HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Consiglio di Stato, Sez. V, 29/3/2022 n. 2313
Sull'affidamento del servizio di distribuzione del gas: la delega alla Stazione appaltante è irrevocabile

Nell'ambito di una procedura di affidamento del servizio di distribuzione del gas nell'ATEM, i comuni dell'ATEM non possano revocare la delega alla Stazione appaltante, neppure a maggioranza qualificata (i.e. neppure se rappresentano oltre i 2/3 dei cd. punti di riconsegna che, ai sensi dell'art. 2, c. 7, d.m. 226/2011, costituiscono la soglia per poter deliberare la risoluzione in danno della convenzione sottoscritta con il gestore). Il divieto è assoluto e vale anche se i Comuni abbiano espressamente precisato (nella deliberazione dell'Assemblea ATEM che ha disposto la revoca) che intendono mantenere un affidamento unitario del servizio (cioè per l'intero ATEM) imponendo semplicemente alla S.A. di adempiere alla (ri-conferenda) delega secundum legem (in ipotesi violata nella pregressa gestione della gara)L'irrevocabilità viene giustificata dal fatto che, in caso contrario, "verrebbe meno la stessa gestione in comune del servizio poiché questa richiede l'espletamento di un'unica procedura di gara da parte di una sola stazione appaltante a beneficio di tutti i comuni dell'ambito, e si aprirebbe la strada a forme di gestione del servizio (da parte di singoli comuni ovvero anche solo di alcuni di essi) che il legislatore ha escluso per averle ritenute inefficienti". In ogni caso, l'autonomia amministrativa dei Comuni è comunque preservata perché questi possono intervenire "a posteriori" sulla gestione del servizio (quando cioè la procedura di gara che si intendeva arrestare con la revoca della delega si è oramai perfezionata ed è stata addirittura sottoscritta la convenzione), all'interno del comitato di monitoraggio previsto dalla Convenzione.

Materia: gas / affidamento concessione
Pubblicato il 29/03/2022

N. 02313/2022REG.PROV.COLL.

N. 00638/2021 REG.RIC.

N. 07095/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 638 del 2021, proposto da
Comune di Feltre, Comune di Alleghe, Comune di Alpago, Comune di Borca di Cadore, Comune di Borgo Valbelluna, Comune di Calalzo di Cadore, Comune di Canale D'Agordo, Comune di Cencenighe Agordino, Comune di Cesiomaggiore, Comune di Chies D'Alpago, Comune di Colle Santa Lucia, Comune di Comelico Superiore, Comune di Cortina D'Ampezzo, Comune di Domegge di Cadore, Comune di Falcade, Comune di Fonzaso, Comune di Gosaldo, Comune di La Valle Agordina, Comune di Limana, Comune di Longarone, Comune di Ospitale di Cadore, Comune di Pedavena, Comune di Perarolo di Cadore, Comune di Pieve di Cadore, Comune di Ponte Nelle Alpi, Comune di Rivamonte Agordino, Comune di Rocca Pietore, Comune di San Nicolò di Comelico, Comune di Santo Stefano di Cadore, Comune di San Gregorio Nelle Alpi, Comune di San Tomaso Agordino, Comune di Santa Giustina, Comune di Sedico, Comune di Selva di Cadore, Comune di Seren del Grappa, Comune di Sospirolo, Comune di Soverzene, Comune di Taibon Agordino, Comune di Val di Zoldo, Comune di Vallada Agordina, Comune di San Vito di Cadore, Comune di Valle di Cadore, ciascuno in persona del Sindaco in carica, rappresentati e difesi dagli avvocati Alberto Gaz e Enrico Gaz, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

contro

Comune di Belluno, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avvocato Stefano Sacchetto, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

nei confronti

Italgas Reti s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Fuda, Fabio Todarello, Andrea Zoppini e Giorgio Vercillo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea Zoppini in Roma, piazza di Spagna, 15;
Camera di Commercio Industria, Agricoltura e Artigianato "Treviso-Belluno Dolomiti", non costituita in giudizio;



sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 7095 del 2021, proposto da
Comune di Feltre, Comune di Agordo, Comune di Auronzo di Cadore, Comune di Borca di Cadore, Comune di Borgo Valbelluna, Comune di Calalzo di Cadore, Comune di Cesiomaggiore, Comune di Domegge di Cadore, Comune di Falcade, Comune di Limana, Comune di Longarone, Comune di Lorenzago di Cadore, Comune di Ospitale di Cadore, Comune di Pedavena, Comune di Perarolo di Cadore, Comune di Pieve di Cadore, Comune di Ponte Nelle Alpi, Comune di San Gregorio Nelle Alpi, Comune di San Vito di Cadore, Comune di Santa Giustina, Comune di Sedico, Comune di Seren del Grappa, Comune di Sospirolo, Comune di Soverzene, Comune di Taibon Agordino, Comune di Vigo di Cadore, Comune di Colle Santa Lucia, Comune di Comelico Superiore, Comune di Val di Zoldo, Comune di Gosaldo, Comune di Rocca Pietore, Comune di San Nicolo' di Comelico, Comune di Santo Stefano di Cadore, Comune di Sovramonte, Comune di Cencenighe Agordino, Comune di Chies D'Alpago, Comune di San Tomaso Agordino, Comune di Vallada Agordina, Comune di La Valle Agordina, Comune di Fonzaso, Comune di Selva di Cadore, ciascuno in persona del Sindaco in carica, rappresentati e difesi dagli avvocati Alberto Gaz e Enrico Gaz, con domicilio digitale come da PEC tratta dai Registri di Giustizia;

contro

Italgas Reti s.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avvocati Fabio Todarello e Andrea Conforto, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone, 44;

nei confronti

Comune di Belluno, Comune di Alpago, Comune di Arsiè, Comune di Cortina D'Ampezzo, Comune di Lozzo di Cadore, Comune di Vodo di Cadore, Comune di Alleghe, Comune di Cibiana di Cadore, Comune di Danta di Cadore, Comune di Lamon, Comune di Rivamonte Agordino, Comune di San Pietro di Cadore, Comune di Sappada, Comune di Tambre, Comune di Zoppè di Cadore, Comune di Canale D'Agordo, Comune di Voltago Agordino, Bim Belluno Infrastrutture s.p.a., non costituiti in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 638 del 2021:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, Sezione Prima, n. 01208/2020, resa tra le parti;

quanto al ricorso n. 7095 del 2021:

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (sezione Prima) n. 00493/2021, resa tra le parti;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Belluno e di Italgas Reti s.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 febbraio 2022 il Cons. Federico Di Matteo e uditi per le parti gli avvocati Alberto Gaz, Enrico Gaz, Stefano Sacchetto, Andrea Conforto su delega di Fabio Todarello e Giorgio Vercillo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. I comuni appellanti costituiscono l’ A.te.m. - Ambito territoriale minimo “Belluno”, determinato con decreto ministeriale 19 gennaio 2011 per l'affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas naturale in esecuzione dell'articolo 46 - bis comma 2, d.l. 1 ottobre 2007 n. 159, conv. in l. 29 novembre 2007, n. 222.

1.1. Con la convenzione stipulata ai sensi dell'articolo 2, comma 1, primo periodo, del d.m. 12 novembre 2011 n. 226 – a mente del quale “Gli Enti locali concedenti appartenenti a ciascun ambito demandano al Comune capoluogo di provincia il ruolo di stazione appaltante per la gestione della gara per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale in forma associata secondo la normativa vigente in materia di Enti locali, ferma restando la possibilità di demandare in alternativa tale ruolo a una società di patrimonio delle reti, costituita ai sensi dell'articolo 113, comma 13, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove presente” – delegavano il Comune di Belluno a svolgere le funzioni di stazione appaltante del servizio di distribuzione del gas naturale nei propri territori.

