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TAR Lazio, sez. I, 6/3/2023 n. 3699
Sul potere sanzionatorio dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato

Nel procedimento sanzionatorio condotto dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato non trova applicazione l'art. 240 c.p.p. sui documenti anonimi, risultando questi utilizzabili, fermo restando un maggior rigore nella valutazione delle informazioni ivi contenute.

La responsabilità solidale tra due società per un illecito antitrust laddove sussista una situazione di controllo maggioritario - c.d. parental control liability - è configurabile limitatamente ai fatti successivi all'acquisto della partecipazione. (Nel caso di specie, è stata esclusa la responsabilità solidale della società controllante per fatti commessi dalla controllata antecedentemente l'acquisto del controllo).

L'importo supplementare previsto al punto 17 delle Linee guida sulla modalità di applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie - c.d. entry fee - è finalizzato a inspessire l'effetto deterrente della sanzione e necessita che l'Autorità motivi adeguatamente l'esigenza di tale rinforzo.


Materia: concorrenza / antitrust
Pubblicato il 06/03/2023

N. 03699/2023 REG.PROV.COLL.

N. 04546/2022 REG.RIC.

N. 04554/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4546 del 2022, proposto da
Watertech s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Valeria Veneziano, Giorgio Lezzi ed Enrico Giovanni Fabrizi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Enrico Giovanni Fabrizi in Roma, piazza D'Ara Coeli 1;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Greiner s.p.a., non costituita in giudizio;

e con l'intervento di

ad opponendum:
G.A.I.A. s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Alberto Fornari, Andrea Cicala, Francesco Goisis, Giorgio Telarico e Miriam Allena, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;



sul ricorso numero di registro generale 4554 del 2022, proposto da
Arad Ltd., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Valeria Veneziano, Giorgio Lezzi, Gaetano Zurlo ed Enrico Giovanni Fabrizi, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Enrico Giovanni Fabrizi in Roma, piazza D'Ara Coeli 1;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Greiner s.p.a., non costituita in giudizio;

per l'annullamento,

previa sospensione dell'efficacia,

quanto al ricorso n. 4546 del 2022:

provvedimento n. 29981 del 1° febbraio 2022, notificato in data 16 febbraio 2022, adottato a conclusione del procedimento I835 - Mercato dei contatori d'acqua, con cui l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha accertato l'esistenza di un'asserita "intesa restrittiva della concorrenza contraria all'articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), avente la finalità di condizionare gli esiti delle gare per la fornitura di contatori idrici attraverso l'eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti", per la quale è stata disposta l'irrogazione di una sanzione unica, pari a euro 4.458.536, in solido a WaterTech s.p.a. e ad Arad Ltd., in qualità di controllante di WaterTech;

nonché, ove occorrer possa, di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ivi compresi: il provvedimento di avvio dell'istruttoria n. 27963 del 29 ottobre 2019, il provvedimento di estensione soggettiva n. 28260 del 10 giugno 2020, la Comunicazione delle Risultanze Istruttorie ("CRI") del 13 luglio 2021 e la nota dell'Autorità prot. n. 30823 del 30 marzo 2022 di rigetto dell'istanza di rettifica del provvedimento finale presentata il 3 marzo 2022;

quanto al ricorso n. 4554 del 2022:

per l'annullamento

del provvedimento n. 29981 del 1° febbraio 2022, notificato in data 16 febbraio 2022, adottato a conclusione del procedimento I835 - Mercato dei contatori d'acqua, con cui l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato ha accertato l'esistenza di un'asserita "intesa restrittiva della concorrenza contraria all'articolo 101 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (TFUE), avente la finalità di condizionare gli esiti delle gare per la fornitura di contatori idrici attraverso l'eliminazione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti", per la quale è stata disposta l'irrogazione di una sanzione unica, pari a euro 4.458.536, in solido a WaterTech s.p.a. e ad Arad, in qualità di controllante di WaterTech;

nonché, ove occorrer possa, di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, ivi compresi: il provvedimento di avvio dell'istruttoria n. 27963 del 29 ottobre 2019, il provvedimento di estensione soggettiva n. 28260 del 10 giugno 2020, la Comunicazione delle Risultanze Istruttorie del 13 luglio 2021 e la nota dell'Autorità prot. n. 30823 del 30 marzo 2022 di rigetto dell'istanza di rettifica del provvedimento finale presentata il 3 marzo 2022.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto gli atti di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2022 la dott.ssa Francesca Petrucciani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe Watertech s.p.a. ha impugnato il provvedimento adottato a chiusura del procedimento I835, con il quale l'Autorità garante della concorrenza e del mercato ha sanzionato, oltre alla ricorrente, in solido con Arad ltd., anche Maddalena s.p.a., G2 Misuratori s.r.l., Itron Italia s.p.a. in solido con Itron Inc., Sensus Italia s.r.l. a socio unico in solido con Sensus Metering Systems (LuxCo 3) Sàrl per una presunta “intesa segreta, unica, complessa e continuata, restrittiva per oggetto, volta a condizionare, seguendo un comune disegno ripartitorio almeno da dicembre 2011 a settembre 2019, procedure pubbliche di affidamento della fornitura di contatori idrici per acqua fredda”.

La ricorrente ha dedotto che, a seguito della ricezione di una segnalazione anonima che aveva già fornito una dettagliata descrizione del presunto schema collusivo poi contestatole, l’Agcm, dopo un periodo di sostanziale inerzia, nel quale si era limitata ad acquisire i risultati delle aggiudicazioni di 5 gare “da fonti pubbliche”, aveva deliberato l’avvio del procedimento in data 29.10.19; in data 29.11.19 era stato acquisito un documento anonimo composto di 73 pagine, contenenti dei fax, alcuni dei quali datati, collocati tra il 2012 e il 2015, che poi erano stati ritenuti probanti in ordine alla sussistenza dell’intesa; successivamente, l’Autorità aveva formulato richieste di informazioni a 60 diverse stazioni appaltanti, ricevendo riscontro da 54 di esse e arrivando a “mappare” 431 lotti banditi dalle stesse nel periodo 2012 – 2019; tuttavia, nella comunicazione delle risultanze istruttorie, notificata il 26.7.21, l’Agcm aveva ristretto ulteriormente il perimetro della presunta intesa a soli 164 lotti, poi circoscritti a 161 nel provvedimento.

L'Autorità aveva, quindi, irrogato in solido a WaterTech e ad Arad una sanzione unica pari a euro 4.458.536 e, con nota del 30 marzo 2022, respinto l'istanza di rettifica del provvedimento finale presentata dalla ricorrente al fine di richiedere la correzione dell'errore di calcolo consistente nel non aver distinto, ai fini della quantificazione della sanzione, il periodo precedente all'acquisizione, da parte di Arad, del 60% del capitale sociale di WaterTech, da quello ad essa successivo.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1. Tardività dell'avvio del procedimento e della sua estensione ad Arad. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 L. 287/1990 e 14 L. 689/1981. Violazione degli artt. 24 e 97 Costituzione. Violazione dell'art. 6 CEDU e dell'art. 41 CDFUE. Violazione dei principi di tempestività della contestazione, di certezza ed efficienza dell'agire amministrativo. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione, irragionevolezza e contraddittorietà.

L’Autorità, pur avendo ricevuto il 28.10.18 una segnalazione anonima in cui era stata fornita una dettagliata descrizione del presunto schema collusivo, aveva atteso oltre un anno (fino al 6 novembre 2019) prima di notificare l’avvio del procedimento ed aveva provveduto all’estensione nei confronti di Arad solo in data 10 giugno 2020, decorsi ulteriori sette mesi dall'avvio dell'istruttoria (quindi, oltre un anno e sette mesi dal ricevimento della segnalazione), avviando l’istruttoria solo il 29.10.19.

Le uniche attività preistruttorie compiute erano consistite nella “acquisizione […] di atti di procedure aperte per l'affidamento di forniture per contatori”, avvenute semplicemente consultando internet, nelle giornate del 5.6.19 (per una gara di Acea s.p.a., due di Abbanoa s.p.a. e una di Acqua Novara s.p.a.) e del 16.9.19 (per una gara indetta da SAL Acqua Lodigiana s.r.l.).

2. Mancata prova della violazione da parte di WaterTech. Violazione e falsa applicazione dell'art. 101 TFUE. Violazione dell'art. 2 Regolamento (CE) n. 1/2003. Violazione dell'art. 3 L. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, erroneità dei presupposti, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà.

L’istruttoria condotta dall'Agcm si fondava su elementi indiziari frammentari e non univoci, come tali inidonei a provare un’asserita intesa "segreta, unica, complessa e continuata" – vuoi sub specie di accordo, vuoi sotto forma di pratica concordata –che si sarebbe realizzata "almeno da dicembre 2011 a settembre 2019".

L’intero impianto accusatorio era, infatti, incentrato su un unico documento anonimo (il doc. 248), costituito da copie di fax non rinvenuti in ispezione, dal quale si era cercato di ricostruire contatti "qualificati" tra le parti relativi a una serie di gare tenutesi nel periodo che va dalla fine del 2011 alla fine del 2015, nonostante tali fogli fossero "privi di intestazioni riferite alle società che li hanno inviati/ricevuti e a volte anche di data".

Con riguardo, poi, al periodo successivo (dal 2016 al 2019), l'Autorità aveva riconosciuto la sussistenza di asserite evidenze esogene relative a sole quattro gare, pur avendo contestato una concertazione riferita a 35 gare; anche in questo caso, peraltro, si trattava di documenti dal contenuto non univoco.

Inoltre era stata attribuita la natura di evidenza esogena ad alcune interlocuzioni di natura puramente bilaterale che avevano riguardato i rapporti con Maddalena e G2 che, invece, evidenziavano contatti del tutto leciti.

Né potevano costituire prova di un coordinamento imputabile a WaterTech le quattro presunte evidenze esogene ricollegate dall'Autorità ad altrettante gare svoltesi nel periodo 2016-2019, che riguardavano contatti bilaterali intervenuti tra altre imprese, ai quali WaterTech era del tutto estranea ("uno scambio di messaggi via Whatsapp tra Itron e G2" -§ 96 del provvedimento-, una "traccia di conversazioni Whatsapp" -§ 119 del provvedimento- tra G2 e Maddalena, un'ulteriore conversazione tra G2 e Maddalena -§ 125 del provvedimento-, e le evidenze di asseriti "contatti tra le Parti" -§§ 124 e 130-131 del provvedimento- consistenti in un'e-mail interna di Itron e una conversazione tra rappresentanti di Sensus e di Maddalena).

I rapporti con G2, poi, erano intercorsi per la fornitura di alcuni prodotti.

3. Errori e incongruenze nella ricostruzione delle singole gare. Violazione e falsa applicazione dell'art. 101 TFUE. Violazione dell'art. 2 Regolamento (CE) n. 1/2003. Violazione dell'art. 3 l. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, erroneità dei presupposti, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà.

