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Corte di giustizia europea, Sez. IV, 15/7/2021 n. C-190/20
Sull'inapplicabilità della dir. 2001/83/CE ad una normativa naz. che vieta a una farmacia che vende medicinali per corrispondenza di organizzare gioco a premi che consenta ai partecipanti di vincere oggetti di uso corrente diversi da medicinali.

La direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, deve essere interpretata nel senso che essa non si applica a una normativa nazionale che vieta a una farmacia che vende medicinali per corrispondenza di organizzare un'azione pubblicitaria sotto forma di gioco a premi che consenta ai partecipanti di vincere oggetti di uso corrente diversi da medicinali, subordinando la partecipazione a detto gioco all'invio di un ordine per un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione medica, accompagnato da tale prescrizione.
L'articolo 34 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una siffatta normativa nazionale.

Materia: servizio farmaceutico / disciplina

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

 

15 luglio 2021 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Medicinali per uso umano soggetti a prescrizione medica – Direttiva 2001/83/CE – Ambito di applicazione – Pubblicità di una farmacia per corrispondenza intesa a influenzare il cliente non nella scelta di un determinato medicinale, ma nella scelta della farmacia – Gioco a premi – Libera circolazione delle merci – Normativa nazionale – Divieto di offrire, annunciare o concedere vantaggi e altri omaggi pubblicitari nel settore dei prodotti terapeutici – Modalità di vendita che esulano dall’ambito di applicazione dell’articolo 34 TFUE»

 

Nella causa C-190/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), con decisione del 20 febbraio 2020, pervenuta in cancelleria il 5 maggio 2020, nel procedimento

 

DocMorris NV

 

contro

Apothekerkammer Nordrhein,

 

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da M. Vilaras (relatore), presidente di sezione, N. Piçarra, D. Šváby, S. Rodin e K. Jürimäe, giudici,

 

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

 

cancelliere: A. Calot Escobar

 

vista la fase scritta del procedimento,

 

considerate le osservazioni presentate:

 

        per la DocMorris NV, da A. Feissel e K. Wodarz, Rechtsanwältinnen;

 

        per l’Apothekerkammer Nordrhein, da M. Douglas, Rechtsanwalt;

 

        per       il governo dei Paesi Bassi, da M. Bulterman e J. Langer, in qualità di agenti;

 

        per la Commissione europea, da A. Sipos e M. Noll-Ehlers, in qualità di agenti,

 

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 87, paragrafo 3, della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67), come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012 (GU 2012, L 299, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2001/83»).

 

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che oppone la DocMorris NV, società di diritto olandese che gestisce una farmacia per corrispondenza stabilita nei Paesi Bassi, all’Apothekerkammer Nordrhein (ordine dei farmacisti della Renania settentrionale, Germania), in merito a un volantino pubblicitario distribuito dalla DocMorris presso la sua clientela in Germania per un «grande gioco a premi» in cui si prevede come condizione per la partecipazione l’invio di una ricetta per un medicinale soggetto a prescrizione medica.

 

 Contesto normativo

 

 Diritto dell’Unione

 

 Direttiva 98/34

 

3        L’articolo 1, primo comma, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU 1998, L 204, pag. 37), come modificata dalla direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 luglio 1998 (GU 1998, L 217, pag. 18) (in prosieguo: la «direttiva 98/34»), prevedeva quanto segue:

 

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

 

(...)

 

2)      “servizio”: qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi».

 

 Direttiva 2000/31/CE

 

4        L’articolo 1, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (GU 2000, L 178, pag. 1), è così formulato:

 

«1.      La presente direttiva mira a contribuire al buon funzionamento del mercato interno garantendo la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione tra Stati membri.

 

2.      La presente direttiva ravvicina, nella misura necessaria alla realizzazione dell’obiettivo di cui al paragrafo 1, talune norme nazionali sui servizi della società dell’informazione che interessano il mercato interno, lo stabilimento dei prestatori, le comunicazioni commerciali, i contratti per via elettronica, (...)».

 

5        L’articolo 2, lettera a), di tale direttiva definisce i «servizi della società dell’informazione» come i servizi di cui all’articolo 1, primo comma, punto 2, della direttiva 98/34.