1.2. Per l’indizione della gara si rendeva necessaria la determinazione dell'importo dovuto al gestore uscente del servizio quale valore di rimborso (c.d. V.i.r. - valore industriale residuo), da calcolare ai sensi delle Linee guida del Ministero dello sviluppo economico di cui al d.m. 22 maggio 2014; a tal fine, il Comune di Belluno, in veste di stazione appaltante, individuava Energas Engineering come advisor tecnico per supportare il R.u.p. in tutte le fasi della procedura.

Giova precisare sin da ora che per 36 dei 37 Comuni metanizzati dell’A.t.e.m. gestore uscente era la società BIM s.p.a., società partecipata dagli stessi Comuni cui aveva reso il servizio di distribuzione del gas metano.

1.3. Con nota del 6 febbraio 2015 BIM s.p.a. trasmetteva al Comune di Belluno lo stato di consistenza degli impianti dei comuni metanizzati redatto sulla base del prezziario della Provincia autonoma di Trento.

Dopo una serie di interlocuzioni finalizzate a identificare il prezziario applicabile, il 3 giugno 2015 BIM s.p.a. e l'advisor tecnico Energas Engineering sottoscrivevano il verbale “per la determinazione del valore di rimborso spettante a BIM Belluno infrastrutture SPA in qualità di gestore uscente”, stimando il V.i.r. in € 61.002.688,26, successivamente modificato in € 60.895.787,41 come da verbale del 14 gennaio 2016 sottoscritto dai medesimi soggetti.

1.4. Con apposite delibere i comuni interessati approvavano il V.i.r. così fissato; l’A.R.E.R.A. esprimeva parere positivo giudicando idonei i valori dei V.i.r.; con determina dirigenziale n. 1194 del 29 dicembre 2016 il Comune di Belluno indiceva la procedura di gara per l’individuazione del nuovo gestore cui affidare il servizio di distribuzione del gas metano.

Con determinazione dirigenziale del 27 giugno 2017, n. 519 il Comune di Belluno apportava talune modifiche e integrazioni alla disciplina di gara e il bando di gara veniva ripubblicato in Gazzetta ufficiale dell’Unione europea il 29 giugno 2017.

Nel nuovo bando al punto 19 era stabilito che l’aggiudicataria era tenuta a “corrispondere alle società concessionarie uscenti, all'atto della sottoscrizione del relativo verbale di consegna del servizio, la somma complessiva di € 59.042.158,64 per il primo anno (di cui € 8.641.464,77 e la stima della variazione negativa del valore di rimborso fra la data del 31/12/2013 e il 1/04/2018, data presunta di subentro; tale valore, ottenuto sommando al valore di rimborso rivalutato e degradato al 1/04/2018 gli investimenti del gestore inseriti nelle schede tariffarie per gli anni 2014-2015-2016 (data di consuntivo per 2014 e 2015 e di preconsuntivo per il 2016) con la stima degli investimenti al 31 Marzo 2018 e detraendo i contributi, sarà calcolato a consuntivo alla data effettiva di subentro secondo le modalità riportate nell'allegato F) e la somma stimata di € 0,00 negli anni successivi allo scadere delle concessioni in essere a titolo di rimborso, come previsto negli articoli 5 e sei del regolamento sui criteri di gara (…)”.

1.5. BIM s.p.a., oltre ad esprimere perplessità sulle modalità con le quali era stato rideterminato il V.i.r., contestava al Comune di Belluno la scelta di utilizzare il prezziario della Regione Veneto anziché della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Belluno, in quanto prezziario in uso nella Provincia di Trento e poi con nota dell’8 maggio 2019 formalizzava alla stazione appaltante il ritiro della sua adesione ai verbali sottoscritti per la determinazione del V.i.r..

1.6. I comuni, venuti a conoscenza di ciò, chiedevano al Comune di Belluno l’indizione di un’apposita assemblea ai sensi dell'articolo 7.2 della convenzione; l'assemblea, tenutasi il 22 novembre 2019, si concludeva con una mozione rivolta al Comune di Belluno di porre in essere ogni iniziativa finalizzata ad aggiornare il valore del V.i.r. in conformità al prezziario ritenuto applicabile ratione loci, vale a dire quello della Camera di Commercio di Belluno.

1.7. Nel frattempo, la procedura di gara proseguiva e la commissione con verbale del 4 dicembre 2019, all’esito della quarta seduta dedicata all'apertura delle offerte economiche, stilava la graduatoria provvisoria in cui risultava prima graduata la Italgas reti s.p.a..

Appreso della conclusione della procedura di gara, i sindaci dei comuni dell'A.te.m riunitisi in conferenza il 19 dicembre 2019 deliberavano di “censurare radicalmente tale comportamento che integra una condotta assunta in palese violazione delle chiare e vincolanti indicazioni operative formulate da questa assemblea in data 22 novembre 2019: risulta, infatti, totalmente illogico e contrario ai doveri di diligenza e correttezza nell'esecuzione delle funzioni affidate alla SA non procedere nemmeno ad una sospensione della procedura per la verifica delle molteplici criticità esposte nella predetta assemblea, ivi incluse quelle sintetizzate negli interventi dei sindaci allegati e relativo verbale”; disponevano pertanto l'immediata revoca delle deleghe conferite al Comune di Belluno con la convenzione e davano mandato alla stazione appaltante di adottare tutti gli atti e comportamenti strettamente conseguenti e necessari a dare immediata attuazione alla delibera procedendo con la massima celerità all'assunzione delle determinazioni del caso ed astenendosi dal dare prosecuzione alla procedura di gara.

1.8. Con determinazione del 29 maggio 2020 n. 433 la stazione appaltante approvava la proposta di aggiudicazione della gara a favore di Italgas reti s.p.a..

2. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto notificato il 1° luglio 2020 (che acquisiva n. Rg. 602/2020) i comuni dell’A.te.m. indicati in epigrafe impugnavano il predetto provvedimento di aggiudicazione in favore di Italgas reti s.p.a., nonché, tra gli altri atti, anche il bando di gara pubblicato il 29 giugno 2017 e quello pubblicato il 29 dicembre 2016.

2.1. Essi in sintesi lamentavano:

- con il primo motivo, che non fosse stato loro consentito di approvare l'ammontare del V.i.r. indicato nel bando pubblicato il 29 giugno 2017, avendo espresso il loro consenso solo per il V.i.r. indicato nel bando del 29 dicembre 2016, ciò in violazione delle disposizioni regolamentari (artt. 5 e 9 d.m. n. 226 del 2011 e art. 5.2. d.m. 22 maggio 2014) che prevedevano che i singoli enti locali fossero tenuti ad approvare il V.i.r. in relazione alla porzione degli impianti ricadenti nel proprio territorio; inoltre le clausole del bando e il provvedimento di aggiudicazione erano illegittime anche per aver il Comune di Belluno violato gli articoli 4 e 7 della convenzione che garantivano un loro coinvolgimento in ogni attività svolta come stazione appaltante;

- con il secondo motivo, la nullità per difetto assoluto di attribuzione ai sensi dell’art. 21 septies l. n. 241 del 1990, ovvero in via alternativa l'illegittimità della delibera di approvazione dell'aggiudicazione in favore Italgas in quanto adottata dal Comune di Belluno quando, per essere intervenute le delibere delle assemblee comunali del 22 novembre 2019 e del 19 dicembre 2019, gli era già stata ritirata la delega conferita per la conduzione delle procedure di gara;