L’Agcm aveva imputato alle parti la partecipazione ad un’intesa che avrebbe riguardato 161 lotti, selezionati partendo da un insieme ben più ampio di lotti ricollegato alle 54 stazioni appaltanti da cui l’Autorità aveva ricevuto informazioni sulle procedure di gara bandite dalle stesse tra il 2012 e il 2019; soltanto 50 dei 161 lotti contestati (circa il 30%) sarebbero, a parere dell'Autorità, riconducibili a singoli fogli del doc. 248; per tutti gli altri lotti, l'Autorità aveva contestato uno "schema" che, a suo dire, legherebbe le gare (precedenti o successive) a quelle cui doveva riferirsi il doc. 248.

Inoltre, con riguardo a 23 lotti, il presunto fax non indicava quale impresa sarebbe dovuta risultare vincitrice (cfr. nn. 34-41, 46-50, 59-60, 74-75, 83-85, 86-87, 153 dell'Appendice), in altri 38 casi, l'impresa effettivamente aggiudicataria era diversa da quella indicata nel rispettivo foglio del doc. 248 (cfr. nn. 7, 15, 16, 18-20, 22-24, 27- 29, 31, 42-44, 53, 71, 80, 101, 107-108, 132, 135-141, 143, 145, 147-150, 157, 158 dell'Appendice) e, con riferimento ad altri 7 lotti, WaterTech non era stata neppure invitata dalla stazione appaltante.

In molti casi, nel tentativo di individuare comportamenti da qualificare come anomali, l'Autorità aveva operato un'accurata selezione di singoli lotti nell'ambito di procedure complesse, senza però spiegare perché le parti, nel perseguire l'asserito intento spartitorio, si sarebbero accordate soltanto in merito ad alcuni lotti e non ad altri della medesima procedura.

Per esempio, con riferimento alla gara bandita da SMAT s.p.a. nel 2014, articolata in 12 lotti, l'Autorità aveva individuato l'asserito "schema" soltanto con riguardo a 3 lotti (nn. 133-135 dell'Appendice); nella gara indetta sempre da SMAT nell'aprile del 2015, suddivisa in 21 lotti (ciascuno avente ad oggetto uno specifico e diverso prodotto), ne erano stati presi in considerazione solo 9 (nn. 143-151 dell'Appendice); nelle procedure indette da APM s.p.a. nel 2015 e nel 2017 erano stati esaminati i soli lotti A (nn. 72 e 73 dell'Appendice) e non anche i lotti B; nella gara esperita da Hera s.p.a. nel 2018 (n. 112 dell'Appendice) sarebbe riscontrabile l'asserita collusione solo con riguardo a 1 lotto su 4; nelle due procedure indette da Acqua Novara s.p.a. nel 2017 e 2018 era contestato il solo lotto 1 (nn. 40 e 41 dell'Appendice) e non anche il lotto 2.

4. Erronea definizione del mercato rilevante ed erronea qualificazione dell'illecito contestato quale intesa unica, complessa e continuata. Violazione e falsa applicazione dell'art. 101 TFUE. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, erroneità dei presupposti, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà.

La sussistenza di caratteristiche e di condizioni di concorrenza del tutto disomogenee tra i vari lotti/gare rendeva evidente l'erroneità insita nella definizione del mercato rilevante fornita dall'Autorità, coincidente con i 161 lotti di gara esaminati, e nella conseguente qualificazione dell'infrazione contestata quale "intesa unica, complessa e continuata"; di contro, ogni gara rappresentava un mercato a sé.

5. Assenza di gravità dell'infrazione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 15 l. 287/1990 e 11 l. 689/1981. Violazione e falsa applicazione della Delibera AGCM 22 ottobre 2014, n. 25152. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, carenza di istruttoria e difetto di motivazione, difetto di proporzionalità, travisamento dei fatti, disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta.

I comportamenti addebitati non potrebbero, in ogni caso, qualificarsi come gravi e, pertanto, non potrebbero portare all'applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria, in conformità a quanto previsto dall'art. 15, comma 1-bis, legge n. 287/1990. Inoltre, i lotti analizzati dall'Autorità rappresenterebbero una porzione marginale del totale delle gare svoltesi in quel periodo, selezionata in base a criteri arbitrari, poiché l’Agcm, pur avendo raccolto informazioni su circa 850 lotti/gare relativi/e a 54 stazioni appaltanti, ne aveva “mappati” soltanto 431 e aveva individuato il perimetro dell'infrazione solo con riguardo a 161 lotti/gare esperiti/e da 35 stazioni appaltanti.

6. In subordine: erronea quantificazione della sanzione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 15 l. 287/1990 e degli artt. 11, 14 e 28 l. 689/1981. Violazione e falsa applicazione del DPR 217/1998, delle Linee guida approvate con Delibera AGCM 22 ottobre 2014, n. 25152 e delle Linee Guida sulla compliance antitrust. Violazione e falsa applicazione dell'art. 101 TFUE. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà, difetto di proporzionalità, erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta.

La sanzione irrogata risultava assolutamente sproporzionata, poiché, con riferimento al valore delle vendite, a ciascuna parte avrebbero dovuto essere imputate le sole procedure espressamente ricondotte dall'Autorità a specifici fogli del documento n. 248.

Inoltre, il potere sanzionatorio dell'Autorità doveva ritenersi prescritto con riguardo a tutti i lotti/procedure in relazione ai quali fossero decorsi più di cinque anni tra il termine per la presentazione delle offerte e la notifica del provvedimento di avvio del procedimento (6 novembre 2019).

Sproporzionata risultava, altresì, la determinazione del coefficiente di gravità del 15% e non era stata specificamente motivata l’applicazione dell’entry fee.

Non avrebbe potuto, poi, essere applicata alla ricorrente l’aggravante organizzativa, in quanto non vi erano elementi in tal senso a carico della ricorrente e il contributo delle parti alle condotte contestate risultava uniforme.

Illegittimo doveva ritenersi, altresì, il mancato riconoscimento alla ricorrente del beneficio dell'attenuante prevista in caso di adozione e implementazione di uno specifico programma di compliance antitrust.

Al riguardo, l’Agcm aveva ritenuto che WaterTech non potesse "beneficiare dell'attenuante in quanto il PCA non risulta "adottato e implementato a livello di gruppo"; tale assunto doveva ritenersi erroneo, sia in quanto non poteva essere imputata alla controllante Arad alcuna responsabilità per le condotte asseritamente poste in essere da WaterTech, sia poiché le Linee Guida in materia non richiedevano che il programma fosse adottato dalla società madre.

Il provvedimento sarebbe altresì viziato nella parte in cui aveva tenuto conto, ai fini della determinazione del massimo edittale della sanzione, del fatturato realizzato da Arad e dalle sue controllate a livello mondiale, considerando WaterTech e Arad come un'unica entità economica per l'intera durata dell'asserita infrazione (quindi anche per il periodo che precede l'acquisizione, avvenuta l'8 ottobre 2018); tuttavia, tale assunto non poteva sorreggere l’irrogazione di una sanzione unica, sia per la tardività dell'estensione del procedimento ad Arad, che per la mancata corrispondenza tra il contenuto della comunicazione delle risultanze istruttorie e le statuizioni del provvedimento.

Nella comunicazione finale, infatti, era stata contestata ad Arad la responsabilità per l'asserita intesa in applicazione della "presunzione relativa dell’esercizio di un’influenza determinante in forza della partecipazione totalitaria detenuta" nel capitale di WaterTech (§ 539 della CRI), mentre nel provvedimento, dopo aver dato atto che Arad "detiene il 60% del capitale sociale" di WaterTech (§ 7), l’Agcm aveva riconosciuto che non operava la presunzione derivante dal controllo totalitario o quasi totalitario da parte della società madre e giustificato l'imputabilità dell'intesa ad Arad sulla base di elementi nuovi, in violazione del principio per cui il provvedimento finale non poteva contenere imputazioni diverse da quelle contestate nella comunicazione delle risultanze istruttorie.

In ogni caso, poi, l'Autorità non aveva provato che le due società costituissero un'unica entità economica, di tal che ai fini della determinazione del fatturato non avrebbero potuto essere tenuti in considerazione i ricavi di Arad.

Per le medesime ragioni doveva ritenersi illegittima anche la nota del 30 marzo 2022, con la quale l'Autorità aveva ritenuto non meritevole di accoglimento l'istanza di rettifica del provvedimento presentata a tal fine dalla ricorrente.

Con ricorso n. 4554/2022 Arad ltd. ha impugnato il medesimo provvedimento.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1. Tardività dell'avvio del procedimento e della sua estensione ad Arad. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 L. 287/1990 e 14 L. 689/1981. Violazione degli artt. 24 e 97 Costituzione. Violazione dell'art. 6 CEDU e dell'art. 41 CDFUE. Violazione dei principi di tempestività della contestazione, di certezza ed efficienza dell'agire amministrativo. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione, irragionevolezza e contraddittorietà.

L’Autorità, pur avendo ricevuto il 28.10.18 una segnalazione anonima in cui era stata fornita una dettagliata descrizione del presunto schema collusivo, aveva atteso oltre un anno (fino al 6 novembre 2019) prima di notificare l’avvio del procedimento e provveduto all’estensione nei confronti di Arad solo in data 10 giugno 2020, decorsi ulteriori sette mesi dall'avvio dell'istruttoria (quindi, oltre un anno e sette mesi dal ricevimento della segnalazione), avviando l’istruttoria solo il 29.10.19.

Tardiva doveva ritenersi, altresì, l'estensione del procedimento ad Arad, intervenuta, come si è detto, decorsi 7 mesi dall'avvio dell'istruttoria, ovvero oltre un anno e 7 mesi dalla ricezione, da parte dell'Autorità, della segnalazione.

In particolare, l'Autorità aveva motivato l'estensione ad Arad asserendo che "il capitale sociale della società WaterTech s.p.a. risulta interamente detenuto dalla società ARAD Ltd, con sede in Israele, tal che può ritenersi che le decisioni commerciali della società WaterTech S.p.A. vadano ricondotte ad ARAD Ltd"; la verifica in ordine alla titolarità, da parte di Arad, di una partecipazione in WaterTech avrebbe richiesto pochi minuti e, nel provvedimento con cui era stato avviato il procedimento, si dava già atto del controllo di Arad su WaterTech, di modo che l’estensione avrebbe dovuto essere immediatamente comunicata.

2. Mancata corrispondenza tra il contenuto della CRI e quanto deciso dall’Autorità nel provvedimento finale. Violazione del diritto di difesa. Eccesso di potere per difetto di istruttoria e carenza di motivazione, irragionevolezza e contraddittorietà. Violazione e falsa applicazione del DPR n. 217/1998.

Il provvedimento sarebbe altresì viziato da difetto di istruttoria e di motivazione e adottato in violazione del diritto di difesa di Arad, in ragione della mancata corrispondenza tra il contenuto della comunicazione delle risultanze istruttorie (CRI) e quanto deciso dall’Autorità nel provvedimento conclusivo.

L’Agcm, nella CRI, ritenendo per errore che Arad detenesse l'intero capitale sociale di WaterTech, aveva contestato alla società la responsabilità per l'asserita intesa esclusivamente in forza della c.d. parental liability presumption (dunque, senza svolgere alcuna analisi in ordine all'influenza determinante); solo nel provvedimento aveva riconosciuto che per Arad non operava "la presunzione derivante dal controllo totalitario o quasi totalitario" e, pertanto, aveva modificato sostanzialmente il proprio impianto accusatorio, contestando elementi del tutto nuovi, non menzionati prima.

