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TAR Lazio, sez. I, 29/10/2019 n. 12456
Sull'annullamento delle sanzioni inflitte dall'Antitrust a Ryanair e ad altre compagnie aeree per le politiche sui bagagli a mano.

Vd. anche la sentenza del Tar Lazio, Roma, sez. I, n. 12455/2019.

Materia: concorrenza / antitrust
Pubblicato il 29/10/2019

N. 12456/2019 REG.PROV.COLL.

N. 12719/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 12719 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Ryanair Designated Activity Company - D.A.C., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Claudio Tesauro, Matteo Castioni, Angelo Raffaele Cassano e Giannalberto Mazzei, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via G. Cuboni, 12;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso cui domicilia “ex lege” in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Associazione "Altroconsumo", in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Paolo Martinello, Marco Stucchi e Maria Letizia Viola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio della terza in Roma, via Michele Pironti, 34;

e con l'intervento di

ad opponendum:
Codacons, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gino Giuliano e Carlo Rienzi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’ufficio legale nazionale del Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 73;

per l'annullamento, previa sospensione,

1) quanto al ricorso introduttivo:

- del provvedimento n. 27398 emanato dall'Autorità il 31 ottobre 2018 nell'ambito del procedimento istruttorio PS11237, trasmesso alla parte ricorrente a mezzo PEC in pari data e avente a oggetto “Ryanair-Modifica Policy Bagagli”;

- di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e conseguente, ivi inclusi l'atto di avvio del procedimento istruttorio PS11237, emanato dall'Autorità il 20 settembre 2018 e l'atto di avvio del sub-procedimento cautelare emanato dall'Autorità il 17 ottobre 2018 nell'ambito del medesimo procedimento, e con riserva di motivi aggiunti;

2) quanto ai primi motivi aggiunti:

- del provvedimento emanato dall'Autorità il 7 novembre 2018 e recante la contestazione dell'inottemperanza alla delibera n. 27398 emanata dalla medesima Autorità il 31 ottobre 2018 nell'ambito del procedimento istruttorio PS11237, trasmesso alla parte ricorrente a mezzo PEC in pari data;

- dello stesso provvedimento dell'AGCM del 31 ottobre 2018, in uno con l'atto di avvio del procedimento istruttorio PS11237 del 20 settembre 2018 e con l'atto di avvio del sub-procedimento cautelare emanato dall'Autorità il 17 ottobre 2018, nonché di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e conseguente, ancorché non conosciuto, e con riserva di motivi aggiunti.

3) quanto ai secondi motivi aggiunti:

- del provvedimento del 20 febbraio 2019 adottato a conclusione del procedimento istruttorio PS11237, trasmesso alla parte ricorrente a mezzo PEC in data 21 febbraio, con cui l'Autorità ha deliberato che Ryanair ha posto in essere una pratica commerciale scorretta in violazione degli artt. 20, 21, comma 1, lettere b) e d), e 22 del Codice del Consumo, vietando l'ulteriore diffusione e continuazione della condotta e comminando una sanzione amministrativa pecuniaria pari a 3.000.000 €;

- della delibera dell'Autorità n. 25411 del 1 aprile 2015 recante il “Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di tutela del consumatore”, con particolare riferimento agli artt. 16-17;

- di ogni ulteriore atto presupposto, connesso e conseguente, ivi incluso il parere dell'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni del 13 febbraio 2019 che ha ritenuto il mezzo internet uno strumento idoneo a influenzare significativamente la realizzazione della pratica commerciale.


Visti il ricorso, i due motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto il decreto cautelare monocratico presidenziale n. 6825/2018 del 10.11.2018;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dell’associazione Altroconsumo, con la relativa documentazione;

Visto l’intervento “ad opponendum” del Codacons;

Viste le ordinanze cautelari di questa Sezione n. 7046/2018 del 22.11.2018 e n. 1908/2019 del 28.3.2019;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 2 ottobre 2019 il dott. Ivo Correale e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Su segnalazione di associazioni e di singoli consumatori in relazione alla nuova “policy” sui bagagli “a mano” adottata dalla compagnia aerea Ryanair Designated Activity Company - D.A.C. (“Ryanair”) - secondo la quale, per le prenotazioni effettuate a partire del 1 settembre 2018 e per voli da effettuarsi dopo il 1 novembre 2018, era prevista l’inclusione nella tariffa “standard” di una sola “borsa piccola” di dimensioni non eccedenti 40 cm x 20 cm x 25 cm, mentre, per il “bagaglio a mano grande” (trolley), sarebbe stato richiesto sempre il pagamento di un supplemento, secondo tre diverse modalità – l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (“AGCM” o “Autorità”) avviava un procedimento istruttorio al fine di verificare l’esistenza di pratiche commerciali scorrette in violazione degli articoli 20, 21, comma 1, lettere b) e d), e 22 del d.lgs. n. 206/2005 (“Codice del Consumo” o “Codice”). Era altresì comunicato a Ryanair l’avvio anche del sub-procedimento cautelare ai fini della valutazione della possibile sospensione della pratica commerciale oggetto del procedimento, ai sensi dell’art. 27, comma 3, del Codice.

All’esito di quest’ultimo, svoltosi con la partecipazione procedimentale dell’impresa, l’AGCM adottava nell’adunanza del 31 ottobre 2018 il provvedimento n. 27398, con il quale disponeva di sospendere provvisoriamente ogni attività diretta a richiedere un supplemento di prezzo - rispetto alla tariffa “standard” - per il trasporto del “bagaglio a mano grande” (trolley), mettendo gratuitamente a disposizione dei consumatori, a bordo o in stiva, uno spazio equivalente a quello predisposto per il trasporto dei bagagli a mano nell’aeromobile.

In sintesi, l’Autorità riteneva sussistenti i presupposti di “fumus boni iuris” per dar luogo a tale provvedimento cautelare, in quanto poteva ritenersi che la compagnia aerea forniva ai consumatori una falsa rappresentazione del reale costo del biglietto aereo, attraverso lo scorporo “ex ante” dalla tariffa “standard” di un onere non eventuale e prevedibile dal prezzo finale del servizio di trasporto aereo offerto, così celando un aumento non trasparente di questo, con l’effetto di falsare il comportamento del consumatore medio che non era in grado di poter comprendere l’effettivo prezzo applicato, né di comparare le tariffe proposte dagli altri vettori; ciò perché la percentuale dei passeggeri che viaggia solo con un bagaglio a mano “piccolo” – ovvero non portando a bordo o non imbarcando in stiva un bagaglio a mano “grande” – secondo i dati forniti dalla stessa Ryanair, era estremamente ridotta.

Per l’AGCM, erano conclusioni da condividere quelle per cui “…la possibilità di portare un solo bagaglio a mano di piccole dimensioni, idoneo ad occupare uno spazio ridotto – soltanto quello sottostante i sedili – non appare ragionevole ai fini di trasportare tutti gli effetti personali del consumatore, né ai fini del rispetto delle prescrizioni applicabili in materia di sicurezza, in considerazione dello spazio disponibile per il trasporto dei bagagli a mano nell’aeromobile…” e quella per cui se “…il regolamento n. 1008/2008 sancisce il principio della libertà tariffaria dei vettori, tale libertà trova un limite nella correttezza delle scelte commerciali del vettore, ovvero da un lato nella trasparenza tariffaria e specificamente nella necessità di consentire al consumatore di conoscere, fin dal primo contatto, l’esborso effettivo finale, quindi evitando supplementi prevedibili e non evitabili, dall’altro nel rispetto minimo dei diritti dei passeggeri, nella specie, del diritto di trasportare i propri effetti personali a bordo...”.

L’Autorità individuava anche il profilo del “periculum in mora”, dato che le condotte sopra descritte erano ritenute caratterizzate da un’evidente attualità (la “policy” si sarebbe applicata dal 1 novembre 2018) e da un elevato grado di offensività, in quanto costringevano la totalità dei consumatori che ne volessero usufruire a corrispondere subito un supplemento rispetto alla tariffa “standard” del vettore. Era quindi individuato un pregiudizio irreparabile al corretto funzionamento del mercato concorrenziale, a causa del suo potenziale consolidamento.

Con rituale ricorso a questo Tribunale, Ryanair chiedeva l’annullamento, previe misure cautelari, di tale provvedimento, lamentando, in sintesi, quanto segue.

I. Sul preteso diritto dei passeggeri al trasporto gratuito di un Trolley a bordo dell’aeromobile: violazione e falsa applicazione del Regolamento 1008/2008/CE, eccesso di potere per travisamento in fatto e in diritto, illogicità e irragionevolezza.

Ai sensi degli artt. 22 e 23 del Regolamento 1008/2008/CE, restando la piena libertà tariffaria per gli altri servizi, i vettori aerei hanno l’obbligo di includere nel “prezzo base” del volo solo i costi di tutti i servizi che sono da ritenersi indispensabili ai fini del trasporto aereo (quali, ad esempio, le tasse aereoportuali e i costi di gestione dell’aeromobile nell’aeroporto di partenza e in quello di destinazione).

La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nel noto “caso Vueling” (C-487/12), aveva avuto modo di chiarire che, ai sensi dell’art. 23 del citato Regolamento, non tutti i bagagli sono da considerarsi elementi indispensabili, essendo tali solo quelli contenenti gli effetti personali che il passeggero conserva con sé e ciò a condizione che tali bagagli a mano posseggano requisiti ragionevoli, in termini di peso e dimensioni, e soddisfino le prescrizioni applicabili in materia di sicurezza, per cui l’imposizione di un supplemento per il trasporto di tutti gli altri bagagli era legittima e ciò anche in considerazione del fatto che i vettori assumono costi e responsabilità per la relativa gestione e custodia.

