HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Piemonte, 14/4/2020 n. 36
Sulla validità di una lettera di patronage sui debiti della società in house, emessa da un sindaco in apparente violazione delle norme dettate dall'art. 207 TUEL, vantata dai creditori ma non in possesso del comune.

Materia: società / partecipazione pubblica

Sezione regionale di controllo per il Piemonte

 

Delibera n. 36/2020/SRCPIE/PAR

 

La Sezione Regionale di Controllo per il Piemonte, composta dai Magistrati:

 

Dott.ssa Maria Teresa POLITO Presidente

 

Dott. Luigi GILI Consigliere

 

Dott.ssa Laura ALESIANI Referendario

 

Dott. Marco MORMANDO Referendario

 

Dott. Diego Maria POGGI Referendario relatore

 

Dott.ssa Stefania CALCARI Referendario

 

Dott.ssa Rosita LIUZZO Referendario

 

nella camera di consiglio del giorno 7 aprile 2020

 

Vista la richiesta proveniente dal Sindaco del Comune di Santhià (VC) pervenuta per il tramite del Consiglio delle Autonomie Locali (C.A.L.) del Piemonte in data 11.03.2020, a mezzo di posta elettronica certificata e recante un quesito in materia di contabilità pubblica;

 

Visto l'art. 100, comma 2, della Costituzione;

 

Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni;

 

Vista la L. 14 gennaio 1994, n. 20, recante disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei conti;

 

Visto il Regolamento per l'organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, deliberato dalle Sezioni Riunite in data 16 giugno 2000 e successive modificazioni;

 

Vista la L. 5 giugno 2003, n. 131, recante disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla L.Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, ed in particolare l'art. 7, comma 8;

 

Visto l'atto d'indirizzo della Sezione delle Autonomie del 27 aprile 2004, avente ad oggetto gli indirizzi e criteri generali per l'esercizio dell'attività consultiva, come integrato e modificato dalla deliberazione della medesima Sezione del 4 giugno 2009, n. 9;

 

Vista la deliberazione della Sezione delle Autonomie del 17 febbraio 2006, n. 5;

 

Vista la deliberazione delle Sezioni Riunite di questa Corte n. 54/CONTR/10 del 17 novembre 2010;

 

Visto l’art. 84 comma 6 del D.L. 18/2020, norma richiamata espressamente dall’art 85, con riguardo all’attività dei magistrati contabili, che consente lo svolgimento delle camere di consiglio mediante modalità telematiche con collegamento dei magistrati partecipanti da remoto e che dispone che “Il luogo da cui si collegano i magistrati e il personale addetto è considerato camera di consiglio a tutti gli effetti di legge”;

 

Visto il decreto 25 marzo 2020 n. 2 con cui il Presidente ha adottato le misure organizzative per lo svolgimento delle attività della Sezione fino al 15 aprile 2020 nel rispetto delle “nuove misure urgenti per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e contenerne gli effetti in materia di giustizia contabile” previste dall’art. 85 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, prevedendo, tra l’altro, lo svolgimento delle Camere di consiglio in remoto, utilizzando i programmi informatici per la videoconferenza;

 

Vista l’ordinanza con la quale il Presidente ha convocato la Sezione per l’odierna Camera di consiglio, svolta in videoconferenza effettuata tramite applicativo in uso alla Corte dei conti, con collegamento dei membri del collegio ciascuno dal proprio domicilio;?

 

Udito il relatore, Referendario Dott. Diego Maria POGGI;

 

IN FATTO

Con nota indicata in epigrafe, il Sindaco del Comune di Santhià (VC), dopo sintetica illustrazione di una problematica concreta relativa alla liquidazione di una società in house controllata dal Comune, nei confronti del quale alcuni creditori avrebbero avanzato pretese eccedenti la quota di capitale posseduta, e fondate su una presunta lettera di patronage sottoscritta da un sindaco “in difetto di competenza e di procedura”, ha chiesto alla Sezione parere in ordine ai seguenti quesiti:

 

