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Pubblicato il 16/06/2023
N. 05969/2023REG.PROV.COLL.
N. 06251/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6251 del 2022, proposto da -OMISSIS- - Organismo di Attestazione S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Angelo Clarizia, Paolo Clarizia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Angelo Clarizia in Roma, via Principessa Clotilde, 2;
contro
Anac - Autorita' Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima) n. -OMISSIS-, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Anac - Autorita' Nazionale Anticorruzione;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 9 marzo 2023 il Cons. Diana Caminiti e uditi per le parti gli avvocati Clarizia Paolo;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.Con atto notificato in data 25 luglio 2022 e depositato il successivo 27 luglio -OMISSIS- - Organismo di Attestazione S.p.A. – d’ora in poi per brevità -OMISSIS- – già -OMISSIS- S.p.A., ha interposto appello avverso la sentenza del Tar per il Lazio, sezione Prima (stralcio), -OMISSIS-, n. -OMISSIS-con la quale è stato rigettato il ricorso proposto dalla medesima società per l’annullamento del provvedimento, adottato dall’Anac – Autorità Nazionale Anticorruzione, prot. -OMISSIS-, con il quale è stata disposta l’irrogazione della sanzione pecuniaria dell’importo di euro 10.000,00, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 70, comma 1, lett. a) e d), e dell’art. 73, comma 2, lett. b), del d.P.R. n. 207/2010, a titolo di colpa grave, con conseguente annotazione della notizia sul Casellario Informatico nonché per l’annullamento dei relativi atti presupposti, ivi incluso, il “Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’art 8, comma 4, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163”; in subordine con il ricorso di prime cure parte appellante aveva richiesto la declaratoria del suo diritto ad accedere agli atti e documenti richiesti con istanza di accesso nel corso del procedimento, con conseguente condanna ad esibire e consentire l’estrazione in copia, ai sensi dell’art. 116, comma 1, c.p.a., dei documenti relativi al richiesto accesso, nonché, in ogni caso, la condanna di ANAC al risarcimento di tutti i danni subiti, tanto sotto forma di reintegrazione in forma specifica, quanto, nel caso in cui il conseguimento della stessa fosse in tutto o in parte impossibile o non fosse comunque soddisfacente, per equivalente
2. Dagli atti di causa risulta quanto di seguito specificato.
2.1. Il Consiglio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, nell’adunanza del 27.05.2015, deliberava l’avvio, nei confronti della Società -OMISSIS- – poi divenuta -OMISSIS- - del procedimento sanzionatorio -OMISSIS-, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 70, comma 1, lett. a) e d), e dell’art. 73, comma 2, lett. b), del d.P.R. n. 207/2010, in relazione alle incompatibilità riscontrate (e solo successivamente rimosse o in via di rimozione da parte della SOA) in capo al Sig. -OMISSIS-, consigliere di amministrazione nonché dipendente di -OMISSIS- nonché con riferimento alle socie -OMISSIS- e -OMISSIS-.
Quindi, con nota prot. n. -OMISSIS-, detta Autorità dava comunicazione alla suindicata Società di detto avvio del procedimento.
2.1.1. Come meglio specificato nel provvedimento impugnato, i fatti e le circostanze che avevano indotto il Consiglio alla decisione in oggetto erano emersi nel corso delle verifiche trimestrali e semestrali di cui ai punti 1.3 e 1.4 delle Linee Guida allegate alla determinazione n. 1/2011 e al Manuale sull’attività di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro.
2.2 L’audizione della società si teneva il 24.07.2015.
2.3. Quindi, con nota - determinazione in data 29.07.2015, l’Ufficio procedente comunicava le risultanze istruttorie, ai sensi dell’art. 42 del Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio nei confronti delle SOA, concedendo alla stessa il termine di quindici giorni per l’invio di ulteriori elementi e per l’eventuale richiesta di audizione dinanzi il Consiglio.
2.4. In data 31.07.2015 -OMISSIS- proponeva istanza di proroga del termine concesso dall’Autorità. Tale istanza non veniva però accolta, come da comunicazione prot. -OMISSIS-, così che, con nota del 12.08.2015, -OMISSIS- produceva memoria a difesa, chiedendo altresì l’audizione innanzi al Consiglio dell’Autorità, tenutasi poi il 21.10.2015.
2.5. A seguito della discussione innanzi al Consiglio, nelle more dell’emissione del provvedimento, in data 11.09.2015, detta Società comunicava la sopravvenienza anche di ulteriori circostanze, che, a suo dire, avrebbero giustificato ancor più la richiesta di archiviazione del procedimento de quo.
2.6. Con nota del 26.10.2015, l’Ufficio Vigilanza SOA comunicava l’integrazione della nota di avvio del procedimento.
2.7. Con nota dell’11.11.2015, assunta al prot. n. -OMISSIS-, l’appellante chiedeva di poter prendere visione ed estrarre copia della documentazione istruttoria sottesa alle decisioni del Consiglio del 27.05.2015 e 21.10.2015 ed altresì una proroga del termine assegnato di trenta giorni per l’invio di controdeduzioni difensive, con sua decorrenza dal momento di ostensione della documentazione richiesta.
2.7.1. Con comunicazione prot. Anac n. -OMISSIS- in pari data veniva riscontrata la predetta istanza e, in data 17.11.2015, veniva esercitato parzialmente il diritto di accesso. In particolare l’ufficio competente consegnava copia dell’estratto del verbale del Consiglio del 27.05.2015 e l’estratto integrale del verbale dell’adunanza del 21.10.2015.
2.8. Con nota del 25.11.2015, in riscontro alla predetta comunicazione di integrazione di avvio del procedimento, la ricorrente trasmetteva all’Autorità un’articolata memoria a difesa, chiedendo altresì l’ostensione degli atti richiesti con nota dell’11.11.2015, nonché, in ogni caso, l’audizione innanzi all’ufficio procedente dell’ANAC.
2.9. Con delibera n. -OMISSIS-, recante “Procedimento sanzionatorio nei confronti di -OMISSIS- S.p.a., ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli articoli 70, comma 1, lett. a) e lett. d) del d.p.r. 207/2010 e dell’art. 73, co.2 lett. b) del d.p.r. 207/2010”, notificata il 16.12.2015, l’ANAC irrogava, nei confronti della ricorrente, la sanzione pecuniaria di € 10.000.