La nuova “policy” dell’azienda consentiva appunto il trasporto in cabina senza costi aggiuntivi di un bagaglio a mano da 40x25x25cm e senza limiti di peso e l’Autorità non motivava sulle ragioni per le quali esso non fosse idoneo a soddisfare quelle esigenze indispensabili del viaggiatore statuite dal Regolamento CE n. 1008/2008, ritenendo invece che i consumatori possano vantare un vero e proprio generico “diritto al trolley”, senza considerare che gli aeromobili di cui si serve Ryanair (Boeing 737/800) consentono di mantenere in cabina solo 90 Trolley su un totale di 189 passeggeri.

Che la precedente prassi della compagnia fosse diversa, per la ricorrente, non era rilevante, dato che non poteva far nascere in capo ai consumatori una legittima aspettativa a che la stessa non fosse più modificata nel futuro. Inoltre, la nuova “policy” si poneva in realtà in un’ottica “pro-concorrenziale” e di favore per il consumatore, permettendo a coloro che intendano viaggiare unicamente con il bagaglio a mano delle misure indicate (che ammontano al 30% dei passeggeri Ryanair) di non sostenere i costi del trasporto dei “trolley” degli altri passeggeri, fermo restando che le misure da ultimo individuate erano maggiori di quelle del bagaglio a mano prima consentito e che altre compagnie operanti pure in Italia – che erano elencate - ponevano anch’esse limiti dimensionali e di peso.

II. Sull’assenza di pratiche ingannevoli: violazione e falsa applicazione degli articoli 20, 21, 22 ss. del codice del consumo, eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento in fatto in diritto, illogicità e irragionevolezza.”

L’ipotizzato inganno al consumatore non sussisteva, in quanto la ricorrente aveva adottato fin da subito una comunicazione commerciale del tutto trasparente e chiara con riguardo all’adozione della nuova “policy”, come rilevabile dalla struttura del “sito internet” che era rappresentata, ove erano indicati al consumatore, in maniera esaustiva, tutti i dettagli delle nuove condizioni, inclusi i limiti dimensionali del bagaglio a mano compreso nel prezzo del biglietto aereo e il costo da sostenere ove si intendesse acquistare il diritto a trasportare ulteriori bagagli, consentendo così un agevole raffronto anche con i prezzi offerti dagli altri vettori aerei per servizi di trasporto simili e potendo così assumere una scelta consapevole alla luce di un complessivo raffronto tra costi e benefici.

III. Sulla specialità delle disposizioni settoriali e sull’indebito esercizio di funzioni regolatorie da parte dell’AGCM: nullità per difetto assoluto di attribuzione, incompetenza, violazione e falsa applicazione artt. 3 ss. l. 241/90, 19 ss. d. lgs. 206/05, 22 ss. Reg. UE 1008/2008, artt. 3 ss. TUE, 21 ss. TFUE, 45 ss. Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, illogicità, irragionevolezza, travisamento in fatto e in diritto.”

Sosteneva la ricorrente che la disciplina normativa in materia di pratiche commerciali scorrette non era applicabile alla vicenda in esame, per effetto del principio di specialità ex art. 19, comma 3, del Codice del Consumo, dato che, in sostanza, la censura dell’AGCM atteneva all’indicazione del “prezzo finale da pagare”, come articolato nelle sue singole componenti, invadendo così la competenza delle autorità di settore preposte alla cura degli interessi tutelati dall’art. 23 del Regolamento UE 1008/2008.

IV. Sulla genericità e irragionevolezza della misura cautelare impugnata: nullità per difetto assoluto di attribuzione, incompetenza, violazione e falsa applicazione artt. 3 ss. l. 241/90, 19 ss. d. lgs. 206/05, 22 ss. Reg. UE 1008/2008, artt. 3 ss. TUE, 21 ss. TFUE, 45 ss. Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Violazione e falsa applicazione della Convenzione di Chicago 1944, resa esecutiva con d. lgs. 616/1948. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, illogicità, irragionevolezza, travisamento in fatto e in diritto.”

Il provvedimento impugnato si spingeva addirittura a prescrivere particolari modalità di allocazione degli spazi e dei bagagli all’interno degli aeromobili di Ryanair, con statuizioni evidentemente esondanti rispetto alle competenze attribuite “ex lege” all’AGCM e comunque in contrasto con la normativa di rango superiore, quale le convenzioni internazionali in materia di sicurezza sul trasporto aereo (Convenzione di Chicago del 1944 e gli Annessi ICAO) che, considerata la ratifica della convenzione da parte della Repubblica Italiana, sono vincolanti per la stessa. A tal scopo la ricorrente richiamava la fattispecie del trasporto di batterie al litio e le ragioni di sicurezza ad esso connesse.

Non era stato chiarito, poi, per la ricorrente se lo stesso provvedimento riguardava i soli voli nazionali o anche i voli internazionali acquistati da consumatori italiani, dovendo in ogni caso escludersi che il provvedimento potesse applicarsi ai voli acquistati da viaggiatori stranieri e ai voli internazionali (da e) per l’Italia, con potenziale travalicamento delle competenze territoriali dell’AGCM e una palese discriminazione geografica dei consumatori.

V. Sull’insussistenza del requisito dell’urgenza prescritto dalla legge per l’esercizio del potere cautelare dell’Autorità: violazione e falsa applicazione dell’art. 27 d. lgs. 206/05 e dell’art. 8, comma 1, del. AGCM 25411/2015, violazione e falsa applicazione dei principi della concorrenza, eccesso di potere per difetto di istruttoria, motivazione errata, travisamento in fatto e in diritto, irragionevolezza, illogicità, sviamento, contraddittorietà con altro provvedimento dell’Autorità.”

Per Ryanair non sussisteva alcun pregiudizio irreparabile, in quanto essa disponeva di procedure di rimborso semplici e affidabili, in grado di essere gestite in via telematica direttamente dal consumatore europeo, su somme comunque esigue per ciascuno di essi, che beneficiava, di contro, di procedure più snelle e veloci di imbarco, senza alcun pregiudizio concorrenziale, inesistente nel caso di specie e, anzi, causato alla ricorrente, che non poteva offrire biglietti dal prezzo più allettante rispetto a quello di altri vettori aerei per le medesime tratte.

VI. In subordine, sull’irragionevole diniego di un termine congruo per l’esecuzione del provvedimento cautelare impugnato: violazione e falsa applicazione degli artt. 19 ss. e 27 del Codice del Consumo e del principio di proporzionalità. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione.”

La delibera impugnata aveva preteso l’esecuzione di una manovra di rimodulazione tariffaria di estrema complessità, interessando centinaia di voli e decine di migliaia di passeggeri al giorno, entro un lasso temporale minimo, in contrasto con il principio di proporzionalità, in relazione alla gestione dell’emissione di biglietti con procedure informatiche particolarmente complesse, anche perché, pur conoscendo dal 25 agosto 2018 che la nuova “policy” della ricorrente sarebbe decorsa dal successivo 1 novembre, l’Autorità aveva atteso sino all’ultimo giorno per esercitare il proprio potere cautelare.

Con rituali motivi aggiunti depositati il 9 novembre 2018, la ricorrente chiedeva anche l’annullamento, previe misure cautelari anche ex art. 56 c.p.a., del provvedimento assunto dall’Autorità il 7 novembre 2018 e recante la comunicazione di avvio del procedimento di inottemperanza, nei termini indicati, alla delibera già impugnata con il ricorso introduttivo.

In particolare, Ryanair precisando che, a fronte all’assoluta impossibilità di adempiere al provvedimento cautelare dell’Autorità, anche in considerazione del termine di soli cinque giorni concesso, aveva comunque comunicato a quest’ultima di non poter ottemperare alla misura, lamentava in sintesi quanto segue.

I. Sulla violazione delle garanzie procedimentali di Ryanair: violazione e falsa applicazione artt. 24 Cost., 6 Convenzione EDU, 3 ss. l. 241/90, 27 d. lgs. 206/2005, del. AGCM 25411/2015. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, travisamento e irragionevolezza.”

La delibera del 7 novembre aveva specificato l’ambito applicativo della sospensione cautelare della nuova “policy”, in difetto di alcuna previa indicazione di questo tipo nel provvedimento del 31 ottobre, assumendo portata novativa rispetto al contenuto dispositivo di questo, nel quale non figurava alcuna prescrizione in merito al perimetro applicativo, sotto il profilo geografico e della nazionalità dei consumatori interessati, mentre solo nel provvedimento oggetto di tali motivi aggiunti era indicato che la sospensione doveva applicarsi ai voli in partenza dagli aeroporti italiani (quale che sia l’aeroporto nazionale o internazionale di destinazione, la cittadinanza del passeggero e il canale di vendita utilizzato) e, in ogni caso, a tutti i biglietti acquistati sulla versione italiana del sito internet “Ryanair.com”, con un vastissimo perimetro applicativo e in difetto di alcuna interlocuzione procedimentale con la parte interessata, soprattutto sulla extraterritorialità della disposizione così concepita.

“II. Sull’ambito di applicazione del provvedimento cautelare: nullità per difetto assoluto di attribuzione, incompetenza, violazione e falsa applicazione artt. 3 ss. l. 241/90, 19 ss. d. lgs. 206/05, 22 ss. Reg. UE 1008/2008, artt. 3 ss. TUE, 21 ss. TFUE, 45 ss. Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Violazione e falsa applicazione della Convenzione di Chicago 1944, resa esecutiva con d. lgs. 616/1948. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, illogicità, irragionevolezza, travisamento in fatto e in diritto.

Per la genericità che contraddistingueva il provvedimento cautelare sui punti invece introdotti in quello impugnato con i motivi aggiunti, l’Autorità non aveva messo Ryanair nella condizione di comprendere quali fossero stati gli obblighi esecutivi a suo carico, per cui non poteva lamentare ora un’inottemperanza, tenendo anche conto che la ricorrente aveva formulato una dettagliata proposta di impegni nel corso dell’istruttoria, non accettata dalla medesima Autorità.