3. Mancata prova dell'esistenza di un'influenza determinante e del suo effettivo esercizio. Violazione e falsa applicazione dell'art. 101 TFUE. Violazione e falsa applicazione dell'art. 3 L. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà intrinseca, erroneità dei presupposti e travisamento dei fatti.

In ogni caso, l'Autorità non aveva assolto al proprio onere probatorio in merito all'asserita influenza determinante da parte di Arad su WaterTech, poiché gli elementi cui si era fatto riferimento non erano idonei a provare la sussistenza e l'effettivo esercizio di un'influenza determinante.

4. Errore nell'imputazione ad Arad di una responsabilità solidale per l'intero periodo dell'asserita infrazione. Violazione e falsa applicazione dell'art. 101 TFUE. Violazione dei principi di responsabilità personale e di proporzionalità. Eccesso di potere per illogicità ed irragionevolezza, difetto di istruttoria e carenza di motivazione, erroneità dei presupposti.

In via ulteriormente subordinata è stato dedotto che l'attribuzione ad Arad di una responsabilità solidale "da controllo" per l'intero periodo dell'asserita infrazione (fine 2011 – fine 2019) sarebbe in contrasto non solo con la consolidata giurisprudenza eurounitaria e nazionale, ma anche con i principi basilari dello Stato di diritto e di colpevolezza, di cui è corollario il principio della responsabilità personale.

L'Autorità avrebbe, infatti, immotivatamente ritenuto che Arad e WaterTech costituissero una single economic entity fin dal 2011, ovvero oltre 7 anni prima dell'operazione di acquisizione, avvenuta soltanto alla fine del 2018.

5. Mancata prova della violazione da parte di WaterTech. Violazione e falsa applicazione dell'art. 101 TFUE. Violazione dell'art. 2 Regolamento (CE) n. 1/2003. Violazione dell'art. 3 L. 241/1990. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, erroneità dei presupposti, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà.

L’istruttoria condotta dall'Agcm si fondava su elementi indiziari frammentari e non univoci, come tali inidonei a provare un’asserita intesa "segreta, unica, complessa e continuata" – vuoi sub specie di accordo, vuoi sotto forma di pratica concordata –che si sarebbe realizzata "almeno da dicembre 2011 a settembre 2019".

L’intero impianto accusatorio era, infatti, incentrato su un unico documento anonimo (il doc. 248), costituito da copie di fax non rinvenuti in ispezione, dal quale si era cercato di ricostruire contatti "qualificati" tra le parti relativi a una serie di gare tenutesi nel periodo che andava dalla fine del 2011 alla fine del 2015, nonostante tali fogli fossero "privi di intestazioni riferite alle società che li hanno inviati/ricevuti e a volte anche di data".

Con riguardo, poi, al periodo successivo (dal 2016 al 2019), l'Autorità aveva riconosciuto la sussistenza di asserite evidenze esogene relative a sole quattro gare, pur avendo contestato una concertazione riferita a 35 gare; anche in questo caso, peraltro, si trattava di documenti dal contenuto non univoco.

Era stata, inoltre, attribuita la natura di evidenza esogena ad alcune interlocuzioni di natura puramente bilaterale che avevano riguardato i rapporti con Maddalena e G2 che, invece, evidenziavano contatti del tutto leciti.

Né potevano costituire prova di un coordinamento imputabile a WaterTech le quattro presunte evidenze esogene ricollegate dall'Autorità ad altrettante gare svoltesi nel periodo 2016-2019, che riguardavano contatti bilaterali intervenuti tra altre imprese, ai quali WaterTech era del tutto estranea; i rapporti con G2, poi, erano intercorsi per la fornitura di alcuni prodotti.

6. In subordine: erronea quantificazione della sanzione. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 e 15 l. 287/1990 e degli artt. 11, 14 e 28 l. 689/1981. Violazione e falsa applicazione del DPR 217/1998, delle Linee guida approvate con Delibera AGCM 22 ottobre 2014, n. 25152 e delle Linee Guida sulla compliance antitrust. Violazione e falsa applicazione dell'art. 101 TFUE. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto di motivazione, illogicità, irragionevolezza e contraddittorietà, difetto di proporzionalità, erroneità dei presupposti, travisamento dei fatti, disparità di trattamento ed ingiustizia manifesta.

La sanzione irrogata risultava assolutamente sproporzionata, poiché, con riferimento al valore delle vendite, a ciascuna parte avrebbero dovuto essere imputate le sole procedure espressamente ricondotte dall'Autorità a specifici fogli del documento n. 248.

Inoltre, il potere sanzionatorio dell'Autorità doveva ritenersi prescritto con riguardo a tutti i lotti/procedure in relazione ai quali fossero decorsi più di cinque anni tra il termine per la presentazione delle offerte e la notifica del provvedimento di avvio del procedimento (6 novembre 2019).

Sproporzionata risultava, altresì, la determinazione del coefficiente di gravità del 15% e non era stata specificamente motivata l’applicazione dell’entry fee.

Non avrebbe potuto, poi, essere applicata alla ricorrente l’aggravante organizzativa, in quanto non vi erano elementi in tal senso a carico della ricorrente e il contributo delle parti alle condotte contestate risultava uniforme.

Illegittimo doveva ritenersi, altresì, il mancato riconoscimento alla ricorrente del beneficio dell'attenuante prevista in caso di adozione e implementazione di uno specifico programma di compliance antitrust.

Al riguardo, l’Agcm aveva ritenuto che WaterTech non potesse "beneficiare dell'attenuante in quanto il PCA non risultava "adottato e implementato a livello di gruppo"; tale assunto doveva ritenersi erroneo, sia in quanto non poteva essere imputata alla controllante Arad alcuna responsabilità per le condotte asseritamente poste in essere da WaterTech, sia poiché le Linee Guida in materia non richiedevano che il programma fosse adottato dalla società madre.

Il provvedimento sarebbe altresì viziato nella parte in cui aveva tenuto conto, ai fini della determinazione del massimo edittale della sanzione, del fatturato realizzato da Arad e dalle sue controllate a livello mondiale, considerando WaterTech e Arad come un'unica entità economica per l'intera durata dell'asserita infrazione (quindi anche per il periodo che precede l'acquisizione, avvenuta l'8 ottobre 2018); tuttavia, tale assunto non poteva sorreggere l’irrogazione di una sanzione unica, sia per la tardività dell'estensione del procedimento ad Arad, che per la mancata corrispondenza tra il contenuto della comunicazione delle risultanze istruttorie e le statuizioni del provvedimento.

Nella comunicazione finale, infatti, era stata contestata ad Arad la responsabilità per l'asserita intesa in applicazione della "presunzione relativa dell’esercizio di un’influenza determinante in forza della partecipazione totalitaria detenuta" nel capitale di WaterTech (§ 539 della CRI), mentre nel provvedimento, dopo aver dato atto che Arad "detiene il 60% del capitale sociale" di WaterTech (§ 7), l’Agcm aveva riconosciuto che non operava la presunzione derivante dal controllo totalitario o

quasi totalitario da parte della società madre e giustificato l'imputabilità dell'intesa ad Arad sulla base di elementi nuovi, in violazione del principio per cui il provvedimento finale non poteva contenere imputazioni diverse da quelle contestate nella comunicazione delle risultanze istruttorie.

In ogni caso, poi, l'Autorità non aveva provato che le due società costituissero un'unica entità economica, di tal che ai fini della determinazione del fatturato non avrebbero potuto essere tenuti in considerazione i ricavi di Arad.

Per le medesime ragioni doveva ritenersi illegittima anche la nota del 30 marzo 2022, con la quale l'Autorità aveva ritenuto non meritevole di accoglimento l'istanza di rettifica del provvedimento presentata a tal fine dalla ricorrente.

Si è costituita in entrambi i giudizi l’Autorità garante della concorrenza e del mercato chiedendo il rigetto dei ricorsi; ha spiegato intervento ad opponendum Gaia s.p.a..

All’udienza pubblica del 7 dicembre 2022 entrambi i ricorsi sono stati trattenuti in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente deve essere disposta la riunione dei due giudizi, in quanto aventi ad oggetto il medesimo provvedimento e la sanzione comminata in solido alle ricorrenti da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.

Con il primo di essi Watertech ha contestato, innanzitutto, la tardività nell’avvio del procedimento, in violazione dell’art. 14 della l. n. 689/1981.

Al riguardo va dato atto dell’esistenza di due distinti orientamenti in seno alla giustizia amministrativa: un primo e più risalente indirizzo non reputa pienamente applicabile al procedimento istruttorio dell’Agcm la l. 689 cit., essendo l’osservanza della citata legge di depenalizzazione (prevista dall’art. 31 l. 287 cit.) circoscritta a quelle disposizioni «in quanto applicabili». Tale interpretazione esclude la precettività dell’art. 14 l. 689 cit., in ragione del fatto che il procedimento istruttorio dell’Agcm è regolato dal d.p.r. 30 aprile 1998, n. 217, che non prevede alcun tipo di termine per la conclusione del procedimento (in termini, v. Cons. Stato, sez. VI, 21 dicembre 2021, n. 8492). In aggiunta, l’enorme quantità di segnalazioni, spesso vaghe, generiche od anonime, impedirebbe l’effettivo tempestivo avvio dei procedimenti istruttorî, specie nel caso di valutazioni complesse da parte dell’Autorità (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 12 febbraio 2020, n. 1047). Conseguentemente, il potere dell’amministrazione troverebbe come unico limite quello relativo alla ragionevolezza della decisione di iniziare il procedimento nel rispetto di un termine congruo, sindacabile dal giudice amministrativo (v. Tar Lazio, sez. I, 2 novembre 2022, n. 14271).

Viceversa, un più recente indirizzo pretorio – che appare anche consolidarsi – prevede la diretta applicabilità delle disposizioni della l. 689 cit. anche ai procedimenti delle Autorità amministrative indipendenti (salvo deroghe espressamente previste da parte di una fonte primaria), atteso che la legge sulla depenalizzazione detta regole generali valevoli per ogni procedimento amministrativo al cui esito viene irrogata una sanzione pecuniaria (v. Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2022, n. 8505). Nondimeno, si precisa che il termine di novanta giorni, previsto dall’art. 14 l. 689 cit., è riferito alla comunicazione di avvio del procedimento (cfr. Tar Lazio, sez. I, 24 marzo 2022, n. 3335): quanto al dies a quo, esso va individuato non nel momento in cui la violazione si verifica, bensì in quello in cui l’amministrazione la «accerta», ossia ha raccolto gli elementi conoscitivi necessarî per formulare la contestazione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2022, n. 8503; similmente, nella giurisprudenza ordinaria, v. Cass., sez. II, ord., 25 ottobre 2019, n. 27405): circostanza inferibile dal disposto dell’art. 13 l. 689 cit. che individua le attività conoscitive che l’amministrazione può (trattasi, in realtà, di potere-dovere) compiere per giungere all’accertamento dell’infrazione (Cass., sez. II, 19 febbraio 2019, n. 4820).

Orbene, il Collegio osserva come, nel presente giudizio, indipendentemente dall’indirizzo giurisprudenziale sposato, l’Autorità avviava tempestivamente l’istruttoria, atteso che prendeva piena cognizione del fatto illecito solo in data 16 settembre 2019 e notificava il successivo 6 novembre 2019 (51 giorni dopo) la comunicazione di avvio del procedimento.

