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Comitato europeo delle regioni, 5/2/2020 n. (2020/C 39/09)
Parere del Comitato europeo delle regioni - Relazione sull’attuazione delle direttive sugli appalti pubblici

Materia: appalti / disciplina

5.2.2020   

IT

Gazzetta ufficiale dell'Unione europea

C 39/43


Parere del Comitato europeo delle regioni — Relazione sull’attuazione delle direttive sugli appalti pubblici

(2020/C 39/09)

Relatore

:

Thomas Habermann (DE/PPE), presidente del circondario di Rhön-Grabfeld

OSSERVAZIONI GENERALI

IL COMITATO EUROPEO DELLE REGIONI

1.

sottolinea che il presente parere dà seguito all’impegno assunto dal CdR a fornire un feedback sull’attuazione della legislazione dell’UE a livello locale e regionale nel contesto della «Task force per la sussidiarietà e la proporzionalità e per fare meno in modo più efficiente» e dell’agenda Legiferare meglio. A tale scopo, insieme al Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa (CCRE), ha condotto in tutta l’UE un’indagine di valutazione dell’attuazione del quadro giuridico in materia di appalti pubblici da parte degli enti locali e regionali e ha commissionato uno studio al riguardo; sottolinea che, a causa di livelli di partecipazione molto diversi tra loro nei vari Stati membri, i risultati dell’indagine non possono avere valore rappresentativo per l’intera UE, ma permettono semplicemente di enucleare delle tendenze; richiama inoltre l’attenzione sulla relazione pubblicata nel luglio 2019 in merito alla prima consultazione della rete di hub regionali (RegHub) del CdR (1), che conferma sostanzialmente i risultati dell’indagine del CCRE e del CdR;

 

2.

rileva che gli Stati membri hanno attuato nei propri ordinamenti nazionali la riforma generale delle direttive in materia di appalti pubblici del 2014, alcuni nel 2016 e altri molto più tardi; con un lasso di tempo massimo di tre anni trascorso dall’entrata in vigore delle normative nazionali sugli appalti pubblici direttamente applicabili, si può avere solo un quadro limitato delle pratiche di applicazione delle nuove disposizioni;

 

3.

sottolinea che sia la prassi amministrativa che gli attori economici si stanno organizzando per il nuovo regime di appalti pubblici e che sono ancora in corso talvolta processi di adattamento; evidenzia inoltre che spesso tali processi di adattamento sono connessi a oneri di formazione non indifferenti e anche a spese di consulenza, a volte prestata da consulenti giuridici esterni; è quindi decisamente dell’avviso, alla luce di tale contesto, che non sia opportuno introdurre nuove disposizioni legislative nel corso dei prossimi anni;

 

4.

chiarisce che il presente parere non ha pertanto lo scopo di proporre una nuova riforma legislativa, bensì di esaminare le difficoltà attualmente incontrate dalle amministrazioni aggiudicatrici a livello locale e regionale in relazione alla normativa; esamina inoltre singoli aspetti presentati da ultimo dalla Commissione nella sua comunicazione non legislativa dell’ottobre 2017 su appalti pubblici più efficienti, più sostenibili e più professionali (2);

 

5.

concorda con l’obiettivo e con i punti fondamentali delle direttive, in particolare per quanto riguarda gli appalti elettronici e la promozione della partecipazione delle PMI, i nuovi concetti di appalti «in house» e di cooperazione intercomunale, la possibilità per le amministrazioni di utilizzare criteri strategici per l’aggiudicazione degli appalti pubblici nel quadro dei loro processi decisionali e la promozione della trasparenza e dell’integrità;

 

6.

mette in rilievo che, come dimostrato dai risultati dell’indagine (3), gli appalti transfrontalieri non hanno apportato alcun valore aggiunto agli enti locali e regionali. Nonostante vengano organizzate periodicamente procedure di aggiudicazione estese a tutta l’UE, che sono onerose in termini di costi e tempo, il numero di offerte transfrontaliere presentate è molto esiguo o nullo; la ragione va presumibilmente ricercata nel fatto che le piattaforme elettroniche a disposizione degli Stati sono differenti e rappresentano pertanto una barriera alla partecipazione delle imprese e degli enti di Paesi limitrofi: pensate ed attuate nell’ambito degli Stati nazionali, le piattaforme spesso non prevedono la possibilità di utilizzare lingue diverse o di includere adempimenti amministrativi di Stati diversi da quello in cui si trova l’amministrazione appaltante.