3. Con il ricorso di prime cure, impugnandosi il provvedimento sanzionatorio dell’ANAC e gli atti procedimentali che lo avevano proceduto, venivano dedotti in primo luogo vizi attinenti al profilo procedimentale, contestandosi innanzi tutto l’assenza della fase concernente le risultanze istruttorie e la mancata audizione a seguito dell’integrazione della comunicazione di avvio del procedimento, oltre che la mancata concessione della proroga per presentare osservazioni (comunque poi ugualmente prodotte nei termini), nonché infine la decadenza dal potere sanzionatorio per superamento del termine massimo previsto per la contestazione degli addebiti.
3.1. Sotto un profilo procedimentale/sostanziale si assumeva inoltre la mancata valutazione ed idonea considerazione delle deduzioni endoprocedimentali di -OMISSIS- e l’assenza di contestazioni in relazione all’elemento psicologico della colpa grave.
3.2. Sotto un aspetto più propriamente attinente al merito, per un verso, si rimarcava la condotta asseritamente corretta tenuta dalla società ricorrente, che avrebbe sempre fornito in modo completo i dati di volta in volta, sulla base della disciplina vigente, richiesti, per altro verso, si sosteneva l’assoluta indipendenza di -OMISSIS-, confutandosi i rilievi concernenti -OMISSIS-, consigliere di amministrazione nonché dipendente di -OMISSIS-, e le socie sorelle -OMISSIS-.
3.2.1. Sotto altro aspetto, si assumeva che illegittimamente non sarebbe stato consentito l’accesso a tutti i documenti del procedimento sanzionatorio richiesto e, perciò, si chiedeva il riconoscimento del diritto all’accesso in tali termini.
3.2.2. In via subordinata si censurava il Manuale sulla Qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro (G.U. n. 10/2014, entrato in vigore il 29.10.2014), la determinazione n. 1/2011 dell’allora Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e forniture ed il “Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’art 8, comma 4, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163”.
3.2.3 Infine si chiedeva il risarcimento in forma specifica, e, in subordine, per equivalente.
4. La sentenza appellata ha ritenuto infondato sotto ogni profilo il ricorso, tranne che per le impugnative del Manuale sulla Qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro, della determinazione n. 1/2011 dell’allora Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e forniture e del “Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità”, reputate inammissibili per mancata specificazione delle censure.
5. Con l’atto di appello la società -OMISSIS- – già -OMISSIS- – ha articolato, in tre motivi, le seguenti censure:
I) Error in iudicando - Violazione e falsa applicazione degli artt. 40 e 42 del “Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio nei confronti delle Soa” - violazione del principio del contraddittorio, del diritto di difesa e della parità delle armi - Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 della Cedu.
Con il primo motivo parte appellante contesta capi motivazionali della sentenza di prime cure con cui sono state rigettate le censure con le quali erano stati prospettati vizi procedimentali relativi al mancato rispetto del contraddittorio previsto dalla normativa di settore, nonché afferenti al superamento del termine massimo previsto per la contestazione degli addebiti.
Censura inoltre il capo della sentenza con il quale era stata disatteso il motivo con cui si contestava l’illegittimità della nota ANAC prot. n. -OMISSIS- con la quale era stato trasmesso l’atto di integrazione dell’avvio del procedimento sanzionatorio sotto il profilo della mancata esternazione del rilievo inerente alla configurabilità dell’elemento soggettivo in termini di “colpa grave”.
II) Error in iudicando. Violazione e falsa applicazione degli artt. 70 e 73 del dpr n. 207/2010.
L’Autorità con il provvedimento impugnato in prime cure ha applicato la sanzione pecuniaria di euro 10.000,00 ai sensi del combinato disposto di cui all’art. 70 del d.P.R. e 73 comma 2 del DPR n. 207/2010, contestando all’Organismo di attestazione l’aver posto in essere situazioni non improntate a diligenza, correttezza e trasparenza e/o lesive dell’indipendenza direttamente, per mezzo di soggetti a vario titolo legati allo stesso, o indirettamente, attraverso soggetti in diversi modi aventi rapporti di parentela o coniugio o simili con i primi ed, in particolare: a) la partecipazione azionaria detenuta nella -OMISSIS- S.r.l. dalla coniuge del Sig. -OMISSIS-, socio e consigliere di amministrazione della SOA, nonché il ruolo rivestito dal figlio dei medesimi -OMISSIS- nella prima società; b) le partecipazioni azionarie in società dei genitori delle socie -OMISSIS-.
Parte appellante aveva contestato in prime cure nel merito tale valutazione, evidenziando quanto al primo profilo che l’acquisizione della partecipazione societaria da parte della moglie di -OMISSIS- era avvenuta allorquando i coniugi erano già legalmente separati e non più conviventi e quanto al secondo profilo la non comprensibilità degli addebiti mossi.
Parte appellante assume che la rilevanza di tali partecipazioni societarie era stata esclusa dalla stessa Autorità, la quale si era pronunciata espressamente al momento dell’ingresso nell’azionariato delle sorelle -OMISSIS-, salvo poi contraddittoriamente diversi anni dopo ritenere che le medesime circostanze erano idonee a determinare la perdita della neutralità ed imparzialità in capo all’Organismo di attestazione.
In tesi di parte appellante sarebbe pertanto del tutto contraddittoria la condotta dell’Autorità che, seppure aveva originariamente autorizzato in più occasioni l’ingresso nel capitale sociale della SOA delle sorelle -OMISSIS-, non rilevando alcuna criticità, oltre 10 anni dopo, aveva valutato detto ingresso come incidente sul requisito di indipendenza.
Da ciò pertanto l’erroneità della sentenza appellata che aveva obliterato tali profili.
Ha inoltre censurato il capo della sentenza che aveva ritenuto immune dalle contestate censure la contestazione della colpa grave ai fini della determinazione della sanzione.
III) Error in iudicando - Violazione degli artt. 22 e 24 della l. n. 241/1990 - Violazione e falsa applicazione del regolamento del 3.3.2015 - Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento dettato dall’art. 97 Cost.
Con tale motivo viene contestato il capo della sentenza che aveva ritenuto immune dalle contestate censure il rifiuto di ostensione da parte dell’Anac degli atti istruttori, assumendo che le esigenze di segretezza dovevano intendersi recessive rispetto alle esigenze defensionali, ex art., 24 comma 7 l. 241/90.
