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Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Liguria, 10/2/2020 n. 16
Sull'inammissibiltà della richiesta di parere in materia di mobilità di personale da un’azienda pubblica di servizi (ex IPAB), successivamente trasformata in un istituto di diritto privato.

La funzione consultiva della Corte dei conti non può espletarsi in riferimento a quesiti che riguardino comportamenti amministrativi suscettibili di valutazione della Procura della stessa Corte o di altri organi giudiziari (come da pronuncia nomofilattica della sezione delle autonomie n. 24/QMIG/2019)

Materia: pubblica amministrazione / lavoro

Deliberazione Liguria n. 16/2020/PAR

 

Corte dei conti

 

Sezione regionale di controllo per la Liguria

 

composta dai seguenti magistrati:

Fabio VIOLA  Presidente

Donato CENTRONE Consigliere (relatore)

Claudio GUERRINI Consigliere

Carmelina ADDESSO Primo Referendario

Giovanni DALLA PRIA Referendario

Elisabetta CONTE  Referendario

 

Nella camera di consiglio del 30 gennaio 2020 ha assunto la seguente

DELIBERAZIONE

Vista la nota prot. 1486 del 3 gennaio 2020, assunta al protocollo della scrivente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti per la Liguria nella medesima data, con la quale la Regione Liguria ha richiesto un parere in materia di contabilità pubblica;

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per la camera di consiglio del 30 gennaio 2020 per deliberare sulla ridetta richiesta di parere;

Udito in camera di consiglio il relatore, dott. Donato Centrone

 

Premesso che

Il Presidente della Regione Liguria ha formulato una richiesta di parere in materia di mobilità di personale da un’azienda pubblica di servizi (ex IPAB), successivamente trasformata in un istituto di diritto privato. Premette che la Giunta regionale, in attuazione della legge regionale n. 33 del 2019, con deliberazione n. 885/2019, ha disposto la trasformazione del Centro polivalente e Casa di riposo San Giuseppe (ISAH) con sede in Imperia, da azienda pubblica di servizi alla persona a fondazione di diritto privato, con contestuale passaggio anche dei dipendenti in quel momento in servizio.

Alcuni di questi ultimi, assunti in base a procedure selettive/concorsi, proprie dell’accesso al pubblico impiego, anteriormente alla citata trasformazione, hanno presentato istanza di passaggio diretto alla Regione, ai sensi dell’art. 30 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (c.d. mobilità volontaria), richieste rimaste a tutt’ora inevase.

Nel contesto descritto, la Regione Liguria formula due quesiti:

1) con il primo, chiede se sia possibile, per il personale in parola, accedere alle procedure di mobilità ex art. 30 del d.lgs. n. 165 del 2001, anche successivamente alla trasformazione dell’ex IPAB in fondazione di diritto privato. A supporto della tesi in parola viene allegata una sentenza del Tribunale di Bergamo, datata 19 maggio 2011, concernente fattispecie analoga;

2) con il secondo, in caso di risposta negativa al primo quesito, chiede se detti dipendenti possano ricorrere all’istituto della ricostituzione del rapporto di lavoro previsto dall’art. 26 del Contratto collettivo nazionale di lavoro del comparto “Regioni e autonomie locali” del 14 settembre 2000 (la cui disciplina non è stata oggetto di rivisitazione ad opera del recente CCNL del comparto “Funzioni locali” stipulato il 21 maggio 2018).

In merito all’ammissibilità della richiesta

La funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo è inserita nel quadro delle competenze che la legge 6 giugno 2003, n. 131, recante adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, ha attribuito alla Corte dei conti.  La richiesta di parere risulta ammissibile sotto il profilo soggettivo e procedurale, in quanto sottoscritta dal Presidente, organo legittimato a rappresentare la Regione.