 

 Direttiva 2001/83

 

6        Contenuto nel titolo VIII, intitolato «Pubblicità», della direttiva 2001/83, l’articolo 86 di quest’ultima prevede quanto segue:

 

«1.      Ai fini del presente titolo si intende per “pubblicità dei medicinali” qualsiasi azione d’informazione, di ricerca della clientela o di incitamento, intesa a promuovere la prescrizione, la fornitura, la vendita o il consumo di medicinali; essa comprende in particolare quanto segue:

 

      la pubblicità dei medicinali presso il pubblico,

 

      la pubblicità dei medicinali presso persone autorizzate a prescriverli o a fornirli,

 

      la visita di informatori scientifici presso persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali,

 

      la fornitura di campioni di medicinali,

 

      l’incitamento a prescrivere o a fornire medicinali mediante la concessione, l’offerta o la promessa di vantaggi pecuniari o in natura, ad eccezione di oggetti di valore intrinseco trascurabile,

 

      il patrocinio di riunioni promozionali cui assistono persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali,

 

      il patrocinio dei congressi scientifici cui partecipano persone autorizzate a prescrivere o a fornire medicinali, in particolare il pagamento delle spese di viaggio e di soggiorno di queste ultime in tale occasione.

 

2.      Non forma oggetto del presente titolo quanto segue:

 

      l’etichettatura e il foglietto illustrativo, soggetti alle disposizioni del titolo V,

 

      la corrispondenza corredata eventualmente da qualsiasi documento non pubblicitario, necessaria per rispondere a una richiesta precisa di informazioni su un determinato medicinale,

 

      le informazioni concrete e i documenti di riferimento riguardanti, ad esempio, i cambiamenti degli imballaggi, le avvertenze sugli effetti collaterali negativi, nell’ambito della farmacovigilanza, i cataloghi di vendita e gli elenchi dei prezzi, purché non vi figurino informazioni sul medicinale,

 

      le informazioni relative alla salute umana o alle malattie umane, purché non contengano alcun riferimento, neppure indiretto, a un medicinale».

 

7        L’articolo 87, paragrafo 3, di tale direttiva dispone quanto segue:

 

«La pubblicità di un medicinale:

 

      deve favorire l’uso razionale del medicinale, presentandolo in modo obiettivo e senza esagerarne le proprietà,

 

      non può essere ingannevole».

 

8        Ai sensi dell’articolo 88, paragrafi da 1 a 3, di detta direttiva:

 

«1.      Gli Stati membri vietano la pubblicità presso il pubblico dei medicinali:

 

a)      che possono essere forniti soltanto dietro presentazione di ricetta medica, ai sensi del titolo VI,

 

(...)

 

2.      Possono essere oggetto di pubblicità presso il pubblico i medicinali che, per la loro composizione ed il loro obiettivo, sono previsti e concepiti per essere utilizzati senza intervento di un medico per la diagnosi, la prescrizione o la sorveglianza del trattamento, se necessario con il consiglio del farmacista.

 

3.      Gli Stati membri possono vietare sul proprio territorio la pubblicità presso il pubblico dei medicinali rimborsabili».

 

 Diritto tedesco

 

9        L’articolo 7, paragrafo 1, prima frase, del Gesetz über die Werbung auf dem Gebiete des Heilwesens (Heilmittelwerbegesetz) (legge sulla pubblicità relativa ai medicinali), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale (in prosieguo: l’«HWG»), prevede quanto segue:

 

«È vietato offrire, annunciare o concedere vantaggi e altri omaggi pubblicitari (prodotti o servizi) o, nel caso dei professionisti del settore sanitario, accettarli, salvo che:

 

1.      tali vantaggi od omaggi pubblicitari siano oggetti di valore trascurabile (...). I vantaggi o gli omaggi pubblicitari relativi a medicinali sono vietati ove concessi in violazione delle disposizioni in materia di prezzi applicabili ai sensi dell’[Arzneimittelgesetz (legge sui medicinali)].

 

2.      tali vantaggi od omaggi pubblicitari

 

a)      consistano in una somma di denaro determinata o calcolabile in modo determinato (...)

 

(...)

 

I vantaggi o gli omaggi pubblicitari relativi a medicinali, previsti dalla lettera a), sono vietati ove concessi in violazione delle disposizioni in materia di prezzi applicabili ai sensi della legge sui medicinali (…)

 

(…)».

