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Corte di giustizia europea, Grande Sezione, 21/12/2021 n. C-497/20
Il diritto dell'Ue non osta a che l'organo giurisdizionale supremo di uno Stato membro non possa annullare una sentenza pronunciata in violazione di tale diritto dal supremo organo della g.a. di detto Stato membro.

Ciò però non pregiudica la possibilità per i soggetti lesi da una siffatta violazione di chiedere il risarcimento da parte dello Stato membro interessato

L’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una disposizione del diritto interno di uno Stato membro che, secondo la giurisprudenza nazionale, produce l’effetto che i singoli, quali gli offerenti che hanno partecipato a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, non possono contestare la conformità al diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di detto Stato membro.

Materia: appalti / tutela giurisdizionale

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

 

21 dicembre 2021 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE – Obbligo degli Stati membri di stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare una tutela giurisdizionale effettiva nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione – Appalti pubblici – Direttiva 89/665/CEE – Articolo 1, paragrafi 1 e 3 – Articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di uno Stato membro che, in violazione della giurisprudenza della Corte, dichiara irricevibile il ricorso di un offerente escluso da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico – Mancanza di rimedi giurisdizionali avverso tale sentenza dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di tale Stato membro – Principi di effettività e di equivalenza»

 

Nella causa C-497/20,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Corte suprema di cassazione (Italia), con ordinanza del 7 luglio 2020, pervenuta in cancelleria il 30 settembre 2020, nel procedimento

 

Randstad Italia SpA

 

contro

 

Umana SpA,

 

Azienda USL Valle d’Aosta,

 

IN. VA SpA,

 

Synergie Italia agenzia per il lavoro SpA,

 

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, C. Lycourgos (relatore), E. Regan, I. Jarukaitis, N. Jääskinen, I. Ziemele e J. Passer, presidenti di sezione, M. Ilešic, J.-C. Bonichot, T. von Danwitz, M. Safjan, A. Kumin e N. Wahl, giudici,

avvocato generale: G. Hogan

 

cancelliere: C. Di Bella, amministratore

 

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 luglio 2021,

 

considerate le osservazioni presentate:

 

        per la Randstad Italia SpA, da M. Brugnoletti e S.D. Tomaselli, avvocati;

 

        per la Umana SpA, da F. Bertoldi, avvocato;

 

        per l’Azienda USL Valle d’Aosta, da F. Dal Piaz e P. Borioni, avvocati;

 

        per la Synergie Italia agenzia per il Lavoro SpA, da A.M. Balestreri, avvocato;

 

        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da S. Fiorentino e P. Gentili, avvocati dello Stato;

 

        per la Commissione europea, da F. Erlbacher, P. Stancanelli, P.J.O. Van Nuffel e G. Gattinara, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 9 settembre 2021,

ha pronunciato la seguente

 

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 3, e dell’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, e dell’articolo 267 TFUE, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), e sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafi 1 e 3, e dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori (GU 1989, L 395, pag. 33), come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014 (GU 2014, L 94, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 89/665»).

 

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che vede contrapposte, da un lato, la Randstad Italia SpA (in prosieguo: la «Randstad») e, dall’altro, la Umana SpA, l’Azienda USL Valle d’Aosta (Italia) (in prosieguo: l’«USL»), la IN. VA SpA e la Synergie Italia agenzia per il Lavoro SpA (in prosieguo: la «Synergie») in ordine, da un lato, all’esclusione della Randstad da una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico e, dall’altro, alla regolarità di detta procedura.

 

 Contesto normativo

 

 Diritto dell’Unione

 

3        L’articolo 1 della direttiva 89/665, rubricato «Ambito di applicazione e accessibilità delle procedure di ricorso», così dispone:

 

«1.      La presente direttiva si applica agli appalti di cui alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio[, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE (GU 2014, L 94, pag. 65)], a meno che tali appalti siano esclusi a norma degli articoli 7, 8, 9, 10, 11, 12, 15, 16, 17 e 37 di tale direttiva.

 

La presente direttiva si applica anche alle concessioni aggiudicate dalle amministrazioni aggiudicatrici, di cui alla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio[, del 26 febbraio 2014, sull’aggiudicazione dei contratti di concessione (GU 2014, L 94, pag.1)], a meno che tali concessioni siano escluse a norma degli articoli 10, 11, 12, 17 e 25 di tale direttiva.

 

Gli appalti di cui alla presente direttiva comprendono gli appalti pubblici, gli accordi quadro, le concessioni di lavori e di servizi e i sistemi dinamici di acquisizione.

 

Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari per garantire che, per quanto riguarda gli appalti disciplinati dalla direttiva [2014/24] o dalla direttiva [2014/23], le decisioni prese dalle amministrazioni aggiudicatrici possano essere oggetto di un ricorso efficace e, in particolare, quanto più rapido possibile, secondo le condizioni previste negli articoli da 2 a 2 septies della presente direttiva, sulla base del fatto che tali decisioni hanno violato il diritto dell’Unione in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici o le norme nazionali di recepimento.

 

(…)

 

3.      Gli Stati membri provvedono a rendere accessibili le procedure di ricorso, secondo modalità che gli Stati membri possono determinare, a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione.

 

(…)».

 

4        L’articolo 2 di tale direttiva, rubricato «Requisiti per le procedure di ricorso», al suo paragrafo 1 prevede quanto segue:

 

«Gli Stati membri provvedono affinché i provvedimenti presi in merito alle procedure di ricorso di cui all’articolo 1 prevedano i poteri che consentono di:

 

a)      prendere con la massima sollecitudine e con procedura d’urgenza provvedimenti cautelari intesi a riparare la violazione denunciata o ad impedire che altri danni siano causati agli interessi coinvolti, compresi i provvedimenti intesi a sospendere o a far sospendere la procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico o l’esecuzione di qualsiasi decisione presa dall’amministrazione aggiudicatrice;

 

b)      annullare o far annullare le decisioni illegittime, compresa la soppressione delle specifiche tecniche, economiche o finanziarie discriminatorie figuranti nell’invito a presentare l’offerta, nei capitolati d’oneri o in ogni altro documento connesso con la procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione;

 

c)      accordare un risarcimento danni ai soggetti lesi dalla violazione».

 

5        Ai sensi dell’articolo 2 bis di detta direttiva, rubricato «Termine sospensivo»:

 

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché i soggetti di cui all’articolo 1, paragrafo 3, dispongano di termini tali da garantire ricorsi efficaci avverso le decisioni di aggiudicazione di un appalto prese dalle amministrazioni aggiudicatrici adottando le disposizioni necessarie nel rispetto delle condizioni minime di cui al paragrafo 2 del presente articolo e all’articolo 2 quater.