6. L’Anac si è costituita in giudizio, instando per il rigetto dell’appello, con il deposito, in vista della trattazione di merito, di articolata memoria difensiva in data 31 gennaio 2023, cui parte appellante ha replicato con la memoria depositata in data 24 febbraio 2023.
7. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 9 marzo 2023.
DIRITTO
8. Il presente appello ha ad oggetto la sentenza del Tar Lazio che ha rigettato il ricorso proposto dall’odierna appellante avverso il provvedimento sanzionatorio adottato dall’Anac nei suoi confronti, con il quale è stata disposta l’irrogazione della sanzione pecuniaria dell’importo di euro 10.000,00, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 70, comma 1, lett. a) e d), e dell’art. 73, comma 2, lett. b), del d.P.R. n. 207/2010, a titolo di colpa grave, con conseguente annotazione della notizia sul Casellario Informatico.
8.1. Il Consiglio dell’Autorità ha infatti ritenuto sussistenti i presupposti per avviare il procedimento sanzionatorio di cui all’art. 73, comma 2, lett. d) del d.p.r. n. 207/2010 e contestualmente, all’esito dell’istruttoria, ha rilevato la sussistenza di un collegamento di natura parentale tra soggetti terzi e la SOA, in grado di compromettere il requisito di indipendenza, integrando una situazione di intreccio di interessi confliggenti, tale da determinare la perdita della neutralità ed imparzialità in capo all’organismo di attestazione, implicando l’interferenza nell’attività societaria dei soggetti terzi o anche, solo, dei loro fini.
L’Autorità ha pertanto evidenziato l’esistenza di un centro di interessi in grado di incidere sull’indipendenza della SOA, con conseguente violazione degli obblighi previsti dall’articolo 70, comma 1, lett. a), che stabilisce che «le SOA devono: comportarsi con diligenza, correttezza e trasparenza, nel rispetto dei principi di cui all’articolo 2 del codice» e dall’art. 70 comma 1, lett. d) del d.p.r. 207/2010, che stabilisce che le SOA nello svolgimento della propria attività devono: «assicurare e mantenere l’indipendenza richiesta dalle disposizioni del codice e dal presente titolo», con conseguente irrogazione della sanzione pecuniaria fino ad un massimo di 51.545 euro prevista dall’art. 73, co.2 lett. b) del d.p.r. 207/2010.
Pertanto, nonostante al momento della conclusione dell’istruttoria le riscontrate cause di incompatibilità imputabili al Sig. P. -OMISSIS- e alle sorelle -OMISSIS- potessero ormai ritenersi sostanzialmente rimosse, allo stesso tempo l’Autorità ha ritenuto di imputare alla -OMISSIS- la mancata osservanza di una condotta attiva e diligente, volta a garantire il rispetto del principio di indipendenza, mediante l’eliminazione di quelle situazioni che avevano costituito fonte di conflitto di interessi, anche solo meramente potenziale.
8.2. A ciò è conseguito l’emanazione del provvedimento gravato in prime cure, comportante l’applicazione della sanzione amministrativa pecuniaria prevista dall’art. 6, comma 11, del d.lgs. n. 163/2006, per un importo fino a di € 51.545,00, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli articoli degli artt. 70, comma 1, lett. a) e lett. d) del d.p.r. n. 207/2010, e dell’art. 73, comma 2, lett. b) del d.p.r. 207/2010, con inserimento della relativa annotazione nel Casellario delle imprese.
9. Ciò posto, procedendo alla disamina dei motivi di appello, non avendo parte appellante graduato le censure in senso vincolante per il giudice, secondo il noto arresto di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 5 del 2015, le stesse verranno analizzate in ordine logico.
9.1. In tale ottica assume senza dubbio rilievo assorbente il primo motivo di appello con cui si censura la sentenza di prime cure nella parte in cui ha disatteso i motivi di carattere procedimentale volti per un verso ad evidenziare il mancato rispetto del contraddittorio procedimentale previsto dalla normativa in materia, per altro verso la decadenza dell’Autorità dall’esercizio del potere sanzionatorio, trattandosi di profili in grado di inficiare ab initio il procedimento che ha portato all’irrogazione della contestata sanzione.
10. Il motivo è fondato secondo quanto di seguito specificato.
10.1. Con il primo motivo del ricorso di prime cure -OMISSIS- S.p.A., poi divenuta -OMISSIS- S.p.A., aveva infatti lamentato molteplici violazioni del principio del contraddittorio e della partecipazione procedimentale ai sensi della L. n. 241/1990, nonché del “Regolamento in materia di esercizio del potere sanzionatorio nei confronti delle Soa” (di seguito per brevità “Regolamento”) adottato dall’ANAC.
In particolare, in tesi di parte ricorrente, l’ANAC nel procedimento de quo:
a) in violazione dell’art. 42 del Regolamento non aveva svolto la necessaria e obbligatoria comunicazione concernente le risultanze istruttorie;
b) aveva del tutto obliterato la fase di audizione dell’Organismo di attestazione prima dell’adozione del provvedimento sanzionatorio malgrado espressa richiesta in tal senso;
c) aveva omesso la formulazione delle contestazioni che integrerebbero l’elemento soggettivo della “colpa grave” nel primo e nel secondo atto di contestazione;
d) aveva, comunque, superato i termini previsti dall’art. 40 del Regolamento per la contestazione degli addebiti.
10.2. La società con il primo motivo di appello contesta pertanto i capi motivazionali della sentenza di prime cure con cui sono stati rigettate dette doglianze.
10.3. Assume in punto di fatto, quanto al primo profilo di doglianza, che con nota del 10.6.2015, l’ANAC aveva comunicato l’avvio del procedimento sanzionatorio nei confronti di -OMISSIS-, ai sensi e per gli effetti del combinato disposto degli artt. 70, comma 1, lett. a) e lett. d) del D.P.R. 207/2010 e dell’art. 73, comma 2, lett. b) del D.P.R. n. 207/2010.
Con successiva nota del 7.7.2015, -OMISSIS- aveva inoltrato a mezzo pec le prime deduzioni.