- con il terzo motivo, l’illegittimità degli atti della procedura di gara ed in particolare del provvedimento di aggiudicazione per violazione delle regole in tema di prezziario da utilizzare per il calcolo del V.i.r. in caso di mancata convenzione col gestore uscente che potesse disciplinare detto aspetto; nel caso di specie il prezziario da utilizzare non poteva essere quello della Regione Veneto perché esisteva il prezziario della Camera di Commercio industria artigianato agricoltura di Belluno che si serviva di quello della Provincia autonoma di Trento in coerenza con le caratteristiche geomorfologiche della provincia di Belluno del tutto simili a quella della provincia di Trento e differente da quello della pianura veneta;

- con il quarto motivo, la mancata approvazione della convenzione da parte dell'assemblea comunale del Comune di Belluno e l’inadempimento da parte della stazione appaltante degli obblighi previsti dall'articolo 2 d.m. 226 del 2011, presupposto imprescindibile per l'avvio dell'operatività della delega.

2.2. Si costituivano in giudizio il Comune di Belluno e Italgas Reti s.p.a., che, dopo aver proposto diverse eccezioni pregiudiziali di rito, concludevano per il rigetto del ricorso; la CCIAA di “Treviso Belluno Dolomiti” che sosteneva le ragioni dei comuni appellanti relativamente alla scorretta applicazione del prezziario regionale in luogo di quello della Provincia di Trento.

2.3. L’adito tribunale con la sentenza del 7 dicembre 2020, n. 1208, ha dichiarato inammissibile il ricorso:

a) per l’assenza delle condizioni per la proposizione di ricorso collettivo in difetto di identiche situazioni sostanziali e processuali, giacchè dei 42 comuni ricorrenti 17 non erano metanizzati e pertanto non potevano approvare il V.i.r., con la conseguenza che essi non avrebbero potuto subire alcuna lesione della propria sfera giuridica e non avrebbero perciò avuto interesse a contestare il valore posto a base degli atti di gara;

b) per difetto di legittimazione ed interesse poiché i comuni ricorrenti non avevano fatto valere in modo diretto ed immediato un interesse proprio bensì un interesse della società da loro partecipata BIM; era quest’ultima infatti che per la riduzione del valore del V.i.r. (prevista nel secondo bando) avrebbe ottenuto un importo minore dall’aggiudicatario subentrante nel servizio a corrispettivo del residuo valore degli impianti.

Ad avviso del Tribunale il ricorso era anche irricevibile per tardività dell’impugnazione del bando e della determinazione del V.i.r., giacché le censure proposte si erano appuntate esclusivamente sull’aggiudicazione, mentre alcuna adeguata contestazione era stata rivolta nei confronti del secondo bando e del valore del V.i.r. per dimostrarne l’improprietà o l’erroneità.

La sentenza ha anche precisato che, per quanto l’accoglimento delle predette eccezioni comportasse l’inammissibilità dell’intero ricorso e non delle singole censure, il secondo motivo di ricorso, rivolto a far valere il difetto di attribuzione assoluta del Comune di Belluno a causa della revoca delle deleghe, era comunque infondato nel merito per essere, per un verso, la partecipazione all’ambito territoriale ottimale obbligatoria per legge e per altro verso il Comune di Belluno, in quanto comune capoluogo, unico soggetto abilitato ai sensi dell’art. 2, comma 1, d.m. 12 novembre 2011 a svolgere le funzioni di stazione appaltante (tanto più che la società BIM s.p.a., anch’essa in astratto validamente delegabile, aveva cessato di svolgere le funzioni di società patrimoniale e ed era divenuta il gestore del servizio con l’acquisizione del ramo di azienda sin dal 2013).

2.4. Con ricorso al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (che acquisiva n. Rg. 492/2021) notificato il 17 gennaio 2020, Italgas Reti s.p.a. impugnava i verbali delle conferenze dei Sindaci del 22 novembre 2019 e del 19 dicembre 2019 e, con successivi motivi aggiunti, le delibere di consiglio comunale assunte dai singoli Comuni dell’A.t.e.m. di conferma delle determinazioni (di ritenersi sciolti dal mandato conferito al Comune di Belluno) assunte nelle predette conferenze.

Il ricorso era fondato su quattro motivi; Italgas Reti s.p.a. sosteneva:

a) l’incompetenza dei Comuni ad incidere sulle determinazioni assunte dal Comune di Belluno quale stazione appaltante: il Comune di Belluno, essendo comune capoluogo di Provincia, era l’unico soggetto legittimato a disporre dell’affidamento, per delega ex lege;

b) l’inoppugnabilità gli atti di gara, ivi inclusi quelli aventi ad oggetto i valori di rimborso ivi riportati, così come le delibere ARERA precedenti l’avvio della procedura, con la conseguenza che una loro rivisitazione avrebbe determinato la lesione dell’affidamento riposto dall’aggiudicataria sulla stabilità degli atti della procedura, e sugli elementi economici della stessa, quale, in particolare, il valore di rimborso dovuto al precedente gestore;

c) priva di fondamento la pretesa dei Comuni circa l’applicazione del prezziario della Camera di commercio di Belluno per la determinazione del V.i.r. considerato che la normativa in materia imponeva l’utilizzo del “prezziario della CCIAA provinciale della provincia o il prezziario regionale per lavori pubblici della regione a cui appartiene l’ambito (essendo la provincia di riferimento identificabile dal nome dell’ambito)”;

d) le determinazioni assunte dai Comuni nella conferenza dei sindaci illegittime per eccesso di potere in quanto dirette a preservare il patrimonio sociale di BIM s.p.a., della quale erano socie, ossia ad assumere un’iniziativa spettante unicamente alla società partecipata.

2.5. Resistenti il Comune di Feltre, il giudice di primo grado, con la sentenza della prima sezione, del 16 aprile 2021, n. 493 accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava i provvedimenti impugnati, in quanto:

- richiamata la sentenza n. 1208 del 2020 riteneva fondato il primo motivo di ricorso: le funzioni di stazione appaltante erano svolte dal Comune di Belluno in diretta applicazione della legge, per cui la “revoca della delega” – che, a dispetto del nomen iuris utilizzato, era solo un atto di controllo ed indirizzo dei Sindaci nei confronti della stazione appaltante – non poteva impedire la rituale conclusione della procedura di gara mediante l’affidamento al primo graduato;

- i provvedimenti adottati dalle amministrazioni comunali – come già ritenuto nella precedente sentenza – erano sviati poiché orientati esclusivamente a proteggere l’integrità patrimoniale della società partecipata, fine che solo la società, in quanto titolare del diritto alla corresponsione del rimborso, avrebbe potuto perseguire mediante l’impugnazione degli atti della stazione appaltante, ma che, nell’inerzia di questa, non avrebbe potuto legittimare l’esercizio da parte dei singoli soci di poteri sostanziali di autotutela, volti a favorire una migliore determinazione del suddetto valore (e così accrescere il futuro valore della quota).

3. I Comuni hanno impugnato entrambe le sentenze con distinti appelli.

3.1. Con atto di appello notificato l’11 gennaio 2021 i Comuni indicati in epigrafe hanno impugnato la sentenza del Tar Veneto n. 1208 del 2020; nel giudizio (che ha acquisito Rg. n. 630/2021) si sono costituiti il Comune di Belluno e Italgas Reti s.p.a..