“Sull’eventuale idoneità di una missiva di patronage, sottoscritta dall’ex sindaco, richiamata dai creditori della società ma non in possesso dell’Ente, redatta in difetto di competenza e di procedura, ad obbligare l’Ente nei confronti dei creditori della società. In particolare se vada inteso, in tale eventuale caso, prevalere il principio di responsabilità dell’Ente, maturato a prescindere dalla competenza ad impegnare del soggetto sottoscrittore, o in alternativa se sia possibile far prevalere la nullità di un’espressione di volontà maturata non solo in difetto di competenza ma anche di qualsiasi procedura, in quanto non reperibile nel protocollo dell’Ente, né nel registro degli atti sindacali, giuntali, consiliari o dirigenziali”, citando sul punto giurisprudenza di Cassazione favorevole alla propria tesi.

 

Nel caso favorevole all’Ente sopra prospettato, il comune dichiara che “non procederebbe ad accantonare somme per la liquidazione della società confinando, nel proprio consuntivo, il rischio perdita alla sola quota capitale detenuta. In alternativa sarebbe necessario valutare il rischio potenziale del processo di liquidazione quale nuovo indebitamento dell’ente. Si richiede quindi alle Spettabile Corte parere in merito”.

 

AMMISSIBILITA’ SOGGETTIVA E OGGETTIVA

La funzione consultiva delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti è prevista dall'art. 7, comma 8, della L. n. 131 del 2003 che, innovando nel sistema delle tradizionali funzioni della Corte dei conti, dispone che le regioni, i comuni, le province e le città metropolitane possano chiedere alle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti pareri in materia di contabilità pubblica.

 

Con atto del 27 aprile 2004, la Sezione delle Autonomie ha dettato gli indirizzi e i criteri generali per l'esercizio dell'attività consultiva, evidenziando, in particolare, i soggetti legittimati alla richiesta e l'ambito oggettivo della funzione.

 

Preliminarmente occorre dunque valutare l'ammissibilità dell'istanza in oggetto, avendo anche riguardo alle precisazioni fornite dalla Sezione delle Autonomie (Delib. 10 marzo 2006, n. 5) e dalle Sezioni Riunite in sede di controllo (Delib. 17 novembre 2010, n. 54).

 

Sotto il profilo soggettivo, la richiesta di parere del Comune di Santhià è ammissibile in quanto proveniente dal Sindaco che, in qualità di rappresentante dell'ente locale ai sensi dell'art. 50 T.U.E.L., è l'organo istituzionalmente legittimato a richiederlo; peraltro, la stessa richiesta di quesito risulta inviata tramite il C.A.L., in conformità a quanto disposto dalla Legge.

 

Sotto il profilo oggettivo, il requisito dell’ammissibilità è integrato dall’attinenza della richiesta di parere alla materia della contabilità pubblica e dal carattere generale ed astratto della fattispecie sottoposta al vaglio di Questa Corte, stante la necessità di evitare che il parere possa tradursi nella formulazione di indirizzi di carattere puntuale nei confronti dell'Amministrazione richiedente.

 

L’attività consultiva, come ribadito anche in numerose delibere di questa Sezione (ex multis deliberazione n. 131/2016; n. 240/2017; n. 19/2018; n. 93/2018; n. 29/2019), non può riguardare la valutazione di casi o atti gestionali specifici, tali da determinare un’ingerenza della Corte nella concreta attività dell’Ente, incompatibile con la posizione di terzietà ed indipendenza della Corte quale organo magistratuale. Parimenti l’esclusione dell’intervento consultivo della Corte su fattispecie concrete, suscettibili di diventare o di essere già oggetto di cognizione da parte della Procura della Corte dei conti o di altra Autorità giudiziaria, previene qualunque interferenza in concreto con le competenze di altri organi giurisdizionali.

 

Sul punto la Sezione, in conformità al proprio consolidato orientamento, è chiamata a fornire indicazioni generali sull'interpretazione della disciplina applicabile, spettando all'Amministrazione comunale l'adozione delle decisioni concrete da adottare in ordine alla successiva attività gestionale.