Con nota del 29.7.2015, l’ANAC aveva dunque trasmesso le risultanze istruttorie ai sensi dell’art. 42 del Regolamento, concedendo alla Società il termine di quindici giorni per l’invio di ulteriori elementi e per l’eventuale richiesta di audizione dinanzi il Consiglio, riscontrata da -OMISSIS- con nota del 12.08.2015 chiedendo l’audizione.
A seguito dell’audizione, il Consiglio dell’Autorità, in data 21.10.2015, disponeva: “alla luce delle difese presentate dalle parti richiede all’Ufficio di integrare l’avvio di contestazione del procedimento sanzionatorio indicando con precisione quali siano le cause di incompatibilità, anche se rimosse e a quali soggetti della governance aziendale si riferiscono”.
Con nota prot. n. -OMISSIS- ANAC trasmetteva alla -OMISSIS- l’atto di integrazione dell’avvio del procedimento sanzionatorio secondo quanto indicato dal Consiglio dell’Autorità.
In data 25.11.2015, l’Organismo presentava dunque, all’esito dell’accesso parziale consentito all’Autorità, le proprie controdeduzioni.
Sennonché, l’ANAC, piuttosto che procedere ad inviare ad -OMISSIS- la cd. comunicazione sulle risultanze istruttorie (CRI), imposta dall’art. 42 del Regolamento, volta a consentire un nuovo contraddittorio procedimentale, trasmetteva in data 16.12.2015 il provvedimento sanzionatorio adottato dal Consiglio dell’Autorità.
In tesi di parte appellante non potrebbe valere a colmare tale grave lacuna procedimentale – come erroneamente rilevato dal Giudice di prime cure – la presentazione da parte di -OMISSIS- di una memoria partecipativa, in una precedente e diversa fase del procedimento, ossia nella fase “preistruttoria”, espletata dopo la comunicazione di integrazione dell’avvio procedimentale del 26.10.2015.
11. Il giudice di prime cure, quanto alle articolate doglianze ha ritenuto che “Sotto il profilo procedimentale, si lamenta la violazione di norme del Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità, con riferimento alla mancata ennesima audizione richiesta dalla ricorrente Società dopo l’integrazione della comunicazione di avvio del procedimento del 10.06.2015, eseguita con nota del 26.10.2015.Com’è stato correttamente osservato dall’Autorità nella memoria difensiva, in atti, l’audizione a seguito di integrazione di istruttoria rappresenta una mera facoltà dell’Autorità medesima.
Si rileva preliminarmente in proposito che al caso in esame si applica il “titolo III - Procedimento sanzionatorio nei confronti delle SOA (articolo 73 del Regolamento di esecuzione ed attuazione) artt. 40 e seguenti”.
Secondo l’art. 43, concernente la fase decisoria, per quanto qui di interesse, al termine della fase istruttoria l’unità organizzativa responsabile sottopone la questione al consiglio che può:
“a) adottare il provvedimento finale;
b) richiedere all’U.O.R. un supplemento di istruttoria, con specifica indicazione
degli elementi da acquisire, ovvero richiedere agli Uffici competenti un approfondimento tecnico e/o giuridico;
c) convocare in audizione le parti, nonché ogni altro soggetto, pubblico o privato, in grado di fornire elementi probatori ritenuti utili ai fini della adozione del provvedimento finale.”.
In questo caso si è resa necessaria un’integrazione istruttoria, per cui, conformemente al comma 2 del menzionato art. 43, l’Unità organizzativa procedente dell’Autorità ha legittimamente instaurato un nuovo contraddittorio con le parti, ai sensi dell’art. 40, commi da 4 a 7.
In particolare, la disposizione in ultimo citata, con riferimento specifico all’audizione delle parti, prevede, al comma 4: “L’U.O.R. può…convocare gli stessi soggetti [SOA e ad ogni altro soggetto pubblico o privato in grado di fornire elementi probatori utili ai fini dell’istruttoria del procedimento] in audizione presso l’U.O.R.”, specificando, al comma 5, “Le richieste istruttorie devono essere formulate per iscritto e devono indicare: d) la data prevista per l’eventuale audizione dinanzi all’U.O.R. competente”. La formulazione della norma che si assume violata non lascia spazio all’interpretazione inappropriatamente proposta dalla parte ricorrente per sostenere l’illegittimità derivata del provvedimento da illegittimità procedimentale. Infatti l’art. 43 del Regolamento de quo, nella parte che prevede l’integrazione istruttoria, qui ricorrente, non rinvia al comma 3 dell’art. 40 della medesima fonte normativa, che diversamente contempla, tra le facoltà rimesse alla parte interessata, quella di chiedere l’audizione. 6.3. Ne deriva che non sussiste la dedotta violazione delle norme del Regolamento di procedura di che trattasi. Deve poi aggiungersi che -OMISSIS- non può neppure fondatamente lamentarsi che, per effetto della mancata terza audizione, non sarebbe stata messa nelle condizioni di fornire tutto l’apporto documentale e in termini di controdeduzioni che altrimenti avrebbe potuto far entrare nel procedimento, determinando una sua diversa conclusione. 7.1. Si rammenta al riguardo che, dopo aver già in precedenza preso parte al procedimento mediante due memorie e due audizioni, dopo la comunicazione del 26.10.2015 detto organismo SOA ha prodotto un’ulteriore articolata memoria difensiva endoprocedimentale di ben 26 pagine, con cui ha reso completamente le controdeduzioni sulle contestazioni mosse nei suoi confronti. Non si comprende, perciò, quali elementi avrebbe potuto aggiungere, ove le fosse stata consentita una terza audizione. 7.2. Quanto appena evidenziato riverbera i suoi effetti anche in relazione al vizio con cui si contesta l’assenza della trasmissione della seconda comunicazione delle risultanze istruttorie, a seguito della integrazione dell’avvio del procedimento, disposta con nota prot. -OMISSIS-, successivamente ad una precedente comunicazione di risultanze istruttorie. Dopo l’integrazione istruttoria, di cui è stata data comunicazione con la nota del 26.10.2015, la ricorrente si è difesa sotto ogni aspetto nella memoria sopra richiamata. Null’altro avrebbe potuto aggiungere, anche in caso di seconda comunicazione delle risultanze istruttorie, come si è potuto meglio accertare nel presente giudizio. 7.3. Anche la mancata concessione della proroga richiesta dalla ricorrente in data 31.07.2015 non ha inciso sul diritto di difesa, avendo comunque la stessa depositato una memoria il 12.08.2015”.
