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TAR Veneto, Sez. III, 31/8/2021 n. 1054
E' illegittima la pretesa del Comune nella gara per l'affid. in conc. del servizio di distrib. del gas naturale di cedere gli impianti e le reti di cui è proprietario secondo la valorizzazione prevista per il VIR, anziché al valore corrispon. al RAB

Materia: gas / affidamento concessione
Pubblicato il 31/08/2021

N. 01054/2021 REG.PROV.COLL.

N. 01004/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1004 del 2020, proposto da
Italgas Reti s.p.a., rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Fuda, Fabio Todarello, Andrea Zoppini e Giorgio Vercillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Vittorio Fedato in Venezia, Santa Croce, 269;

contro

Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sebastiano Capotorto, Antonio Iannotta e Nicoletta Ongaro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso gli uffici dell’avvocatura civica in Venezia, S. Marco 4091;

per l'annullamento

- della deliberazione n. 52 del 9 luglio 2020 del Consiglio Comunale di Venezia, pubblicata all'Albo Pretorio dal 23 luglio 2020 al 7 agosto 2020, recante “Affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas naturale: approvazione dei valori complessivi di rimborso ai proprietari della rete e del documento guida per gli interventi di estensione, manutenzione e potenziamento della rete, di cui all'art.9 comma 4 del D.M. n. 226/2011”, nella parte in cui è stato deliberato “di cedere i cespiti di proprietà comunale al valore aggiornato a tutte le eventuali modifiche nel frattempo intervenute fino al momento dell'espletamento della gara per l'affidamento del servizio, per le motivazioni esplicitate in premessa” (doc. 1) e dei relativi allegati ed in particolare, quali atti presupposti, della relazione a firma dell'ing. Rosario Lo Cascio del 15.3.2020 recante “Individuazione del valore di cessione delle reti e degli impianti di distribuzione del gas naturale di proprietà del Comune di Venezia (blocco A) al 31.12.2017” (doc. 2) e della “relazione del RUP del procedimento per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas metano nel Comune di Venezia nell'ambito Venezia 1” del 19.6.2020 (doc. 3);

- ove occorrer possa, della nota a mezzo PEC in data 6 agosto 2020, recante “riscontro a nota Italgas Reti S.p.A. prot. 20209FIN0004 ricevuta in data 28 luglio 2020 ed acquisita al protocollo comunale n. 2020/0323547.” (doc. 4);

- di ogni altro atto o provvedimento preordinato, conseguente o connesso, allo stato non noto alla ricorrente ivi incluso, ove occorrere possa, l'eventuale provvedimento di indizione della procedura di gara allo stato non noto, con riserva espressa di motivi aggiunti.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 26 maggio 2021 il dott. Stefano Mielli e uditi per le parti i difensori in modalità videoconferenza come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Comune di Venezia è l’ente appaltante - per conto dell’ATEM (ambito territoriale minimo) 1, Laguna Veneta - per l'affidamento in concessione, tramite gara, del servizio di distribuzione del gas naturale.

Un primo bando del 2015, impugnato dalla stessa odierna ricorrente Italgas s.p.a. (d’ora in poi Italgas) è stato annullato con sentenza di questa Sezione (T.A.R. Veneto, Sez. I, 7 luglio 2017, n. 655), confermata dal Consiglio di Stato (Sez. V, 3 aprile 2019, n. 2202).

Con il ricorso in epigrafe Italgas impugna la deliberazione consiliare con la quale il Comune di Venezia, con riguardo all’affidamento del servizio di distribuzione del gas, prevede che - in esito alla gara da esperire - gli impianti e le reti di cui è proprietario siano ceduti al gestore del servizio subentrante sulla base del loro valore industriale residuo (VIR), per un importo di € 50.508.949,58, anziché del valore corrispondente alla RAB di € 9.607.340,00, accollando il relativo onere all’aggiudicatario.

2. Ai fini di una migliore esposizione dei termini delle controversia è necessario svolgere una premessa sulla normativa applicabile alla fattispecie in esame.

La disciplina vigente che ha disposto l’obbligo di esperimento di gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas, si è posta il problema del valore da attribuire per il riscatto, da parte del gestore entrante, del valore degli impianti del gestore uscente per i quali, a causa dell’anticipazione ex lege della durata delle concessioni, la data di cessazione del servizio non coincida con la data di scadenza naturale della concessione e sul punto nulla prevedano il contratto o la concessione.