 

7.

richiama l’attenzione sul fatto (4) che la corretta applicazione del quadro giuridico in materia di appalti pubblici è ormai diventata un obiettivo in sé e per sé, anziché fungere da strumento per ordinare opere, forniture o servizi;

 

8.

sottolinea la necessità di chiarire in quali circostanze gli enti locali e regionali possano promuovere anche la crescita economica locale e le strutture locali, in considerazione delle preoccupazioni di sostenibilità e di un bilancio ambientale positivo attraverso l’approccio del chilometro zero (cfr. l’iniziativa «Holz von hier» [Legno del posto]), nel rispetto del principio buy local (comprare prodotti locali);

 

9.

sottolinea che l’impiego di criteri verdi, sociali o innovativi nella fornitura di servizi pubblici, reso possibile dalla riforma del 2014, deve essere lasciato completamente alla discrezione dell’ente territoriale competente, in linea con il principio dell’autonomia locale; ritiene che un eventuale futuro obbligo di applicare obiettivi strategici a qualsiasi procedura di aggiudicazione debba essere nettamente rifiutato, per evitare di appesantire inutilmente tali procedure; sottolinea inoltre che in numerose procedure di appalto può anche non essere pertinente perseguire obiettivi strategici, ad esempio quando si tratta della fornitura standard di prodotti;

 

10.

sottolinea che l’aggiunta di ulteriori obiettivi strategici fa aumentare sia il rischio di errore che il rischio di conflitti tra tali obiettivi; sottolinea che le finalità nel quadro degli appalti pubblici possono essere conseguite solo a condizione che e nella misura in cui non venga pregiudicato l’obiettivo primario, cioè quello di fornire ai cittadini prodotti e servizi di buona qualità ad un prezzo ragionevole;

 

11.

sottolinea altresì che il diritto degli enti territoriali di fornire e organizzare autonomamente i loro servizi attraverso le loro istituzioni, le loro aziende autonome o le loro imprese pubbliche è stato riconosciuto chiaramente nella riforma del 2014, al pari del concetto di appalti «in house» e della cooperazione intercomunale. L’aggiudicazione di appalti a terzi è solo una delle numerose alternative per fornire servizi pubblici (5). Il CdR mette infine in risalto il diritto dell’amministrazione aggiudicatrice di «riportare nell’ambito dell’amministrazione pubblica» gli appalti aggiudicati a terzi;

 

12.

ritiene che un aumento delle soglie per la pubblicazione degli avvisi relativi agli appalti pubblici in tutta Europa costituisca un obiettivo adeguato per preservare la proporzione tra la trasparenza, da un lato, e gli oneri amministrativi per le autorità e le PMI, dall’altro; chiede pertanto alla Commissione di adoperarsi nel lungo periodo a livello dell’OMC per un aumento significativo delle soglie di cui all’accordo sugli appalti pubblici.

II.   RACCOMANDAZIONI POLITICHE

Appalti strategici

13.

è dell’avviso che con la possibilità, riconosciuta alle amministrazioni aggiudicatrici nelle direttive del 2014, di tenere conto di obiettivi strategici nel quadro degli appalti pubblici, si possano ottenere in singoli casi forniture migliori dal punto di vista dell’amministrazione aggiudicatrice;

 

14.

richiama l’attenzione sul fatto che l’onere amministrativo risultante per gli enti territoriali deve essere tuttavia proporzionato ai vantaggi che gli appalti pubblici possono offrire nell’interesse dei cittadini. Lo scopo primario degli appalti pubblici non è quello di perseguire obiettivi strategici, per esempio nell’ambito della sostenibilità ambientale, dell’inclusione sociale e dell’innovazione, o alla promozione di determinati sviluppi sociopolitici. Ciononostante, vengono sempre più utilizzati come strumento di orientamento e conseguimento di altri obiettivi strategici. Non si dovrebbe tuttavia perdere di vista il vero scopo degli appalti pubblici, ossia la determinazione del miglior rapporto qualità-prezzo in linea con i principi della sana gestione finanziaria e dell’efficienza economica della pubblica amministrazione;

 

15.

sottolinea che, come dimostrato dai risultati dell’indagine condotta dal CdR e dal CCRE, gli enti locali e regionali sono consapevoli della possibilità di utilizzare criteri di aggiudicazione verdi, sociali e innovativi. Come indicato nella relazione, questi vengono talvolta impiegati con riluttanza, da un lato perché non se ne sente il bisogno e dell’altro perché, dato il più alto rischio di errore, aumenta la probabilità che vengano presentati ricorsi giurisdizionali; in particolare gli enti regionali e locali lamentano la scarsità delle professionalità necessarie a dare impulso a questo tipo di appalti;

 

16.

evidenzia che, nonostante la possibilità di aggiudicare appalti sulla base di diversi criteri qualitativi, spesso gli enti locali e regionali preferiscono il prezzo più basso, poiché nella loro visione esso testimonia l’uso più appropriato delle risorse pubbliche oltre a risultare un criterio di più facile applicazione;

 

17.

fa riferimento alla critica formulata dalla Commissione nella sua comunicazione (6), secondo la quale nel 55 % delle procedure di gara l’aggiudicazione si basa unicamente sul criterio del prezzo più basso; chiarisce che nelle procedure di aggiudicazione in questione è pienamente possibile tenere conto di obiettivi strategici, poiché, ad esempio, è generalmente possibile applicare criteri ambientali o di efficienza energetica in modo altrettanto efficace nella fase del capitolato d’oneri e aggiudicare infine l’appalto coerentemente sulla base del prezzo più basso;

 

18.

sottolinea che, secondo i risultati dell’indagine, la necessità di criteri di aggiudicazione strategici varia notevolmente. Così, per quanto riguarda gli appalti per soluzioni innovative prevale di gran lunga l’idea che tale necessità non sussista, per gli appalti sociali i pareri si equilibrano in proposito e per gli appalti ambientali tale necessità è maggioritariamente riconosciuta; constata che nel quadro dell’applicazione di tutti i criteri sorgono difficoltà, data la complessità del quadro giuridico, nella definizione delle condizioni per l’esecuzione del contratto e in particolare nella valutazione dell’equipollenza dei certificati e dei marchi nazionali che testimoniano il rispetto dei criteri (7);

 

19.

mette in risalto che gli appalti per soluzioni innovative, tra cui i partenariati per l’innovazione o gli appalti precommerciali, sono stati sinora utilizzati solo da pochi enti territoriali in taluni Stati membri. I motivi principali di ciò stanno nel fatto che la promozione della ricerca e dello sviluppo sono raramente in primo piano, che vengono acquistati prodotti standard o che sussistono vincoli di bilancio. Uno strumento per promuovere gli appalti per soluzioni innovative potrebbe essere rappresentato dall’iniziativa «Big Buyers» della Commissione. Il CdR evidenzia tuttavia che le modalità di appalto congiunto e i gruppi di acquisto agevolano generalmente anche gli enti territoriali più piccoli e contribuiscono a guadagni di efficienza;

Accesso delle PMI ai mercati degli appalti pubblici

20.

ricorda che la promozione delle PMI era una delle cinque priorità della riforma del settore degli appalti pubblici del 2014; sottolinea che le PMI e le start-up hanno ancora difficoltà a soddisfare i criteri di ammissibilità economici o professionali. Inoltre, i ritardi nei pagamenti, conoscenze insufficienti riguardo agli aspetti chiave degli appalti da parte delle PMI e i costi potenzialmente elevati delle procedure di ricorso giurisdizionale rimangono ostacoli importanti;

 

21.

sottolinea che le misure adottate sinora per accrescere la partecipazione delle PMI non hanno comportato il miglioramento previsto, come dimostrato anche dall’indagine del CdR e del CCRE;