 

2.      La conclusione di un contratto in seguito alla decisione di aggiudicazione di un appalto disciplinato dalla direttiva [2014/24] o dalla direttiva [2014/23] non può avvenire prima dello scadere di un termine di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno successivo a quello in cui la decisione di aggiudicazione dell’appalto è stata inviata agli offerenti e ai candidati interessati, se la spedizione è avvenuta per fax o per via elettronica oppure, se la spedizione è avvenuta con altri mezzi di comunicazione, prima dello scadere di almeno quindici giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data in cui è stata inviata la decisione di aggiudicazione dell’appalto agli offerenti e ai candidati interessati o di almeno dieci giorni civili a decorrere dal giorno successivo alla data di ricezione della decisione di aggiudicazione dell’appalto.

 

Gli offerenti sono considerati interessati se non sono già stati definitivamente esclusi. L’esclusione è definitiva se è stata comunicata agli offerenti interessati e se è stata ritenuta legittima da un organo di ricorso indipendente o se non può più essere oggetto di una procedura di ricorso.

 

I candidati sono considerati interessati se l’amministrazione aggiudicatrice non ha messo a disposizione informazioni circa il rigetto della loro domanda prima della notifica della decisione di aggiudicazione dell’appalto agli offerenti interessati.

 

La comunicazione della decisione di aggiudicazione ad ogni offerente e candidato interessato è accompagnata da:

 

        una relazione sintetica dei motivi pertinenti (...), e

 

        una precisa indicazione del termine sospensivo esatto applicabile (...)».

 

 Diritto italiano

 

6        L’ottavo comma dell’articolo 111 della Costituzione così dispone:

 

«Contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione».

 

7        L’articolo 360, primo comma, del codice di procedura civile prevede quanto segue:

 

«Le sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado possono essere impugnate con ricorso per cassazione: 1)      per motivi attinenti alla giurisdizione; (...)».

 

8        Ai sensi dell’articolo 362, primo e secondo comma, del codice di procedura civile:

 

«Possono essere impugnate con ricorso per cassazione (...) le decisioni in grado d’appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso.

 

Possono essere denunciati in ogni tempo con ricorso per cassazione: 1) i conflitti positivi o negativi di giurisdizione tra giudici speciali, o tra questi e i giudici ordinari; 2) i conflitti negativi di attribuzione tra la pubblica amministrazione e il giudice ordinario».

 

9        L’articolo 6, paragrafo 1, del codice del processo amministrativo stabilisce quanto segue:

 

«Il Consiglio di Stato è organo di ultimo grado della giurisdizione amministrativa».

 

10      L’articolo 110 del codice del processo amministrativo così dispone:

 

«Il ricorso per cassazione è ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione».

 

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

 

11      Il 13 dicembre 2017 l’USL ha indetto una procedura di gara per un appalto pubblico di un valore di circa EUR 12 000 000 da aggiudicare in base al criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, al fine di individuare un’agenzia per il lavoro cui affidare la somministrazione temporanea di personale.

 

12      Era prevista una «soglia di sbarramento» per le offerte tecniche, fissata a 48 punti, con esclusione degli offerenti che avessero conseguito un punteggio inferiore.

 

13      Alla procedura hanno partecipato otto offerenti, tra i quali la Randstad, la GI Group Spa e il raggruppamento temporaneo formato dalla Synergie e dalla Umana (in prosieguo: il «raggruppamento Synergie-Umana»).

 

14      Il 3 ottobre 2018 la commissione di gara, dopo aver valutato le offerte tecniche, ha ammesso alla fase successiva, relativa alla valutazione economica delle offerte, la GI Group e il raggruppamento Synergie-Umana. La Randstad, classificata al terzo posto al termine della valutazione delle offerte tecniche, è stata esclusa perché la sua offerta tecnica aveva ottenuto un punteggio inferiore a quello corrispondente alla soglia di sbarramento.

 

15      Il 6 novembre 2018 la gara è stata aggiudicata al raggruppamento Synergie-Umana.

 

16      La Randstad ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta (Italia) diretto a contestare, da un lato, la propria esclusione dalla procedura di gara e, dall’altro, la regolarità di tale procedura. Il suo ricorso verteva, infatti, non solo sulla suddetta esclusione, ma anche sull’aggiudicazione dell’appalto al raggruppamento Synergie-Umana.

 

17      A sostegno del suo ricorso, la Randstad deduceva, tra l’altro, la mancata suddivisione della gara in lotti, l’inadeguata determinazione dei criteri di valutazione e l’illegittima nomina della commissione di gara. L’USL e il raggruppamento Synergie-Umana eccepivano l’inammissibilità dei motivi con cui la Randstad contestava la regolarità della gara. La Randstad sarebbe priva di legittimazione a proporre tali motivi, essendo stata esclusa da detta gara.

 

18      Con sentenza del 15 marzo 2019, il Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta ha rigettato tale eccezione di inammissibilità. Dal momento che la Randstad aveva legittimamente partecipato alla gara e ne era stata esclusa a causa della valutazione negativa della sua offerta tecnica, tale impresa, ad avviso di quest’ultimo giudice, era legittimata a contestare l’esito della gara sotto ogni suo profilo. Nel merito, tuttavia, detto giudice ha respinto tutti i motivi dedotti dalla Randstad e, di conseguenza, il ricorso nel suo insieme.

 

19      Contro tale sentenza la Randstad ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato, ribadendo i motivi già dedotti in primo grado. La Synergie e la Umana hanno proposto appello in via incidentale, contestando al Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta di aver dichiarato ammissibili i motivi con cui la Randstad contestava la regolarità della procedura e, quindi, l’aggiudicazione in cui quest’ultima è sfociata.

 

20      Con sentenza del 7 agosto 2019 (in prosieguo: la «sentenza del Consiglio di Stato»), il Consiglio di Stato ha respinto nel merito il motivo d’appello con cui la Randstad contestava il punteggio attribuito alla sua offerta tecnica. Inoltre, accogliendo gli appelli della Synergie e della Umana proposti in via incidentale, detto giudice, con tale sentenza, ha riformato la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta aveva dichiarato ammissibili e quindi valutato nel merito i motivi dedotti dalla Randstad per contestare la regolarità della procedura.