Tale questione rileva solo nel periodo transitorio in occasione dell’esperimento delle prime gare, perché a regime la normativa individua le condizioni e le modalità in forza delle quali si realizza il trasferimento di proprietà delle reti dal gestore uscente al gestore subentrante vincitore della gara d’ambito valorizzate a RAB senza che residuino investimenti non ammortizzati. Va precisato che il valore RAB viene riconosciuto in tariffa, con la conseguenza che il gestore subentrante nel corso dei 12 anni di gestione del servizio, si vede riconoscere, tramite la tariffa, tali importi.

La disciplina prevede che, in sede di prima applicazione, qualora i beni siano di proprietà del gestore uscente e i contratti di servizio non ne prevedano la devoluzione gratuita alla scadenza in favore dell’Ente locale, la titolarità delle reti e degli impianti necessari allo svolgimento del servizio venga acquisita dal gestore subentrante, chiamato a versare al gestore uscente una somma corrispondente al valore industriale residuo (VIR) quale corrispettivo per il trasferimento della proprietà.

Il Comune di Venezia è proprietario di una porzione delle reti e degli impianti di distribuzione del gas ubicati nell’ambito del proprio territorio ricompresi nel blocco denominato A, mentre i blocchi B e C sono di proprietà dell’odierna ricorrente Italgas che è il gestore uscente. Il Comune è divenuto proprietario di tali beni dal 1 giugno 2010, data di scadenza della concessione originaria.

La normativa vigente prevede in modo espresso che il Comune ceda l’utilizzo di tali cespiti al gestore subentrante, il quale, ai sensi dell’art. 8, comma 3, del D.M. n. 226 del 2011, è tenuto a corrispondere all’Ente locale annualmente la remunerazione del RAB.

La prassi e la giurisprudenza, partendo dalla premessa che tali cespiti di proprietà dell’Ente locale sono beni patrimoniali indisponibili, hanno ammesso la possibilità di alienarli, mantenendone il vincolo di destinazione all’uso pubblico, anche in favore del gestore subentrante in occasione dell’esperimento della prima gara per l’affidamento del servizio.

Una volta ammessa la possibilità di alienazione in occasione della gara, si è posto il problema della determinazione del valore di tali cespiti per consentire la formulazione dell’offerta nell’ambito della procedura ad evidenza pubblica.

3. La normativa vigente non indica espressamente criteri o parametri cui riferirsi ai fini della valutazione dell’entità della somma da corrispondere al Comune.

Il Comune di Venezia con deliberazione consiliare n. 52 del 9 luglio 2020, quale atto prodromico e preparatorio alla redazione del nuovo bando, ha affermato di voler cedere tali cespiti fissando i valori di rimborso ad una somma corrispondente a quella prevista dalla normativa per l’acquisto dal gestore uscente, ovvero il valore industriale residuo (VIR) sulla base di una relazione tecnica di stima denominata “individuazione del valore di cessione delle reti e degli impianti di distribuzione del gas naturale di proprietà del Comune di Venezia (blocco A) al 31/12/2017”, trasmessa dall’Ing. Rosario Lo Cascio con nota prot. 56/2020/RLC del 15 marzo 2020, che costituisce parte integrante della deliberazione.

Quanto alla decisione di voler cedere tali beni la deliberazione afferma che “la cessione della porzione di rete di proprietà consente all’Amministrazione di incassare il controvalore di un insieme di cespiti che, essendo a fine vita (trattasi per lo più di tubazioni fra le più vetuste), risentirebbe maggiormente degli investimenti di ammodernamento che il Gestore sarà chiamato ad effettuare negli anni di affidamento, erodendo in tal modo la redditività del bene e il suo effettivo valore a fine concessione”.

Quanto al valore da attribuire a tali beni la relazione tecnica allegata alla deliberazione, ritiene di poter esigere il VIR applicando in via analogica le disposizioni sull’acquisto delle reti e degli impianti dal gestore uscente (ovvero gli articoli 14, comma 8, e 15, comma 5, del D.lgs. 23 maggio 2000, n. 164, nonché il D.M. 22 maggio 2014 recante “approvazione Linee Guida su criteri e modalità applicative per la valutazione del valore di rimborso degli impianti di distribuzione del gas naturale”) e quelle sulle modalità di cessione delle reti e degli impianti del gestore uscente per le quali è prevista la devoluzione gratuita al Comune, ma questa non si sia ancora realizzata perché la data di scadenza naturale supera la data di effettiva cessazione del servizio, e che contempla la possibilità di una cessione diretta dal gestore uscente a quello subentrante (ovvero l’art. 7, comma 1 bis, del D.M. 12 novembre 2011, n. 226, recante “regolamento per i criteri di gara e per la valutazione dell'offerta per l'affidamento del servizio della distribuzione del gas naturale, in attuazione dell'articolo 46-bis del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222”).

In entrambe le fattispecie richiamate il soggetto subentrante è tenuto a corrispondere un importo corrispondente al VIR.

4. L’odierna ricorrente impugna tale deliberazione contestando, con un unico motivo, la correttezza dell’applicazione analogica delle norme che fanno riferimento al VIR. Italgas lamenta la violazione degli articoli 41 e 97 della Costituzione, del D.lgs. 23 maggio 2000, n. 164, della legge 14 novembre 1995, n. 481, del D.lgs. 1 giugno 2011, n. 93, del decreto ministeriale 12 novembre 2011, n. 226, nonché delle delibere dell’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (d’ora in poi ARERA) 570/2019/r/gas e 905/2017/r/gas, nonché l’irragionevolezza, la contraddittorietà, la carenza di istruttoria ed il difetto di motivazione.

In estrema sintesi la ricorrente sostiene che le uniche norme rinvenibili in materia di valorizzazione degli impianti e delle reti di proprietà comunale fanno riferimento alla RAB tariffaria (ovvero Regulatory Asset Base che costituisce il valore preso in considerazione da ARERA per la determinazione delle tariffe del servizio di distribuzione) normalmente con un importo considerevolmente più basso rispetto al VIR.

Infatti l’art. 8, comma 3, del D.M. n. 226 del 2011 definisce qual è il corrispettivo che il gestore subentrante del servizio deve all’Ente locale proprietario di una parte degli impianti, per il loro utilizzo, riconoscendo allo stesso la quota parte della tariffa che va a remunerare il capitale investito riconosciuto in tariffa.

Sulla base di tali premesse, prosegue la ricorrente, il Ministero dello Sviluppo Economico in una delle Faq inserite nel proprio sito circa la possibilità per gli Enti locali di alienare il proprio asset, costituito dalla rete e dagli impianti di distribuzione del gas naturale (reperibile all’indirizzo https://www.mise.gov.it/index.php/it/energia/gas-naturale-e-petrolio/gas-naturale/distribuzione/faq) ha specificato che “i beni patrimoniali in dotazione all’ente locale potranno essere ceduti in concomitanza della gara, inserendoli nel bando di gara e trasferendoli al soggetto privato aggiudicatario del servizio. In conformità con lo spirito delle norme vigenti, il valore di trasferimento è pari al valore delle immobilizzazioni nette di località del servizio di distribuzione e misura, relativo agli impianti che vengono alienati, al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località (c.d. RAB), come riconosciuto dall’Autorità nella tariffa valida per la gestione d’ambito e come già spettante all’ente locale in quanto titolare della rete. Pertanto, la decisione dell’ente locale di alienare o meno la rete di proprietà pubblica non deve creare nuovi oneri a carico dei clienti finali del servizio in termini di aumento delle tariffe di distribuzione gas” (cfr. doc. 14 allegato al ricorso). Il medesimo Ministero ha altresì ribadito lo stesso concetto nella risposta all’interrogazione parlamentare n. 4-05814 della XVII legislatura, nella quale il Viceministro ha chiarito che “il decreto legislativo n. 164 del 2000 (…) ha previsto la valorizzazione della rete ceduta al VIR (valore industriale residuo), che è in genere superiore alla RAB, solo per i distributori uscenti come forma di compensazione del fatto che la loro concessione di distribuzione è stata interrotta ex lege prima della sua scadenza per permettere lo svolgimento delle gare pubbliche, ed essi si sono quindi trovati a dover cedere obbligatoriamente la loro rete a quello che sarà il nuovo gestore d’ambito, aggiudicatario della gara. Si ritiene quindi che non vi sia alcuna discriminazione tra enti locali e società di distribuzione poiché le situazioni comparate non sono invero sullo stesso piano. Se il Comune, infatti, decide autonomamente di cedere la propria rete in occasione della gara di ambito si vedrà corrispondere il valore di RAB, corrispondente a quanto poi verrà riconosciuto dal regolatore in tariffa al nuovo gestore che diverrà titolare della stessa rete e a quello che verrebbe riconosciuto in tariffa all’ente locale se non cedesse la rete” (cfr. doc. 17 allegato al ricorso).

Ad ulteriore sostegno delle proprie tesi la ricorrente osserva che in sede parlamentare in due occasioni (il riferimento è al sub emendamento 34.0.300/1 volto ad introdurre un periodo al comma 5 dell’art. 15 del D.lgs. n. 164 del 2000 nell’ambito del disegno di legge poi divenuto la legge 4 agosto 2017, n. 124, e all’emendamento 60.0.7 presentato al disegno di legge di conversione del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104) sono stati presentati emendamenti che avrebbero espressamente consentito di procedere alla vendita di impianti e di reti di proprietà comunale determinandone il corrispettivo secondo il VIR, ma che tali emendamenti non sono stati approvati.

Secondo Italgas tale circostanza denota che vi è la consapevole volontà del legislatore di mantenere un assetto di regolazione tariffaria e di disciplina degli oneri che incombono in capo al gestore subentrante, che attualmente non contempla la possibilità per gli Enti locali di cedere i cespiti di cui sono proprietari valorizzandoli a VIR.

La ricorrente sostiene inoltre che non sussistono neppure i presupposti per l’applicazione analogica della norma a cui si richiama il Comune negli atti impugnati, in quanto l’acquisto degli impianti e delle reti a VIR da parte del soggetto subentrante in favore dell’uscente, è una regola eccezionale e transitoria, destinata ad essere applicata solamente in fase di prima attuazione della norma, perché nelle successive gare a regime, ai sensi dell’art. 14, comma 8, del D.lgs. n. 164 del 2000, le reti di proprietà del gestore uscente dovranno essere trasferite al valore in base al quale è calcolato il capitale investito ai fini della determinazione della tariffa del servizio di distribuzione, ovvero il RAB.

In definitiva la ricorrente ritiene che sia priva di fondamento la pretesa del Comune di Venezia di cedere gli impianti e le reti di cui è proprietario e che ricadono nel blocco A secondo la valorizzazione prevista per il VIR, e quindi per una somma di € 50.508.949,58, anziché al valore corrispondente al RAB di € 9.607.340,00, accollandone in modo secco l’onere al soggetto subentrante senza alcuna possibilità di recupero in tariffa.

5. Si è costituito in giudizio il Comune di Venezia replicando alle censure proposte e chiedendo la reiezione del ricorso.

In particolare il Comune di Venezia nelle proprie difese, oltre a richiamare gli snodi argomentativi già contenuti nella relazione tecnica dell’Ing. Rosario Lo Cascio allegata alla deliberazione consiliare impugnata, osserva che sarebbe del tutto illogico ed anche possibile fonte di responsabilità erariale la vendita degli impianti e delle reti iscritte al proprio bilancio, secondo le norme di contabilità pubblica, per un valore superiore a quello con cui vengono ceduti.

Inoltre il Comune afferma che sarebbe illogico valorizzare a RAB i suoi cespiti. Infatti l’importo di € 9.607.340,00, quale valore di cessione dal blocco A, è il risultato di una sottrazione che parte dalla valorizzazione c.d. “IMN” (ovvero delle Immobilizzazioni Nette, che costituiscono il costo storico degli investimenti opportunamente rivalutato e degradato) pari a € 26.769.433,00, da cui viene detratto il valore residuo dei contributi pubblici (pari ad € 273.359,00) e dei contributi privati (pari a € 16.888.734,00) percepiti da Italgas in qualità di gestore uscente, e sarebbe irragionevole determinare il valore delle reti del Comune detraendo dall’importo i contributi che sono stati percepiti dal gestore uscente, che è un soggetto terzo.

Ad ulteriore conforto delle proprie tesi il Comune afferma che la valorizzazione a VIR dei propri cespiti discende anche dall’applicazione dei principi generali, di rango costituzionale, in materia di proprietà che consentono sempre ad un soggetto, sia esso pubblico o privato, di cedere terzi propri beni ad un prezzo di mercato, il che secondo l’Amministrazione resistente esclude l’applicabilità alla fattispecie della cessione dei propri impianti e reti della disposizione di cui all’art. 8, comma 3, del D.M. n. 226 del 2011, la quale disciplina il diverso caso del corrispettivo che il gestore subentrante del servizio deve all’Ente locale che rimanga proprietario di una parte degli impianti, per il loro utilizzo, riconoscendo allo stesso la quota parte della tariffa che va a remunerare il capitale investito, corrispondente alla RAB.

