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Consiglio di Stato, Adunanza Plenaria, 13/2/2023 n. 7
Sui rapporti tra il giudizio di impugnazione dell’interdittiva antimafia e il c.d. controllo giudiziario a domanda

La pendenza del controllo giudiziario a domanda ex art. 34-bis, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, non è causa di sospensione né del giudizio di impugnazione contro l’informazione antimafia interdittiva, né delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese previste dall’art. 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, per il completamento dell’esecuzione dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione dall’impresa destinataria un’informazione antimafia interdittiva.

Materia: appalti / disciplina
Pubblicato il 13/02/2023

N. 00007/2023REG.PROV.COLL.

N. 00019/2022 REG.RIC.A.P.

N. 00018/2022 REG.RIC.A.P.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 18 del 2022 dell’Adunanza plenaria, proposto dalla -OMISSIS- s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Aristide Police, in Roma, viale Liegi, n. 32;

contro

il Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro tempore, non costituito in giudizio;
la Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Fermo, in persona del Prefetto pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;



sul ricorso numero di registro generale 19 del 2022 dell’Adunanza plenaria, proposto dalla -OMISSIS- s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Alessandro Lucchetti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Aristide Police, in Roma, viale Liegi 32;

contro

il Ministero dell’interno e la Prefettura - Ufficio territoriale del governo di Fermo, rispettivamente in persona del Ministro e del Prefetto pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

nei confronti

della s.r.l. -OMISSIS-, del -OMISSIS- e della s.r.l. -OMISSIS-, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio;

per la riforma

quanto al ricorso n. 18 del 2022:

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per le Marche n. -OMISSIS-;

quanto al ricorso n. 19 del 2022:

per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per le Marche n. -OMISSIS-;


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’interno e della Prefettura - Ufficio territoriale del Governo di Fermo;

Vista l’ordinanza della III sezione del 6 giugno 2022, n. 4578, di deferimento del ricorso in appello all’esame dell’Adunanza plenaria;

Viste le memorie e tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2022 il consigliere Fabio Franconiero e uditi per le parti l’avvocato Alessandro Lucchetti per la società appellante e l’avvocato dello Stato Tito Varrone;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Sono deferite a questa Adunanza plenaria alcune questioni di diritto concernenti i rapporti tra il giudizio di impugnazione dell’informazione antimafia interdittiva e il c.d. controllo giudiziario c.d. volontario, o a domanda, previsto dall’art. 34-bis, comma 6, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

2. La disposizione di legge ora richiamata, introdotta dalla legge di modifica del codice, 17 ottobre 2017, n. 161, prevede per quanto di interesse nel presente giudizio che le imprese «destinatarie di informazione antimafia interdittiva ai sensi dell’articolo 84, comma 4, che abbiano proposto l’impugnazione del relativo provvedimento del prefetto, possono richiedere al tribunale competente per le misure di prevenzione l’applicazione del controllo giudiziario di cui alla lettera b) del comma 2 del presente articolo». Ai sensi del successivo comma 7 del medesimo art. 34-bis - come da ultimo modificato dal decreto-legge 6 novembre 2021, n. 152 - il provvedimento che dispone il controllo giudiziario «sospende il termine di cui all’articolo 92, comma 2», e cioè il termine di trenta giorni dalla consultazione della banca dati nazionale unica per il rilascio dell’informazione antimafia; ed inoltre «gli effetti di cui all’articolo 94», consistenti nell’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione.

3. L’ordinanza della III sezione di questo Consiglio di Stato del 6 giugno 2022, n. 4578, di deferimento all’Adunanza plenaria, si domanda se in ragione degli effetti sostanziali ora richiamati si determini o meno «la sospensione necessaria, ai sensi dell’art. 79, comma 1, c.p.a. e dell’art. 295 c.p.c., del giudizio amministrativo, avente ad oggetto l’impugnazione dell’informazione antimafia stessa».

4. Con un’ulteriore questione si chiede se l’ammissione al controllo giudiziario determini anche la sospensione necessaria del giudizio di impugnazione delle «(m)isure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese nell’ambito della prevenzione della corruzione», previste dall’art. 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90 (Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari; convertito dalla legge 11 agosto 2014, n. 114), per «il completamento dell’esecuzione» dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione dall’impresa destinataria un’informazione antimafia interdittiva.

5. Infine, l’ordinanza di rimessione chiede all’Adunanza plenaria di stabilire se la mancata sospensione in primo grado del giudizio di impugnazione delle misure di contrasto all’infiltrazione mafiosa nell’economia sopra menzionate «costituisca un error in procedendo tale da imporre la rimessione della causa al primo giudice, ai sensi dell’art. 105, comma 1, c.p.a.», o se invece la sospensione del processo possa essere comunque disposta dal Consiglio di Stato adito in appello.

6. Le questioni deferite traggono origine da due contenziosi promossi dall’appellante -OMISSIS- s.p.a.:

- dapprima contro l’informazione antimafia interdittiva emessa nei suoi confronti dalla Prefettura di Fermo (provvedimento di prot. n. -OMISSIS-), e le successive determinazioni confermative assunte dal medesimo Ufficio territoriale di governo, conseguenti alla sottoposizione della società e del suo amministratore ad un procedimento penale della direzione distrettuale antimafia di -OMISSIS- per fatti concernenti un contratto di appalto per la raccolta e lo smaltimento rifiuti urbani in un comune ubicato nella provincia di -OMISSIS-, nell’ambito delle quali era stata disposta la custodia cautelare dell’amministratore e il sequestro giudiziario della società;

- quindi, contro i provvedimenti con cui la stessa Prefettura ha disposto la gestione straordinaria e temporanea di alcuni contratti di appalto che l’odierna appellante aveva in corso di esecuzione in varie località del Sud Italia, con la nomina di tre commissari incaricati della relativa gestione (provvedimenti di prot. nn. -OMISSIS- e -OMISSIS-).

7. Sin dal primo grado, davanti al Tribunale amministrativo regionale per le Marche, la società ricorrente aveva chiesto la sospensione ai sensi dei sopra citati artt. 79, comma 1, cod. proc. amm. e dell’art. 295 cod. proc. civ. di entrambi i giudizi, in ragione del fatto di avere chiesto al competente tribunale della prevenzione penale di essere ammessa al controllo giudiziario, con richiesta infine accolta, con ordinanza dalla Corte d’appello di -OMISSIS- in data -OMISSIS-. La medesima ricorrente ha quindi devoluto la questione della sospensione del giudizio a mezzo dei presenti appelli, con i quali tra l’altro censurato le sentenze di primo grado dell’adito Tribunale amministrativo, i cui estremi sono indicati in epigrafe, che invece hanno pronunciato nel merito di entrambe le impugnazioni, rigettandole.

8. Riuniti i giudizi, l’ordinanza di rimessione ha quindi posto a questa Adunanza plenaria le questioni sopra sintetizzate.

DIRITTO

1. Sulle prime due questioni deferite nella presente sede nomofilattica, logicamente prioritarie rispetto alla terza, e concernenti i rapporti tra il giudizio di impugnazione dell’informazione antimafia interdittiva da una parte e il controllo giudiziario e il commissariamento dell’impresa appaltatrice dell’altra parte, l’ordinanza di rimessione aderisce alla tesi della sospensione necessaria del giudizio amministrativo in pendenza del procedimento del controllo giudiziario.

2. La tesi viene argomentata sulla base della sospensione di carattere sostanziale prevista dal sopra citato art. 34-bis, comma 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, che come sopra esposto prevede che il provvedimento che dispone il controllo giudiziario determina tra l’altro la sospensione degli effetti di incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione derivanti dall’informazione antimafia a carattere interdittivo. In questa prospettiva, l’ordinanza sostiene che il carattere provvisorio della sospensione postulerebbe che il giudizio di impugnazione dell’informazione antimafia non venga definito. In caso contrario, ed in particolare di rigetto definitivo dell’impugnazione, l’interdittiva si consoliderebbe e con essa l’incapacità a contrattare con la pubblica amministrazione, in conseguenza della quale sarebbe travolto l’effetto sospensivo derivante dall’ammissione dell’impresa al controllo giudiziario.