 Quanto ai limiti oggettivi, occorre rilevare come la norma attribuisca la facoltà di chiedere pareri in materia di contabilità pubblica, senza attribuire alle Sezioni regionali della Corte dei conti una funzione consultiva a carattere generale. La Sezione delle Autonomie, nell’adunanza del 27 aprile 2004, aveva fissato principi e modalità per l’esercizio dell’attività consultiva, modificati ed integrati con le successive delibere n. 5/AUT/2006 e n. 9/SEZAUT/2009, precisando che quest’ultima va ristretta alla materia della contabilità pubblica, quindi alle norme ed ai principi che regolano la formazione dei bilanci e la gestione contabile e finanziaria. In seguito, le Sezioni riunite della Corte dei conti, con una pronuncia di coordinamento, emanata ai sensi dell’art. 17, comma 31, del decreto-legge 1° luglio 2009, n. 78, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n. 102 (delibera n. 54/CONTR del 17 novembre 2010), hanno nuovamente definito, esprimendo principi vincolanti per le Sezioni regionali, l’ampiezza della funzione consultiva attribuita dalla legge. In particolare, è stato affermato “che non è da condividere qualsivoglia interpretazione dell’espressione “in materia di contabilità pubblica”, che, vanificando lo stesso limite posto dal legislatore, conduca al risultato di estendere l’attività consultiva in discorso a tutti i settori dell’azione amministrativa, in tal guisa realizzando, perdippiù, l’inaccettabile risultato di immettere questa Corte nei processi decisionali degli Enti territoriali”. Ma soprattutto, che non “sono parimenti condivisibili linee interpretative che ricomprendano nel concetto di contabilità pubblica qualsivoglia attività degli Enti che abbia, comunque, riflessi di natura finanziaria, comportando, direttamente o indirettamente, una spesa, con susseguente fase contabile attinente all’amministrazione della stessa ed alle connesse scritture di bilancio”.

I riferiti principi di diritto sono stati ripresi, dalle medesime Sezioni riunite, in successive pronunce (si rinvia, per esempio, alle deliberazioni n. 60/CONTR del 7 dicembre 2010 e n. 1/CONTR del 13 gennaio 2011), nonché dalla Sezione delle Autonomie che, per esempio, nella deliberazione n. 3/QMIG del 19 febbraio 2014, ha affermato che “è da ritenere (…) che in tanto una richiesta di parere sia ammissibile, in quanto tratti di questione che, tendenzialmente, attenga ad una competenza tipica della Corte dei conti in sede di controllo delle autonomie territoriali.

Appare riduttivo ed insufficiente il mero criterio dell’eventuale riflesso finanziario di un atto sul bilancio”.

Tale limite di accesso alla funzione consultiva sono stati ribaditi, di recente, in altro pronunciamento nomofilattico (Sezione delle autonomie, deliberazione 16 ottobre 2019, n. 24/QMIG), particolarmente rilevante, come il precedente, ai fini dell’ammissibilità del primo dubbio interpretativo posto dalla Regione. Nella pronuncia in parola, infatti, resa in riscontro a questione di massima sollevata proprio dalla scrivente Sezione regionale di controllo, la Sezione delle autonomie (ai cui pronunciamenti le sezioni regionali devono conformarsi in aderenza all’art. 6, comma 4, del decreto-legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito dalla legge 10 dicembre 2012, n. 213), ha sottolineato come “la presenza di pronunce di organi giurisdizionali di diversi ordini (…) può costituire un indicatore sintomatico dell’estraneità della questione alla materia di contabilità pubblica”, in quanto “si tratta, evidentemente, di fattispecie in cui i profili contabili, se non marginali, non sono comunque preminenti rispetto ad altre problematiche di ordine giuridico che più propriamente devono essere risolte in diversa sede”. Nel caso di specie, le questioni involgevano, da un lato, l’applicazione di norme di diritto tributario, ritenute insuscettibili di formare oggetto della funzione consultiva della Corte dei conti, e, dall’altro, la cognizione e l’accertamento di diritti soggettivi patrimoniali, rimessi al giudice ordinario. In altre parole, veniva evidenziato come “in situazioni come quella in esame non si rinvengono quei caratteri – se non di esclusività – di specializzazione funzionale che caratterizzano la Corte in questa sede, e che giustificano la peculiare attribuzione da parte del legislatore”.