Quanto all’indirizzo interpretativo espresso dal Ministero dello Sviluppo Economico nelle Faq e nelle risposta all’interrogazione, il Comune sostiene che l’esecutivo non ha istituzionalmente la competenza ad interpretare autenticamente la legge, e che pertanto quanto dallo stesso affermato è privo di rilievo e comunque inesatto alla luce delle argomentazioni contenute negli atti impugnati. Quanto agli emendamenti presentati in sede parlamentare, e volti a rendere realizzabile attraverso una modifica normativa quanto perseguito dall’Ente resistente, il Comune sostiene che si tratterebbe dell’introduzione di norme di carattere interpretativo, ricognitive di un assetto normativo e di una disciplina già evincibili in via interpretativa dall’ordinamento vigente che il legislatore intende solo chiarire.

Infine il Comune di Venezia contesta la correttezza degli argomenti con i quali la ricorrente, prendendo in esame la disciplina tariffaria prevista dal “Testo Unico delle disposizioni della regolazione della qualità e delle tariffe dei servizi di distribuzione e misura del gas per il periodo di regolazione 2020 – 2025” adottato da Arera con deliberazione 27 dicembre 2019 570/2019/R/gas (RTDG), afferma l’erroneità dell’interpretazione proposta dall’Ente resistente con gli atti impugnati. Secondo il Comune non è corretto ricavare argomenti dalla disciplina tariffaria perché gli articoli dal 24 al 28 dell’atto regolatorio, prevedono un’apposita metodologia di calcolo della rivalutazione della RAB qualora sia disallineata rispetto alle medie di settore (c.d. depresse) la cui applicazione conduce a stime vicine al VIR, in ciò confermando indirettamente la correttezza della pretesa del Comune di ottenere, in via interpretativa e su un piano generale, una significativa rivalutazione dei propri cespiti.

All’udienza del 26 maggio 2021, in prossimità della quale le parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive difese, la causa è stata trattenuta in decisione.

6. Il ricorso deve essere accolto.

Come dedotto da Italgas la pretesa del Comune di applicare il corrispettivo normativamente previsto per gli impianti e le reti del gestore privato uscente in via analogica all’alienazione, al gestore subentrante, dei cespiti di sua proprietà, è priva di fondamento.

Risultano conseguentemente corrette le conclusioni cui è pervenuto il Ministero dello Sviluppo Economico nelle Faq pubblicate nel proprio sito istituzionale e nella risposta all’interrogazione parlamentare i cui estremi sono indicati nella parte narrativa in fatto. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dal Comune, gli emendamenti presentati nel corso dei lavori parlamentari per consentire de iure condendo il raggiungimento del risultato perseguito dal Comune, costituiscono norme di carattere innovativo e non meramente interpretativo della disciplina vigente.

7. E’ vero quanto afferma il Comune circa l’inesistenza nell’ordinamento di una norma che espressamente disciplini le modalità di valorizzazione dei cespiti dell’Ente locale nell’ipotesi in cui questi decida di cederli al gestore subentrante in occasione dell’esperimento della gara pubblica.

Tuttavia, diversamente da quanto afferma l’Amministrazione resistente, tale mancanza non costituisce una lacuna dell’ordinamento da colmare in via interpretativa, ma una consapevole scelta del legislatore e delle Autorità regolatorie volta a differenziare il regime applicabile ai beni del gestore privato uscente del servizio in sede di prima applicazione della riforma che ha liberalizzato il settore, dal regime applicabile ai beni di proprietà del Comune, e ciò risulta da un’interpretazione di carattere sistematico della disciplina di settore.

Infatti secondo la normativa vigente un Comune può cedere gli impianti e la rete di sua proprietà al gestore subentrante in occasione dell’esperimento della gara, solamente per una remunerazione corrispondente a quella che ricaverebbe in caso concessione al medesimo dell’utilizzo dei predetti impianti mantenuti in proprietà per un valore, ai sensi dell’art. 8, comma 3, del D.M. n. 226 del 2011, corrispondente alla RAB.

8. Va premesso che il D.lgs. n. 164 del 2000, attuativo della Direttiva n. 98/30/CE del 22 giugno 1998, persegue l’obiettivo di liberalizzare il settore del gas naturale per realizzare un mercato unico e concorrenziale.

Per raggiungere tale risultato, il legislatore ha previsto l’instaurazione di un mercato soggetto ad una minuziosa regolamentazione volta a ricercare un punto di equilibrio tra i molteplici e contrapposti interessi in gioco e ad assicurare un’adeguata disciplina di transizione.

Infatti se da un lato vi è la spinta a facilitare l’accesso al mercato degli operatori riducendo le barriere di ingresso, e quindi allocando sui consumatori in tariffa gli oneri di acquisizione del servizio, all’opposto vi è anche l’esigenza di ottenere una diminuzione dei costi complessivi connessi allo svolgimento dei servizi e dei prezzi praticati agli utenti finali.

Inoltre l’apertura al mercato del settore si sovrappone a rapporti concessori e contrattuali già in essere, i quali, se per la normativa sopravvenuta subiscono una cessazione anticipata, devono trovare adeguate forme di ristoro degli investimenti dei privati non ancora ammortizzati (cfr. Consiglio di Stato, Sez. VI, 24 maggio 2021, n. 4009; id, 23 settembre 2019, n. 6315; Consiglio di Stato, Sez. V, 3 aprile 2019, n. 2202).

Tale attività regolatoria a cui concorrono norme di legge, fonti secondarie, atti normativi e linee guida dell’Autorità di settore, proprio perché ha l’obiettivo di trovare un punto di mediazione tra le esigenze di liberalizzazione, il fine di realizzare un mercato concorrenziale, le politiche industriali e di tutela dell’utente finale, ha dato luogo ad un sistema normativo tendenzialmente chiuso ed esaustivo relativamente agli aspetti direttamente oggetto di regolazione, per il quale vale il principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit.

In tale contesto deve ritenersi che la mancata previsione di una norma espressa che consenta di alienare i cespiti di proprietà del Comune applicando la stessa disciplina prevista con il VIR per il ristoro dovuto, nella fase transitoria, al gestore uscente il cui rapporto sia cessato prima della sua scadenza naturale, non costituisca una lacuna da colmare in via interpretativa, ma una scelta del legislatore volta ad evitare che questi costi ulteriori vengano allocati a carico del gestore entrante. Tali costi ulteriori, infatti, costituirebbero una barriera di ingresso ove gravanti sullo stesso, ovvero volta ad evitare che incombano sugli utenti finali ove recuperabili in tariffa.

Le disposizioni che disciplinano gli importi da corrispondere al gestore privato uscente per gli impianti e le reti acquisite dal gestore subentrante hanno pertanto la valenza di quelle norme che nel diritto tributario sono definite come fattispecie ad applicazione esclusiva, non riconducibili a superiori principi generali e riferibili solamente a fattispecie determinate.

Rispetto a tali norme, contrariamente a quanto pretende il Comune, l'interprete deve attenersi alla littera legis, e deve individuare il criterio in base al quale è stata disposta la previsione della corresponsione del VIR al fine di non estenderne l'applicazione oltre i casi espressamente previsti. Ciò vale per tutte le norme che disciplinano la cessione dal gestore uscente a quello entrante (compresa quella di cui all’art. 7, comma 1 bis, del D.M. n. 226 del 2011) che contemplano la valorizzazione a VIR.

L’art. 8, comma 3, del D.M. n. 226 del 2011 stabilisce che gli impianti e le reti del Comune devono essere valorizzati a RAB, ed è questa la regola alla quale l’Ente locale deve fare riferimento qualora scelga di cedere tali cespiti.

9. Peraltro va osservato che nell’equilibrio del sistema l’obbligo del gestore subentrante di versare il corrispettivo a VIR degli impianti e delle reti del gestore uscente, dal punto di vista normativo non è privo di effetti sul piano tariffario. Infatti l’art. 24, comma 3, del D.lgs. n. 93 del 2011, riconosce in tariffa al gestore entrante il c.d. delta VIR/RAB, ovvero la differenza tra il corrispettivo da questi versato al gestore uscente quale “prezzo” per l’acquisto della proprietà dei suoi impianti (il VIR) e il corrispondente valore considerato a fini tariffari dei medesimi cespiti (la RAB).