 

22.

sottolinea che gli obiettivi strategici nel quadro degli appalti costituiscono regolarmente un ostacolo considerevole alla partecipazione alle procedure di gara per le PMI in particolare, poiché frequentemente tali aziende, a differenza delle grandi imprese organizzate professionalmente, non dispongono delle risorse necessarie a soddisfare i criteri strategici di aggiudicazione; mette in rilievo che il rafforzamento degli appalti strategici rischia di contrastare con l’obiettivo giusto e da sostenere della promozione e dell’agevolazione dell’accesso delle PMI alle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici;

 

23.

evidenzia, in tale contesto, l’esigenza di una revisione della definizione di PMI attualmente vigente a livello europeo (8); fa presente che, ai sensi dell’attuale definizione, le imprese di medie dimensioni (le cosiddette «mid-cap» con un massimo di 500 dipendenti) sono perfettamente paragonabili, in termini di strutture, alle PMI (meno di 250 dipendenti all’anno e un fatturato non superiore a 50 milioni di EUR o un bilancio complessivo non superiore a 43 milioni di EUR), pur non godendo di alcun trattamento privilegiato rispetto alle grandi società; sottolinea, nel contesto di una crescente tendenza protezionistica di mercati rilevanti, l’importanza per l’UE di rapportarsi in modo costruttivo e decisamente aperto con la concorrenza globale, a vantaggio dell’economia interna europea, considerando in tale contesto le imprese di medie dimensioni come un importante fattore economico, in particolare nelle zone rurali;

 

24.

rileva che il nuovo regime per i servizi sociali e altri servizi specifici crea difficoltà agli enti locali e regionali, e precisa che i problemi incontrati sono legati, tra l’altro, alla natura specifica di questi servizi e al contesto particolare in cui sono forniti; critica il fatto che d’ora in poi, a partire da una determinata soglia (750 000 EUR), si applicheranno obblighi di gara, sebbene persistano i motivi della non rilevanza di questo tipo di servizi per il mercato interno; fa osservare che tali norme non sono in conformità a volte con i sistemi nazionali degli Stati membri. Nei casi in cui il settore pubblico non opera una scelta selettiva quando i fornitori di servizi operano nell’ambito di procedure di autorizzazione pure o dei cosiddetti modelli «open house», la Corte di giustizia ha stabilito che la direttiva sugli appalti pubblici non è applicabile (9). Tuttavia, le disposizioni di tale direttiva non sempre si adattano bene ai sistemi nazionali degli Stati membri e possono in pratica comportare oneri amministrativi sproporzionati per gli enti locali e regionali (10). Inoltre, l’ambito di applicazione del regime non è precisamente delimitato a causa dei riferimenti ai codici CPV di cui all’allegato XIV il cui contenuto non è definito;

 

25.

ritiene che l’aggiudicazione di appalti in lotti favorisca soprattutto le PMI e le imprese di medie dimensioni e rappresenti quindi un buon approccio; segnala che imprese non efficienti o lotti troppi piccoli possono tuttavia accrescere gli oneri amministrativi e di coordinamento per le amministrazioni aggiudicatrici;

Acquisto transfrontaliero di merci e servizi

26.

rileva che la quota complessiva dei contratti di appalto transfrontalieri aggiudicati è diminuita dal 5,95 % nel 2013 al 3,4 % nel 2017 (11);

 

27.

sottolinea che il concetto di appalto pubblico deve essere interpretato in modo funzionale, ma che, anche in un’ottica funzionale, servizi di progettazione diversi non devono essere sommati nel calcolo del valore contrattuale, ma possono invece essere trattati come contratti distinti; chiarisce che ciò è importante in particolare per la protezione delle PMI e per una loro maggiore partecipazione alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici;

 

28.

invita la Commissione ad adottare orientamenti più completi in materia di procedure per gli appalti pubblici elettronici al fine di rafforzare la certezza giuridica e migliorare la partecipazione delle PMI agli appalti pubblici elettronici;

 

29.

osserva che la disposizione di cui all’articolo 10, lettera h) (Esclusioni specifiche per gli appalti di servizi), della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (12) sugli appalti pubblici evidenzia la grande importanza delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale che, soprattutto nel quadro della protezione civile, possono crescere attraverso l’attività dei volontari; ritiene che gli Stati membri possano esplicitamente determinare nel proprio diritto nazionale quali organizzazioni siano considerate enti senza scopo di lucro, se il diritto nazionale garantisce che tali organizzazioni rispettino i criteri di pubblica utilità stabiliti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea (13);

 

30.

sottolinea che, secondo il 70 % degli intervistati nell’ambito dell’indagine condotta dal CdR e dal CCRE, gli acquisti transfrontalieri non apportano alcun valore aggiunto data la mancanza di offerte da altri Stati membri, mentre solo secondo il 24 % degli intervistati essi promuovono la concorrenza e comportano alternative migliori; richiama l’attenzione sulle conclusioni della relazione della rete di hub regionali secondo cui, per loro stessa natura, alcuni settori, in particolare quelli sociali, non presentano una dimensione transfrontaliera e non hanno quindi la necessaria rilevanza per il mercato interno;

 

31.

concorda in linea di principio con l’obiettivo della Commissione di aumentare il numero delle procedure di gara d’appalto transfrontaliere; sottolinea che i motivi alla base del basso numero di appalti transfrontalieri risiedono, tra l’altro, nella necessità di redigere i documenti di gara in molteplici lingue, il che richiede dispendio di tempo e risorse, facendo inevitabilmente lievitare i costi, e nella diversa interpretazione delle direttive sugli appalti pubblici da parte degli Stati membri;

 

32.

fa presente che un’altra causa principale possono essere le diverse norme e disposizioni giuridiche applicate dagli Stati membri, ad esempio nel settore del diritto del lavoro e della sicurezza sul posto di lavoro o nel settore delle costruzioni; queste scoraggiano la presentazione di offerte da parte di potenziali offerenti stranieri, e in particolare di PMI, che spesso non dispongono delle risorse materiali e giuridiche necessarie per soddisfare le prescrizioni di altri Stati membri;

 

33.

sottolinea infine che è molto comune che le imprese formino società controllate in altri Stati membri per avvicinarsi ai mercati locali. Nella maggior parte dei casi le offerte per le gare d’appalto locali o regionali vengono presentate dalle società controllate e non dalle società madri. Tali transazioni non sono incluse nelle statistiche relative ai contratti di appalto transfrontalieri;

 

34.

mette infine in rilievo le difficoltà per gli offerenti di gestire da un altro Stato le diverse prescrizioni nazionali concernenti i certificati e le firme elettroniche; di qui la necessità di prevedere orientamenti comuni per la predisposizione di sistemi normativi e informatici comuni e la creazione di piattaforme elettroniche che consentano la partecipazione degli enti e delle imprese aventi sede nei diversi Stati confinari.

Azioni per migliorare l’attuazione

35.

sottolinea che la cosiddetta professionalizzazione prevista dalla Commissione, ossia la formazione del personale amministrativo, rientri esclusivamente sotto la sovranità organizzativa degli Stati membri e in particolare degli enti locali e regionali; teme inoltre che ulteriori orientamenti e manuali della Commissione sulla professionalizzazione delle amministrazioni aggiudicatrici [come ad esempio il grande European Professionalisation Framework — EPF (quadro europeo delle competenze) attualmente previsto] comporterebbero piuttosto per gli enti aggiudicatori, con la comunque già vasta normativa, oneri amministrativi aggiuntivi;

 

36.

accoglie con favore il piano d’azione definitivo del 26 ottobre 2018 relativo al Partenariato sugli appalti pubblici innovativi e responsabili nell’ambito dell’agenda urbana (14) e sostiene, in particolare, le raccomandazioni rivolte al livello dell’UE di prendere in considerazione l’idea di finanziamenti dell’UE per appalti congiunti transfrontalieri, appalti per l’innovazione, appalti strategici, in particolare appalti sociali (vale a dire l’applicazione di clausole e criteri di aggiudicazione sociali nell’ambito di procedure e contratti di appalto) e appalti circolari, e quelle rivolte al livello degli Stati membri perché investano nello sviluppo di capacità in materia di appalti pubblici innovativi e responsabili, nonché quelle indirizzate sia al livello degli Stati membri sia a quello delle città perché aumentino la formazione sugli appalti circolari e sugli appalti pubblici innovativi e responsabili;