3. Al medesimo riguardo, l’ordinanza di rimessione riconosce che tra il procedimento di controllo giudiziario, di competenza del giudice della prevenzione penale, e il giudizio di impugnazione dell’interdittiva antimafia, devoluto invece alla cognizione del giudice amministrativo, non è ravvisabile alcun rapporto di pregiudizialità.

Tuttavia, essa sottolinea che - in conformità all’obiettivo di risanamento delle imprese soggette ad infiltrazioni della criminalità organizzata cui il procedimento di controllo giudiziario è informato, secondo una concezione della prevenzione antimafia non più incentrata sull’espulsione dal mercato degli operatori economici attraverso cui le organizzazioni malavitose agiscono nel tessuto economico - si dovrebbe comunque assicurare la definizione della procedura ex art. 34-bis del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, destinata a tradursi in caso positivo con il rilascio di un’informazione liberatoria, e dunque con il pieno ritorno dell’impresa alla libera concorrenza.

4. Sulla base della ricostruzione dei rapporti tra i due istituti affermatasi presso la giurisprudenza della Cassazione penale, per l’ordinanza di rimessione il vincolo genetico della procedura di controllo giudiziario, consistente ai sensi del sopra richiamato art. 34-bis, comma 6, nella pendenza del ricorso contro l’interdittiva antimafia, assumerebbe quindi le caratteristiche di una condizione di procedibilità della procedura, che intanto può essere definita in quanto non sia definitivamente accertata la legittimità dell’atto prefettizio, e dunque il ricorso contro di essa sia respinto. In conformità agli obiettivi legislativi alla base del controllo giudiziario, l’interesse alla definizione del giudizio di impugnazione nei confronti dell’interdittiva dovrebbe pertanto recedere e la sospensione necessaria del processo sarebbe lo strumento attraverso cui regolare i rapporti tra i due istituti secondo le rispettive finalità.

5. La tesi dell’ordinanza di rimessione così sintetizzata non può essere seguita.

6. Non può nello specifico essere condiviso il postulato su cui essa si fonda, secondo cui il giudizio di impugnazione contro l’interdittiva antimafia deve essere ancora pendente non solo quando l’impresa domanda al tribunale della prevenzione penale di essere sottoposta al controllo giudiziario, come prevede testualmente il più volte citato art. 34-bis, comma 6, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, ma per tutta la durata di quest’ultimo.

7. Come sopra accennato, la tesi cui aderisce l’ordinanza di rimessione viene ricavata dalla giurisprudenza di legittimità. Peraltro, si precisa sul punto che la sospensione sarebbe necessaria in vista del rigetto dell’impugnazione contro l’interdittiva, laddove in caso di accoglimento verrebbe evidentemente meno ogni esigenza di sottoporre l’impresa a misure di prevenzione antimafia. L’ordinanza di rimessione richiama a questo riguardo la sentenza della Cassazione, SS.UU. penali, 19 novembre 2019, n. 46898, che - nel riconoscere l’appellabilità del diniego di ammissione al controllo giudiziario pronunciato dal tribunale della prevenzione penale - ha affermato che quest’ultimo istituto costituisce una «risposta alternativa da parte del legislatore: perché alternativa è la finalità di queste, volte non alla recisione del rapporto col proprietario ma al recupero della realtà aziendale alla libera concorrenza, a seguito di un percorso emendativo»; contraddistinta dal presupposto dell’«occasionalità della agevolazione dei soggetti pericolosi», e dalla valutazione prognostica incentrata «sulle concrete possibilità che la singola realtà aziendale ha o meno di compiere fruttuosamente il cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano», sulla base del controllo prescrittivo del tribunale della prevenzione penale.

In modo più esplicito, la Corte di Cassazione ha statuito che l’accesso al controllo giudiziario, con i conseguenti effetti sospensivi di ordine sostanziale sopra richiamati, «lascia presupporre che il procedimento in sede amministrativa sia ancora pendente», posto che le finalità di risanamento dell’istituto sono «“fisiologicamente” ed inscindibilmente connesse alla pendenza di un ricorso avverso l’interdittiva non ancora deciso dal giudice» (Cass. pen., II, 12 aprile 2019, n. 16105); ed ancora, che tra i presupposti del controllo giudiziario c.d. volontario è compresa «la pendenza di un’impugnativa davanti al Giudice Amministrativo» contro l’interdittiva antimafia, mentre assume carattere ostativo il «caso di cronicità dell’infiltrazione» (Cass. pen., II, 5 marzo 2021, n. 9122); da ultimo, che la sospensione degli effetti dell’interdittiva ex art. 34-bis, comma 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, è «destinata a durare per il tempo della pendenza del giudizio amministrativo instaurato contro di essa al fine di dare all’impresa la possibilità di svincolarsi dall’infiltrazione mafiosa» (Cass. pen., I, 10 novembre 2022, n. 42646).

8. In senso diverso alla tesi della sospensione necessaria va tuttavia osservato che l’orientamento giurisprudenziale ora richiamato non ha affrontato in modo espresso la questione relativa alle conseguenze derivanti dalla definizione del giudizio di impugnazione contro l’interdittiva quando nel corso di esso sia stato chiesto il controllo giudiziario c.d. volontario o a domanda ex art. 34-bis, comma 6, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

Il principio secondo la cui per le sue finalità tipiche l’istituto postula la pendenza di un ricorso contro l’interdittiva «non ancora deciso dal giudice», espresso dalla Cassazione nella sentenza del 12 aprile 2019, n. 16105, poc’anzi richiamata, è infatti relativo ad una fattispecie in cui il controllo era stato chiesto quando il giudizio amministrativo contro l’interdittiva era già stato definito, ed è stato condivisibilmente negato per questa ragione.

9. Negli altri casi di cui ai precedenti parimenti richiamati non si poneva la questione delle conseguenze derivanti dalla definizione del giudizio di impugnazione sopravvenuta rispetto ad una procedura di controllo giudiziario chiesta nel corso dello stesso.

Nell’ultimo precedente in ordine cronologico, ovvero quello esaminato dalla sentenza 10 novembre 2022, n. 42646, è stato invece giudicato illegittimo il diniego di ammissione al controllo giudiziario chiesto sulla base della domanda di aggiornamento ex art. 91, comma 5, del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di un’impresa raggiunta da un’interdittiva ormai consolidatasi. A fondamento della propria decisione la Corte di Cassazione ha tra l’altro statuito che la definitività di quest’ultima «non determina (…) la stabilità ed intangibilità dell’interdizione precludendo sine die all’azienda di contrattare con l’Amministrazione» e che, al contrario, l’impedimento a richiedere il controllo giudiziario si pone in contrasto con la «natura necessariamente provvisoria e temporanea all’informativa»

10. Dall’esame della giurisprudenza della Cassazione, non emerge una ricostruzione del rapporto tra l’interdittiva e il controllo giudiziario volontario in termini di pregiudizialità-dipendenza di intensità maggiore rispetto alla connessione genetica ricavabile dal più volte richiamato art. 34-bis, comma 6, del codice delle leggi antimafia e delle misure di sicurezza.

La connessione tra i due istituti è stata espressa nel senso che, a differenza dell’autonomia che contraddistingue l’accertamento del tribunale penale nel controllo giudiziario ai sensi dell’art. 34-bis, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, in ordine al «pericolo concreto di infiltrazioni mafiose» idonee a condizionare l’attività delle imprese, nel caso di controllo c.d. volontario di cui al comma 6 della medesima disposizione lo stesso organo giurisdizionale «deve tener conto dell’accertamento di quello stesso prerequisito effettuato dall’organo amministrativo con l’informazione antimafia interdittiva, che rappresenta, pertanto, il substrato della decisione del giudice ordinario» (così Cass. pen., VI, 16 luglio 2021, n. 27704).

11. Come ulteriormente precisato dalle Sezioni unite penali nella sopra citata sentenza 19 novembre 2019, n. 46898, la connessione tra i due istituti si manifesta in relazione al «grado di assoggettamento dell’attività economica alle descritte condizioni di intimidazione mafiosa e la attitudine di esse alla agevolazione di persone pericolose pure indicate nelle fattispecie». Ciò nel senso che - a differenza di quanto avviene ai fini dell’informazione antimafia, ai sensi dell’art. 34-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 - l’agevolazione mafiosa deve essere «occasionale», per cui in difetto di questo requisito l’impresa non dovrebbe essere ammessa al controllo giudiziario.

12. Nella prospettiva ora delineata la stessa Cassazione afferma quindi che, «se l’impresa è fortemente condizionata da ingerenze mafiose, non può trovare accoglimento l’istanza, che presuppone una occasionalità del contatto mafioso» (così Cass. pen., VI, 16 luglio 2021, n. 27704, poc’anzi richiamata). Sennonché, nell’ottica di risanamento in cui si pone il controllo giudiziario, con particolare riguardo al controllo c.d. volontario di cui al comma 6 del medesimo art. 34-bis, la stessa Corte di Cassazione afferma che peculiarità dell’accertamento del giudice penale, necessariamente successivo all’intervento prefettizio, «sta però nel fatto che il fuoco della attenzione e quindi del risultato di analisi deve essere posto non solo su tale pre-requisito, quanto piuttosto, valorizzando le caratteristiche strutturali del presupposto verificato, sulle concrete possibilità che la singola realtà aziendale ha o meno di compiere fruttuosamente il cammino verso il riallineamento con il contesto economico sano, anche avvalendosi dei controlli e delle sollecitazioni (nel caso della amministrazione, anche vere intromissioni) che il giudice delegato può rivolgere nel guidare la impresa infiltrata».

In questa direzione si è ulteriormente precisato che la valutazione sull’esistenza di «un’infiltrazione connotata da occasionalità non sia finalizzata all’acquisizione di un dato statico - consistente nella cristallizzazione della realtà preesistente: una mera fotografia del passato - bensì alla argomentata formulazione di un giudizio prognostico circa l’emendabilità della situazione rilevata, connotata da condizionamento e/o agevolazione di soggetti o associazioni criminali, mediante l’intera gamma degli strumenti previsti dall’art. 34-bis» (Cass. pen., VI, 14 gennaio 2021, n. 1590, resa nel giudizio promosso dall’odierna appellante per l’ammissione al controllo giudiziario).

13. Se dunque dalla giurisprudenza di legittimità non è possibile trarre una presa di posizione specifica ed espressa sulla necessità che il giudizio di impugnazione, pendente quando il controllo giudiziario viene chiesto, non venga definito prima che quest’ultimo non sia concluso, la tesi della sospensione necessaria del primo:

- innanzitutto non ha base testuale, posto che la disposizione da ultimo richiamata si limita a prevedere che - quando chiede di essere sottoposta al controllo giudiziario - l’impresa interessata abbia impugnato l’interdittiva, ma non anche che il giudizio di impugnazione penda per tutta la durata del controllo (in questo senso si è espresso questo Consiglio di Stato, III, con sentenza 19 maggio 2022, n. 3973);

- non è nemmeno imposta da ragioni di ordine sistematico, dal momento che, come ha ben rilevato l’ordinanza di rimessione, l’interdittiva svolge la sua funzione preventiva rispetto alla penetrazione nell’economia delle organizzazioni di stampo mafioso di tipo “statico”, e cioè sulla base di accertamenti di competenza dell’autorità prefettizia rivolti al passato;

- a quest’ultimo riguardo, nel condividere la funzione preventiva del sistema di informazione antimafia del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, il controllo giudiziario persegue anche finalità di carattere “dinamico” di risanamento dell’impresa interessata dal fenomeno mafioso e quindi, secondo l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità sopra richiamato, oltre al presupposto dell’occasionalità dell’agevolazione mafiosa previsto dall’art. 34-bis, comma 6, del medesimo codice, richiede una prognosi favorevole del Tribunale della prevenzione penale sul superamento della situazione che ha in origine dato luogo all’interdittiva.

14. Nondimeno, quand’anche quest’ultima non sia annullata all’esito del giudizio di impugnazione devoluto al giudice amministrativo, e dunque si accerti in chiave retrospettiva l’esistenza di infiltrazioni mafiose nell’impresa, non per questo può ritenersi venuta meno l’esigenza di risanare la stessa.

Al contrario, questa esigenza si pone in massimo grado una volta accertata in via definitiva che l’impresa è permeabile al fenomeno mafioso.

15. Conferma di quanto ora considerato si trae proprio dall’art. 34-bis, comma 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

In primis, rileva la regola della sospensione degli effetti della incapacità a contrattare, derivanti dall’interdittiva antimafia.

Essa è strumentale al buon fine del controllo giudiziario, nel senso di consentire all’impresa ad esso (volontariamente) sottoposta di continuare ad operare, nella prospettiva finale del superamento della situazione sulla cui base è stata emessa l’interdittiva.

Nella medesima direzione si pone la sospensione del termine fissato dall’art. 92, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, per gli adempimenti prodromici al rilascio dell’informazione antimafia.

L’effetto in questione si giustifica per il venir meno dell’esigenza facente capo all’autorità prefettizia di verificare l’esistenza di tentativi di infiltrazione fintantoché pende il controllo giudiziario, a tale finalità preventiva ugualmente preposto.

16. Nessuno degli effetti previsti dall’art. 34-bis, comma 7, presuppone tuttavia che il giudizio sull’interdittiva non sia definito, o altrimenti detto rimanga pendente.

Come in precedenza accennato, tali effetti sono del tutto compatibili con la conseguita inoppugnabilità di quest’ultima all’esito del rigetto della relativa impugnazione.

Una volta accertata l’esistenza di infiltrazioni mafiose, quand’anche in via definitiva, si permette nondimeno all’impresa di risanarsi, sotto il controllo dell’autorità giudiziaria penale.

17. Il controllo giudiziario sopravviene ad una situazione di condizionamento mafioso in funzione del suo superamento ed al fine di evitare la definitiva espulsione dal mercato dell’impresa permeata dalle organizzazioni malavitose.

A questo specifico riguardo, da un lato il rapporto di successione tra i due istituti si coglie con immediatezza laddove il condizionamento mafioso non possa ritenersi definitivamente accertato, pendente la contestazione mossa in sede giurisdizionale contro la ricostruzione dell’autorità prefettizia; dall’altro lato la medesima vicenda successoria di istituti non è comunque impedita quando il condizionamento possa invece ritenersi accertato con effetto di giudicato, con il rigetto dell’impugnazione contro l’interdittiva.

Depone in questo senso – oltre al dato testale della legge, già di per sé decisivo - proprio la funzione risanatrice del controllo giudiziario, la quale muove dal presupposto accertato dal Prefetto in sede di informazione antimafia, ma si basa su un’autonoma valutazione prognostica del Tribunale della prevenzione penale che si propone di pervenire al suo superamento, quando il grado di condizionamento mafioso non sia considerato a ciò impeditivo, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità sopra richiamata.

18. Come in precedenza accennato, sul piano del diritto positivo la tesi opposta è invece contraddetta dalla sospensione degli effetti tipici dell’interdittiva dal sopra richiamato art. 34-bis, comma 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, oltre che dal fatto che il precedente comma 6 non richiede che il giudizio di impugnazione contro l’interdittiva, pendente il quale può essere chiesto il controllo giudiziario, tale rimanga per tutta la durata di quest’ultimo: sotto tale profilo rileva il principio di legalità.

La medesima tesi non è praticabile sul piano logico-sistematico, in cui la funzione di risanamento tipica del controllo giudiziario è venuta oggi ad arricchire quella di generale ordine preventivo cui era informata il sistema informativo antimafia, e che dunque è destinata ad operare non solo in presenza di ipotesi di condizionamento mafioso, ma anche e con maggior impellenza quando quest’ultimo non sia più in contestazione.

19. Il correttivo suggerito dall’ordinanza di rimessione di disporre la sospensione del giudizio di impugnazione contro l’interdittiva prefettizia giungerebbe inoltre a snaturare la funzione tipica del processo, da ‘strumento di tutela’ delle situazioni giuridiche soggettive ed attuazione della legge, a mero ‘strumento per l’attivazione di ulteriori mezzi di tutela’.

Inoltre, verrebbe alterata la funzione della sospensione del processo.

Da strumento preventivo rispetto al rischio di contrasto di giudicati, secondo una logica interna all’ordinamento processuale basata sulla sua unitarietà e sul principio di non contraddizione, la sospensione del giudizio di impugnazione dell’interdittiva antimafia per tutta la durata del controllo giudiziario porrebbe impropriamente a carico del processo, contraddistinto dall’autonomia dell’azione rispetto alla situazione sostanziale che con essa si vuole tutelare, la realizzazione di obiettivi di politica legislativa, esorbitanti dai compiti del giudice, nella sua soggezione alla legge (art. 101, secondo comma, Cost.).

20. Si determinerebbe così un’applicazione dell’istituto eccedente il presupposto della pregiudizialità-dipendenza previsto dall’art. 295 del cod. proc. civ., da considerarsi tassativo nella misura in cui la sospensione si determina una potenziale lesione del principio di ordine costituzionale della ragionevole durata del processo (oggi sancito per il processo amministrativo dall’art. 2, comma 2, del cod. proc. amm.), tale per cui essa viene disposta in ogni caso e solo quando il giudice davanti cui è stata proposta una domanda o un altro giudice «deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa».

Nessun rapporto di pregiudizialità-dipendenza è invece ravvisabile tra il giudizio di impugnazione dell’interdittiva antimafia e il controllo giudiziario, al di là di quello individuabile in sede di verifica dei presupposti di quest’ultimo. Ad esso segue tuttavia un’attività di carattere prescrittivo e gestorio orientata al risanamento dell’impresa indifferente all’esito del giudizio sulla legittimità dell’interdittiva in ragione degli effetti sospensivi previsti dal parimenti più volte richiamato art. 34-bis, comma 7, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

21. La condivisione della tesi della sospensione necessaria comporterebbe inoltre un’aporia sul piano logico, nella misura in cui essa si basa sull’esigenza non già di impedire decisioni contrastanti, ma una decisione di carattere eventualmente sfavorevole sull’impugnazione contro l’interdittiva, che si suppone – in assenza di un presupposto normativo - possa vanificare obiettivi di risanamento dell’impresa infiltrata dal fenomeno mafioso.

La sospensione viene dunque argomenta secundum eventum litis, posto che una decisione di accoglimento del ricorso contro l’interdittiva avrebbe in sé l’effetto di riportare l’impresa alla piena e libera concorrenza, sulla base dell’accertamento che essa non è stata mai interessata da fenomeni di inquinamento mafioso.

Nella descritta prospettiva la sospensione del processo finisce dunque per essere intesa come rimedio rispetto a potenziali decisioni sfavorevoli.

Non sussistono, dunque, i presupposti previsti dell’art. 295 del cod. proc. civ., più volte richiamato.

22. A conferma delle considerazioni finora svolte, va sottolineato che l’interesse alla definizione del giudizio avverso l’interdittiva è talvolta dichiarato dalla parte ricorrente in primo grado, che ne chiede per di più la sospensione degli effetti in sede cautelare.

23. L’esigenza di correlare la durata del giudizio di impugnazione contro l’interdittiva alla durata del controllo giudiziario non assurge a presupposto dell’istituto previsto dalla disposizione da ultimo menzionata. Tuttavia, tutte le circostanze del caso potranno essere valutate dal giudice amministrativo, ai sensi dell’art. 73, comma 1-bis, del cod. proc. amm.