Con distinto atto di appello notificato il 16 luglio 2021 gli stessi Comuni hanno impugnato la sentenza del Tar Veneto n. 493 del 2021; nel giudizio (che ha acquisito Rg. n. 7095/2021) si sono costituiti il Comune di Belluno e Italgas Reti s.p.a..

3.2. Con ordinanza del 10 gennaio 2022, n. 168 il primo giudizio di appello, chiamato ad udienza pubblica del 7 ottobre 2021, è stato rinviato per trattazione congiunta con il secondo giudizio di appello all’udienza pubblica del 3 febbraio 2022.

3.3. Per entrambi i giudizi le parti hanno depositato memorie ex art. 73, comma 1, cod. proc. amm. cui sono seguite rituali repliche.

All’udienza del 3 febbraio 2022 entrambe le cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente va disposta la riunione dei due giudizi, in quanto, pur trattandosi di appelli proposti avverso sentenze diverse del Tar Veneto, ricorrono ragioni di connessione soggettiva, figurando nei due giudizi le stesse parti nella medesima posizione processuale, ed oggettiva, attenendo i provvedimenti impugnati ad una medesima vicenda amministrativa.

2. Va esaminato prioritariamente l’appello proposto dai Comuni in epigrafe indicati avverso la sentenza del Tar Veneto n. 493 del 2021.

2.1. Con unico articolato motivo la sentenza di primo grado è censurata per “Violazione dell’art. 111, c. 6, Cost. e dell’art. 3 c.p.a.; omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione appellata, segnatamente in relazione alla violazione degli artt. 114 e 118 Cost., dell’art. 16, c.1, d.lgs. 164/2000, dell’art. 3 TUEL, del d.m. 226/2011 e del d.m. 19 gennaio 2011, dell’art. 21 bis e seguenti 241/1990, dell’art. 2 par. 1, p. 14), lett. a) e p. 16) e dell’art. 37 direttiva 2014/24/UE”: è contestata, in particolare, la ricostruzione del giudice di primo grado secondo cui il Comune di Belluno trarrebbe i propri poteri (di stazione appaltante) non dalla delega conferitagli dai Comuni dell’A.t.e.m., ma direttamente dalla legge, con conseguente impossibilità per questi ultimi di contestarne l’esercizio; oppongono gli appellanti che, anche a voler ammettere che il Comune di Belluno fosse delegato ex lege – ma ciò non era poiché essi, al momento della stipula della convenzione avevano ancora la possibilità di conferire la delega a BIM s.p.a. (che, infatti, era divenuta gestore del servizio solo a partire dal 1° gennaio 2014, e non nel 2013) – tale delega non potrebbe costituire una nomina con attribuzione di poteri “assoluti ed insindacabili”; al contrario, ai Comuni dell’A.t.e.m. sono sempre riconosciuti poteri di controllo dell’operato del Comune delegato, come dimostrato dall’art. 8, comma 7, d.m. n. 226 del 2011 che consente loro, a maggioranza, di imporre alla stazione appaltante di risolvere il contratto con il gestore dell’ambito: quel che è concesso in fase esecutiva dovrebbe ritenersi necessariamente possibile anche nella fase di scelta del concessionario.

Aggiungono che l’art. 7, comma 2, della convenzione stabiliva che la stazione appaltante fosse tenuta a rispettare la volontà espressa a maggioranza qualificata dai Comuni dell’A.t.e.m. (in questi termini: “Il Comune di Belluno, al fine di concertare quanto previsto all’art. 4, commi 5 e 7, e per altre eventuali decisioni inerenti gli adempimenti di cui alla presente convenzione, indice apposite conferenze di servizio con i Comuni. Per le decisioni della conferenza, la posizione prevalente è determinata sulla base della maggioranza qualificata dei due terzi del numero dei punti di riconsegna totali”), ma, nella vicenda in esame, il Comune di Belluno, che pure aveva convocato e presieduto le due assemblee, aveva disatteso le deliberazioni assembleari assunte, peraltro, a maggioranza superiore a quella dei due terzi.

Anche il divieto di recesso previsto dall’art. 10 della convenzione, e richiamato dal tribunale a riprova della vincolatività della delega, sarebbe superabile: in primo luogo, non di atto di recesso si tratterebbe nel caso di specie, ma di revoca, e, comunque, il supposto divieto dovrebbe intendersi esclusivamente come impossibilità per i Comuni di procedere all’affidamento del servizio, anche in forma “associata”, poiché, a voler seguire l’interpretazione proposta dal giudice di primo grado, vi sarebbero dubbi di costituzionalità delle disposizioni primarie cui la convenzione è ispirata per lesione dell’autonomia amministrativa dei singoli Comuni sancita in Costituzione dall’art. 118.

Ad ogni modo, le conclusioni del tribunale sarebbero censurabili anche sul piano civilistico: dovendo trovare applicazione i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili (così l’art. 11, comma 2, l. n. 241 del 1990 cui rinvia l’art. 15 l. n. 241 del 1990 richiamato nelle premesse della convenzione), l’atto sarebbe qualificabile come revoca del mandato ai sensi dell’art. 1723 cod. civ., sempre possibile per “giusta causa”, nel caso di specie rappresentata dall’inottemperanza della stazione appaltante ai suoi obblighi di legge e alle indicazioni e prescrizioni dell’assemblea dell’A.t.e.m., considerato, peraltro, che l’attività svolta dal Comune di Belluno è assimilabile a quella propria di una centrale di committenza, sempre soggetta, per disposizioni del diritto euro-unitario, a controlli e direttive degli enti affidanti.

2.2. Si dolgono, poi, i Comuni del passaggio della sentenza di primo grado nella parte in cui, accogliendo il quanto motivo di ricorso, ha giudicato sviate le deliberazioni assunte dalle assemblee dell’A.t.e.m., poiché dirette alla tutela di un interesse patrimoniale altrui, quello di BIM s.p.a. a non veder ridotto il valore del V.i.r. che il gestore subentrante avrebbe dovuto corrispondere; sostengono, infatti, di aver agito quali “enti locali affidanti” (così come qualificati dall’art. 14, comma 1, d.lgs. n. 164/2000) per porre rimedio alla gestione della gara, che avrebbe condotto a selezionare il gestore del servizio nel proprio territorio, apparsa contrastante con i canoni della legalità e della prudenza amministrativa e, dunque, per tutelare gli effetti che la condotta del Comune di Belluno comportava sulle proprie prerogative, considerato anche la relazione tra il V.i.r. corrisposto al gestore uscente e il canone da corrispondere al nuovo gestore del servizio.

3. Il motivo è infondato.

3.1. L’esame della censura impone di richiamare le disposizioni legislative e regolamentari che disciplinano l’affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas naturale che disciplinano i profili rilevanti per l’odierno giudizio in tema di affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas naturale.

3.2. L’art. 14 (Attività di distribuzione), comma 1, d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164 (Attuazione della direttiva 98/30/CE recante norme comuni per il mercato interno del gas naturale, a norma dell’art. 41 della l. 17 maggio 1999, n. 144) dispone che: “L’attività di distribuzione di gas naturale è attività di servizio pubblico. Il servizio è affidato esclusivamente mediante gara per periodi non superiori a dodici anni. Gli enti locali che affidano il servizio, anche in forma associata, svolgono attività di indirizzo, di vigilanza, di programmazione e di controllo sulle attività di distribuzione, ed i loro rapporti con il gestore del servizio sono regolati da appositi contratti di servizio, sulla base di un contratto tipo predisposto dall’Autorità per l’energia elettrica e il gas ed approvato dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato entro sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto”.

L’art. 46-bis (Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas) d.l. 1 ottobre 2007, n 159 (Interventi urgenti in materia economico – finanziaria, per lo sviluppo e l’equità sociale) prevede, al secondo comma, che: “I Ministri dello sviluppo economico e per gli affari regionali e le autonomie locali, su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e sentita la Conferenza unificata, determinano gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas, a partire da quelli tariffari, secondo l’identificazione di bacini ottimali di utenza, in base ai criteri di efficienza e riduzione dei costi, e determinano misure per l’incentivazione delle relative operazioni di aggregazione”, e, al secondo comma, che: “I Ministri dello sviluppo economico e per gli affari regionali e le autonomie locali, su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e sentita la Conferenza unificata, determinano gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas, a partire da quelli tariffari, secondo l’identificazione di bacini ottimali di utenza, in base ai criteri di efficienza e riduzione dei costi, e determinano misure per l’incentivazione delle relative operazioni di aggregazione”.

L’art. 2 (Soggetto che gestisce la gara) del d.m. 12 novembre 2011, n. 226 (Regolamento per i criteri di gara e per la valutazione dell’offerta per l’affidamento del servizi di distribuzione del gas naturale in attuazione dell’articolo 46-bis del decreto-legge 1°ottobre 2007, n. 159, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222) stabilisce che: “Gli Enti locali concedenti appartenenti a ciascun ambito demandano al Comune capoluogo di provincia il ruolo di stazione appaltante per la gestione della gara per l'affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale in forma associata secondo la normativa vigente in materia di Enti locali, ferma restando la possibilità di demandare in alternativa tale ruolo a una società di patrimonio delle reti, costituita ai sensi dell'articolo 113, comma 13, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, ove presente. Nel caso in cui il Comune capoluogo di provincia non appartenga all'ambito, i sopra citati Enti locali individuano un Comune capofila, o la Provincia, o un altro soggetto già istituito, quale una società di patrimonio delle reti, al quale demandare il ruolo di stazione appaltante. La convenzione fra i Comuni facenti parte dell'ambito è approvata con la maggioranza qualificata dei Comuni d'ambito di cui all'articolo 4, comma 3, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni in legge 9 agosto 2013, n. 98”.

3.3. Quest’ultima disposizione prevede, da un lato, la stipulazione di una convenzione tra i Comuni che fanno parte dell’A.te.m. quale modalità organizzativa per l’esercizio in comune della funzione di affidamento del servizio pubblico di distribuzione del gas naturale e, dall’altro, impone loro di inserire all’interno della convenzione una clausola con la quale “demandare” il ruolo di stazione appaltante per la gestione della procedura di gara alternativamente al Comune capoluogo di provincia (salvo il caso di Comune capoluogo di provincia che non appartenga all’ambito) ovvero ad una società di patrimonio delle reti (costituita ai sensi dell’art. 113, comma 13, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267).

I Comuni dell’A.te.m. Belluno, come ampiamente esposto, hanno concluso la convenzione ed inserito all’interno della stessa la clausola imposta (all’ art. 3) individuando il Comune di Belluno quale stazione unica appaltante.

Per aver convenuto che il Comune di Belluno dovesse svolgere la funzione di stazione unica appaltante è del tutto irrilevante, ai fini del presente giudizio, se essi avessero o meno, al tempo della stipulazione della convenzione, la possibilità di assegnare detta funzione a BIM s.p.a..

3.4. L’obbligo di demandare la funzione di stazione appaltante prevista dalla disposizione regolamentare è stata, dunque, trasposta all’art. 3 della convenzione sotto forma di “delega di funzioni” (del seguente tenore: “I Comuni delegano il Comune di Belluno a svolgere le funzioni di Stazione Appaltante, le altre funzioni di cui all’art. 4, e quelle di cui all’articolo 9 del D.M. n. 226 del 12/11/2011”); i Comuni convenzionati hanno correttamente inteso l’obbligo normativo (di “demandare”) in chiave pubblicistica, come conferimento di funzioni loro proprie ad uno di essi.

Il Comune di Belluno ha acquisito per effetto del predetto conferimento di funzioni la posizione di stazione appaltante, ponendosi, secondo la definizione contenuta all’art. 1 del d.m. n. 226 del 2011, come “il soggetto che, su delega degli Enti locali concedenti appartenenti all’ambito, ha la responsabilità di bandire, gestire e aggiudicare la gara di affidamento del servizio di distribuzione in tutti i Comuni dell’ambito”.

3.5. Dall’esame delle disposizioni normative in precedenza compiuto ne seguono per logica i seguenti corollari:

a) i Comuni sono in ogni caso tenuti a conferire la funzione di stazione appaltante ad un soggetto precisamente individuato, come è il Comune capoluogo di Provincia, non potendosi sottrarre all’obbligo di stipulare la convenzione e di prevedere all’interno della convenzione una clausola attuativa del conferimento della funzione;

b) per conferire la funzione ad un soggetto diverso nei limiti consentiti dall’art. 1 d.m. n. 226 del 2011 – unica facoltà loro concessa dalle disposizioni regolamentari – i Comuni non potrebbero far altro che rivedere il contenuto della convenzione, peraltro, con le maggioranza specificate dallo stesso comma 1; opzione, quest’ultima, non praticabile in punto di fatto nel caso dell’A.t.e.m. Belluno per l’assenza ora di una società patrimoniale ai sensi dell’art. 113, commi 4 e 13 d.lgs. n. 267 del 2000;

c) il divieto di recesso dalla convenzione, espressamente previsto dall’art. 10 della stessa, si aggiunge e consolida le predette prescrizioni con altro effetto: quello di rendere impossibile per uno o più Comuni di sottrarsi alla convenzione durante la sua vigenza, evidentemente allo scopo di gestire singolarmente l’affidamento del servizio;

d) dalle disposizioni legislative e regolamentate in precedenza esposte si ricava l’esistenza di un divieto (implicito) di revoca del conferimento delle funzioni di stazione appaltante al Comune capoluogo di Provincia.

3.6. Il conferimento della funzione di stazione appaltante al Comune capoluogo di provincia dà attuazione all’organizzazione in comune del servizio pubblico; se ne fosse possibile la revoca, verrebbe meno la stessa gestione in comune del servizio poiché questa richiede l’espletamento di un’unica procedura di gara da parte di una sola stazione appaltante a beneficio di tutti i comuni dell’ambito, e si aprirebbe la strada a forme di gestione del servizio (da parte di singoli Comuni ovvero anche solo di alcuni di essi) che il legislatore ha escluso per averle ritenute inefficienti.

In definitiva la revoca del conferimento è impedita dal quadro normativo vigente poiché contrasta con la regola della gestione in comune del servizio; è questa la ragione per la quale il legislatore – in disparte la facoltà dell’affidamento ad una società di patrimonio delle reti, nel caso non presente – ha previsto il conferimento della delega al Comune capoluogo (se presente in A.t.e.m.), quale unica modalità di gestione comune.

In conclusione, la delibera assembleare del 19 dicembre 2019 di revoca della delega conferita al Comune di Belluno è in contrasto con le disposizioni regolamentari citate.

3.7. Così interpretato il quadro normativo – ivi inclusa la disposizione implicita che se ne ricava dell’impossibilità della revoca del conferimento delle funzioni al Comune capoluogo – non ricorre alcun contrasto con principi costituzionali: la Corte costituzionale ha in più occasioni precisato che l’affidamento ad unico soggetto all’interno di un ambito ottimale delle funzioni di organizzazione, affidamento e controllo della gestione di un servizio pubblico (ascrivibile alla competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela della concorrenza) è diretta ad assicurare l'efficienza, l'efficacia e l'economicità del servizio (cfr. Corte costituzionale, 6 novembre 2020, n. 231, in relazione alla competenza assegnata all’Autorità d’ambito per il servizio idrico integrato ma con considerazioni che possono valere anche per l’affidamento al Comune capoluogo di provincia per il servizio di distribuzione di gas naturale).

Nella stessa pronuncia della Corte costituzionale citata dagli appellanti, la sentenza 7 luglio 2016, n. 160, si afferma che “La ricerca della dimensione ottimale dell'ambito territoriale entro il quale erogare il servizio consente di individuare l'estensione geografica che meglio permette di contenere i costi della gestione e favorire, così, l'apertura del mercato a nuovi soggetti, incentivando una più ampia partecipazione delle imprese alle gare per l'affidamento del servizio stesso” e, sul punto specifico della autonomia dei Comuni, è aggiunto che “A prescindere da ogni altra considerazione, da tempo la giurisprudenza costituzionale ha chiarito, con riguardo all'autonomia dei Comuni, che essa non implica una riserva intangibile di funzioni, né esclude che il legislatore competente possa modulare gli spazi dell'autonomia municipale a fronte di esigenze generali che giustifichino ragionevolmente la limitazione di funzioni già assegnate agli enti locali (sentenza n. 286 del 1997). Inoltre, con specifico riguardo a norme che prevedono la partecipazione degli enti locali ad autorità d'ambito alle quali sia trasferito l'esercizio di competenze in materia di servizi pubblici, la Corte ha ritenuto che norme siffatte non ledano l'autonomia amministrativa degli enti locali, in quanto si limitano a razionalizzarne le modalità di esercizio, al fine di superare la frammentazione nella gestione (sentenza n. 246 del 2009). Naturalmente, ove si opti per l'esercizio delle funzioni mediante organismi associativi, deve essere preservato uno specifico ruolo agli enti locali titolari di autonomia costituzionalmente garantita, nella forma della partecipazione agli organismi titolari dei poteri decisionali, o ai relativi processi deliberativi, in vista del raggiungimento di fini unitari nello spazio territoriale reputato ottimale (sentenza n. 50 del 2013). Le modalità di partecipazione e cooperazione possono essere molteplici, cosicché è da escludere che l'unica compatibile con il rispetto dell'autonomia dell'ente locale sia - come sostiene la ricorrente - la convenzione stipulata senza vincoli di adesione, con durata temporanea e facoltà di recesso”.

La disciplina che regola la materia in esame è pienamente rispettosa dell’autonomia degli enti locali se, come nel caso, è loro consentito di intervenire sul conferitario (con il comitato di monitoraggio previsto dall’art. 8 della convenzione, oltre che esercitare ogni altro potere di controllo ed indirizzo nell’ambito delle assemblee).

3.8. Respinte le predette censure, è confermata la sentenza di primo grado nella parte in cui ha statuito l’illegittimità della delibera del 19 dicembre 2019 per contrasto con il divieto di revoca del conferimento delle funzioni che si ricava dalle disposizioni normative e regolamentari in materia di affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale; restano assorbite le ulteriori censure contenute nell’unico motivo di appello (su alcuni profili, peraltro, si ritornerà a breve).

4. Va ora esaminato l’appello dei Comuni avverso la sentenza del Tar Veneto n. 1208 del 2020 che ha dichiarato inammissibile ed in parte respinto il ricorso avverso gli atti della procedura di gara adottati dal Comune di Belluno successivamente alla delibera dell’A.t.e.m. del 19 dicembre 2019.

Esso è articolato di due parti, la prima è diretta a contestare (per “violazione dell’art. 111, c. 6, Cost. e dell’art. 3 c.p.a.: omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della decisione appellata, segnatamente in relazione alla violazione degli artt. 114 e 118 Cost., dell’art. 16, c. 1, d.lgs. 164/2000, dell’art. 3 TUEL, del d.m. 226/2011 e del d.m. 19 gennaio 2011”) le ragioni di inammissibilità e irricevibilità del ricorso introduttivo del giudizio indicate in sentenza; con la seconda vengono riproposte le censure spiegate in primo grado, ma non esaminate.

4.1. Il primo motivo a sua volta si articola in quattro censure, le prime tre dedicate a contestare le statuizioni di accoglimento delle eccezioni pregiudiziali di rito e la quarta volta a censurare il capo della sentenza che ha giudicato comunque infondato il secondo motivo di ricorso sul preteso assunto dell’impossibilità da parte dei comuni di revocare la delega al Comune di Belluno.

In particolare gli appellanti:

- con la prima censura sostengono la sicura ammissibilità del ricorso collettivo per la perfetta identità di situazioni processuali e sostanziali derivante dalla qualificazione di “ente locale affidante” loro riconosciuta dagli articoli 14, comma 1, d.lgs. n. 164 del 2000, art. 2, comma 1, d.m. 19 gennaio 2011 e art. 2, comma 1, d.m. n. 226 del 2011, come tali legittimati a contestare gli atti della procedura di gara de qua indetta dal Comune di Belluno;

- con la seconda censura affermano di avere un proprio autonomo e qualificato interesse a contestare gli atti della procedura di gara affatto coincidente con quello di BIM s.p.a., legittimato ad impugnare gli atti per profili del tutto diversi: il loro interesse risiederebbe infatti nella tutela della proprie prerogative di componenti dell’A.te.m., prerogative violate per il fatto che il Comune di Belluno non avrebbe loro consentito di pronunciarsi sull’importo del V.i.r. ricalcolato ed inserito nel nuovo bando del 29 giugno 2017, né li avrebbe preventivamente informati sulla modifica delle condizioni di gara fissate nel nuovo bando;

- con la terza censura rivendicano la tempestività del ricorso di primo grado adducendo che essi non erano “terzi rispetto all’appalto (come un operatore economico), ma attori principali” e, in quanto tali, come qualsiasi stazione appaltante che intenda annullare, modificare o revocare la gara non sarebbero stati tenuti ad impugnare il proprio bando nei trenta giorni dalla pubblicazione;

- con la quarta censura hanno rilevato l’erroneità della sentenza che ha dichiarato comunque infondato il secondo motivo di ricorso, insistendo sulla possibilità della revoca della delega conferita al Comune di Belluno.

5. Le prime due censure sono fondate, la terza lo è solo parzialmente; l’accoglimento comporta solamente la correzione della motivazione della sentenza di primo grado.

5.1. Il ricorso collettivo, inteso come ricorso proposto da una pluralità di soggetti nei confronti del medesimo provvedimento amministrativo, è ammissibile solo se sussistano congiuntamente i requisiti dell’identità delle situazioni sostanziali e processuali e sempre che sia assente un conflitto di interessi tra le parti anche solo potenziale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 20 maggio 2021, n. 3902; VI, 18 marzo 2021, n. 2341; V, 19 gennaio 2021, n. 573; VI, 15 gennaio 2021, n. 478; III, 1 giugno 2020, n. 3449; II, 18 maggio 2020, n. 3155): infatti solo al ricorrere di siffatte condizioni, positive e negative, i ricorrenti possono essere congiuntamente considerati quale unica parte processuale, sebbene soggettivamente complessa (cfr. Cons. Stato, sez. II, 4 maggio 2020, n. 2839), nel rispetto del principio generale per il quale ogni domanda, fondata su un interesse meritevole di tutela, deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 6 giugno 2017, n. 2700 in cui tale comune affermazione è meglio calibrata e definita, giungendo alla conclusione che, ricorrendo i noti presupposti, l’instaurazione di un ricorso collettivo costituisce lo strumento “ordinario” di instaurazione del rapporto processuale).