Pertanto, in conclusione è stato ritenuto che “la funzione consultiva di questa Corte non può espletarsi in riferimento a quesiti che riguardino comportamenti amministrativi suscettibili di valutazione della Procura della stessa Corte dei conti o di altri organi giudiziari, al fine di evitare che i pareri prefigurino soluzioni non conciliabili con successive pronunce dei competenti organi della giurisdizione (ordinaria, amministrativa, contabile o tributaria). La funzione consultiva della Corte dei conti, infatti, non può in alcun modo interferire e, meno che mai, sovrapporsi a quella degli organi giudiziari”.

Applicando i canoni ermeneutici sopra esposti al primo quesito proposto dalla Regione, un eventuale parere reso dalla scrivente Sezione necessiterebbe di una preliminare valutazione del precedente della giurisprudenza ordinaria espressamente indicato dall’istante. Nel caso in cui le motivazioni e relative conclusioni giungano a conclusioni differenti (sulla scorta della successiva evoluzione normativa e giurisprudenziale, sviluppatasi, in particolare, in materia di personale in servizio presso società pubbliche, richiamata, per esempio, dalla Sezione regionale di controllo per la Campania, nella deliberazione n. 56/2017/PAR), si porrebbe un rischio di contrasto con eventuali pronunciamenti del giudice ordinario.  Il secondo quesito involge l’interpretazione dell’art. 26 del CCNL del comparto regioni ed enti locali del 14 settembre 2000, che, in punto di riammissione in servizio, ha introdotto una disciplina maggiormente restrittiva rispetto a quella recata, in precedenza, per gli impiegati dello Stato, dall’art. 132 del DPR 10 gennaio 1957, n. 3, in seguito esteso al personale degli enti locali dall’art. 3, comma 12, della legge 24 dicembre 1993, n. 537 (norme, queste ultime, da ritenere disapplicate, in aderenza all’art. 72 del d.lgs n. 29 del 1993, ripreso dall’art. 69 del d.lgs. n. 165 del 2001, sia per il personale dello Stato-comparto Ministeri, che per quello degli enti locali). L’istituto, di carattere eccezionale (come tale, non passibile di estensione oltre i casi ed i tempi considerati dalla norma, cfr. art. 14 delle disposizioni preliminari al codice civile), della “riammissione in servizio” (o “ricostituzione del rapporto di lavoro”) risulta, pertanto, al momento, disciplinato unicamente dalla fonte contrattuale (art. 26 del CCNL del comparto regioni ed autonomie locali del 14 settembre 2000), regolamentazione pattizia che, in modo costante, è stata ritenuta, nei precedenti pronunciamenti resi dalla magistratura contabile in funzione consultiva, estranea all’ambito della “contabilità pubblica” (anche se, per inciso, si tratta, nello specifico, di regola contrattuale che attiene al momento genetico del rapporto, necessitante di regolamentazione legislativa, cfr. art. 2 d.lgs. n. 165 del 2001).

Si tratta di orientamento fatto proprio, in funzione nomofilattica, dalle Sezioni riunite della Corte dei conti (deliberazione 2 novembre 2011, n. 56/CONTR), in base alla quale in sede consultiva le sezioni regionali della Corte dei conti “non possono rendere parere sull’interpretazione e sul contenuto della norma del contratto collettivo nazionale di lavoro (…) poiché, come più volte specificato, l'interpretazione delle norme contrattuali rientra nelle funzioni che il legislatore ha attribuito all’ARAN” (in termini la giurisprudenza delle sezioni regionali di controllo, solo per un esempio può farsi rinvio a Lombardia, deliberazione 6 febbraio 2015, n. 31/PAR).

 

P.Q.M.

la Sezione regionale di controllo per la Liguria dichiara inammissibili le richieste di parere.

 

   Il magistrato relatore      Il presidente

(dott. Donato Centrone)  (dott. Fabio Viola)

 

Depositato in segreteria il 10 febbraio 2020

           Il funzionario preposto

         (dott.ssa Antonella Sfettina)

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