 

21      A sostegno della sua decisione, il Consiglio di Stato ha dichiarato segnatamente che la Randstad, «essendo stata esclusa dalla gara per non aver superato la “prova di resistenza” della soglia minima di punteggio dell’offerta tecnica tramite il confronto a coppie, e non essendo riuscita a dimostrare l’illegittimità della gara quanto all’attribuzione del predetto punteggio, rimane (...) priva non solo del titolo a partecipare alla gara, ma anche della legittimazione a contestare gli esiti sotto altri profili, giacché diviene portatrice di un interesse di mero fatto, analogo a quello di qualunque operatore economico del settore che non ha partecipato alla gara».

 

22      La Randstad ha impugnato la sentenza del Consiglio di Stato dinanzi alla Corte suprema di cassazione (Italia), giudice del rinvio. Essa sostiene che il Consiglio di Stato ha violato il suo diritto a un ricorso effettivo, sancito segnatamente dall’articolo 1 della direttiva 89/665. A tal riguardo, la Randstad fa riferimento alle sentenze della Corte del 4 luglio 2013, Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448), del 5 aprile 2016, PFE (C-689/13, EU:C:2016:199), nonché del 5 settembre 2019, Lombardi (C-333/18, EU:C:2019:675).

 

23      Secondo la Randstad, il motivo vertente sulla violazione del diritto a un ricorso effettivo è uno dei motivi inerenti alla «giurisdizione» per i quali l’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione prevede che sia ammesso il ricorso in cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato.

 

24      Le altre parti nel procedimento principale sostengono che detto ricorso per cassazione non solo è infondato, ma è anche inammissibile. Quest’ultimo riguarderebbe la legittimità della valutazione effettuata dal Consiglio di Stato e non verterebbe quindi sulla questione inerente alla giurisdizione dei giudici amministrativi.

 

25      Secondo il giudice del rinvio, il rifiuto del Consiglio di Stato di esaminare, in un caso come quello di cui trattasi nel procedimento principale, i motivi vertenti sull’irregolarità della procedura di gara, viola il diritto a un ricorso effettivo ai sensi del diritto dell’Unione.

 

26      Secondo detto giudice, è necessario, affinché siano salvaguardate l’uniformità e l’effettività del diritto dell’Unione, che possa essere proposto un ricorso per cassazione avverso una siffatta sentenza del Consiglio di Stato, sulla base dell’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione. Infatti, un tale ricorso per cassazione costituirebbe l’estremo rimedio giurisdizionale per evitare il passaggio in giudicato di una sentenza del Consiglio di Stato che sia contraria al diritto dell’Unione.

 

27      A tal riguardo, il giudice del rinvio ritiene che, quando il Consiglio di Stato effettua un’applicazione o un’interpretazione di disposizioni nazionali che risulti incompatibile con le disposizioni del diritto dell’Unione, come interpretate dalla Corte, esso eserciti un potere giurisdizionale di cui è privo. In realtà, eserciterebbe in tal caso un potere di produzione normativa che non rientrerebbe nemmeno nella competenza del legislatore nazionale. Ciò costituirebbe un difetto di giurisdizione che dovrebbe poter essere impugnabile.

 

28      Ciò posto, il giudice del rinvio rileva che dalla sentenza n. 6/2018 della Corte costituzionale (Italia), del 18 gennaio 2018, relativa all’interpretazione dell’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione (ECLI:IT:COST:2018:6; in prosieguo: la «sentenza n. 6/2018»), risulta che, allo stato attuale del diritto costituzionale italiano, non è ammissibile equiparare un motivo vertente su una violazione del diritto dell’Unione a un motivo inerente alla «giurisdizione», ai sensi del citato articolo 111, ottavo comma, della Costituzione.

 

29      In applicazione di detta sentenza, infatti, l’eccesso di potere giudiziario, denunziabile con il ricorso alla Corte suprema di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, riguarda esclusivamente due tipi di situazioni. Da un lato, un tale ricorso potrebbe essere proposto in caso di difetto assoluto di giurisdizione, ossia qualora il Consiglio di Stato o la Corte dei conti affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all’amministrazione, ovvero, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale. Dall’altro, un ricorso avente ad oggetto l’eccesso di potere giudiziario potrebbe essere proposto nei casi di difetto relativo di giurisdizione, laddove il Consiglio di Stato o la Corte dei conti affermi la propria giurisdizione su una materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull’erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici.

 

30      Il giudice del rinvio considera che, se dovesse conformarsi a tale interpretazione dell’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, dovrebbe dichiarare inammissibile il ricorso per cassazione della Randstad. Egli ritiene, tuttavia, che detta interpretazione sia incompatibile con il diritto a un ricorso effettivo, ai sensi del diritto dell’Unione. Se così fosse, sarebbe opportuno discostarsi dagli orientamenti della sentenza n. 6/2018 ed esaminare il merito del ricorso per cassazione della Randstad.

 

31      Tale giudice afferma che, secondo l’orientamento consolidato delle proprie Sezioni Unite prima della sentenza n. 6/2018, in sede di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato, il controllo dei limiti esterni della «giurisdizione», ai sensi dell’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, si estendeva ai casi di radicale stravolgimento del diritto tali da ridondare in denegata giustizia, quali l’applicazione di una regola processuale interna in modo incompatibile con il diritto a un ricorso effettivo conferito dal diritto dell’Unione.

 

32      Il giudice del rinvio chiede, pertanto, che la Corte si pronunci sulla questione se il diritto a un ricorso effettivo, quale sancito, in particolare, dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE e dall’articolo 47, primo comma, della Carta, osti all’impossibilità, derivante segnatamente dall’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, come interpretato dalla sentenza n. 6/2018, di dedurre in giudizio, nell’ambito di un ricorso per cassazione proposto avverso una sentenza del Consiglio di Stato, motivi vertenti su una violazione del diritto dell’Unione.

 

33      Inoltre, poiché nel procedimento principale il Consiglio di Stato ha omesso di chiedere alla Corte se siano rilevanti nel caso di specie le sentenze del 4 luglio 2013, Fastweb (C-100/12, EU:C:2013:448), del 5 aprile 2016, PFE (C-689/13, EU:C:2016:199) e del 5 settembre 2019, Lombardi (C-333/18, EU:C:2019:675), invocate dalla Randstad, sarebbe necessario che il giudice del rinvio, nell’ambito del ricorso per cassazione proposto da tale impresa, possa sottoporre tale questione alla Corte.

 

34      In tale contesto, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

 

«1)      Se gli articoli 4, paragrafo 3, 19, paragrafo 1, TUE e 2, paragrafi 1 e 2, e 267 TFUE, letti anche alla luce dell’articolo 47 della [Carta], ostino ad una prassi interpretativa come quella concernente gli articoli 111, ottavo comma, della Costituzione, 360, primo comma (...), e 362 primo comma, del codice di procedura civile e 110 del codice del processo amministrativo – nella parte in cui tali disposizioni ammettono il ricorso per cassazione avverso le sentenze del Consiglio di Stato per “motivi inerenti alla giurisdizione” – quale si evince dalla sentenza della Corte costituzionale [n. 6/2018] (...) che, modificando il precedente orientamento, ha ritenuto che il rimedio del ricorso per cassazione, sotto il profilo del cosiddetto “difetto di potere giurisdizionale”, non possa essere utilizzato per impugnare sentenze del Consiglio di Stato che facciano applicazione di prassi interpretative elaborate in sede nazionale confliggenti con sentenze della [Corte], in settori disciplinati dal diritto dell’Unione europea (nella specie, in tema di aggiudicazione degli appalti pubblici) nei quali gli Stati membri hanno rinunciato ad esercitare i loro poteri sovrani in senso incompatibile con tale diritto, con l’effetto di determinare il consolidamento di violazioni del diritto comunitario che potrebbero essere corrette tramite il predetto rimedio e di pregiudicare l’uniforme applicazione del diritto dell’Unione e l’effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive di rilevanza comunitaria, in contrasto con l’esigenza che tale diritto riceva piena e sollecita attuazione da parte di ogni giudice, in modo vincolativamente conforme alla sua corretta interpretazione da parte della [Corte], tenuto conto dei limiti alla “autonomia procedurale” degli Stati membri nella conformazione degli istituti processuali.

 

2)      Se gli articoli 4, paragrafo 3, 19, paragrafo 1, TUE e 267 TFUE, letti anche alla luce dell’articolo 47 della [Carta], ostino alla interpretazione e applicazione degli articoli 111, ottavo comma, della Costituzione, 360, primo comma (...), e 362, primo comma, del codice di procedura civile e 110 del codice [del] processo amministrativo, quale si evince dalla prassi giurisprudenziale nazionale, secondo la quale il ricorso per cassazione dinanzi alle Sezioni Unite [della Corte suprema di cassazione] per “motivi inerenti alla giurisdizione”, sotto il profilo del cosiddetto “difetto di potere giurisdizionale”, non sia proponibile come mezzo di impugnazione delle sentenze del Consiglio di Stato che, decidendo controversie su questioni concernenti l’applicazione del diritto dell’Unione, omettano immotivatamente di effettuare il rinvio pregiudiziale alla [Corte], in assenza delle condizioni, di stretta interpretazione, da essa tassativamente indicate [a partire dalla sentenza del 6 ottobre 1982, Cilfit e a., (238/81, EU:C:1982:335)], che esonerano il giudice nazionale dal suddetto obbligo, in contrasto con il principio secondo cui sono incompatibili con il diritto dell’Unione le normative o prassi processuali nazionali, seppure di fonte legislativa o costituzionale, che prevedano una privazione, anche temporanea, della libertà del giudice nazionale (di ultimo grado e non) di effettuare il rinvio pregiudiziale, con l’effetto di usurpare la competenza esclusiva della [Corte] nella corretta e vincolante interpretazione del diritto comunitario, di rendere irrimediabile (e favorire il consolidamento del)l’eventuale contrasto interpretativo tra il diritto applicato dal giudice nazionale e il diritto dell’Unione e di pregiudicare la uniforme applicazione e la effettività della tutela giurisdizionale delle situazioni giuridiche soggettive derivanti dal diritto dell’Unione.

 

3)      Se i principi dichiarati dalla [Corte] con le sentenze 5 settembre 2019, Lombardi, C-333/18[, EU:C:2019:675]; 5 aprile 2016, PFE, C-689/13[, EU:C:2016:199]; 4 luglio 2013, Fastweb, C-100/12[, EU:C:2013:448], in relazione agli articoli 1, paragrafi 1 e 3, e 2, paragrafo 1, della direttiva [89/665], modificata dalla direttiva [2007/66], siano applicabili nella fattispecie che è oggetto del procedimento principale, in cui, contestate dall’impresa concorrente l’esclusione da una procedura di gara di appalto e l’aggiudicazione ad altra impresa, il Consiglio di Stato esamini nel merito il solo motivo di ricorso con cui l’impresa esclusa contesti il punteggio inferiore alla “soglia di sbarramento” attribuito alla propria offerta tecnica e, esaminando prioritariamente i ricorsi incidentali dell’amministrazione aggiudicatrice e dell’impresa aggiudicataria, li accolga dichiarando inammissibili (e ometta di esaminare nel merito) gli altri motivi del ricorso principale che contestino l’esito della gara per altre ragioni (per indeterminatezza dei criteri di valutazione delle offerte nel disciplinare di gara, mancata motivazione dei voti assegnati, illegittima nomina e composizione della commissione di gara), in applicazione di una prassi giurisprudenziale nazionale secondo la quale l’impresa che sia stata esclusa da una gara di appalto non sarebbe legittimata a proporre censure miranti a contestare l’aggiudicazione all’impresa concorrente, anche mediante la caducazione della procedura di gara, dovendosi valutare se sia compatibile con il diritto dell’Unione l’effetto di precludere all’impresa il diritto di sottoporre all’esame del giudice ogni ragione di contestazione dell’esito della gara, in una situazione in cui la sua esclusione non sia stata definitivamente accertata e in cui ciascun concorrente può far valere un analogo interesse legittimo all’esclusione dell’offerta degli altri, che può portare alla constatazione dell’impossibilità per l’amministrazione aggiudicatrice di procedere alla scelta di un’offerta regolare e all’avvio di una nuova procedura di aggiudicazione, alla quale ciascuno degli offerenti potrebbe partecipare».

 

 Domanda di procedimento accelerato e procedimento dinanzi alla Corte

 

35      Nella sua domanda di pronuncia pregiudiziale, la Corte suprema di cassazione ha chiesto che il presente rinvio pregiudiziale fosse sottoposto al procedimento accelerato ai sensi dell’articolo 105 del regolamento di procedura della Corte, adducendo, in sostanza, che la controversia oggetto del procedimento principale solleva gravi incertezze su questioni fondamentali di rilievo costituzionale nazionale, che in Italia sono pendenti numerose controversie simili e che la controversia oggetto del procedimento principale rientra nell’ambito dell’aggiudicazione degli appalti pubblici, di cui sottolinea l’importanza nel diritto dell’Unione.

 

36      L’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura prevede che, su domanda del giudice del rinvio o, in via eccezionale, d’ufficio, quando la natura della causa richiede un suo rapido trattamento, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, può decidere di sottoporre un rinvio pregiudiziale a procedimento accelerato.

 

37      Occorre ricordare, a tal proposito, che un siffatto procedimento accelerato costituisce uno strumento procedurale destinato a rispondere a una situazione di urgenza straordinaria [sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C-791/19, EU:C:2021:596, punto 32 e giurisprudenza ivi citata].

 

38      Nel caso di specie, il 21 ottobre 2020, il presidente della Corte, sentiti il giudice relatore e l’avvocato generale, ha deciso di respingere la domanda del giudice del rinvio di cui al punto 35 della presente sentenza.

 

39      Infatti, la circostanza che la causa verta su un aspetto importante dell’organizzazione giudiziaria dello Stato membro interessato non costituisce, di per sé, una ragione che determini un’urgenza straordinaria, necessaria per giustificare un trattamento con procedimento accelerato. Lo stesso vale per la circostanza che un numero rilevante di soggetti o di rapporti giuridici sia potenzialmente interessato dalle questioni sollevate (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 18 settembre 2018, Tedeschi e Consorzio Stabile Istant Service, C-402/18, non pubblicata, EU:C:2018:762, punto 15) o, ancora, che la controversia oggetto del procedimento principale riguardi il settore dell’aggiudicazione degli appalti pubblici (v., in tal senso, ordinanza del presidente della Corte del 13 novembre 2014, Star Storage, C-439/14, non pubblicata, EU:C:2014:2479, punti da 10 a 15).

 

40      Ciò posto, tenuto conto della natura e dell’importanza delle questioni sollevate, il presidente della Corte ha disposto che la presente causa venisse decisa in via prioritaria, conformemente all’articolo 53, paragrafo 3, del regolamento di procedura.

 

41      Inoltre, il governo italiano, in applicazione dell’articolo 16, terzo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, ha chiesto alla Corte di riunirsi in Grande Sezione.

 

 Sulle questioni pregiudiziali

 

 Sulla prima questione

 

42      In via preliminare, occorre ricordare che, conformemente a una costante giurisprudenza, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, istituita all’articolo 267 TFUE, quest’ultima è tenuta a fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia di cui è investito. In tale prospettiva, spetta alla Corte, se necessario, riformulare le questioni che le sono sottoposte (sentenza del 15 luglio 2021, The Department for Communities in Northern Ireland, C-709/20, EU:C:2021:602, punto 61 e la giurisprudenza ivi citata).

 

43      La prima questione riguarda la tutela giurisdizionale effettiva dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione. Essa mira, in sostanza, a chiarire se tale tutela sia pregiudicata qualora l’organo giurisdizionale supremo di uno Stato membro non sia competente ad annullare una sentenza pronunciata in violazione del diritto dell’Unione dal supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro.

 

44      Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 267 TFUE, menzionati nella prima questione, non sono rilevanti a tal fine.

 

45      A tal proposito, si deve osservare, da un lato, che l’articolo 2 TFUE riguarda la ripartizione, tra l’Unione e i suoi Stati membri, della competenza a legiferare e adottare atti giuridicamente vincolanti. Le norme enunciate in materia ai paragrafi 1 e 2 di tale articolo sono estranee alla questione di giurisdizione sollevata dal giudice del rinvio.

 

46      Per quanto riguarda, dall’altro lato, l’articolo 267 TFUE, occorre ricordare che esso fa parte di un sistema destinato a garantire il controllo giurisdizionale del rispetto del diritto dell’Unione, controllo che è garantito, come risulta dall’articolo 19, paragrafo 1, TUE, non solo dalla Corte, ma anche dai giudici degli Stati membri (v., in tal senso, sentenze del 13 marzo 2018, European Union Copper Task Force/Commissione, C-384/16 P, EU:C:2018:176, punto 112, e del 25 febbraio 2021, VodafoneZiggo Group/Commissione, C-689/19 P, EU:C:2021:142, punto 143). Nell’ambito di tale sistema, il procedimento istituito dall’articolo 267 TFUE costituisce uno strumento di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali, per mezzo del quale la prima fornisce ai secondi gli elementi d’interpretazione del diritto dell’Unione che sono per loro necessari per risolvere la controversia che sono chiamati a dirimere (sentenza del 5 luglio 2016, Ognyanov, C-614/14, EU:C:2016:514, punto 16 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, la problematica sollevata dal giudice del rinvio nella sua prima questione – che, come risulta dal punto 43 della presente sentenza, consiste nel chiarire in che misura, per garantire la tutela giurisdizionale effettiva richiesta dal diritto dell’Unione, l’organo giurisdizionale supremo nazionale debba essere riconosciuto competente ad esercitare un controllo giurisdizionale sulle sentenze pronunciate dal supremo organo della giustizia amministrativa nazionale – non è, di per sé, correlata con tale meccanismo di cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituito dall’articolo 267 TFUE.

 

47      Pertanto, la prima questione deve essere riformulata escludendo dal suo oggetto l’articolo 2, paragrafi 1 e 2, e l’articolo 267 TFUE.

 

48      Peraltro, laddove il giudice del rinvio fa riferimento, nella sua prima questione, al diritto a un ricorso effettivo sancito all’articolo 47 della Carta, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 51, paragrafo 1, di quest’ultima, la stessa si applica agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione.

 

49      A tal proposito, occorre rilevare che nel settore dell’aggiudicazione degli appalti pubblici, oggetto del procedimento principale, l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665 sancisce l’obbligo per gli Stati membri di prevedere ricorsi efficaci. Ne consegue, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 67 delle sue conclusioni, che, in tale settore, il diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale, sancito dall’articolo 47, primo e secondo comma, della Carta, è pertinente, in particolare, quando gli Stati membri stabiliscono, conformemente a tale obbligo, le modalità procedurali dei ricorsi giurisdizionali che assicurano la salvaguardia dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione ai candidati e agli offerenti lesi da decisioni delle amministrazioni aggiudicatrici (v., in tal senso, sentenza del 7 settembre 2021, Klaipedos regiono atlieku tvarkymo centras, C-927/19, EU:C:2021:700, punto 128 e giurisprudenza ivi citata).

 

50      Pertanto, la prima questione deve essere riformulata anche includendo nel suo oggetto l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665, il quale deve essere letto alla luce dell’articolo 47 della Carta.

 

51      Dalle considerazioni sin qui svolte risulta che la prima questione deve essere intesa come diretta a stabilire se l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione del diritto interno di uno Stato membro che, secondo la giurisprudenza nazionale, produce l’effetto che i singoli, quali gli offerenti che hanno partecipato a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, non possono contestare la conformità al diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di detto Stato membro.