Quanto alla prima condizione va ulteriormente precisato che ricorre l’identica situazione sostanziale se i ricorrenti sono titolari della medesima situazione soggettiva, la quale, ove si atteggi ad interesse legittimo, richiede l’appartenenza alla medesima tipologia nei confronti dell'atto di esercizio del medesimo potere amministrativo; da questo punto di vista si è aggiunto che l’identità di posizione giuridica sostanziale normalmente sussiste in caso di identità del momento genetico, coincidente con l'atto di esercizio del potere amministrativo, di modo che tutti gli interessi legittimi che sorgono per effetto dell'esercizio del potere possono richiedere tutela attraverso lo stesso (ed unico) strumento processuale a condizione che comune sia la lesione che essi lamentano (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 3 agosto 2011 n. 4644).

Sussiste l’identica situazione processuale se le domande giudiziali siano identiche nell’oggetto, gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e siano censurati per gli stessi motivi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 16 febbraio 2021, n. 1427; V, 27 gennaio 2020, n. 682).

Ciò posto deve ammettersi che i Comuni ricorrenti vantino la medesima situazione processuale e che essi siano altresì titolari della medesima situazione giuridica soggettiva; essi infatti agiscono in giudizio in qualità di componenti dell’A.te.m. “Belluno” per contestare gli atti della procedura di gara con la quale il Comune di Belluno, delegato allo svolgimento delle funzioni di stazione appaltante ai sensi dell’art. 4 della convenzione, ha individuato il concessionario affidatario del servizio di distribuzione del gas naturale nel loro territorio.

Tale condizione vale a radicare anche la legittimazione a ricorrere poiché comporta l’insorgenza di una situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela in giudizio; peraltro le posizioni soggettive dei ricorrenti sono del tutto omogenee e sovrapponibili e non sussiste conflitto di interessi, neppure meramente potenziale, tra loro. La circostanza opposta sul punto dalle appellate e valorizzata dal giudice di primo grado, secondo cui solo alcuni dei comuni ricorrenti sono metanizzati – e per questo legittimati ad intervenire nella procedura per la determinazione del V.i.r. – come pure il fatto che il Comune di Feltre, pur metanizzato, aveva un gestore uscente diverso da quello di tutti gli altri Comuni metanizzati, non sono rilevanti e decisivi perché potrebbe solo condurre a ritenere sussistente per gli uni e non per gli altri, la condizione dell’interesse a ricorrere, ma non a rendere inammissibile il ricorso perché cumulativo (non potendo negarsi sotto altro concorrente profilo l’interesse anche di quei comuni .al corretto svolgimento delle gara da parte del soggetto che anch’essi hanno delegato a tanto).

5.2. Non può poi ragionevolmente negarsi nel caso di specie la legittimazione a ricorrere dei comuni.

Per come tale condizione dell’azione s’atteggia nel giudizio amministrativo (a differenza di quanto avviene nel giudizio civile, cfr. per tutte Cons. Stato, sez. VI, 27 luglio 2021, n. 5567, secondo cui: “La legittimazione ad agire presuppone che il ricorrente dimostri l'effettiva esistenza di una situazione giuridica qualificata e differenziata, non bastando, come è nel processo civile, l'astratta affermazione della titolarità della posizione soggettiva”), è legittimato ad impugnare il provvedimento amministrativo il titolare di una situazione giuridica soggettiva che si assume lesa dal provvedimento stesso: in sede di giurisdizione generale di legittimità tale situazione è costituita dall’interesse legittimo.

Di regola, per considerare legittimato a ricorre colui che ha proposto la domanda di annullamento va accertato che lo stesso sia titolare di un interesse legittimo ovvero che la sua posizione giuridica si confronti e raffronti con l’esercizio del potere amministrativo nel senso che il provvedimento abbia prodotto effetti diretti nella sua sfera giuridica, consentendo o impedendo l’acquisizione o la conservazione del bene della vita (in adesione alla ricostruzione nel senso della c.d. dimensione sostanzialistica dell’interesse legittimo, come da ultimo spiegata dall’Adunanza plenaria 23 aprile 2021, n. 7).

Nel caso di specie ai fini della legittimazione dei comuni ricorrenti va tenuto conto che l’espletamento della procedura di gara da parte del Comune di Belluno si inserisce nel rapporto pubblicistico tra i Comuni componenti l’A.te.m. con cui essi avevano convenuto di assegnare al Comune capoluogo di Provincia (in coerenza con quanto previsto dalla norma primaria decisivo), la funzione di stazione appaltante con conseguente trasferimento di competenze amministrative.

Il rapporto intersoggettivo così instauratosi è un relazione di rilievo giuridico nell’ambito della quale va riconosciuto ai soggetti pubblici coinvolti la facoltà di tutelare in giudizio le proprie prerogative pubblicistiche sindacando la condotta altrui (il delegato), qualora risulti o possa risultare in qualche modo lesiva o comunque illegittima perché debordante dai limiti tracciati dalla legge o altrove (come nella specie dall’atto convenzionale; cfr. Cons. Stato, sez. III, 25 ottobre 2021, n. 7161 per fattispecie assimilabile in cui è esercitato dallo Stato il potere sostitutivo nei confronti degli enti territoriali).

Non è pertanto condivisibile l’assunto del giudice di primo grado, su cui riposano le tesi difensive delle appellate, secondo cui i Comuni sarebbero privi di legittimazione a ricorrere per aver impugnato gli atti della procedura a beneficio altrui (ossia per far valere un interesse ovvero una situazione giuridica soggettiva) non propria, ma della società BIM, gestore uscente del servizio alla quale partecipano come soci e al quale sarebbe stato riconosciuto un V.i.r. ridotto rispetto a quello determinato con la partecipazione dei Comuni. Al contrario essi agiscono a tutela di una prerogativa propria nell’ambito della relazione instaurata con la convenzione (a nulla rilevando la possibile coincidenza solo dal punto di vista fattuale e meramente economica dell’interesse al maggior importo del v.i.r. sia del gestore uscente, sia dei predetti comuni appellanti).

L’esistenza della legittimazione a ricorrere che ben spicca ed è agevolmente apprezzabile con riferimento al secondo motivo del ricorso introduttivo di giudizio (diretto a far valere la nullità degli atti della procedura evidenziale successivi alle delibere assembleari con le quali i comuni avevano inteso revocare la delega al Comune di Belluno) ed alla quarta censura del primo articolato motivo di gravame (anch’esso relativo alla validità della convenzione), non può peraltro ragionevolmente negarsi anche per quelle censure con cui si contestano le clausole del nuovo bando di gara in punto di determinazione dell’importo del V.i.r., per essere comunque in prospettazione contestato il superamento dei limiti interni della competenza trasferita al Comune di Belluno con l’atto convenzionale.

Si deve infatti tener conto del fatto che i comuni avevano lamentato non solo che fosse stato loro impedito di approvare la rideterminazione del V.i.r., come inserito nel bando ripubblicato, per il quale effettivamente la competenza poteva ritenersi spettante ai soli comuni metanizzati, ma più in generale, di non essere stati informati della modificazione e rimodulazione delle clausole del bando in violazione delle regole partecipative previste dalla convenzione.

5.3. Anche la declaratoria di totale irricevibilità del ricorso introduttivo del giudizio va riformata, giacché sono irricevibili il primo ed il terzo motivo, non invece il secondo ed il quarto.

Col primo e terzo motivo i comuni avevano contestato la violazione delle regole poste dalle fonti regolamentari (artt. 5 e 9 d.m. n. 226 del 2011 e art. 5.2. d.m. 22 maggio 2014) e convenzionali per la determinazione del V.i.r. poi trasfuso nel bando pubblicato il 29 giugno 2017, sia quanto al loro (mancato) coinvolgimento nella fase di approvazione, sia quanto al prezziario da utilizzare per la stima degli impianti in uso al precedente gestore del servizio.

Come però ben rilevato dal giudice di primo grado, anche a voler prescindere dal fatto che il prezziario utilizzabile era stato definito all’atto dell’elaborazione del primo bando, è certo in ogni caso che l’atto lesivo (adottato dal Comune di Belluno in violazione delle predette disposizioni) era il bando pubblicato il 29 giugno 2017, contenente la nuova ed inferiore determinazione del V.i.r.. Esso si poneva come arresto procedimentale (da intendersi nei termini esposti da Cons. Stato, sez. IV, 27 aprile 2021, n. 3387, come: “l'atto dal quale consegue una conclusiva definizione (id est, un "arresto") del procedimento, quanto meno per chi ne risulta destinatario, mediante quello che non è, a rigore, qualificabile come provvedimento amministrativo, ma che, assumendo comunque natura conclusiva, risulta, in questo senso, provvedimentale”) per aver quantificato in via definitiva il V.i.r. dovuto dall’aggiudicatario e come tale era immediatamente suscettibile di ledere le prerogative rivendicate in giudizio. Tale atto avrebbero pertanto dovuto essere tempestivamente impugnato per evitare il consolidarsi dei suoi effetti (infatti essendo il bando di gara atto presupposto dei successivi provvedimenti della procedura ed in particolare dell’aggiudicazione disposta a conclusione della stessa, la sua inoppugnabilità a causa della mancata tempestiva impugnazione rende inammissibile il ricorso proposto avverso gli altri atti, se non siano fatti valere vizi propri).

I Comuni avrebbero in definitiva dovuto impugnare il bando del 29 giugno 2017 nel termine, previsto dall’art. 120, comma 5, cod. proc. amm., di trenta giorni dalla pubblicazione nelle forme di legge; la giurisprudenza ha infatti precisato che l’ambito di applicazione del rito speciale per le controversie in materia di appalti pubblici (applicabile anche alle controversie aventi ad oggetto l’affidamento di concessioni di servizi pubblici, cfr. Adunanza plenaria, 27 luglio 2016, n. 22) è definito dal legislatore avuto riguardo agli atti oggetto di impugnazione e senza che abbia rilevanza la posizione soggettiva del ricorrente, con la conseguenza che il breve termine di impugnazione dovrà essere rispettato anche da chi impugni gli atti della procedura senza essere un operatore economico del settore che aspiri ad ottenere l’affidamento del servizio oggetto di concessione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 25 agosto 2021, n. 6038).

5.4. Quanto al secondo motivo del ricorso introduttivo del giudizio con esso i comuni avevano proposto una domanda di nullità degli atti della procedura di evidenza pubblica successivi alla deliberazione assembleare del 19 dicembre 2019 con la quale a loro avviso avevano revocato la delega al Comune di Belluno come stazione unica appaltante e con essa la competenza a provvedere nella scelta del concessionario del servizio.

Il regime della nullità è quello dell’art. 31, comma 4, cod. proc. amm. per il quale “La domanda volta all’accertamento delle nullità previste dalla legge si propone entro il termine di decadenza di centottanta giorni”.

Siccome il provvedimento di aggiudicazione ad Italgas Reti s.p.a. è stato adottato il 29 maggio 2020 il ricorso di primo grado, notificato il 1° luglio 2020, è tempestivamente proposto.

Ad identiche conclusioni può giungersi in relazione all’ultimo motivo di ricorso diretto anch’esso ad ottenere la caducazione dei medesimi atti per inefficacia della convenzione e dunque per carenza di attribuzione assoluta in capo al Comune di Belluno.

5.5. E’ possibile, allora, procedere all’esame dell’ultima censura della prima parte dell’appello, diretta a contestare la reiezione del secondo motivo di ricorso. Va, infatti, rammentato che il giudice di primo grado, pur avendo ritenuto il ricorso introduttivo del giudizio integralmente inammissibile e, comunque, irricevibile perché tardivamente proposto, si è poi soffermato sul merito delle argomentazioni svolte dai Comuni e le ha ritenute non condivisibili.

Gli appellanti ripropongono le censure già esposte nel motivo di appello rivolto a contestare la sentenza del Tar Veneto n. 493 del 2021 e che sono state respinte con le argomentazioni riportate al par. 3 e ss.; alla conferma dell’annullamento della delibera assembleare del 19 novembre 2019, che aveva revocato il conferimento della funzione di stazione appaltante, segue per logica conseguenza che il Comune di Belluno ha condotto a termine la procedura di gara con l’adozione del provvedimento di aggiudicazione a Italgas Reti s.p.a. in piena titolarità delle funzioni conferite dalla convenzione.

In conclusione, la delibera assembleare del 19 dicembre 2019 è improduttiva di effetti sugli atti della procedura di gara indetta dal Comune di Belluno e conclusasi con il provvedimento di aggiudicazione a Italreti gas s.p.a..

Il motivo è, pertanto, infondato.

5.6. Anche nel quarto motivo, sia pur proposto per far valere un vizio di legittimità degli atti impugnati (ossia gli atti della procedura), si sostiene, in definitiva, la carenza di potere in capo al Comune di Belluno per mancata approvazione della convenzione tra i Comuni dell’A.te.m. non da parte del consiglio comunale bellunese.

Il motivo, inammissibile perché contrastante con le argomentazioni difensive spiegate dalla stessa parte – è evidente che se la convenzione non fosse efficace neppure vi sarebbe potere di delega e correlativamente di revoca delle funzioni – è comunque infondato perché la convenzione è immediatamente efficace a seguito della sua stipulazione (come del resto si trae chiaramente dallo stesso tenore dell’art. 2 d.m. n. 226 del 2011) e non è in alcun modo subordinata all’approvazione dei consigli comunali dei singoli comuni appartenenti all’A.te.m..

5.7. L’accoglimento delle censure proposte in appello dai Comuni non comporta riforma della sentenza, ma solo correzione della sua motivazione.

6. In conclusione, gli appelli proposti dai Comuni vanno respinti; la sentenza del Tar Veneto n. 493 del 2021 va integralmente confermata; la sentenza del Tar Veneto n. 1208 del 2020 va confermata con correzione della motivazione nei sensi in precedenza indicati.

7. Per la peculiarità della vicenda è possibile compensare le spese del giudizio tra tutte le parti in causa.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, respinge l’appello proposto avverso la sentenza del Tar Veneto n. 493 del 2021 (Rg. n. 7095/2021) e accoglie l’appello proposto avverso la sentenza del Tar Veneto n. 1208 del 2020 (Rg. n. 638/2021) nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto in riforma della sentenza impugnata, dichiara il ricorso di primo grado in parte irricevibile ed in parte infondato nei sensi di cui in motivazione.

Compensa tra tutte le parti in causa le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 febbraio 2022 con l'intervento dei magistrati:

Diego Sabatino, Presidente

Federico Di Matteo, Consigliere, Estensore

Alberto Urso, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Federico Di Matteo Diego Sabatino
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici