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Consiglio di Stato, Sez. V, 8/11/2022 n. 9797
Sull'adempimento previsto dal combinato disposto dei commi 2 e 3 dell'art. 45 c.p.a., del deposito degli atti attestanti l'intervenuta notifica e sull'applicabilità dell'errore scusabile causato dall'emergenza da Covid-19.

L'adempimento previsto dal combinato disposto dei commi 2 e 3 dell'art. 45 c.p.a., del deposito degli atti attestanti l'intervenuta notifica, deve essere compiuto non oltre il passaggio in decisione della causa, a pena di inammissibilità del ricorso, ove le parti intimate non si siano costituite.

Qualora il giudice, che deve porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d'ufficio emersa dopo il passaggio in decisione, si sia riservato assegnando alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie ex art. dell'art. 73, comma 3, c.p.a., le parti possono produrre solo memorie e non anche documenti. Una diversa interpretazione condurrebbe, infatti, a una non consentita elusione del termine processuale, in antitesi al principio di parità delle parti nell'utilizzo dei mezzi processuali.

Il richiamo generico gli impedimenti recati dall'emergenza sanitaria del Covid 19, non consente l'applicazione dell'istituto dell'errore scusabile, previsto dall'art. 37 c.p.a., per rimettere in termini la parte che ha omesso il tempestivo deposito degli atti attestanti la notifica del ricorso. L'istituto dell'errore scusabile riveste carattere eccezionale, risolvendosi in una deroga al principio fondamentale di perentorietà dei termini processuali, ed è soggetto a regole di stretta interpretazione, ammissibile esclusivamente in caso di oscurità del quadro normativo, oscillazioni della giurisprudenza, comportamenti ambigui dell'amministrazione, ordine del giudice di compiere un determinato adempimento processuale in violazione dei termini effettivamente previsti dalla legge, caso fortuito e forza maggiore.
L'interruzione o la sospensione di un termine di decadenza è ammessa solo per espressa previsione di legge, con norma primaria ad hoc, come nel caso di leggi che eccezionalmente sospendono in via generalizzata i termini processuali in occasione di eventi calamitosi, tra cui quelle inerenti all'emergenza Covid-19 che hanno sospeso i termini processuali per un limitato periodo di tempo nel corso dell'anno 2020.

Materia: giustizia amministrativa / processo

Pubblicato il 08/11/2022

 

N. 09797/2022REG.PROV.COLL.

N. 02858/2021 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

 

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2858 del 2021, proposto dal comune di Salerno, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Marco Granese, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

 

contro

la società S.I.E. s.r.l., non costituita in giudizio;

 

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, sezione staccata di Salerno (sezione prima), n. 1006 del 6 agosto 2020, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 13 ottobre 2022 il consigliere Alessandro Verrico;

Nessuno presente per le parti;

Vista l’istanza di passaggio in decisione depositata dall’avvocato Marco Granese;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO

1. Il comune di Salerno, con atto di citazione notificato il 13 febbraio 2004 (r.g. n. 174/2004), agiva dinanzi al Tribunale civile di Salerno nei confronti della società S.I.E. s.r.l., al fine di ottenere la condanna della stessa, in solido con gli altri proprietari del lotto di appartenenza, al pagamento della somma di euro 16.966,23, a titolo di oneri di urbanizzazione in relazione al piano di lottizzazione della località Masso della Signora.

1.1. Il Tribunale, con la sentenza n. 2315/09 depositata il 4 novembre 2009, dichiarava il proprio difetto di giurisdizione in favore del giudice amministrativo e compensava interamente tra le parti le spese di lite.

1.2. Il comune di Salerno provvedeva alla riassunzione del giudizio davanti al T.a.r. Campania – sezione staccata di Salerno (r.g. n. 781/2010).

1.3. Il Tribunale amministrativo, all’esito della camera di consiglio del 29 giugno 2020, con ordinanza collegiale ex art. 73, comma 3, c. p. a., n. 812/2020 del 3 luglio 2020, assegnava alle parti il termine di dieci giorni per presentare memorie vertenti sulla questione, rilevata d’ufficio, inerente alla ammissibilità del ricorso, in considerazione del mancato deposito, da parte del comune ricorrente, dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale, con cui lo stesso avrebbe notificato, alla convenuta S. I. E. s. r. l., il ricorso in riassunzione.

1.4. Il comune in data 7 luglio 2020 depositava memoria ex art. 73 c. p. c., con la quale produceva la cartolina di ritorno AG n. 76389234233-00 attestante il perfezionamento della notifica in data 19 aprile 2010, chiedendone l’acquisizione agli atti, e chiedeva ad ogni modo una rimessione in termini, deducendo che l’omessa produzione dell’avviso di ricevimento fosse conseguenza di un fatto incolpevole, individuabile nell’emergenza epidemiologica.

1.5. L’impugnata sentenza - T.a.r. per la Campania, Salerno, sezione I, n. 1006 del 6 agosto 2020 - dichiarava inammissibile il ricorso; in particolare, il T.a.r., rilevato che il comune non aveva depositato l’avviso di ricevimento della raccomandata postale, con cui veniva notificato il ricorso in riassunzione alla società S.I.E., escludeva che potesse valere a tal fine il deposito effettuato dal comune nel termine assegnato ex art. 73, comma 3, c.p.a., potendosi presentare in tale termine esclusivamente memorie e non documentazione, e riteneva non sussistenti i presupposti per la rimessione in termini.

2. Il comune ricorrente ha proposto appello, per ottenere la riforma della sentenza impugnata e il conseguente accoglimento integrale del ricorso originario. In particolare, l’appellante ha articolato due motivi di appello (da pag. 6 a pag. 12 del ricorso) con cui è stata dedotta:

a) la idoneità del termine ex art. 73, c. 3, c.p.a. a consentire la produzione di documenti al fine di garantire il diritto di difesa e il principio del contraddittorio;

b) la sussistenza nel caso di specie dei presupposti per la rimessione in termini, in considerazione degli impedimenti derivanti dall’emergenza sanitaria rappresentata dalla pandemia da COVID-19.

L’appellante ha quindi riproposto i motivi del ricorso originario non esaminati dal primo giudice.

2.1. Non si è costituita in giudizio l’intimata società.

3. La sezione, con l’ordinanza collegiale n. 8394 del 16 dicembre 2021, rilevato che la notifica dell’appello non era andata a buon fine, ha assegnato termine all’appellante per il rinnovo della notifica.

3.1. Il comune di Salerno ha quindi provveduto all’adempimento.

4. All’udienza del 13 ottobre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

5. L’appello è infondato e deve pertanto essere respinto.

6. Le censure, meritevoli di esame congiunto, sono infondate, dovendo trovare condivisione la dichiarazione di inammissibilità del ricorso originario.

7. Il Collegio osserva in primo luogo che la giurisprudenza si è più volte pronunciata sulla doverosità dell’adempimento previsto dal combinato disposto dei commi 2 e 3 dell’art. 45 c.p.a. e sulla necessità che esso sia compiuto non oltre il passaggio in decisione della causa, a pena di inammissibilità del ricorso, ove le parti intimate non si siano costituite (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 2 maggio 2016, n. 1678; 29 novembre 2006, n. 6991; n. 341 del 1998). In generale si è infatti affermato che, in mancanza del deposito degli avvisi di ricevimento e della costituzione in giudizio degli appellati, non vi è la prova della stessa costituzione del rapporto processuale, di cui il giudice deve accertare d’ufficio l’integrità (in tal senso è la giurisprudenza costante; si veda, in particolare, Cons. Stato, sez. VI, 25 maggio 2006, n. 3121 e sez. V, 12 ottobre 2004, n. 6531).

Del resto, tale adempimento, in tutto simile a quello previsto dall’art. 94 c.p.a. (per il giudizio di appello), è espressione di un principio di ordine pubblico processuale indisponibile dalla parte privata (arg. da ultimo da Cons. giust. amm., 22 settembre 2022, n. 956; Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2022, n. 4520; sez. IV, 3 giugno 2021, n. 4246, fattispecie relative alla violazione dell’obbligo di deposito della sentenza impugnata pur dopo l’avvento del processo digitale).

7.1. Ciò posto, si rileva che, ai sensi dell’art. 73, comma 3, c.p.a., il giudice amministrativo, che ritenga di porre a fondamento della sua decisione una questione rilevata d’ufficio, è obbligato a indicarla in udienza dandone atto a verbale; se invece la questione emerge dopo il passaggio in decisione (come nel caso di specie), il giudice deve riservare quest’ultima e con ordinanza assegnare alle parti un termine non superiore a trenta giorni per il deposito di memorie.

Risulta pertanto condivisibile l’impostazione del T.a.r. che, nell’ammette all’esito della segnalazione di una questione rilevabile d’ufficio la produzione solo di “memorie” e non anche di documenti, coglie la ratio della previsione stessa, ossia quella di consentire alle parti di controdedurre in merito alla questione rilevata d’ufficio, considerato che la causa è già passata in decisione ed è pronta per essere decisa. Una diversa interpretazione condurrebbe ad una non consentita elusione del termine processuale, in antitesi al principio di parità delle parti nell’utilizzo dei mezzi processuali.

8. Parimenti infondate sono le deduzioni di parte appellante in ordine alla sussistenza di presupposti per la rimessione in termini in ragione degli impedimenti recati dall’emergenza sanitaria.

8.1 Al riguardo, occorre evidenziare in fatto che:

i) la richiesta di concessione del beneficio è genericamente agganciata dall’appellante al periodo temporale interessato dalla pandemia da COVID-19, senza che lo stesso si sia curato di illustrare fatti specifici di carattere impeditivo non imputabili al difensore;

ii) ad ogni modo, la causa in primo grado è molto risalente, perché introdotta dal comune nel 2010, con la conseguenza che, nonostante il deposito da parte del ricorrente di un’istanza di fissazione udienza il 10 aprile 2017, non pare giustificabile un ritardo così rilevante a fronte di un impedimento asseritamente verificatosi solo nell’ultimo periodo, ossia a ridosso dell’udienza di discussione del 29 giugno 2020.

8.2. Il Collegio, pertanto, esclude possa disporsi una eventuale rimessione in termini ai sensi dell’art. 37, co. 1, c.p.a. secondo cui: “Il giudice può disporre, anche d’ufficio, la rimessione in termini per errore scusabile in presenza di oggettive ragioni di incertezza su questioni di diritto o di gravi impedimenti di fatto”.

Non sussistono infatti le condizioni per la concessione del beneficio della rimessione in termini per errore scusabile previsto dall’art. 37 c.p.a., perché tale istituto riveste carattere eccezionale (cfr. Cons. Stato, Ad. plen., nn. 22 del 2016, 33 del 2014, 32 del 2012, 10 del 2011, 3 del 2010), risolvendosi in una deroga al principio fondamentale di perentorietà dei termini processuali, ed è soggetto a regole di stretta interpretazione. Infatti, i termini in generale, e quelli dei riti speciali abbreviati in particolare, sono stabiliti dal legislatore per ragioni di interesse generale e hanno applicazione oggettiva. In definitiva, i presupposti per la concessione dell’errore scusabile sono individuabili esclusivamente nella oscurità del quadro normativo, nelle oscillazioni della giurisprudenza, in comportamenti ambigui dell’amministrazione, nell’ordine del giudice di compiere un determinato adempimento processuale in violazione dei termini effettivamente previsti dalla legge, nel caso fortuito e nella forza maggiore.

8.3. Proprio in ragione di tale eccezionalità si è evidenziata l’irrilevanza dell’impedimento dato da generici motivi di salute (cfr. Cons. Stato, sez. IV nn. 2108 del 2021, 4149 del 2020, quest’ultima in relazione ad una fattispecie relativa al COVID-19), con la precisazione che la deroga alla regola generale (che non consente l’interruzione o la sospensione di un termine di decadenza) è ammessa solo su espressa previsione di legge, con norma primaria ad hoc, come accade con le leggi che eccezionalmente sospendono in via generalizzata i termini processuali in occasione di eventi calamitosi (da ultimo, in occasione dell’emergenza pandemica da COVID-19, per un periodo limitato nel corso dell’anno 2020, cfr. Cons. giust. amm., 7 aprile 2022, n. 435).

9. In conclusione, in ragione di quanto esposto, l’appello deve essere respinto.

10. In ragione della mancata costituzione della parte appellata, nulla deve disporsi in ordine alle spese del presente grado di giudizio.

10.1. Il Collegio rileva, tuttavia, che l’infondatezza del ricorso in appello si basa su ragioni manifeste in modo da integrare i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 2, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Cons. Stato, sez. IV, n. 2205 del 2018; n. 2879 del 2017; n. 5497 del 2016, cui si rinvia ai sensi dell’art. 88, comma 2, lettera d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della sanzione), conformemente ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. sez. VI, n. 11939 del 2017; n. 22150 del 2016).

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello (r.g. n. 2858/2021), come in epigrafe proposto, lo respinge.

Nulla sulle spese del grado di giudizio.

Condanna l’appellante, ai sensi dell’art. 26, comma 2, c.p.a., al pagamento della somma di euro 2.000,00 (duemila/00), che è tenuto a versare secondo le modalità di cui all’art. 15 disp. att. c.p.a., mandando alla Segreteria per i conseguenti adempimenti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 13 ottobre 2022, con l’intervento dei magistrati:

Vito Poli, Presidente

Francesco Gambato Spisani, Consigliere

Alessandro Verrico, Consigliere, Estensore

Giuseppe Rotondo, Consigliere

Michele Conforti, Consigliere

L'ESTENSORE                     IL PRESIDENTE

Alessandro Verrico                Vito Poli

IL SEGRETARIO

 

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