 

Nel caso di specie la richiesta di parere del comune di Santhià si articola in due quesiti.

 

Il primo attiene all’opponibilità all’Amministrazione di una lettera di patronage emessa asseritamente extra ordinem dal sindaco precedente, documento che alcuni creditori vanterebbero di possedere ma di cui il comune non conserva traccia alcuna; in relazione all’opponibilità o meno del documento e degli impegni (ignoti a questa Sezione e alla stessa amministrazione) in esso contenuti, deriverebbero per l’Ente conseguenze assai rilevanti; secondo la tesi favorevole ai creditori della società in house in liquidazione, il comune sarebbe tenuto a garantire i debiti contratti dalla società verso i terzi, anche oltre il valore della partecipazione posseduta; al contrario, in base alla posizione assunta dal comune, la responsabilità dell’Ente sarebbe limitata alla sola perdita di valore della partecipazione, nella misura in cui le procedure di liquidazione esauriscano l’attivo sociale senza lasciare alcunché ai soci in sede di ripartizione del residuo.

 

Il secondo quesito concerne invece le conseguenze più propriamente contabili del fenomeno, vale a dire gli obblighi dell’Ente in merito alla necessità di operare accantonamenti per fronteggiare potenziali perdite, in dipendenza della procedura di liquidazione della società in house e della possibile insorgenza di passività non previste, qualora la tesi propugnata dai creditori della società liquidata trovasse accoglimento presso il giudice ordinario, obbligando il comune a coprire i debiti residui della partecipata, una volta esaurita la liquidazione della società.

 

Con riguardo al primo quesito, a propria volta articolato in due passaggi, con cui si chiede alla Sezione di esprimere una valutazione prognostica, quando non sull’esito di un eventuale contenzioso, certamente sulla maggiore o minore fondatezza in diritto delle tesi contrapposte, sostenute dal Comune e dai creditori della società in house e “Sull’eventuale idoneità di una missiva di patronage, sottoscritta dall’ex sindaco, richiamata dai creditori della società ma non in possesso dell’Ente, redatta in difetto di competenza e di procedura, ad obbligare l’Ente nei confronti dei creditori della società”, esso difetta dei requisiti minimi di ammissibilità, come più volte enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte.

 

Parimenti inammissibile, sotto il profilo oggettivo, in quanto estraneo alla materia della contabilità pubblica, risulta l’articolato periodo successivo, che domanda “In particolare se vada inteso, in tale eventuale caso, prevalere il principio di responsabilità dell’Ente, maturato a prescindere dalla competenza ad impegnare del soggetto sottoscrittore, o in alternativa se sia possibile far prevalere la nullità di un’espressione di volontà maturata non solo in difetto di competenza ma anche di qualsiasi procedura, in quanto non reperibile nel protocollo dell’Ente, né nel registro degli atti sindacali, giuntali, consiliari o dirigenziali”.

 

Ciò in quanto lo stesso attiene al regime di validità ed efficacia, dal punto di vista del diritto civile o amministrativo, di atti riconducibili agli organi di un’amministrazione pubblica e la cui risoluzione implica di prendere posizione a favore o contro tesi giuridiche sottoposte alla giurisdizione del giudice ordinario o amministrativo, così interferendo con l’attività riservata ad altri plessi giurisdizionali.

 

In disparte i troppi punti oscuri della vicenda, dal cui chiarimento dipenderebbero molti argomenti per aderire ad una tesi piuttosto che ad un’altra, e che questa Sezione non avrebbe comunque titolo per scrutinare, si tratta di problematica su cui questo Collegio deve limitarsi a prendere atto degli insegnamenti dottrinali e giurisprudenziali esistenti; va da ultimo sottolineato che l’interferenza della funzione consultiva, richiesta in questa sede, potrebbe porsi anche con riguardo all’attività della Procura contabile, in ragione dei possibili profili di responsabilità erariale connessi alla mala accorta concessione di garanzie pubbliche, in violazione di norme vigenti.

 

Ferma restando quindi la necessità che l’Ente venga quanto prima in possesso della lettera in questione, onde assumere la posizione che riterrà più opportuna e confacente agli interessi della comunità amministrata, la Sezione procede ad esaminare, in termini generali e astratti, il secondo dei quesiti posti.

 

Tale quesito è certamente ammissibile, poiché riguarda da vicino le norme e i principi contabili applicabili in sede di rappresentazione in bilancio delle vicende che possono avere impatto sui flussi di cassa e sul patrimonio dell’ente, con inevitabile riflesso sulla capacità di esso nell’erogare servizi.

 

MERITO

Il comune di Santhià chiede conforto alla Corte, con riguardo all’asserita nullità della lettera, sulla legittimità di non procedere “ad accantonare somme per la liquidazione della società confinando, nel proprio consuntivo, il rischio perdita alla sola quota capitale detenuta. In alternativa sarebbe necessario valutare il rischio potenziale del processo di liquidazione quale nuovo indebitamento dell’ente”.

 

L’Ente dichiara inoltre che la lettera sarebbe stata rilasciata a favore di una società “in house”, controllata al 100% dal Comune, e perciò soggetta a quel controllo analogo (ex art. 2 lettera d) del D. Lgs 175/2016, ricognitivo della consolidata dottrina e giurisprudenza in materia di società partecipate da enti pubblici) che comporta influenza dominante, non solo sugli obiettivi strategici della partecipata, ma altresì sulle “decisioni significative”, tra le quali ben potrebbero essere fatte ricadere le operazioni di finanziamento e di successiva gestione che ex post minaccerebbero di lasciare insoddisfatti, in tutto o in parte, i creditori della partecipata stessa.

 

Poiché però il solo fatto prospettato (esistenza di una missiva di patronage sottoscritta dall’allora legale rappresentante del comune di Santhià) si configura come potenziale fonte di obbligazioni a carico del bilancio dell’Ente, questo è tenuto ad operare i necessari appostamenti contabili in conformità alla Legge ed ai principi dettati dal D. Lgs 118/2011.

 

In disparte la necessità di verificare il rispetto delle disposizioni sul punto dettate dall’art. 21 del D. Lgs 175/2016, e dalle normative tempo per tempo vigenti in materia (giacché la liquidazione della società risulta essere stata deliberata fin dal 2013), l’esistenza di una lettera di patronage, emessa a suo tempo a nome dell’Amministrazione per i debiti contratti dalla società partecipata, è considerata dalla legislazione vigente con specifiche disposizioni.

 

Sul punto è doveroso richiamare le argomentazioni spese dalla Sez. Autonomie con la delibera n.30/2015, peraltro riferite a fattispecie di assunzione “consapevole” del debito da parte dell’ente locale, che richiamano le indicazioni fornite dal Principio contabile applicato concernente la contabilità finanziaria (All. 4/2 al d.lgs. n. 118/2011) che, al punto 3.17, richiede agli enti territoriali un’attenzione specifica alle scelte in materia di indebitamento, che devono essere scrupolosamente soppesate sia per la loro stessa portata che per i riflessi prodotti sulla conservazione degli equilibri economico-finanziari nell’esercizio in corso ed in quelli successivi.

 

Tali operazioni, prosegue l’autorevole Consesso, “alla luce del successivo punto 3.20 del citato All. A/2, devono essere registrate nel rispetto di quanto indicato dall’art. 3 comma 17, l. n. 350/2003 e contabilizzate secondo le modalità previste dall’art.1, comma 76, l. 30 dicembre 2004, n. 311. La concessione di garanzie incide infatti sulla capacità complessiva di indebitamento degli enti, e soggiace necessariamente ai limiti imposti dall’art. 119, ultimo comma, Cost. che vieta il ricorso all’indebitamento per spese diverse da quelle di investimento”; del resto anche la disciplina legislativa di dettaglio consente agli enti locali solo di limitare ulteriormente la possibilità di rilasciare fideiussioni, con disposizioni da dettare nel proprio Regolamento di contabilità (art. 207, comma 4-bis, aggiunto dall’art. 74, d.lgs. n. 118/2011).

 

Tale normativa restrittiva, in materia di garanzie prestate dagli enti locali (e dettata in parallelo per le Regioni e Province autonome dall’art. 62 comma 6 del D. Lgs 118/2011), trova un unico temperamento nella clausola di salvezza, contenuta nella parte finale dell’art. 204 comma 1 TUEL, che esclude, dal calcolo del limite quantitativo di indebitamento, le rate sulle garanzie prestate, per le quali l’Ente abbia provveduto ad accantonare “l’intero importo del debito garantito”.

 

Infatti, per effetto dell’accantonamento, si consegue, nel rispetto dei principi di veridicità, attendibilità e prudenza, un'idonea copertura degli oneri conseguenti all’eventuale escussione del debito per il quale è concessa la garanzia.

 

Del resto la giurisprudenza delle Sezioni regionali di controllo, anche prima dell’entrata in vigore della nuova disciplina in materia di armonizzazione contabile, aveva avuto modo di precisare, in materia di garanzie fideiussorie, che dal rispetto dei predetti principi di attendibilità e veridicità del bilancio, nonché del principio di copertura degli oneri finanziari, discende l’obbligo, per l’ente che rilascia la garanzia, di predisporre adeguati accantonamenti al fondo rischi (SRC del Veneto, deliberazione n. 190/2012/PAR; SRC delle Marche, deliberazione n. 4/2013/PRSE).

 

Deve, peraltro, porsi in evidenza che, secondo quanto rappresentato dalla citata Sez. Autonomie 30/2015, con il ricorso al termine “garanzie” adoperato dall’art. 204 TUEL, il legislatore ha voluto ricomprendere tutti i negozi giuridici attualmente riconducibili a tale categoria, e pertanto non soltanto i contratti aventi natura fideiussoria (disciplinati espressamente ex art. 207 TUEL) ma “ogni negozio giuridico (es. contratto autonomo di garanzia, lettera di patronage forte) caratterizzato da finalità di garanzia e diretto a trasferire da un soggetto ad un altro il rischio connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale (Cassazione, Sezioni unite, sentenza n. 3947/2010)”.

 

Vista tuttavia l’intenzione, manifestata dell’Ente, di non riconoscere la posizione di garanzia in favore della società Sviluppo Santhià, per asserita convinzione che la citata lettera di patronage sia nulla e non possa essere opponibile al comune, è doveroso evidenziare che una tale posizione espone l’Ente, con ogni probabilità, a un contenzioso giudiziale e alle relative spese di assistenza legale, necessarie a resistere alle pretese dei creditori che si assumono garantiti dalla lettera in questione.

 

Sul punto la normativa rilevante si rinviene nell’allegato 4/2 al D. Lgs 118/2011 e precisamente al punto 5.2 che, alla lettera h) testualmente precisa:

 

“h) nel caso in cui l'ente, a seguito di contenzioso in cui ha significative probabilità di soccombere, o di sentenza non definitiva e non esecutiva, sia condannato al pagamento di spese, in attesa degli esiti del giudizio, si è in presenza di una obbligazione passiva condizionata al verificarsi di un evento (l'esito del giudizio o del ricorso), con riferimento al quale non è possibile impegnare alcuna spesa. In tale situazione l'ente è tenuto ad accantonare le risorse necessarie per il pagamento degli oneri previsti dalla sentenza, stanziando nell'esercizio le relative spese che, a fine esercizio, incrementeranno il risultato di amministrazione che dovrà essere vincolato alla copertura delle eventuali spese derivanti dalla sentenza definitiva. A tal fine si ritiene necessaria la costituzione di un apposito fondo rischi.” E ulteriormente che “In presenza di contenzioso di importo particolarmente rilevante, l'accantonamento annuale può essere ripartito, in quote uguali, tra gli esercizi considerati nel bilancio di previsione o a prudente valutazione dell'ente. Gli stanziamenti riguardanti il fondo rischi spese legali accantonato nella spesa degli esercizi successivi al primo, sono destinati ad essere incrementati in occasione dell'approvazione del bilancio di previsione successivo, per tenere conto del nuovo contenzioso formatosi alla data dell'approvazione del bilancio.

 

In occasione dell'approvazione del rendiconto è possibile vincolare una quota del risultato di amministrazione pari alla quota degli accantonamenti riguardanti il fondo rischi spese legali rinviati agli esercizi successivi, liberando in tal modo gli stanziamenti di bilancio riguardanti il fondo rischi spese legali (in quote costanti tra gli accantonamenti stanziati nel bilancio di previsione).

 

È parimenti possibile ridurre gli stanziamenti di bilancio riguardanti il fondo rischi contenzioso in corso d'anno, qualora nel corso dell'esercizio il contenzioso, per il quale sono stati già effettuati accantonamenti confluiti nel risultato di amministrazione dell'esercizio precedente, si riduca per effetto della conclusione dello stesso contenzioso (ad es. sentenza, estinzione del giudizio, transazione, ecc.) che consentano la riduzione dell'accantonamento previsto per lo specifico rischio di soccombenza.

 

L'organo di revisione dell'ente provvede a verificare la congruità degli accantonamenti.”.

 

Pertanto non pare eludibile l’obbligo dell’Ente di accantonare un congruo importo al fondo rischi per il contenzioso, parametrato non solo alle spese legali, ma anche all’entità dell’avversa pretesa e alle probabilità di accoglimento, vincolando una congrua quota del risultato di amministrazione, al fine di poter adempiere prontamente in caso di transazione o di condanna.

 

Va poi rammentato che, nell’ipotesi in cui l’eventuale condanna e/o soccombenza risultino di importo superiore agli accantonamenti effettuati, l’Ente si troverà di fronte alla necessità di riconoscere un debito fuori bilancio ex art. 194 TUEL, con tutto ciò che ne consegue.

 

Inoltre, e nell’esclusivo intento di fornire all’Ente un ausilio conoscitivo in ordine alla normativa e giurisprudenza giuscontabili concernenti le lettere di patronage, è appena il caso di aggiungere alcune puntualizzazioni.

 

Va infatti doverosamente evidenziato che la tematica delle suddette lettere rilasciate da enti pubblici, e i relativi effetti sui bilanci di essi, è già stata oggetto di esaustive trattazioni, che si condividono e alle quali si fa rinvio, con particolare riferimento alla pronuncia 18/2012/PAR della SRC della Liguria, resa in sede consultiva.

 

Quest’ultima tipologia di lettere, ove recanti specifici impegni a mantenere la società partecipata in condizioni di solvibilità, costituirebbero un rapporto di garanzia atipica, tra il comune patronnant ed il creditore garantito, assimilabile all’obbligazione del fideiussore, con ciò esponendo l'ente garante al rischio di escussione in caso di insolvenza (o di insufficiente riparto in sede di liquidazione finale) della società debitrice partecipata.

 

Da ciò deriva un costante filone giurisprudenziale (fin dalla delibera 92/2010 della SRC della Lombardia) secondo cui le lettere di patronage “forte” devono considerarsi una forma di indebitamento, soggetta ai limiti dettati ai sensi dell’art. 204 TUEL.

 

In quanto figura giuridica non codificata nei suoi elementi costitutivi, la lettera di patronage, sia “debole” che “forte” e quand’anche sottoscritta da organo funzionalmente non competente, potrebbe talora anche ritenersi idonea a far sorgere legittimo affidamento, presso il creditore destinatario, in ordine al buon esito dell’operazione di finanziamento; elemento -questo- rilevante quale possibile fonte di responsabilità, quanto meno precontrattuale ex artt. 1336 e 1337 c.c. (Cass. civ. sez. I, sent. n. 10235 del 27/09/1995), e quindi foriero di effetti sul bilancio dell’Ente.

 

Va quindi rammentato che, con riguardo alle garanzie tipiche e atipiche a carico degli enti pubblici, la norma di riferimento è dettata dal principio contabile applicato della contabilità finanziaria, punto 5.5 dell’Allegato 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011, che testualmente dispone: “il trattamento delle garanzie fornite dall’ente sulle passività emesse da terzi è il seguente: al momento della concessione della garanzia, in contabilità finanziaria non si effettua alcuna contabilizzazione”, giacché il debito di cui trattasi è solo eventuale, e discende unicamente dall’ipotesi in cui la società partecipata -debitrice principale- risulti inadempiente o insolvente.

 

La norma poi aggiunge: “nel rispetto del principio della prudenza, si ritiene opportuno che, nell’esercizio in cui è concessa la garanzia, l’ente effettui un accantonamento tra le spese correnti tra i “Fondi di riserva e altri accantonamenti”. Tale accantonamento consente di destinare una quota del risultato di amministrazione a copertura dell’eventuale onere a carico dell’ente in caso di escussione del debito garantito” (indicazione fornita anche da SRC Trento nella delibera n. 4/2020, in un caso di controllo sulla gestione di un ente locale).

 

La violazione del suesposto principio contabile è idonea a compromettere la veridicità e attendibilità del bilancio, come già sul punto evidenziato in un caso analogo da SRC EMILIA 89/2016/PRSP.

 

In difetto di tale accantonamento integrale, l’esistenza di una garanzia debitoria comporterà l’obbligo di computare gli oneri per interessi, assunti con la menzionata lettera di patronage, in relazione al limite stabilito dall’art. 204 TUEL (un decimo delle entrate relative ai primi tre titoli di entrata del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene prevista l’assunzione di nuovo debito), come evidenziato da SRC PUGLIA 89/2017/PRSP.

 

L’obbligo di appostamento contabile degli impegni derivanti da lettere di patronage “forti” è parimenti stabilito dal principio contabile della contabilità economico-patrimoniale, parte finale del punto 7.2 dell’allegato 4/3 al D. Lgs 118/2011 che testualmente si riporta: “E' obbligatoria l'indicazione delle garanzie prestate fra fidejussioni (cui sono equiparate le lettere di patronage "forti"), avalli, e garanzie reali. Per le pubbliche amministrazioni, è, altresì, obbligatorio classificare tali garanzie tra amministrazioni pubbliche ed imprese controllate, partecipate ed altre imprese.”.

 

Deve pertanto concludersi che l’esclusione, dal calcolo dei limiti di indebitamento, della quota interessi relativa alle garanzie prestate dagli enti territoriali, è consentita, nel rispetto dell’art. 204 TUEL, soltanto nelle ipotesi dell’accantonamento dell’intero importo del debito garantito a “fondo rischi e passività potenziali”, vincolando così una pari quota dell’avanzo di amministrazione e predisponendo l’Ente a sopperire, in maniera tempestiva, in caso di riconoscimento (transattivo o giudiziale) dell’altrui pretesa; va altresì evidenziato che, in caso di chiusura mediante transazione ex art. 1965 c.c., con riconoscimento ai creditori di un importo inferiore a quello inizialmente preteso, in ragione degli esiti incerti di un giudizio, le somme accantonate in eccedenza rispetto a quelle liquidate potranno così essere celermente liberate e costituire future economie di bilancio.

 

L’opzione contabile ex punto 5.5 dell’Allegato 4/2 al D.Lgs. n. 118/2011 inoltre non implica, nei confronti dei terzi, un riconoscimento della fondatezza della loro pretesa.

 

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Regionale di controllo per il Piemonte, rende il parere, sulla questione inoltrata dal comune di Santhià (VC), nei termini suindicati.

Copia della presente deliberazione sarà trasmessa a cura del Direttore della Segreteria al Consiglio delle Autonomie Locali della Regione Piemonte ed all’Amministrazione che ne ha fatto richiesta.

Così deliberato nella camera di consiglio, in data 7 aprile 2020, tenutasi con collegamento in remoto ai sensi degli artt. 85 e 84, comma 6, del D.L. 18/2020.

Il Relatore La Presidente

F.to Dott. Diego Maria POGGI F.to Dott.ssa Maria Teresa POLITO

 

Depositato in Torino, presso la Segreteria della Sezione

il 14/04/2020

 

Il Funzionario Preposto

F.to Nicola Mendozza

 

 

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici