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Corte di giustizia europea, Sez. IV, 14/10/2021 n. C-683/19
Sul regime di finanziamento di un obbligo di servizio pubblico, consistente nel fornire energia elettrica a tariffa ridotta a taluni consumatori vulnerabili

L'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a che il costo di un obbligo di servizio pubblico, consistente nel fornire energia elettrica a tariffa ridotta a taluni consumatori vulnerabili, sia posto unicamente a carico delle società controllanti di gruppi societari o, eventualmente, delle società che esercitano contemporaneamente le attività di produzione, di distribuzione e di commercializzazione di energia elettrica, qualora tale criterio, scelto dal legislatore nazionale al fine di distinguere tra le società che devono assumersi tale costo e quelle che ne sono totalmente esentate, conduca ad una differenza di trattamento che non è oggettivamente giustificata tra le diverse società che operano su tale mercato.

L'articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72 deve essere interpretato nel senso che non osta a che il regime di finanziamento di un obbligo di servizio pubblico, consistente nel fornire energia elettrica a tariffa ridotta a taluni consumatori vulnerabili, sia istituito senza limiti di tempo e senza misura compensativa.


Materia: energia / disciplina

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

 

14 ottobre 2021 (*)

 

«Rinvio pregiudiziale – Norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica – Direttiva 2009/72/CE – Articolo 3, paragrafi 2 e 6 – Imposizione di obblighi di servizio pubblico – Finanziamento di un bonus sociale ai fini della tutela dei consumatori vulnerabili – Obblighi di trasparenza e di non discriminazione»

 

Nella causa C-683/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), con decisione del 9 luglio 2019, pervenuta in cancelleria il 16 settembre 2019, nel procedimento

 

Viesgo Infraestructuras Energéticas SL, già E.ON España SLU,

 

contro

Administración General del Estado,

 

Iberdrola SA,

 

Naturgy Energy Group SA, già Gas Natural SDG, SA,

 

EDP España SAU, già Hidroeléctrica del Cantábrico SA,

 

CIDE Asociación de Distribuidores de Energía Eléctrica,

 

Endesa SA,

 

Agri-Energía SA,

 

Navarro Generación SA,

 

Electra del Cardener SA,

 

Serviliano García SA,

 

Energías de Benasque SL,

 

Candín Energía SL,

 

Cooperativa Eléctrica Benéfica Catralense,

 

Cooperativa Valenciana,

 

Eléctrica Vaquer SA,

 

Hijos de José Bassols SA,

 

Electra Aduriz SA,

 

El Gas SA,

 

Estabanell y Pahisa SA,

 

Electra Caldense SA,

 

Cooperativa Popular de Fluid Electric Camprodón SCCL,

 

Fuciños Rivas SL,

 

Electra del Maestrazgo SA,

 

LA CORTE (Quinta Sezione),

 

composta da E. Regan, presidente di sezione, C. Lycourgos (relatore), presidente della Quarta Sezione, e M. Ilešic, giudice,

 

avvocato generale: M. Bobek

 

cancelliere: A. Calot Escobar

 

vista la fase scritta del procedimento,

 

considerate le osservazioni presentate:

 

        per la Viesgo Infraestructuras Energéticas SL, già E.ON España SLU, da N. Encinar Arroyo e G. Rubio Hernández-Sampelayo, abogados, nonché da M.J. Gutiérrez Aceves, procuradora;

 

        per la Iberdrola SA, da J. Giménez Cervantes, M. García García e C.A.F. Lowhagen, abogados;

 

        per la Naturgy Energy Group SA, da F. González Díaz e B. Martos Stevenson, abogados;

 

        per la EDP España SAU, da J. Expósito Blanco e J. Fernández García, abogados;

 

        per la Endesa SA, da A.J. Sánchez Rodríguez e J.J. Lavilla Rubira, abogados;

 

        per la Agri-Energía SA, la Navarro Generación SA, la Electra del Cardener SA, la Serviliano García SA, la Energías de Benasque SL, la Cooperativa Eléctrica Benéfica Catralense, la Cooperativa Valenciana, la Eléctrica Vaquer SA, la Hijos de José Bassols SA, la Electra Aduriz SA, la El Gas SA, la Estabanell y Pahisa SA, la Electra Caldense SA, la Cooperativa Popular de Fluid Electric Camprodón SCCL, la Fuciños Rivas SL, e la Electra del Maestrazgo SA, da I. Bartol Mir, abogada;

 

        per il governo spagnolo, da M.J. Ruiz Sánchez e S. Centeno Huerta, in qualità di agenti;

 

        per la Commissione europea, da O. Beynet e M. Jáuregui Gómez, in qualità di agenti,

 

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 aprile 2021,

 

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE (GU 2009, L 211, pag. 55).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede la Viesgo Infraestructuras Energéticas SL (in prosieguo: la «Viesgo»), già E.ON España SLU (in prosieguo: la «E.ON»), contrapposta all’Administración General del Estado (amministrazione generale dello Stato, Spagna) e a diverse società spagnole che esercitano la loro attività nel settore dell’elettricità, in merito alla legittimità del regime di finanziamento di un obbligo di servizio pubblico relativo ad una riduzione sul prezzo dell’energia elettrica di cui beneficiano taluni consumatori vulnerabili.

 

 Contesto normativo

 

 Diritto dell’Unione

 

3        Ai sensi dei considerando 7, 45, 50 e 53 della direttiva 2009/72:

 

«(7)      Nella comunicazione del 10 gennaio 2007 “Una politica dell’energia per l’Europa” la Commissione ha sottolineato quanto sia importante portare a compimento la realizzazione del mercato interno dell’energia elettrica e creare condizioni di concorrenza uniformi per tutte le imprese elettriche stabilite nell’[Unione]. Le comunicazioni della Commissione del 10 gennaio 2007 intitolate “Prospettive del mercato interno del gas e dell’energia elettrica” e “Indagine ai sensi dell’articolo 17 del regolamento (CE) n. 1/2003 nei settori europei del gas e dell’energia elettrica (relazione finale)” hanno dimostrato che le norme e le misure vigenti non sono state sufficienti per creare i presupposti necessari per la realizzazione dell’obiettivo auspicato, vale a dire la creazione di un mercato interno pienamente funzionante.

 

(...)

 

(45)      (...) Gli Stati membri dovrebbero adottare le misure necessarie per proteggere i clienti vulnerabili nel contesto del mercato interno dell’energia elettrica. Tali misure possono variare a seconda delle circostanze particolari nello Stato membro in questione e possono includere misure specifiche riguardanti il pagamento di fatture per l’energia elettrica o misure più generali nell’ambito del sistema di previdenza sociale. (...)

 

(50)      Gli obblighi del servizio pubblico, incluso per quanto riguarda il servizio universale, e le norme minime comuni che ne discendono devono essere rafforzati in modo che tutti i consumatori, in particolare i consumatori vulnerabili, possano trarre beneficio dalla concorrenza e da prezzi equi. Gli obblighi del servizio pubblico dovrebbero essere definiti su base nazionale, tenendo conto delle circostanze nazionali; il diritto [dell’Unione] dovrebbe tuttavia essere rispettato dagli Stati membri. I cittadini dell’Unione europea e, ove gli Stati membri lo reputino opportuno, le piccole imprese dovrebbero poter godere degli obblighi del servizio pubblico, soprattutto per quanto riguarda la sicurezza dell’approvvigionamento e i prezzi ragionevoli. (...)

 

(...)

 

(53)      La povertà energetica costituisce un problema crescente nell’[Unione]. Gli Stati membri interessati dal problema che ancora non lo hanno fatto dovrebbero quindi sviluppare piani di azione nazionali o altri quadri adeguati per affrontare la povertà energetica con l’obiettivo di ridurre il numero di persone colpite da tale problema. In ogni caso, gli Stati membri dovrebbero garantire il necessario approvvigionamento energetico per i consumatori vulnerabili. A tal fine si potrebbe ricorrere a un approccio integrato, ad esempio nel quadro della politica sociale, e le relative misure potrebbero comprendere politiche sociali o miglioramenti dell’efficienza energetica per le abitazioni. La presente direttiva dovrebbe, quanto meno, ammettere politiche nazionali a favore dei clienti vulnerabili».

 

4        L’articolo 2 di tale direttiva, rubricato «Definizioni», prevedeva quanto segue:

 

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

 

(...)

 

21.       “impresa verticalmente integrata”: un’impresa elettrica o un gruppo di imprese elettriche nelle quali la stessa persona o le stesse persone hanno, direttamente o indirettamente, il potere di esercitare un controllo, e in cui l’impresa o il gruppo di imprese esercita almeno una delle attività di trasmissione o distribuzione, e almeno una delle funzioni di produzione o fornitura di energia elettrica;

 

(...)».

 

5        L’articolo 3, paragrafi 2, 6 e 7, di tale direttiva così disponeva:

 

«2.      Nel pieno rispetto delle pertinenti disposizioni del [Trattato FUE], in particolare dell’articolo [106], gli Stati membri possono, nell’interesse economico generale, imporre alle imprese che operano nel settore dell’energia elettrica obblighi relativi al servizio pubblico concernenti la sicurezza, compresa la sicurezza dell’approvvigionamento, la regolarità, la qualità e il prezzo delle forniture, nonché la tutela dell’ambiente, compresa l’efficienza energetica, l’energia da fonti rinnovabili e la protezione del clima. Questi obblighi sono chiaramente definiti, trasparenti, non discriminatori e verificabili, e garantiscono alle imprese dell’[Unione europea] che operano nel settore dell’energia elettrica parità di accesso ai consumatori nazionali. (...)

 

(...)

 

6.      Se sono previste compensazioni finanziarie, altre forme di compensazione e diritti esclusivi che uno Stato concede per l’adempimento degli obblighi di cui ai paragrafi 2 e 3, ciò avviene in maniera trasparente e non discriminatoria.

 

7.      Gli Stati membri adottano misure adeguate per tutelare i clienti finali ed assicurano in particolare ai clienti vulnerabili un’adeguata protezione. In questo contesto, ciascuno Stato membro definisce il concetto di cliente vulnerabile che può fare riferimento alla povertà energetica e, tra le altre cose, al divieto di interruzione della fornitura di elettricità a detti clienti nei periodi critici. Gli Stati membri garantiscono che siano applicati i diritti e gli obblighi relativi ai clienti vulnerabili. (...)».

 

 Diritto spagnolo

 

6        Sotto il titolo «Consumatori vulnerabili», l’articolo 45 della Ley 24/2013 del Sector Eléctrico (legge 24/2013, relativa al settore dell’elettricità), del 26 dicembre 2013, nella versione applicabile al procedimento principale (in prosieguo: la «legge 24/2013»), prevedeva quanto segue:

 

«1.      Sono considerati consumatori vulnerabili i consumatori di energia elettrica che possiedono le caratteristiche sotto il profilo sociale, del consumo e del potere d’acquisto da determinare. In ogni caso, la misura è limitata alle persone fisiche nella loro residenza abituale.

 

La definizione dei consumatori vulnerabili e i requisiti che essi devono soddisfare, nonché le misure da adottare per tale gruppo di consumatori, sono determinati mediante regolamento dal governo.

 

2.      Il bonus sociale si applica ai consumatori vulnerabili che rispondono alle caratteristiche sotto il profilo sociale, del consumo e del potere d’acquisto stabilite con regio decreto del Consiglio dei Ministri. A tal fine è fissata una soglia che si riferisce ad un indicatore di reddito familiare pro capite. In ogni caso, la misura è limitata alle persone fisiche nella loro residenza abituale.

 

3.      Il bonus sociale copre la differenza tra il valore del prezzo volontario destinato ai consumatori a basso utilizzo e un valore di base, denominato “tariffa di ultima istanza”, ed è applicato dal fornitore di riferimento pertinente alle fatture dei consumatori che beneficiano del bonus sociale.

 

Il Ministro de Industria, de Energía y de Turismo [ministro dell’Industria, dell’Energia e del Turismo], previo accordo della Comisión Delegada del Gobierno para Asuntos Económicos [commissione delegata del governo agli affari economici], fissa la tariffa di ultima istanza.

 

4.      Il bonus sociale è considerato un obbligo di servizio pubblico ai sensi della direttiva [2009/72] ed è a carico delle società controllanti di gruppi societari o, se del caso, di società che svolgono simultaneamente attività di produzione, distribuzione e vendita di energia elettrica.

 

La percentuale di ripartizione degli importi da finanziare viene calcolata, per ciascun gruppo societario, come rapporto tra, da un lato, un termine corrispondente alla somma dei valori medi annuali del numero di forniture collegate alle reti di distribuzione delle imprese distributrici e del numero di clienti delle imprese di commercializzazione appartenenti al gruppo e, dall’altro, un termine che sarà dato dalla somma di tutti i valori medi annuali delle forniture e dei clienti di tutti i gruppi societari da prendere in considerazione ai fini di tale ripartizione.

 

Tale percentuale di ripartizione è calcolata annualmente dalla Comisión Nacional de los Mercados y la Competencia [Commissione nazionale dei mercati e della concorrenza, Spagna], conformemente al procedimento e alle condizioni stabilite dal regolamento. A tal fine, la stessa commissione pubblica sulla sua pagina Internet, nel mese di novembre di ogni anno, le informazioni relative all’anno precedente e relative alle medie annue del numero di approvvigionamenti collegati alle reti di distribuzione delle imprese distributrici e del numero di clienti delle imprese di commercializzazione, nonché l’elenco dei gruppi societari o, se del caso, delle società che soddisfano il criterio di cui al primo comma del presente paragrafo.

 

La commissione di cui sopra presenta entro il 1º°dicembre di ogni anno una proposta di fissazione delle percentuali di finanziamento corrispondenti a ciascuna delle società controllanti, che spetta al Ministro dell’Industria, dell’Energia e del Turismo approvare con decreto pubblicato nel “Boletín Oficial del Estado”.

 

In ogni caso, i contributi ai quali è tenuta ciascuna di tali società sono versati su un conto di deposito specifico creato a tal fine dall’organo amministrativo liquidatore incaricato della sua gestione».

 

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

 

7        Il 18 dicembre 2014, la E.ON, ai cui diritti è subentrata la Viesgo, ha proposto un ricorso giurisdizionale amministrativo dinanzi al Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) chiedendo l’annullamento del Real Decreto 968/2014, por el que se desarrolla la metodología para la fijación de los porcentajes de reparto de las cantidades a financiar relativas al bono social (Real Decreto 968/2014, sul metodo di calcolo delle percentuali di distribuzione degli importi da finanziare in relazione al bonus sociale), del 21 novembre 2014 (in prosieguo: il «Regio Decreto 968/2014»).

 

8        La E.ON ha dedotto l’incompatibilità con la direttiva 2009/72 del regime di finanziamento del bonus sociale, previsto all’articolo 45, paragrafo 4, della legge 24/2013 ed attuato dagli articoli 2 e 3 del Regio Decreto 968/2014.

 

9        Con sentenza del 24 ottobre 2016, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha accolto il ricorso proposto dalla E.ON ed ha dichiarato inapplicabile tale regime di finanziamento, in quanto incompatibile con l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72. Tale giudice espone di essersi basato sulle sentenze della Corte del 20 aprile 2010, Federutility e a. (C-265/08, EU:C:2010:205), e del 7 settembre 2016, ANODE (C-121/15, EU:C:2016:637). In particolare, essa ha ritenuto che i motivi contenuti in quest’ultima sentenza, che riguarda una normativa nazionale in materia di prezzi del gas, fossero pienamente trasponibili al settore dell’energia elettrica, essendo comparabili l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/73/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno del gas naturale e che abroga la direttiva 2003/55/CE (GU 2009, L 211, pag. 94), e l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72. Di conseguenza, in forza della teoria dell’«acte éclairé», essa ha deciso di non sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale.

 

10      L’amministrazione generale dello Stato ha proposto dinanzi al Tribunal Constitucional (Corte costituzionale, Spagna) un ricorso diretto a garantire la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali (recurso de amparo) avverso tale sentenza.

 

11      Il 26 marzo 2019 quest’ultimo ha accolto il ricorso. Pertanto, esso ha annullato detta sentenza, dichiarando che il Tribunal Supremo (Corte suprema) aveva violato il diritto a un processo accompagnato da tutte le garanzie, previsto all’articolo 24, paragrafo 2, della Costituzione spagnola, poiché aveva disapplicato la normativa interna per incompatibilità con l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72 senza prima aver sottoposto alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale. Esso ha altresì ordinato la riapertura del procedimento contenzioso nella fase precedente alla pronuncia della sentenza, affinché il Tribunal Supremo (Corte suprema) si pronunciasse nuovamente. Dalla decisione di rinvio risulta che il Tribunal Constitucional (Corte costituzionale) ha ritenuto che le condizioni di applicazione della teoria dell’«acte éclairé» non fossero soddisfatte nel caso di specie e che, pertanto, il Tribunal Supremo (Corte suprema) non fosse dispensato dall’obbligo di sollevare una questione pregiudiziale.

 

12      In esecuzione di tale sentenza, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso di sottoporre alla Corte la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, esponendo sotto forma di interrogativi i motivi che l’avevano indotto a dichiarare che la normativa spagnola era incompatibile con la direttiva 2009/72.

 

13      Il Tribunal Supremo (Corte suprema) rileva che il bonus sociale, previsto all’articolo 45 della legge 24/2013, è stato concepito come una prestazione di marcato carattere sociale e con natura di obbligo di servizio pubblico, destinata a tutelare taluni consumatori di energia elettrica che beneficiano della tariffa di ultima istanza e che presentano talune caratteristiche sociali, di consumo e di potere d’acquisto, in relazione al costo dell’elettricità della loro abitazione abituale.

 

14      Tale giudice indica che dalla motivazione del Real decreto-ley 9/2013, por el que se adoptan medidas urgentes para garantizar la estabilidad financiera del sistema eléctrico (regio decreto legge 9/2013, recante adozione di misure urgenti al fine di garantire la stabilità finanziaria del sistema elettrico), del 12 luglio 2013, che ha preceduto la legge 24/2013, risulta che il regime di finanziamento del bonus sociale, previsto all’articolo 45, paragrafo 4, di tale legge, risponde all’obiettivo di contribuire alla riduzione necessaria e urgente dei costi del sistema, imponendo, a titolo di obblighi di servizio pubblico, la presa in carico del costo del bonus sociale da parte delle società controllanti delle società o dei gruppi societari che operano nel settore della produzione, della distribuzione e della commercializzazione dell’energia elettrica e che costituiscono gruppi verticalmente integrati. Secondo il legislatore nazionale, imporre un siffatto obbligo a tali società controllanti consentirebbe, per quanto indirettamente, di ripartire tale onere tra le principali attività commerciali del settore dell’energia elettrica.

 

15      Il giudice del rinvio rileva, a tal riguardo, che la questione che si pone nel caso di specie è se tali giustificazioni rispondano ai requisiti previsti all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72, secondo i quali gli obblighi relativi al servizio pubblico devono, da un lato, essere chiaramente definiti, trasparenti, non discriminatori e verificabili e, dall’altro, garantire alle imprese elettriche dell’Unione parità di accesso ai consumatori nazionali.

 

16      Essa sottolinea che al legislatore nazionale viene contestato di aver deciso che, tra gli attori che intervengono in tre settori della rete elettrica – produzione, distribuzione e commercializzazione – solo le società o i gruppi societari che esercitano contemporaneamente queste tre attività e che costituiscono gruppi verticalmente integrati assumono il costo del finanziamento di tale obbligo di servizio pubblico, mentre sono esenti da tale onere tutte le società o gruppi societari la cui attività è limitata ad uno solo o anche due di questi settori.

 

17      Dall’Orden IET/350/2014, por la que se fijan los porcentajes de reparto de las cantidades a financiar relativas al bono social correspondientes a 2014 (decreto IET/350/2014, che fissa le percentuali di distribuzione degli importi da finanziare a titolo di bonus sociale per il 2014), del 7 marzo 2014, che ha individuato le entità interessate e fissato le percentuali di distribuzione degli importi da finanziare a titolo di bonus sociale per il 2014, risulterebbe che solo a cinque gruppi di imprese o società sono assegnati coefficienti o percentuali significativi, che presentano inoltre differenze notevoli [Endesa SA (41,612696%), Iberdrola SA (38,474516%), Gas Natural SDG SA (14,185142%), Hidroeléctrica del Cantábrico (2,649114) e E.ON (2,368956%)]. Ne conseguirebbe che, di per sé, queste cinque società contribuiscono per il 99,290424% al finanziamento del bonus sociale, mentre alle restanti 23 società identificate vengono attribuiti coefficienti fortemente ridotti, tutti nettamente inferiori all’1%.

 

18      Peraltro, il giudice del rinvio si interroga sull’eventuale violazione del principio di proporzionalità da parte della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, dal momento che l’obbligo di finanziare il bonus sociale non è previsto a titolo eccezionale o con una portata temporale limitata, ma indefinitamente e senza contropartita né alcuna misura compensativa.

 

19      In tale contesto, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

 

«1)      Se, conformemente alla giurisprudenza stabilita dalla Corte di giustizia, segnatamente, con le sentenze del 20 aprile 2010, Federutility e a. (C-265/08, EU:C:2010:205) e del 7 settembre 2016, ANODE (C-121/15, EU:C:2016:637), risulti compatibile con gli obblighi di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva [2009/72] una normativa nazionale – come quella prevista dall’articolo 45, paragrafo 4, della [legge 24/2013], successivamente attuato dagli articoli 2 e 3 del [regio decreto 968/2014] – in forza della quale il finanziamento del bonus sociale ricade su determinati operatori del sistema elettrico, ossia le controllanti dei gruppi societari o, se del caso, le società che svolgono simultaneamente attività di produzione, distribuzione e vendita di energia elettrica – ancorché taluni di questi soggetti obbligati abbiano un peso specifico assai modesto all’interno del settore complessivamente considerato –, pur rimanendo esenti da tale onere altri soggetti o gruppi di imprese che possono risultare maggiormente idonei a farsi carico di detti costi, in considerazione del loro fatturato o della loro importanza relativa in uno dei settori di attività, oppure perché svolgono simultaneamente e in maniera integrata due delle attività di cui trattasi.

 

2)      Se sia o meno compatibile con la condizione di proporzionalità stabilita dal citato articolo 3, paragrafo 2, della direttiva [2009/72] una normativa nazionale in base alla quale l’obbligo di finanziare il bonus sociale viene stabilito non con carattere eccezionale né per un periodo limitato, bensì in maniera indefinita e senza contropartite né misure di compensazione».

 

 Sulla competenza della Corte e la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

 

20      La Viesgo, la Iberdrola e la Endesa ritengono, in sostanza, che, alla luce delle circostanze che hanno dato luogo alla domanda di pronuncia pregiudiziale nonché delle indicazioni fornite dal giudice del rinvio, la Corte dovrebbe o dichiararsi incompetente o considerare tale domanda irricevibile. Esse ritengono, in particolare, che i motivi che hanno indotto il giudice del rinvio a presentare tale domanda non si riferiscono al diritto dell’Unione, in quanto detto giudice si è ritenuto obbligato, in forza di un procedimento e di una giurisprudenza nazionali, a sottoporre una questione pregiudiziale pur non avendo, nel caso di specie, dubbi interpretativi, il che pregiudicherebbe il primato e l’efficacia del diritto dell’Unione.

 

21      Il giudice del rinvio indica che il Tribunal Constitucional (Corte costituzionale) ha annullato la sentenza da esso pronunciata il 24 ottobre 2016 considerando che esso non aveva sufficientemente esposto i motivi per i quali aveva fatto ricorso alla teoria dell’«acte éclairé». Tuttavia, il giudice del rinvio ritiene che il vero motivo di tale annullamento consistesse nel fatto che il Tribunal Constitucional (Corte costituzionale) applica alle decisioni dei giudici nazionali un criterio di controllo diverso, e più rigoroso, in materia di interpretazione e di applicazione del diritto dell’Unione, quando tali giudici disapplicano una legge nazionale ritenendola contraria al diritto dell’Unione, che non quando decidono che la normativa nazionale è conforme a tale diritto.

 

22      Senza che sia necessario esaminare la conformità al diritto dell’Unione della prassi giudiziaria del Tribunal Constitucional (Corte costituzionale) richiamata dal giudice del rinvio, occorre constatare, in primo luogo, che la domanda di pronuncia pregiudiziale verte su una norma del diritto dell’Unione, ossia l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72, per l’interpretazione della quale la Corte è competente.

 

23      In secondo luogo, da costante giurisprudenza della Corte risulta che spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, tanto la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di pronunciare la propria sentenza, quanto la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate vertono sull’interpretazione o sulla validità di una norma giuridica dell’Unione, la Corte, in linea di principio, è tenuta a statuire. Ne consegue che le questioni vertenti sul diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti che l’interpretazione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà o con l’oggetto del procedimento principale, se il problema è di natura ipotetica o, ancora, se la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle suddette questioni (sentenza del 16 luglio 2020, Facebook Ireland e Schrems, C-311/18, EU:C:2020:559, punto 73 e giurisprudenza ivi citata).

 

24      Nel caso di specie, anzitutto, le questioni pregiudiziali presentano un nesso evidente con l’oggetto del procedimento principale, dal momento che, con esse, il giudice del rinvio cerca di stabilire se le disposizioni nazionali la cui legittimità è contestata dinanzi ad esso siano compatibili con gli obblighi che l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72 impone agli Stati membri nel settore dell’energia elettrica. Inoltre, non risulta che il problema da essa sollevato sia ipotetico. Infine, tale giudice ha esposto nella domanda di pronuncia pregiudiziale elementi di diritto e di fatto sufficienti per consentire alla Corte di rispondere utilmente a tali questioni.

 

25      Occorre aggiungere, a tal riguardo, che, contrariamente alla causa che ha dato luogo alla sentenza del 16 dicembre 1981, Foglia (244/80, EU:C:1981:302), invocata da alcune delle parti nel procedimento principale, tale domanda risponde ad una necessità oggettiva inerente alla soluzione di un contenzioso dinanzi al giudice del rinvio.

 

26      In terzo luogo, occorre ricordare che non è in alcun modo fatto divieto al giudice nazionale di sottoporre alla Corte questioni pregiudiziali la cui risposta, secondo il parere di una delle parti del procedimento principale, non lasci adito a ragionevoli dubbi. Pertanto, anche supponendo che così avvenga, la domanda di pronuncia pregiudiziale contenente simili questioni non diviene per questo irricevibile (v., in tal senso, sentenza del 30 aprile 2020, ?vergas Mrezhi e Balgarska gazova asotsiatsia, C-5/19, EU:C:2020:343, punto 45 e giurisprudenza ivi citata).

 

27      Di conseguenza, dalle considerazioni che precedono risulta che la Corte è competente a rispondere alla domanda di pronuncia pregiudiziale e che quest’ultima è ricevibile.

 

 Sulle questioni pregiudiziali

 

 Sulla prima questione

 

28      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72 debba essere interpretato nel senso che osta a che il costo di un obbligo di servizio pubblico, consistente nel fornire energia elettrica a tariffa ridotta a taluni consumatori vulnerabili, sia posto a carico unicamente delle società controllanti di gruppi societari o, eventualmente, delle società che esercitano simultaneamente le attività di produzione, di distribuzione e di commercializzazione di energia elettrica.

 

29      A tal riguardo, occorre precisare che la misura di cui trattasi nel procedimento principale consiste nell’obbligo di versare un contributo finanziario che consente di coprire il costo del bonus sociale, consistente in una riduzione regolamentata della fattura di consumo di elettricità che le imprese di commercializzazione sono tenute ad applicare a favore di taluni consumatori qualificati come «vulnerabili». L’importo di tale riduzione corrisponde alla differenza tra il valore del prezzo volontario dell’elettricità destinata ai piccoli consumatori e una tariffa ridotta, denominata «tariffa di ultima istanza», fissata da un’autorità pubblica.

 

30      In primo luogo, occorre esaminare se tale contributo finanziario obbligatorio costituisca un obbligo di servizio pubblico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72 e rientri, pertanto, nell’ambito di applicazione di tale disposizione.

 

31      Anzitutto, la Corte ha dichiarato che la nozione di «obblighi di servizio pubblico», ai sensi di tale disposizione, corrisponde a misure di intervento pubblico nel funzionamento del mercato dell’energia elettrica, che impongono ad imprese del settore dell’energia elettrica, ai fini del perseguimento di un interesse economico generale, di operare su tale mercato sulla base di criteri imposti dalle autorità pubbliche. La libertà di tali imprese di operare su detto mercato è quindi limitata, nel senso che, tenuto conto del loro solo interesse commerciale, tali imprese non avrebbero fornito determinati beni o servizi, o non li avrebbero forniti nella stessa misura o alle stesse condizioni (sentenza del 19 dicembre 2019, Engie Cartagena, C-523/18, EU:C:2019:1129, punto 45).

 

32      Alla luce di tale definizione, occorre constatare che l’obbligo, gravante, nel caso di specie, sulle imprese di commercializzazione, di fornire energia elettrica a tariffa ridotta a determinati consumatori vulnerabili, corrisponde ad un obbligo di servizio pubblico, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72.

 

33      Infatti, da una parte, tali imprese sono obbligate ad agire esse stesse per conseguire l’obiettivo di interesse economico generale di tutela dei consumatori vulnerabili, perseguito dal legislatore nazionale, che ha imposto il bonus sociale, e che riflette un obiettivo perseguito dal legislatore dell’Unione, come risulta dai considerando 45, 50 e 53 della direttiva 2009/72. D’altra parte, la libertà di tali imprese di operare nel mercato dell’energia elettrica risulta limitata, dal momento che, tenuto conto unicamente del loro interesse commerciale, esse non avrebbero fornito energia elettrica ai consumatori di cui trattasi, o non l’avrebbero fornita allo stesso prezzo.

 

34      In secondo luogo, dall’articolo 45, paragrafo 4, primo comma, della legge 24/2013 risulta che il costo del bonus sociale è a carico delle società controllanti di gruppi societari o, eventualmente, delle società che esercitano simultaneamente le attività di produzione, di distribuzione e di commercializzazione dell’energia elettrica.

 

35      Conformemente al secondo comma di tale articolo 45, paragrafo 4, la percentuale di ripartizione degli importi da finanziare viene calcolata, per ciascun gruppo societario, come rapporto tra, da un lato, un termine corrispondente alla somma dei valori medi annuali del numero di forniture collegate alle reti di distribuzione delle imprese distributrici e del numero di clienti delle imprese di commercializzazione appartenenti al gruppo e, dall’altro, un termine che sarà dato dalla somma di tutti i valori medi annuali delle forniture e dei clienti di tutti i gruppi societari da prendere in considerazione ai fini di tale ripartizione.

 

36      Come risulta dalla decisione di rinvio, la ripartizione percentuale degli importi da finanziare dipende quindi sia dal numero di forniture collegate alle reti di distribuzione delle società interessate, sia dal numero di clienti nei cui confronti tali società svolgono l’attività di commercializzazione.

 

37      Dall’articolo 45, paragrafo 4, primo e secondo comma, della legge 24/2013 risulta quindi che tutte le società controllanti di gruppi societari e tutte le società interessate da tale disposizione, sulle quali grava l’onere di finanziare il bonus sociale, esercitano, direttamente o tramite una società appartenente a un siffatto gruppo di società, l’attività di commercializzazione di energia elettrica e sono quindi tenute ad applicare la riduzione sul prezzo dell’elettricità ai consumatori vulnerabili derivante da detto bonus sociale. Il sistema così previsto dal legislatore spagnolo impone quindi un obbligo di servizio pubblico il cui costo si ripercuote su una parte delle società e dei gruppi societari incaricati di fornire un servizio siffatto.

 

38      In terzo luogo, dall’articolo 45, paragrafo 4, quinto comma, della legge 24/2013 risulta che i contributi che ciascuna di dette società deve effettuare in forza dell’obbligazione finanziaria relativa al bonus sociale sono versati su un conto specifico di deposito creato a tal fine dall’organismo liquidatore, responsabile della sua gestione. A tal riguardo, come indicato dal governo spagnolo nella sua risposta ai quesiti scritti della Corte, un obbligo del genere ha come unico obiettivo quello di finanziare il bonus sociale.

 

39      Da tali elementi risulta quindi che il gettito di tali contributi è destinato esclusivamente al finanziamento del bonus sociale. Il costo di quest’ultimo determina l’importo totale che dovrà essere prelevato, mediante tale contributo finanziario, presso le imprese elettriche che devono assumerlo. Ne consegue che l’esame della conformità alle norme della direttiva 2009/72 dell’obbligo di servizio pubblico costituito dal bonus sociale non può essere distinto da quello del contributo finanziario che costituisce la sua modalità di finanziamento (v., per analogia, sentenza del 10 novembre 2016, DTS Distribuidora de Televisión Digital/Commissione, C-449/14 P, EU:C:2016:848, punti 67 e 68).

 

40      Ne consegue che l’obbligo di servizio pubblico imposto dal bonus sociale consta di due elementi, vale a dire, da un lato, la riduzione del prezzo dell’elettricità fornita a taluni consumatori vulnerabili e, dall’altro, il contributo finanziario diretto a coprire il costo di tale riduzione di prezzo, che sono indissolubilmente connessi.

 

41      Di conseguenza, si deve considerare che il contributo finanziario obbligatorio di cui trattasi nel procedimento principale, in quanto parte integrante dell’obbligo di servizio pubblico relativo al bonus sociale, rientra nell’ambito di applicazione dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72.

 

42      In secondo luogo, si deve ricordare che, in forza di tale disposizione, nel pieno rispetto delle pertinenti disposizioni del Trattato FUE, in particolare dell’articolo 106 TFUE, gli Stati membri possono, nell’interesse economico generale, imporre alle imprese che operano nel settore dell’energia elettrica obblighi relativi al servizio pubblico concernenti la sicurezza, compresa la sicurezza dell’approvvigionamento, la regolarità, la qualità e il prezzo delle forniture, nonché la tutela dell’ambiente. Tali obblighi devono essere chiaramente definiti, trasparenti, non discriminatori e verificabili, e devono garantire alle imprese dell’Unione che operano nel settore dell’energia elettrica parità di accesso ai consumatori nazionali.

 

43      A tal riguardo, occorre rilevare, in via preliminare, che, poiché l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72 e l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/73 sono, in sostanza, identici e che queste due direttive hanno come obiettivo principale, come indicato dalla Commissione europea, di armonizzare il contesto giuridico del rispettivo settore economico regolamentato al fine di garantire un mercato interno completamente aperto e concorrenziale, la giurisprudenza della Corte relativa a quest’ultima disposizione è trasponibile a detto articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72.

 

44      Ciò premesso, da una giurisprudenza costante della Corte risulta che, benché un intervento statale nella determinazione del prezzo dell’energia elettrica costituisca un ostacolo alla realizzazione di un mercato dell’energia elettrica concorrenziale, tale intervento può cionondimeno essere ammesso nel quadro della direttiva 2009/72, a patto di rispettare tre condizioni. In primo luogo, detto intervento deve perseguire un obiettivo di interesse economico generale, in secondo luogo, deve rispettare il principio di proporzionalità e, in terzo luogo, gli obblighi di servizio pubblico da esso previsti devono essere chiaramente definiti, trasparenti, non discriminatori e verificabili e garantire alle imprese del settore dell’elettricità dell’Unione parità di accesso ai consumatori (v., per analogia, sentenze del 7 settembre 2016, ANODE, C-121/15, EU:C:2016:637, punto 36, e del 30 aprile 2020, ?vergas Mrezhi e Balgarska gazova asotsiatsia, C-5/19, EU:C:2020:343, punto 56).

 

45      Per quanto riguarda quest’ultima condizione, in particolare il requisito secondo cui gli obblighi di servizio pubblico non devono essere discriminatori, l’unico di cui trattasi nell’ambito della prima questione posta, l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72 consente l’imposizione di tali obblighi relativi al servizio pubblico in maniera generale «alle imprese che operano nel settore dell’energia elettrica» e non a talune imprese in particolare. Ciò posto, un meccanismo di designazione delle imprese vincolate da obblighi di servizio pubblico non può escludere a priori nessuna impresa operante nel settore dell’energia elettrica. Pertanto, ogni eventuale differenza di trattamento deve essere obiettivamente giustificata (v., per analogia, sentenze del 7 settembre 2016, ANODE, C-121/15, EU:C:2016:637, punto 71, e del 30 aprile 2020, ?vergas Mrezhi e Balgarska gazova asotsiatsia, C-5/19, EU:C:2020:343, punto 80).

 

46      Pertanto, nei limiti in cui, sebbene l’obbligo di servizio pubblico relativo al bonus sociale sia imposto a tutte le imprese elettriche che commercializzano energia elettrica sul mercato spagnolo, l’onere finanziario di tale obbligo, diretto a coprire i costi della riduzione del prezzo dell’elettricità prevista dal bonus sociale, non incide su tutte tali imprese, spetta al giudice del rinvio verificare se la differenziazione operata tra le imprese sulle quali grava tale onere e quelle che ne sono esentate sia obiettivamente giustificata (v., per analogia, sentenza del 30 aprile 2020, ?vergas Mrezhi e Balgarska gazova asotsiatsia, C-5/19, EU:C:2020:343, punto 82 e giurisprudenza ivi citata).

 

47      A tal riguardo, dalla decisione di rinvio risulta che il legislatore nazionale ha considerato che l’accollo di tale costo da parte delle società controllanti di gruppi societari o, eventualmente, da parte delle società che esercitano simultaneamente le attività di produzione, di distribuzione e di commercializzazione dell’energia elettrica consente, anche indirettamente, di ripartire tale onere tra le principali attività commerciali del settore dell’energia elettrica e di minimizzare così le conseguenze economiche del costo rappresentato dall’obbligo di servizio pubblico relativo al bonus sociale.

 

48      Orbene, alla luce dell’obiettivo così perseguito di ripartizione di detto onere, il giudice del rinvio considera che il contributo finanziario di cui trattasi nel procedimento principale è discriminatorio e che esso viola, in tal modo, le prescrizioni dell’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72.

 

49      Infatti, secondo detto giudice, alcune delle società interessate da tale contributo hanno un peso specifico molto modesto in tutto il settore spagnolo dell’energia elettrica, mentre sono esenti da detto contributo altre società o gruppi societari che possono essere più idonei a fornirlo, vuoi in ragione del loro fatturato, vuoi a causa della loro importanza relativa in uno dei settori di attività, vuoi perché esercitano simultaneamente e in modo integrato due attività di produzione, di distribuzione e di commercializzazione di energia elettrica.

 

50      Occorre rilevare, al riguardo, che il criterio di differenziazione scelto dal legislatore nazionale non è oggettivamente giustificato in quanto, in linea di principio, alla luce dell’obiettivo perseguito da tale legislatore, consistente nel ripartire i costi del bonus sociale tra le principali attività commerciali del settore dell’energia elettrica, tutte le imprese che svolgono almeno una di queste attività principali dovrebbero contribuire a finanziare un siffatto costo.

 

51      In particolare, con riferimento a tale obiettivo, la differenza tra le società che esercitano le tre attività di produzione, di distribuzione e di commercializzazione dell’energia elettrica e quelle che esercitano solo quest’ultima attività e una delle altre due attività, per quanto riguarda la loro rispettiva capacità di sostenere il costo finanziario determinato dal bonus sociale, non appare chiara. A tal riguardo, il giudice del rinvio rileva che, nell’ambito del procedimento principale, il rappresentante dell’Administración del Estado (amministrazione dello Stato, Spagna) ha riconosciuto che l’integrazione delle attività di produzione e di commercializzazione di energia elettrica favorisce anche le sinergie e le economie di scala.

 

52      Ciò premesso, se è vero che, come osserva il governo spagnolo, il regime di assunzione dell’onere finanziario del bonus sociale comporta che lo stesso, nella misura di oltre il 99%, sia fatto gravare sui cinque maggiori operatori del mercato spagnolo dell’energia elettrica, resta il fatto che il criterio scelto dal legislatore nazionale al fine di distinguere tra le società che devono assumere, in misura più o meno rilevante, tale costo e quelle che ne sono totalmente esentate comporta una disparità di trattamento che non è obiettivamente giustificata tra le diverse società operanti su tale mercato.

 

53      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72 deve essere interpretato nel senso che osta a che il costo di un obbligo di servizio pubblico, consistente nel fornire energia elettrica a tariffa ridotta a taluni consumatori vulnerabili, sia posto unicamente a carico delle società controllanti di gruppi societari o, eventualmente, delle società che esercitano contemporaneamente le attività di produzione, di distribuzione e di commercializzazione di energia elettrica, qualora tale criterio, scelto dal legislatore nazionale al fine di distinguere tra le società che devono assumersi tale costo e quelle che ne sono totalmente esentate, conduca ad una differenza di trattamento che non è oggettivamente giustificata tra le diverse società che operano su tale mercato.

 

 Sulla seconda questione

 

54      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72 debba essere interpretato nel senso che osta a che il regime di finanziamento di un obbligo di servizio pubblico, consistente nel fornire energia elettrica a tariffa ridotta a determinati consumatori vulnerabili, sia istituito senza limiti temporali e senza misura compensativa.

 

55      In primo luogo, occorre stabilire se l’assenza di limitazione temporale del regime di finanziamento di un siffatto obbligo di servizio pubblico violi il principio di proporzionalità. Come è stato ricordato al punto 44 della presente sentenza, l’osservanza di tale principio figura tra le condizioni che consentono di ammettere un intervento statale nella determinazione del prezzo dell’elettricità nel contesto della direttiva 2009/72. La Corte ha dichiarato che tale intervento può pregiudicare la libera fissazione del prezzo soltanto nella misura strettamente necessaria per raggiungere l’obiettivo di interesse economico generale perseguito e, di conseguenza, per un periodo di tempo limitato. Ciò implica il riesame periodico della necessità di detto intervento (v., per analogia, sentenza del 20 aprile 2010, Federutility e a., C-265/08, EU:C:2010:205, punti 33 e 35).

 

56      Al riguardo, spetta ai giudici nazionali esaminare se e in quale misura l’amministrazione sia assoggettata dal diritto nazionale applicabile ad un obbligo di riesame periodico e sufficientemente frequente della necessità e delle modalità del suo intervento sul prezzo dell’energia elettrica, in funzione dell’evoluzione del settore dell’energia elettrica (v., per analogia, sentenza del 30 aprile 2020, ?vergas Mrezhi e Balgarska gazova asotsiatsia, C-5/19, EU:C:2020:343, punto 71).

 

57      Tuttavia, tale obbligo di riesame periodico riguarda soltanto il carattere necessario dell’intervento sui prezzi dell’energia elettrica, nonché le modalità di un siffatto intervento. Esso non riguarda, invece, il regime di finanziamento di tale misura di intervento sui prezzi, vale a dire, nel caso di specie, il bonus sociale. Infatti, tale regime di finanziamento costituisce certamente un elemento indissolubilmente legato alla misura di intervento sui prezzi, ma non incide in modo autonomo sui prezzi dell’energia elettrica. Inoltre, è proprio la misura di intervento sui prezzi, e non il suddetto regime di finanziamento, che mira a conseguire l’obiettivo di interesse economico generale alla luce del quale occorre verificare il rispetto del principio di proporzionalità in funzione dell’evoluzione del settore dell’energia elettrica.

 

58      Di conseguenza, se dalla risposta alla prima questione risulta che il regime di finanziamento di un obbligo di servizio pubblico, consistente in un obbligo di fornitura di elettricità a prezzo ridotto, deve rispettare il principio di non discriminazione, previsto all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72, il requisito relativo al rispetto del principio di proporzionalità, che discende dalla giurisprudenza della Corte relativa a tale disposizione, non può, per contro, essere interpretato nel senso che gli Stati membri siano tenuti a riesaminare periodicamente e frequentemente tale regime di finanziamento.

 

59      In secondo luogo, per quanto riguarda l’assenza di misure compensative, occorre, da un lato, constatare che l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72 non contiene alcuna menzione di un eventuale obbligo di compensazione quando gli Stati membri impongono alle imprese del settore dell’energia elettrica obblighi di servizio pubblico ai sensi di tale disposizione. Dall’altro, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 6, della direttiva 2009/72, se sono previste compensazioni finanziarie, altre forme di compensazione e diritti esclusivi che uno Stato concede per l’adempimento degli obblighi di cui ai paragrafi 2 e 3 di detto articolo 3, ciò avviene in maniera trasparente e non discriminatoria.

 

60      Pertanto, deriva dall’articolo 3, paragrafi 2 e 6, della direttiva 2009/72 che gli Stati membri non sono tenuti a concedere una compensazione finanziaria quando decidono di imporre obblighi di servizio pubblico, a norma di tale articolo 3, paragrafo 2. Lo stesso accade necessariamente per quanto riguarda il regime di finanziamento di tali obblighi, il quale, come risulta dall’esame della prima questione, rientra tra questi ultimi. Di conseguenza, l’assenza di una compensazione siffatta nell’ambito del regime di finanziamento di un obbligo di servizio pubblico non è, di per sé, in contrasto con quest’ultima disposizione.

 

61      Dalle considerazioni che precedono risulta che l’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72 deve essere interpretato nel senso che non osta a che il regime di finanziamento di un obbligo di servizio pubblico, consistente nel fornire energia elettrica a tariffa ridotta a taluni consumatori vulnerabili, sia istituito senza limiti di tempo e senza misura compensativa.

 

 Sulle spese

 

62      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

 1)      L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 2003/54/CE, deve essere interpretato nel senso che osta a che il costo di un obbligo di servizio pubblico, consistente nel fornire energia elettrica a tariffa ridotta a taluni consumatori vulnerabili, sia posto unicamente a carico delle società controllanti di gruppi societari o, eventualmente, delle società che esercitano contemporaneamente le attività di produzione, di distribuzione e di commercializzazione di energia elettrica, qualora tale criterio, scelto dal legislatore nazionale al fine di distinguere tra le società che devono assumersi tale costo e quelle che ne sono totalmente esentate, conduca ad una differenza di trattamento che non è oggettivamente giustificata tra le diverse società che operano su tale mercato.

 

2)      L’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2009/72 deve essere interpretato nel senso che non osta a che il regime di finanziamento di un obbligo di servizio pubblico, consistente nel fornire energia elettrica a tariffa ridotta a taluni consumatori vulnerabili, sia istituito senza limiti di tempo e senza misura compensativa.

 

Firme

 

*      Lingua processuale: lo spagnolo.

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