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Consiglio di Stato, Sez. VII, 15/9/2022 n. 8010
Sulla rimessione alla Corte di giustizia dell'UE della disciplina di cui all’art. 49 del cod.nav..

Vertendosi in tema di interpretazione del diritto comunitario, si ritiene, per la rilevanza degli interessi coinvolti e per la complessità dei valori in gioco, di dover sottoporre al Giudice Comunitario il seguente quesito:

- Se gli artt. 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza (C- 375/14) ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’art. 49 cod. nav. nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo

Materia: concessioni / disciplina
Pubblicato il 15/09/2022

N. 08010/2022 REG.PROV.COLL.

N. 08915/2021 REG.RIC.           

REPUBBLICA ITALIANA

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 8915 del 2021, proposto da


Società Italiana Imprese Balneari S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Ettore Nesi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Maresciallo Pilsudski, n. 118;


contro

Comune Rosignano Marittimo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Renzo Grassi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Ciaglia in Roma, via Dora, 2;
Ministero dell'economia e delle finanze, Agenzia del demanio, Direzione regionale Toscana e Umbria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Regione Toscana

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana (Sezione Terza) n. 380/2021


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune Rosignano Marittimo e del Ministero dell'economia e delle finanze e dell’Agenzia del demanio - Direzione regionale Toscana e Umbria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 giugno 2022 il Cons. Ofelia Fratamico e uditi per le parti gli avvocati Ettore Nesi per la società appellante e Piero Volpe, su delega dell'avvocato Renzo Grassi;


L’oggetto del procedimento principale ed i fatti pertinenti

La Società Italiana Imprese Balneari s.r.l. (SIIB s.r.l.), titolare fin dal 1928 dello stabilimento balneare “Bagni Ausonia” nel Comune di Rosignano Marittimo, località Castiglioncello, ubicato in gran parte su area appartenente al demanio marittimo, ha dedotto di aver legittimamente realizzato nel corso degli anni, in costanza dei titoli concessori ottenuti, susseguitisi nel tempo, a suo dire, senza soluzione di continuità, una serie di manufatti, parte dei quali risultanti da un primo testimoniale di stato di incameramento del 1958, ed altri edificati solo successivamente dal 1964 al 1995.

Con determinazione n. 31787 del 20.11.2007 il Comune di Rosignano aveva provveduto a riqualificare altre opere incidenti sulla superficie demaniale, ritenute di difficile rimozione, come pertinenze demaniali, reputando che esse fossero state acquisite ex lege allo spirare della concessione n. 36 avente validità dal 1.01.1999 al 31.12.2002, rinnovata con la concessione n. 27/2003.

Successivamente, con nota n. 27774 del 23.09.2008, il medesimo Comune aveva comunicato alla SIIB s.r.l. l’avvio del procedimento per l’incameramento delle pertinenze demaniali non ancora acquisite, senza concludere, però, il relativo iter e rilasciando nelle more alla medesima società la concessione demaniale marittima n. 181/2009.

In base a quanto disposto dall’art. 1 del DPGR 24 settembre 2013 n. 52/R di modifica del DPRG n. 18/2001/R (che aveva inserito nel DPGR 18/R/2001 l’art. 44 bis per cui “Sono classificate di facile rimozione e sgombero le costruzioni e le strutture utilizzate ai fini dell’esercizio di attività turistico- ricreative, realizzate sia sopra che sotto il suolo in aree demaniali marittime oggetto di concessione che, in relazione ai materiali utilizzati ed alle tecnologie costruttive, in coerenza con le disposizioni del piano d’indirizzo territoriale (PIT), possono essere completamente rimosse utilizzando le normali modalità offerte dalla tecnica, con conseguente restituzione in pristino dei luoghi nello stato originario, in non più di novanta giorni”), la SSIB s.r.l. aveva, quindi, presentato una dichiarazione in base alla quale tutte le opere incidenti sull’area demaniale, potendo essere rimosse in novanta giorni, erano da considerarsi, appunto, di facile rimozione, seguita dalla determinazione del Comune n. 5038 del 3.02.2014 di riconoscimento di tale qualità.

Il suddetto riconoscimento era stato, però, successivamente dichiarato “nullo” dalla medesima Amministrazione comunale con nota del 26 novembre 2014, sul presupposto che sull’area demaniale data in concessione incidessero beni già acquisiti dallo Stato ex art. 49 cod. nav.

Tale provvedimento è stato impugnato dalla SIIB s.r.l. con ricorso straordinario al Capo dello Stato, poi trasposto dinanzi al TAR Toscana.

Nel corso del procedimento di proroga della concessione demaniale n. 181/2009 richiesta fino al 31.12.2020, con il provvedimento n. 17432 del 16 aprile 2015 il Comune, riaffermando la qualificazione di pertinenze demaniali dei fabbricati edificati sull’area in concessione, ha rideterminato altresì i canoni dovuti dalla SIIB s.r.l. nel periodo 2009-2015, provvedendo con altri atti a liquidare anche le somme dovute per gli anni successivi.

Tali provvedimenti sono stati anch’essi impugnati dalla SIIB s.r.l.

Il TAR Toscana ha riunito tutti i ricorsi, alcuni dei quali corredati di motivi aggiunti, e li ha respinti integralmente con la sentenza n. 380 del 10 marzo 2021.

Contro tale decisione la SIIB s.r.l. ha proposto appello dinanzi al Consiglio di Stato, lamentando i seguenti motivi: 1) violazione e falsa applicazione dell’art. 21 octies della l.n. 241/1990 e contraddittorietà della motivazione, in relazione all’annullamento della nota di riconoscimento della facile rimovibilità delle opere realizzate sull’area in concessione del 3.02.2014, non preceduta da alcun avviso di avvio del procedimento, che le avrebbe permesso di rappresentare all’Amministrazione le sue ragioni anteriormente all’adozione del provvedimento lesivo, in modo da evitarne l’emissione; 2) violazione degli artt. 2, 3,11, 24, 42, 100, 103, 11 e 107 della Costituzione, dell’art. 21 septies della l.n. 241/1990, degli artt. 29, 36 e 49 del codice della navigazione e degli artt. 934 e 936 c.c., omessa pronuncia, poiché i giudici di prime cure non avrebbero adeguatamente considerato la parziale nullità della concessione demaniale n. 181/2009, nella parte in cui avrebbe attribuito allo Stato la proprietà di manufatti non ancora acquisiti al demanio ex art. 49 cod. nav.; 3) violazione e falsa applicazione dell’art. 49 cod.nav, insufficienza della pronuncia su di un punto decisivo della controversia, in quanto successivamente al testimoniale di stato del 1958, che dava atto dell’incameramento da parte dello Stato di alcuni fabbricati e strutture, nessun altro manufatto era stato acquisito al demanio, rimanendo, dunque, nella proprietà della SIIB s.r.l.; 4) ulteriore violazione degli artt. 29 e 49 cod. nav, insufficienza della motivazione circa un punto decisivo della controversia, non essendosi, in realtà, mai concluso il procedimento di incameramento iniziato nel 2008 ed avendo il TAR confuso i concetti di pertinenza edilizia e pertinenza demaniale; 5) violazione degli artt. 63, 64, 66 e 67 c.p.a., omessa pronuncia, poiché i giudici di prime cure non si sarebbero pronunciati sulla richiesta di CTU avanzata dall’appellante in primo grado proprio per individuare “la consistenza dei beni realizzati successivamente all’anno 1958 dal concessionario in seno allo stabilimento Bagni Ausonia”; 6) violazione degli artt. 2, 3, 41 e 97 della Costituzione, degli artt. 49 e 56 TFUE, degli artt. 42 e 117 della Costituzione in relazione al I Protocollo addizionale alla CEDU e degli artt. 934 e 936 c.c. per la contrarietà dell’incameramento dei beni da parte dello Stato in corso del rapporto di concessione demaniale e senza indennizzo al diritto dell’Unione; 7) violazione e falsa applicazione dell’art. 3 comma 1 del D.L. n. 400 del 5.10.1993, conv. in l.n. 494/1993, come sostituito dall’art. 1 comma 251 della l.n. 296/2006, degli artt. 49 e 56 TFUE e dei principi desumibili dal diritto dell’Unione in tema di legittimo affidamento e di certezza del diritto per il rilevantissimo aumento della misura del canone determinato dalla legge del 2006 che avrebbe inaspettatamente e gravemente alterato il sinallagma contrattuale della concessione; 8) ulteriore violazione degli artt. 49 e 56 TFUE e dei principi desumibili dal diritto dell’Unione in tema di legittimo affidamento e di certezza del diritto che non avrebbero consentito a provvedimenti normativi sopravvenuti di influire in maniera così incisiva sui rapporti concessori in corso, qualificabili come “rapporti pluriennali a durata infinita o indeterminata”; 9) erroneità della sentenza circa l’obbligo di rideterminate i canoni demaniali per gli anni 2007/2020, poiché dalla fondatezza dei ricorsi proposti in primo grado sarebbe derivato anche l’obbligo per l’Amministrazione di rideterminare al ribasso i canoni richiesti per il periodo 2007-2020.

Si sono costituiti nel giudizio di appello il Ministero dell’economia e delle finanze, l’Agenzia del demanio ed il Comune di Rosignano Marittimo, chiedendo il rigetto del gravame, in quanto infondato.

All’udienza pubblica del 28 giugno 2022 la causa è stata, infine, trattenuta in decisione.

Il quadro normativo e la sentenza impugnata

La questione dirimente da affrontare nel caso di specie concerne l'applicazione ai manufatti presenti nell'area in concessione dell'art. 49 del Codice della navigazione, al fine di accertate l'avvenuta acquisizione degli stessi da parte del demanio, alla scadenza della concessione, ancorché rinnovata, con conseguente applicazione del canone maggiorato, di cui all'art. 1, comma 251, della legge 27.12.2006, n. 296 alle opere edilizie interessate, in quanto da considerare quali pertinenze demaniali.

Secondo l'art. 49 del Codice della navigazione "Salvo che sia diversamente stabilito nell’atto di concessione, quando venga a cessare la concessione, le opere non amovibili, costruite sulla zona demaniale, restano acquisite allo Stato, senza alcun compenso o rimborso, salva la facoltà dell'autorità concedente di ordinarne la demolizione, con restituzione del bene demaniale al pristino stato": tale disposizione - che richiama l'istituto dell'accessione, di cui all'art. 934 c. c.- è stata interpretata dalla giurisprudenza amministrativa maggioritaria nel senso che l'acquisto si verifica ipso iure, al termine del periodo di concessione e va applicata anche in caso di rinnovo della concessione stessa, implicando il rinnovo - a differenza della proroga - una nuova concessione in senso proprio, dopo l'estinzione della concessione precedente alla relativa scadenza, con automatica produzione degli effetti di cui al predetto art. 49 (cfr. Cons. Stato n. 626/2013 e n. 6852/2018).

Solo nel caso in cui il titolo concessorio sia stato oggetto di rinnovo automatico prima della data di naturale scadenza della concessione ("tanto da configurare il rinnovo stesso, al di là del nomen iuris, una piena proroga dell'originario rapporto senza soluzione di continuità" cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 10.06.2013 n. 3196; Sez. VI, 17.02.2017 n. 729; Sez. IV, 13.02.2020 n. 1146) il richiamato principio dell'accessione gratuita di cui all'art. 49 Cod. nav. non troverebbe applicazione, “sicché le opere realizzate dai concessionari sulla superficie demaniale …(resterebbero in tal caso) ai sensi dell’art. 952 c.c., di esclusiva proprietà privata c.d. superficiaria fino al momento dell’effettiva scadenza o revoca anticipata della concessione (e) per essi non (sarebbe) …dovuto un canone ulteriore, essendo tenuto il concessionario a corrispondere un canone commisurato alla occupazione del suolo demaniale con impianti di facile/difficile rimozione, così come previsto dall'art. 1, comma 251, punto 1, lett. b), l.n. 296/2006” (Cons. St., Sez. VI, 13.01.2022 n. 229).

Nella sentenza appellata i giudici di prime cure hanno rigettato i ricorsi e i motivi aggiunti proposti dalla SIIB s.r.l. evidenziando che “… sia il testimoniale del 1958, sia la concessione del 2009, hanno prodotto effetti che si sono consolidati nel tempo, in quanto la ricorrente mai li aveva contestati in parte qua prima della proposizione dei ricorsi in esame”. A tali considerazioni il TAR ha aggiunto la riflessione per la quale non avrebbe potuto neppure “invocarsi la nullità della concessione demaniale (sottoscritta dall’interessata e non impugnata nei termini in parte qua), in quanto non vi è una carenza assoluta di potere dell’amministrazione in ordine alla devoluzione al patrimonio pubblico delle opere di difficile rimozione, costituenti pertinenze demaniali”, richiamando proprio la citata giurisprudenza di questo Consiglio di Stato sul verificarsi della devoluzione al momento dello scadere della concessione, ancorché rinnovata (Cons. Stato, VI, 3.12.2018, n. 6850), e aggiungendo anche che “la qualificazione di opere di difficile rimozione e pertinenze demaniali marittime sancita alla pagina 2 della concessione demaniale e la statuizione (espressa nell’art. 3, pagina 6) secondo cui esse restano acquisite allo Stato ai sensi dell’art. 49 del codice della navigazione non (era) … frutto di decisione unilaterale dell’amministrazione, ma di ricognizione concordata e recepita nel titolo concessorio sottoscritto da entrambe le parti…”.

Tale argomentazione è stata ulteriormente sviluppata nella decisione appellata, nella quale è stato escluso il verificarsi, per effetto dell’applicazione dell’art. 49 del codice della navigazione, di una “surrettizia espropriazione senza indennizzo” proprio in quanto attraverso l’inciso “<<salvo che sia diversamente stabilito nell’atto>>…, la regola dell’acquisizione gratuita è condizionata dal consenso delle parti, le quali potrebbero prevedere un diverso regime giuridico delle pertinenze demaniali marittime nella formulazione dell’atto di concessione (ad esempio prevedere un corrispettivo economico a carico dell’ente pubblico)…” e in base alla constatazione per la quale “se il privato, prima dell’affidamento del bene, non ha espresso un contrario avviso all’effetto della devoluzione al patrimonio statale, significa che ha accettato la mancanza della diversa pattuizione ammessa dall’art. 49 del codice della navigazione”.

Le argomentazioni delle parti

L’appellante ha censurato la sentenza impugnata, sostenendo la contrarietà dell’effetto di incameramento delle opere difficilmente amovibili realizzate su area demaniale in corso di concessione (nell’ipotesi di rinnovo del titolo) e senza indennizzo al diritto eurounitario ed, in particolare, al principio di proporzionalità delle restrizioni delle libertà fondamentali sancito dagli artt. 49 e 56 TFUE rispetto alla realizzazione degli obiettivi di interesse generale perseguiti, enucleato dalla Corte di Giustizia nella sentenza Laezza, seppure in materia di concessione di servizi (Conte di Giustizia Sez. III, 28.01.2016 in C – 375/14).

Evidenziando che l’istituto dell’accessione ex art. 49 cod. nav. rispondeva all’esigenza di assicurare che le opere non amovibili destinate a restare sul territorio o ad essere rimosse con inevitabile distruzione finissero nella piena disponibilità dell’ente proprietario dell’area ai fini di una sua corretta gestione per prevalenti finalità di interesse pubblico, l’appellante ha sostenuto che tale esigenza non poteva essere ritenuta attuale quando il titolo concessorio, anziché andare a scadenza, fosse stato rinnovato senza soluzione di continuità come nel suo caso, nel quale l’operatività dell’accessione ex art. 49 cod. nav. si sarebbe, dunque, rivelata “abnorme, ingiusta ed ingiustificata”, producendo l’effetto di rendere meno allettante lo stabilimento di operatori economici degli altri Stati membri che fossero stati interessati al medesimo bene ed imponendo al concessionario un sacrificio sproporzionato dei suoi diritti, consistente nella cessione non onerosa di suoi beni in favore dello Stato in un momento nel quale, come detto, ancora non risultavano evidenti le necessità pubblicistiche tutelate dal medesimo art. 49 cod. nav.

Non decisiva, al fine di determinare il regime dominicale di beni insistenti sul demanio sarebbe, poi, stata la qualificazione di tali beni recata dalla concessione demaniale marittima n. 181/2009, perché tale titolo non avrebbe potuto disporre utilmente di un bene privato così da determinarne il trasferimento autoritativo all’Amministrazione.

Né, ad escludere la contrarietà al diritto comunitario, si sarebbe potuta considerare l’originaria acquiescenza prestata dal concessionario al futuro incameramento ex art. 49 cod. nav. come erroneamente inteso dal TAR, che aveva valorizzato l’inciso della norma che faceva “salvo il patto contrario”, poiché quando la SIIB s.r.l. era divenuta affidataria della concessione essa poteva fare affidamento sul cd. diritto di insistenza di cui all’art. 37 cod. nav., solo successivamente eliminato.

Il Comune di Rosignano Marittimo, da parte sua, ha sostenuto di aver rilasciato la concessione n. 181/2009 in sede di rinnovo della concessione n. 27/2003 scaduta il 31.12.2008 non per effetto di un automatismo legislativo, ma a seguito di specifica istruttoria e al termine di apposito procedimento che aveva comportato la spendita di potere discrezionale. La decorrenza del nuovo titolo, che doveva considerarsi una concessione del tutto diversa da quella precedente, era stata stabilita alla data del 1°.01.2009, ma la sua sottoscrizione era avvenuta solo il 12.05.2009.

Sarebbero state, dunque, errate secondo l’Amministrazione le tesi dell’appellante circa la pretesa assenza di soluzione di continuità nel rapporto concessorio e in relazione alla asserita contrarietà al diritto eurounitario dell’incameramento delle opere difficilmente amovibili alla scadenza del titolo, pur rinnovato, perché la mancata apposizione sulla concessione di una previsione contraria stava a significare che il privato aveva valutato la perdita della proprietà delle opere realizzate “compatibile con il generale equilibrio economico della concessione che risultava, comunque fortemente remunerativa essendo ubicata, fra l’altro, in una località fra le più rinomate d’Italia…”

Le questioni pregiudiziali

Così esposte le principali problematiche poste dalla presente controversia e le posizioni assunte dalle parti, vertendosi in tema di interpretazione del diritto comunitario, si ritiene, per la rilevanza degli interessi coinvolti e per la complessità dei valori in gioco, di dover sottoporre al Giudice Comunitario il seguente quesito:

- Se gli artt. 49 e 56 TFUE ed i principi desumibili dalla sentenza Laezza (C- 375/14) ove ritenuti applicabili, ostino all’interpretazione di una disposizione nazionale quale l’art. 49 cod. nav. nel senso di determinare la cessione a titolo non oneroso e senza indennizzo da parte del concessionario alla scadenza della concessione quando questa venga rinnovata, senza soluzione di continuità, pure in forza di un nuovo provvedimento, delle opere edilizie realizzate sull’area demaniale facenti parte del complesso di beni organizzati per l’esercizio dell’impresa balneare, potendo configurare tale effetto di immediato incameramento una restrizione eccedente quanto necessario al conseguimento dell’obiettivo effettivamente perseguito dal legislatore nazionale e dunque sproporzionato allo scopo

Ai sensi della Nota informativa riguardante la proposizione di domande di pronuncia pregiudiziale da parte dei giudici nazionali» 2011/C 160/01 in G.U.C.E. 28 maggio 2011 e delle nuove Raccomandazioni all’attenzione dei giudici nazionali relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale 2019/C 380/01 in G.U.C.E. 8.11.2019 vanno trasmessi alla Cancelleria della Corte mediante plico raccomandato gli atti del giudizio in copia, comprensivi della presente ordinanza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

1) rimette, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea le questioni pregiudiziali indicate in motivazione;

2) dispone che, a cura della Segreteria, siano trasmessi gli atti alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ai sensi dell’art. 267 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea;

3) sospende il processo fino alla definizione del giudizio sulle questioni pregiudiziali e con riserva, all’esito, di ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e in ordine alle spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 giugno 2022 con l'intervento dei magistrati:

Roberto Giovagnoli, Presidente

Daniela Di Carlo, Consigliere

Sergio Zeuli, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere, Estensore

 
 
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Ofelia Fratamico Roberto Giovagnoli
 
 
 

IL SEGRETARIO


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