 

37.

ritiene che l’UE debba garantire la coerenza tra le diverse politiche europee che disciplinano gli appalti pubblici, le politiche della concorrenza e degli aiuti, al fine di assicurare che l’UE si rafforzi complessivamente come regione industriale e che le imprese europee siano competitive in un mondo globalizzato;

 

38.

invita la Commissione ad avviare un processo di riconoscimento a livello dell’UE di marchi e certificati affidabili e univoci, in particolare nel settore della sostenibilità ambientale, per garantire certezza giuridica e alleggerire l’onere delle amministrazioni aggiudicatrici locali;

 

39.

richiama l’attenzione sul fatto che lo sviluppo di propri sistemi di appalto elettronico e di portali nazionali per gli appalti ha in parte causato problemi di compatibilità tra gli Stati membri e all’interno degli stessi; le procedure degli appalti pubblici potrebbero essere semplificate e accelerate notevolmente con lo sviluppo di sistemi pienamente compatibili;

 

40.

rileva, in conclusione, che le direttive non hanno conseguito l’obiettivo principale di un’estesa semplificazione per gli enti locali e regionali; ritiene tuttavia, in virtù della continuità e delle ragioni esposte in precedenza, che una nuova riforma legislativa nel corso dei prossimi anni sia da sconsigliare con forza.

Bruxelles, 8 ottobre 2019

Il presidente

del Comitato europeo delle regioni

Karl-Heinz LAMBERTZ


(1)  Comitato delle regioni, gruppo direttivo per la sussidiarietà, rete di hub regionali per il riesame dell’attuazione delle politiche dell’UE, relazione sull’attuazione, prima consultazione sugli appalti pubblici, luglio 2019.

(2)  Comunicazione della Commissione, del 3.10.2017, dal titolo «Appalti pubblici efficaci in Europa e per l’Europa» (COM(2017) 572).

(3)  Si veda l’indagine effettuata dal CdR insieme al Consiglio dei comuni e delle regioni d’Europa (CCRE) per la valutazione dell’attuazione delle direttive in materia di appalti pubblici del 2014: sfide e opportunità a livello regionale e locale.

(4)  Si veda l’indagine congiunta del CdR e del CCRE.

(5)  Si veda il parere del Comitato europeo delle regioni, del 5.7.2018, sul Pacchetto sugli appalti pubblici, relatore: Adrian Ovidiu TEBAN (RO/PPE).

(6)  Comunicazione della Commissione, del 3.10.2017, dal titolo «Appalti pubblici efficaci in Europa e per l’Europa» (COM(2017) 572).

(7)  Indagine del CdR e del CCRE.

(8)  Raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6.5.2003 (GU L 124 del 20.5.2003, pag. 36).

(9)  Cause C-410/14 - Falk Pharma e C-9/17 — Tirkkonen.

(10)  Parere sull’efficacia e l’efficienza degli appalti pubblici (assistenza ai giovani e sostegno sociale), pubblicato il 14 marzo 2019 dalla piattaforma REFIT in seguito alla richiesta del ministero neerlandese della Sanità, del benessere e dello sport.

(11)  Parlamento europeo, dipartimento tematico Politica economica e scientifica e qualità di vita, Contribution to Growth. European Public Procurement. Delivering Economic Benefits for Citizens and Businesses (Contributo alla crescita. Appalti pubblici europei. Apportare benefici economici ai cittadini e alle imprese), gennaio 2019.

(12)  GU L 94 del 28.3.2014, pag. 65.

(13)  Corte di giustizia, sentenza nella causa C-465/17 del 21.3.2019.

(14)  https://ec.europa.eu/futurium/en/system/files/ged/final_action_plan_public_procurement_2018.pdf

 

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