Difatti, contrariamente all’opinione della parte ricorrente, l’individuazione del dies a quo non può farsi coincidere con la ricezione della denuncia anonima in quanto l’esposto – in disparte la genericità – non è stato reputato sufficiente dall’Agcm per formulare un giudizio di sussistenza dell’intesa.

Appare opportuno puntualizzare che la c.d. fase preistruttoria (ossia quel segmento procedimentale anteriore alla comunicazione dell’avvio) costituisce il momento in cui, senza contraddittorio, l’Autorità raccoglie i primi elementi indiziari al fine di verificare l’effettiva esistenza dell’illecito antitrust. La durata di tale fase non risulta – a legislazione vigente – esser fissata rigidamente, atteso che l’Agcm può, con valutazione discrezionale, avviare il procedimento nel momento che più ritiene opportuno secondo le proprie priorità operative (v. il novello art. 12, comma 1-ter, l. 287 cit., disposizione non avente portata innovativa, come evidente dal precedente art. 5 del. Agcm 1° aprile 2015, n. 25411, recante il regolamento del procedimento istruttorio in tema di pratiche commerciali scorrette); similmente, rientra nella discrezionalità dell’Autorità individuare il momento nel quale essa reputa conclusa l’acquisizione di tutti gli elementi per contestare l’infrazione (rectius, per comunicare l’avvio del procedimento istruttorio). Ovviamente, l’esercizio dei poteri da parte dell’Agcm nella fase preistruttoria risulta sindacabile dal giudice amministrativo nei limiti della verifica estrinseca della ricorrenza del vizio di eccesso di potere (in termini, Cons. Stato, sez. VI, 18 maggio 2022, n. 3924; similmente, Cass., sez. II, ord., 29 ottobre 2020, n. 27702, che considera valutazione di merito – preclusa al giudice di legittimità ove congruamente motivata – quella concernente «il momento in cui ragionevolmente la contestazione avrebbe potuto essere tradotta in accertamento»).

Conseguentemente, l’Agcm, una volta raccolti gli elementi indiziari necessarî per contestare l’infrazione, deve comunicare – nel caso di adesione alla più rigorosa tesi propugnata dal Consiglio di Stato – l’apertura del procedimento istruttorio entro novanta giorni: la previsione indica, quindi, il termine per notificare la comunicazione di avvio, non per compiere tutti gli atti preistruttorî. A corroborare tale interpretazione è lo stesso art. 14, comma 2, l. 689 cit. che prevede un termine maggiormente dilatato (trecentosessanta giorni) nel caso di soggetti stabiliti fuori dal territorio della Repubblica: conseguentemente, salvo ipotizzare un’irragionevole disparità di trattamento in base alla nazionalità del sanzionato, il termine decadenziale deve intendersi decorrente successivamente all’accertamento dell’infrazione (per inciso, si rammenta che le legge di depenalizzazione è del 1981, ossia di un tempo nel quale le notifiche non avvenivano a mezzo Pec, bensí con sistemi postali assai poco efficienti, il che giustificava il tempo quadruplo per la notifica all’estero).

Una volta notificato l’avvio del procedimento, si apre la c.d. fase istruttoria, che allarga i poteri conoscitivi dell’Autorità, con previsioni che legittimano la violazione di alcune libertà costituzionalmente garantite (es. ispezioni con l’ausilio dei militari della Guardia di finanza), e che per tale ragione deve esser svolta con la partecipazione dell’interessato (v. art. 14 l. 287 cit. oppure artt. 8 ss. d.p.r. 217 cit.).

Conclusa l’esposizione generale sul tema della durata del procedimento antitrust, va rilevato che, nel caso all’odierno giudizio, la fase preistruttoria si chiudeva con l’acquisizione documentale presso le stazioni appaltanti conclusa in data 16 settembre 2019. Non appare possibile condividere l’argomentazione della parte ricorrente circa l’irrilevanza dei menzionati documenti ai fini della ricostruzione dell’intesa, ovvero la semplicità dell’acquisizione: invero, come già osservato, l’esercizio dei poteri amministrativi nella fase preistruttoria non appare qualificabile come manifestamente irragionevole o illogico. Difatti, a fronte di un’anonima denuncia di un’intesa restrittiva della concorrenza, risulta di immediata evidenza che l’Autorità dovesse procedere ad una serie di verifiche preliminari (in particolare circa il mercato rilevante) per poter formulare la comunicazione di avvio del procedimento: risulta quindi coerente che quest’ultima debba seguire l’acquisizione degli atti delle gare eventualmente falsate dall’intesa (in termini, Cons. Stato, sez. VI, 25 gennaio 2021, n. 738, che annullava una sanzione dell’Agcm, atteso che, tra la ricezione dell’ultimo atto preistruttorio e l’avvio del procedimento trascorrevano 99 giorni).

Allo stesso modo non appare possibile retrodatare la piena conoscenza dei fatti all’epoca di ricezione dell’anonimo. Difatti, la segnalazione appare assolutamente generica e non esaustiva atteso che denunciava un cartello di quattro imprese intente a ripartirsi una generica clientela: viceversa, all’esito degli accertamenti preistruttorî emergeva una situazione di bid rigging ben diversa rispetto all’ipotesi avanzata dall’anonimo segnalatore. Ciò rende evidente la correttezza dell’operato dell’Autorità.

Infondata, in ogni caso, è la tesi che vedrebbe le imprese lese dall’eccessiva durata della fase preistruttoria: difatti, va tenuto presente che, proprio per garantire la certezza dei rapporti giuridici e l’immediatezza della repressione, l’art. 28 l. 689 cit. individua un termine di prescrizione (cinque anni dalla violazione) decorso il quale, indipendentemente dall’avvenuto accertamento, il potere di irrogare le sanzioni non è più esercitabile.

Con il secondo motivo Watertech ha lamentato il difetto di elementi di prova in ordine alla sussistenza dell’intesa e l’inutilizzabilità, a tal fine, dei fax contenuti nel doc. 48 del fascicolo istruttorio.

Al riguardo deve rammentarsi che l’esistenza di una pratica concordata, considerata la (estremamente) difficile acquisibilità della prova di essa in tal senso tra i concorrenti (c.d. “smoking gun”), viene ordinariamente desunta dalla ricorrenza di determinati indici probatori dai quali inferire la sussistenza di una sostanziale finalizzazione delle singole condotte ad un comune scopo di restrizione della concorrenza.

In materia è dunque ammesso il ricorso a prove indiziarie, purché le stesse, come più volte affermato in giurisprudenza, si fondino su indizi gravi, precisi e concordanti. Sempre in materia probatoria deve poi essere considerata la distinzione tra elementi di prova “endogeni”, afferenti l’anomalia della condotta delle imprese, non spiegabile secondo un fisiologico rapporto tra di loro, ed elementi “esogeni”, quali l'esistenza di contatti sistematici tra le imprese e scambi di informazioni. La collusione può essere provata anche “per inferenza”, dalle circostanze del mercato. La differenza tra le due fattispecie e le correlative tipologie di elementi probatori – “endogeni” ed “esogeni” - si riflette sul soggetto sul quale ricade l'onere della prova: nel primo caso, la prova dell'irrazionalità delle condotte grava sull'Autorità, mentre, nel secondo caso, l'onere probatorio contrario viene spostato in capo all'impresa.

In particolare, qualora, a fronte della semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti sul mercato, il ragionamento dell'Autorità sia fondato sulla supposizione che le condotte poste a base dell'ipotesi accusatoria oggetto di contestazione non possano essere spiegate altrimenti, se non con una concertazione tra le imprese, a queste ultime basta dimostrare circostanze plausibili che pongano sotto una luce diversa i fatti accertati dall'Autorità e che consentano, in tal modo, di dare una diversa spiegazione in chiave concorrenziale dei fatti rispetto a quella accolta nell'impugnato provvedimento.

Qualora, invece, la prova della concertazione non sia basata solo sulla semplice constatazione di un parallelismo di comportamenti, ma dall'istruttoria emerga che le pratiche possano essere state frutto di una concertazione e di uno scambio di informazioni “in concreto” tra le imprese, in relazione alle quali vi siano ragionevoli indizi di una pratica concordata anticoncorrenziale, grava sulle imprese l'onere di fornire una diversa spiegazione lecita delle loro condotte e dei loro contatti (Cons. Stato, Sez. VI, 13.5.11, n. 2925).

A ciò si aggiunga che le singole condotte delle imprese devono essere valutate tenendo conto del quadro complessivo della fattispecie esaminata dall’Agcm e non in modo “atomistico”.

Ciò perché, in materia di intese restrittive, i singoli comportamenti delle imprese, che presi isolatamente potrebbero apparire privi di specifica rilevanza “anticoncorrenziale”, qualora si rivelino elementi di una fattispecie complessa, come nel caso di specie, devono essere considerati quali “tasselli di un mosaico”, i cui elementi non sono significativi “in sé”, ma come parte di un disegno unitario, qualificabile quale intesa restrittiva della libertà di concorrenza.

In tale ipotesi, è sufficiente che l’Autorità tracci un quadro indiziario coerente ed univoco, a fronte del quale spetta ai soggetti interessati fornire spiegazioni alternative alle conclusioni tratte nel provvedimento accertativo della violazione “anticoncorrenziale” (Cons. Stato, Sez. VI, 2.7.18, n. 4010, 30.6.16, n. 2947 e 11.7.16, n.3047).

L’Agcm, nella presente fattispecie, ha ricostruito l’esistenza dell’intesa sulla base di una serie di circostanze quali l’offerta di medesimi prezzi o medesimi sconti, l’esistenza di offerte provenienti dai medesimi operatori, la mancata partecipazione alle gare di altri, che poi hanno trovato riscontro in alcuni elementi esogeni, di natura documentale, delineando così un consistente quadro probatorio, composto da plurime evidenze di tipo esogeno riguardanti in particolar modo l’esistenza di ripetuti contatti tra le parti, la cui significatività è corroborata dall’esame dei risultati delle gare; l’Autorità, inoltre, ha effettuato una adeguata analisi della portata anticompetitiva delle intese, tenuto conto del contesto economico in cui si sono concretizzate e del volume produttivo degli operatori coinvolti.

A fronte di tale ricostruzione spetta ai soggetti interessati fornire spiegazioni alternative alle conclusioni tratte nel provvedimento accertativo della violazione "anticoncorrenziale".

Nel caso di specie le spiegazioni alternative fornite dalla ricorrente per giustificare le proprie condotte sul mercato, quali le differenti caratteristiche tecniche dei contatori richiesti dalle diverse stazioni appaltanti, in una con la diversità delle procedure di gara da queste impiegate, che impedirebbero di considerare unitariamente l’intesa anticoncorrenziale, non risultano verosimili.