III. Sull’incidenza del provvedimento cautelare sul regolare funzionamento e sulla sicurezza dei trasporti aerei: nullità per difetto assoluto di attribuzione, incompetenza, violazione e falsa applicazione artt. 3 ss. l. 241/90, 19 ss. d. lgs. 206/05, 22 ss. Reg. UE 1008/2008, artt. 3 ss. TUE, 21 ss. TFUE, 45 ss. Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Violazione e falsa applicazione della Convenzione di Chicago 1944, resa esecutiva con d. lgs. 616/1948. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e motivazione, illogicità, irragionevolezza, travisamento in fatto e in diritto.”

La ricorrente ribadiva che aveva fornito informazioni chiare, esaustive e ripetute ai consumatori che pertanto non potevano di certo essere stati “ingannati” sul prezzo del volo, sui servizi inclusi e sui costi aggiuntivi necessari per il trasporto di un “trolley” di piccole o di grandi dimensioni e che la disposizione impugnata andava anche a impingere sulla sicurezza dei voli, per quanto già illustrato nel ricorso introduttivo.

III. In subordine, sul termine di esecuzione della misura cautelare: violazione e falsa applicazione degli artt. 19 ss. e 27 del Codice del Consumo e del principio di proporzionalità. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, travisamento dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione.

La ricorrente si soffermava nuovamente sull’esiguità del termine di cinque giorni concesso per l’ottemperanza, peraltro erroneamente interpretato dall’AGCM secondo quanto emerso anche nel confronto con Ryanair sul punto.

Con il decreto monocratico in epigrafe, era motivatamente respinta la domanda cautelare ex art. 56 c.p.a.

Si costituiva in giudizio l’Autorità, affidando a una memoria per la camera di consiglio le tesi orientate a rilevare l’inammissibilità e l’infondatezza del ricorso e dei motivi aggiunti.

In particolare, era eccepita l’inammissibilità del ricorso per motivi aggiunti in quanto diretto a contestare la decisione di avvio del procedimento di inottemperanza, che si sarebbe concluso entro il 7 marzo 2019, quale atto endoprocedimentale, per sua natura inidoneo a ledere immediatamente gli interessi della parte privata, come ormai chiarito da costante giurisprudenza.

Proponeva rituale intervento “ad opponendum” il Codacons, in quanto associazione inserita nell’elenco di cui all’art. 137 del Codice del Consumo, insistendo per il rigetto del gravame.

Si costituiva in giudizio altresì l’associazione “Altroconsumo”, evocata in giudizio dalla ricorrente, insistendo anch’essa per la reiezione del gravame, come illustrato in specifica memoria.

In prossimità della camera di consiglio per la trattazione collegiale dell’istanza cautelare, parte ricorrente depositava una memoria illustrativa, con documenti, ribadendo la gravità e irreparabilità del pregiudizio prospettato.

Con la prima ordinanza in epigrafe, questa Sezione accoglieva le domande cautelari di cui al ricorso e ai motivi aggiunti, fissando per la trattazione di merito la data del 27 febbraio 2019.

In prossimità di questa, le associazioni costituite e la ricorrente depositavano ulteriori memorie illustrative delle rispettive tesi.

Alla pubblica udienza nella data suddetta, parte ricorrente chiedeva rinvio per proporre motivi aggiunti.

Ciò perché, nelle more, l’AGCM aveva proseguito il procedimento “principale”, volto a rilevare l’eventuale violazione delle norme del Codice sopra richiamate, che si concludeva con provvedimento adottato nella seduta del 20 febbraio 2019, con cui era deliberato che la pratica commerciale in questione, come descritta e sostanzialmente corrispondente a quella rappresentata già nel provvedimento cautelare ex art. 27, comma 3, cit., costituiva una pratica scorretta ai sensi degli artt. 20, 21, comma 1, lett. b) e d), e 22 del Codice e ne vietava l’ulteriore diffusione, irrogando anche la sanzione pecuniaria di euro 3.000.000.

In particolare, l’Autorità descriveva la pratica commerciale in tal senso: “Il procedimento concerne il comportamento posto in essere dal professionista, consistente nella presentazione ingannevole ai consumatori della tariffa standard per i servizi di trasporto aereo offerti sul sito internet della compagnia in lingua italiana https://www.ryanair.com/it/it/ atteso che, a seguito della modifica della policy bagagli – entrata in vigore il 1° novembre 2018 - non risulta più inclusiva del bagaglio a mano grande, c.d. trolley bag (bagaglio a mano grande fino a 55x40x20 cm), elemento essenziale e prevedibile del prezzo finale del servizio di trasporto.

7. In particolare, per le prenotazioni effettuate a partire dal 1° settembre 2018, per voli da effettuarsi dal 1° novembre 2018 in poi, il professionista ha scorporato dalla tariffa standard la possibilità di trasportare un trolley bag, richiedendo ai consumatori il pagamento di un supplemento per il suo trasporto, di importo variabile fra 6 e 25 euro a seconda della modalità (a bordo o in stiva) e del momento in cui si acquista il supplemento (al momento della prenotazione, dopo la prenotazione, al momento del check-in all’imbarco al gate)”.

La motivazione addotta ricalcava nella sostanza quanto già anticipato nel provvedimento cautelare e può sintetizzarsi come segue: a) le regole dimensionali fissate negli anni precedenti da Ryanair sul “bagaglio grande” (trolley) e su quello “a mano” da poter potare in cabina avevano “abituato” il consumatore a tale pratica, portandolo anche ad acquistare bagagli delle dimensioni indicate, per cui il cambio repentino della pratica risultava ingannevole sulle caratteristiche e sul prezzo del servizio di trasporto aereo di passeggeri offerto dal professionista, nonché contraria agli “standard” di diligenza professionale nel settore di competenza; b) ai sensi degli artt. 22, comma 1, e 23, comma 1, del Regolamento CE 1008/2008 che impongono modalità di efficace confronto del prezzo dei biglietti aerei, questo deve essere chiaramente ed integralmente indicato, sin dal primo contatto con il consumatore, in modo da rendere immediatamente e chiaramente percepibile l’esborso finale; c) l’omesso inserimento nel prezzo complessivo della tariffa “standard” di un servizio inevitabile, così come disposto dall’articolo 23 del citato Regolamento, rilevava ai fini della valutazione in questa sede operata ai sensi del Codice del Consumo, poiché per tale via il professionista, non includendo “ab origine” nel prezzo del biglietto proposto alcuni elementi di costo necessari, forniva un’incompleta rappresentazione delle condizioni economiche applicate, confondendo il consumatore rispetto all’esborso finale complessivo da sostenere per il volo prescelto; d) che il “bagaglio a mano grande” fosse da considerarsi elemento indispensabile del servizio di trasporto aereo si evinceva dalla sentenza della Corte di Giustizia 18 settembre 2014 nella causa C 487/12 (c.d.”Vueling Airlines”) e dall’orientamento della stessa Commissione UE; e) la circostanza che il “bagaglio a mano grande” fosse da considerarsi elemento indispensabile del servizio di trasporto aereo emergeva, poi, anche dagli elementi fattuali emersi in corso di istruttoria relativi agli ultimi due anni forniti dallo stesso professionista, da cui risultava che la percentuale dei passeggeri che aveva viaggiato solo con un bagaglio a mano “piccolo” ovvero non portando a bordo o non imbarcando in stiva un bagaglio grande a mano era praticamente irrisoria rispetto al totale dei passeggeri e pari a poco più dell’1-10%; f) le rilevazioni comparative effettuate d’ufficio indicavano, inoltre, chiaramente come la quasi totalità delle compagnie aeree consentono il trasporto di un bagaglio a mano “grande”, individuando e definendo le dimensioni consentite in ragione anche degli aeromobili componenti la loro flotta; g) la significativa riduzione dello spazio disponibile in cabina per il bagaglio di ciascun passeggero ( 65%) non appariva ragionevole né giustificata da esigenze di sicurezza, né comunque rispondente alla diligenza attesa da uno dei principali vettori del mercato europeo, dato che per bagaglio “a mano” era definito ciò che corrispondeva, anche nella sua precedente “policy” di Ryanair e nella comprensione di tutti gli altri vettori aerei, alla borsa o borsetta porta documenti, anche se di dimensioni leggermente superiori a quelle precedentemente previste; h) la condotta non trovava peraltro giustificazione in ragioni diverse come la sicurezza aerea o specifiche sopravvenute esigenze operative; i) dato che il reale costo di acquisto del servizio di trasporto non corrispondeva più, per la pressoché totalità dei passeggeri, alla tariffa “standard” ma alla somma di questa con il supplemento relativo al bagaglio “a mano”, non era in rilievo l’adeguata informativa sulla modifica in esame, ma l’assenza di trasparenza nella presentazione della tariffa “standard” in questione, al momento dell’aggancio del consumatore, secondo una tipica forma di ingannevolezza sul prezzo di acquisto (c.d. “drip pricing”) che è stata anche normativamente tipizzata con riferimento, ad esempio, alla richiesta di un supplemento per il pagamento con carte di credito (art. 62 del Codice del Consumo).

Con, rituali, secondi motivi aggiunti, la ricorrente lamentava, in sintesi, quanto segue.

I. Violazione e falsa applicazione del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di tutela del consumatore: eccesso di potere, violazione del diritto di difesa, difetto di istruttoria, manifesta irragionevolezza.”

Ryanair contestava il rigetto di proroga per controdedurre come da lei richiesta, rilevando l’esiguità del termine concesso e la brevità di quello individuato prima della chiusura della fase istruttoria, lamentando anche la carenza di ulteriore attività istruttoria dopo la pronuncia cautelare collegiale.