12. Ciò posto, le doglianze sono fondate in primo luogo quanto alla dedotta omissione della trasmissione della comunicazione delle risultanze istruttorie (CRI), dopo l’integrazione della comunicazione dell’avvio del procedimento, che aveva determinato una regressione del procedimento alla fase “pre-istruttoria”.
12.1. Ed infatti, la fase “pre-istruttoria”, che prende avvio con la comunicazione di avvio del procedimento trasmessa dall’Autorità all’interessato, disciplinata dall’art. 40 del Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità, stabilisce un primo momento di contraddittorio procedimentale, inerente alle prime contestazioni mosse dall’Autorità, in fase antecedente all’espletamento dell’istruttoria.
Il citato articolo infatti ai commi da 3 a 6 prevede che: “Nella comunicazione di avvio del procedimento devono essere indicati: a) l’oggetto del procedimento e le sanzioni previste dall’articolo 73 del Regolamento di esecuzione ed attuazione, nel limite massimo irrogabile; b) l’indicazione della facoltà per i soggetti destinatari della comunicazione di presentare eventuali deduzioni e documenti, nonché di chiedere l’audizione dinanzi all’U.O.R. nel termine perentorio di 30 giorni decorrente dalla ricezione della comunicazione di avvio del procedimento; c) il termine massimo di 90 giorni per la conclusione del procedimento, decorrente dalla scadenza del termine di cui alla lettera b); d) l’Ufficio dell’Autorità presso il quale è possibile accedere agli atti del procedimento; e) il nominativo del responsabile del procedimento, con indicazione dei contatti per eventuali richieste di chiarimenti e/o comunicazioni successive; f) l’indicazione della casella di posta elettronica certificata (PEC) dell’Autorità presso la quale effettuare le comunicazioni relative al procedimento sanzionatorio; g) l’invito a comunicare con il primo atto utile l’eventuale casella di posta elettronica certificata (PEC) presso la quale il soggetto interessato intende ricevere le comunicazioni e le notificazioni relative al procedimento sanzionatorio. 4. L’U.O.R. può richiedere documenti, informazioni e/o chiarimenti alla SOA e ad ogni altro soggetto pubblico o privato in grado di fornire elementi probatori utili ai fini dell’istruttoria del procedimento ovvero convocare gli stessi soggetti in audizione presso l’U.O.R..
5. Le richieste istruttorie devono essere formulate per iscritto e devono indicare:
a) i documenti, le informazioni, le circostanze e/o i chiarimenti richiesti;
b) il termine non superiore a 20 giorni entro il quale dovranno essere forniti gli elementi richiesti; tale termine può essere prorogato, per una sola volta e per un periodo non superiore a 20 giorni, a seguito di motivata richiesta dei soggetti interessati;
c) nel caso in cui le informazioni vengano richieste a soggetti diversi dalla SOA nei cui confronti è stato avviato il procedimento, l’indicazione del R.U.P., con i relativi contatti e l’indicazione della casella di posta elettronica certificata (PEC) presso la quale effettuare le comunicazioni relative al procedimento sanzionatorio;
d) la data prevista per l’eventuale audizione dinanzi all’U.O.R. competente.
6. Le acquisizioni documentali in fase istruttoria sono comunicate alla SOA interessata, con assegnazione di un termine non inferiore a 30 giorni e non superiore a 60 giorni per l’invio di controdeduzioni e documenti”.
12.2. L’art. 42 del medesimo Regolamento, la cui violazione è stata dedotta in prime cure dalla SOA con censura disattesa dal primo giudice, invece, impone all’Autorità la trasmissione di una ulteriore comunicazione alla conclusione dell’istruttoria, volta a consentire all’interessato di prendere posizione sugli esiti istruttori elaborati dall’Autorità titolare del potere sanzionatorio, in modo tale da integrare il contraddittorio prima dell’adozione del provvedimento conclusivo del procedimento “nei casi in cui l’U.O.R. ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione di un provvedimento sanzionatorio, prima della rimessione al Consiglio”.
Detta norma stabilisce infatti “1. Nei casi in cui l’U.O.R. ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione di un provvedimento sanzionatorio, prima della rimessione al Consiglio, invia alla SOA una comunicazione contenente una esposizione sintetica delle principali risultanze istruttorie, nonché il termine, non superiore a 15 giorni decorrenti dalla ricezione della comunicazione, per l’acquisizione di eventuali ulteriori elementi probatori e/o memorie a difesa e per l’eventuale richiesta motivata di audizione dinanzi al Consiglio, specificando che le deduzioni, i documenti e le richieste presentati successivamente al termine massimo assegnato non saranno presi in considerazione. 2. Il termine per la conclusione del procedimento rimane sospeso per il periodo necessario allo svolgimento dell’audizione”.
12.3. La statuizione di prime cure è pertanto erronea, fondandosi sul presupposto, come lamentato da parte appellante, che dopo l’audizione della SOA del 21.10.2015 “si è resa necessaria un’integrazione istruttoria”, per cui, conformemente al comma 2 del menzionato art. 43, l’Unità organizzativa procedente dell’Autorità aveva legittimamente instaurato un nuovo contraddittorio con le parti, ai sensi dell’art. 40, commi da 4 a 7.”.
Infatti, a seguito dell’audizione della SOA, il Consiglio dell’Autorità, in data 21.10.2015, non aveva disposto alcuna integrazione istruttoria bensì aveva deliberato “alla luce delle difese presentate dalle parti richiede all’Ufficio di integrare l’avvio di contestazione del procedimento sanzionatorio indicando con precisione quali siano le cause di incompatibilità, anche se rimosse e a quali soggetti della governance aziendale si riferiscono”.
Con nota prot. ANAC n. -OMISSIS- era stato infatti trasmesso a -OMISSIS- l’atto di integrazione dell’avvio del procedimento sanzionatorio, secondo quanto indicato dal Consiglio dell’Autorità.
12.3.1. Pertanto l’Autorità aveva disposto la retrocessione del procedimento alla fase di avvio del procedimento, a fronte delle lacune dell’originario atto di contestazione.