24. Da ultimo, elementi contrari alla tesi della sospensione necessaria del processo possono essere tratti dal fatto che il sistema delle misure preventive di competenza prefettizia si sia di recente arricchito di strumenti di risanamento dell’impresa interessata dal fenomeno mafioso analoghi al controllo giudiziario, in particolare con le «misure amministrative di prevenzione collaborativa applicabili in caso di agevolazione occasionale» di cui all’art. 94-bis del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione. L’analogia del presupposto delle misure in questione con quello del controllo giudiziario, così descritto dal comma 1 della disposizione da ultimo richiamata «quando (…) i tentativi di infiltrazione mafiosa sono riconducibili a situazioni di agevolazione occasionale», denota l’identità di funzione rispetto all’istituto previsto dall’art. 34-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159. Su questa base si giustifica la prevalenza legislativamente attribuita a quest’ultimo, espressa dal comma 3 del medesimo art. 94-bis con la cessazione delle misure amministrative nel caso in cui sia disposto il controllo giudiziario.

25. Nessuna disposizione è stata invece prevista per regolare i rapporti tra l’interdittiva antimafia e il controllo giudiziario. Con argomentazione a contrario è dunque evincibile l’assenza di condizionamenti reciproci tra i due istituti ulteriori rispetto alla connessione genetica prevista dal più volte richiamato comma 6 dell’art. 34-bis.

Al medesimo riguardo, nel sistema amministrativo di prevenzione penale, ora informato al principio di gradualità, l’occasionalità dell’agevolazione mafiosa originaria può in ipotesi costituire ragione di illegittimità dell’informativa a carattere interdittivo, in ragione dell’alternativa costituita dalle misure meno invasive introdotte con il medesimo art. 94-bis, e dunque giustificare l’interesse dell’impresa alla definizione del giudizio di impugnazione contro l’interdittiva.

26. Considerazioni analoghe a quelle finora svolte vanne infine estese al rapporto tra il controllo giudiziario e il commissariamento dell’impresa appaltatrice previsto dall’art. 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90.

L’assenza di disposizioni di coordinamento tra i due istituti, e la non ultrattività «di una gestione separata “ad contractum”» ipotizzata dall’ordinanza di rimessione in caso di sopravvenienza del controllo giudiziario, non costituisce ragione sufficiente per sospendere il giudizio di impugnazione delle misure previste dalla disposizione da ultimo richiamata, non solo – ed ovviamente – in caso di accoglimento del ricorso, ma anche di rigetto, per il quale l’ordinanza stessa suppone la prevalenza della misura, più favorevole per l’impresa, prevista dall’art. 34-bis del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

27. In conclusione, va affermato il seguente principio di diritto sui primi due quesiti dell’ordinanza di rimessione: ‘la pendenza del controllo giudiziario a domanda ex art. 34-bis, comma 6, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, non è causa di sospensione né del giudizio di impugnazione contro l’informazione antimafia interdittiva, né delle misure straordinarie di gestione, sostegno e monitoraggio di imprese previste dall’art. 32, comma 10, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, per il completamento dell’esecuzione dei contratti stipulati con la pubblica amministrazione dall’impresa destinataria un’informazione antimafia interdittiva’.

28. Assorbito il terzo quesito, la causa va per il resto restituita alla sezione rimettente, ai sensi dell’art. 99, comma 4, cod. proc. amm., che dovrà provvedere anche sulle spese di lite, ivi compresa la fase davanti a questa Adunanza plenaria.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Adunanza Plenaria), non definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, enuncia i principi di diritto indicati in motivazione e restituisce per il resto il giudizio alla sezione remittente.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento dei dati identificativi della società appellante.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2022, con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Carmine Volpe, Presidente

Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Ermanno de Francisco, Presidente

Roberto Giovagnoli, Presidente

Raffaele Greco, Presidente

Andrea Pannone, Consigliere

Vincenzo Neri, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere, Estensore

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Giovanni Sabbato, Consigliere


 
 
IL PRESIDENTE
Luigi Maruotti
 
 
 
L'ESTENSORE IL SEGRETARIO
Fabio Franconiero
 
 
 
 
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