Anche sotto il profilo degli elementi endogeni, infatti, l’Autorità ha individuato plurimi indizi di anomalia nello svolgimento di numerose gare pubbliche nel lasso temporale interessato dalla concertazione, che hanno consentito di ricostruire, secondo un ragionamento logico e razionale, la sussistenza di univoci pattern collusivi, che conducevano all’aggiudicazione delle gare secondo un meccanismo “ad incastro” volto a disinnescare una possibile pressione competitiva tra gli operatori di mercato e con ribassi di entità assai ridotta. Per contrastare la ricostruzione effettuata dall’Autorità, le parti hanno proposto nel corso del procedimento deduzioni difensive, riproposte dalla ricorrente nel presente gravame, che sono state puntualmente e validamente confutate dall’Agcm, la quale ha rilevato, sulla base di plurime e ragionevoli deduzioni, come le spiegazioni alternative proposte dalle parti non fossero in grado di scalfire il quadro delineato in quanto non convincenti o in taluni casi persino contraddittorie.

In particolare, con riferimento al carattere variegato dei contatori richiesti dalle diverse stazioni appaltanti, l’Agcm ha notato che tale circostanza avrebbe dovuto determinare un cospicuo ricorso ai raggruppamenti temporanei di imprese (RTI), tra i produttori e costruttori delle differenti tipologie di contatori, mentre nelle gare considerate il ricorso a questo strumento pro-concorrenziale è stato piuttosto limitato e circoscritto pressoché esclusivamente alle ipotesi nelle quali fosse necessario anche compiere le attività di posa in opera dei contatori (par. 35 provv.).

Del pari, è stato rimarcato nel provvedimento che la quota di mercato complessivamente detenuta dalle società partecipanti all’intesa accertata, nel periodo compreso tra il 2012 e il 2019, risulta pari al 92%, nonostante la presenza, nel settore merceologico di riferimento, di numerosi altri operatori, e che le società in discorso si sono altresì caratterizzate per una assai ridotta percentuale media di ribasso sulle offerte economiche presentate, pari appena al 9,33%, in luogo del 21,44% ricavabile dalle offerte presentate dagli altri operatori; tale quadro è mutato dopo l’avvio del procedimento, a partire dal 2020, quando si è assistito a un notevole incremento delle percentuali di ribasso offerte delle stesse società partecipanti all’intesa nelle procedure pubbliche indette e aggiudicate nel corso dell’anno da ultimo indicato, peraltro in controtendenza con i dati generali di mercato (par. 52 provv.).

Sull’utilizzabilità del documento anonimo, va rilevato come, pur assurgendo la sanzione dell’Agcm ad illecito para-penale secondo la giurisprudenza europea, non sia applicabile l’art. 240 c.p.p. sui documenti anonimi, seguendo il procedimento antitrust regole proprie: ne consegue, la piena utilizzabilità del documento anonimo, temperata solo da un maggior rigore nella valutazione delle informazioni riportate dal medesimo (in termini, v. Corte Giust. Ue, sez. I, 25 gennaio 2007, C-411/04).

In ogni caso, va rilevato come il doc. 248 costituisca unicamente la chiave di lettura di tutti i dati raccolti dall’Autorità: esso, infatti, è un collage di fax, appunti ed altre note che evidenziano da un lato la fitta comunicazione tra le imprese coinvolte nell’intesa, dall’altro gli accordi per le gare cui partecipare (ad esempio indicando chi dovesse risultare aggiudicatario, ovvero le percentuali di ribasso o ancora le ragioni per non partecipare ad una procedura). Conseguentemente, anche senza consultare il documento anonimo, un osservatore esterno (e molto esperto) avrebbe potuto cogliere, attraverso un ragionamento inferenziale, delle anomalie nelle condotte delle varie imprese: il doc. 248 semplicemente corrobora l’intuizione circa l’esistenza di un’intesa di bid rigging.

Va poi aggiunto che alcuni ulteriori elementi esogeni raccolti durante l’istruttoria (es. le conversazioni whatsapp del 31 agosto 2016 – v. § 557 provvedimento) confermano l’impiego del fax come strumento di comunicazione tra le aziende; ne discende come siano pienamente credibili le informazioni riportate nel doc. 248.

Ciò premesso, va rilevato come, anche volendo applicare le categorie processual-penalistiche, il doc. 248 non può dirsi anonimo e, quindi, inutilizzabile. Infatti, le comunicazioni raccolte all’interno del documento in parola non sono state espressamente e puntualmente disconosciute dalle società coinvolte, che hanno riconosciuto alcune delle comunicazioni contenute nel documento come riferibili a propri rappresentanti. In particolare, Maddalena ha riconosciuto la “paternità” del messaggio inserito a pag. 31 del documento anonimo, nel quale si fa riferimento a condizioni e prezzi di fornitura ben precisi; il legale rappresentante di WaterTech, a sua volta sentito, si è del resto limitato a dichiarare di non ricordare le comunicazioni che gli sono state mostrate, senza mai provvedere a un loro formale ed espresso disconoscimento.

Pertanto, attraverso un esame complessivo del materiale istruttorio raccolto, è possibile imputare i documenti alle imprese ricorrenti: conseguentemente, le varie dichiarazioni ivi contenute non vanno considerate anonime (v. Cass. pen., sez. VI, 14 dicembre 2016, n. 52926).

Ne discende, quindi, la piena utilizzabilità nel procedimento – nonché nel presente giudizio – del doc. 248 (indirettamente, sul punto, Cons. Stato, sez. VI, 4 ottobre 2022, n. 8505). Quanto alla portata probatoria, essa è rimessa alla prudente valutazione del giudice. Nel caso di specie, come detto, il collage costituisce la legenda necessaria per comprendere le condotte degli operatori economici: esse, invero, acquistano una loro razionalità economica alla luce delle indicazioni riportate nel documento.

Nello stesso sono infatti contenute le copie di una serie di messaggi, all’interno dei quali, perlomeno nella maggior parte dei casi, sono indicati: i) l’acronimo del gestore del SII agente in veste di Stazione appaltante; ii) le caratteristiche principali dei contatori oggetto di gara (ad esempio GM, getti multipli, o GU, getti unici); iii) la lettera iniziale della società designata come vincitrice della singola gara; iv) il valore massimo del ribasso che potrà essere offerto dalle altre società, “in appoggio” all’offerta economica della società vittoriosa.

Queste indicazioni, all’esito degli accertamenti compiuti dall’Autorità, sono risultate, nella maggior parte dei casi, pressoché perfettamente corrispondenti alle informazioni ottenute tramite la consultazione delle medesime stazioni appaltanti: si è riscontrata, infatti, una tendenziale coincidenza tra la società indicata come vittoriosa e quella poi risultata effettivamente aggiudicataria della corrispondente commessa; soltanto in sette casi ciò non è avvenuto, ma, in

quattro di queste sette eccezioni, la gara è stata aggiudicata a un’impresa estranea all’intesa; ciò non toglie che, nell’ambito dell’intesa stessa, la società designata abbia comunque presentato l’offerta di gran lunga migliore in termini economici.

In tre casi, invece, la gara è stata vinta da una società appartenente all’intesa diversa da quella indicata nel carteggio; tale circostanza, tuttavia, può essere giustificata dalla considerazione secondo cui un’intesa anticoncorrenziale, specie se sistematica e con un oggetto assai ampio, può comunque trovare delle parziali e momentanee “inadempienze”, legate alla conflittualità che resta in ogni caso latente tra le imprese, anche a fronte di un accordo volto a limitare e/o a indirizzare la concorrenza tra di loro.

Tali conflittualità emergono dallo stesso contenuto del documento anonimo, nel quale si rinvengono anche comunicazioni legate ad avvenuti o sospettati scostamenti rispetto alla ripartizione delle commesse pubbliche predeterminata: per esempio alla pag. 39 del documento compare una scrittura autografa, attribuita al legale rappresentante della WaterTech s.p.a., in cui si lamenta il fatto che un cliente sia stato “ciullato” (vale a dire indebitamente sottratto, secondo la logica spartitoria propria dell’accordo anticoncorrenziale); allo stesso modo, nella conversazione telefonica del 4 settembre 2018, relativa a una procedura di gara indetta da Acea s.p.a., i rappresentanti di Maddalena e della società G2 si danno reciproco riscontro dell’acquisizione dei totali degli altri offerenti, a segnalare una qualche sfiducia nella fedeltà agli impegni assunti.

A ciò va poi aggiunto che, in molti dei casi segnalati nel ricorso, la deviazione è stata minima e tale da non alterare, nel complesso, lo schema prefigurato.

Infine, in alcune ipotesi la differenza tra comportamento prestabilito e comportamento effettivamente attuato è stata verosimilmente dovuta ad ulteriori interlocuzioni tra le parti dell’accordo anticoncorrenziale, che trovano traccia nello stesso doc. 248, come evidenziato dall’Agcm al par. 555 del provvedimento.

Ad esempio, con riferimento alla procedura di gara indetta da Salerno Sistemi s.p.a., per la quale era stata designata come vincitrice Maddalena, indicata con la lettera iniziale “M”, WaterTech s.p.a. non si è attenuta all’indicazione di non rispondere alla richiesta di partecipazione della stazione appaltante adducendo, come giustificazione, l’insufficienza della base d’asta, e ha presentato una propria offerta, ma ciò è accaduto a fronte di una scrittura autografa, attribuita al rappresentante della stessa controparte, nella quale si preannunciava la volontà di assumere un diverso comportamento, alla quale è verosimilmente seguita una nuova interlocuzione tra le parti (par. 265 provv.); la gara è stata poi comunque aggiudicata all’operatore designato, ovvero Maddalena s.p.a., e WaterTech ha offerto una percentuale di ribasso dell’1,9%, assai inferiore alla percentuale del 5,25% offerta dalla Maddalena e, comunque, chiaramente non competitiva.

Può poi osservarsi come nel caso delle procedure indette da A2A nel 2012 (pag. 72), dall’Arin (pag. 40), da Acaop (pag. 24), dall’Acoset nel 2014 (pag. 17), dalle Acque vicentine (pag. 41), dall’Alto trevigiano (pag. 29), dall’Asm Voghera negli anni 2012, 2014 e 2015 (pagg. 71, 25 e 15), dal Ccam nel 2012 nel 2015 (pagg. 10 e 48), da Gaia (pag. 47), da Hera nel 2012 e nel 2013 (pagg. 28 e 68), da Iren nel 2012 (pag. 55 e 65), da Ruzzo reti (pag. 64), da Salerno sistemi (pag. 14), da Saronno servizî (pag. 8), da Sasi (pag. 73), da Smat (pag. 50) da Talete (pag. 43), da Valle umbra servizî nel 2015 (pag. 12), le aziende abbiano sempre puntualmente rispettato le indicazioni dei rispettivi fax acquisiti durante l’istruttoria: eventuali marginali scostamenti nelle percentuali di ribasso offerto non costituiscono circostanza che possa infirmare la ricostruzione offerta dall’Agcm. Alcune ulteriori gare indicate nei fax – come quella condotta da Agesp (pag. 59), Asm Vigevano Lomellina (pag. 52), Brianzacque (pag. 67), Tea acque (pag. 51) – non presentavano un vincitore designato, bensì un generico «cliente I»: orbene, appare opportuno evidenziare come tale indicazione venisse concordemente riferita (dalle aziende) alla società Ica (che infatti si aggiudicava quasi tutti i lotti). Nondimeno, tale interpretazione non è univoca né avallata dall’Autorità (v. § 554), risultando pertanto le argomentazioni difensive sfornite della logicità necessaria per confutare la coerente esposizione motivazionale, che riconduceva le predette gare nel perimetro dell’intesa vietata stante la evidente concertazione delle offerte da parte delle imprese sanzionate (al di là dell’effettivo risultato).

In aggiunta, deve rilevarsi come in tutte le ipotesi in cui l’esito della procedura premiava un soggetto esterno al cartello, le offerte presentate dalle aziende interessate risultavano coerenti con i fax acquisiti dall’Autorità: v. le gare indette da Acque potabili (pag. 11), dall’Azienda multiservizi casalese (pag. 45) e da Umbra acque (pag. 7).

Inoltre, ulteriori gare indette nel periodo d’interesse da A2A, da Acoset, da Acque potabili, da Acque vicentine, da Asm Voghera, da Ccam, da Gaia, da Hera, da Iren, da Ruzzo reti, da Salerno sistemi, da Saronno servizî, da Smat e da Valle Umbra servizî presentavano identiche dinamiche tra le parti (sia sull’aggiudicatario, sia sulle offerte da presentare in appoggio): si tratta, dunque, di elementi sintomatici (e non confutabili) impiegati coerentemente e logicamente dall’Agcm per ascrivere le procedure menzionate all’intesa anticoncorrenziale.

Sulle gare Acea deve, in primo luogo, osservarsi il rispetto delle indicazioni del fax in relazione alle gare del gennaio e giugno 2014 (pagg. 16 e 27 doc. 248). In relazione alle ulteriori procedure rilevanti individuate dall’Agcm va evidenziato come le offerte replicassero un identico andamento: in aggiunta, assai rilevanti sono gli scambi di messaggi whatsapp (a ridosso della procedura del 2018) acquisiti durante le attività ispettive dall’Agcm nei quali i responsabili di G2 e Maddalena si assicuravano il rispetto degli illeciti accordi (che «Per scrupolo i TOTALI di tutto vanno bene?», manca solo «It che ho sollecitato»; e poi ancora «Yes! Tutto quadra»): le argomentazioni difensive circa uno scambio informativo per analisi di mercato in àmbito associativo appaiono poco convincenti, soprattutto se rapportate alla tempistica ed all’esito della gara. Similmente, le considerazioni appena spese valgono mutatis mutandis anche per la procedura del 2019.

Palese è poi il rispetto del fax di cui a pag. 17 per la gara Acoset del 2014. Circa la sofferenza lamentata da una società (negli appunti vergati a mano in calce al fax), va evidenziato che ciò non dimostra una spietata concorrenza, quanto piuttosto un’insofferenza per gli esiti concertazione: tale deduzione discende logicamente dalla chiara osservanza delle indicazioni riportate. Identico svolgimento aveva poi la successiva gara indetta dalla stazione appaltante nel 2019.

Anche per la gara indetta da Acqua Novara nel 2013 risulta rispettato il prezzo da offrire indicato nel fax (pag. 32), ossia superiore alla tabella interna: si rammenta come la dizione cliente I non designi la società Ica (estranea all’intesa) come vincitore, dimostrandosi così infondato l’argomento difensivo. In aggiunta, il medesimo comportamento (sconti allineati da tutti gli offerenti tranne che dal vincitore designato) si è ripetuto successivamente al momento delle successive procedure indette dal gestore del Sii. Identiche riflessioni valgono anche per le gare di Acque (pag. 60) e Brianzacque (pag. 67).

In relazione alla gara indetta dalla Amiacque va evidenziato come i prezzi riportati dal fax (pag. 63) venivano pienamente rispettati dai concorrenti: inoltre, va rilevato come l’esito della presente gara (aggiudicata a WaterTech) potesse essere compensato con la procedura dell’Ags (doc. 39), in relazione alla quale Maddalena chiedeva l’assegnazione per sé: proposta però rigettata da WaterTech che infatti risulterà poi miglior offerente. Le successive gare, invece, venivano aggiudicate a giro alle varie imprese, evidenziando palesemente la spartizione delle varie forniture.

Deve poi rilevarsi come effettivamente uno dei due lotti della gara Apm (pag. 30) veniva aggiudicato da G2 in luogo di Maddalena: nondimeno, lo scostamento dalle indicazioni e la singolarità dell’accadimento non esclude la bontà delle indicazioni attesa la possibilità (stante i ripetuti e dimostrati contatti tra le varie imprese) di una successiva pattuizione sulle offerte, circostanza corroborata dalla offerta di WaterTech pienamente in linea con il dato riportato nel fax.

Dall’esame di tali documenti risulta, pertanto, confermata l’anteriorità temporale delle comunicazioni raccolte rispetto alla presentazione delle offerte e, quindi, all’aggiudicazione delle procedure di gara, senza che siano state fornite attendibili ricostruzioni alternative rispetto al contenuto dei messaggi.

Quanto agli ulteriori contatti intrattenuti tra le parti, che la ricorrente ha sostenuto essere espressione di ordinari rapporti commerciali tra soggetti operanti nel medesimo settore, l’Autorità ha evidenziato il contenuto criptico e mai esplicito degli scambi in questione, in una con il carattere informale dei mezzi tecnici impiegati, espressivi di rapporti non cristallini e di incontri verosimilmente volti a perseguire scopi non dichiarati. In particolare, al paragrafo 541 del provvedimento l’Autorità ha osservato che «…l’intesa è stata posta in essere ricorrendo a una serie continua di contatti criptici, interrotti o eliminati, ricorrendo a molteplici mezzi offerti dalla tecnologia (fax, e mail e poi anche WhatsApp e Skype), nonché a incontri di persona, all’insaputa degli altri concorrenti presenti nel settore (“estendo anche al Bresciano? [ICA, n.d.r.]”, “Convoco I? (…) I…meglio di no”) e delle stesse stazioni appaltanti, intesa che è stato possibile ricostruire sulla base di evidenze di conversazioni circoscritte alle imprese coinvolte e non di pubblico dominio, in parte acquisite in ispezione e in parte pervenute in forma anonima, mettendo in luce così la carenza di trasparenza e pubblicità della concertazione».

Quanto, infine, alla riconducibilità alla ricorrente di alcune delle scritture contenute nel documento, deve rilevarsi che alcune delle frasi autografe apposte sulle comunicazioni di cui si compone il documento analizzato sono siglate con una lettera maiuscola “E”, che corrisponde esattamente alla sigla riportata in calce ad alcuni documenti ufficiali della medesima WaterTech s.p.a., come evidenziato anche mediante raffronto grafico al par. 71 del provvedimento, non contestato.

Riguardo poi alle impostazioni della data e della pagina, le uniche in lingua inglese, risultanti da altre comunicazioni inserite nel documento, che a loro volta sono state riferite alla ricorrente, la stessa si limita a riproporre la deduzione già contrapposta in sede procedimentale, vale a dire la non coincidenza tra queste impostazioni e quelle risultanti da un fax spedito nel 2013. Tuttavia, questa notazione ha già trovato una risposta nel provvedimento, in cui si è segnalato, correttamente, che la società in discorso ha la sede legale a Milano e una sede amministrativa ad Asti e, pertanto, la segnalata discrasia ben può giustificarsi in ragione dell’utilizzo, nelle due sedi, di macchine per l’invio e la ricezione dei fax con impostazioni diverse.

Del resto, l’Autorità ha anche rilevato che nei documenti in cui compaiono le impostazioni di pagina e di data in inglese l’operatore designato come vincitore della procedura ivi presa in considerazione è proprio la WaterTech, indicata con le iniziali WT; ciò corrisponde alla generale ricostruzione operata nel provvedimento della cui legittimità si disputa, nel quale si sostiene che le comunicazioni collazionate nel documento anonimo sarebbero state inviate proprio dal soggetto di volta in volta individuato come aggiudicatario della corrispondente commessa pubblica.

Infine, per quanto riguarda l’incontro organizzato per la data dell’11 febbraio 2015, che secondo la ricorrente non sarebbe avvenuto a Milano, come ipotizzato dall’Autorità, bensì a Tolosa, presso un fornitore estero di componenti impiegate nella costruzione dei contatori, si sottolinea che, anche a voler ritenere fondato il rilievo di controparte, esso non è in sé sufficiente a infirmare l’intero ragionamento probatorio posto a fondamento del provvedimento, giacché, nello stesso passaggio del provvedimento in cui si prospetta il possibile incontro a Milano dell’11 febbraio 2015, si dà altresì conto di un’ulteriore conversazione WhatsApp tra esponenti della società Maddalena che si accordano per andare in metro, il 17 giugno 2015, “da wt”, ossia, verosimilmente, nella sede di WaterTech.

La ricorrente ha poi sostenuto che non sarebbe stato provato il suo coinvolgimento nelle concertazioni e pratiche concordate relative alle gare svoltesi nel periodo 2016-2019.

Al riguardo sono stati raccolti numerosi elementi esogeni, menzionati ai paragrafi 311 e ss. del provvedimento sanzionatorio: Watertech s.p.a. compare in numerose delle conversazioni riportate, che comprovano la prosecuzione dell’attività concertativa, attraverso riunioni e conversazioni dal contenuto sempre criptico; inoltre, il provvedimento evidenzia che, all’esito delle verifiche effettuate sulla base di dati pubblicamente disponibili/forniti dalla stazione appaltante, risulta che due delle tre procedure bandite da Acque Bresciane s.p.a. per la fornitura di contatori idrici nel febbraio 2019 sono state aggiudicate a Maddalena e la terza a WaterTech, come prospettato nelle conversazioni intercorse tra Maddalena e G2.

Particolarmente significativo appare poi anche il punto 264 del provvedimento sanzionatorio, nel quale si dà conto della storicità e continuità nell’aggiudicazione delle forniture di contatori indette dalla Ruzzo Reti s.p.a., nonché nei comportamenti mantenuti da tutti gli operatori partecipanti all’intesa in discorso, nelle relative procedure di gara: «Nelle successive procedure bandite da Ruzzo Reti, si è registrata una costante aggiudicazione a favore di G2 fino al 2018 (CIG6099009571 del febbraio 2015, CIGZ1D208FA32 dell’ottobre 2017, nonché per gli affidamenti di aprile e ottobre 2018), frutto della mancata partecipazione di Maddalena, nonché di offerte non competitive da parte di WaterTech. In particolare, nella procedura del febbraio 2015 G2 applica uno sconto del 15,10% mentre WaterTech del 3,9% e la medesima distanza tra gli sconti si ritrova anche nella gara procedura del 2017, in cui, a fronte di un massimo di spesa previsto dalla stazione appaltante di 40.000 €, G2 ha offerto uno sconto del 10,75% e WaterTech dello 0,29%. Anche nelle due procedure negoziate del 2018, WaterTech si è posizionata dietro G2, con offerte superiori a quelle di quest’ultima del 16% nel mese di aprile, e dell’8% nel mese di ottobre».

Ulteriori elementi che comprovano la prosecuzione della logica concertativa anche nel periodo ricompreso tra il 2016 e il 2019 riguardano i contatti qualificati intercorsi tra le parti, in particolare, tra G2 e Maddalena –e indirettamente Itron –per la procedura in 10 lotti di ACEA del 2018 (par. 611 e ss. del provvedimento); tra Maddalena e G2 per la procedura di gennaio 2019 (880000I806/SMA) e tra Sensus e Maddalena –e indirettamente Itron –per la procedura di settembre 2019 (8800002309/PGI).

Inoltre, anche nel periodo 2016-2019 le società partecipanti all’intesa anticoncorrenziale hanno mantenuto le quote di mercato, in misura assolutamente maggioritaria, già acquisite per il periodo precedente, come dimostrano le elaborazioni statistiche contenute nei punti 41 e ss. del provvedimento sanzionatorio.

Sulla base di tali considerazioni deve poi essere respinta la censura con la quale si è dedotta la cessazione delle condotte anticoncorrenziali nel 2015.

Passando all’esame del terzo motivo, va premesso come la definizione di mercato rilevante dell’Agcm sia espressione di una valutazione discrezionale (che inevitabilmente rischia di scontare un margine d’opinabilità), sindacabile dal giudice amministrativo solo per mancato rispetto dei generali principî di logicità, ragionevolezza e proporzionalità, oltre che del vincolo di coerenza comunitario (Cons. Stato, sez. VI, 8 agosto 2014, n. 4228): orbene, nel caso di specie, non si riscontrano i menzionati vizî (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 23 agosto 2021, n. 5992).

Nelle ipotesi di intese restrittive della concorrenza, è stato precisato che la definizione del mercato rilevante risulta ex se funzionale all’individuazione delle caratteristiche stesse del contesto nel cui ambito si colloca l’illecito coordinamento delle condotte d’impresa, atteso che è proprio l’ambito di tale coordinamento a delineare e definire l’ambito stesso del mercato rilevante. Vale a dire che la definizione dell’ambito merceologico, operativo e territoriale in cui si manifesta un coordinamento fra imprese concorrenti e si realizzano gli effetti derivanti dall’illecito concorrenziale risulta funzionale alla decifrazione del grado di offensività dell’illecito (Cons. Stato, sez. VI, 3 giugno 2014 n. 2837).

Nella specie, essendo in contestazione una fattispecie di bid rigging il mercato rilevante è dato dall’insieme delle gare pubbliche alterate o condizionate dai varî partecipanti all’intesa (sul punto, v. Cons. Stato, sez. VI, 9 settembre 2021, n. 6239). D’altronde, l’Agcm non ravvisava un illecito nel generale mercato dei contatori idrici, bensì nella sua articolazione rappresentata dalle procedure indette dai gestori del Sii che appaiono omogenee sotto il profilo della presentazione delle offerte.

Conseguentemente, legittima appare l’individuazione del mercato rilevante, rappresentato dalle gare per le forniture dei misuratori d’acqua: in tal senso, l’aver circoscritto il mercato a 161 su oltre 800 lotti banditi nel periodo di interesse costituisce corretto modus operandi, dettato dalla necessità di limitare l’indagine ai fatti per i quali effettivamente era possibile provare l’illecito. Invero, per le procedure appena citate non risulta in alcun modo contestato che le imprese coinvolte si siano aggiudicate circa il 90% dei lotti di gara: circostanza che dimostra, da un lato, l’enorme potere di mercato delle imprese interessate e, dall’altro, l’effettivo conseguimento degli obiettivi di spartizione.

Come evidenziato ai parr. 585 e ss. del provvedimento, l’Autorità ha proceduto dapprima all’analisi delle procedure indicate nel documento anonimo sopra analizzato, e negli altri documenti acquisiti nel corso dell’istruttoria, quali alcune comunicazioni via Whatsapp, Skype e e-mail, per poi passare all’esame delle altre procedure che presentavano le medesime caratteristiche, riguardo alla struttura delle offerte, all’individuazione dell’operatore aggiudicatario e, in generale, al comportamento tenuto dai potenziali offerenti, delle procedure per le quali esistevano elementi esogeni.

A tal fine si è tenuto conto dell’applicazione dei medesimi prezzi o dei medesimi sconti risultanti dai fax del documento anonimo, della ricorrenza di un identico “pattern competitivo”, fondato su un ribasso del soggetto aggiudicatario ben distanziato dai ribassi risultanti dalle “offerte di appoggio” presentate dagli altri concorrenti, e della mancata partecipazione di alcuni operatori, in coerenza con quanto indicato nei documenti acquisiti.

Non rileva, pertanto, il fatto che non siano state prese in considerazione tutte le procedure di gara indette e aggiudicate nel periodo considerato; ciò si sarebbe reso, con ogni evidenza, impossibile, essendo la prova delle intese, visto il carattere segreto e assai spesso implicito delle stesse, necessariamente indiziaria e, financo, “frammentaria”. L’Autorità ha quindi, correttamente, incentrato la sua analisi sulle procedure di gara rispetto alle quali risultava dimostrata, o comunque presumibile con elevato grado di probabilità, un’alterazione del normale confronto competitivo, come attestato nel punto 515 del provvedimento sanzionatorio.

Devono quindi essere respinte le doglianze proposte avverso l’accertamento delle condotte contestate e, per le medesime ragioni, le analoghe censure contenute nel ricorso proposto da Arad ltd.

Prima di passare all’esame dei motivi proposti avverso la quantificazione della sanzione, devono essere esaminate le censure proposte da Arad con riferimento al suo coinvolgimento nel procedimento.

Deve, in primo luogo, essere disattesa la censura relativa alla tardività dell’estensione del procedimento nei confronti di Arad: a seguito dell’avvio dell’istruttoria in data 29 ottobre 2019, infatti, l’Autorità ha proceduto ad una serie di accertamenti ispettivi nel novembre 2019 presso le sedi delle imprese coinvolte e, successivamente, ha richiesto informazioni ai quattro gestori del servizio idrico integrato menzionati nella comunicazione di avvio, ottenendo le informazioni richieste, da ultimo, il 27 febbraio 2020; a causa dell’emergenza sanitaria causata dalla diffusione del virus Covid 19, sono poi intervenute, a partire dal 23 febbraio 2020, le sospensioni del procedimento disposte dai decreti legge nn. 18 e 23 del 2020 ed il termine finale del procedimento è slittato al 23 marzo 2021; il 10 giugno 2020 è stata deliberata l’estensione ad Arad.

Tenuto conto, quindi, delle acquisizioni istruttorie ottenute fino alla fine di febbraio 2020 e della conseguente sospensione del procedimento per effetto dell’emergenza sanitaria, deve ritenersi che l’estensione del procedimento nei confronti di Arad sia intervenuta del tutto tempestivamente rispetto alle risultanze istruttorie che sono pervenute all’esame dell’Autorità e al conseguente emergere della necessità di far partecipare al procedimento anche le imprese che detenevano una partecipazione rilevante nelle società coinvolte dalla contestazione.

Del pari deve essere disattesa la doglianza afferente la modifica dell’impianto accusatorio consistita nel fatto che, mentre la comunicazione delle risultanze istruttorie attribuiva ad Arad una responsabilità solidale nei confronti di Watertech in relazione al controllo totalitario su tale società, il provvedimento finale avrebbe invece più correttamente rilevato che la partecipazione detenuta era pari al 60% delle azioni, argomentando il controllo sulla base di ulteriori elementi.

Al riguardo deve osservarsi che, seppure la comunicazione delle risultanze istruttorie definisce l’assetto definitivo delle contestazioni mosse alle parti, per consentire alle stesse di esercitare il loro diritto di difesa sulla base del quadro degli elementi probatori acquisiti, non può, tuttavia, postularsi una assoluta sovrapposizione tra le risultanze della CRI e gli elementi posti dall'Autorità a fondamento del provvedimento con cui si conclude il procedimento.

Come rilevato dalla giurisprudenza pronunciatasi su tale aspetto, nell'ambito della fase decisoria il Collegio dell’Autorità dispone, infatti, di un potere valutativo autonomo “considerato anche che la CRI è atto degli uffici dell’Autorità il quale deve essere completo nella descrizione delle risultanze istruttorie per consentire l’esercizio del diritto di difesa, ma che non intacca l’autonoma valutazione della fattispecie la quale spetta all’Autorità - e non agli uffici - in sede di adozione del provvedimento finale” (Consiglio di Stato, 24 luglio 2020, n. 4736; 24 ottobre 2014, nn. 5275, 5276; 27 giugno 2014, n. 3252).

Nel caso in esame deve osservarsi che, dal confronto con la valutazione svolta nella CRI, nel provvedimento finale non vi è stata alcuna significativa modifica dell’impianto accusatorio, incentrato sulle contestazioni mosse a Watertech e sulla imputabilità delle stesse ad Arad sulla base della partecipazione di controllo dalla stessa detenuta su Watertech; ciò che è mutato è stata solo la qualificazione di tale partecipazione che, in un primo momento, era stata ritenuta totalitaria, mentre nel provvedimento finale è stata più correttamente delineata come maggioritaria.

Tali diverse notazioni sono scaturite dalla dialettica procedimentale e non hanno pregiudicato la difesa della ricorrente, che ha potuto pienamente contraddire sul punto.

Pertanto nella fattispecie non è ravvisabile alcuna significativa modifica dell’impianto accusatorio ma unicamente l’individuazione dell’imputabilità delle condotte ad Arad non già in forza della presunzione di parental liability, ma sulla base della motivata presenza di indici di influenza determinante, pur nell’identità delle condotte contestate.

Venendo all’esame della contestazione incentrata sull’insussistenza di tale influenza determinante, deve, in primo luogo, richiamarsi quella giurisprudenza comunitaria che, in materia di imputazione degli illeciti antitrust, partendo da una concezione funzionalistica della nozione di impresa, giunge ad affermare che «[n]ell'ambito del diritto della concorrenza la nozione d'impresa dev'essere intesa nel senso ch'essa si riferisce ad un'unità economica […] anche se sotto il profilo giuridico quest'unità economica è costituita da più persone, fisiche o giuridiche» (Procedimento C-170/83 Hydrotherm ECLI:EU:C:1984:271, punto 11; cfr. anche causa T-137/02 Pollmeier Malchow/Commissione ECLI:EU:T:2004:304, punto 50).

La dottrina dell’unica entità economica postula, quindi, che, a prescindere dalla sussistenza di più soggetti formalmente distinti sotto il profilo giuridico, essi possono comunque considerarsi, alla luce della presenza di una partecipazione di controllo o di legami funzionali, economici od organici, come un soggetto unitario ai fini dell’applicazione della normativa antitrust. In sostanza, se è possibile rintracciare un comportamento unitario nel mercato, le persone del gruppo appartengono alla medesima “impresa” (CGUE, 14-12-2006, causa C-217/05, Confederación Española de Empresarios de Estaciones de Servicio).

In proposito, al fine di individuare degli indici della sussistenza di una single economic unit, la giurisprudenza comunitaria ha affermato che devono coesistere due fattori: una posizione di controllo esercitabile dalla capogruppo sulle altre società ed il concreto esercizio su di esse di una influenza determinante tale da rendere, ai fini anticoncorrenziali, sia la società madre che le controllate un unico centro di imputazione effettivo dell’attività del gruppo. Nel caso di controllo totalitario o quasi totalitario della capogruppo, sussiste una presunzione relativa della presenza di una influenza determinante, superabile solo ove la società dimostri che in concreto essa non è stata esercitata.

L’Autorità nel provvedimento impugnato ha fatto corretta applicazione delle surriferite indicazioni, ricostruendo l’imputabilità dei comportamenti di Watertech ad Arad sulla base di plurime valide considerazioni, riguardanti i rapporti tra i due soggetti e le modalità di coordinamento delle attività tra gli stessi.

L’Autorità ha, infatti, argomentato la responsabilità solidale di Arad sulla base della partecipazione di maggioranza, che assicura alla controllante la nomina della maggioranza del CDA (in particolare di due dei tre componenti del CDA di Watertech, Presidente e vice Presidente) (§699 provv.), della detenzione dei diritti di pegno sulle partecipazioni di minoranza e della condivisione preventiva delle decisioni più importanti, oltre che con riferimento all'utilizzo di risorse finanziarie e tecnologiche della controllante, come dichiarato dalla stessa Watertech in sede di audizione.

Si tratta di elementi perfettamente rientranti nell’ambito di quelli enucleati dalla giurisprudenza consolidata, la quale ha valorizzato (v. da ultimo Corte di giustizia, 12 maggio 2022, C-377/20, Enel, punto 111) ai fini del riscontro dell’influenza determinante la presenza di "vincoli economici,

giuridici e organizzativi".

A fronte di tali acquisizioni deve ritenersi sussistente un coordinamento strategico in ordine alle gare cui partecipare e alle modalità di partecipazione, con conseguente correttezza delle considerazioni svolte in merito dall’Autorità.

Tuttavia, il controllo così delineato è stato acquisito da Arad nell’ottobre del 2018, come riscontrato dalla stessa Autorità al par. 8 del provvedimento e come evincibile dall’esame dell’estratto del Libro soci, prodotto in giudizio dalla ricorrente sub allegato 9).

Pertanto, in assenza di qualsiasi elemento concernente i rapporti tra le due società nel periodo antecedente tale data, non è possibile configurare una responsabilità solidale di Arad per le condotte tenute da Watertech in epoca precedente, potendo la stessa essere chiamata a rispondere in solido con la controllata solo dopo l’acquisizione della partecipazione maggioritaria, con i collegati elementi sopra riportati.

Tale circostanza, come già affermato dal Consiglio di Stato in analoga vicenda, impinge non sulla legittimità del provvedimento, ma sulla misura della sanzione (sentenza 18 agosto 2021, n. 5918), non potendo non rilevare il periodo ridotto in relazione al quale le condotte sono imputabili alla controllante, come di seguito di dirà.

Venendo all’esame dei motivi proposti avverso la quantificazione della sanzione da Watertech, deve rilevarsi, in primo luogo, con riferimento al valore delle vendite preso come base per il calcolo della sanzione, che non colgono nel segno le censure che intendono limitare tale valore ai soli importi delle gare direttamente riferibili ai fax di cui al doc. 248 e svoltesi successivamente alla data del documento, in quanto la base di calcolo dell'ammenda inflitta a un'impresa deve riflettere l'importanza economica dell'infrazione e non può essere stimata avuto riguardo alla sola parte del fatturato delle imprese immediatamente connessa alla stessa (T.A.R. Lazio, sez. I settembre 2016, n. 9553).

La determinazione dell’importo base, nella specie, è stata effettuata dall’Autorità secondo quanto disposto dal punto 18 delle Linee Guida sulle sanzioni che, con particolare riferimento alle fattispecie di collusione nell’ambito di gare di appalti pubblici, dispone che “l’Autorità prenderà in considerazione il valore delle vendite direttamente o indirettamente interessate dall’illecito. In linea di principio, tale valore corrisponde, per ciascuna impresa partecipante alla pratica concertativa, agli importi oggetto di aggiudicazione o posti a base d’asta in caso di assenza di aggiudicazione o comunque affidati ad esito di trattativa privata nelle procedure interessate dall’infrazione, senza necessità di introdurre aggiustamenti per la durata dell’infrazione ai sensi dei paragrafi precedenti”.

Nel caso di specie, il valore delle vendite corrisponde all’importo di aggiudicazione di ciascuna gara a cui le parti hanno partecipato - e si sono aggiudicate - rientrante nel disegno spartitorio individuato nel corso del procedimento; nei lotti che le parti non si sono aggiudicati, l’Autorità ha ritenuto opportuno individuare quale valore delle vendite il valore dell’offerta effettuata dall’impresa che, sulla base del disegno ripartitorio, avrebbe dovuto risultare aggiudicataria.

Né possono essere espunti dal calcolo del valore delle vendite, per quanto sopra detto, i lotti banditi nel periodo 2016-2019, con riferimento ai quali è stato comunque riscontrato il perdurare dell’intesa.

Pertanto, nel caso di specie la determinazione dell’importo delle vendite da assumere come base del calcolo della sanzione risulta correttamente operata.

Ai fini della determinazione dell’importo base della sanzione, al fatturato specifico come sopra determinato è stata applicata una specifica percentuale individuata in funzione della gravità della violazione; trattandosi di un’intesa orizzontale segreta di ripartizione dei mercati, attuata dalle maggiori imprese attive a livello nazionale nel settore di riferimento, la percentuale del valore delle vendite è stata legittimamente fissata al 15%, tenendo conto delle indicazioni fornite dal punto 12 delle Linee Guida, che individuano tale percentuale quale soglia minima per le intese orizzontali quale quella accertata.

Parimenti infondate sono le censure avverso l’importo supplementare applicato a titolo di “entry fee”.

Il punto 17 delle linee guida prevede che “l’Autorità potrà considerare opportuno l’inserimento nell’importo di base di un ammontare supplementare compreso tra il 15% e il 25% del valore delle vendite dei beni o servizi oggetto dell’infrazione”.

L’importo supplementare in questione è applicabile al fine di “inspessire” l’effetto deterrente della sanzione laddove l’Autorità usi un sopporto motivazionale che faccia comprendere la necessità di tale “rinforzo”, come si evince dalla locuzione “potrà considerare opportuno” contenuta nel suddetto punto 17, in relazione alle singole imprese e al loro effettivo comportamento. L’applicazione dell’ “entry fee” è stata motivata, nei confronti di tutte le parti del procedimento, in ragione del fatto che la fattispecie accertata si configura quale “restrizione particolarmente grave della concorrenza e che il valore delle vendite nel caso in esame non consente di cogliere in pieno il peso dei comportamenti gravi di ogni impresa nell’infrazione, considerando che parte di tali comportamenti consistevano proprio nella mancata partecipazione a determinate gare o nella decisione concordata di partecipare in modo da determinare l’aggiudicazione a talune imprese in luogo di altre (Consiglio di Stato, VI, 13 giugno 2014, n. 3032, I731 - Gare campane). Inoltre, la più recente giurisprudenza ha riconosciuto l’applicazione dell’entry fee in ragione del fatto che l’intesa sarebbe ‘particolarmente grave’, sia per la sua natura, sia per la tipologia del servizio interessato (Consiglio di Stato, n. 8613/2021)”.

L’utilizzo dell’entry fee è stato quindi correttamente argomentato dall’Autorità sulla base dei concreti comportamenti tenuti dalle imprese (Cons. Stato, sez. VI, 9 maggio 2022, n. 3572).

L’Autorità ha poi assunto quale periodo di riferimento l’esercizio 2020, che, per le note vicende pandemiche, ha visto ridursi il fatturato delle imprese: ciò ha determinato un contenimento dell’entità dell’importo delle sanzioni irrogate, considerato anche che veniva impiegato il coefficiente di gravità minima (15%) del tutto proporzionata alla fattispecie concreta.

Per quel che riguarda Watertech, l’Autorità ha poi correttamente riconosciuto un ruolo attivo nell’organizzazione e attuazione dell’intesa, come evidente dalla copiosa corrispondenza acquisita imputabile alla predetta società: ne discende la logica e coerente applicazione dell’aggravante prevista dalle linee guida, nella misura contenuta al 10% dell’importo base della sanzione.

Per quanto riguarda poi la mancata applicazione dell’attenuante legata alla realizzazione di un programma di “compliance antitrust”, deve osservarsi che le Linee Guida adottate dall’Autorità dispongono, come ricordato al punto 735 del provvedimento, che il programma di compliance sia adottato e implementato nell’ambito dell’intero gruppo societario.

Di conseguenza, non può sostenersi che Arad, non avendo partecipato direttamente all’intesa contestata, non sarebbe stata tenuta ad adottare il piano, giacché, ove lo stesso fosse posto in essere esclusivamente dalla controllata, ne sarebbe vanificato lo scopo, potendo la controllante fornire indirizzi o adottare politiche di gruppo idonee a dar luogo nuovamente a violazioni del diritto antitrust.

Del resto, non può sottacersi che anche alla controllante sono ascrivibili, sulla base di quanto sopra argomentato, le condotte contestate dopo l’acquisizione della partecipazione maggioritaria, con conseguente accertamento, a suo carico, di una responsabilità, sia pure indiretta, nella realizzazione o, perlomeno, nel mancato impedimento dell’intesa ovvero della pratica anticoncorrenziale di cui si discorre, in tale ultima fase.

È invece fondata la censura concernente la commisurazione del limite massimo della sanzione al fatturato della controllante Arad, piuttosto che a quello della controllata Watertech, con riferimento al periodo intercorso fino all’ottobre del 2018, rispetto al quale, come detto, non è ravvisabile una situazione di influenza dominante di Arad su Watertech, di modo che esclusivamente in tali limiti deve essere accolto il ricorso di quest’ultima, con annullamento della determinazione della sanzione nei suoi confronti e del successivo provvedimento di rigetto dell’istanza di riesame.

In sede di rideterminazione della sanzione questa dovrà, quindi, essere contenuta nei limiti del 10% del fatturato di Watertech con riferimento al periodo antecedente all’acquisizione della partecipazione da parte di Arad.

Quanto alle doglianze spiegate da Arad con riferimento alla sanzione, per quanto sopra rilevato la stessa può essere riconosciuta come responsabile in solido con Watertech solo a partire dall’ottobre 2019, con la conseguenza che tale censura deve essere accolta, con annullamento unicamente in tale parte del provvedimento impugnato e del diniego di riesame.

L’Autorità dovrà, quindi, provvedere a rideterminare la sanzione irrogata ad Arad tenendo conto dell’imputabilità nei suoi confronti delle condotte contestate a decorrere dall’ottobre 2018.

Alla luce di tali considerazioni i ricorsi devono essere accolti solo con riferimento alla quantificazione della sanzione nella parte in cui è stata ravvisata l’imputabilità, e la connessa responsabilità solidale, di Arad per le condotte tenute prima dell’acquisizione della partecipazione in Watertech.

Le spese di lite possono essere compensate per un quarto tenuto conto della reciproca soccombenza, mentre per il resto devono essere poste a carico delle ricorrenti nella misura liquidata in dispositivo; vanno compensate nei confronti di Gaia s.p.a..

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sui ricorsi riuniti, come in epigrafe proposti, li accoglie in parte nei sensi e nei limiti di cui in motivazione;

compensa le spese nei confronti di Gaia s.p.a.;

compensa per un quarto le spese di lite che per il resto devono essere rifuse in favore dell’Autorità resistente dalle ricorrenti in solido tra loro, nella misura di euro 6.000 oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Francesca Petrucciani, Presidente FF, Estensore

Filippo Maria Tropiano, Consigliere

Matthias Viggiano, Referendario

 
 
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Francesca Petrucciani
 
 
 
 
 

IL SEGRETARIO


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