E’ evidente che una eventuale valorizzazione a VIR degli impianti e delle reti del Comune presupporrebbe una scelta circa l’opportunità di allocare i maggiori oneri conseguenti in capo ai gestori subentranti ovvero in capo agli utenti finali, che solo il legislatore può compiere e non può essere ricavata in via interpretativa. Secondo la tesi del Comune dovrebbe essere applicato il VIR facendone gravare gli oneri sul gestore subentrante, nonostante il richiamo in via analogica ad una norma che invece fa gravare i relativi oneri sugli utenti finali. Anche tale aspetto concorre a dimostrare la non correttezza delle conclusioni a cui giunge il Comune.

Per completezza va soggiunto che de iure condendo sarebbe plausibile anche una scelta volta a privilegiare le esigenze di finanziamento dei Comuni a scapito dei gestori subentranti o degli utenti finali. Circa l’opportunità di un’apposita modifica normativa finalizzata ad incentivare l’indizione delle gare da parte degli Enti locali si è espressa anche l’Autorità garante della concorrenza e del mercato nelle “proposte di riforma concorrenziale ai fini della legge annuale per il mercato e la concorrenza anno 2021” (segnalazione AS 1730) indirizzate al Presidente del Consiglio dei Ministri il 22 marzo 2021, laddove a pag. 52 ha affermato che “al fine di evitare resistenze e, al contempo, incentivare l’indizione delle gare, sarebbe quindi opportuno equiparare per legge la remunerazione che i comuni possono ottenere dalla cessione degli impianti di loro proprietà a quella garantita ai gestori uscenti, integrando opportunamente l’articolo 14, comma 8, del d.lgs. 23 maggio 2000 n. 164”.

10. Oltre a mancare il presupposto di una lacuna normativa per l’applicazione analogica all’alienazione dei cespiti comunali delle regole di valorizzazione a VIR degli impianti e delle reti del gestore uscente, difetta anche il requisito dell’eadem ratio.

Infatti la valorizzazione a VIR costituisce una previsione di carattere eccezionale, derogatoria delle regole applicabili a regime, perché riguarda solo il periodo transitorio disciplinato dall’art. 15, comma 5, del D.lgs. n. 164 del 2000, e i soli gestori uscenti che abbiano in essere affidamenti e concessioni non assegnate mediante procedure ad evidenza pubblica che superano i termini previsti dall’art. 15, comma 7, e concernenti solo gli investimenti non ammortizzati alla data di scadenza anticipata imposta ex lege. Il mancato riconoscimento di un adeguato ristoro in favore dei gestori uscenti in questi casi risulta una soluzione in qualche modo necessitata, ove si consideri che altrimenti si sarebbero posti dei problemi di compatibilità con la tutela del diritto di proprietà e degli investimenti privati prevista dall’art. 41 della Costituzione. Nel periodo transitorio, il costruttore e proprietario dell’impianto (in precedenza gestore del servizio) subisce infatti una sostanziale ablazione del proprio diritto dominicale e deve essere ristorato della stessa utilità perduta.

Ben diversa è la condizione del Comune il quale, come sopra osservato, acquisisce gratuitamente gli impianti e le reti dal gestore uscente e quindi non vanta un diritto ad ottenere delle compensazioni, e non è tenuto a cedere tali cespiti se non per libera scelta.

In definitiva, non sussistendo i presupposti per ritenere applicabile l’interpretazione analogica su cui si fondano gli atti impugnati per affermare il diritto del Comune di valorizzare gli impianti e le reti di cui è divenuto proprietario a VIR anziché a RAB, il ricorso deve essere accolto.

Per completezza va soggiunto che, poiché la normativa vigente impedisce ai Comuni di cedere gli impianti e le reti di cui sono proprietari a VIR, e impone loro di trasferirli a RAB, non sono ipotizzabili quei rischi di responsabilità erariale derivanti dall’alienazione paventati dal Comune, dato che tali beni sono stati acquisiti gratuitamente e la loro valorizzazione è normativamente predeterminata dall’art. 8, comma 3, del D.M. n. 226 del 2011.

La novità delle questioni trattate giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio tenutasi da remoto il 26 maggio 2021 in modalità videoconferenza, con l’intervento dei magistrati:

Maddalena Filippi, Presidente

Stefano Mielli, Consigliere, Estensore

Nicola Bardino, Referendario

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Stefano Mielli Maddalena Filippi
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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