 

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

 

10      La DocMorris gestisce una farmacia per corrispondenza con sede nei Paesi Bassi che fornisce medicinali soggetti a prescrizione medica a clienti in Germania. Nel marzo 2015 essa ha distribuito, in tutta la Germania, un volantino pubblicitario per un «grande gioco a premi» che prometteva, come vincita principale, un buono per una bicicletta elettrica del valore di EUR 2 500 e, come premi dal secondo al decimo, uno spazzolino da denti elettrico. Per partecipare all’estrazione a sorte, sarebbe stato sufficiente inviare alla DocMorris, in una busta preaffrancata, un buono d’ordine per un medicinale soggetto a prescrizione medica, allegandovi tale ricetta medica.

 

11      Il 16 giugno 2015, l’ordine dei farmacisti della Renania settentrionale, incaricato di vigilare, in tale distretto, sul rispetto degli obblighi professionali dei farmacisti, ha proposto contro la DocMorris, dinanzi al Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land, Francoforte sul Meno, Germania), un’azione diretta a far cessare la pubblicità di cui trattasi, per il motivo che tale pubblicità avrebbe carattere anticoncorrenziale.

 

12      A seguito del rigetto della sua azione da parte del Landgericht Frankfurt am Main (Tribunale del Land, Francoforte sul Meno), l’ordine dei farmacisti della Renania settentrionale ha interposto appello avverso tale decisione dinanzi all’Oberlandesgericht Frankfurt am Main (Tribunale superiore del Land, Francoforte sul Meno, Germania), il quale ha accolto tale ricorso in appello. La DocMorris ha quindi proposto un ricorso per cassazione («Revision») dinanzi al giudice del rinvio, il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia, Germania), chiedendo che sia ripristinato quanto disposto dalla sentenza pronunciata in primo grado.

 

13      Il giudice del rinvio precisa che solo la pubblicità relativa a un determinato prodotto rientra nell’ambito di applicazione dell’HWG, a differenza della pubblicità generale per un’impresa. Orbene, una pubblicità per l’intera gamma di prodotti di una farmacia, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, potrebbe anch’essa essere considerata una pubblicità incentrata su un prodotto. Inoltre, dall’articolo 86, paragrafo 1, e dall’articolo 88, paragrafi da 1 a 3, della direttiva 2001/83 risulterebbe che quest’ultima riguarda non soltanto la pubblicità relativa a determinati medicinali, ma anche la pubblicità dei medicinali in generale.

 

14      Il giudice del rinvio si interroga sulla conformità con gli obiettivi e con le disposizioni della direttiva 2001/83 del divieto di principio di omaggi pubblicitari di cui all’articolo 7, paragrafo 1, prima frase, dell’HWG. Esso ritiene che un siffatto divieto possa essere giustificato alla luce dell’articolo 87, paragrafo 3, di tale direttiva, in quanto esso è volto a prevenire il rischio che il consumatore, quando decide di fare uso di un medicinale, sia influenzato dalla prospettiva degli omaggi pubblicitari legati all’acquisto di detto medicinale. Il medesimo giudice considera, al riguardo, che la decisione del paziente di procurarsi un medicinale soggetto a prescrizione presso una farmacia nazionale o estera per corrispondenza anziché presso una farmacia con una sede fisica, la quale è in grado di dispensare la consulenza oggettivamente necessaria, dovrebbe essere fondata su motivi oggettivi e non dipendere da incentivi del genere.

 

15      Il giudice del rinvio constata, tuttavia, che la direttiva 2001/83 non contiene alcuna disposizione specifica relativa alla pubblicità di un medicinale sotto forma di gioco che include un’estrazione a sorte. Inoltre, dalla sentenza del 19 ottobre 2016, Deutsche Parkinson Vereinigung (C-148/15, EU:C:2016:776), risulterebbe che non si può vietare alle farmacie per corrispondenza stabilite in altri Stati membri di praticare, nei confronti delle farmacie convenzionali stabilite nel territorio dello Stato membro interessato, una concorrenza sui prezzi destinata a compensare il limite della loro gamma di servizi, consistente nell’impossibilità di dispensare in loco consulenze individuali ai pazienti.