 

52      Occorre innanzitutto ricordare, a tal riguardo, che, in base al principio del primato del diritto dell’Unione, è inammissibile che norme di diritto interno, quand’anche di rango costituzionale, pregiudichino l’unità e l’efficacia del diritto dell’Unione [sentenza del 22 giugno 2021, Latvijas Republikas Saeima (Punti di penalità), C-439/19, EU:C:2021:504, punto 135 e giurisprudenza ivi citata].

 

53      Gli effetti derivanti da tale principio si impongono a tutti gli organi di uno Stato membro, senza che, in particolare, le disposizioni interne relative alla ripartizione delle competenze giurisdizionali, ivi comprese quelle di rango costituzionale, possano opporvisi (sentenza del 18 maggio 2021, Asociatia «Forumul Judecatorilor din România» e a., C-83/19, C-127/19, C-195/19, C-291/19, C-355/19 e C-397/19, EU:C:2021:393, punto 245 e giurisprudenza ivi citata).

 

54      Di conseguenza, in caso di accertata violazione di una disposizione del diritto dell’Unione che pone a carico degli Stati membri un obbligo di risultato chiaro e preciso, i giudici nazionali devono disapplicare, se necessario, le disposizioni di diritto interno che comportano tale violazione, quand’anche tali disposizioni abbiano natura costituzionale (v., in tal senso, sentenza del 18 maggio 2021, Asociatia «Forumul Judecatorilor din România» e a., C-83/19, C-127/19, C-195/19, C-291/19, C-355/19 e C-397/19, EU:C:2021:393, punti 250 e 251, e giurisprudenza ivi citata). Qualora l’incompatibilità di una disposizione di diritto interno con il diritto dell’Unione tragga origine, più specificamente, nell’interpretazione di tale disposizione accolta da un giudice dello Stato membro interessato, occorre discostarsi da tale giurisprudenza (v., in tal senso, sentenza del 5 aprile 2016, PFE, C-689/13, EU:C:2016:199, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

 

55      Occorre pertanto esaminare se una limitazione della possibilità di ricorrere in cassazione avverso le sentenze dell’organo supremo della giustizia amministrativa di uno Stato membro, quale risulta nel caso di specie dall’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, secondo l’interpretazione risultante dalla sentenza n. 6/2018, sia in contrasto con i requisiti di una tutela giurisdizionale effettiva imposti dal diritto dell’Unione e quindi con l’unità e l’efficacia di tale diritto.

 

56      Per quanto riguarda tali requisiti, occorre ricordare che l’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE obbliga gli Stati membri a stabilire i rimedi giurisdizionali necessari per assicurare ai singoli, nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, il rispetto del loro diritto a una tutela giurisdizionale effettiva (sentenza del 26 marzo 2020, Miasto Lowicz e Prokurator Generalny, C-558/18 e C-563/18, EU:C:2020:234, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

 

57      Il principio di tutela giurisdizionale effettiva dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, cui fa riferimento dunque tale disposizione, costituisce un principio generale del diritto dell’Unione derivante dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati membri, che è stato sancito agli articoli 6 e 13 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, e che è attualmente affermato all’articolo 47 della Carta [v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Commissione/Polonia (Regime disciplinare dei giudici), C-791/19, EU:C:2021:596, punto 52 e giurisprudenza ivi citata].

 

58      Ciò premesso, fatta salva l’esistenza di norme dell’Unione in materia, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro, in forza del principio dell’autonomia procedurale, stabilire le modalità processuali dei rimedi giurisdizionali di cui al punto 56 della presente sentenza, a condizione, tuttavia, che tali modalità, nelle situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione, non siano meno favorevoli rispetto a quelle relative a situazioni analoghe disciplinate dal diritto interno (principio di equivalenza) e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’Unione (principio di effettività) (v., in tal senso, sentenza del 10 marzo 2021, Konsul Rzeczypospolitej Polskiej w N., C-949/19, EU:C:2021:186, punto 43 e giurisprudenza ivi citata).

 

59      Il diritto dell’Unione, infatti, in linea di principio, non osta a che gli Stati membri limitino o subordinino a condizioni i motivi che possono essere dedotti nei procedimenti per cassazione, purché siano rispettati i principi di effettività e di equivalenza (sentenza del 17 marzo 2016, Bensada Benallal, C-161/15, EU:C:2016:175, punto 27).

 

60      Per quanto riguarda il rispetto del principio di equivalenza, risulta, alla luce degli elementi forniti nell’ordinanza di rinvio e all’udienza dinanzi alla Corte, che l’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, come interpretato nella sentenza n. 6/2018, limita, con le medesime modalità, la competenza della Corte suprema di cassazione a trattare ricorsi avverso sentenze del Consiglio di Stato, indipendentemente dal fatto che tali ricorsi siano basati su disposizioni di diritto nazionale o su disposizioni di diritto dell’Unione.

 

61      In tali circostanze, si deve ritenere che una siffatta norma di diritto interno non violi il principio di equivalenza.

 

62      Per quanto riguarda il principio di effettività, occorre ricordare che il diritto dell’Unione non produce l’effetto di obbligare gli Stati membri a istituire mezzi di ricorso diversi da quelli già contemplati dal diritto interno, a meno che, tuttavia, dalla struttura dell’ordinamento giuridico nazionale in questione risulti che non esiste alcun rimedio giurisdizionale che permetta, anche solo in via incidentale, di garantire il rispetto dei diritti spettanti ai singoli in forza del diritto dell’Unione, o che l’unico modo per poter adire un giudice da parte di un singolo sia quello di commettere violazioni del diritto (v, in tal senso, sentenza del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Foigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C-924/19 PPU e C-925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 143 e giurisprudenza ivi citata).

 

63      Nel caso di specie, sebbene spetti al giudice del rinvio verificare se nell’ordinamento giuridico italiano esista, in linea di principio, un siffatto rimedio giurisdizionale nel settore dell’aggiudicazione degli appalti pubblici, nessun elemento menzionato nella domanda di pronuncia pregiudiziale o nelle osservazioni presentate alla Corte induce a ritenere a priori che il diritto processuale italiano abbia, di per sé, l’effetto di rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio, in tale settore del diritto amministrativo, dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione.

 

64      In una situazione caratterizzata dall’esistenza di un tale rimedio giurisdizionale che consente di garantire il rispetto dei diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione è perfettamente ammissibile, sotto il profilo di tale diritto, come risulta dalla giurisprudenza citata al punto 62 della presente sentenza, che lo Stato membro interessato conferisca al supremo organo della giustizia ammnistrativa di detto Stato la competenza a pronunciarsi in ultima istanza, tanto in fatto quanto in diritto, sulla controversia di cui trattasi e di impedire, di conseguenza, che quest’ultima possa ancora essere esaminata nel merito nell’ambito di un ricorso per cassazione dinanzi all’organo giurisdizionale supremo dello stesso Stato.

 

65      Ne consegue che, a condizione che sia accertata l’esistenza di un rimedio giurisdizionale come quello descritto nel punto precedente, una norma di diritto interno quale l’articolo 111, ottavo comma, della Costituzione, nell’interpretazione che dello stesso ha dato la sentenza n. 6/2018, non pregiudica neppure il principio di effettività e non rivela alcun elemento da cui risulti la violazione dell’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

 

66      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione alla luce dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE, che obbliga gli Stati membri ad adottare ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione. Infatti, per quanto riguarda il sistema dei rimedi giurisdizionali necessari per assicurare un controllo giurisdizionale effettivo nei settori disciplinati dal diritto dell’Unione, l’articolo 4, paragrafo 3, TUE non può essere interpretato nel senso che esso obbliga gli Stati membri ad istituire nuovi rimedi giurisdizionali, obbligo che non è imposto loro dall’articolo 19, paragrafo 1, secondo comma, TUE.

 

67      Nel settore particolare dell’aggiudicazione di appalti pubblici, neppure l’articolo 1 della direttiva 89/665, letto alla luce dell’articolo 47, primo comma, della Carta, osta a detta conclusione.

 

68      Dall’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva 89/665 risulta che, secondo le condizioni previste agli articoli da 2 a 2 septies di quest’ultima, la decisione presa dall’amministrazione aggiudicatrice in una procedura di aggiudicazione di un appalto disciplinata dalla direttiva 2014/24 o dalla direttiva 2014/23 deve poter essere oggetto di un ricorso efficace e quanto più rapido possibile al fine di contestare la conformità di tale decisione al diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici o alle norme nazionali che recepiscono tale diritto. Detto articolo 1 precisa, inoltre, al paragrafo 3, che tali ricorsi devono essere accessibili, quanto meno, a chiunque abbia o abbia avuto interesse a ottenere l’aggiudicazione di un determinato appalto e sia stato o rischi di essere leso a causa di una presunta violazione.

 

69      Dal momento che i singoli hanno accesso, nel settore interessato, a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, ai sensi dell’articolo 47, secondo comma, della Carta – circostanza che sembra ricorrere, fatta salva la verifica del giudice del rinvio, nell’ordinamento giuridico italiano – una norma di diritto nazionale che impedisce che le valutazioni di merito effettuate dal supremo organo della giustizia amministrativa possano ancora essere esaminate dall’organo giurisdizionale supremo non può essere considerata una limitazione, ai sensi dell’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, del diritto di ricorrere a un giudice imparziale sancito all’articolo 47 della stessa.

 

70      Ciò premesso, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, la ricevibilità dei ricorsi di cui all’articolo 1 della direttiva 89/665 non può essere subordinata alla condizione che il ricorrente fornisca la prova del fatto che l’amministrazione aggiudicatrice, in caso di accoglimento del ricorso, sarà indotta a ripetere la procedura di aggiudicazione di appalto pubblico. L’esistenza di una tale possibilità deve essere considerata sufficiente a tal proposito (v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2019, Lombardi, C-333/18, EU:C:2019:675, punto 29).

 

71      Ne consegue che, in un caso, come quello di cui al procedimento principale, in cui la Randstad, in qualità di offerente escluso dalla procedura di aggiudicazione di un appalto, ha proposto dinanzi al giudice amministrativo un ricorso di primo grado fondato su motivi intesi a dimostrare l’irregolarità di tale procedura, detto ricorso doveva essere esaminato nel merito.

 

72      Per quanto riguarda gli offerenti esclusi dalla procedura di aggiudicazione dell’appalto, l’articolo 2 bis della direttiva 89/665 precisa che essi non sono più considerati interessati e non devono quindi ricevere comunicazione della decisione di aggiudicazione se la loro esclusione è divenuta definitiva. Per contro, qualora tali offerenti non siano ancora stati definitivamente esclusi, la decisione di aggiudicazione, accompagnata da una relazione sintetica dei motivi pertinenti e da un’indicazione del termine sospensivo della conclusione del contratto in seguito a tale decisione, deve essere loro comunicata. Dal combinato disposto dei paragrafi 1 e 2 di tale articolo risulta che il rispetto di tali condizioni minime mira a consentire loro di proporre un ricorso efficace avverso detta decisione.

 

73      Ai sensi dell’articolo 2 bis, paragrafo 2, della direttiva 89/665, l’esclusione di un offerente è definitiva se gli è stata comunicata ed è stata «ritenuta legittima» da un «organo di ricorso indipendente» o se non può più essere oggetto di una procedura di ricorso. Tale direttiva, che mira a garantire il pieno rispetto del diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale (v., in tal senso, sentenza del 15 settembre 2016, Star Storage e a., C-439/14 e C-488/14, EU:C:2016:688, punto 45), deve essere interpretata alla luce dell’articolo 47, secondo comma, della Carta. In tali circostanze, l’espressione «organo di ricorso indipendente», ai sensi di detto articolo 2 bis, deve essere intesa, al fine di stabilire se l’esclusione di un offerente sia divenuta definitiva, come riferita a un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge, ai sensi dell’articolo 47 della Carta.

 

74      Il carattere non ancora definitivo della decisione di esclusione determina quindi, per tali offerenti, la legittimazione ad agire contro la decisione di aggiudicazione, legittimazione che non può essere svilita da altri elementi, non rilevanti, quali la classificazione dell’offerta dell’offerente escluso o il numero di partecipanti alla procedura di aggiudicazione dell’appalto (v., in tal senso, in particolare, sentenze dell’11 maggio 2017, Archus e Gama, C-131/16, EU:C:2017:358, punti 57 e 58, nonché del 5 settembre 2019, Lombardi, C-333/18, EU:C:2019:675, punti da 29 a 32).

 

75      Nel caso di specie, il Consiglio di Stato, decidendo che l’organo di ricorso indipendente adito in primo grado, ossia il Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta, avrebbe dovuto dichiarare irricevibili i motivi diretti a contestare la decisione di aggiudicazione, sulla base del rilievo che la Randstad era stata esclusa dalla procedura, ha violato la suddetta norma, prevista dal legislatore dell’Unione e richiamata nella giurisprudenza della Corte, secondo la quale solo l’esclusione definitiva, ai sensi dell’articolo 2 bis, paragrafo 2, della direttiva 89/665, può avere l’effetto di privare un offerente della sua legittimazione ad agire contro la decisione di aggiudicazione.

 

76      A tal proposito, per quanto riguarda i fatti di cui al procedimento principale, occorre rilevare che dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, sia nel momento in cui la Randstad ha proposto il suo ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta, sia nel momento in cui quest’ultimo ha statuito, la decisione della commissione di gara di escluderla dalla procedura non era ancora stata ritenuta legittima da quest’ultimo giudice o da qualsiasi altro organo di ricorso indipendente.

 

77      Risulta pertanto che la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale della Valle d’Aosta da parte del Consiglio di Stato, che ha dichiarato irricevibile la parte del ricorso della Randstad con cui quest’ultima contestava l’aggiudicazione dell’appalto al raggruppamento Synergie-Umana, è incompatibile con il diritto a un ricorso effettivo garantito dall’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665, letto alla luce dell’articolo 2 bis, paragrafo 2, di quest’ultima. Di conseguenza, la sentenza del Consiglio di Stato non è neppure conforme all’articolo 47, primo comma, della Carta.

 

78      Tuttavia, in una situazione come quella di cui al procedimento principale, in cui, fatta salva la verifica da parte del giudice del rinvio, il diritto processuale nazionale consente, di per sé, agli interessati di proporre un ricorso dinanzi ad un giudice indipendente e imparziale e di far valere in modo effettivo dinanzi ad esso una violazione del diritto dell’Unione nonché delle disposizioni di diritto nazionale che recepiscono quest’ultimo nell’ordinamento giuridico interno, ma in cui il supremo organo della giustizia amministrativa dello Stato membro interessato, giudice di ultima istanza, subordina indebitamente la ricevibilità di tale ricorso a condizioni che hanno l’effetto di privare tali interessati del loro diritto a un ricorso effettivo, il diritto dell’Unione non impone a tale Stato membro di prevedere, per rimediare alla violazione di tale diritto a un ricorso effettivo, la possibilità di impugnare, dinanzi all’organo giurisdizionale supremo, tali decisioni di irricevibilità adottate dal supremo giudice amministrativo, qualora il diritto nazionale di detto Stato non preveda un siffatto mezzo di impugnazione.

 

79      In una situazione del genere, il rimedio contro la violazione della direttiva 89/665 e dell’articolo 47, primo comma, della Carta derivante dalla giurisprudenza del supremo giudice amministrativo consiste nell’obbligo, per ogni giudice amministrativo dello Stato membro interessato, compreso lo stesso supremo giudice amministrativo, di disapplicare tale giurisprudenza non conforme al diritto dell’Unione e, in caso di inosservanza di un tale obbligo, nella possibilità per la Commissione europea di proporre un ricorso per inadempimento contro tale Stato membro.

 

80      I singoli che siano stati eventualmente lesi dalla violazione del loro diritto a un ricorso effettivo a causa di una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado, possono inoltre far valere la responsabilità di tale Stato membro, purché siano soddisfatte le condizioni relative al carattere sufficientemente qualificato della violazione e all’esistenza di un nesso causale diretto tra tale violazione e il danno subìto dal soggetto leso (v., in tal senso, in particolare, sentenze del 30 settembre 2003, Köbler, C-224/01, EU:C:2003:513, punto 59; del 24 ottobre 2018, XC e a., C-234/17, EU:C:2018:853, punto 58, nonché del 4 marzo 2020, Telecom Italia, C-34/19, EU:C:2020:148, punti da 67 a 69).

 

81      Alla luce dell’insieme delle considerazioni sin qui svolte, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una disposizione del diritto interno di uno Stato membro che, secondo la giurisprudenza nazionale, produce l’effetto che i singoli, quali gli offerenti che hanno partecipato a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, non possono contestare la conformità al diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di detto Stato membro.

 

 Sulla seconda questione

 

82      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 267 TFUE, letti alla luce dell’articolo 47 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una disposizione di diritto interno che, secondo la giurisprudenza nazionale, ha per effetto che i singoli, nell’ambito di un ricorso per cassazione proposto dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di tale Stato membro avverso una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa del medesimo Stato membro, non possono contestare il fatto che quest’ultimo organo giurisdizionale di ultima istanza abbia immotivatamente omesso di adire la Corte in via pregiudiziale sebbene sussistessero incertezze riguardo alla corretta interpretazione del diritto dell’Unione.

 

83      Orbene, dal fascicolo di cui dispone la Corte risulta che, nell’ambito del suo ricorso per cassazione, la Randstad non deduce motivi vertenti sul fatto che il Consiglio di Stato, in violazione dell’articolo 267, terzo comma, TFUE, abbia omesso di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale, circostanza che la Randstad, interrogata sul punto in udienza dinanzi alla Corte, ha confermato.

 

84      Ne consegue che il giudice del rinvio, nell’ambito della controversia di cui è investito, non deve venire edotto sulla questione se, alla luce degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione, gli Stati membri siano tenuti a prevedere, nei loro ordinamenti giuridici, la possibilità di presentare ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo qualora il supremo organo della giustizia amministrativa si sia astenuto dal sottoporre una questione pregiudiziale alla Corte, cosicché la risposta alla seconda questione è irrilevante ai fini della soluzione di tale controversia.

 

85      Pertanto, la seconda questione, non avendo alcuna attinenza con l’oggetto della controversia del procedimento principale, è irricevibile, in forza di una giurisprudenza costante (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Ministrstvo za obrambo, C-742/19, EU:C:2021:597, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

 

 Sulla terza questione

 

86      Alla luce della risposta fornita alla prima questione, non occorre rispondere alla terza questione.

 

 Sulle spese

87      Nei confronti delle parti nel procedimento principale, la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

 

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

L’articolo 4, paragrafo 3, e l’articolo 19, paragrafo 1, TUE, nonché l’articolo 1, paragrafi 1 e 3, della direttiva 89/665/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1989, che coordina le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative relative all’applicazione delle procedure di ricorso in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture e di lavori, come modificata dalla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, letto alla luce dell’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una disposizione del diritto interno di uno Stato membro che, secondo la giurisprudenza nazionale, produce l’effetto che i singoli, quali gli offerenti che hanno partecipato a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, non possono contestare la conformità al diritto dell’Unione di una sentenza del supremo organo della giustizia amministrativa di tale Stato membro nell’ambito di un ricorso dinanzi all’organo giurisdizionale supremo di detto Stato membro.

Lenaerts

Bay Larsen

Arabadjiev

Lycourgos

Regan

Jarukaitis

Jääskinen

Ziemele

Passer

Ilešic

Bonichot

von Danwitz

Safjan

Kumin

Wahl

 

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 dicembre 2021.

 

Il cancelliere

 

           

Il presidente

 

A. Calot Escobar

 

           

K. Lenaerts

 

*      Lingua processuale: l’italiano.

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