Infatti con la nota prot. n. -OMISSIS-, con la quale era stato trasmesso il nuovo secondo avvio del procedimento, l’ufficio procedente aveva comunicato alla SOA la facoltà di richiedere l’audizione, salvo poi negarla, senza neanche inviare la nuova comunicazione delle risultanze istruttorie, resa necessaria a seguito della regressione del procedimento alla fase preistruttoria.
12.3.2. Alla luce delle disposizioni regolamentari deve pertanto escludersi, al contrario di quanto ritenuto dal giudice di prime cure, che l’omessa fase del contraddittorio procedimentale, all’esito dell’istruttoria, potesse essere “sanata” dalla presentazione da parte di -OMISSIS- di una memoria partecipativa, in una precedente e diversa fase del procedimento, ossia nella fase “pre-istruttoria”, espletata dopo la comunicazione di integrazione dell’avvio procedimentale.
12.4. L’art. 8, comma 4, D.lgs. n. 163 del 2006 ratione temporis vigente – norma che si pone a fondamento del Regolamento de quo – stabilisce infatti che “il regolamento dell’Autorità disciplina l’esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità nel rispetto dei principi della tempestiva comunicazione dell’apertura dell’istruttoria, della contestazione degli addebiti, del termine a difesa, del contraddittorio, della motivazione, proporzionalità e adeguatezza della sanzione, della comunicazione tempestiva con forme idonee ad assicurare la data certa della piena conoscenza del provvedimento, del rispetto degli obblighi di riservatezza previsti dalle norme vigenti”.
12.5. L’art. 42 del Regolamento innanzi citato, violato dall’Autorità, pertanto si pone come attuativo di tale norma primaria, imponendo la trasmissione della comunicazione sulle risultanze istruttorie, con la quale la SOA interessata acquisisce conoscenza degli elementi probatori acquisiti dall’Ufficio all’esito della fase istruttoria in ordine agli addebiti contestati, proprio al fine di consentire il pieno esercizio del diritto di difesa prima dell’adozione del provvedimento sanzionatorio, alla luce del quadro probatorio quale risultante all’attualità.
La reiterazione del contradditorio, quale imposta dal citato art. 42, si rende necessaria pertanto nell’ipotesi in cui l’Ufficio “ritenga sussistenti i presupposti per l’adozione di un provvedimento sanzionatorio”, assicurando all’interessato non solo il diritto di controdedurre rispetto all’addebito contestatogli, ma anche il diritto di confrontarsi con l’“accusa” sugli elementi acquisiti all’esito dell’istruttoria, replicando ad essa prima che il Consiglio dell’Autorità decida in merito alla eventuale sanzione da irrogare, proporzionata anche all’entità della colpa.
Differente appare pertanto la finalità del contraddittorio garantito nella fase di avvio del procedimento, in cui l’Ufficio comunica a sensi dell’art. 40 del Regolamento “l’oggetto del procedimento e le sanzioni previste dall’articolo 73 del Regolamento di esecuzione ed attuazione, nel limite massimo irrogabile” senza che siano presenti completi elementi istruttori sui quali contraddire, né tantomeno sia prefigurata la sussistenza dei “presupposti per l’adozione di un provvedimento sanzionatorio”.
Il contradditorio previsto dall’art. 42 pertanto non poteva pertanto essere bypassato all’esito dell’integrazione della comunicazione di avvio del procedimento, comportante, giova rimarcarlo, una regressione procedimentale, dovendosi garantire il contraddittorio rafforzato nell’ipotesi in cui si ritengano sussistenti i presupposti per l’adozione del provvedimento sanzionatorio, potendo l’interessato solo in tale fase la parte interloquire sulle risultanze istruttorie, ivi comprese quelle afferenti all’elemento psicologico, sul quale calibrare la sanzione.
12.5.1. Andava pertanto proprio in tale fase assicurato, come dedotto da parte appellante, il rispetto delle garanzie che devono assistere l’applicazione di misure a carattere afflittivo - id est: le garanzie sancite nella Convenzione europea dei diritti umani, all’art. 6 (equo processo) nell’ambito di un procedimento amministrativo sanzionatorio (cfr. sull’applicabilità dell’art. 6 CEDU ai procedimenti ANAC la recente sentenza di questa Sezione 21 dicembre 2022 n. 10197 con cui si è evidenziato che “non può dubitarsi che l’annotazione nel casellario informatico ha certamente natura sanzionatoria, a prescindere (come già ritenuto anche da Cass., SS.UU., 4 dicembre 2020, n. 27770) dalla ravvisabilità degli indici elaborati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo per l’affermazione di un quid pluris e cioè della natura sostanzialmente penale (cui devono correlarsi determinate garanzie) della sanzione ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ed in particolare di quelli della qualificazione giuridica dell’illecito nel diritto nazionale, della intrinseca natura dell’illecito e del grado di severità della sanzione in cui l’interessato rischia di incorrere (c.d. “Engel criteria”, affermati per la prima volta dalla Corte EDU, 8 giugno 1976, Engel c. Paesi Bassi, e poi ribaditi dalla sentenza 4 marzo 2014, Grande Stevens e altri c. Italia), tematica cui è applicabile la recente giurisprudenza costituzionale evocata dall’appellante e sopra richiamata (si veda anche Corte cost., 16 aprile 2021, n. 68 concernente l’estensione dello “statuto costituzionale” delle sanzioni penali a quelle amministrative a carattere punitivo)”.
12.5.2. La questione dell’omesso invio della CRI è stata in tal senso affrontata da questo Consiglio di Stato con la statuizione di illegittimità del Regolamento della CONSOB, nella parte in cui non consentiva il contraddittorio all’esito della istruttoria condotta prima dell’adozione del provvedimento sanzionatorio (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 28 marzo 2019, n. 2043 secondo cui “In sintesi estrema, il regolamento 1/2013 configura il procedimento sanzionatorio così come segue: a fronte dell’accertamento della violazione di norme per cui è prevista una sanzione pecuniaria, il servizio, ovvero l’organo interno, competente indicato dall’art. 3 comma 2, del regolamento stesso contesta la violazione stessa a norma dell’art. 6. Il relativo atto viene notificato all’interessato, come prevede l’art. 7, e questi, entro un termine dalla notifica, come previsto dall’art. 8 comma 1, può presentare le proprie difese, nelle forme delle controdeduzioni, dei documenti e della richiesta di essere sentito. Ai sensi del successivo art. 10 comma 4, poi, l’esito dell’istruttoria, comprensivo delle difese dell’interessato, è riportato in una relazione motivata, che è trasmessa al Servizio sanzioni, competente a predisporre la proposta motivata di sanzione, o di archiviazione, proposta sulla quale decide il Direttorio, ai sensi dell’art. 12.
Nei termini appena illustrati, e analogamente al caso deciso dalla sentenza 1595/2015, si nota che il contraddittorio non è garantito appieno, dato che l’interessato non ha possibilità di interloquire sulla relazione conclusiva sottoposta al Servizio sanzioni, nella quale pure possono essere contenute valutazioni, in particolare la definitiva qualificazione giuridica dei fatti contestati, non necessariamente oggetto di confronto durante la fase istruttoria. La previsione regolamentare è quindi illegittima, la norma relativa va annullata, e con essa l’ordinanza emessa sulla sua base”).
12.6. Né rileva, quanto alla prospettata violazione del contradditorio, riferita anche all’omessa audizione, quanto dedotto nella memoria difensiva della difesa erariale ed evidenziato dal giudice di prime cure, che la SOA prima dell’adozione del provvedimento sanzionatorio era già stata sentita in data 21.10.2015 e che l’allora vigente Regolamento unico in materia di esercizio del potere sanzionatorio da parte dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture di cui all’art 8, comma 4, del D.Lgs. 12 aprile 2006, n. 163 prevedeva tale ipotesi come mera facoltà rimessa all’ufficio istruttore e/o al Consiglio.
12.6.1. Infatti l’audizione svolta riguardava una precedente fase del procedimento all’esito della quale il Consiglio dell’Autorità, in data 21.10.2015, aveva deliberato “alla luce delle difese presentate dalle parti richiede all’Ufficio di integrare l’avvio di contestazione del procedimento sanzionatorio indicando con precisione quali siano le cause di incompatibilità, anche se rimosse e a quali soggetti della governance aziendale si riferiscono”. A seguito di tale provvedimento, l’ufficio procedente con nota prot. ANAC n. -OMISSIS-, come innanzai precisato, aveva trasmesso un nuovo avvio del procedimento sanzionatorio secondo quanto indicato dal Consiglio dell’Autorità.
Sicché a fronte della retrocessione alla fase di avvio del procedimento medesimo, in ragione delle evidenti lacune dell’originario atto di contestazione, doveva essere garantito, ai sensi dell’art. 40 comma 3 del Regolamento, l’“audizione dinanzi all’U.O.R. nel termine perentorio di 30 giorni decorrente dalla ricezione della comunicazione di avvio del procedimento”. Peraltro il medesimo Ufficio procedente con la seconda nota di avvio del procedimento aveva comunicato alla SOA la facoltà di richiedere l’audizione, salvo poi immotivatamente negare tale facoltà nonostante la richiesta in tal senso della SOA.
12.7. Con il ricorso di prime cure la SOA aveva dedotto altresì l’illegittimità della nota prot. n. -OMISSIS- ANAC con la quale era stato trasmesso l’atto di integrazione dell’avvio del procedimento sanzionatorio sotto il profilo della mancata esternazione del rilievo inerente alla configurabilità dell’elemento soggettivo in termini di “colpa grave”.
Parte appellante ha censurato il capo della sentenza che ha disatteso tale motivo di ricorso, ritenendolo viziato posto che a suo dire gli atti gravati in prime cure erano violativi del disposto del comma 3 dell’art. 40 del Regolamento.
La contestazione dell’addebito, con la comunicazione di avvio del procedimento, presupporrebbe, in tesi di parte appellante, l’individuazione e la conseguente esternazione all’Organismo di attestazione di tutti gli elementi presupposti per l’adozione del provvedimento sanzionatorio, ivi compreso l’elemento psicologico. D’altronde, a conferma di tale interpretazione la prima comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio del 10.06.2015 conteneva un espresso riferimento all’elemento psicologico.
Contraddittoria sarebbe poi la motivazione della sentenza di prime cure secondo la quale l’elemento psicologico non era contestabile ex ante, essendo emerso nel corso del procedimento, avuto riguardo al rilievo che il primo giudice aveva comunque escluso la necessità della comunicazione della CRI (comunicazione delle risultanze istruttorie) dopo l’integrazione delle contestazioni.
12.7.1. La doglianza è fondata in relazione a quest’ultimo profilo, in quanto se è vero che l’elemento psicologico poteva eventualmente evincersi solo all’esito dell’istruttoria, la relativa contestazione, in quanto idonea ad influire sull’entità della sanzione, doveva essere quanto meno contenuta, al ricorrere di siffatta emersione postuma, nella comunicazione della CRI, invece del tutto omessa.
13. Parimenti erronea secondo parte appellante sarebbe la statuizione di prime cure laddove il Tar aveva a respinto la censura volta a far valere il superamento dei termini perentori, pari a sessanta giorni tra l’acquisizione della documentazione e l’invio della comunicazione di avvio del procedimento.
13.1. Contrariamente a quanto rilevato dal giudice di prime cure, il quale aveva fissato la decorrenza del termine di sessanta giorni ai fini dell’invio della comunicazione al Consiglio dell’Autorità dal 14.04.2015, le circostanze contestate alla SOA nel corso del procedimento sanzionatorio, secondo quanto dedotto da parte appellante erano già molto tempo prima dell’avvio del procedimento note a vario titolo e in diversa maniera all’Ufficio, trattandosi, peraltro, in tutti i casi di condotte e adempimenti valutati positivamente dall’allora AVCP ed avendo la SOA sempre assolto ai propri obblighi di comunicazione.
Ed infatti la SOA, in adempimento della Determinazione dell’AVCP n. 1/2011, aveva sin dal 2011, con più comunicazioni, rappresentato la partecipazione societaria della SOA, indicando anche i rapporti parentali dei soci e degli amministratori.
In tesi di parte appellante dalla comunicazione sulle risultanze istruttorie trasmessa dall’Autorità del 29.07.2015 nella prima fase procedimentale, si evinceva che la SOA aveva reso all’Autorità tutte le informazioni e dichiarazioni concernenti potenziali conflitti di interessi nell’ambito dei controlli e delle verifiche tri/semestrali alle quali tutti gli organismi di attestazione erano sottoposti.
