollo -OMISSIS-; ha precisato che la pec -OMISSIS- del 6 dicembre 2016 aveva la differente finalità di notificare l’atto alla destinataria unitamente al successivo provvedimento del 7 novembre con il quale si dichiarava che non era stata disposta la misura recata dall’art. 32, comma 10, del d.l. n. 90/2014 (come peraltro si evince chiaramente dalla nota di trasmissione dell’interdittiva), non essendo andata a buon fine la notifica effettuata all’indirizzo segnalato alla Prefettura.

Tali elementi di fatto non sono stati confutati dagli appellati che si sono limitati a depositare la nota del 6 dicembre 2016 della Prefettura senza controdedurre in merito a quanto rilevato dall’appellante, non contestando – quindi – che il provvedimento prefettizio fosse pervenuto al Comune, tramite pec, lo stesso giorno nel quale era stato emesso.

La revoca è intervenuta, tardivamente, il 27 dicembre 2016, ben oltre i termini previsti dalla normativa vigente.

10.5 - Con riferimento allo stabilimento “-OMISSIS-”, il ritardo della Prefettura, stigmatizzato dal TAR, è imputabile alla stessa condotta del Comune che, dopo aver richiesto il certificazione a nome della titolare -OMISSIS- in data 8 giugno 2013, ha poi rinnovato la richiesta a nome della cessionaria -OMISSIS- -OMISSIS- senza revocare la precedente richiesta.

La Prefettura, riscontrando la prima richiesta, ha emesso un primo provvedimento interdittivo in data 13.04.2016 con il -OMISSIS-, unitamente alla lettera -OMISSIS- del 13.04.2016 di trasmissione al Comune con relativa ricevuta di avvenuta consegna alla pec) a carico della prima titolare, -OMISSIS- ben prima dell’avvio della stagione balneare; successivamente, ha emesso il secondo provvedimento, recante il -OMISSIS- in data 28.07.2016, unitamente alla lettera -OMISSIS- del 28.07.2016 di trasmissione al Comune con relativa ricevuta di avvenuta consegna alla pec), nei confronti della concessionaria subentrante -OMISSIS- -OMISSIS- (-OMISSIS- della stessa -OMISSIS-). A seguito di tale ultimo provvedimento, il Comune ha provveduto a revocare la concessione il 9 settembre 2016, a fine stagione balneare, sebbene avesse ricevuto il provvedimento il 28 luglio 2016, consentendo la prosecuzione dell’attività economica durante il lucroso periodo di agosto, avvantaggiando con tale condotta dilatoria la titolare dello stabilimento, -OMISSIS- di un elemento apicale della cosca -OMISSIS-.

Ne consegue che anche in questo caso – contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice – non vi è stato alcun travisamento dei fatti.

11. – Anche in merito al settore “edilizia ed urbanistica” il TAR ha ritenuto che le valutazioni rese dalla Commissione, e condivise nel provvedimento dissolutorio, fossero viziate sia per travisamento dei fatti che per illogicità.

L’appellante censura le statuizioni rese dal TAR, sottolineando che i due abusi richiamati dalla Commissione ed indicati nel provvedimento dissolutorio:

- l’uno realizzato da -OMISSIS- -OMISSIS- e relativo alla realizzazione di un immobile abusivo in zona vincolata ricadente, in parte, su un terreno in detenzione all’Agenzia Nazionale Beni Sequestrati;

- l’altro relativo all’-OMISSIS-, riconducibile alla famiglia -OMISSIS-;

contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, sarebbero particolarmente significativi, tenuto conto degli autori degli illeciti.

11.1 - La doglianza è condivisibile.

Nel primo caso si è trattato della realizzazione di un complesso di capannoni destinati a deposito di bevande ed altri edifici, meglio descritti nella relazione della Commissione di Indagine (pag. 246) risalente all’anno 2014; per tale attività era stata anche presentata una SCIA dallo stesso -OMISSIS- -OMISSIS- il 17 giugno 2014; il sopralluogo a cui ha fatto seguito l’ordinanza di demolizione è stata emessa solo nel 2017, ben tre anni dopo la realizzazione dell’abuso.

Risulta del tutto evidente il ritardo con il quale l’Amministrazione comunale ha accertato l’abuso ed ha provveduto ad emettere l’ordinanza di demolizione, avvantaggiando con la propria condotta gli interessi di un soggetto controindicato.

La situazione è similare con riferimento all’altra vicenda, anch’essa sminuita nella sentenza del TAR.

Anche con riferimento all’-OMISSIS- si è palesata l’analoga condotta tenuta dal Comune di -OMISSIS- che ha avvantaggiato il titolare del bene, riconducibile alla cosca locale -OMISSIS-: solo dopo l’accertamento da parte della Guardia Costiera di -OMISSIS- dell’occupazione abusiva di una superficie demaniale marittima di mq. 439 è stata emessa l’ordinanza di demolizione del manufatto abusivo, pur essendo stato realizzato nel pieno centro dell’abitato e, quindi, non tale da passare inosservato.

Nei tre anni precedenti l’Amministrazione Comunale ha tenuto una condotta dilatoria: alla originaria decisione di provvedere alla demolizione dell’ultimo piano del fabbricato dedicato all’attività alberghiera, assunta nel 2014 - tenuto conto che la particella -OMISSIS-, interessata dall’abusivismo, già oggetto di ordinanza di demolizione risalente all’anno 2010 era stato acquisito al patrimonio pubblico, come comunicato dall’Agenzia delle Entrate (cfr. relazione pag. 252), - ha fatto seguito un “fitto dialogo tra l’Ufficio Tecnico Comunale e i trasgressori” che, in pratica, ha rinviato l’adozione di provvedimenti di ripristino avvantaggiando il titolare del bene, ritenuto il prestanome della famiglia -OMISSIS-, che ha continuato ad utilizzare l’immobile.

12. - Altrettanto fondate sono le doglianze relative ai beni confiscati alla criminalità organizzata ed assegnati al patrimonio indisponibile del Comune: la Commissione di indagine ha accertato che un bene confiscato risultava utilizzato dall’ex proprietario del terreno, che quindi, non ne aveva mai dismesso il possesso. Quanto al bene confiscato alla famiglia -OMISSIS- che avrebbe dovuto essere destinato alla caserma dell’Arma dei Carabinieri, la procedura – da quanto rappresentato nell’atto di appello – risulta ancora in corso.

13. - Sono altresì condivisibili i rilievi operati dall’appellante sulla sentenza impugnata che finisce per imputare alle pregresse amministrazioni i gravi disservizi rilevati nel settore delle occupazioni di suolo pubblico e sulla situazione economico-finanziaria del Comune: la commissione di indagine ha accertato, infatti, che:

- l’Amministrazione comunale non era in possesso degli atti amministrativi che avevano legittimato le occupazioni di suolo comunale, come dichiarato dal responsabile dell’Ufficio Tributi competente in materia, ma solo di alcuni atti afferenti la Polizia Municipale;

- non venivano svolte verifiche e controlli sulla riscossione della tassa da parte di tanti concessionari;

- non era stata decretata la decadenza nei confronti dei morosi;

- le tariffe per il servizio acquedotto non erano idonee a coprire i costi;

- questa situazione era idonea ad avvantaggiare anche i soggetti controindicati legati alle cosche -OMISSIS- e -OMISSIS- indicati nella relazione (pagg. 324-348).

13.1 - Nei propri scritti difensivi gli appellati hanno contestato tali assunti rappresentando quale fosse la situazione in questo settore al momento del loro insediamento e quale sia stato il loro sforzo per risolvere la problematica; nondimeno i dati fattuali – riportati dalla Commissione d’indagine – sono rimasti incontestati.

Ne consegue che neppure con riferimento a tali elementi si riscontra il vizio di travisamento dei fatti.

14. - Quanto all’illogicità nella valutazione dei presupposti, pure riscontrata dal TAR, ritiene il Collegio che la statuizione resa dal primo giudice non possa essere condivisa alla stregua dei principi espressi in precedenza e sulla base della recentissima giurisprudenza di questa Sezione (Cons. Stato, Sez. III, 26 settembre 2019, n. 6435) in seguito richiamati.

Come già rilevato, gli elementi sintomatici del condizionamento criminale devono caratterizzarsi innanzitutto per concretezza ed essere, anzitutto, assistiti da un obiettivo e documentato accertamento nella loro realtà storica: nella precedente motivazione si è dato conto dell’inesistenza del vizio di travisamento dei fatti riconosciuto erroneamente dal TAR, con la conseguenza che gli elementi accertati dalla Commissione d’indagine sussistono in concreto.

Quanto al requisito dell’univocità, intesa quale loro chiara direzione agli scopi che la misura di rigore è intesa a prevenire, si è precisato che l’alterato svolgimento delle funzioni amministrative da parte dell’Ente ha avvantaggiato soggetti contigui o intranei alla criminalità organizzata.

Quanto al requisito della rilevanza, sussiste anch’esso, in quanto la condotta tenuta è idonea a compromettere il regolare svolgimento delle funzioni dell’ente locale (Cons. St., sez. III, 19 febbraio 2019, n. 1165).

14.1 - Quanto alla ritenuta illogicità delle valutazioni, ritenuta dal TAR, ritiene il Collegio che tale vizio non sussista, tenendo conto che gli elementi posti a sostegno del provvedimento dissolutorio devono essere valutati nell’ottica del diritto della prevenzione cui la misura dell’art. 143 cit. per sua stessa finalità anticipatoria, appartiene e non già secondo il criterio della certezza raggiunta oltre ogni ragionevole dubbio, propria dell’accertamento penale (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019, n. 758, Cons. St., sez. III, 5 settembre 2019, n. 6105).

Ai fini preventivi, può bastare, infatti, anche soltanto un atteggiamento di debolezza, omissione di vigilanza e controllo, incapacità di gestione della macchina amministrativa da parte degli organi politici che sia stato idoneo a beneficiare soggetti riconducibili ad ambienti controindicati (Cons. St., sez. III, 7 dicembre 2017, n. 5782).

Il nesso di interdipendenza che deve esistere tra gli elementi soggettivi – i collegamenti diretti o indiretti degli amministratori locali con le associazioni mafiose – e quelli oggettivi – tra i quali figura, tra l’altro, il regolare funzionamento dei servizi affidati alla pubblica amministrazione – va valutato, complessivamente e non atomisticamente, secondo una logica probabilistica, tipica del diritto della prevenzione.

I singoli elementi sintomatici del condizionamento o collegamento possono non avere tutti, ciascuno singolarmente considerato, le caratteristiche richieste dal novellato art. 143 del T.U.E.L., nel senso sopra precisato della loro concretezza, univocità e rilevanza, ma sicuramente deve essere il loro complesso a denotare tale concretezza, univocità e rilevanza.

Lo scioglimento del consiglio comunale costituisce, infatti, la sintesi e non la somma dei singoli elementi, sicché è errato considerare atomisticamente il significato di ciascuno di essi, pur necessario presupposto della loro valutazione secondo un iniziale giudizio analitico, senza poi valutare la loro intima interconnessione e il loro nesso sistematico, in un giudizio sintetico e conclusivo, irrinunciabile, che verifichi se il significato di alcuni, per quanto dubbi, non possa spiegarsi invece alla luce di altri, di più certa e chiara pregnanza, in un inquadramento generale della vita dell’ente, che si cali nel contesto ambientale e tenga ben presenti le coordinate di tempo e di luogo che lo contraddistinguono.

15. - Tenuto conto del tipo di sindacato di cui dispone il giudice amministrativo in materia, non è possibile per questo Collegio operare una nuova valutazione globale di tutti gli elementi, a carico e a favore, come richiesto dagli appellati, in quanto tale operazione finirebbe per impingere nel merito, invadendo il campo di esclusiva competenza dell’Amministrazione; il sindacato del giudice amministrativo non può estendersi oltre il profilo della logicità delle valutazioni, che nel caso di specie, per le ragioni in precedenza esposte, risulta pienamente rispettato tenuto conto della natura di prevenzione del provvedimento dissolutorio.

16. - In conclusione, per i suesposti motivi, l’appello va accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, va respinto il ricorso di primo grado.

17. - Le spese del doppio grado seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado.

Condanna in solido gli appellati a rifondere in favore della Presidenza del Consiglio dei Ministri le spese del doppio grado del giudizio, che liquida nel complessivo importo di € 5.000,00, oltre gli accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità degli appellati, del Comune di -OMISSIS-, e di tutte le persone fisiche e giuridiche citate nella sentenza.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 settembre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Franco Frattini, Presidente

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore

Giovanni Pescatore, Consigliere

Raffaello Sestini, Consigliere

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Stefania Santoleri Franco Frattini
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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