II. Sulla violazione del diritto di difesa e delle garanzie del contraddittorio della parte odierna ricorrente: violazione e falsa applicazione artt. 6 Convenzione EDU, 24 Cost., 7 ss. l. 241/90, 27 d. lgs. 206/05. Violazione del principio del contraddittorio, della separazione tra le funzioni istruttorie e le funzioni decisorie dell’autorità amministrativa. Eccesso di potere per illogicità, irragionevolezza, travisamento in fatto e in diritto.”

La ricorrente lamentava che il Regolamento sulla procedura di cui alla delibera AGCM n. 25411/2015 – che pure era impugnato – violava l’art. 27, comma 11, d.lgs. 206/05, sia per il “congenito deficit” di terzietà del Collegio rispetto agli uffici procedenti, sia per l’assenza di alcuna diretta interlocuzione procedimentale tra il Collegio decidente e l’impresa sottoposta al procedimento sanzionatorio.

III. Violazione e falsa applicazione del regolamento sulle procedure istruttorie in materia di tutela del consumatore: emanazione della decisione in difetto del plenum dei componenti del Collegio dell’AGCM, nullità ex art. 21-septiees l. 241/90, violazione e falsa applicazione degli artt. 16 e 17 della delibera 1 aprile 2015, n.25411, violazione del principio del quorum strutturale integrale.”

Il provvedimento impugnato - adottato da soli due componenti del Collegio in assenza del Presidente - violava il principio del “collegio perfetto” in forza del quale, per la validità della deliberazione dell’organo collegiale, è necessario che esso operi con il “plenum” dei suoi componenti.

IV. Sul preteso diritto dei passeggeri al trasporto gratuito di un Secondo Bagaglio a bordo dell’aeromobile: violazione e falsa applicazione del Regolamento 1008/2008/CE, eccesso di potere per travisamento in fatto e in diritto, illogicità e irragionevolezza.

Ryanair si soffermava sull’interpretazione del Regolamento CE suddetto e della “sentenza Vueling”, riprendendo nella sostanza le argomentazioni già illustrate nel ricorso introduttivo al fine di individuare il concetto di bagaglio “indispensabile” e rilevando che l’Autorità aveva anche omesso adeguati approfondimenti istruttori sulle specifiche ragioni di sicurezza che impedirebbero comunque di trasportare bagagli “a mano” nella cabina, fermo restando che la nuova “policy” di Ryanair includeva nel “prezzo base” del biglietto il diritto dei passeggeri di portare con sé i loro effetti personali nel bagaglio delle dimensioni indicate.

V. Sull’assenza di pratiche ingannevoli: violazione e falsa applicazione degli articoli 20, 21, 22 ss. del codice del consumo, eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento in fatto in diritto, illogicità e irragionevolezza.”

La ricorrente aveva adottato sempre una comunicazione commerciale del tutto chiara e trasparente, secondo le immagini del relativo sito internet che erano riprodotte.

Inoltre, le offerte di tutti i vettori aerei differiscono tra loro quanto al numero di bagagli ammessi, alla dimensione prevista e al peso massimo consentito, all’esistenza di servizi opzionali inclusi o esclusi dal costo del biglietto (scelta del posto o al pasto a bordo), per cui il ritenere che l’ingannevolezza della pratica sarebbe insita nel fatto che il bagaglio “a mano” di cui alla fattispecie non avesse le stesse dimensioni del bagaglio degli “altri” vettori era del tutto illogico e irragionevole.

VI. Sulla specialità delle disposizioni settoriali e sull’indebito esercizio di funzioni regolatorie da parte dell’AGCM: nullità per difetto assoluto di attribuzione, incompetenza, violazione e falsa applicazione artt. 3 ss. l. 241/90, 19 ss. d. lgs. 206/05, 22 ss. Reg. UE 1008/2008, artt. 3 ss. TUE, 21 ss. TFUE, 45 ss. Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Eccesso di potere in tutte le figure sintomatiche e in particolare, sviamento, difetto di istruttoria e motivazione, illogicità, irragionevolezza, travisamento in fatto e in diritto.”

La ricorrente esponeva la tesi secondo cui la disciplina normativa consumeristica in materia di pratiche commerciali scorrette non era applicabile alla vicenda in esame, dato che il provvedimento sanzionatorio impugnato incideva indebitamente sulla potestà tariffaria del vettore sancita dall’art. 22, comma 1, del Regolamento 1008/2008, travalicando quindi i confini attributivi dei poteri dell’AGCM e in violazione del principio di specialità, di cui all’art. 19, comma 3, del Codice, che ha implementato, in sede nazionale, l’art. 3, comma 4, della Direttiva 2005/29/CE, e di “libertà tariffaria” operante nel settore.

In via subordinata, la ricorrente chiedeva di rimettere la questione di conformità eurounitaria alla competente Corte di Giustizia, con specifico quesito che riportava nel successivo motivo “VIII”.

VII. Sulla quantificazione della sanzione. Violazione e falsa applicazione della legge 689/1981: eccesso di potere, carenza di motivazione, travisamento in fatto e in diritto e irragionevolezza.”

Ryanair contestava la stringata motivazione con la quale l’AGCM aveva quantificato la sanzione come individuata, rispetto ad altre sanzioni irrogate in passato per situazioni che pure avevano coinvolto la medesima compagnia aerea. Inoltre, non erano state considerate la poca chiarezza delle norme di settore, la non intenzionalità della ricorrente e l’apporto collaborativo fornito da quest’ultima nel corso del procedimento.

In prossimità della nuova camera di consiglio, le associazioni di consumatori costituite e l’AGCM depositavano memorie a confutazione anche di tali motivi aggiunti.

Con l’ordinanza in epigrafe, la domanda cautelare era accolta.

In prossimità della trattazione di merito, tutte le parti depositavano ulteriori memorie (la ricorrente, AGCM e Altroconsumo anche “di replica”) e la causa era trattenuta in decisione alla pubblica udienza del 2 ottobre 2019.

DIRITTO

Il Collegio, per economia espositiva, ritiene di iniziare l’esame del gravame dai secondi motivi aggiunti, orientati avverso il provvedimento finale sanzionatorio, dato che il provvedimento cautelare oggetto del ricorso introduttivo ne conteneva “in embrione”, sotto il profilo del “fumus”, i contenuti motivazionali, così che la decisione sul provvedimento finale non potrà che coinvolgere anche il contenuto di quelli precedenti pure oggetto del presente gravame, dato che con i primi motivi aggiunti risulta impugnato il successivo provvedimento di avvio del procedimento di inottemperanza a quello cautelare.

Ebbene, nel ambito di tale precisazione, poi, il Collegio ritiene di iniziare l’esame dei secondi motivi aggiunti dal relativo sesto motivo, con il quale è lamentato dalla ricorrente che la disciplina normativa consumeristica in materia di pratiche commerciali scorrette non era applicabile alla vicenda in esame, dato che il provvedimento sanzionatorio impugnato incideva indebitamente sulla potestà tariffaria del vettore sancita dall’art. 22, comma 1, del Regolamento 1008/2008, travalicando quindi i confini attributivi dei poteri dell’AGCM.

Ciò perché, qualora fondato, tale profilo di incompetenza travolgerebbe l’intero procedimento con annullamento dei relativi provvedimenti impugnati.

Ebbene, sul punto, il Collegio non condivide però le prospettazioni di parte ricorrente.

Valga evidenziare che sul profilo riguardante il margine di competenza dell’AGCM rispetto a quello di altre Autorità di settore, anche in relazione al “principio di specialità” contenuto nel Codice, è recentemente intervenuta la Corte di Giustizia UE (sentenza del 13 settembre 2018 in C-54/17 e C-55/17, a cui possono aggiungersi le ordinanze 14 maggio 2019, in C-406/17, C- 408/17 e C-417/17), la quale ha affermato la prevalenza della disciplina di settore solo se sia individuabile un “contrasto” insanabile con quella di cui alla normativa generale (in Italia del Codice del Consumo), nel senso che la nozione di “contrasto” denota un rapporto, tra le disposizioni cui si riferisce, che va oltre la mera difformità o la semplice differenza, mostrando una divergenza che non può essere superata mediante una formula inclusiva che permetta la coesistenza di entrambe le realtà, senza che sia necessario snaturarle.

Dunque, secondo la Corte, il contrasto sussiste solo quando disposizioni di stretta derivazione UE, disciplinanti aspetti specifici delle pratiche commerciali sleali, impongono ai professionisti, senza alcun margine di manovra, obblighi “incompatibili” con quelli stabiliti dalla direttiva 2005/29/CE, dando vita a una divergenza insanabile che non ammette la coesistenza di entrambi i plessi normativi. In presenza di pratiche commerciali scorrette in senso generale, la sanzionabilità non è del Regolatore ma dell’autorità competente ai sensi della direttiva 2005/29 cit. e, quindi in Italia, del Codice del Consumo.

Ha già osservato questa Sezione che le riportate conclusioni della Corte di Giustizia depongono quindi per l’affermazione di una specialità normativa “per fattispecie” e non “per settore”, configurando i rapporti tra i due corpi normativi in termini di complementarietà più che di specialità (TAR Lazio, Sez. I, 19.9.19, n. 11097 e 16.4.19, n. 4922).

Nel caso in esame, dal contesto della motivazione – come emersa più chiaramente con il provvedimento finale – non emerge che l’AGCM abbia voluto imporre un determinato prezzo, incidendo sulla libertà tariffaria prevista dal Regolamento CE 1008/2008, o abbia ritenuto di imporre uno specifico comportamento nella distribuzione dei bagagli tra stiva e cabina – come invece sembrava emergere dal provvedimento cautelare oggetto del ricorso introduttivo – ma che abbia ritenuto che il messaggio veicolato al consumatore al momento del “primo contatto” fosse “ingannevole” in quanto tale, perché quello indicato come “prezzo base”, non comprendendo un bagaglio “a mano grande” non includeva un elemento indispensabile, essenziale e prevedibile, per chi usufruisce di un viaggio aereo.

