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Consiglio di Stato - Sezione Consultiva per gli Atti Normativi, 30/9/2021 n. 1582
Schema di decreto legislativo contenente le modifiche al TUSMAR in attuazione della Direttiva UE 2018/1808.

Materia: servizi pubblici / disciplina

Numero 01582/2021 e data 30/09/2021 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 21 settembre 2021


NUMERO AFFARE 00944/2021

OGGETTO:

Ministero dello sviluppo economico – Ufficio legislativo.


Schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, in considerazione dell’evoluzione della realtà del mercato;

LA SEZIONE

Vista la nota n. prot. 15572 del 9 agosto 2021, con la quale il Ministero dello sviluppo economico – Ufficio legislativo ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

visto il parere interlocutorio n. 1435/2021, reso dalla Sezione nell’Adunanza del 26 agosto 2021;

esaminati gli atti e uditi i relatori, consiglieri Paolo Carpentieri, Giuseppa Carluccio, Paolo Aquilanti, Claudio Tucciarelli, e Luca Di Raimondo;


Premesso

Con nota n. prot. 15572 del 9 agosto 2021, il Ministero dello sviluppo economico – Ufficio legislativo ha chiesto il parere di questo Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo recante attuazione della direttiva (UE) 2018/1808 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 14 novembre 2018, recante modifica della direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, in considerazione dell’evoluzione della realtà del mercato.

Con nota n. prot. 9518 del 7 agosto 2021, la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi ha informato che il provvedimento è stato approvato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, nella riunione del 5 agosto 2021, e che è munito del visto del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato.

Il testo è corredato dalla relazione di accompagnamento sottoscritta dal Ministro, dalla relazione illustrativa, dalla relazione tecnico-finanziaria, dalla relazione di impatto della regolamentazione (AIR), dall’analisi tecnico-normativa (ATN), mentre risultano mancanti le note di concerto del Ministro della giustizia, del Ministro dell'economia e delle finanze, del Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, del Ministro dell’interno, del Ministro della cultura e del Ministro per gli affari regionali e le autonomie.

Il Ministero proponente riferisce che lo schema di decreto legislativo, che si compone di 73 articoli, suddivisi in 9 titoli, recepisce le disposizioni della Direttiva (UE) 2018/1808, provvedendo a riordinare le disposizioni del Testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici (TUSMAR), di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177.

La Direttiva citata, approvata il 14 novembre 2018, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 28 novembre 2018 ed entrata in vigore il 19 dicembre 2018, ha modificato ed aggiornato la Direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, con l’obiettivo di creare e garantire il corretto funzionamento di un mercato unico digitale dell’Unione europea per i servizi di media audiovisivi, contribuendo contestualmente alla promozione della diversità culturale e fornendo un adeguato livello di protezione dei consumatori, dei minori e delle persone con disabilità.

Il provvedimento normativo all’esame della Sezione sostituisce integralmente il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 - Testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici, che è stato oggetto di numerosi interventi da parte del legislatore con il metodo della novella.

Tra le ventinove modifiche effettuate nel corso degli anni, le più rilevanti sono quelle introdotte con:

- il decreto legge 8 febbraio 2007, n. 8, convertito con modificazioni dalla legge 4 aprile 2007, n. 41, recante disposizioni relative alla tutela dei valori dello sport;

- il decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 44 che, in recepimento della direttiva 2010/13/UE, ha introdotto numerose modifiche in materia di definizioni, pubblicità, sponsorizzazioni e inserimento di prodotti;

- il decreto legislativo 28 giugno 2012, n. 120, che ha apportato alcuni correttivi al decreto legislativo n. 44 del 2010, in materia di tutela dei minori, pubblicità e promozione delle opere audiovisive europee;

- il decreto legislativo 7 dicembre 2017, n. 204, che ha interamente sostituito il Titolo VII del TUSMAR in materia di promozione delle opere italiane ed europee da parte dei fornitori dei servizi di media audiovisivi lineari e non lineari, in tal modo adeguandosi anticipatamente alle previsioni contenute nella nuova Direttiva UE 2018/1808.

Il Ministero proponente riferisce che l’obiettivo che il Governo intende raggiungere è quello di una sistemazione organica della materia, attraverso un provvedimento legislativo che adegui le disposizioni e le definizioni all’evoluzione tecnologica e di mercato, in un quadro complessivo che ha pesantemente risentito della pandemia in atto, dalla quale è nata l’esigenza di approfondite riflessioni sugli effetti economici e sociali della crisi sanitaria sul mercato audiovisivo, in termini di aumento di richiesta e di diversificazione della domanda, e sulle possibili misure di policy e regolamentari, utili ad assicurare la tutela di valori fondamentali, come la democrazia, il pluralismo, la correttezza dell’informazione, il contrasto all’istigazione all’odio e alla violenza ed alla pubblica provocazione ai reati di terrorismo, la tutela della dignità umana e dei minori anche rispetto al gioco d’azzardo on-line ed alla diffusione sulle piattaforme digitali di video prodotti da operatori economici e da privati, la promozione della diversità culturale, l’accessibilità alle piattaforme digitali ed ai servizi connessi alle persone con disabilità.

Il Ministero proponente riferisce, altresì, che l’adozione del provvedimento legislativo in esame si rende necessaria per evitare il rischio, nella misura in cui rimanesse inalterato l’assetto normativo vigente, di esporre lo Stato italiano alla possibile procedura di infrazione, conseguente alla diversità dell’assetto regolamentare interno in materia di servizi di media audiovisivi rispetto a quanto previsto dall’Unione europea.

In questa prospettiva, la delega per l’attuazione della Direttiva (UE) 2018/1808 è stata prevista dall’articolo 3, della legge 22 aprile 2021, n. 53, a mente del quale, oltre ai principi e criteri direttivi generali di cui all’articolo 32, della legge 24 dicembre 2012, n. 234, il legislatore delegato deve ispirarsi ai seguenti principi e criteri direttivi:

“a) riordinare le disposizioni del testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo 31luglio 2005, n. 177, attraverso l'emanazione di un nuovo testo unico dei servizi di media digitali con adeguamento delle disposizioni e delle definizioni, comprese quelle relative ai servizi di media audiovisivi, radiofonici e ai servizi di piattaforma per la condivisione di video, alla luce dell'evoluzione tecnologica e di mercato;

b) prevedere misure atte ad assicurare un'adeguata tutela della dignità umana e dei minori in relazione ai contenuti audiovisivi, ivi inclusi i video generati dagli utenti, e alle comunicazioni commerciali da parte delle piattaforme per la condivisione dei video, affidando i relativi compiti, anche di promozione di procedure di auto-regolamentazione e co-regolamentazione, all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni quale Autorità nazionale di regolamentazione di settore;

c) prevedere specifiche misure a tutela dei consumatori di servizi di media audiovisivi, lineari e non lineari, anche mediante il ricorso a procedure di risoluzione extragiudiziale delle controversie e meccanismi di indennizzo in caso di disservizi, affidando la regolamentazione di tali procedure all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

d) prevedere misure per la promozione delle opere europee, anche nei servizi di media audiovisivi a richiesta e anche attraverso una semplificazione e razionalizzazione delle misure attualmente vigenti,

nonché specifiche misure per la promozione della trasparenza degli assetti proprietari dei fornitori dei servizi di cui alla lettera a);

e) prevedere misure per l'adeguamento delle prescrizioni per le comunicazioni commerciali da applicare anche ai servizi di piattaforma per la condivisione di video e per la revisione dei limiti di affollamento pubblicitario secondo principi di flessibilità, proporzionalità e concorrenzialità;

f) prevedere apposite misure per il contenimento del livello sonoro delle comunicazioni commerciali e dei messaggi trasmessi dalle emittenti radiotelevisive pubbliche e private nonché dai fornitori di contenuti operanti su frequenze terrestri e via satellite, in accordo con le delibere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni;

g) prevedere che i fornitori di servizi di media, comprese le piattaforme social, forniscano agli utenti informazioni sufficienti in merito a contenuti, anche pubblicitari, che possano nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori, ivi compreso il divieto di pubblicità relativa al gioco d'azzardo, prevedendo inoltre specifiche misure nei confronti di chi utilizza profili fittizi, di soggetti inesistenti o tramite l'appropriazione di identità altrui, al fine di alterare lo scambio di opinioni, per ingenerare allarmi o per trarre vantaggio dalla diffusione di notizie false;

h) prevedere che i fornitori di servizi di media audiovisivi offrano informazioni adeguate sui contenuti che possano nuocere allo sviluppo fisico, mentale o morale dei minori, associandole a un'avvertenza acustica qualora i contenuti siano fruiti su dispositivi mobili;

i) garantire la tutela dei minori dai contenuti, anche pubblicitari, non appropriati che accompagnano programmi per bambini o vi sono inclusi, relativi a prodotti alimentari o bevande, anche alcoliche, che contengono sostanze nutritive e sostanze con un effetto nutrizionale o fisiologico, la cui assunzione eccessiva nella dieta generale non è raccomandata, nonché prevedere idonee misure, anche di promozione di procedure di auto-regolamentazione e di co-regolamentazione, tese a ridurre efficacemente l'esposizione dei bambini alle comunicazioni commerciali audiovisive per tali bevande e prodotti alimentari;

l) promuovere l'alfabetizzazione digitale da parte dei fornitori di servizi di media e dei fornitori di piattaforme di condivisione dei video;

m) aggiornare i compiti dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, rafforzandone ulteriormente le prerogative di indipendenza;

n) aggiornare l'apparato sanzionatorio amministrativo già previsto dal testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, rispetto ai nuovi obblighi previsti dalla direttiva (UE) 2018/1808, sulla base dei principi di ragionevolezza, proporzionalità ed efficacia.”.

Con parere interlocutorio n. 1435/2021, reso nell’Adunanza del 26 agosto 2021, la Sezione ha sospeso l’espressione nel merito del parere e ha disposto incombenti istruttori, rimettendo al Ministero proponente la valutazione dell’opportunità di acquisire la posizione dell’Autorità garante per l'infanzia e l'adolescenza, dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, e del Garante per la protezione dei dati personali, e stabilendo che il Ministero proponente provvedesse:

- ad acquisire idonea documentazione che attesti quanto meno la presenza nella riunione del Consiglio dei Ministri del 5 agosto 2021 dei Ministri che si dichiarano concertanti, fermo quanto rilevato da questa Sezione in ordine alle modalità di espressione del concerto da parte dei Ministri interessati (parere n. 246/2020);

- ad acquisire il visto, pur menzionato nello schema trasmesso, del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato;

- a trasmettere al Consiglio di Stato il parere espresso dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, della cui acquisizione si dà conto nella premessa dello schema di decreto legislativo.

Con nota n. prot. 17128 del 14 settembre 2021, il Ministero dello sviluppo economico – Ufficio legislativo ha trasmesso lo schema di decreto legislativo in esame munito del visto della Ragioneria generale dello Stato, una comunicazione via mail della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 9 settembre 2021, che attesta la presenza dei Ministri proponenti e concertanti nella seduta del Consiglio dei Ministri del 5 agosto 2021, e il parere reso a firma del Presidente dell’Autorità per le garanzie delle comunicazioni nella seduta del 14 settembre 2021.

Con la medesima nota, il Ministero proponente ha precisato che sono state già acquisite le posizioni del Garante per la concorrenza e del mercato e del Garante della protezione dei dati personali, e ha segnalato che non ha ritenuto necessario, anche per non aggravare il procedimento per l’esercizio della delega, acquisire il parere dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.


Considerato


CONSIDERAZIONI GENERALI

1. In via preliminare all’esame delle singole disposizioni dello schema di provvedimento legislativo in questione, la Sezione ritiene opportuno svolgere le considerazioni di carattere generale che seguono.

Lo schema di decreto in esame è diretto a recepire le disposizioni della Direttiva (UE) 2018/1808, e a riordinare le disposizioni del Testo unico dei servizi media audiovisivi e radiofonici - TUSMAR, di cui al decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, in ragione dell’evoluzione tecnologica e di mercato nel settore, ai sensi dell’articolo 3 della legge di delega. La direttiva europea ha modificato e aggiornato, a sua volta, la Direttiva 2010/13/UE, relativa al coordinamento di determinate disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri, concernenti la fornitura di servizi di media audiovisivi, con l’obiettivo di creare e garantire il corretto funzionamento di un mercato unico digitale dell’Unione europea per i servizi di media audiovisivi.

Il testo normativo sottoposto al parere della Sezione sostituisce integralmente il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 (Testo unico dei servizi dei media audiovisivi e radiofonici - TUSMAR), oggetto, nel corso degli anni, di numerose modifiche con la tecnica della novella, le quali pertanto richiedono un coordinamento con il nuovo assetto normativo dell’Unione europea in materia, nonché un coordinamento tra le successive fonti interne.


2. Sullo schema di decreto la Sezione si era espressa con un parere interlocutorio (n. 1453/2021), con il quale era stata disposta l’acquisizione di alcuni elementi istruttori, fra i quali il parere espresso dall’Autorità per le garanzie delle comunicazioni (della cui acquisizione si dà contro nella premessa dello schema in esame) e la documentazione che attestasse la proposta o il concerto dei Ministri competenti o, almeno, la presenza nella riunione del Consiglio dei Ministri del 5 agosto 2021 dei Ministri della giustizia, dell’economia e delle finanze, degli affari esteri e della cooperazione internazionale, dell’interno, della cultura, per gli affari regionali e le autonomie.

L’altro adempimento richiesto dalla Sezione è l’inoltro dei pareri dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, del Garante per la protezione dei dati personali e dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza.


3. È pervenuto il parere dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, di seguito AGCM, peraltro a seguito di una nota di osservazioni a firma del Segretario Generale, riferita a un testo precedente. È pervenuta la nota di trasmissione di asserite valutazioni del Garante per la protezione dei dati personali, ma viene allegato il testo normativo, nella versione iniziale e non in quella attuale, con osservazioni a margine, redatte presumibilmente da funzionari di quell’autorità garante e dunque in forma del tutto irrituale. In ogni caso, alcune di quelle osservazioni sono state sostanzialmente recepite nel testo poi deliberato in via preliminare dal Consiglio dei Ministri, mentre le altre risultano inconferenti alla stregua delle competenze proprie del Garante. L’amministrazione ha comunicato, inoltre, di non aver ritenuto opportuno acquisire un parere dell’Autorità garante dell’infanzia. È agli atti, invece, il parere dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, di seguito AGCOM. È stata trasmessa la relazione tecnica positivamente verificata dalla Ragioneria Generale dello Stato, che ha apposto il proprio benestare anche al testo dell’articolato e alla relazione di accompagnamento. Quest’ultima peraltro, come si vedrà, risulta carente nel dare ragione di alcune importanti scelte normative.


4. Quanto agli atti di concerto dei Ministri competenti, è stata inviata copia di una comunicazione via mail proveniente dall’Ufficio di segreteria del Consiglio dei ministri, nella quale si dà conto della presenza di quei Ministri nella riunione di approvazione preliminare dello schema di decreto legislativo. In proposito il Collegio, rilevata la forma molto esile dell’attestazione, ribadisce che tale modo di surrogare gli atti di concerto, da acquisire già preventivamente e non solo all’esito del procedimento preparatorio, può essere considerata valida solo in casi di particolare urgenza e comunque non tiene luogo, in generale, della forma appropriata.

Va ribadito, infatti, che il concerto su un atto normativo di uno o più Ministri competenti, così come la proposta, sono adempimenti stabiliti dalla legge e hanno, ciascuno, una fisionomia propria, che presuppone una istruttoria compiuta dalle rispettive amministrazioni e che sfocia in una manifestazione di volontà positiva, non fungibile mediante l’attestazione della mera presenza nella riunione collegiale in cui si delibera. Altrimenti, verrebbe meno la stessa ragion d’essere di quegli atti, neppure sostituiti da una manifestazione espressa di volontà in quella riunione collegiale, ma dall’implicita certificazione del mancato dissenso espresso. Questo modo di procedere, tra l’altro, degrada sotto questo aspetto la stessa funzione del Consiglio dei ministri alla stregua di una sorta di conferenza dei servizi e non rispetta, soprattutto, le prerogative proprie di ciascun Ministro, presidiate dall’articolo 95, secondo comma, della Costituzione (I Ministri sono responsabili collegialmente degli atti del Consiglio dei ministri e individualmente degli atti dei loro dicasteri). Un adempimento importante, dunque, che può essere assolto senza particolari difficoltà, dato che gli atti in questione possono essere prodotti con firma digitale ed è sempre stata ritenuta valida, per la loro idoneità a manifestare la volontà del Ministro, la firma del Capo di Gabinetto o del Capo dell’Ufficio legislativo, purché, naturalmente, “d’ordine del Ministro”.


5. Passando all’esame dello schema di provvedimento in questione, la Sezione osserva che, in ragione del primo dei criteri di delega individuati dall’articolo 3 della “legge di delegazione europea 2019-2020”, il testo trasmesso dal Ministero proponente reca un nuovo Testo unico dei servizi di media audiovisivi, diretto a sostituire integralmente il vigente Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, di cui al decreto legislativo n. 177 del 2005, che viene conseguentemente abrogato.

Di questo intervento va dato atto anche apponendo all’articolato il titolo adeguato, allo stato assente.


6. L’architettura normativa del testo unico può essere senz’altro migliorata.

Anzitutto, nel preambolo devono essere indicate tutte le Direttive europee vigenti in materia e dovrebbe comparire la definizione di testo unico già nel titolo, come nel decreto legislativo attuale, di cui si propone l’abrogazione.

La numerazione dell’articolato, poi, dovrebbe seguire la successione aritmetica di un testo nuovo, non di un testo previgente interpolato da articoli aggiunti; per sopperire alle possibili difficoltà di orientamento dell’interprete nella conseguente mancata corrispondenza, in taluni casi, tra l’oggetto di un articolo e l’oggetto dell’articolo che nel testo abrogato reca lo stesso numero, può essere replicata, e adeguata, la “tavola delle corrispondenze” allegata al testo unico vigente, riferita al testo previgente.

Inoltre, sotto un aspetto più sostanziale, va chiarito il perimetro normativo nel quale agisce l’intervento di legislazione delegata e di riordino, giacché la relazione di accompagnamento non fornisce alcuna indicazione in proposito: si può presumere che alcune disposizioni, non derivanti da norme già vigenti né corrispondenti all’oggetto e ai princìpi e criteri direttivi per l’esercizio della delega legislativa in recepimento della direttiva europea, siano da riferire al criterio residuale, enunciato nella legge di delega, concernente l’adeguamento all’ “evoluzione tecnologica e di mercato”. Il criterio, in sé determinabile solo in un approccio dinamico, dovrebbe essere declinato, nei casi rilevanti, in modo circostanziato, per fugare possibili dubbi di legittimità sotto il profilo dell’eccesso di delega.

In generale, la redazione di un testo unico avrebbe potuto e dovuto propiziare anche una revisione dell’impianto redazionale, per renderlo conforme alle migliori pratiche legislative: viceversa, la struttura del testo originario, che patisce anche le interpolazioni successive, rimare intatta, con una inversione logica e testuale, ad esempio tra le definizioni e alcune disposizioni sostanziali.

Inoltre, permangono difetti di svolgimento nella partizione interna delle disposizioni, con periodi interrotti dal segno “;”, elenchi redatti in forma non appropriata e altri difetti di redazione che saranno segnalati articolo per articolo, in alcuni casi con raccomandazioni testuali di riformulazione.

Ancora, l’esercizio della delega sarebbe stata l’occasione per rimeditare proposizioni, lemmi e locuzioni non proprio corretti, seppure contenuti in disposizioni non interessate dalla direttiva in recepimento o ereditati dal testo unico vigente: si vedano le osservazioni e le raccomandazioni di riformulazione, anche di carattere redazionale, riferite a ciascuno degli articoli interessati.

Inoltre, non sembra ottemperato a sufficienza il criterio della semplificazione normativa, con alcune torsioni persino in senso opposto. Quello del riordino e della semplificazione normativa si configura come un criterio ormai immanente nell’ordinamento, derivato da princìpi e precetti costituzionali (eguaglianza, parità di trattamento, buon andamento delle amministrazioni pubbliche) e fatto proprio - in particolare - dalla legge di sistema, n. 234 del 2012, sul recepimento nell’ordinamento interno del diritto dell’Unione.


7. L’apparato di attuazione della normativa in esame è rimesso, pressoché integralmente, a regolamenti dell’AGCOM.

Ciò sembra corrispondere a una tendenza ormai consolidata nell’ordinamento italiano, in particolare per i servizi regolati come nel settore in esame, e risulta coerente anche con le prescrizioni rinvenibili in proposito nel diritto dell’Unione europea. Nondimeno, il suddetto fenomeno dovrebbe suggerire la necessità di presidiare anche quella produzione normativa di livello secondario con i mezzi propri dell’ordinamento. Quei regolamenti, infatti, sono destinati a disciplinare fattispecie che incidono direttamente su posizioni soggettive e sovente daranno consistenza normativa a proposizioni che nella direttiva europea e nel decreto legislativo riservano margini cospicui di adattamento e d’interpretazione, rimettendo di fatto l’effettivo rispetto della delega a tale livello di regolazione. Pertanto, anche sulla scorta di un precedente importante - quello del nuovo Codice dei contratti pubblici del 2016, che rimetteva molte determinazioni attuative a Linee-guida dell’ANAC, la quale, in spirito di leale collaborazione istituzionale e nell’interesse generale dell’ordinamento giuridico, decise di richiedere sempre il parere del Consiglio di Stato su tali linee guida - anche in questo, come in altri casi analoghi, potrebbe rivelarsi opportuna una prassi dello stesso tenore da parte di AGCOM prima dell’adozione dei regolamenti in questione. Una soluzione siffatta, inoltre, risulta coerente con l’orientamento sempre più spiccato della funzione consultiva del Consiglio di Stato come una funzione rivolta non solo al Governo, ma allo Stato comunità: numerosi, infatti, sono stati già i casi di richieste di parere al Consiglio di Stato provenienti da assemblee regionali, organi costituzionali e, appunto, autorità amministrative indipendenti. Il Consiglio di Stato, invero, è il solo consesso indipendente, formato esclusivamente da magistrati, cui siano rimesse valutazioni preventive nel processo di decisione che approda a nuove norme e in tale funzione è d’ausilio alla prevenzione di possibili vizi di legittimità come alla ricerca delle migliori pratiche nelle valutazioni prognostiche sull’applicazione delle norme e sulla tecnica di redazione delle disposizioni, allo scopo di garantire univocità e chiarezza (cfr. parere n. 515/2016).


8. In merito all’applicazione della normativa in esame, particolare attenzione va dedicata ai mezzi di controllo nel tempo, per poter monitorare il rendimento di ciascuno dei dispositivi e del loro insieme mediante adeguate metodologie di valutazione d’impatto della regolazione e un coerente dispiegamento, anche temporale, delle relazioni periodiche demandate a AGCOM.

In proposito si osserva sin d’ora che alcune delle relazioni previste per AGCOM potrebbero essere accorpate, quantomeno allineando i rispettivi termini. Inoltre, una efficace valutazione d’impatto presuppone un’analisi d’impatto svolta ex ante in modo adeguato e puntuale, al fine di poter commisurare previsioni, obiettivi e risultati. Viceversa, l’AIR prodotta dall’Amministrazione è carente proprio sotto quest’aspetto fondamentale, limitandosi a indicare il tenore dei diversi interventi normativi e a formulare auspici di rendimento. Manca, in particolare, ogni elemento che consenta di sviluppare un’analisi accurata sul rapporto tra le disposizioni più rilevanti e quel criterio di riordino normativo declinato nella legge di delegazione in ragione dell’ “evoluzione tecnologica e di mercato”. Tali elementi di valutazione risultano essere disponibili, con dati quantitativi certi, sia attuali sia tendenziali, e, se allegati, possono fornire agli interessati, alle amministrazioni competenti e al legislatore le nozioni indispensabili per poter verificare nel tempo l’efficacia “in concreto” della normativa e le possibili esigenze di adattamento.


OSSERVAZIONI SULL’ARTICOLATO

Passando all’esame dell’articolato, la Sezione osserva quanto segue.


Nelle definizioni, è necessario aggiungere: “Codice delle comunicazioni elettroniche: d.lgs. 1° agosto 2003, n. 259”.


All’articolo 1, dovrebbe essere diviso l’oggetto dall’ambito di applicazione e, subito a seguire, dovrebbe essere collocato l’articolo contente le definizioni (nello schema, art. 4).


L’articolo 2, anche tenendo conto dei rilievi formulati da AGCOM e della necessità di risolvere una sostanziale confusione di fattispecie, dovrebbe essere così riformulato:

-nella rubrica, “Art. 2. - (Applicazione del diritto nazionale per i servizi di media audiovisivi e radiofonici);

- nelle disposizioni, sostituire i commi 1 e 2 con i seguenti:

“1. Sono soggetti alla giurisdizione italiana i fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici e i concessionari radiofonici che operano in Italia, in conformità a quanto previsto dai commi 2 e 3 o altrimenti, nei casi in cui si applica il comma 4.

2. Ai sensi e per gli effetti di cui al presente testo unico il fornitore di servizi di media audiovisivi e radiofonici e i concessionari radiofonici opera in Italia:

a) quando ha la sua sede principale in Italia e le decisioni editoriali sul servizio di media audiovisivo sono prese nel territorio italiano;

b) quando ha la sede principale in Italia e le decisioni editoriali sul servizio di media audiovisivo sono prese in un altro Stato membro o in un Paese terzo, se nel territorio italiano opera una parte significativa degli addetti allo svolgimento dell'attività di servizio di media audiovisivo o radiofonico collegata ai programmi;

c) quando una parte significativa degli addetti allo svolgimento dell'attività di servizio di media audiovisivo collegata ai programmi opera sia in Italia sia nell'altro Stato membro, se la sua sede principale è in Italia;

d) in mancanza delle condizioni di cui alle lettere b) e c), se ha iniziato in Italia la sua attività nel rispetto dell'ordinamento giuridico nazionale, mantenendo nel tempo un legame stabile ed effettivo con l'economia italiana.”.

Inoltre:

- al comma 4, sostituire le parole: “da 49 a 54 del Trattato”, con le parole: “da 49 a 55 del Trattato”;

- al comma 6, sostituire le parole: “in conformità ai commi 2, 3 e 4”, con le parole: “di cui rispettivamente ai commi 2, 3 e 4”.


Quanto all’articolo 3, relativo alle trasmissioni transfrontaliere, vale quanto affermato nelle considerazioni generali in relazione alla architettura sistematica dell’articolato. Per l’articolo in parola, la sua collocazione riproduce pedissequamente il frutto di un’interpolazione del testo originario, mentre nella successione logica e sistematica del testo unico dev’essere dislocato altrove.

Nel merito, il procedimento di sospensione disciplinato dall’articolo in esame manifesta una lacuna nella parte – compresa, sembrerebbe, tra le attuali lettere c) e d) del comma 3 – in cui non si prevede alcun esito nella valutazione della Commissione, conoscibile dagli interessati, fino all’eventuale accertamento d’incompatibilità del provvedimento con il diritto dell’Unione europea. A tale lacuna si deve porre rimedio, regolando una fase del procedimento che deve assicurare il rispetto delle garanzie del contraddittorio e del diritto di fornire ogni elemento utile all’accertamento.

Inoltre, non è chiaro lo svolgimento né il contenuto delle “consultazioni” previste dal comma 3, lettera d), richiamate solo per farne il presupposto di un esito non amichevole ma non definite affatto. Infine, le disposizioni del comma 14 vanno coordinate con l’articolo 41, comma 7.

Si raccomandano, altresì, le seguenti modifiche, di natura redazionale:

- al comma 2, alinea, sostituire le parole: “in caso di”, con le parole: “nei casi seguenti:”;

- al comma 2, lettere a) e e), sostituire la parola: “ovvero” con l’altra: “o”;

- al comma 2, lettera e). dopo le parole: “difesa e“, inserire la seguente: “della”;

- al comma 3, lettera a), sostituire la parola: “descritti” con la parola: “indicati” e le parole: “ovvero ha posto in essere”, con le parole: “o ha tenuto”;

-al comma 3, lettera c), sostituire la parola: “concessa” con l’altra: “assicurata”;

- al comma 4, sostituire la parola: “indicate” con l’altra: “definite”;

- al comma 5, sostituire le parole: “in caso di violazione” con le parole: “nei casi”;

- sostituire il comma 6 con il seguente: “6. L'Autorità si conforma alla decisione con la quale la Commissione europea accerta l'incompatibilità al diritto dell'Unione europea della sospensione temporanea della ricezione o della ritrasmissione sul territorio nazionale dei servizi dei media audiovisivi e radiofonici, ritirando prontamente l'atto emesso e rimuovendone gli effetti. L’Autorità fornisce alla Commissione le informazioni eventualmente necessarie, entro un mese dal ricevimento de1la richiesta.”;

- al comma 7, sostituire le parole: “le descritte violazioni”, con le parole: “le violazioni di cui al presente articolo”;

- al comma 9, sostituire le parole: “a rispettare” con le parole: “, in ogni caso, a osservare”;

- sostituire i commi 10 e 11 con i seguenti:

“10. Se un fornitore di servizi di media soggetto alla giurisdizione di un altro Stato membro fornisce un servizio di media audiovisivo in tutto o per la maggior parte destinato al territorio italiano, l'Autorità può chiedere a tale Stato di considerare eventuali questioni relative alle disposizioni del presente articolo, con particolare riguardo alle violazioni di cui al comma 2, secondo le procedure definite con apposito regolamento della stessa Autorità.

11. Quando all'applicazione delle misure di cui al comma 8 non seguono risultati soddisfacenti e vi sono elementi probatori idonei a far ritenere che il fornitore di servizi di media in questione si è stabilito nello Stato membro cui spetta la giurisdizione per eludere le norme più rigorose applicabili in caso di stabilimento nel territorio italiano, si applica la normativa nazionale, anche penale, vigente in materia, senza necessità di dimostrare l'intenzione del fornitore di servizi di media di eludere le norme più rigorose.”;

- al comma 12, alinea, sopprimere la parola: “precedente” e sostituire le parole: “se sono rispettate le” con la parola: “alle”;

- al comma 12, lettera e), sostituire la parola: “deciso” con l’altra: “accertato”;

- al comma 13, alinea, sopprimere la parola: “, inoltre,”;

- al comma 13, lettera a), sostituire il n. 1) con il seguente: “1) tutela dell'ordine pubblico, in particolare la prevenzione, l’investigazione, l’individuazione e il perseguimento di reati, anche in funzione della tutela dei minori e del contrasto all'incitamento all'odio fondato su motivi di razza, sesso, religione o nazionalità, nonché alle violazioni della dignità umana degli individui;”;

- al comma 13, lettera a), n. 4), e ovunque ricorrono nel testo, sostituire le parole: “presente decreto”, con le parole: “presente testo unico”;

- al comma 14, nel primo periodo, sostituire la parola: “ovvero” con la parola: “o” e sopprimere la parola: “ma”; nel secondo periodo, sopprimere le parole: “dell’adozione” e la parola: “altresì” e sostituire le parole: “al pubblico italiano” con le parole: “presso il pubblico italiano” e le parole: “irroga” con la parola: “applica”;

- al comma 15, dopo la parola: “Stati”, inserire la parola: “terzi” e sopprimere le seguenti parole: “che non sono anche Stati membri dell'Unione europea”.


L’articolo 4, come già rilevato, va anticipato nella collocazione, inserendolo subito dopo le disposizioni inziali concernenti “Ambito di applicazione e oggetto”.

Inoltre, la struttura formale dell’articolo deve seguire le comuni regole redazionali, con elenchi contrassegnati dalle lettere dell’alfabeto italiano e da sottoinsiemi contrassegnati da numeri cardinali.

Nel contenuto, si osserva in primo luogo, e in generale, che nel contesto in esame le definizioni assumono un valore particolare, perché integrano e precisano i precetti normativi: pertanto è necessario che siano esatte e certe. In proposito si segnala che nell’articolato le definizioni sono richiamate, genericamente, anche allo scopo di disporre un’applicazione analogica, ma tale tecnica non soddisfa i requisiti minimi di certezza, che si possono ottenere solo con riferimenti puntuali.

Inoltre, quanto alle singole definizioni, va rilevato che la lettera dd) si scompone, di seguito, in più fattispecie, ma nella sua definizione d’insieme non sono comprese le telepromozioni, di cui alla lettera mm): l’incongruenza va risolta, assicurando la necessaria simmetria con le altre fattispecie.

Sempre alla lettera mm), vanno soppresse le seguenti parole: “fatta dall'emittente televisiva o radiofonica, sia analogica che digitale”, come rilevato puntualmente nel parere dell’AGCOM.

Quanto alla lettera w), si introduce una nuova delimitazione dell’ «ambito locale radiofonico», come l'esercizio dell'attività di radiodiffusione sonora, con irradiazione del segnale fino a una copertura massima del 50% della popolazione nazionale: ebbene, il raddoppio – con effetti di impatto regolatorio evidentemente rilevanti – della soglia di copertura dal 25 al 50 per cento non risulta sorretta da uno specifico criterio di delega né da disposizioni della direttiva; l’unico fondamento dovrebbe dunque presumersi nella circostanza che tale significativo ampliamento costituisca un adeguamento all’evoluzione tecnologica e di mercato, ma di ciò non vi è alcun tipo di riscontro, né documentale né argomentativo, da parte dell’Amministrazione (cfr. pure infra, il rilievo all’art. 24, comma 3).

Il Collegio ritiene di dover raccomandare, anche per l’articolo in esame, alcune modifiche redazionali, che possono dare maggiore chiarezza e certezza alle disposizioni:

- sostituire la lettera a) con le seguenti:

“a) «servizio di media audiovisivo»: un servizio quale definito dagli articoli 56 e 57 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, ove l'obiettivo principale del servizio stesso o di una sua sezione distinguibile sia la fornitura di programmi al grande pubblico, sotto la responsabilità editoriale di un fornitore di servizi di media, al fine di informare, intrattenere o istruire, attraverso reti di comunicazioni elettroniche ai sensi dell'articolo 2, numero 1), della direttiva 2018/1972/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell'11 dicembre 2018;

b) per servizio di media audiovisivo, ai sensi della lettera a), si intende o una trasmissione televisiva come definita alla lettera m) o un servizio di media audiovisivo a richiesta come definito alla lettera n) o una comunicazione commerciale audiovisiva;”;

- alla lettera b), sostituire le parole: “per il grande pubblico”, con le parole: “destinati al grande pubblico”;

- alla lettera c), sostituire le parole: “; sono escluse dalla definizione di "fornitore di servizi di media"”, con la parola: “, esclusi”;

- alla lettera h), sostituire le parole: “al fine di esercitare la”, con la parola: “, nell’esercizio della”;

- alle lettere o) e r), sostituire, ovunque ricorre, la parola: “ovvero”, con la parola: “o”;

- alla lettera q), sostituire le parole: “e che in caso di produzione”, con le parole: “e in caso di produzione”;

- sostituire la lettera t) con la seguente: “t) «sistema integrato delle comunicazioni»: il settore economico che comprende le attività di stampa quotidiana e periodica, delle agenzie di stampa, di editoria elettronica, anche per il tramite di Internet, di radio e servizi di media audiovisivi e radiofonici, cinema, pubblicità esterna, sponsorizzazioni e pubblicità online”;

- alla lettera u), sostituire le parole:”di riferimento”, con le parole: “applicabili in materia”;

- alla lettera z), sostituire le parole:”nell’arco”, con le parole: “nel corso”;

- alla lettera aa), sostituire le parole:”di riferimento/target”, con le parole: “o a un target”;

- sostituire la lettera bb) con la seguente:

“bb) «emittente radiofonica»: il titolare di concessione o autorizzazione su frequenze terrestri in tecnica analogica, che ha la responsabilità editoriale dei palinsesti radiofonici e li trasmette secondo le seguenti tipologie:

1) «emittente radiofonica a carattere comunitario», nazionale o locale: l'emittente caratterizzata dall'assenza dello scopo di lucro, che trasmette programmi originali autoprodotti per almeno il 30 per cento dell'orario di trasmissione giornaliero compreso tra le ore 7 e le ore 21, può avvalersi di sponsorizzazioni e non trasmette più del l 0 per cento di pubblicità per ogni ora di diffusione, escluse le trasmissioni di brani musicali intervallate da messaggi pubblicitari o da brevi commenti del conduttore della stessa trasmissione;

2) «emittente radiofonica a carattere commerciale locale»: l'emittente senza specifici obblighi di palinsesto, che comunque destina almeno il 20 per cento della programmazione settimanale all'informazione, di cui almeno il 50 per cento all'informazione locale, in notizie e servizi, e a programmi, nell’ambito di almeno sessantaquattro ore settimanali;

3) «emittente radiofonica nazionale»: l'emittente senza particolari obblighi, salvo la trasmissione quotidiana di giornali radio;”;

- alla lettera cc), sostituire il n. 1) con il seguente:

“1) le opere che rientrano nelle seguenti tipologie:

1.1) le opere originarie di Stati membri;

1.2) le opere originarie di Stati terzi che sono parti della Convenzione europea sulla televisione transfrontaliera del Consiglio d'Europa, firmata a Strasburgo il 5 maggio 1989 e ratificata dalla legge 5 ottobre 1991, n. 327 rispondenti ai requisiti di cui al numero 2), a condizione che le opere originarie degli Stati membri non siano soggette a misure discriminatorie nel paese terzo interessato;

1.3) le opere co-prodotte nell'ambito di accordi conclusi nel settore audiovisivo tra l'Unione europea e paesi terzi e che rispettano le condizioni definite in ciascuno di tali accordi, a condizione che le opere originarie degli Stati membri non siano soggette a misure discriminatorie nel paese terzo interessato;”;

- alla lettera cc), n. 3, sostituire le parole: “ma che”, con la parola:”e”;

- sostituire la lettera dd) con la seguente: “dd) «comunicazione commerciale audiovisiva»: immagini, siano esse sonore o non, destinate a promuovere, direttamente o indirettamente, i beni, i servizi o l'immagine di una persona fisica o giuridica che esercita un'attività economica e comprendenti, tra l'altro, la pubblicità televisiva, la sponsorizzazione, la telepromozione, la televendita e l'inserimento di prodotti, inserite o di accompagnamento in un programma o in un video generato dall'utente dietro pagamento o altro compenso o a fini di autopromozione;”;

- alla lettera ee), sostituire la parola: “ovvero” con la parola: “o”;

- sostituire la lettera gg) con la seguente: “gg) «comunicazione commerciale audiovisiva occulta»: la presentazione orale o visiva di beni, di servizi, del nome, del marchio o delle attività di un produttore di beni o di un fornitore di servizi in un programma, quando tale presentazione è compiuta dal fornitore di servizi di media per scopi pubblicitari e può ingannare il pubblico circa la sua natura, con presunzione del suo carattere intenzionale, in particolare nei casi di svolgimento a pagamento o dietro altro compenso;”;

- alla lettera ll), sostituire la parola: “così” con le parole:“in modo”;


Gli articoli 5 e seguenti enunciano i princìpi di regolazione della materia, distinti tra princìpi “fondamentali” (art. 5) e principi “generali” articolati in funzione delle garanzie per gli utenti (art. 6), della salvaguardia del pluralismo (art.7), nonché in materia di informazione e di ulteriori compiti di pubblico servizio (art. 8) e in materia di servizi di media in ambito locale (art. 9).

Orbene, la distinzione tra “principi fondamentali” e “principi generali” genera una confusione di qualificazione in sé e in riferimento a quanto disposto dall’articolo 14, laddove tali principi “fondamentali” e “generali” sono assunti quali “principi fondamentali” per la legislazione concorrente delle Regioni. Al riguardo va dunque osservato, anzitutto, che una indicazione di principi normativi qualificati come “fondamentali” non può ritenersi perspicua in una legge ordinaria, se non nell’accezione di cui all’articolo 117, terzo comma della Costituzione: pertanto gli articoli 5 e 6 dovrebbero essere unificati sotto la denominazione comune di “principi generali”, da richiamare come “fondamentali” solo ai fini della delimitazione delle competenze legislative regionali.


Nel merito, l’articolo 6, comma 3, dispone una importante attività di monitoraggio, ma con un procedimento involuto, nel quale la consultazione preventiva del Ministero appare incongrua, dato che la stessa Amministrazione è destinataria dei risultati elaborati dall’Autorità, da trasmettere alla Commissione europea.

In proposito, sarebbe opportuno prevedere, quando necessario, un monitoraggio più intenso del periodo attualmente previsto, aggiungendo nella formulazione il termine “almeno” dopo “ogni tre anni”.


Nell’articolo 7 si fa riferimento alla “concorrenza leale”: tale locuzione corrisponde a uno dei rilievi mossi nel primo documento trasmesso dall’AGCM, a firma del Segretario Generale, dunque in una fase precedente alla deliberazione preliminare del Consiglio dei ministri. Il testo originario, infatti, si riferiva alla “concorrenza” tout-court: non di meno, la delimitazione alla “concorrenza leale” non appare persuasiva, in ragione dei contenuti precettivi del testo unico, che in più parti incidono direttamente nella tutela della condizione competitiva tra gli attori del settore. Lo stesso articolo 7 si riferisce alle posizioni di significativo potere di mercato e specifica la nozione di controllo societario e di influenza dominante ai fini della disciplina in esame; inoltre, tra gli altri, l’articolo 51 (sul quale si veda infra in modo specifico) investe fattispecie tipiche del diritto antitrust europeo e nazionale. Lo conferma il parere reso proprio da AGCM sul testo in esame, che nel sottolineare il rilievo di quella disciplina ai fini della tutela della concorrenza e del mercato reclama, in modo condivisibile per la Sezione, un parere obbligatorio della stessa Autorità all’AGCOM. In conclusione sul punto, si dovrebbe fare riferimento, nei principi, alla “concorrenza” tout-court, con la specificazione e la regolazione del rispetto delle competenze generali di AGCM in materia.

Inoltre, l’articolo 7, al comma 1, lettera b), si riferisce al “regime di autorizzazione generale”: si tratta evidentemente di una fattispecie assai rilevante, che esige una inclusione tra le definizioni di cui all’art. 4 del testo in esame, con una adeguata specificazione.

L’articolo 7, nella sua struttura risente anche di una erronea dislocazione delle diverse disposizioni: pertanto si raccomanda la seguente riformulazione, che comprende anche altri elementi di natura redazionale, oltre alle indicazioni di contenuto già esposte:

“Art. 7.

(Principi generali del sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia a salvaguardia del pluralismo e della concorrenza)

1. La disciplina del sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia a garanzia del pluralismo dei mezzi di comunicazione radiotelevisiva, si conforma ai seguenti principi:

a) promozione della concorrenza nel sistema dei servizi di media audiovisivi e della radiofonia e dei mezzi di comunicazione di massa e nel mercato della pubblicità e tutela del pluralismo, vietando a tale fine la costituzione o il mantenimento di posizioni di significativo potere fissati nel presente decreto, e assicurando la massima trasparenza degli assetti societari;

b) previsione di diversi titoli abilitativi per lo svolgimento delle attività di operatore di rete o di fornitore di servizi di media audiovisivi anche a richiesta o radiofonici oppure di fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato, con la previsione del regime dell'autorizzazione generale per le attività di operatore di rete oppure di fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato;

c) previsione di titoli abilitativi distinti per lo svolgimento, rispettivamente, su frequenze terrestri o via cavo coassiale o via satellite o su altre piattaforme, anche da parte dello stesso soggetto, delle attività di cui alla lettera b), nonché previsione di una sufficiente durata dei relativi titoli abilitativi, comunque non inferiore a dodici anni, per le attività su frequenze terrestri in tecnica digitale, con possibilità di rinnovo per eguali periodi;

d) previsione di titoli distinti per lo svolgimento delle attività di fornitura di cui alla lettera b), rispettivamente in ambito nazionale e in ambito locale, quando le stesse sono esercitate su frequenze terrestri, stabilendo, comunque, che uno stesso soggetto o soggetti tra di loro in rapporto di controllo o di collegamento non possono essere, contemporaneamente, titolari di autorizzazione per fornitore di servizi media radiofonici, inclusi i concessionari, in ambito nazionale e in ambito locale;

e) obbligo per gli operatori di rete:

1) di non effettuare discriminazioni nei confronti dei fornitori di servizi di media audiovisivi, anche a richiesta, o radiofonici non riconducibili a società collegate e controllate, rendendo disponibili a questi le stesse piattaforme e informazioni tecniche messe a disposizione dei fornitori di servizi di media audiovisivi, anche a richiesta, o radiofonici riconducibili a società collegate e controllate;

2) di non effettuare discriminazioni nello stabilire gli opportuni accordi tecnici in materia di qualità trasmissiva e condizioni di accesso alla rete fra fornitore di servizi di media audiovisivi, anche a richiesta, o radiofonici appartenenti a società controllanti, controllate o collegate e fornitori di servizi di media audiovisivi, anche a richiesta, o radiofonici e fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato indipendenti, prevedendo, comunque, che gli operatori di rete cedano la propria capacita trasmissiva a condizioni di mercato nel rispetto dei principi e dei criteri fissati dall'Autorità con proprio regolamento;

3) di utilizzare, sotto la propria responsabilità, le informazioni ottenute dalle emittenti, anche radiofoniche digitali, o dai fornitori di servizi di media a richiesta non riconducibili a società collegate e controllate, esclusivamente per il fine di concludere accordi tecnici e commerciali di accesso alla rete, con divieto di trasmettere a società controllate o collegate o a terzi le informazioni ottenute;

4) per le emittenti radiofoniche e per i fornitori di servizi di media audiovisivi, anche a richiesta, o radiofonici in caso di cessione dei diritti di sfruttamento di programmi, di osservare pratiche non discriminatorie tra le diverse piattaforme distributive, alle condizioni di mercato, nel rispetto dei diritti di esclusiva, delle norme in tema di diritto d'autore e della libera negoziazione tra le parti;

5) con esclusione dei soggetti operanti unicamente in ambito locale su frequenze terrestri, obbligo di separazione contabile per le imprese, diverse da quelle che trasmettono in tecnica analogica, operanti in almeno due settori dei servizi di media audiovisivi, della emittenza radiofonica e dei servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato, al fine di consentire l’evidenziazione dei corrispettivi per l'accesso e l'interconnessione alle infrastrutture di comunicazione, l'evidenziazione degli oneri relativi al servizio pubblico generale, la valutazione dell'attività di installazione e gestione delle infrastrutture separata da quella di fornitura dei contenuti o dei servizi, ove svolte dallo stesso soggetto, e la verifica dell'insussistenza di sussidi incrociati e di pratiche discriminatorie, prevedendo, comunque, che:

6) per il fornitore di servizi di media audiovisivi, anche a richiesta, o radiofonici che sia anche fornitore di servizi, di adottare un sistema di contabilità separata per ciascuna autorizzazione;

7) per il fornitore di servizi di media audiovisivi, anche a richiesta, o radiofonici che sia anche operatore di rete in ambito nazionale, o fornitore di servizi interattivi associati o di servizi di accesso condizionato, di tenere la separazione societaria;

f) è fatto salvo il diritto dei fornitori di servizi di media audiovisivi, anche a richiesta, o radiofonici di effettuare collegamenti in diretta e di trasmettere dati e informazioni all'utenza sulle stesse frequenze messe a disposizione dall'operatore di rete;

g) resta fermo l’obbligo, per le emittenti radiofoniche, per fornitori di servizi di media audiovisivi, anche a richiesta, o radiofonici operanti in ambito nazionale e per la concessionaria del servizio pubblico radiofonico televisivo e multimediale, di diffondere il medesimo contenuto su tutto il territorio per il quale è stato rilasciato il titolo abilitativo, fatti salvi:

1) la deroga di cui all'articolo 26, comma 1, per le emittenti radiofoniche locali nonché l'articolazione, anche locale, delle trasmissioni radiotelevisive della società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale;

2) quanto previsto dall'articolo 59 per la società concessionaria del servizio pubblico radiofonico, televisivo e multimediale;

3) la trasmissione di eventi di carattere occasionale ovvero eccezionale e non prevedibili;

h) previsione di specifiche forme di tutela dei servizi di media in favore delle minoranze linguistiche riconosciute dalla legge.

2. Ai fini del presente testo unico il controllo sussiste, anche con riferimento a soggetti diversi dalle società, nei casi previsti dall'articolo 2359, commi primo e secondo, del codice civile. Il controllo si considera esistente nella forma dell'influenza dominante, salvo prova contraria, quando ricorre una delle seguenti condizioni:

a) esistenza di un soggetto che, da solo o in base alla concertazione con altri soci, ha la possibilità di esercitare la maggioranza dei voti nell'assemblea ordinaria o di nominare o revocare la maggioranza degli amministratori;

b) sussistenza di rapporti, anche tra soci, di carattere finanziario o organizzativo o economico idonei a conseguire uno dei seguenti effetti:

1) la trasmissione degli utili e delle perdite;

2) il coordinamento della gestione dell'impresa con quella di altre imprese ai fini del perseguimento di uno scopo comune;

3) l'attribuzione di poteri maggiori rispetto a quelli derivanti dalle azioni o dalle quote possedute;

4) l'attribuzione a soggetti diversi da quelli legittimati in base all'assetto proprietario di poteri nella scelta degli amministratori e dei dirigenti delle imprese;

c) esistenza dell'assoggettamento a direzione comune, che può risultare anche in base alle caratteristiche della composizione degli organi amministrativi o per altri significativi e qualificati elementi.

3. L'autorizzazione generale di cui al comma 1, lettera b), non comporta l'assegnazione delle radiofrequenze, da conferire con distinto provvedimento. L'autorizzazione all'attività di fornitore di servizi di media audiovisivi anche a richiesta o radiofonici non può essere rilasciata a società che non hanno per oggetto sociale l'esercizio dell'attività radiotelevisiva, editoriale o comunque attinente all'informazione ed allo spettacolo. Fatto salvo quanto previsto per la società concessionaria del servizio pubblico generale radiotelevisivo, le amministrazioni pubbliche, gli enti pubblici, anche economici, le società a prevalente partecipazione pubblica e le aziende ed istituti di credito non possono, né direttamente né indirettamente, essere titolari di titoli abilitativi per lo svolgimento delle attività di operatore di rete o di fornitore di servizi di media anche a richiesta o radiofonici.”.


In riferimento agli articoli 5, 6, 8 e 9, si raccomanda di seguire, inoltre, le seguenti indicazioni redazionali:

- all’articolo 5: sostituire le parole: “a livello” con le parole: “in ambito”;

- all’articolo 6:

al comma 3, secondo periodo, sostituire le parole: “da presentarsi”, con le parole: “da presentare”;

al comma 4, sostituire le parole: “alla legislazione vigente”, con le seguenti: “alle norme vigenti”;

- all’articolo 8:

al comma 2, alinea, sostituire le parole: “, comunque, garantisce:”, con le seguenti: “garantisce, comunque:”;

al comma 2, lettera e), sostituire le parole: “l’assoluto divieto”, con le parole: “il divieto”;

al comma 3, dopo le parole: “l’osservanza”, inserire le seguenti: “nei programmi d’informazione” e sopprimere, in fine, le medesime parole: “nei programmi di informazione”;

al comma 5, secondo periodo, sostituire la parola: “Ferma”, con le parole: “Fatta salva”;

all’articolo 9 al comma 1, sostituire le parole: “delle minoranze linguistiche suddette”, con le parole: “delle stesse minoranze linguistiche”.


Quanto all’articolo 10, la Sezione osserva che le disposizioni ivi contenute si riferiscono, tra l’altro, al regolamento di organizzazione del Ministero dello sviluppo economico: si tratta, come noto, di una fonte in evoluzione pressoché continua, peraltro interessata a una temporanea eccezione, ormai risolta, concernente il procedimento e lo stesso atto di adozione; pertanto non è opportuno citare il d.P.C.M. attualmente vigente. Si raccomanda, comunque, la seguente riformulazione del comma 1:

“1. Nelle materie di cui al presente testo unico il Ministero esercita le competenze stabilite nel presente decreto, quelle riferite alle funzioni e ai compiti di spettanza statale indicati dall'articolo 32-ter del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, nonché dal proprio regolamento di organizzazione.”.


Quanto all’articolo 11, la Sezione rileva una configurazione assai singolare: da un lato sembrano affermate le attribuzioni dell’AGCOM nel settore con la corretta accentuazione della sua indipendenza, coerente anche con le prescrizioni del diritto europeo, d’altro canto alcune disposizioni (anzi, la gran parte) riproducono o evocano norme già vigenti, a volte per mero rinvio.

Si raccomanda, dunque, di seguire un metodo di redazione coerente e unitario e, in ogni caso, di seguire le seguenti modificazioni:

al comma 1, sostituire le parole: “concorrenza leale“, con la parola: “concorrenza”;

al comma 2, sostituire le parole: “dalle norme vigenti“, con le parole: “dalle altre norme vigenti” e la parola: ”trasposte”, con la parola: “incluse”;

al comma 4, sostituire le parole: “Essa non“, con la parola: “Non” e le parole: “dei compiti ad essa affidati”, con le parole: “dei propri compiti”;

al comma 5, sostituire la parola: “adotta”, con la parola: “approva”;

al comma 7, sostituire le parole: “, nell’ipotesi in cui riceva”, con le parole: “, quando riceve”;

al comma 8, sostituire le parole: “trasmette all'autorità o all'organismo nazionale in discorso”, con le parole: “trasmette a quell'autorità o quell'organismo nazionale”;


Nell’articolo 13 i principi fondamentali per la legislazione concorrente delle Regioni vanno richiamati – come già osservato – in riferimento ai principi generali di cui al Titolo I, specificando la parte richiamata corrispondente, nel testo in esame, a quelli che sono definiti “principi fondamentali” del sistema, ma devono essere riqualificati anch’essi come “principi generali”.

Nel comma 1, lettera b), vi è un improprio riferimento alla tutela delle bellezze naturali, che va sostituito con la tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, in conformità all’articolo 9 della Costituzione.

Inoltre, al comma 1, la lettera d) dev’essere scomposta in disposizioni distinte, prevedendo nel caso un comma aggiunto.

Pertanto, all’articolo 13 dovrebbero essere apportate le seguenti modifiche, anche redazionali:

al comma 1, lettera a), sostituire la parola: “detti”, con la parola:”tali”;

al comma 1, lettera b), sostituire le parole: “e del paesaggio e delle bellezze naturali”, con le parole: “e del patrimonio culturale e del paesaggio”;

al comma 1, lettera d), sostituire le parole: “e/o” e la parola: “ovvero”, con la parola: “o”;

aggiungere il seguente comma:”2. Il titolare della autorizzazione di operatore di rete televisiva in tecnica digitale in ambito locale, qualora abbia richiesto una o più autorizzazioni per lo svolgimento dell'attività di fornitura di cui al comma 1, lettera b), ha diritto a ottenere almeno un'autorizzazione che consenta di irradiare nel blocco di programmi televisivi numerici di cui alla licenza rilasciata.”

Conseguentemente, al comma 1, lettera d), sopprimere le seguenti proposizioni: “; il titolare della autorizzazione di operatore di rete televisiva in tecnica digitale in ambito locale, qualora abbia richiesto una o più autorizzazioni per lo svolgimento dell'attività di fornitura di cui alla lettera b), ha diritto a ottenere almeno un'autorizzazione che consenta di irradiare nel blocco di programmi televisivi numerici di cui alla licenza rilasciata.”.


L’articolo 15 reca una clausola di garanzia per gli enti territoriali d’insediamento delle minoranze linguistiche, coerente con la Costituzione, gli Statuti speciali di autonomia (pure di rango costituzionale), le rispettive norme di attuazione (che a loro volta godono di una particolare forza normativa), le leggi dello Stato che a titolo diverso dispongono in materia e le disposizioni di principio del testo in esame.

Tuttavia, la sua formulazione risulta allo stesso tempo carente, incongrua e non sufficientemente chiara.

È carente nella parte in cui non si riferisce anche alla Regione autonoma Friuli - Venezia Giulia, territorio d’insediamento di una popolazione appartenente alla minoranza di lingua slovena, che, al pari di quelle insediate nella regione Valle d’Aosta e nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, gode di particolari forme di tutela dalle richiamate norme dell’ordinamento generale e anche da norme attinenti al settore. Nello stesso schema in esame, inoltre, l’articolo 59, comma 2, lettera f) si riferisce espressamente anche alla minoranza slovena dislocata nella Regione Friuli - Venezia Giulia.

La formulazione dell’articolo, inoltre, appare incongrua nel richiamare testualmente una clausola di garanzia contenuta nell’articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001, che ha riformato a suo tempo gran parte del Titolo V della Costituzione: mentre in quel contesto la clausola in questione ha un senso in quanto riferita a norme costituzionali in rapporto agli Statuti speciali e alle relative norme di attuazione, nel caso in esame, trattandosi di una legge ordinaria, essa non è pertinente.

Infine, vi è un’esigenza di maggiore chiarezza che può essere risolta da una diversa formulazione.

Si raccomanda, pertanto, di sostituire l’articolo con il testo che segue: “Art. 15. (Disposizioni particolari per la Regione autonoma Valle d 'Aosta, per la Regione automa Friuli - Venezia Giulia e per le Province autonome di Trento e di Bolzano)

1. Nel rispetto dei principi fondamentali previsti dal presente testo unico ai sensi dell’articolo 13, la Regione autonoma Valle d'Aosta, la Regione automa Friuli - Venezia Giulia e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alle finalità di cui al medesimo testo unico nell'ambito delle rispettive, specifiche competenze, ai sensi degli statuti speciali e delle relative norme di attuazione.”.


Quanto al Titolo III (ATTIVITA’) - Capo I (Disciplina di operatore di rete radiotelevisiva), nella rubrica del Capo I: sostituire “di operatore” con “dell’operatore”.


Nella rubrica dell’articolo 16: sostituire “Attività di operatore di rete” con “Autorizzazione dell’attività di operatore di rete”.

Il comma 1 – che riproduce l’art. 15 del d.lgs. n. 177 del 2005 nella formulazione introdotta dal d.l. n. 59 del 2008, convertito con modificazioni dalla l. n. 1001 del 2008 – va ricondotto al suo contenuto essenziale, costituito dall’individuazione del titolo per lo svolgimento dell’attività di operatore di rete. Pertanto, andrà eliminato ogni riferimento alla presupposta concessione dei diritti di uso delle radiofrequenze e il richiamo delle direttive comunitarie. Ne risulta una formulazione del seguente tenore: “L’attività di operatore di rete su frequenze terrestri in tecnica digitale è oggetto dell’autorizzazione generale, ai sensi del Codice delle comunicazioni elettroniche”. Naturalmente, l’Amministrazione provvederà a richiamare il corrispondente articolo del Codice. Tale rilievo, essendo essenziale per la leggibilità e chiarezza della disciplina contenuta nello schema di decreto legislativo, ha carattere generale e vale per ogni generico richiamo allo stesso Codice.

I commi 2, 3 e 4 hanno per oggetto il titolo abilitativo per l’uso delle radiofrequenze, che è distinto per ogni tipologia di diffusione. Rileva la Sezione che, mentre i primi due commi erano previsti nel richiamato art. 15, del d.lgs. del 2005, il terzo (ovvero il comma 4) è stato introdotto con la disposizione in esame. Inoltre, nel testo precedente, a ogni titolo corrispondeva un provvedimento distinto, mentre nello schema di decreto in esame è previsto un provvedimento distinto solo per la diffusione televisiva.

In assenza di ogni esplicitazione nella relazione, si rimette all’Amministrazione l’onere di chiarire nella relazione le ragioni che hanno, eventualmente, giustificato una scelta differente tra il primo e gli altri due titoli. Altrimenti, se si trattasse di un mero refuso, l’Amministrazione provvederà ad una disciplina identica sotto tale profilo.

Comunque, si suggerisce di utilizzare la formulazione che segue: “Il diritto di uso delle radiofrequenze per la diffusione ... è oggetto di un distinto provvedimento disciplinato dall’Autorità con proprio regolamento”.

Il comma 5 ha innovato la precedente disciplina contenuta nell’art. 15 cit., diminuendo da dodici a dieci anni il periodo di durata minima e prevedendone la rinnovabilità senza individuare il periodo del possibile rinnovo, prima possibile per un uguale periodo. Opportunamente, lo stesso comma ha regolato le modalità per conseguire l’uniformità della regolamentazione.

Il comma 7, che individua il titolo per lo svolgimento dell’attività di operatore di rete via cavo coassiale o via satellite, per omogeneità interna all’articolo andrebbe anticipato come comma 2.

Per uniformità con il comma 1, è opportuna la riformulazione che segue:

L’attività di operatore di rete via cavo coassiale o via satellite è oggetto dell’autorizzazione generale, ai sensi dell’art…. del Codice delle comunicazioni elettroniche.”


Nella rubrica dell’articolo 17: sostituire “per fornitore” con “per la fornitura”.

Nel comma 1, sarebbe opportuno eliminare la parte finale “salvo quanto previsto dall’articolo 19”, atteso che l’autorizzazione per operatore di rete è giuridicamente e logicamente presupposta all’autorizzazione per la fornitura.


Poiché l’articolo 18 riguarda i contributi dovuti per l’autorizzazione alla fornitura, dovrebbe essere l’articolo di chiusura del capo II.


Nella rubrica dell’articolo 19: sostituire “per operatore” con “dell’attività di operatore”.

La tecnica del rinvio utilizzata in questo articolo risulta incompatibile con una disposizione che fa parte di un testo unico.

Innanzitutto, il richiamo è effettuato per lo svolgimento dell’attività e non per l’autorizzazione alla stessa, che è l’oggetto dell’articolo in argomento.

In secondo luogo, sono richiamati cinque commi della legge 27 dicembre 2017, n. 205, “Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020.”, contenenti una ben più corposa disciplina. L’Amministrazione, quindi, valuterà come effettuare un richiamo specifico e pertinente all’oggetto della disposizione in esame, con un’opera di attenta selezione e non un rinvio generico.

Per omogeneità di contenuto, sarebbe preferibile far confluire questo articolo nel Capo I, che ha per oggetto solamente gli operatori di rete.


Nella rubrica dell’articolo 20: sostituire “per fornitore” con “per la fornitura”.

Per omogeneità di formulazione rispetto all’articolo 17, la prima parte del comma 1, “La disciplina dell’autorizzazione per la prestazione” va sostituita con la seguente “L’autorizzazione per la fornitura”.


Nella rubrica dell’articolo 21: sostituire “Autorizzazioni alla prestazione” con “Autorizzazione per la fornitura”.

Nel comma 1: sostituire “alla prestazione” con “per la fornitura”.


Nella rubrica dell’articolo 22: sostituire “Autorizzazioni alla prestazione” con “Autorizzazione per la fornitura”.

Nei commi 1 e 2: sostituire “alla prestazione” con “per la fornitura”;


Nella rubrica del Capo IV: espungere le parole “e televisiva in tecnica digitale”.


In riferimento ai commi 3 e 4 dell’articolo 24, si rilevano due profili di criticità.

Va premesso che l’originaria previsione (art. 24, comma 3, del d.lgs. n. 177 del 2005) prevedeva una disposizione analoga al comma 3 dello schema, con possibilità di irradiazione del segnale fino ad una copertura massima di quindici milioni di abitanti e la sanzione della sospensione. Mentre, nello schema:

- è aumentata la potenzialità di irradiazione “fino alla copertura massima del 50% della popolazione nazionale” (comma 3);

- è previsto un nuovo comma (comma 4), con il quale nei limiti suddetti, “ad uno stesso soggetto è consentita la programmazione anche unificata fino all’intero arco della giornata.”;

- sempre nel comma 4, è prevista l’originaria sanzione della sospensione in caso di inottemperanza.

In mancanza di ogni argomentazione, nella relazione illustrativa, in ordine alle ragioni giustificative del raddoppio della attuale potenzialità di irradiazione, è necessario che l’Amministrazione integri la stessa spiegando se, e in quale modo, la suddetta previsione, il cui forte impatto regolatorio è in re ipsa, sia attribuibile alla evoluzione tecnologica e di mercato, ai fini della riconducibilità della modifica nel perimetro delineato dalla delega legislativa di cui, altrimenti, appare difficile rinvenire il fondamento.

Inoltre, la suddivisione delle previsioni in argomento in due commi distinti, ma strettamente collegati, e la previsione della sanzione solo nel comma 4, fanno quantomeno dubitare in ordine alla riferibilità della stessa alla sola fattispecie del comma 4 o ad entrambe le fattispecie. Rispetto a tale profilo di criticità, l’Amministrazione dovrà riformulare le disposizioni in modo che risulti con certezza la scelta effettuata.

Nel comma 5: sostituire “valutazione” con “ricognizione”.


Nel comma 1 dell’articolo 25, in riferimento alle assegnazioni da parte del Ministero delle frequenze radio in onde medie a modulazione di ampiezza (AM), si rinvia ai criteri e alle modalità di assegnazione stabilite dalla Autorità, “tenuto conto dei princìpi di cui al Codice delle comunicazioni elettroniche”. Data l’ampiezza del rinvio ai principi di un Codice, si pone con maggiore forza la necessità che nel corpo della disposizione siano richiamati espressamente gli articoli rilevanti; esigenza già espressa come osservazione generale (cfr. art. 16).


Nella rubrica dell’articolo 28, sostituire “radiotelevisivi” con “di radiodiffusione”.

Nel comma 3: sostituire “2 e 3” con “1 e 2”.

Nel comma 7: sostituire “La titolarità di autorizzazione o di” con “Il soggetto titolare di un’autorizzazione o di un”; dopo “rilascio” sostituire “di” con “del”; dopo “collegamento”, sostituire “eserciti” con “esercitati”; dopo “infrastrutture” aggiungere la virgola;


Nel comma 2 dell’articolo 29 si rileva una incongruenza. In riferimento alla domanda per l’autorizzazione alla trasmissione di programmi in contemporanea, si prevede che i soggetti presentatori possono essere “consorzi di emittenti radiofoniche o di fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici locali costituiti secondo le forme previste dall’articolo 35 del decreto del Presidente della Repubblica 27 marzo 1992, n. 255 o da singole emittenti o singoli fornitori di servizi di media audiovisivi o radiofonici, sulla base di preventive intese.”. La disposizione richiamata riguarda i Comitati regionali per i servizi radiotelevisivi e ne individua i compiti. All’evidenza, si tratta di un richiamo non conferente. Pertanto, l’Amministrazione dovrà rettificare il richiamo o eliminarlo.

Nel comma 3, secondo rigo: dopo “radiofoniche e” aggiungere “i”;


Nel comma 1, terzultimo rigo, dell’articolo 30: dopo “Ministero” aggiungere l’articolo “l’ ”.


Quanto al Titolo IV (Disciplina dei servizi di media audiovisivi e radiofonici) - Capo I (Disposizioni applicabili a tutti i servizi di media audiovisivi e radiofonici – Norme a tutela dei diritti fondamentali della persona), nella rubrica del Capo I: aggiungere “e dei minori”. Conseguentemente, espungere il Capo II (Tutela dei minori nella programmazione audiovisiva).

Si propone la soppressione della articolazione in un capo distinto perché non appaiono esistenti ragioni che ne giustifichino la previsione. Infatti, il Capo II è composto da soli tre articoli: l’art. 38, l’unico concernente effettivamente i minori (e che quindi non richiede, di per sé, un Capo ad hoc); l’art. 39, contenente disposizioni sulla vigilanza relative ai minori e la disciplina delle sanzioni, anche in riferimento ad articoli che non concernono solo i minori, il cui ambito di applicazione è oggetto di osservazioni specifiche (artt. 32-bis, 32-ter, 40 e 67); l’art. 40, a tutela dei valori dello sport, collegato al 39 per il regime sanzionatorio.


Nel comma 1 dell’articolo 32, espungere le parole “di un servizio”, dopo la locuzione “ai destinatari”.

Nel comma 1, lett. c), sostituire le parole “gli estremi” con “le informazioni”; lett. d) espungere “il recapito degli uffici dell’”.

Al comma 2, terzo rigo, occorre inserire la preposizione articolata “dei” tra le parole “ordinamento” e “canali”.

Sempre nel comma 2, nella lettera b), valuti l’Amministrazione la possibilità di inserire, come suggerito nel parere dell’AGCOM, il riferimento alla ex programmazione nazionale analogica, in linea con la definizione contenuta nel comma 1, lett. y) dell’art. 4.

Ancora nel comma 2, nella lett. c), quarto rigo, dopo “di qualità”, sostituire l’espressione “quella legata” con “legati”; ultimo rigo, espungere “entranti”.

Non risulta motivato, nella relazione illustrativa, il mancato accoglimento della richiesta formulata dall’AGCOM di aggiungere due commi al fine di recepire nell'ordinamento interno la previsione recata dall'art. 7-bis della direttiva, a norma del quale "Gli Stati membri possono adottare misure volte a garantire che si dia debito rilievo ai servizi di media audiovisivi di interesse generale". L’indicazione non appare priva di rilievo e il suo mancato accoglimento avrebbe richiesto quanto meno un cenno di motivazione nella relazione illustrativa.

Infine, deve rilevarsi che in questa disposizione, al contrario di quanto osservato in riferimento ad altri articoli (32-bis, 32-ter e 33, cui si rinvia), la declinazione dei principi e criteri direttivi di priorità (individuati nel comma 2), da porsi alla base dei poteri di regolazione attribuiti all’Autorità e ai quali si riconnettono le diverse sanzioni (vedi osservazioni all’art. 67), possa potenzialmente consentire l’individuazione di prescrizioni differenziate, funzionali al rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità nell’irrogazione delle sanzioni, che sono previste con ampio margine tra un minimo e un massimo.


Quanto all’articolo 32-bis, osserva nuovamente la Sezione che, trattandosi di un nuovo testo unico sostitutivo e non della novella di quello vigente, la numerazione di questo nuovo articolo, che riporta le misure e gli specifici divieti per i fornitori dei servizi di media soggetti alla giurisdizione italiana, in riferimento alla dignità umana, deve proseguire secondo l’ordine dei numeri cardinali, assumendo pertanto il numero 33. Ne conseguirà la necessaria rinumerazione degli articoli successivi.

Questa osservazione vale anche per i successivi articoli 32-ter e 32-quater.

Lascia perplessi, nella sua ovvietà, il testo del comma 1: “I servizi di media audiovisivi prestati dai fornitori di servizi di media soggetti alla giurisdizione italiana rispettano la dignità umana”. L’art. 6 della direttiva 2010/13/UE riferisce un generalissimo obbligo agli Stati membri: “Fermo restando l'obbligo degli Stati membri di rispettare e proteggere la dignità umana . . .”, riferimento invero anch’esso comunque molto generico, ma più appropriato. Si suggerisce pertanto l’eliminazione di questo comma. L’attuale comma 2, divenuto comma 1, potrebbe iniziare direttamente con le parole: “I servizi di media audiovisivi . . . non devono contenere alcuna istigazione . . .”.

Il comma 3 esige un’adeguata riformulazione. È errato il rinvio al comma 1, che non reca divieti (contenuti nel comma 2); il comma 1 enuncia, come detto, un principio ovvio ed estremamente generico di rispetto della dignità umana. Ma la formulazione della disposizione risulterebbe comunque poco comprensibile anche ove fosse riferita ai divieti di cui al comma 2: la “conformazione” della programmazione al divieto di commettere reati, tali potendo essere l’istigazione a delinquere e, in taluni casi, l’apologia di reato, non risulta comprensibile.

Si suggerisce pertanto una riformulazione del seguente tenore: “3. L’Autorità definisce, con un apposito regolamento, idonei criteri vincolanti al fine di indirizzare la programmazione dei fornitori dei servizi di media audiovisivi in modo da prevenire la violazione dei divieti di cui ai commi 1 e 2” (recte: “di cui al comma 1”, se si accoglie l’osservazione soppressiva del comma 1, di cui sopra).

Si ritiene opportuno che nella formulazione dell’articolo risulti il carattere vincolante dei criteri individuati nei regolamenti dell’Autorità, posto che dalla disciplina attuativa rimessa all’Autorità discendono gli obblighi, cui si collegano le sanzioni. Questo rilievo ha carattere generale e vale per tutti i regolamenti della Autorità aventi tale caratteristica.

Va aggiunto che anche in questo caso, come nelle osservazioni relative all’articolo 32-ter (cui si rinvia), si pone il problema del rispetto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità nell’irrogazione di sanzioni previste con ampio margine tra un minimo e un massimo, a fronte di precetti rimessi sostanzialmente al regolamento dell’Autorità, senza l’individuazione nella legge di criteri volti a differenziare adeguatamente le infrazioni. Tanto più quando, come nel caso in esame, la disposizione da applicare e da attuare (comma 1) enuncia un genericissimo e ovvio principio di rispetto della dignità umana.

Nel comma 4, come suggerito anche dall’AGCOM, occorre eliminare la specificazione “comma 1”, in modo da riferire le sanzioni alla violazione di tutti i precetti contenuti nell’articolo.


Circa la numerazione dell’articolo 32-ter, si richiama quanto già rilevato per l’articolo 32-bis.

Nella rubrica dell’articolo, aggiungere l’espressione “delle persone diversamente abili”.

Nel comma 2 sostituire le parole “su base regolare” con la parola “periodicamente”.

Nel comma 3 è necessario specificare a quale “Commissione” ci si riferisce;

Il comma 5 prevede l’istituzione presso l’Autorità di un “Punto di contatto unico online facilmente accessibile”. Al riguardo sarebbe opportuno specificare chi e come (ad es., l’Autorità con un proprio atto) deve istituire il “Punto di contatto” e introdurre una minima disciplina sul funzionamento di questo strumento, curando anche un utile raccordo con la disciplina della risoluzione extragiudiziale delle controversie contenuta nel successivo articolo 32-quater.

Nel comma 7, in tema di sanzioni, occorre precisare il rapporto con l’eventuale rilevanza penale dell’infrazione, che potrebbe in taluni casi coincidere con una condotta di reato. Ove si ritenga di prevedere il cumulo delle sanzioni – nel rispetto dei principi stabiliti dalla Corte EDU nelle note pronunce del 15 novembre 2016, nn. 24130/11 e 29758/11, A e B c. Norvegia [GC], ribaditi dalla Corte costituzionale nelle sentenze n. 222 del 2019 e n. 43 del 2018 – occorrerà introdurre una disposizione analoga a quella contenuta nell’art. 32-bis, comma 4: “anche se il fatto costituisce reato”; peraltro, la scelta in tal senso appare essere stata fatta dall’Amministrazione con la previsione dell’art. 39, comma 4, riferita anche all’art. 32-bis, oltre che all’art. 38, entrambi richiamati dal comma 2 dell’art. 39. Se così fosse, sarebbe sufficiente prevedere il cumulo una sola volta, nell’art. 39, che individua le sanzioni rispetto all’art. 32-bis e all’art. 32-ter, oltre che rispetto all’art. 38, espungendo l’identica previsione nell’art. 32-bis, che si differenzia solo per l’aggiunta “a prescindere dall’azione penale”.

Diversamente, ove si intenda optare per una soluzione imperniata sull’alternatività, occorrerà anteporre al comma la formula “Salvo che il fatto non costituisca reato”. In mancanza di tale precisazione troverebbe applicazione il principio di specialità enunciato dall’art. 9 della legge n. 689 del 1981: “Quando uno stesso fatto è punito da una disposizione penale e da una disposizione che prevede una sanzione amministrativa, ovvero da una pluralità di disposizioni che prevedono sanzioni amministrative, si applica la disposizione speciale”.

Rispetto ad altro profilo, va osservato che, stante la eterogeneità delle fattispecie previste dall’articolo 32-ter in esame, il semplice rinvio all’articolo 39, comma 2, potrebbe far ipotizzare una possibile violazione del principio di ragionevolezza e proporzionalità. Infatti, tale articolo prevede genericamente che “Nei casi di inosservanza dei divieti di cui all’articolo … 32-ter, l’Autorità, … commina la sanzione amministrativa da € 25.000 a € 350.000 e, nei casi più gravi, dispone la sospensione dell’efficacia del titolo abilitativo per un periodo non inferiore a sette e non superiore a centottanta giorni”. Ma l’articolo 32-ter prevede anche obblighi di comunicazione e rinvia ad eterogenee “misure proporzionate” adottabili dalla Autorità. Si reputa, pertanto, opportuno che l’Amministrazione definisca più precisamente i criteri cui deve ispirarsi la regolamentazione dell’Autorità in modo che la differenziazione delle infrazioni possa consentire il rispetto del principio di ragionevolezza e proporzionalità nell’applicazione della sanzione, che è prevista con amplissimi margini tra un minimo e un massimo (articolo 39, comma 2).

Comunque, al fine di pervenire ad una disposizione più chiara, migliorando la sistematica interna, si suggerisce la formulazione che segue:

1. L’Autorità, sentite le associazioni di categoria e ricorrendo anche a procedure di co-regolamentazione, adotta misure idonee e proporzionate volte ad assicurare che i fornitori dei media audiovisivi rendano i servizi di media progressivamente più accessibili alle persone diversamente abili.

2. I fornitori sviluppano i piani d’azione finalizzati a rendere progressivamente più accessibili i loro servizi alle persone diversamente abili. Essi riferiscono periodicamente all’Autorità in ordine all’attuazione delle misure assunte e comunicano i piani di azione con periodicità almeno triennale, a decorrere dal 30 settembre 2022.

3. L’Autorità, sentito il Ministero, predispone una relazione per la Commissione da trasmettersi entro il 19 dicembre 2022 e, successivamente, almeno ogni tre anni.

4. I servizi di media audiovisivi contenenti informazioni di emergenza, inclusi i comunicati e gli annunci pubblici in situazioni di catastrofi naturali, sono sempre forniti in maniera accessibile alle persone diversamente abili.

6. In caso di inosservanza delle disposizioni attuative di cui al comma 1 e delle disposizioni del presente articolo, l’Autorità, previa contestazione, diffida il fornitore responsabile ad adeguarsi entro un termine certo. In caso di inottemperanza alla diffida, si applica l’articolo 39, comma 2.

7. È istituito presso l’Autorità un Punto di contatto unico online, disponibile al pubblico e facilmente accessibile anche per le persone diversamente abili, allo scopo di fornire informazioni e raccogliere reclami.”


Circa la numerazione dell’articolo 32-quater, si richiama quanto già rilevato per l’articolo 32-bis.

Nel comma 1, espungere “proprio”; dopo “fornitori” sostituire la preposizione semplice “di” con la preposizione articolata “dei”; espungere l’espressione finale “che si rivolgono al pubblico italiano”.

Nel comma 2, sostituire “consentono” con l’espressione “sono finalizzate ad”; dopo “stipulati” sostituire l’espressione prevedendo altresì, in caso di disservizio con “e prevedono meccanismi di indennizzo in caso di disservizi”.

Nel comma 4, dopo “operatori” aggiungere “di rete”; dopo “tra aggiungere “questi” ed espungere “gli operatori”; dopo “ai diritti e” sostituire “gli” con “agli”.

Reputa la Sezione che la materia delle alternative dispute resolution rivesta una significativa importanza, tale da meritare e richiedere la previsione di adeguati strumenti di monitoraggio, al fine di poter progressivamente affinare i rimedi e adattarli alle esigenze emerse dalla prassi applicativa. Valuti pertanto l’Amministrazione la possibilità di integrare in tal senso la disposizione in esame.

Inoltre, si invita l’Amministrazione a riconsiderare la collocazione di questo articolo, quantomeno all’interno dell’unico Capo I del Titolo IV (secondo la proposta prima esplicitata della soppressione dell’articolazione del Capo II), nel senso che sarebbe opportuna una collocazione a chiusura del Capo. Infatti, riferendosi la possibilità della risoluzione extragiudiziale a tutte le controversie tra utenti e fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici, non appare consona l’attuale collocazione, che risente dell’originario inserimento nel precedente testo unico.

Soprattutto, si invita l’Amministrazione a valutare l’opportunità di disciplinare in un’unica disposizione le procedure per la risoluzione extragiudiziale. Infatti, l’attuale schema (art. 42, comma 9) ha previsto una disposizione autonoma, con un diverso regolamento emanato dall’Autorità, in riferimento alle controversie tra utenti e fornitori di piattaforme. Anche per questa disposizione si è evidenziata l’esigenza di un monitoraggio.


Nel comma 2, lettera b), dell’articolo 33, dopo le parole “senza il consenso”, la preposizione semplice “di” deve essere sostituita con la preposizione articolata “dei”.

Nel comma 3, dopo la parola “regolamentari”, aggiungere “vincolanti adeguate e”.

L’obiettivo dell’articolo in argomento è quello di affermare la sottoposizione dei fornitori dei servizi di media audiovisivi alla normativa concernente la protezione dei diritti d’autore. Pertanto, sarebbe preferibile esprimere chiaramente la finalità della disposizione e non richiamare espressamente la disciplina attualmente vigente.

A tal fine, si suggerisce la formulazione che segue:

“1. I fornitori dei servizi di media audiovisivi assicurano il pieno rispetto dei principi e dei diritti in materia dei diritti d’autore e dei diritti connessi, indipendentemente dalla piattaforma utilizzata per la trasmissione. In particolare:

a)…;

b)….”.

Dalla contemporanea previsione di un obbligo generico del rispetto dei diritti di autore e dei diritti connessi e di due obblighi individuati [lett. a) e b)], e dal rinvio (nel comma 3) ad un regolamento dell’Autorità per le disposizioni attuative necessarie per rendere effettiva l’osservanza degli obblighi da parte dei fornitori dei servizi di media audiovisivi emerge una significativa criticità.

L’indeterminatezza della prescrizione affidata a un obbligo generico è accentuata dalla rimessione a norme di attuazione, per di più da stabilirsi con un regolamento dell’autorità senza che nella legge siano indicati criteri e limiti per l’individuazione dei divieti.

L’indeterminatezza non si attenua a fronte della potestà sanzionatoria attribuita alla Autorità (art. 67, comma 1, lett. p), con la mera indicazione di un minimo e di un massimo, indistintamente riferibile a tutte le violazioni risultanti dall’art. 33, comma 2. Su tale profilo si rinvia alle osservazioni concernenti l’art. 67.

Rileva, anche per questa disposizione, il profilo di criticità rispetto al principio di ragionevolezza e proporzionalità delle sanzioni, strettamente connesso con la precisa individuazione dei precetti violati, già posto in luce nell’esame degli artt. 32, 32-bis e 32-ter.


Nel comma 1 dell’articolo 34, al secondo rigo, inserire una virgola tra le parole “per la società” e “di cui”.

Sarebbe opportuno semplificare la formulazione della disposizione ed eliminare il riferimento alle “trasmissioni televisive” e alle “emittenti televisive”, dato il carattere generale della stessa. A tal fine, si suggerisce la formulazione che segue:

1. Con deliberazione dell’Autorità è compilata una lista degli eventi, nazionali e non, considerati di particolare rilevanza per la società, dei quali i fornitori dei servizi di media assicurano la diffusione su palinsesti in chiaro, in diretta o in differita, in forma integrale oppure parziale. La lista è comunicata alla Commissione europea secondo quanto previsto dall’articolo 14, paragrafo 2, della Direttiva 2010/13/UE.

2. L’Autorità, con propria deliberazione, individua le modalità idonee per assicurare che i fornitori dei servizi di media non esercitino i diritti esclusivi da loro acquistati in modo da privare una parte consistente del pubblico di un altro Stato membro della possibilità di seguire gli eventi considerati da tale Stato di rilevanza per la società e per i quali il medesimo Stato assicura la diffusione su palinsesti in chiaro, in diretta integrale o parziale oppure in differita, in forma integrale o parziale.”.


Nel comma 1 dell’articolo 35, inserire una virgola dopo le parole “ogni emittente televisiva” e prima delle parole “anche se”; sostituire il verbo “realizzare” con quello appropriato “utilizzare”.

Sarebbe opportuno semplificare la formulazione della disposizione e, dato il carattere generale della stessa, eliminare il riferimento alla “emittente televisiva”. A tal fine, si suggerisce la formulazione che segue:

1. Con regolamento dell’Autorità sono individuate le modalità attraverso le quali ogni fornitore di servizi di media, anche se operante nel territorio di diverso Stato membro, può utilizzare brevi estratti di cronaca di eventi di grande interesse pubblico trasmessi in esclusiva da un fornitore soggetto alla giurisdizione italiana.

2. Il regolamento disciplina, in particolare:

a) la libertà di scelta dei brevi estratti a partire dal segnale di trasmissione;

b) l’indicazione della fonte del breve estratto, salvo che sia nella pratica impossibile;

c) l’accesso a condizioni eque, ragionevoli e non discriminatorie;

d) l’utilizzazione degli estratti esclusivamente per i notiziari di carattere generale;

e) l’utilizzazione degli estratti da parte dei fornitori dei servizi di media audiovisivi a richiesta solamente per la trasmissione in differita;

f) gli accordi tra gli operatori per individuare la lunghezza massima dei brevi estratti e i limiti di tempo per la loro trasmissione;

g) il compenso pattuito in modo che non superi i costi supplementari direttamente sostenuti per consentire l’accesso.”.


Nel comma 1, dell’articolo 36, espungere l’espressione “, e successive modificazioni”.

Nel comma 2, sostituire “ovvero” con “oppure”.

Nel comma 3, è superflua l’espressione “fatta salva la competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria a tutela dei diritti soggettivi,”, che era assente nel testo (art. 32-quinquies) del d.lgs. 31 luglio 2005, n. 177.

Il comma 4 potrebbe essere riformulato più semplicemente, secondo la proposta che segue:

4. I destinatari della richiesta di cui al comma 1, qualora ritengono che non sussistono le condizioni per la trasmissione della rettifica, sottopongono la questione all’Autorità entro il giorno successivo alla data di ricevimento della richiesta. L’Autorità si pronuncia nel termine di cinque giorni dalla ricezione della suddetta richiesta o dalla ricezione di quella inviata dall’interessato, ai sensi del comma 3. Se l’Autorità ritiene fondata la richiesta, provvede alla rettifica, la quale, preceduta dall’indicazione della pronuncia dell’Autorità, deve essere resa pubblica entro le successive ventiquattro ore.”.

Se l’Amministrazione adotta la formulazione di cui sopra, nel comma 3, espungere l’espressione “, che provvede ai sensi del comma 4”.


Nel comma 1 dell’articolo 37: dopo “necessità” espungere “, nell’ambito interessato da dette esigenze,”; sostituire l’espressione “di servizi media” con “dei servizi di media”; al penultimo periodo, sostituire “Detti comunicati devono essere trasmessi” con “I suddetti soggetti sono obbligati a trasmetterli”; ultimo periodo, sostituire l’espressione “di servizi media” con “dei servizi di media”; sostituire “che, in tal caso” con “i quali”; sostituire “inserire i predetti comunicati” con “inserirli”.

Nel comma 2: sostituire “tenuta” con “obbligata”; sostituire “organi medesimi” con “stessi”; sostituire “alle trasmissioni” con “la trasmissione dall’”.

Nel comma 3, dopo “Ministri”, inserire “, che è contemporaneamente comunicata alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi,”; espungere l’ultimo periodo.


Osserva la Sezione con riferimento all’articolo 38, che l’articolata disciplina prevista a tutela dei minori si caratterizza per la vastità delle prescrizioni, graduate in funzione del livello di accorgimenti necessari per garantirne l’efficacia, molte delle quali sono individuate direttamente dalla legge. A queste si aggiungono quelle di maggior dettaglio, rimesse all’Autorità con procedure di co-regolamentazione. Inoltre, va positivamente valutata l’individuazione di criteri generali da rispettarsi anche in sede di co-regolamentazione.

Al fine di perseguire una migliore sistematica interna alla norma, sarebbe preferibile posporre nella parte finale dell’articolo quelle disposizioni che non attengono direttamente ai divieti e alle prescrizioni derivanti dalla norma in esame. Si fa riferimento ai commi 4 e 9, unitamente alla previsione di iniziative volte a incentivare un uso corretto del mezzo televisivo.

Nel comma 2, ultimo periodo, sembra più rispondente alla finalità della norma, sostituire “ovvero” con “e”.

Si segnala un refuso nel comma 5, lett. a): va espunto “di cui al comma 1”.

Nel comma 6, e nel comma 7: “tenuti” va sostituito con “obbligati”.

Sempre nel comma 7: “tra le ore 16:00 alle ore 19:00” va corretto in “tra le ore 16:00 e le ore 19:00”.

Nel comma 10, al terzo rigo, il termine “campagne” va sostituito con il più appropriato “iniziative”.

Nel comma 12: l’ultima parte del primo periodo “nonché la disciplina di dettaglio richiesta per l’attuazione di tutte le previsioni contenute nel presente articolo” è troppo generica e va espunta; dal secondo periodo, va espunta l’espressione “in ogni caso”; l’ultima parte del secondo periodo non risulta chiara, atteso che il comma 1 prevede una procedura di co-regolamentazione.


La disciplina sanzionatoria contenuta nell’articolo 39, a causa di ambiguità emergenti dalla sua formulazione, si espone a dubbi interpretativi in ordine all’ambito di applicazione, come si ricava anche dalle osservazioni relative all’esame dell’art. 67, che è la disposizione dove sono concentrate (con qualche eccezione) le disposizioni propriamente a carattere sanzionatorio.

Infatti, ai fini della sua applicabilità il comma 2 richiama l’inosservanza dei divieti individuati a tutela dei minori (art. 38), dei diritti fondamentali (art. 32-bis), delle persone diversamente abili (art. 32-ter) e dei divieti individuati nell’art. 43, inerenti le comunicazioni commerciali audiovisive e radiofoniche. La costruzione sintattica della frase, nella quale l’art. 38 è richiamato isolatamente, seguito dall’elenco degli altri articoli senza segni di interpunzione e dalla finale precisazione della limitazione alla violazione di norme in materia di tutela di minori, rende interpretativamente possibile riferire tale limitazione anche a quegli articoli (art. 32-bis e art. 32-ter) che non riguardano solo i minori. Tanto più che l’ultimo articolo richiamato (il 43) contiene specifiche prescrizioni inerenti le comunicazioni commerciali audiovisive e radiofoniche a tutela dei minori (comma 1, lett. g) e comma 3).

A rafforzare il dubbio interpretativo concorre il comma 5, che dispone l’applicabilità, “in quanto compatibili”, delle sanzioni (comma 2 e comma 4) e della vigilanza dell’Autorità (comma 1) alla inosservanza delle disposizioni del codice dello sport, previsto dall’art. 40, che naturalmente non tutela solo i minori. Posto che, nel comma 1, la collaborazione della Autorità con il Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione Media e minori è specificamente prevista in riferimento ai minori e che, nel comma 4, il secondo periodo è anche specificamente riferibile solo ai minori, anche nel comma 5 potrebbe trovarsi conferma interpretativa che l’ambito di applicabilità concerne solo i minori pure rispetto agli artt. 32-bis e 32-ter.

Peraltro, nella direzione interpretativa opposta, cioè nel senso della applicabilità delle sanzioni previste nell’art. 39 per violazioni che non riguardano solo i minori, rileva il comma 4 dell’art. 32-bis, che rinvia direttamente alle sole “sanzioni previste dall’articolo 39”. Invece, nell’art. 32-ter, comma 7, l’espressione “si applica la previsione di cui all’art. 39, comma 2”, non facendo riferimento alla sola sanzione, fa risorgere i dubbi interpretativi sopra esposti.

Per queste ragioni è necessario che l’Amministrazione espliciti chiaramente i confini di applicabilità delle sanzioni individuate nell’art. 39, in raccordo con l’art. 67, chiarendo se sceglie di mantenere la separazione attuale. In ogni caso, sarebbe opportuno che la sanzione fosse prevista in un autonomo articolo, in modo da evitare clausole di compatibilità rispetto a previsioni riferibili solo ai minori.

Comunque, nel comma 2, quarto rigo, la parola “commina” deve essere sostituita con la parola “applica” (o “irroga”); al quinto rigo il simbolo “” deve essere sostituito dalla parola “euro”.

Il comma 3 richiede un’adeguata riformulazione. Se l’intento del Governo è quello di chiarire che, nel caso di violazioni poste in essere dai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, in luogo della chiusura del locale (prevista per i teatri e per cinema, ai quali si riferiva la richiamata legge n. 161 del 1962, recante “Revisione dei film e dei lavori teatrali”), sanzione evidentemente non praticabile, si applica la disattivazione dell’impianto di trasmissione, allora sarebbe preferibile enunciare in modo chiaro e inequivoco tale previsione, evitando la formula qui proposta, che sembra operare una sorta di “adattamento interpretativo” della vecchia disposizione (peraltro desunta, deve segnalarsi, da una norma abrogata: cfr. art. 13, comma 1, lett. b), del d.lgs. 7 dicembre 2017, n. 203). Siffatte modalità redazionali appaiono in contrasto con la finalità di “riordino” e di qualità normativa imposta dalla norma di delega.


Con riguardo all’articolo 40, va preliminarmente rilevato che la disposizione riproduce testualmente quella contenuta nel d.lgs. n. 177 del 2005 (art. 35-bis) ed introdotta con il d.lgs. n. 44 del 2010. In mancanza di ogni esplicazione nella relazione illustrativa, si deve ragionevolmente presumere che essa non abbia ancora avuto attuazione.

Comunque, essa si caratterizza per la complessa procedura prevista per l’adozione del Codice di autoregolamentazione, peraltro diversa rispetto ad altri codici di autoregolamentazione, senza che la stessa trovi qualche giustificazione nella relazione illustrativa.

Inoltre, emerge la genericità dei criteri individuati nella legge che il codice emanando dovrebbe porre alla base delle specifiche regole, rivolte ai fornitori di servizio e da osservarsi a pena di sanzioni. Con conseguente minore possibilità di perseguire la differenziazione delle infrazioni, finalizzata a consentire il rispetto del principio di ragionevolezza e proporzionalità nell’applicazione delle stesse.


Nel comma 2 dell’articolo 41 sono introdotte disposizioni intese a definire, mediante norme che si pongono sulla linea di confine tra il diritto internazionale privato e quello pubblico, i “criteri di collegamento” che radicano la giurisdizione italiana, con specifico riferimento alla nuova tipologia dei fornitori di servizi di piattaforma per la condivisione di video. Al riguardo, in disparte il rinvio della intricata complicazione che caratterizza negativamente lo sviluppo logico della norma, si raccomanda all’Amministrazione di assicurare ogni utile coordinamento con le analoghe disposizioni contenute nell’art. 2 concernente i fornitori di servizi di media audiovisivi e radiofonici e i concessionari radiofonici

Il comma 3, riproducendo il testo della direttiva (art. 28-bis), definisce, il “gruppo” come quel soggetto che comprende, oltre all’impresa controllante e tutte le imprese da questa controllate, anche “tutte le altre imprese aventi legami organizzativi, economici e giuridici con esse”. Quest’ultima formulazione risulta atecnica, generica e troppo ampia.

Analoga critica può muoversi alla previsione, contenuta nell’ultima parte del comma 5, secondo la quale la giurisdizione italiana viene affermata, nel caso qui previsto, “a condizione che mantenga un collegamento effettivo e stabile con l’economia italiana”. Fermo restando il divieto di gold plating, nella trasposizione nel diritto interno delle disposizioni delle direttive dell’Unione europea occorre comunque fornire una qualche definizione precisante che declini e articoli in termini meno vaghi i termini generici presenti nella fonte unionale, al fine di prevenire altrimenti inevitabili dubbi applicativi, forieri di contenziosi.

L’AGCM ha criticato la formulazione della lettera c) del comma 7, giudicando “non in linea con la direttiva – considerando 46 - quanto previsto dall’art. 41, comma 7, lett. c) che attribuisce all’AGCOM”, per “la tutela dei consumatori, ivi compresi gli investitori”, “il potere di adottare provvedimenti per limitare la libera circolazione di programmi . . .” . . . etc. Tale obiezione, non recepita nel testo, non risulta esaminata nella relazione illustrativa e negli altri documenti motivazionali prodotti a corredo del testo in esame. Anche in tal caso, la Sezione rappresenta l’esigenza che tale lacuna sia colmata, fornendo, almeno nella relazione illustrativa, idonei elementi valutativi che giustifichino la scelta di non accogliere questo rilievo.

Il comma 7 e i collegati commi 9, 10 e 13 meritano attenzione per un profilo attinente alla possibile violazione del diritto eurounitario.

Rispetto ai servizi di piattaforma per la condivisione di video, queste disposizioni disciplinano le eccezionali ipotesi di limitazione alla libera circolazione di programmi, il cui fornitore è stabilito in un altro Stato membro e sempre che siano diretti al pubblico italiano, per motivi attinenti alla tutela dei minori, alla lotta contro l’incitamento all’odio razziale, sessuale, religioso o etnico, nonché contro la violazione della dignità umana, alla tutela dei consumatori, ivi compresi gli investitori (comma 7). Il comma 9 rimette ad un regolamento dell’Autorità la disciplina della procedura per l’adozione dei provvedimenti di limitazione della circolazione. Il comma 10, nel prevedere la compilazione di un elenco aggiornato di fornitori delle piattaforme stabiliti in Italia o che si considerano operanti sul territorio italiano, da comunicarsi alla Commissione europea, precisa che con l’elenco si indica anche sulla base di quale criterio è stato emanato il provvedimento di limitazione della circolazione. Il comma 13, con previsione generale e non specificamente riferita al provvedimento di limitazione della circolazione, prevede che nel caso di violazioni da parte di un fornitore stabilito in altro Stato membro: “l’Autorità può inviare opportuna segnalazione all’autorità nazionale di regolazione dello Stato membro”.

In difetto di qualunque chiarimento nella relazione, si rileva la mancata previsione della procedura specifica prevista dal diritto eurounitario come recepito nell’ordinamento.

La mera previsione della possibilità di inviare una opportuna segnalazione all’autorità nazionale del diverso Stato membro interessato (comma 13), unitamente alla specificazione del criterio alla base della violazione nella ordinaria Comunicazione alla Commissione europea dell’elenco aggiornato dei fornitori di piattaforme, appare lacunosa rispetto alla procedura disciplinata dall’art. 5 del d.lgs. n. 70 del 2003, attuativa dell’art. 3 della direttiva 8/6/2000, n. 2000/31/CE.

Infatti, l’art. 5 cit., in attuazione dell’art. 3 della direttiva del 2000 citata, il quale è espressamente richiamato come applicabile dall’art. 28-bis della direttiva (UE) 2018/1808, prevede che l’Autorità indipendente di settore, deve, prima di adottare il provvedimento: “a) chiedere allo Stato membro …di prendere provvedimenti e verificare che essi non sono stati presi o che erano inadeguati; b) notificare alla Commissione europea e allo Stato membro …, la sua intenzione di adottare tali provvedimenti…”. In caso di urgenza, lo stesso art. 5 prevede la possibilità di derogare alle suddette condizioni, a condizione che i provvedimenti siano notificati nel più breve tempo possibile alla Commissione e allo Stato membro, insieme ai motivi dell'urgenza.

Nel comma 8, secondo rigo, sostituire “dovrebbe fare riferimento a ” con “valgono”.


Nel comma 21, lettera c), dell’articolo 42, è errata e da espungere la dizione “la cui diffusione costituisce reato ai sensi del diritto dell’Unione europea”, essendo evidente che il diritto dell’Unione europea non ha alcuna competenza nella materia penale (forse si intendeva dire: “ai sensi del diritto vigente negli Stati membri”).

Nel comma 2, sesto rigo, dopo “audiovisive” va espunto “non”; ultimo rigo va sostituito il numero “3” con “7”, trattandosi di refuso.

Nel comma 3, risulta poco chiara la previsione, nell’ultimo periodo, secondo la quale l’Autorità “attribuisce loro efficacia” ai codici di condotta frutto di co-regolamentazione e di auto-regolamentazione. Occorre in proposito precisare forme e modi di tale attribuzione di efficacia (verosimilmente con un atto di approvazione dell’Autorità medesima).

Nel comma 4, primo rigo, espungere “precedente” e, dopo “comma” aggiungere “3”; inoltre sostituire “contengono” con “individuano”. Secondo rigo, dopo “natura” aggiungere “e”; inoltre, sostituire “in questione” con “del servizio offerto”. Penultimo periodo, espungere “conformi all’art. 17 del decreto legislativo 9 aprile 2003, n. 70”; sostituire “ex ante” con “preventivo”.

Comma 7, lett. a) e b): il contenuto precettivo delle disposizioni non è univoco. Non è chiaro se l’espressione “includere e applicare, nei termini e nelle condizioni dei servizi di piattaforma”, utilizzata in riferimento all’obbligo dei fornitori di adottare le misure individuate a tutela degli utenti nel comma 1 e di rispettare i requisiti previsti dalla normativa eurounitaria per le comunicazioni commerciali, di cui al comma 2, comprenda o meno, anche quello di informare gli utenti in ordine al rispetto degli stessi, quale condizione di accesso al servizio. Pertanto, si invita l’Amministrazione ad esplicitarla.

Sostituire “avere” nella lett.c), “istituire e applicare” nelle lett. d), e), f), g) e i), “predisporre” nella lett. l), con l’espressione “dotarsi di”.

Nel comma 9, penultimo rigo, sostituire “dal” con “da”.

Come già segnalato nelle osservazioni relative all’art. 32-quater, valuti l’Amministrazione la possibilità di integrare la disposizione in esame con la previsione di un monitoraggio.

Quanto al comma 10, relativo alle sanzioni, si rinvia alle osservazioni relative all’art. 67.


Con riferimento all’articolo 43, osserva la Sezione che non risulta attuato il criterio di delega, di cui all’art. 3, comma 1, lettera f), della legge di delega n. 53 del 2021, secondo il quale occorre “prevedere apposite misure per il contenimento del livello sonoro delle comunicazioni commerciali e dei messaggi trasmessi dalle emittenti radiotelevisive pubbliche e private nonché dai fornitori di contenuti operanti su frequenze terrestri e via satellite, in accordo con le delibere dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni”. Analoga osservazione risulta formulata nel parere dell’AGCOM.

Se è vero che il Governo può discrezionalmente decidere di non esercitare, per taluni punti o riguardo a determinati criteri direttivi, la delega conferita dal Parlamento, è altresì vero che, in tali casi, è opportuno che sia fornita – quanto meno nella relazione illustrativa – un’adeguata motivazione di tale scelta. E ciò è vieppiù vero (e necessario) in un caso, quale quello qui in esame, nel quale il Parlamento, facendosi evidentemente interprete dell’esigenza molto diffusa presso il pubblico degli utenti e consumatori dei servizi di media in questione, ha chiesto di impedire o arginare la diffusa tendenza degli operatori del settore di trasmettere i messaggi pubblicitari con un volume sonoro decisamente più alto rispetto a quello della trasmissione o del programma nei quali il messaggio è inserito, formulando a tal fine un apposito criterio direttivo molto chiaro, puntuale e specifico, sollecitando il Governo a dare adeguate risposte, che mancano (invece) del tutto nel testo qui esaminato.


Circa il comma 7, dell’articolo 44, non risulta motivata la scelta di non dare corso, né riscontro alla (pur pertinente) osservazione formulata dall’AGCOM in ordine al non allineamento di questa nuova previsione con il criterio del tempo lordo contenuto nel regolamento adottato dall'Autorità con delibera n. 538/01/CSP, dove, all'art. 4, comma 2, si prevede che: "2. Il calcolo della durata del programma ai fini delle modalità di inserimento delle interruzioni, in tutte le ipotesi di cui all'articolo 3 della legge 30 aprile 1998, n.122, e salvo quanto disposto dal comma 3, viene effettuato secondo il criterio del tempo lordo, come definito all'articolo 1, comma 1, lettera i) del presente regolamento".

Nel comma 8 occorre eliminare il richiamo “come modificata dalla legge 26 febbraio 1999, n. 42, dalla legge 14 ottobre 1999, n. 362, nonché dall’articolo 7, comma 8, della legge 3 maggio 2004, n. 112”, bastando l’espressione “di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 175, e successive modificazioni”.


Riguardo al comma 5 dell’articolo 45, l’AGCOM ha evidenziato l’errato riferimento interno ai commi “da 2 a 4”, che andrebbe rettificato con riferimento ai “commi 1, 3 e 4”, aggiungendo l’attributo “radiofonici” dopo “audiovisivi”.

Si suggerisce, per la migliore leggibilità del testo, di invertire la costruzione logica del comma 10, anteponendo il verbo, che regge la frase (“non sono considerati ai fini del calcolo dei limiti massimi di cui al presente articolo”), all’oggetto della disciplina (“I messaggi promozionali, facenti parte di iniziative promosse da istituzioni, enti, associazioni di categoria, . . .”, etc.).


Si segnala un refuso nel comma 4 dell’articolo 46: sostituire “può” con “possono”.


La Sezione segnala la non congruenza della rubrica dell’articolo 49, che sembra evocare la platea dei destinatari della pubblicità delle pubbliche amministrazioni, rispetto al contenuto normativo dell’articolo, che riguarda in realtà la destinazione delle somme – delle risorse economiche – delle pubbliche amministrazioni finalizzate alla comunicazione istituzionale e all’acquisto di spazi sui mezzi di comunicazione di massa. Si invita pertanto l’Amministrazione a introdurre una rubrica più chiara e meglio aderente al testo normativo.


Nel comma 1 dell’articolo 50, occorre anteporre al termine “risorsa”, il necessario articolo (a scelta) determinato “la” o indeterminato “una”. Nella lettera b) figura una duplicazione dell’aggettivo “e locale”, che deve essere eliminata.

Nel comma 10, innovando rispetto al regime vigente, si prevede il potere del Ministero, “in coordinamento con l’Autorità”, nelle more dell’adozione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche in tecnica analogica, e dunque prima di tale adempimento, e nelle more di una effettiva diffusione della radiodiffusione sonora in tecnica digitale, di procedere alla “progressiva razionalizzazione dell’uso delle risorse frequenziali in tecnica analogica in particolare al fine di eliminare o minimizzare situazioni interferenziali con i paesi radio-elettricamente confinanti”.

Occorre chiarire, al riguardo, se tali misure di razionalizzazione non possano tradursi nella chiusura degli impianti di radiodiffusione sonora o nella riduzione dei segnali attualmente legittimamente esercitati, a causa di asserite “situazioni interferenziali” con i paesi radio-elettricamente confinanti. La Sezione non può non richiamare sul punto l’attenzione del Governo per le possibili ricadute negative, anche economiche, sulla radiofonia soprattutto locale e sulle imprese italiane, spesso di piccole e medie dimensioni, che operano in questo settore, che vedrebbero sacrificata la loro attività in ragione della tutela, ritenuta prevalente, dell’interesse dei paesi radio-elettricamente confinanti, con possibili squilibri anche dell’assetto concorrenziale del settore. Valuti il Governo se questa previsione non debba essere meglio perimetrata nel suo ambito applicativo ed essere munita di maggiori garanzie procedimentali, ovvero non debba essere condizionata – come sembrerebbe ragionevole – alla previa adozione del piano nazionale di assegnazione delle frequenze radiofoniche.


L’articolo 51 sostituisce l’art. 43 del TUSMAR “prevedendo – come riferisce la relazione ministeriale – norme a tutela del pluralismo delle fonti di informazione che tengono conto delle mutate condizioni di mercato, le quali vedono la presenza sempre più rilevante delle diverse piattaforme multinazionali”.

Con tale riforma si è inteso dare attuazione, come è noto, alla sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, quinta Sezione, 3 settembre 2020 (causa C-719/18), Vivendi SA contro Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e nei confronti di Mediaset s.p.a., con la quale il Giudice dell’Unione ha affermato, in sede di pregiudiziale interpretativa, che “l’articolo 49 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa di uno Stato membro che ha l’effetto di impedire ad una società registrata in un altro Stato membro, i cui ricavi realizzati nel settore delle comunicazioni elettroniche, come definito ai fini di tale normativa, siano superiori al 40% dei ricavi complessivi di tale settore, di conseguire nel sistema integrato delle comunicazioni ricavi superiori al 10% di quelli del sistema medesimo”.

Come osservato nel parere dell’AGCOM, “in coerenza con la pronuncia della Corte di giustizia dell'Unione europea del 3 settembre 2020 (C-719/18), [è prevista] l'abolizione delle soglie vincolanti per la proprietà dei media, trasformate in semplici "indicatori" per la valutazione, caso per caso, a cura dell'Autorità, di potenziali violazioni del pluralismo dei media, da valutare caso per caso da parte dell'AGCOM (articolo 51)”.

La Sezione dà atto della sostanziale corrispondenza della riforma ai dettami del Giudice europeo e giudica nel complesso ammissibili talune variazioni sostanziali dei contenuti, richieste evidentemente dall’evoluzione del mercato e dalla complessiva operazione di decostruzione e ricostruzione in nuova configurazione dell’articolato, il quale resta, a dire il vero, piuttosto intricato e macchinoso, sia nella sua conseguenzialità logica, sia nella sua forma.

Tuttavia, a fronte dell’ampiezza e del rilievo delle modifiche introdotte, la relazione illustrativa risulta parca di indicazioni, soffermandosi esclusivamente sulla sentenza CGUE 3 settembre 2020 (causa C-719/18) Vivendi SA. Non risulta invero che tutte le modifiche introdotte dall’art. 51 siano riconducibili ai soli contenuti della sentenza. È opportuno che, per lo meno nella relazione illustrativa, siano riconoscibili le ragioni complessive delle modifiche introdotte.

Occorre, inoltre, porre in luce talune conseguenze giuridiche meritevoli di riflessione, derivanti dalla operata (e condivisibile) riconfigurazione logica della disciplina in esame, che è passata da un meccanismo di rilevazione delle “posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo”, oggetto di divieto, e dunque da un meccanismo sostanzialmente rigido, ancorato a soglie percentuali predefinite, con conseguente caratterizzazione in senso tendenzialmente vincolato del potere di accertamento e di sanzione dell’Autorità competente, a un sistema più duttile, declinato su indici rivelatori descritti (inevitabilmente) con termini introduttivi di concetti giuridici flessibili, con conseguente connotazione in chiave discrezionale o tecnico-discrezionale del connesso potere di accertamento e di sanzione dell’Autorità competente.

Alla luce di questo mutamento di impostazione si richiede, in particolare, una riflessione sulla generalizzata e automatica comminatoria della sanzione giuridica della nullità per tutte “le operazioni di concentrazione e le intese che contrastano con i divieti di cui al presente articolo” (comma 1, secondo periodo, e comma 6, primo periodo). La sanzione della nullità, come è noto, oltre che di regola riservata per le infrazioni più gravi, reca con sé le note caratteristiche di assolutezza, di retroattività dell’effetto caducatorio, della insanabilità, etc.; tratti, tutti, che male si coniugano con la notevole ampiezza ed eterogeneità degli atti, delle attività, delle operazioni economiche coinvolti nella generale e indistinta sanzione di nullità, nonché con la natura essenzialmente ripristinatoria dei rimedi messi dalla norma a disposizione dell’Autorità che, ad esempio, come recita il comma 6, “Ferma restando la nullità di cui al comma 1”, “interviene affinché … vengano sollecitamente rimosse” le posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo accertate in seguito di istruttoria, inibisce la prosecuzione e ordina la rimozione degli effetti, qualora accerti il compimento di atti o di operazioni idonee a determinare una situazione vietata. Inoltre, la generale e generica previsione della massima sanzione civile, costituita dalla nullità degli atti, riferita a una pluralità indeterminata di atti e contratti commerciali posti in essere dagli operatori economici, lascia aperta e irrisolta la questione della (inevitabile) riserva all’Autorità giudiziaria dell’accertamento e della declaratoria della nullità degli atti coinvolti nell’istruttoria, essendo pacifico che tale accertamento non potrebbe essere attribuito o riservato all’Autorità medesima.

La Sezione è consapevole del fatto che la nullità era già prevista nel testo esistente e che costituisce inoltre sanzione molto comune e normalmente impiegata nella legislazione antitrust e in quella a tutela del consumatore. Tuttavia, osserva che occorrerebbe comunque un approfondimento, con specifico riguardo alla disciplina in esame, poiché se tale sanzione poteva (forse) coniugarsi in modo meno problematico con la natura vincolata dal potere sanzionatorio dell’Autorità (legata all’accertamento del superamento di ben determinate soglie rigide di concentrazione percentuale), essa potrebbe risultare oggi meno appropriata nel sistema riformato, caratterizzato, invece, da un ampio potere di apprezzamento tecnico-discrezionale, riservato all’Autorità, sulla base di meri indici orientativi di rilevazione, della sussistenza di “posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo”, predicabili e riferite a tutte “le operazioni di concentrazione e le intese che contrastano con i divieti di cui al presente articolo”; potere di valutazione che ben può investire dunque una pluralità di atti e operazioni giuridico-economiche, più o meno direttamente o indirettamente coinvolte e/o rilevanti ai fini della commissione dell’illecito, che verrebbero colpiti ex lege tutti, senza distinzioni e senza un minimo di proporzionalità e gradualità, con la massima sanzione della nullità e conseguente totale improduttività di effetti.

La Sezione – come già anticipato nell’esame degli articoli 6 e 7, per il profilo della non corretta definizione della nozione di “concorrenza” rilevante agli effetti del presente testo unico – giudica meritevole di considerazione l’osservazione critica mossa dall’AGCM (sia nella nota del 26 luglio 2021 che nel parere del 13 settembre 2021). Quest’ultima Autorità, muovendo dal rilievo dell’incidenza della disciplina in esame sulla materia della tutela della concorrenza in senso pieno e ampio (poiché, in base all’art. 51, l’AGCOM impiega strumenti tipici dell'analisi antitrust, quali le valutazioni sulla struttura dei mercati al fine di accertare l'esistenza di posizioni di significativo potere di mercato, ancorché per il perseguimento di obiettivi - il mantenimento del pluralismo - diversi dalla salvaguardia della concorrenza), ha chiesto la previsione di un suo parere obbligatorio non vincolante sulle decisioni, “in analogia a quanto già accade in relazione ai pareri che AGCM rende ad AGCOM per l’analisi dei mercati soggetti a regolazione (art. 19 del D.lgs. 259/2003)”. Di conseguenza, AGCM ha proposto di inserire nel testo dell’art. 51, dopo il comma 6, il seguente comma: “L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, entro trenta giorni dalla ricezione della relativa documentazione, esprime parere obbligatorio sui provvedimenti predisposti dall’Autorità per le Garanzie nelle comunicazioni in applicazione dei commi 4 e 5”.

Nel comma 7, si segnala l’inappropriato richiamo della legge 7 agosto 1990, n. 241 con riferimento all’iter di adozione del regolamento dell’Autorità. Infatti, la legge n. 241 del 1990, art. 13, non si applica agli atti generali ai regolamenti; il rispetto dei principi di contraddittorio, partecipazione e trasparenza per l’adozione dei regolamenti dell’Autorità indipendente trova verosimilmente la sua base giuridica nella disciplina speciale di settore e negli atti di autorganizzazione dell’Autorità medesima.

Nel comma 8, primo rigo, la parola “seguente” deve essere sostituita con la parola “presente”.


Gli articoli da 52 a 58 compongono il Titolo VII (Promozione delle opere italiane ed europee da parte dei fornitori), stabilendo misure per la promozione delle opere europee. La disciplina in materia viene modificata al fine di salvaguardare storia, cultura e tradizioni. Una specifica attenzione è data alla valorizzazione e promozione di opere europee ed in particolare di opere di espressione originale italiana ovunque prodotte e di opere di produttori indipendenti, attraverso la previsione di obblighi di programmazione in loro favore (v. in particolare gli articoli 53 e 54).


Passando all’esame delle singole disposizioni del Capo in questione, l’articolo 52 è identico all’art. 44 TUSMAR.


L’articolo 53 corrisponde all’art. 44-bis TUSMAR, rispetto al quale sono stati espunti i riferimenti di carattere transitorio, non più necessari.

Si rammenta che l’AGCOM, alla luce di quanto previsto dall’art. 13, par. 6, della direttiva 2010/13/UE, come modificata dalla direttiva (UE) 2018/1808, ha richiamato l’attenzione sul fatto che lo schema di decreto prevede la deroga per i servizi lineari, aventi un fatturato o un pubblico di modesta entità, solo per gli obblighi di investimento (v. art. 54, comma 9) e ha segnalato l'opportunità di estendere una siffatta deroga anche agli obblighi di programmazione previsti dall'articolo 53.

Tale estensione non è presente nell’articolo 53 trasmesso al Consiglio di Stato per il parere.

È da rilevare, tuttavia, che, mentre gli artt. 53 e 54 dello schema in esame riguardano i fornitori di servizi di media audiovisivi lineari, la deroga prevista dall’art. 13 della direttiva fa invece riferimento a due specifiche tipologie di obbligo: quello che grava sui fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, affinché i loro cataloghi contengano almeno il 30 % di opere europee e queste siano poste in rilievo (par. 1); quello che - ove lo Stato richieda ai fornitori di servizi di media soggetti alla propria giurisdizione di contribuire finanziariamente alla produzione di opere europee, anche attraverso investimenti diretti nei contenuti e contributi ai fondi nazionali - grava sui fornitori di servizi di media che si rivolgono al pubblico nei loro territori pur essendo stabiliti in altri Stati membri, affinché contribuiscano finanziariamente con contributi proporzionati e non discriminatori.

Ebbene, il par. 6 dell’art. 13 della direttiva contiene una deroga circoscritta a tali prescrizioni, stabilendo che l'obbligo imposto ai sensi del paragrafo 1 e la prescrizione relativa ai fornitori di servizi di media che si rivolgono al pubblico in altri Stati membri di cui al paragrafo 2 non si applicano ai fornitori di servizi di media aventi un fatturato o un pubblico di modesta entità; gli Stati membri possono altresì disapplicare tali obblighi o prescrizioni nei casi in cui questi sarebbero impraticabili o ingiustificati a causa della natura o dell'oggetto dei servizi di media audiovisivi.


L’articolo 54 corrisponde all’art. 44-ter TUSMAR, rispetto al quale sono stati espunti i riferimenti di carattere transitorio, non più necessari, e sono state inserite tre disposizioni:

- il comma 3 dell’articolo 54 stabilisce che le riserve di opere cinematografiche di espressione originale italiana, ovunque prodotte da produttori indipendenti, cui debbono sottostare i fornitori di servizi di media audiovisivi lineari diversi dalla concessionaria del servizio pubblico, non si applicano ai soggetti che programmano opere cinematografiche in maniera non significativa e residuale, secondo criteri di soglia annuali contenuti in regolamento dell'Autorità;

- il comma 9 sottrae alle disposizioni dell’articolo 54 i soggetti aventi un fatturato o un pubblico di modesta entità, secondo criteri di soglia contenuti in regolamento dell'Autorità (è stato recepito sul punto il parere dell’AGCOM, in conformità con la direttiva del 2018);

- in base al comma 10, le disposizioni dell’articolo 54 si applicano anche ai fornitori di servizi di media audiovisivi lineari che hanno la responsabilità editoriale di offerte rivolte ai consumatori in Italia, anche se stabiliti in altro Stato membro.

Con riferimento al comma 9 e alla deroga ivi prevista, si richiamano le osservazioni già svolte con riferimento all’art. 53 e alle disposizioni di deroga della direttiva (art. 13, par. 6), che non risultano espressamente riferite ai fornitori di servizi di media audiovisivi lineari o, al contrario, sono riservate (v. par. 1) ai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta.


L’articolo 55 apporta alcune modifiche al corrispondente contenuto dell’art. 44-quater TUSMAR, con riguardo ai limiti percentuali da rispettare a tutela delle opere europee.

Merita ribadire che l’art. 13, par. 1, della direttiva del 2010, come modificata nel 2018, stabilisce che gli Stati membri assicurano che i fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta soggetti alla loro giurisdizione garantiscano che i loro cataloghi contengano almeno il 30 % di opere europee e che queste siano poste in rilievo.

L’articolo 55, comma 1, dello schema in esame prevede analogamente che i cataloghi dei fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta soggetti alla giurisdizione italiana devono contenere almeno il 30 per cento di opere europee poste in rilievo. A tale comma seguono poi i vincoli relativi a programmazione e investimenti.

Sul punto, il parere dell’AGCOM osserva che la formulazione dell'art. 55, comma 1, a fronte della pluralità di interpretazioni possibili dell'art. 13, par. 1, della direttiva, pone testualmente a carico dei cataloghi l'obbligo di contenere almeno il 30 per cento di opere europee poste in rilievo, anziché sui fornitori, con la conseguenza che il fornitore sembra dover garantire il rispetto delle soglie su ciascun catalogo. Tale opzione, prosegue il citato parere, sembra porsi in contrasto con l'orientamento sin qui seguito da AGCOM, che non consta sia mai stato oggetto di contestazioni. Pertanto, l’AGCOM suggerisce una riformulazione del comma in questione ponendo espressamente il relativo obbligo a carico dei fornitori di servizi di media audiovisivi.

Ad avviso della Sezione, a fronte di quanto espressamente previsto dalla direttiva, non sembra possibile espungere il riferimento del vincolo percentuale ai cataloghi in questione. Tuttavia non è dato desumere dalla direttiva un vincolo a carico di ciascun catalogo. Pare invece conforme alla direttiva la scelta di riferire il 30 per cento all’insieme dei cataloghi del fornitore. Valuti pertanto l’amministrazione se quanto prospettato dall’AGCOM comporti necessariamente una modifica testuale o se sia sufficiente dare conto, nel caso anche nelle premesse del decreto legislativo, dell’osservazione e del senso da attribuire alla locuzione in questione.

Con riguardo all’articolo 55, comma 3, dello schema si invita a considerare un aspetto, messo in rilievo anche dall’AGCOM. Tale comma estende ai fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, che hanno la responsabilità editoriale di offerte rivolte ai consumatori in Italia, anche se stabiliti in altro Stato membro, l'obbligo della presenza del 30% di opere europee nel catalogo. La direttiva si pone in termini parzialmente diversi. Infatti, l'art. 13, par. 1, della direttiva stabilisce: "Gli Stati membri assicurano che i fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta soggetti alla loro giurisdizione garantiscano che i loro cataloghi contengano almeno il 30 % di opere europee e che queste siano poste in rilievo". La possibile deroga al principio del Paese di origine è consentita dalla direttiva unicamente per l'obbligo di contributo finanziario, come chiarito nel par. 2 del medesimo art. 13: "Nel caso in cui gli Stati membri chiedano ai fornitori di servizi di media soggetti alla loro giurisdizione di contribuire finanziariamente alla produzione di opere europee, anche attraverso investimenti diretti nei contenuti e contributi ai fondi nazionali, possono anche chiedere ai fornitori di servizi di media che si rivolgono al pubblico nei loro territori pur essendo stabiliti in altri Stati membri di contribuire finanziariamente con contributi proporzionati e non discriminatori”.

La Sezione, nel condividere il rilievo dell’AGCOM, invita l’amministrazione a tenerne conto e ad adeguare conseguentemente il testo in esame.

Il comma 4 dell’articolo 55 stabilisce che l'Autorità debba predisporre periodicamente una relazione sull'attuazione del comma 5 da presentarsi alla Commissione europea, entro il 19 dicembre 2021 e, in seguito, ogni due anni. A sua volta, il comma 5 prevede che la prescrizione relativa ai fornitori di servizi di media che si rivolgono al pubblico in altri Stati membri di cui al comma 2 non si applica ai fornitori di servizi di media aventi un fatturato o un pubblico di modesta entità; la deroga a tali prescrizioni opera anche nei casi in cui gli adempimenti siano impraticabili o ingiustificati a causa della natura o dell'oggetto dei servizi di media audiovisivi.

Si segnala che l’art. 13, par. 4, della direttiva individua in realtà un altro oggetto della relazione in capo agli Stati membri, consistente negli obblighi di cui ai parr. 1 e 2 del medesimo art. 13. Si tratta, come si è visto, dell’obbligo che grava sui fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta, affinché i loro cataloghi contengano almeno il 30 % di opere europee e queste siano poste in rilievo (par. 1); dell’obbligo che - ove lo Stato richieda ai fornitori di servizi di media soggetti alla propria giurisdizione di contribuire finanziariamente alla produzione di opere europee, anche attraverso investimenti diretti nei contenuti e contributi ai fondi nazionali - grava sui fornitori di servizi di media che si rivolgono al pubblico nei loro territori pur essendo stabiliti in altri Stati membri, affinché contribuiscano finanziariamente con contributi proporzionati e non discriminatori.

Si deve concludere che il rinvio al comma 5, contenuto nel comma 4, sia frutto di un refuso. L’amministrazione proponente vorrà apportare le conseguenti modifiche di coordinamento.

Si consideri inoltre, ai fini di un efficace dispiegamento degli adempimenti connessi, che il termine del 19 dicembre 2021, stabilito dalla stessa direttiva, per la presentazione della prima relazione alla Commissione Europea da parte dell’AGCOM, verrà a scadere a stretto ridosso della data di presumibile entrata in vigore del decreto legislativo.

Al comma 5, diversamente da quanto altrove previsto nello schema in esame (v. art. 54, comma 9), non è stabilito alcun intervento dell’AGCOM volto a precisare quali siano i fornitori di servizi di media audiovisivi a richiesta aventi un fatturato o un pubblico di modesta entità oppure quale siano le ipotesi in cui gli adempimenti debbano considerarsi impraticabili o ingiustificati a causa della natura o dell'oggetto dei servizi di media audiovisivi (cfr. art. 13, par. 6, della direttiva). In tal senso si è espressa anche l’AGCOM, che ha evidenziato anche due ulteriori aspetti, meritevoli di attenzione anche ad avviso della Sezione e consistenti nell’opportunità di specificare che: a) per l'obbligo di investimento, si fa riferimento ai fornitori di servizi stabiliti in altro Stato membro che si rivolgono ai consumatori italiani (anziché "che si rivolgono al pubblico di altri Stati membri"); b) per i servizi a richiesta, la deroga ex ante per ragioni di bassa audience e basso fatturato di cui all'art. 13, par. 6, della direttiva si applica anche per la quota di catalogo e ovviamente in questo caso riguarda i servizi stabiliti nello Stato membro (ovverosia in Italia).

Al comma 7 si prevede che il regolamento dell'Autorità sia adottato nel rispetto delle disposizioni, “in quanto compatibili”, di cui agli articoli 52, 53, 54, e 56, nonché del principio di promozione delle opere audiovisive europee. Si suggerisce, onde ridurre i margini di indeterminatezza nell’attuazione, di individuare direttamente nel decreto legislativo le disposizioni contenute negli artt. 52, 53, 54 e 56 che siano compatibili e debbano ispirare il regolamento dell’Autorità.

Al comma 8 occorre poi assicurare il coordinamento dei relativi contenuti. Tale comma, infatti, stabilisce che “una quota non inferiore al 50 per cento della percentuale prevista per le opere europee rispettivamente ai commi 1, 2 e 3 è riservata alle opere di espressione originale italiana, ovunque prodotte negli ultimi cinque anni, da produttori indipendenti. Il regolamento o i regolamenti di cui all'articolo 57 prevedono che una percentuale pari almeno ad un quinto della sotto quota di investimento di cui al presente comma, sia riservato a opere cinematografiche di espressione originale italiana ovunque prodotte da produttori indipendenti, di cui il 75 per cento riservato alle opere prodotte negli ultimi cinque anni”. Come osservato anche dall’AGCOM, non sarebbe utile specificare che almeno il 75 per cento della sotto quota debba essere riservato a opere recenti, in quanto tale sotto quota sarebbe già riferita solamente a opere recenti. Il sottoinsieme non potrebbe infatti comprendere parti che non siano ricomprese nell’insieme maggiore.

In ogni caso va chiarita la portata della disposizione, anche qualora la sotto quota di investimento ivi citata non sia quella, di non agevole identificazione, “di cui al presente comma” bensì stia a indicare quella conseguente agli obblighi di investimento citati nel medesimo articolo 55, al comma 2, lettera b), in cui effettivamente non è fatto cenno a opere prodotte negli ultimi cinque anni.

In termini generali, la Sezione ritiene che vada promossa, in quanto ampiamente condivisibile, l’esigenza di semplificazione e flessibilità del sistema delle quote, evocata nel parere dell’AGCOM. Si trae conferma dell’opportunità di semplificazione proprio dalle disposizioni contenute nell’art. 55, sulle quote di opere europee e, in tale ambito, di quelle italiane. Per di più, tale esigenza risulta compatibile tanto con la direttiva quanto con i principi e criteri direttivi della legge delega n. 53/2021 (v. in particolare l’art. 1, comma 1, lettera d).


L’articolo 56 presenta un contenuto corrispondente a quello dell’art. 44-quinquies TUSMAR, con alcuni adeguamenti di coordinamento rispetto ad altre parti del nuovo testo unico e l’articolo 57 presenta un contenuto coincidente con quello dell’art. 44-sexies TUSMAR, salve modifiche di coordinamento nei rinvii normativi.


L’articolo 58 stabilisce, con formula identica al vigente art. 44-septies TUSMAR, che le disposizioni del titolo VII non si applicano ai fornitori di servizi di media audiovisivi operanti in ambito locale.


Quanto agli articoli da 59 a 66, la Sezione osserva che fanno parte del Titolo VIII (Servizio pubblico generale radiotelevisivo e disciplina della concessionaria) e contengono alcune modifiche e integrazioni di carattere essenzialmente ordinamentale e di coordinamento, volte ad allineare il nuovo decreto legislativo a quanto previsto dalla direttiva del 2018.


L’articolo 59 presenta un contenuto corrispondente a quello dell’art. 45 TUSMAR.

Oltre a quelle di mero coordinamento, si segnalano le seguenti modifiche.

Al comma 1 è individuata direttamente la RAI come concessionaria del servizio pubblico, in luogo del generico riferimento a una società per azioni.

Al comma 1, sui contratti di servizio regionali e provinciali, non è più previsto che il loro rinnovo ogni cinque anni si colloca nel quadro della convenzione che riconosce alla RAI la funzione di servizio pubblico.

Al comma 2, lettera d), è introdotto un filtro nell’accesso alla programmazione, nei limiti e secondo le modalità indicati dalla legge, in favore dei partiti e dei gruppi rappresentati in Parlamento, e nei Consigli regionali, delle organizzazioni associative delle autonomie locali, dei sindacati nazionali, delle confessioni religiose, dei movimenti politici “dotati di un sufficiente grado di rappresentatività”. Merita evidenziare che non è invece stabilito in quale modo possa essere determinato il nuovo criterio del “sufficiente grado di rappresentatività”. Dovrebbe inoltre essere esplicitato se tale criterio di accesso legato alla rappresentatività riguardi esclusivamente i movimenti politici non rappresentati nelle assemblee parlamentari o nei consigli regionali.

Al comma 4, secondo periodo, nella locuzione “Per garantire la trasparenza e la responsabilità nell'utilizzo del finanziamento pubblico ente locale territorialmente competente” manca evidentemente una preposizione. Si valutino inoltre le ragioni per cui non è più fatto riferimento, rispetto all’art. 45 TUSMAR, al “finanziamento pubblico provinciale”, relativo alla provincia autonoma di Bolzano.

Si fa inoltre presente che, al comma 5, risultano ancora presenti importi incrementali per il finanziamento della convenzione con la provincia autonoma di Bolzano, riferiti ad anni passati. Vanno quindi aggiornati gli importi a regime oltre che i rinvii normativi interni.


L’articolo 60 presenta un contenuto corrispondente al vigente art. 46 TUSMAR. La rubrica di quest’ultimo fa riferimento all’ambito “regionale e provinciale”.

Al comma 1 dovrebbe essere reso più chiaro il riferimento all’ambito “di enti locali territorialmente competenti”, che sostituisce l’odierno richiamo – invero chiaro – all’ambito provinciale.


L’articolo 61 presenta un contenuto corrispondente all’art. 47 TUSMAR e l’articolo 62 corrisponde all’art. 48 TUSMAR e, salve modifiche di coordinamento, è sostanzialmente identico a quest’ultimo.


L’articolo 63 corrisponde sostanzialmente all’articolo 49 TUSMAR.

In particolare, rispetto al testo vigente è aggiornata la data di scadenza della concessione (al 30 aprile 2027).

Inoltre, al comma 17 sono ampliati i requisiti per l’accesso alla candidatura per l'elezione del componente del consiglio di amministrazione espresso dall'assemblea dei dipendenti della RAI Radiotelevisione italiana S.p.A. Mentre l’art. 49, comma 6-ter, lettera b), TUSMAR richiama i soli requisiti previsti dal comma 4, il nuovo art. 63, comma 17, prevede che debbano essere soddisfatti i requisiti fissati dal comma 4 al 15.

Nessuna indicazione è contenuta nella relazione illustrativa sulle ragioni che hanno condotto a tale scelta.

Inoltre occorre sostituire le parole “dal comma 4 al 15” con le seguenti “dai commi 10, 12 e 13”. In tal modo verrebbe corretto un refuso palese nella numerazione dei commi richiamati ed esclusi dal richiamo i commi 11, 14 e 15. Infatti, il comma 11 non individua requisiti bensì obiettivi da soddisfare con l’elezione (equilibrio tra i sessi e diversificazione delle professionalità presenti nel consiglio di amministrazione). Lo stesso vale per i commi 14 e 15 che riguardano, rispettivamente, la nomina del presidente del consiglio di amministrazione e l’individuazione dei diversi membri del medesimo consiglio.

Le modifiche introdotte paiono da ricondurre al principio e criterio direttivo di delega relativo all’adeguamento delle disposizioni vigenti (cfr. art. 3, comma 1, lettera a), della legge n. 53/2021).

In tale ambito, valuti l’amministrazione l’opportunità: di integrare, all’art. 63, comma 12, le cause ostative all’accesso alla carica di membro del consiglio di amministrazione o alla sua conservazione, introducendo il riferimento anche ai commissari straordinari del Governo, in sintonia con quanto previsto dall’art. 1 della legge n. 215/2004; di modificare il comma 18, sul procedimento di revoca dei componenti del consiglio di amministrazione, precisando che l’intervento previsto della Commissione parlamentare per l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi si risolve in un parere e non in una valutazione, come attualmente previsto, con formulazione non corrispondente alle tipologie di atti previsti dal diritto parlamentare.

Si rileva poi che al comma 21, lettera f), è stato omesso, per un evidente refuso, il riferimento alla fonte normativa relativa agli incarichi conferiti a collaboratori esterni, per le società a partecipazione pubblica (nell’articolo 49 vigente è richiamato l’art. 18, comma 2, del decreto-legge n. 112/2008).


L’articolo 64 corrisponde all’art. 49-bis TUSMAR, con un’unica modifica di coordinamento e l’articolo 65 corrisponde all’art. 49-ter TUSMAR, con alcune modifiche di coordinamento relative ai rinvii al vigente codice degli appalti pubblici.


L’articolo 66 è identico all’art. 49-quater TUSMAR e l’articolo 67 corrisponde all’art. 51 TUSMAR.


Il Titolo IX riguarda le disposizioni sanzionatorie e finali.

Al suo interno, il Capo I disciplina le sanzioni di competenza dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (articolo 67) e quelle di competenza del Ministero dello sviluppo economico (articolo 68). Si tratta in gran parte di modifiche di coordinamento con riguardo alla necessità di adeguare l’apparato sanzionatorio alla mutata realtà del settore.


L’articolo 67 (Sanzioni di competenza dell'Autorità) corrisponde all’art. 51 TUSMAR.

La Sezione, preliminarmente, invita a concentrare nell’articolo 67 tutte le disposizioni di carattere sanzionatorio, sì da favorire la leggibilità, il coordinamento e l’organicità della relativa disciplina. Per converso, si invita l’Amministrazione a non introdurre alcune disposizioni sanzionatorie in altri articoli (è questo il caso dell’art. 39), con la conseguenza di doverne poi replicare i contenuti nell’art. 67 (è questo il caso dell’art. 67, comma 7, che a sua volta rinvia all’art. 39).

Un altro caso è quello dell’art. 32, con il quale, per la violazione della disciplina dettata dal comma 2, lo schema in esame prevede, al comma 4, la sanzione, a cura del Ministero, della sospensione dell’autorizzazione a trasmettere e dell’utilizzazione del numero assegnato; poi, nell’art. 67 prevede – sempre per la violazione dei divieti di cui all’art. 32, comma 2 - a cura dell’Autorità, una sanzione amministrativa (comma 1, lettera i), e comma 2, lettera e) e, nei casi più gravi, la sospensione (comma 4: è da intendere come misura aggiuntiva alla sanzione pecuniaria).

Ancora, in un ulteriore caso, si prevede nell’articolo dedicato alla fissazione di obblighi (art. 41) che, in presenza di determinati presupposti, l’Autorità possa – con misura di natura sanzionatoria - limitare la libera circolazione di certi programmi, video e comunicazioni commerciali (comma 7). Poi, nella disposizione (art. 67) dedicata alle sanzioni, si fa riferimento generico nel comma 9 alle violazioni di cui agli articoli 41 e 42. Tuttavia, solo nell’art. 42, comma 10, viene fatta menzione delle sanzioni amministrative di cui all’art. 67, peraltro senza specificazione del relativo comma.

Il comma 1, lett. h), appare frutto di un refuso. Esso, infatti, attribuisce all’Autorità il potere di applicare le sanzioni per la violazione degli obblighi previsti in materia di diritto di rettifica, nei casi di mancata, incompleta o tardiva osservanza del relativo obbligo di cui all'articolo 33. Nel segnalare che al diritto di rettifica è invece fatto riferimento all’art. 36 dello schema in esame, la Sezione osserva che il vigente art. 51, comma 1, lettera h), TUSMAR, contiene la stessa formulazione con rinvio all’art. 32-bis che tuttavia, a sua volta, riguarda la protezione dei diritti d’autore.

È poi da segnalare che, al comma 1, lettera p), è introdotto il potere sanzionatorio dell’Autorità in materia di violazioni delle norme sul diritto d'autore di cui all'articolo 33, comma 2 (l’importo delle sanzioni è poi determinato dall’art. 67, comma 2, lettera a).

Si osserva che l’art. 33, comma 2, prevede sia un obbligo generico (v. l’alinea che richiede ai fornitori di servizi di media audiovisivi di operare nel rispetto dei diritti d'autore e dei diritti connessi) sia due obblighi più specifici facenti parte del primo (v. la lettera a), relativa all’obbligo di trasmissione delle opere cinematografiche, e la lettera b), relativa all’obbligo di astensione dal trasmettere o ritrasmettere, o mettere comunque a disposizione degli utenti, su qualsiasi piattaforma e qualunque sia la tipologia di servizio offerto, programmi oggetto di diritti di proprietà intellettuale di terzi, o parti di tali programmi, senza il consenso di titolari dei diritti, e salve le disposizioni in materia di brevi estratti di cronaca.

Si valuti di conseguenza se l’indeterminatezza della prescrizione contenuta nell’alinea dell’art. 33, comma 2, consigli di circoscrivere il potere sanzionatorio dell’Autorità alle sole fattispecie di cui alle lettere a) e b).

Si valuti, in alternativa, la possibilità di meglio determinare la prescrizione contenuta nell’alinea.

Valuti infine l’amministrazione se, con riguardo alle fattispecie richiamate, possano concorrere altre disposizioni sanzionatorie previste dalla legislazione vigente in materia di diritto d’autore. Tale valutazione è ancor più rilevante a fronte dell’obbligo di carattere generico (se non indeterminato, in prospettiva sanzionatoria) di cui all’alinea dell’art. 33, comma 2.

Il comma 7 prevede poi che l'Autorità debba applicare le sanzioni per le violazioni di norme previste dal decreto legislativo in materia di minori, ai sensi dell'articolo 39.

È fondata, a giudizio della Sezione, l’osservazione in argomento dell’AGCOM che ha evidenziato come l’articolo 39, a sua volta, rinvia alle disposizioni in materia di tutela dei diritti fondamentali (articolo 32-bis) e di accessibilità (articolo 32-ter), che non riguardano solo i minori.

Appare quindi opportuno modificare il comma 7 dell'articolo 67 proprio allo scopo di chiarire che le sanzioni dell'articolo 39 non riguardano solo i minori e in modo da non privare di misure sanzionatorie le disposizioni volte a tutelare i diritti fondamentali e l’accessibilità, laddove riferite a soggetti diversi dai minori.

Analogo profilo di criticità emerge in riferimento all’articolo 40. Il comma 5 dell’art. 39 prevede che, in caso di inosservanza del codice di autoregolamentazione individuato nell’articolo 40, relativo allo sport, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 4. Il comma 1 dell’art. 39, a sua volta, riguarda la vigilanza dell’Autorità sull’osservanza delle prescrizioni dell’art. 38. Il comma 2 dell’art. 39 sanziona l’inosservanza dei divieti di cui all’art. 38 e agli articoli 32-bis e 32-ter e 43 limitatamente alla violazione di norme in materia di minori. Il comma 4 dell’art. 39 prevede che le sanzioni amministrative possono concorrere nel caso in cui il fatto costituisca reato. Poiché l’art. 40 concerne lo sport nella sua globalità, il relativo Codice dovrebbe riguardare (il condizionale è obbligato trattandosi di un codice solo previsto, come si è detto nelle osservazioni pertinenti a tale articolo) ambiti diversi unitamente a quelli relativi alla tutela dei minori. Pare utile, quindi, seguendo la ratio che traspare dallo schema in esame, che le violazioni del Codice relativo allo sport di cui all’art. 40 non siano sanzionate con riguardo esclusivo alla tutela dei minori. Valuti di conseguenza l’amministrazione l’opportunità di integrare la formulazione dell’art. 67, comma 7.

Alla luce delle considerazioni che precedono, il comma 7 potrebbe, ad esempio, essere riformulato nel modo seguente: “L'Autorità applica le sanzioni previste dall’articolo 39 per gli obblighi previsti dall’articolo 38 e dall’articolo 43, comma 1, lett. g) e comma 3, in materia di tutela dei minori, nonché per gli obblighi di cui agli articoli 32-bis, 32-ter e 40”. Tale formulazione presuppone che l’Amministrazione abbia inteso estendere la tutela a tutti gli obblighi previsti dal codice dello sport e non solo alle norme a tutela dei minori. La stessa pare venire incontro alla preoccupazione manifestata nel parere dell’AGCOM circa il rischio che le sanzioni non siano riferite a tutte le diverse fattispecie indicate in tali articoli. Naturalmente, va comunque raccordata con le scelte che l’Amministrazione farà rispetto all’art. 39.

Il comma 8 stabilisce che l'Autorità è altresì competente ad applicare le sanzioni in materia di posizioni dominanti di cui all'articolo 51, nonché quelle di cui all'articolo 1, commi 29, 30 e 31, della legge 31 luglio 1997, n. 249.

Tuttavia, come si è visto, l’art. 51 non fa più riferimento alcuno alle “posizioni dominanti” bensì alle “posizioni di significativo potere di mercato lesive del pluralismo”. Il comma 8 dell’art. 67 deve essere quindi adeguato.

Il comma 9 introduce la competenza dell’Autorità ad applicare le sanzioni per le violazioni di cui agli articoli 41 e 42, che prevedono rispettivamente “disposizioni generali” e “misure di tutela” relative ai servizi di piattaforma per la condivisione di video. Anche in questo caso si reputa opportuno che l’Amministrazione valuti l’esigenza di raccordare le misure sanzionatorie con il diverso grado di specificità dei distinti precetti contenuti negli articoli 41 e 42. Si consideri che i fornitori dei servizi di piattaforma sono “in ogni caso tenuti” a rispettare gli obblighi previsti dall’art. 42, comma 7, e che l’art. 41, comma 12, si limita a richiamarne alcuni per adattarli all’utilizzo da parte di utenti italiani, rispetto a fornitori operanti in uno Stato membro, per assicurare la tutela anche in queste ipotesi. Gli altri precetti risultano indirettamente dall’obbligo dei fornitori di adottare “misure adeguate”, delle quali la legge individua gli obiettivi della tutela (art. 42, comma 1), oppure direttamente, mediante il richiamo delle prescrizioni contenute nella direttiva comunitaria, come novellata nel 2018 (comma 2). Ulteriori precetti sono rimessi ai codici di condotta, frutto di co-regolamentazione e di auto-regolamentazione, rispetto ai quali si prevede l’emanazione di criteri specifici da parte dell’Autorità.

Con riguardo particolare all’adeguatezza delle “misure” e ai criteri da formularsi, la Sezione reputa quindi opportuno che l’Amministrazione proponente prenda in considerazione l’esigenza della graduazione in modo da consentire una applicazione delle sanzioni amministrative rispettosa dei principi di ragionevolezza e proporzionalità.

Merita poi richiamare l’attenzione sul fatto che tali questioni sono interessate, in termini generali, anche dal parere AGCOM che, proprio con riguardo ai profili sanzionatori disciplinati dallo schema di decreto, auspica una revisione della entità delle sanzioni, anche nel loro limite massimo, che tenga ragionevolmente conto del valore e del tipo di bene di volta in volta tutelato, allo scopo di assicurarne, da un lato, la portata deterrente e, dall'altro, l'idoneità a contribuire ad un adeguato e coerente sviluppo del mercato dell'audiovisivo. A tal fine, AGCOM osserva che, mentre le sanzioni per la violazione di diritti fondamentali, quali quelle afferenti alla tutela dei minori, sono rimaste inalterate, così come la riduzione a un quinto dell'entità della sanzione per i servizi di media in ambito locale, le sanzioni previste per violazioni che afferiscono a un bene avente una valenza eminentemente economica o culturale, quali quelle per le violazioni degli obblighi in materia di opere europee, risultano invece aumentate al ben più significativo ammontare che va da un minimo di 100.000 euro a un massimo di 5.000.000 euro (ovvero all'1% del fatturato se più elevato di 5.000.000 di euro).

Si invita pertanto a un’attenta ponderazione dell’entità delle diverse sanzioni, alla luce del principio e criterio direttivo di delega di cui all’art. 1, comma 1, lettera n) e dei parametri, ivi indicati, di proporzionalità, ragionevolezza ed efficacia.


L’articolo 68 corrisponde nei contenuti all’art. 52 TUSMAR.

In particolare, il comma 1 innova l’art. 52, stabilendo che restano ferme e si applicano agli impianti di radiodiffusione sonora e televisiva le disposizioni sanzionatorie contenute nel Codice delle comunicazioni elettroniche non solo per i soggetti autorizzati dal Ministero ma anche per i soggetti che operano in virtù di concessione ai sensi della legge 6 agosto 1990, n. 223, o autorizzazione con i diritti e gli obblighi stabiliti per il concessionario dalla medesima legge n. 223 del 1990. Le ragioni della modifica sono illustrate dalla relazione illustrativa e sono da ricondurre alla necessità di adeguare l'apparato sanzionatorio ai più recenti arresti giurisprudenziali.

Il comma 2 dell’articolo 68 – cui non corrisponde alcuna disposizione nel vigente art. 52 TUSMAR – prevede che la riduzione a un decimo delle misure sanzionatorie prevista per le emittenti radiotelevisive in ambito locale dall'articolo 67, comma 5, del nuovo decreto si applica anche alle sanzioni irrogate dal Ministero alle medesime emittenti ai sensi delle disposizioni sanzionatorie contenute nel Codice delle comunicazioni elettroniche. La relazione illustrativa si sofferma sulle esigenze che hanno indotto a introdurre la nuova disposizione.

La Sezione non si può tuttavia esimere dal rilevare che, a ben vedere, il comma 2 presenta un contenuto innovativo delle disposizioni vigenti del Codice delle comunicazioni elettroniche, per cui si rende necessaria un’attenta ricognizione della capienza dei principi e criteri direttivi di delega, che a prima vista è destinata a produrre un esito negativo.

Viene poi introdotta, al comma 4, una disciplina sanzionatoria a fattispecie progressiva, in cui le misure della revoca o della riduzione dell’assegnazione – oggi previste come misure primarie – sono precedute dalla misura della sospensione nel caso di mancato rispetto dei principi sulla gestione dello spettro elettromagnetico e pianificazione delle frequenze per il servizio di radiodiffusione terrestre o comunque in caso di mancato utilizzo delle radiofrequenze assegnate. È tuttavia da evidenziare che la relazione illustrativa non si sofferma sulle ragioni della modifica.


Nel Capo II, dedicato alle disposizioni finali, gli articoli 69, 70 e 71 dispongono in ordine all’abrogazione e alle norme transitorie e di coordinamento; l’articolo 72 contiene la clausola di invarianza finanziaria, mentre l’articolo 73 contiene la clausola di immediata entrata in vigore.


L’articolo 69 corrisponde nei contenuti a quanto previsto dall’art. 53 TUSMAR.

Tale disposizione presenta tratti peculiari. Infatti, essa stabilisce che, in considerazione di una serie di obiettivi, le disposizioni del decreto legislativo in materia di reti utilizzate per la diffusione di servizi di media audiovisivi e radiofonici di cui all'articolo 1, comma 2, costituiscono disposizioni speciali, e prevalgono su quelle dettate in materia dal Codice delle comunicazioni elettroniche.

La formulazione del principio di specialità andrebbe rimeditata sì da chiarire: se gli obiettivi indicati dal legislatore condizionino l’efficacia del principio; quali siano le disposizioni prevalenti e quali le corrispondenti disposizioni del Codice delle comunicazioni elettroniche conseguentemente inefficaci nei confronti delle reti in questione. In generale, si invita a valutare se l’autoqualificazione da parte di disposizioni con forza di legge circa il proprio contenuto e la propria efficacia siano idonee a produrre gli effetti perseguiti.


L’articolo 70 riguarda le abrogazioni.

Viene innanzitutto abrogato il d.lgs. n. 177/2005.

Il comma 2 fa salve le disposizioni legislative vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto in ambiti costituzionalmente riservati alla potestà legislativa regionale, che continuano ad applicarsi, in ciascuna Regione, fino alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni regionali in materia.

Si sottolinea l’esigenza che venga specificato se le disposizioni legislative vigenti cui si fa riferimento siano solamente quelle statali o anche quelle regionali.

Il comma 3 stabilisce poi che i provvedimenti dell'Autorità vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto continuano ad applicarsi fino alla emanazione dei nuovi provvedimenti da parte della stessa Autorità.

Si precisi se ci si riferisca esclusivamente agli atti normativi o generali dell’Autorità (come si desumerebbe dal riferimento alla vigenza) o anche a singoli atti (come si desumerebbe dal riferimento ai provvedimenti).


L’articolo 71 contiene norme finali e di coordinamento.

Il comma 1 riguarda la diffusione dei programmi televisivi nella conversione del sistema in tecnica digitale dallo standard DVB-T allo standard DVB-T2.

Sarebbe auspicabile che nelle premesse del decreto legislativo fossero evidenziate le basi normative che consentono di ricomprendere tali disposizioni nell’ambito delle delega in esame.

Il comma 3 prevede che le disposizioni di cui all'articolo 4, comma 1, lettera w) (sulla definizione di ambito locale radiofonico), e all'articolo 24, comma 3 (sui limiti di copertura massima per la radiodiffusione sonora in ambito locale), si applicano dalla data del 1° gennaio 2023. Le perplessità già sollevate dalla Sezione con riguardo alle disposizioni citate si riflettono inevitabilmente anche sulla disposizione relativa alla loro efficacia.

Il comma 4 è volto a modificare l'articolo 1, comma 6, lettera a), della legge 31 luglio 1997, n. 249 (Istituzione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni e norme sui sistemi delle telecomunicazioni e radiotelevisivo) con riguardo alle funzioni esercitate dalla commissione per le infrastrutture e le reti dell’Autorità, integrate con il riferimento ai fornitori di servizi di piattaforma per la condivisione di video di cui alle disposizioni attuative della direttiva (UE)1808/2018. Anche in questo caso, pare necessario che nelle premesse del decreto legislativo siano evidenziate le basi normative che consentono di ricomprendere tali disposizioni nell’ambito della delega in esame.


L’articolo 72 contiene la clausola finanziaria. Lo schema è stato positivamente verificato dalla RGS. Al comma 1 si valuti l’opportunità di sostituire le parole “ad esclusione del comma 3” con le seguenti “salvo quanto previsto dal comma 3”.


L’articolo 73 dispone l’entrata in vigore del decreto legislativo il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale


Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, la Sezione esprime il parere nei termini indicati

P.Q.M.

nei sensi suesposti è il parere della Sezione.


 
 
GLI ESTENSORI IL PRESIDENTE
Paolo Carpentieri, Giuseppa Carluccio, Paolo Aquilanti, Claudio Tucciarelli, Luca Di Raimondo Luigi Carbone
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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