 

16      Orbene, a causa del contesto normativo applicabile in Germania per la vendita di medicinali soggetti a prescrizione medica e, in particolare, per via della copertura della maggior parte del costo di siffatti medicinali da parte degli organismi di assicurazione sanitaria, tra le farmacie convenzionali stabilite in Germania non esisterebbe una concorrenza sui prezzi paragonabile a quella esistente in altri settori commerciali. Le farmacie per corrispondenza stabilite in altri Stati membri praticherebbero allora un’altra forma di concorrenza sui prezzi, offrendo ai loro clienti vantaggi pecuniari, sotto forma di buoni o di premi.

 

17      In tale contesto il Bundesgerichtshof (Corte federale di giustizia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

 

«Se sia compatibile con le disposizioni del titolo VIII e, in particolare, con l’articolo 87, paragrafo 3, della direttiva [2001/83] l’interpretazione di una disposizione nazionale (nella specie, l’articolo 7, paragrafo 1, primo periodo, dell’HWG) nel senso di inibire ad una farmacia per corrispondenza stabilita in un altro Stato membro di attirare clienti attraverso la promozione di un gioco a premi, nel caso in cui la partecipazione al gioco medesimo sia correlata alla presentazione di una ricetta medica di un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione, il premio assegnato non sia un medicinale bensì un bene diverso (nella fattispecie, una bicicletta elettrica del valore di EUR 2 500 e spazzolini da denti elettrici) e non ci sia motivo di temere che venga incoraggiata l’utilizzazione irrazionale o eccessiva di medicinali».

 

 Sulla questione pregiudiziale

 

18      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se le disposizioni contenute nel titolo VIII della direttiva 2001/83, e in particolare l’articolo 87, paragrafo 3, della medesima, ostino a una normativa nazionale che vieta a una farmacia che vende medicinali per corrispondenza di organizzare un’azione pubblicitaria sotto forma di gioco a premi che consenta ai partecipanti di vincere oggetti di uso corrente diversi da medicinali, subordinando la partecipazione a detto gioco all’invio di un ordine per un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione medica, accompagnato da tale prescrizione.

 

19      Al riguardo, occorre rilevare che la suddetta questione si fonda sulla premessa che la direttiva 2001/83 sia applicabile alla controversia di cui al procedimento principale.

 

20      Il titolo VIII della direttiva 2001/83, relativo alla pubblicità dei medicinali, che contiene l’articolo 87, paragrafo 3, di detta direttiva, mira a disciplinare il contenuto del messaggio pubblicitario e le modalità di pubblicità di determinati medicinali, ma non disciplina la pubblicità dei servizi di vendita per corrispondenza di medicinali [v., in tal senso, sentenza del 1° ottobre 2020, A (Pubblicità e vendita di medicinali online), C-649/18, EU:C:2020:764, punti 49 e 50)].

 

21      Orbene, la questione sollevata riguarda il divieto di un gioco a premi volto a incitare i clienti ad acquistare, presso una data farmacia, non un determinato medicinale, bensì qualsiasi medicinale che sia stato loro prescritto dal medico. In altri termini, come rilevato dall’ordine dei farmacisti della Renania settentrionale nelle sue osservazioni scritte, un’azione pubblicitaria come quella condotta nel caso di specie dalla DocMorris è intesa a influenzare non già la scelta da parte del cliente di un determinato medicinale, bensì quella della farmacia presso la quale detto cliente acquista tale medicinale, scelta che si colloca a valle di quella del medicinale. Si tratta, pertanto, di una pubblicità non di un determinato medicinale, bensì di tutta la gamma di medicinali soggetti a prescrizione medica e messa in vendita dalla farmacia di cui trattasi.

 

22      Ne consegue che un’azione pubblicitaria come quella di cui trattasi nel procedimento principale non rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni del titolo VIII della direttiva 2001/83.

 

23      Tuttavia, secondo costante giurisprudenza della Corte, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. Di conseguenza, benché formalmente il giudice del rinvio abbia limitato la sua questione all’interpretazione di una disposizione specifica del diritto dell’Unione, una siffatta circostanza non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per definire la controversia di cui è investito, a prescindere dal fatto che detto giudice vi abbia fatto riferimento o no nel formulare le proprie questioni. A tal proposito, spetta alla Corte ricavare dall’insieme degli elementi forniti dal giudice nazionale, e segnatamente dalla motivazione della decisione di rinvio, gli elementi del diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione in considerazione dell’oggetto della controversia di cui al procedimento principale (sentenza del 18 settembre 2019, VIPA, C-222/18, EU:C:2019:751, punto 50 e giurisprudenza ivi citata).

 

24      Nel caso di specie, contrariamente a quanto sostenuto da vari interessati nelle loro risposte al quesito a risposta scritta che la Corte ha rivolto alle parti del procedimento e agli altri interessati ai sensi dell’articolo 23 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, si deve rilevare che dagli elementi forniti nella decisione di rinvio non emerge che l’interpretazione della direttiva 2000/31 sia pertinente ai fini della risoluzione della controversia di cui al procedimento principale.

 

25      Infatti, come risulta dai suoi articoli 1 e 2, tale direttiva riguarda i «servizi della società dell’informazione», definiti al suo articolo 2, lettera a), mediante riferimento all’articolo 1, primo comma, punto 2, della direttiva 98/34, e quest’ultima disposizione precisa che si tratta di «qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi».

 

26      Orbene, la questione sollevata riguarda un’azione pubblicitaria per servizi di vendita di medicinali prestati non per via elettronica, bensì per corrispondenza. Infatti, dal volantino pubblicitario oggetto del procedimento principale, riprodotto nella domanda di pronuncia pregiudiziale, risulta che, per partecipare al gioco a premi di cui trattasi nel procedimento principale, il cliente era chiamato a effettuare ordini presso la DocMorris inviando alla medesima, in una busta preaffrancata, un modulo d’ordine redatto su supporto cartaceo, accompagnato dalla ricetta che prescriveva il medicinale ordinato, senza, pertanto, che fosse necessario che tale ordine fosse effettuato tramite un sito di vendita online.

 

27      Sotto questo profilo, come rilevato, in sostanza, dalla Commissione europea nelle sue osservazioni scritte, la presente causa si distingue da quella che ha dato luogo alla sentenza del 1° ottobre 2020, A (Pubblicità e vendita di medicinali online), C-649/18, EU:C:2020:764, la quale riguardava una campagna pubblicitaria per servizi di vendita online di medicinali non soggetti a prescrizione medica obbligatoria, effettuata sia mediante supporti fisici sia attraverso il sito Internet della farmacia interessata.

 

28      Dalle considerazioni che precedono risulta che il divieto di organizzazione di giochi a premi intesi a promuovere servizi di vendita di medicinali forniti per corrispondenza non è oggetto di armonizzazione a livello dell’Unione europea, restando la determinazione delle norme in materia di competenza degli Stati membri, fatto salvo il rispetto, in particolare, delle libertà fondamentali sancite dal Trattato FUE.

 

29      Si deve rilevare, al riguardo, che una normativa nazionale che vieta l’organizzazione di un gioco inteso a promuovere la vendita di medicinali, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, può collegarsi sia alla libera prestazione di servizi, in quanto una siffatta normativa si applica alle farmacie che esercitano, in particolare, un’attività di vendita al dettaglio di medicinali e limita i loro mezzi per far conoscere i loro servizi, tra cui la vendita per corrispondenza, sia alla libera circolazione delle merci, dal momento che essa disciplina una determinata forma di commercializzazione di medicinali, che è pacifico che rientrano nella nozione di «merci», ai sensi delle disposizioni del Trattato FUE relative alla libera circolazione delle merci (v., in tal senso, sentenza del 18 settembre 2019, VIPA, C-222/18, EU:C:2019:751, punti 57 e 60).

 

30      Quando un provvedimento nazionale è collegato sia alla libera circolazione delle merci sia alla libera prestazione dei servizi, la Corte procede al suo esame, in linea di principio, solamente con riguardo a una di tali due libertà fondamentali qualora risulti che una delle due sia del tutto secondaria rispetto all’altra e possa essere a questa ricollegata (sentenza del 18 settembre 2019, VIPA, C-222/18, EU:C:2019:751, punto 58 e giurisprudenza ivi citata).

 

31      Nel caso di specie, l’HWG non riguarda l’esercizio dell’attività di farmacista o il servizio di vendita per corrispondenza in quanto tali, ma disciplina una determinata forma di azione pubblicitaria per i medicinali messi in vendita. Inoltre, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, la diffusione di messaggi pubblicitari relativi al servizio di vendita per corrispondenza di medicinali, benché non sia intesa a promuovere determinati medicinali, costituisce un elemento secondario rispetto alla promozione della vendita di tali medicinali, la quale rappresenta l’obiettivo ultimo dell’azione pubblicitaria.

 

32      Poiché l’aspetto della libera circolazione delle merci prevale, nel caso di specie, su quello della libera prestazione dei servizi, occorre fare riferimento alle disposizioni del Trattato FUE relative alla prima di tali libertà (v., per analogia, sentenza del 25 marzo 2004, Karner, C-71/02, EU:C:2004:181, punto 47).

 

33      La libera circolazione delle merci è un principio fondamentale del Trattato FUE che trova espressione nel divieto, sancito all’articolo 34 TFUE, delle restrizioni quantitative all’importazione tra gli Stati membri nonché di ogni misura di effetto equivalente (sentenza del 19 ottobre 2016, Deutsche Parkinson Vereinigung, C-148/15, EU:C:2016:776, punto 20).

 

34      Secondo costante giurisprudenza della Corte, il divieto delle misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative, sancito dall’articolo 34 TFUE, riguarda qualsiasi provvedimento degli Stati membri che possa ostacolare, direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, le importazioni tra gli Stati membri (v., in particolare, sentenze dell’11 luglio 1974, Dassonville, 8/74, EU:C:1974:82, punto 5, e del 19 ottobre 2016, Deutsche Parkinson Vereinigung, C-148/15, EU:C:2016:776, punto 22 e giurisprudenza ivi citata).

 

35      A tal riguardo, occorre ricordare che non è idoneo a costituire ostacolo diretto o indiretto, in atto o in potenza, agli scambi commerciali tra gli Stati membri, ai sensi della giurisprudenza citata al punto precedente della presente sentenza, l’assoggettamento di prodotti provenienti da altri Stati membri a disposizioni nazionali che limitino o vietino talune modalità di vendita, e ciò alla duplice condizione che, da un lato, esse valgano nei confronti di tutti gli operatori interessati che svolgono la propria attività nel territorio nazionale e, dall’altro, incidano in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sulla commercializzazione dei prodotti nazionali e su quella dei prodotti provenienti da altri Stati membri. Infatti, ove tali condizioni siano soddisfatte, l’applicazione di normative di tal genere alla vendita di prodotti provenienti da un altro Stato membro e rispondenti alle norme stabilite da tale Stato non costituisce elemento atto ad impedire l’accesso di tali prodotti al mercato o ad ostacolarlo più di quanto possono risultarne ostacolati i prodotti nazionali (v., in tal senso, sentenze del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard, C-267/91 e C-268/91, EU:C:1993:905, punto 16, nonché del 21 settembre 2016, Etablissements Fr. Colruyt, C-221/15, EU:C:2016:704, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).

 

36      La Corte ha considerato «disposizioni disciplinanti modalità di vendita», ai sensi della sentenza del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard (C-267/91 e C-268/91, EU:C:1993:905), disposizioni che limitano, in particolare, le possibilità per un’impresa di fare pubblicità (v., in tal senso, sentenza del 25 marzo 2004, Karner, C-71/02, EU:C:2004:181, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

 

37      Occorre ricordare che l’articolo 7, paragrafo 1, prima frase, dell’HWG, alla base del divieto di azione pubblicitaria di cui trattasi nel procedimento principale, è volto a disciplinare l’offerta di vantaggi e altri omaggi pubblicitari aventi valore pecuniario nel settore della vendita di medicinali. Ne consegue che una siffatta disposizione di diritto nazionale deve essere considerata «disciplinante modalità di vendita», ai sensi della giurisprudenza della Corte.

 

38      Come risulta dalla sentenza del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard (C-267/91 e C-268/91, EU:C:1993:905), una simile modalità di vendita può tuttavia essere esclusa dall’ambito di applicazione dell’articolo 34 TFUE solo se soddisfa le due condizioni enunciate al punto 35 della presente sentenza.

 

39      Per quanto riguarda la prima di tali condizioni, occorre rilevare che, nel caso di specie, l’HWG si applica indistintamente a tutte le farmacie che vendono medicinali nel territorio tedesco, siano esse stabilite nel territorio della Repubblica federale di Germania o in un altro Stato membro.