Nel caso di specie, essendo stata posta in accertamento la sussistenza di pratiche commerciali scorrette, ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, la competenza doveva ritenersi senz’altro radicata in capo all’AGCM, dato che la stessa, come nel caso di specie, riguardava informazioni ritenute non trasparenti e ingannevoli in relazione alla sottoscrizione di contratti relativi al servizio di trasporto aereo di persone e all’obbligo del rispetto del principio di diligenza professionale.

Tutto ciò fermo restando che l’art. 27, comma 1 bis, del Codice (nel testo inserito dall’art. 1, comma 6, lett. a), del d.lgs. n. 21/2014) ha così disposto: “Anche nei settori regolati, ai sensi dell'articolo 19, comma 3, la competenza ad intervenire nei confronti delle condotte dei professionisti che integrano una pratica commerciale scorretta, fermo restando il rispetto della regolazione vigente, spetta, in via esclusiva, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato, che la esercita in base ai poteri di cui al presente articolo, acquisito il parere dell'Autorità di regolazione competente. Resta ferma la competenza delle Autorità di regolazione ad esercitare i propri poteri nelle ipotesi di violazione della regolazione che non integrino gli estremi di una pratica commerciale scorretta. Le Autorità possono disciplinare con protocolli di intesa gli aspetti applicativi e procedimentali della reciproca collaborazione, nel quadro delle rispettive competenze”.

Tale norma, peraltro, è stata valutata di interpretazione autentica (TAR Lazio, Sez. I, n. 11097/19 cit. e 3.6.19, n. 7123) e comunque è applicabile temporalmente alla fattispecie.

Pertanto, possono condividersi le conclusioni sul punto della difesa dell’Autorità, secondo cui le norme di cui al richiamato Regolamento UE del 2008 non possono prevalere sulle disposizioni del Codice del Consumo, in quanto non recano una disciplina specifica e di dettaglio delle pratiche commerciali scorrette ed in quanto non sussiste alcun contrasto tra le due discipline, ponendosi esse in rapporto di complementarietà e non di specialità.

Chiarita l’infondatezza del sesto motivo dei secondi motivi aggiunti e passando ad esaminare il primo di questi, il Collegio ne rileva ugualmente l’infondatezza.

Il termine “infraprocedimentale” concesso per controdedurre, alla luce dell’avvio del procedimento - che si era articolato già da tempo, con accesso procedimentale e produzione istruttoria di Ryanair incentrati su profili già specificati - appare idoneo a una giusta dialettica procedimentale, fermo restando che risulta come Ryanair abbia comunque fornito il suo apporto e non abbia indicato in questa sede quali specifici argomenti ulteriori avrebbe potuto fornire con un termine più lungo, non potendosi ritenere che la coincidenza con il periodo “natalizio” potesse comunque essere stata di nocumento alla ricorrente, impresa a livello internazionale e organizzata con un alto numero di dipendenti e funzionari.

Analoghe considerazioni possono farsi anche per quanto riguarda il termine per dedurre prima della chiusura della fase istruttoria, con la concessione di venti giorni a tale scopo, che il Collegio ritiene ampiamente idoneo per la ragione sopra espressa – e sfruttato dalla ricorrente - e comunque non posto in violazione dell’art. 16 del relativo Regolamento AGCM, che lo fissa solo in una misura minima, di dieci giorni.

Non è chiarito, infine, quale ulteriore attività istruttoria era obbligata a fare l’AGCM dopo la prima pronuncia cautelare di questa Sezione, atteso che nel provvedimento finale è dato conto, nelle ampie argomentazioni conclusive, dell’ulteriore attività di delibazione, fondata anche su documentazione esplicitamente richiamata e fornita dalla stessa ricorrente nel procedimento.

Infondato è anche il secondo motivo.

In relazione al lamentato deficit” di terzietà dell’organo decidente rispetto agli uffici procedenti e all’assenza di diretta interlocuzione procedimentale tra quest’ultimo e l’impresa sottoposta al procedimento sanzionatorio (anche ai sensi dell’art. 6 CEDU), il Collegio osserva quanto segue.

La giurisprudenza europea ha da tempo elaborato un criterio di valutazione univoco del rapporto tra procedimento amministrativo e il processo che lo valuta, affermando che, qualora una decisione sia soggetta ad un controllo giurisdizionale successivo pienamente rispettoso del diritto ad un processo equo, non è necessario che lo sia anche il procedimento amministrativo che conduce all’emanazione di tale decisione, mentre, al contrario, la garanzia procedimentale diventa necessaria solo qualora una simile decisione non è soggetta ad alcun controllo giurisdizionale successivo, ovvero quest’ultimo non sia pienamente rispettoso del diritto ad un processo equo (CEDU, 23 giugno 1981, Le Compte, Van Leuven, De Meyere c. Belgio; v. anche: Cons. Stato, Sez. VI, 14.10.19, n. 6985).

Il Collegio rammenta che non si vedono elementi nuovi forniti dalla ricorrente per pervenire a conclusione diversa.

Sulla presunta commistione tra funzioni istruttorie e decisorie, la giurisprudenza (Cons. Stato, Sez. VI, 22.3.16, n. 1164) ha poi avuto modo di precisare - su questione inerente proprio la doglianza per la quale, in materia “antitrust” debba essere assicurata la separazione tra funzione istruttoria/requirente e funzione decisoria, prendendo a riferimento l’art. 6 CEDU e l’art. 47 della Carta europea dei diritti dell’uomo – che l’art. 6 CEDU prevede che, per aversi equo processo, ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un Tribunale indipendente e imparziale, costituito per legge.

Questa disposizione si applica anche in presenza di sanzioni amministrative di natura afflittiva, alle quali deve essere riconosciuta natura sostanzialmente penale. La Corte di Strasburgo ha elaborato propri e autonomi criteri al fine di stabilire la natura penale o meno di un illecito e della relativa sanzione. In particolare, sono stati individuati tre criteri, costituiti: i) dalla qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, con la puntualizzazione che la stessa non è vincolante quando si accerta la valenza “intrinsecamente penale” della misura; ii) dalla natura dell’illecito, desunta dall’ambito di applicazione della norma che lo prevede e dallo scopo perseguito; iii) dal grado di severità della sanzione (sentenze 4 marzo 2014, r. n. 18640/10, resa nella causa Grande Stevens e altri c. Italia; 10 febbraio 2009, ric. n. 1439/03, resa nella causa Zolotoukhine c. Russia; si v. anche Corte di giustizia UE, grande sezione, 5 giugno 2012, n. 489, nella causa C-489/10), che è determinato con riguardo alla pena massima prevista dalla legge applicabile e non di quella concretamente applicata.

In applicazione dei principi posti dalla CEDU, all'interno della più ampia categoria di “accusa penale” occorre distinguere tra un diritto penale in senso stretto (“hard core of criminal law”) e casi non strettamente appartenenti alle categorie tradizionali del diritto penale.

Al di fuori del c.d. “hard core”, l’art. 6, par. 1, della Convenzione è rispettato in presenza di “sanzioni penali” imposte in prima istanza da un organo amministrativo - anche a conclusione di una procedura priva di carattere quasi giudiziale o “quasi-judicial”, vale a dire che non offra garanzie procedurali piene di effettività del contraddittorio - purché sia assicurata una possibilità di ricorso dinnanzi ad un giudice munito di poteri di “piena giurisdizione”, con la conseguenza che le garanzie previste dalla disposizione in questione possano attuarsi compiutamente in sede giurisdizionale (Cons. Stato, Sez. VI, 26 marzo 2015 n. 1595 e n. 1596).

Nella fattispecie in esame, la sanzione dell’AGCM, avuto riguardo ai criteri di identificazione sopra esposti e, in particolare, al grado di severità della stessa, ha natura afflittiva e “sostanzialmente” penale (cfr. Corte di Giustizia dell’Unione europea, sentenza Menarini, 27 settembre 2011, n. 43509/08), nondimeno, a prescindere dall’effettiva difformità del regolamento di procedura rispetto al parametro convenzionale, le garanzie imposte dall’art. 6 sono rispettate nel presente giudizio di “piena giurisdizione”.

Inoltre, a completamento di tale indicazione, questa Sezione recentemente (TAR Lazio, Sez. I, 14.11.18, n. 11002) ha precisato che il d.p.r. 30 aprile 1998, n. 217 è esclusivamente rivolto a disciplinare le procedure istruttorie di competenza dell’Autorità e non contiene alcuna invasione nella disciplina del momento sanzionatorio, limitandosi l’art. 14, comma 9, a prevedere, in perfetta coerenza con la disciplina legislativa, che il Collegio, completata l’istruttoria, adotta il provvedimento finale (TAR Lazio, Sez. I, 20.4.17, n. 4755).

Né può sostenersi che questo Giudice non disporrebbe di poteri “pieni” assimilabili a quelli richiamati dalla giurisprudenza europea, dato che il Collegio osserva di aver già precisato questa Sezione ((TAR Lazio, Sez. I, 20.4.17, n. 4754) che il giudice amministrativo, nella materia in esame, è chiamato comunque ad operare un sindacato estrinseco sulla correttezza logica dell’operato dell’Autorità, al fine di verificare l’”iter” ricostruttivo da questa seguito nell’analisi della norma e della sua applicabilità ai fatti concreti (Cass., SS.UU., 20.1.14, n. 1013; Cons. Stato, Sez. VI, n. 334/2015), accertando, in sostanza, se la “possibilità” di pregiudizio alla concorrenza su un dato mercato, a scongiurare la quale la legislazione in materia è volta, si sia tradotta o meno, nell’attuazione pratica posta in essere dagli operatori economici, in una situazione di apprezzabile “probabilità” di lesione, valutando il potenziale impatto negativo delle relative condotte sulla concorrenza, con riguardo al contesto giuridico ed economico (Corte UE, Case C-8/08 T-Mobile Netherlands BV v Raad van bestuur van de Nederlandse Mededingingsautoriteit [2009] ECR I-4529), nel quale rientra anche la” struttura” del mercato (Corte UE, Case C-67/13P Groupement des cartes bancaires v Commission [2014]; Polygram Holding Inc v Federal Trade Commission 416 F.3d 29 [2005]).

Infondato è anche il terzo dei (secondi) motivi aggiunti, sulla ritenuta violazione del principio del “collegio perfetto” in forza del quale, per la validità della deliberazione dell’organo collegiale, è necessario che esso operi con il “plenum” dei suoi componenti, assente nel caso di specie in quanto l’Autorità decidente era composta da soli due componenti, in assenza del presidente ancora non nominato dagli organi competenti.

Sul punto, questa Sezione ha già avuto modo recentemente di precisare (TAR Lazio, Sez. I, 26.9.19, n. 11330), proprio sulla composizione in sede decidente in assenza del presidente dell’AGCM e sul principio di collegialità, che l’art. 10 della l. n. 287/90 prevede sì che l’Autorità è un organo collegiale, costituito da tre membri compreso il presidente (come da modifica di cui all’art. 23, comma 1, lett. d), d.l. n.201/11 come convertito in legge n. 214/11) ma nulla aggiunge sul numero minimo di componenti per assumere una decisione.

Già la giurisprudenza ha chiarito che l'AGCM non costituisce collegio perfetto ed è demandata ad essa stessa, ai sensi dell'art. 10, commi 2 e 6, l. n. 287/90, la definizione dell'assetto e delle maggioranze, con riferimento al “quorum” sia strutturale sia funzionale (Cons. Stato, Sez. VI, 12.2.01, n. 652; TAR Lazio, Sez. I, 7.4.99, n. 873).

Il relativo Regolamento sul funzionamento dell’AGCM (delibera n. 26614/2017) conferma tutto ciò, prevedendo: a) all’art. 3, l’assenza del presidente o un suo impedimento, con funzioni assunte temporaneamente dal componente con maggiore anzianità nell’ufficio o, in caso di pari anzianità, dal più anziano di età; b) all’art. 6, che per la validità delle riunioni dell’Autorità è necessaria la presenza del presidente e di un componente, “ovvero di due componenti”; c) all’art. 7, che le deliberazioni dell’Autorità sono adottate a maggioranza dei votanti e in caso di parità prevale il voto del presidente ovvero, in sua assenza, del componente che ne assume temporaneamente le funzioni ai sensi dell’art. 3, comma 2.

Le modalità con cui è stata assunta la decisione impugnata, pertanto, appaiono conformi alla regolamentazione e alla legge regolanti il funzionamento dell’Autorità.

Né – anche qualora il collegio dell’Autorità fosse comprensivo dei tre componenti “ex lege” - è comunque prevista una verbalizzazione della discussione tra i componenti dell’Autorità tale da far comprendere se e quale sia stato il grado di partecipazione alla decisione di ciascuno di essi e quali siano state, eventualmente, le sue posizioni; così come non è necessaria alcuna obbligatoria verbalizzazione di eventuale “dissenso”, anche nell’ipotesi di piena formazione del collegio, fermo restando che la ricorrente non fornisce alcun elemento, anche solo indiziario, da cui ritenere che l’altro componente sia stato in dissenso con il “presidente f.f.” nell’assumere la delibera qui impugnata.

Inoltre, il Consiglio di Stato, in relazione a situazione comparabile a quella in esame relativa ad altra Autorità indipendente (ma riferibile a tutte le autorità indipendenti per le quali è stata prevista la riduzione del numero dei componenti dell’organo di vertice), ha chiarito che la disposizione sul valore “doppio” del voto del presidente si comprende agevolmente considerando che tutti i collegi posti al vertice delle autorità indipendenti (che non sono considerati collegi “perfetti”) sono stati portati a tre componenti (con le sole eccezioni dell’Autorità Garante per le Comunicazioni e della Commissione di garanzia per gli scioperi nei servizi pubblici) e che tale riduzione del numero dei componenti ha reso assai più probabile il verificarsi di situazioni di “impasse” conseguenti all’astensione o all’impedimento di uno dei componenti del collegio, con conseguente necessità di evitare che, in ragione di tale impedimento o assenza, l’attività dell’Autorità risulti di fatto paralizzata, con chiaro “vulnus” al principio costituzionale di buon andamento (Cons. Stato, Sez. VI, 24.11.16, n. 4936).

Per quanto riguarda la mancata interlocuzione diretta con l’organo decidente dell’Autorità, fermo restando quanto sopra precisato in merito all’art. 6 CEDU e alla caratteristica del procedimento avanti all’AGCM come seguito da rimedio giurisdizionale, risulta che la ricorrente, dopo la comunicazione delle risultanze istruttorie, abbia avuto un sufficiente margine per esercitare il diritto di difesa, dato che, ai sensi del d.P.R. n. 217/98, nell'ambito dei procedimenti “antitrust”, il momento in cui viene definito il quadro degli elementi probatori acquisiti nel corso dell'istruttoria in relazione ad una preliminare determinazione è individuabile nella comunicazione delle risultanze istruttorie (“CRI”) su cui si pronuncia l'organo decidente dell’AGCM, senza possibilità di integrazione degli elementi già oggetto della ricordata CRI (Cons. Stato, Sez. VI, 23.4.02, n. 2199 e TAR Lazio, Sez. I, 5.7.01, n. 6139).

Passando quindi all’esame degli ulteriori motivi, il Collegio rileva invece la fondatezza per quanto riguarda il quarto e il quinto, relativi al “nucleo” della contestazione.

L’AGCM, nella sue valutazioni conclusive, di cui al punto “V” del provvedimento impugnato (“p.i.”), premette che la precedente pratica della ricorrente aveva “abituato” i consumatori alle misure preesistenti dei bagagli da portare in cabina fino a farli propendere per l’acquisto di oggetti dalle dimensioni in questione (55x40x20 e 25x20x20; punto 54 del p.i.).

Sul punto, il Collegio osserva che tale precisazione – anche se di per sé non decisiva nel contesto motivazionale dell’atto – non può essere considerata valida premessa per le successive conseguenze, dato che non si rinviene alcuna norma che obblighi le compagnie aeree a mantenere indefinitamente nel tempo una determinata “policy” di prezzo – con conseguente legittima aspettativa dei consumatori a tale mantenimento - proprio alla luce del principio di libertà tariffaria, che la stessa AGCM nelle sue difese non disconosce, e di libera concorrenza che, in un settore negli ultimi anni caratterizzato da un’offerta molto differenziata e incisiva, in cui il “fattore prezzo” ha assunto un valore spesso determinante per la scelta del consumatore, soprattutto nel settore denominato “low cost” ove il consumatore medio sa che, a fronte di prezzi offerti altamente competitivi e convenienti (anche di poche decine di euro per un volo), può aspettarsi la contrazione di servizi prima offerti come comprensivi del costo del “biglietto base”, ma ritiene prioritario il costo ben minore.

Che il “consumatore Ryanair” si sia abituato a un determinato “standard” dimensionale dei bagagli, pertanto, è circostanza che non impediva alla compagnia di intervenire in argomento; né può condividersi la conclusione per la quale è stato ritenuto rilevante che il medesimo consumatore abbia acquistato “trolley” delle dimensioni precedenti, sia perché tale conclusione non è asseverata da elementi oggettivi, sia perché non è impedito al medesimo consumatore di usare comunque tale “trolley” per il volo su altre compagnie (con prezzi diversi e magari maggiori) sia perché il medesimo bagaglio può essere utilizzato per altro tipo di viaggio ove non rilevano limiti dimensionali (treno, autovettura, pulmann), senza alcun nocumento per il consumatore, attesa la “fungibilità” dell’oggetto in questione.

Proseguendo nell’esame della motivazione dell’AGCM, si rileva che la base normativa a cui ha fatto riferimento l’Autorità è data dall’art. 22, par. 1, e dall’art. 23, par. 1, del Regolamento CE 1008/2008 (punto 59 del p.i.).

Ebbene, tali norme prevedono quanto segue.

Art. 22, par 1: “I vettori aerei comunitari e, per reciprocità, i vettori aerei dei paesi terzi fissano liberamente le tariffe aeree passeggeri e merci per i servizi aerei intracomunitari, fatto salvo quanto disposto all'articolo 16, paragrafo 1” (tale art. 16, par. 1 riguarda l’imposizione di oneri di servizio pubblico da parte di ciascuno stato membro e non è inerente alla presente fattispecie):

Art. 23, par. 1: “Le tariffe aeree passeggeri e merci disponibili al pubblico comprendono le condizioni ad esse applicabili in qualsiasi forma offerte o pubblicate, anche su Internet, per i servizi aerei da un aeroporto situato nel territorio di uno Stato membro soggetto alle disposizioni del trattato. Il prezzo finale da pagare è sempre indicato e include tutte le tariffe aeree passeggeri o merci applicabili, nonché tutte le tasse, i diritti ed i supplementi inevitabili e prevedibili al momento della pubblicazione. Oltre all'indicazione del prezzo finale, sono specificati almeno i seguenti elementi:

a) tariffa aerea passeggeri o merci;

b) tasse;

c) diritti aeroportuali; e

d) altri diritti, tasse o supplementi connessi ad esempio alla sicurezza o ai carburanti,

dove le voci di cui alle lettere b), c) e d) sono state addizionate alle tariffe aeree passeggeri e merci. I supplementi di prezzo opzionali sono comunicati in modo chiaro, trasparente e non ambiguo all'inizio di qualsiasi processo di prenotazione e la loro accettazione da parte del passeggero deve avvenire sulla base dell'esplicito consenso dell'interessato («opt-in»).

L’AGCM sottolineava che tale norma trova sostegno nel 16° “considerando” dello stesso Regolamento, secondo il quale “(16) I clienti dovrebbero poter confrontare efficacemente i prezzi per i servizi aerei delle diverse linee aeree. È opportuno, pertanto, che il prezzo finale che il cliente dovrà pagare per i servizi aerei in partenza dalla Comunità sia sempre indicato, comprensivo di tutte le tasse, i diritti ed i supplementi. Si incoraggiano inoltre i vettori aerei comunitari a indicare il prezzo finale dei loro servizi aerei da paesi terzi verso la Comunità.”; ciò perché il legislatore comunitario – aggiungeva l’Autorità - vuole che al cliente sia permesso di confrontare efficacemente i prezzi, sin dal “primo contatto” commerciale, tra le varie compagnie aeree, per cui l’omesso inserimento nel prezzo complessivo di un “servizio inevitabile” (così lo definisce l’Autorità al punto 60 del p.i.) come disposto dall’art. 23 cit. confonderebbe il consumatore, alterando anche l’immediata comparazione con i prezzi offerti dagli altri vettori e imponendo al consumatore stesso operazioni “logico-matematiche” al fine di comparare tariffe che includono o non includono il “bagaglio a mano”, operazione che incide anche sui c.d. “siti comparatori” falsando la tariffe messe a confronto da questi (in tal senso, punto 81 del p.i.).

Che il bagaglio a mano “grande” sia un elemento indispensabile del servizio di trasporto aereo (passeggeri) lo si evincerebbe – sempre per l’AGCM – dalla su richiamata “sentenza Vueling” della Corte di Giustizia UE, in particolare dal punto 40 di tale sentenza, che si riporta:

“…Invece, per quanto riguarda i bagagli non registrati, vale a dire i bagagli a mano, per fornire una risposta completa al giudice del rinvio si deve rilevare che in linea di principio tali bagagli devono essere considerati un elemento indispensabile del trasporto di passeggeri e che il trasporto di questi non può, conseguentemente, essere sottoposto ad un supplemento di prezzo, a condizione che tali bagagli a mano posseggano taluni requisiti ragionevoli, in termini di peso e dimensioni, e soddisfino le prescrizioni applicabili in materia di sicurezza.”

A ciò doveva aggiungersi quanto precisato dalla Commissione UE, negli “Orientamenti per l’attuazione/applicazione della direttiva 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali” (c.d. Linee Guida) del 25 maggio 2016, secondo cui tra le “spese facoltative possono essere ricomprese quelle relative alla scelta del posto o al bagaglio in stiva rispetto a quello a mano”.

Ebbene, il Collegio non ritiene di concordare con la ricostruzione dell’AGCM, in sostanziale aderenza a quanto esposto dalla ricorrente.

Valga osservare che la stessa Autorità non ha individuato la ritenuta scorrettezza della pratica commerciale in riferimento alla modalità con la quale viene presentato il costo del biglietto in quanto tale, dovendosi quindi ritenere che ciò che pure era prospettato al momento dell’avvio del procedimento possa ritenersi superato, nel senso della chiarezza espositiva “formale” di cui al messaggio proposto al consumatore nel sito internet della compagnia aerea in questione, consumatore ben in grado di comprendere subito il prezzo del biglietto nell’ipotesi volesse imbarcare un bagaglio “grande”.

Quel che è contestato è dunque un profilo “sostanziale”, legato al concetto di indispensabilità del bagaglio a mano nel senso ritenuto dall’AGCM e quindi di rappresentazione - sotto il profilo della “trasparenza” - dell’effettivo costo del biglietto al consumatore, laddove l’Autorità ha censurato l’attività di scorporo dalla tariffa “standard” della possibilità di trasportare un “trolley bag” di dimensioni più grandi di quelle ora consentite.

Ebbene, il Collegio rileva in primo luogo che non risulta da alcun elemento che Ryanair impedisca al consumatore di portare in cabina un bagaglio “a mano”, ponendo soli limiti alle sue dimensioni, ma senza limiti di peso.

In tal senso appare pienamente rispettato il “dictum” della “sentenza Vueling”, laddove è solo detto che i(l) bagagli(o) a mano sono (è) un elemento indispensabile del trasporto di passeggeri. In nessuna parte della sentenza è però indicato quali debbano essere le dimensioni (minime o massime) e il numero di tali bagagli. La stessa Corte UE precisa che non possono dunque essere imposti supplementi di prezzo in relazioni a questi “…a condizione che tali bagagli a mano posseggano taluni requisiti ragionevoli, in termini di peso e dimensioni”.

La Corte, pertanto, in assenza di una normativa generale tariffaria in tal senso che determini specifiche misure minime, rimette alle singole compagnie – e naturalmente agli organi nazionali preposti alle diverse forme di controllo – di valutare la “ragionevolezza” delle dimensioni considerate.

Proprio un concetto generico quale è quello di “ragionevolezza” impone, ad avviso del Collegio, che l’interprete sia chiamato a valutarne essenzialmente, e più facilmente, la sua connotazione, ai fini che qui rilevano, in termini di negatività e, quindi, di (palese) irragionevolezza.

Nel caso di specie non si rinviene però nel provvedimento impugnato una motivazione congruente e idonea a ritenere che le dimensioni proposte dalla ricorrente siano “irragionevoli”.

Sotto un primo profilo, è palese che al viaggiatore non è impedito il trasporto dei propri effetti personali, secondo la distinzione richiamata dalla stessa Autorità e prevista dal d.m. n.1/36 del 28 gennaio 1987 e nella relativa Circolare APT-09, riportata nella sua memoria per l’ultima udienza pubblica dall’AGCM, relativa a ciò che deve intendersi per “bagaglio a mano”, secondo la quale: “Per bagaglio a mano si intendono quegli articoli che il passeggero può portare con sé in cabina per sistemarli nei comparti portaoggetti soprastanti o sotto al sedile anteriore. In applicazione del D.M. 001/36 è consentito il trasporto in cabina di un solo bagaglio, corredato di etichetta nominativa, a condizione che la somma delle dimensioni (base, altezza, profondità) non superi complessivamente i 115 cm. e comunque rientrante nei limiti delle misure di ingresso degli apparati di controllo ai raggi X.

Ai fini della presente circolare, oltre al bagaglio di cui al comma precedente, ogni passeggero può portare in cabina:

- una borsetta o borsa portadocumenti o personal computer portatile;

- un apparecchio fotografico, videocamera o lettore di CD;

- un soprabito o impermeabile;

- un ombrello o bastone da passeggio;

- un paio di stampelle o altro mezzo per deambulare;

- culla portatile e cibo per neonati, necessario per il viaggio;

- articoli da lettura per il viaggio;

- articoli acquistati ai "Duty Free" e negli esercizi commerciali all'interno dell'aeroporto (in quantità e peso limitati).

Ebbene, dalle dimensioni indicate nella nuova “policy”, non è dimostrato dall’AGCM che non possano introdursi nel bagaglio “a mano” gratuito gli effetti personali oltre alla “borsetta” o “portadocumenti” di cui alla Circolare, ottemperando così alla disposizione che comunque fa riferimento al trasporto in cabina “di un solo bagaglio” né che sia impedito il trasporto a bordo di un soprabito o impermeabile, un ombrello o bastone da passeggio, un paio di stampelle o altro mezzo per deambulare, una culla portatile e cibo per neonati, necessario per il viaggio, articoli da lettura per il viaggio articoli acquistati ai “Duty Free”.

Pertanto, non è specificato per quale ragione le (nuove) dimensioni di 40x25x20 non consentano – anche alla luce delle innovazioni tecnologiche che hanno immesso sul mercato oggetti “flessibili” idonei a essere riposti in piccoli spazi – di portare effetti personali sufficienti per un viaggio relativi a brevi tratte per spostamenti, anche di andata/ritorno, in giornata o in due giorni.

Che in precedenza Ryanair abbia consentito di portare a bordo bagagli “a mano” di dimensioni che la stessa Autorità definisce “leggermente superiori” rispetto alle precedenti (35x20x20, punto 67 del p.i.) non appare dirimente alla luce della libertà tariffaria riconosciuta e della circostanza che altre compagnie possono – sempre nell’ottica di tale “libertà” – consentire bagagli di taglia superiore; infatti ben possono, tali compagnie, e di conseguenza il consumatore al fine di effettuare una libera scelta consapevole in tal senso, preferire, in un’ottica di piena concorrenzialità, offrire un servizio “ampliato” a fronte di un prezzo leggermente superiore, che il cliente è disposto a pagare proprio per tale ragione.

Sotto tale profilo manca, nel provvedimento impugnato, una comparazione (di una certa ampiezza anche se non integrale) tra Ryanair e le altre compagnie, anche “low cost”, del costo del biglietto per singola tratta e servizi offerti.

Inoltre, la ricorrente ha comunque rappresentato che circa il 30% dei passeggeri, anche sotto la precedente “policy”, non trasportava un secondo bagaglio, da considerarsi quindi elemento non “indispensabile” in quanto tale.

In secondo luogo, ugualmente ad avviso del Collegio, non dirimente è l’osservazione dell’Autorità secondo cui la quasi totalità dei passeggeri (95%) viaggia con il bagaglio a mano “grande”, con dati peraltro confutati dalla ricorrente, proprio perché non può essere questo, secondo la precedente “policy” della ricorrente, un elemento di indispensabilità del viaggio (soprattutto sulle tratte brevi con a/r in giornata) ma una mera scelta del consumatore alla luce dell’offerta di prezzo tra le varie compagnie, secondo una prassi riconosciuta nella stessa “sentenza Vueling”, secondo la quale (par. 38) “…la prassi commerciale delle compagnie aeree è tradizionalmente consistita nel consentire ai passeggeri di registrare i bagagli senza costi aggiuntivi. Orbene, dal momento che i modelli commerciali delle compagnie aeree hanno conosciuto un'evoluzione notevole con l'utilizzo sempre più generalizzato del trasporto aereo, va rilevato che, attualmente, talune compagnie seguono un modello commerciale consistente nell'offrire servizi aerei a prezzi assai ridotti. In tale situazione, il costo legato al trasporto dei bagagli, in quanto componente del prezzo di tali servizi, ha assunto relativamente più importanza rispetto al passato e, quindi, i vettori aerei interessati possono voler richiedere a tale titolo il pagamento di un supplemento di prezzo. Inoltre, non può escludersi che taluni passeggeri aerei preferiscano viaggiare senza bagaglio registrato, purché ciò comporti una riduzione del prezzo del loro titolo di trasporto.

Una volta chiarita la non irragionevolezza delle dimensioni imposte per il bagaglio “a mano”, anche se “unico”, non si vede come la conclusione individuata dalla Corte UE per i bagagli “registrati” non possa conformarsi anche alla scelta del consumatore che preferisce rinunciare a un (evidentemente sovrabbondante) bagaglio a mano “grande” in presenza di una riduzione di prezzo.

Non si individua quale normativa impedisca al consumatore la libera scelta tra pagare un biglietto “standard” di costo leggermente maggiore, per consentirsi la “comodità” di uscire dall’aeroporto subito dopo lo sbarco al “terminal” e non attendere le inevitabili e più complesse operazioni di scarico dei bagagli dalla stiva, e quella di pagare un biglietto di costo minore, adeguandosi ad attendere qualche in minuto in più nei pressi del “nastro trasportatore” per attendere il secondo bagaglio “grande”.

Sul punto, si ribadisce che non è contenuta nel provvedimento impugnato una dettagliata comparazione tra i prezzi di tutte le altre compagnie aeree e quelli di Ryanair per ciascuna, singola, tratta al fine di rilevare differenze idonee a influenzare o obbligare il consumatore a una determinata scelta, soprattutto in assenza di contestazioni sulle modalità “formali” di indicazione sul sito della ricorrente in ordine al costo per l’imbarco di un ulteriore “trolley grande”, fermo restando che non vi è la totalità delle compagnie diverse da Ryanair a praticare l’ammissione in cabina di tale bagaglio, dato che alla medesima udienza del 2 ottobre 2019 è in decisione una fattispecie analoga riguardante altra compagnia aerea concorrente e risulta indicato negli atti difensivi della ricorrente un dettagliato elenco di altre che praticano la medesima “policy”.

Così pure, che Ryanair abbia ridotto del 65% lo spazio per il bagaglio “a mano” rispetto al periodo anteriore al 1 novembre 2018 (punto 67 del p.i.) non è significativo e appare conseguenziale alla predetta nuova “policy”, ben potendo ad esempio astrattamente – al contrario e senza che sia individuabile un “vulnus” alla concorrenza – un’altra compagnia preferire incrementare lo spazio a bordo per l’imbarco di bagagli a discapito della capienza di posti a sedere, secondo una propria scelta commerciale volta a favorire la “comodità” del passeggero, nell’ambito della sua libertà tariffaria e nel rispetto dei limiti di sicurezza.

Si ricorda, infatti, come riportato dalla ricorrente e non contestato nel provvedimento impugnato, che le offerte dei vari vettori aerei in realtà differiscono spesso per il numero di bagagli e il relativo peso ammessi, anche in stiva, o per l’offerta di servizi “opzionali” specifici, quali, ad esempio, la scelta del posto e/o del pasto a bordo.

Alla luce di quanto osservato, pertanto, non si riscontra la carenza di diligenza professionale contestata dall’AGCM, in quanto l’offerta Ryanair appare chiara nell’indicare fin dal “primo contatto” con il consumatore le dimensioni del bagaglio “a mano” consentito e idoneo al contenuto anche di una “borsetta” e/o di un “portadocumenti”, in assenza di un obbligo di consentire dimensioni minime, purché non irragionevoli (ma, come visto, non è questo il caso).

Sotto questo profilo, il Collegio non trova che osti a tale conclusione neanche la normativa richiamata dall’AGCM, di cui agli artt. 22 e 23 del Regolamento CE 1008/2008, che fanno riferimento – come sopra riportato in particolare per quanto riguarda l’art. 23 – all’obbligo di includere nel prezzo finale anche quelli che sono non a caso definiti “supplementi” inevitabili e prevedibili.

Nel caso di specie, il supplemento che è chiamato a corrispondere il “cliente Ryanair” se vuole imbarcare anche un “trolley grande” - peraltro chiaramente indicato nelle operazioni di emissione del titolo di viaggio e con opzione “opt in” – è “evitabile”, perché non tutti i viaggiatori ne hanno necessità, e “prevedibile”, alla luce della diffusione della conformazione dell’offerta della ricorrente a partire dal 1 novembre 2018, non contestata come detto nella sua “forma”.

Il Regolamento CE, quindi, non qualifica alcun bagaglio come “indispensabile” nelle sue misure né fa riferimento a un “servizio inevitabile” (come invece descritto al punto 60 del p.i.) ma solo alla necessità di indicare “supplementi” inevitabili e prevedibili.

Né, infine, può dedursi che il concetto di “indispensabilità” sia desumibile dal comportamento pregresso dei passeggeri (punto 64 del p.i.), che ovviamente, in presenza di una libera scelta tariffaria del vettore aereo che lo consentiva, tendevano, per la ragione sopra esposta, a portare con sé il maggior numero di bagagli, salve – ovviamente – esigenze di sicurezza da valutare di volta in volta.

A tale proposito, comunque, valga osservare che, anche sotto la vigenza della precedente “policy”, risulta come una percentuale di passeggeri che pur avevano acquistato la tariffa “base”, si vedesse trasferito in stiva il proprio bagaglio a mano, al momento dell’imbarco sul volo al “gate”, perché si era riscontrato l’esaurimento degli appositi spazi a bordo dell’aeromobile.

Pertanto, non convincente appare anche l’ulteriore tesi dell’Autorità (punto 69-70 del p.i.) sulla irragionevolezza della scelta di ridurre del 65% lo spazio a bordo per i bagagli “a mano”, destinando le c.d. “cappelliere” a riporre quelli per cui è stato corrisposto il suddetto supplemento, dato che tali spazi comunque possono essere utilizzati per riporre borse e bagagli “piccoli”, in possibile assenza di un numero elevato di “grandi”, e comunque la loro funzione, a ben vedere, non è certo quella di sostituire la stiva ma solo di quella di riporre oggetti comunque di piccole dimensioni, come si rileva, d’altro canto, anche nella Circolare sopra riportata.

Né, infine, si rileva che il consumatore sia stato costretto a complesse operazioni “logico-matematiche” per individuare il corretto prezzo finale del suo biglietto, risultando pienamente illustrate tutte le (semplici) modalità di calcolo del medesimo in relazione all’imbarco anche di un secondo bagaglio “grande”, al momento stesso della prenotazione, successivamente o al momento dell’imbarco.

Così pure non è spiegato dall’AGCM per quale ragione sia ritenuto che i complessi algoritmi che usano i c.d. “siti di comparazione” non siano idonei a rappresentare facilmente la circostanza, visto che – come detto – ormai tutte le compagnie differenziano la propria offerta finale, anche in relazione a servizi aggiuntivi che l’utente può richiedere.

Alla luce di quanto indicato - che le argomentazioni delle parti costituite diverse dalla ricorrente non scalfiscono nella loro sostanzialità, insistendo l’AGCM, Altroconsumo e Codacons sull’impostazione del provvedimento impugnato da loro ritenuto condivisibile - i secondi motivi aggiunti possono essere accolti, con assorbimento di quanto lamentato nell’ottavo motivo (tendente in via subordinata a sollevare questione di conformità al diritto eurounitario presso la Corte di Giustizia UE) e nel nono, sull’entità della sanzione.

Di conseguenza, in disparte ogni approfondimento sulla procedibilità del ricorso introduttivo limitato al provvedimento cautelare non definitivo, deve comunque rilevarsi l’illegittimità anche di questo per carenza di “fumus”, alla luce di quanto esposto.

Improcedibili – e comunque inammissibili per impugnazione di mero atto endoprocedimentale – sono invece i primi motivi aggiunti, legati alla ritenuta inottemperanza a provvedimento cautelare, che si annulla.

Per la novità della fattispecie, le spese di lite possono integralmente compensarsi tra tutte le parti costituite, tranne quanto dovuto a titolo di contributo unificato, da porsi a carico dell’AGCM ai sensi dell’art. 13, comma 6bis.1, d.p.r. n. 115/2002.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e i due motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, accoglie il ricorso e i secondi motivi aggiunti e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati. Dichiara improcedibili per sopravvenuto difetto di interesse i primi motivi aggiunti.

Spese compensate, tranne quanto dovuto a titolo di contributo unificato, da porsi a carico dell’AGCM ai sensi dell’art. 13, comma 6bis.1, d.p.r. n. 115/2002.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 2 ottobre 2019 con l'intervento dei magistrati:

Antonino Savo Amodio, Presidente

Ivo Correale, Consigliere, Estensore

Lucia Maria Brancatelli, Primo Referendario

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Ivo Correale Antonino Savo Amodio
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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