 

40      Quanto alla seconda condizione, occorre ricordare che la Corte ha dichiarato in più occasioni che disposizioni nazionali che vietavano taluni tipi di pubblicità in particolari settori incidevano in egual misura, tanto sotto il profilo giuridico quanto sotto quello sostanziale, sulla commercializzazione dei prodotti nazionali e su quella dei prodotti provenienti da altri Stati membri, cosicché esse costituivano modalità di vendita che esulavano dall’ambito di applicazione dell’articolo 34 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 15 dicembre 1993, Hünermund e a., C-292/92, EU:C:1993:932, punti 21 e 22; del 9 febbraio 1995, Leclerc-Siplec, C-412/93, EU:C:1995:26, punti da 21 a 24, e del 25 marzo 2004, Karner, C-71/02, EU:C:2004:181, punto 42). È quanto avvenuto, in particolare, nel caso di una norma deontologica che vietava ai farmacisti di pubblicizzare, al di fuori delle loro farmacie, i prodotti parafarmaceutici che essi erano autorizzati a commercializzare (sentenza del 15 dicembre 1993, Hünermund e a., C-292/92, EU:C:1993:932, punti da 22 a 24).

 

41      Certamente la Corte ha dichiarato che non si può escludere che un divieto totale, in uno Stato membro, di una forma di promozione di un prodotto che è ivi legittimamente venduto incida in misura maggiore sui prodotti provenienti da altri Stati membri (v., in tal senso, sentenze del 9 luglio 1997, De Agostini e TV-Shop, da C-34/95 a C-36/95, EU:C:1997:344, punto 42, e dell’8 marzo 2001, Gourmet International Products, C-405/98, EU:C:2001:135, punto 19).

 

42      Tuttavia, come risulta dal punto 21 della presente sentenza, un divieto come quello istituito dall’HWG riguarda non già la promozione di un determinato prodotto, nel caso di specie di un medicinale, bensì quella della vendita per corrispondenza di medicinali di ogni tipo, provenienti tanto dalla Germania quanto da altri Stati membri.

 

43      Ne consegue che le due condizioni per l’applicazione della giurisprudenza derivante dalla sentenza del 24 novembre 1993, Keck e Mithouard (C-267/91 e C-268/91, EU:C:1993:905), come ricordate al punto 35 della presente sentenza, sono pienamente soddisfatte nel caso di una modalità di vendita come quella di cui trattasi nel procedimento principale.

 

44      Tale conclusione non contraddice le considerazioni di cui al punto 24 della sentenza del 19 ottobre 2016, Deutsche Parkinson Vereinigung (C-148/15, EU:C:2016:776), richiamata dal giudice del rinvio. Un divieto dei giochi intesi a promuovere la vendita di medicinali ha conseguenze molto meno significative per le farmacie per corrispondenza rispetto al divieto totale della concorrenza sui prezzi, in questione in tale sentenza. Inoltre, un divieto del genere riguarda anche le farmacie convenzionali, le quali avrebbero anch’esse avuto interesse a promuovere la vendita dei loro medicinali mediante giochi pubblicitari.

 

45      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla questione sollevata dichiarando, da un lato, che la direttiva 2001/83 deve essere interpretata nel senso che essa non si applica a una normativa nazionale che vieta a una farmacia che vende medicinali per corrispondenza di organizzare un’azione pubblicitaria sotto forma di gioco a premi che consenta ai partecipanti di vincere oggetti di uso corrente diversi da medicinali, subordinando la partecipazione a detto gioco all’invio di un ordine per un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione medica, accompagnato da tale prescrizione e, dall’altro, che l’articolo 34 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una siffatta normativa nazionale.

 

 Sulle spese

 

46      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      La direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, deve essere interpretata nel senso che essa non si applica a una normativa nazionale che vieta a una farmacia che vende medicinali per corrispondenza di organizzare un’azione pubblicitaria sotto forma di gioco a premi che consenta ai partecipanti di vincere oggetti di uso corrente diversi da medicinali, subordinando la partecipazione a detto gioco all’invio di un ordine per un medicinale per uso umano soggetto a prescrizione medica, accompagnato da tale prescrizione.

2)      L’articolo 34 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una siffatta normativa nazionale.

 

Firme

 

*      Lingua processuale: il tedesco.

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