Dunque, al più dall’anno 2014 ( essendo l’ultima nota è del 3.10.2014) l’Autorità aveva acquisito la “documentazione e/o delle informazioni utili alla formulazione di una contestazione di addebiti”. Entrambe le contestazioni, relative alle partecipazioni azionarie dei soci -OMISSIS- e delle sorelle -OMISSIS-, si riferivano a condotte risalenti nel tempo, con conseguente decorrenza dei termini di cui all’art. 40, comma 2, citato.
Tuttavia, l’Autorità aveva atteso anni prima di avviare il procedimento sanzionatorio, in evidente contrasto con la natura perentoria dei termini di avvio del procedimento sanzionatorio, quale riconosciuta da unanime giurisprudenza amministrativa.
Pertanto il procedimento che si era concluso con la deliberazione dell’Adunanza del Consiglio dell’Autorità del 27.05.2015 era stato avviato solo quando l’Autorità era oramai decaduta dal potere sanzionatorio.
14. La doglianza è fondata.
14.1. Ed invero il Regolamento prevede, all’art. 40, co. 2, che “entro 60 giorni dall’acquisizione della documentazione e/o delle informazioni utili alla formulazione di una contestazione di addebiti, sussistendo i presupposti per procedere, l’U.O.R. competente provvede all’invio della comunicazione di avvio del procedimento in Consiglio per la necessaria approvazione. La comunicazione di avvio del procedimento sanzionatorio viene, quindi, effettuata entro 30 giorni dalla sua approvazione da parte del Consiglio”.
14.2. Il giudice di prime cure ha cripticamente fissato la decorrenza del termine di sessanta giorni ai fini dell’invio della comunicazione al Consiglio dell’Autorità dal 14.04.2015, dando rilievo agli ulteriori dati e documenti acquisiti in applicazione del Manuale sull’attività di qualificazione per l’esecuzione di lavori pubblici di importo superiore a 150.000 euro (entrato in vigore il 29.10.2014), in quanto forniti da -OMISSIS- solo con nota prot. 29/R del 14.04.2015, laddove peraltro le circostanze contestate alla SOA nel corso del procedimento sanzionatorio erano già note da tempo all’Autorità, avendo la medesima SOA, sin dal 2011 con più comunicazioni, rappresentato la partecipazione societaria della SOA, indicando anche i rapporti parentali dei soci e degli amministratori, come peraltro emergente dall’unica comunicazione delle risultanze istruttorie nonché dallo stesso atto di integrazione della comunicazione di avvio del procedimento.
14.2.1. In particolare, quanto alla contestazione a Sig. -OMISSIS-, nell’anno 2014, in occasione della trasmissione della nota prot. n. 15/R del 2.4.2014 (prot. Autorità n. -OMISSIS-) in ordine alla sua posizione, l’Autorità conosceva la posizione dell’ex consigliere e non aveva rinvenuto la presenza di interessi idonei ad influire sul requisito dell’indipendenza, né in termini di richiesta di approfondimenti, né in termini di incompatibilità a seguito di verifiche poste in essere dall’ANAC. Inoltre, relativamente alle contestate quote e cariche societarie detenute dai genitori delle sorelle -OMISSIS- l’Autorità sin dal nulla osta del 1.12.2006 aveva evidentemente acquisito conoscenza di tali elementi, ritenendoli del tutto ininfluenti e irrilevanti ai fini della permanenza del requisito di indipedenza della SOA. Pertanto, sin da tali date, sussistevano gli elementi necessari e sufficienti per avviare il procedimento sanzionatorio per inosservanza delle regole che l’Autorità aveva, successivamente, ritenuto violate.
L’Autorità disponeva pertanto, al più tardi dall’anno 2014, di elementi sufficienti ad apprezzare la natura ed entità delle presunte infrazioni, effettivamente contestate solo in data 10.5.2015, estendendo e dilatando i tempi per l’avvio del procedimento sanzionatorio, in evidente contrasto con i principi di tempestività della contestazione, di proporzionalità e ragionevolezza, posti tra l’altro dall’art. 6 CEDU, nonché dall’art. 40, co. 2, del Regolamento ANAC.
14.3. Pertanto, come dedotto da parte appellante, non potrebbe certo ricadere sulla SOA l’inerzia con la quale l’Autorità vaglia le comunicazioni correttamente fornite nell’ambito delle verifiche, atteso che l’esercizio di una potestà sanzionatoria, di qualsivoglia natura, non può restare esposta sine die all’inerzia dell’autorità preposta al procedimento sanzionatorio, ciò ostando ad elementari esigenze di sicurezza giuridica e di prevedibilità in tempi ragionevoli delle conseguenze dei comportamenti (cfr. Cons. Stato, V, 3 maggio 2019, n. 2874; 3 ottobre 2018, n. 5695 sulla perentorietà dei termini di avvio e conclusione del procedimento sanzionatorio ad evitare che i tempi dilatati del procedimento sanzionatorio divengano ragione di insicurezza giuridica per gli interessi degli operatori economici coinvolti).
14.4. Come evidenziato nella recente sentenza di questa Sezione, 21 novembre 2022 n. 10197- resa in relazione ad un provvedimento sanzionatorio dell’ANAC di irrogazione di sanzioni pecuniarie e di iscrizione nel casellario informatico disposta ai sensi dell’art. 80, comma 12, del D.Lgs. 50/2016 - deve infatti rilevarsi che “tutti gli atti appartenenti alla categoria dei provvedimenti sanzionatori vanno analizzati secondo un criterio di “stretta tipicità legale” (esattamente in termini si veda Cons. Stato, V, 25 gennaio 2022, n. 491) e che, per una ragione anche di interesse pubblico superiore, il potere sanzionatorio va esercitato a non eccessiva distanza dai fatti che ne costituiscono il fondamento: ciò anche per la particolare afflittività della potestà sanzionatoria, essendo i procedimenti sanzionatori “micromodelli” di processi penali laddove l’ordinamento ritiene sufficiente restare all’interno dell’ordinamento amministrativo (così Cons. Stato, VI, 19 gennaio 2021, n. 584).
Nel procedimento sanzionatorio vi è infatti una stretta correlazione tra il rispetto del termine per l’adozione del provvedimento finale e l’effettività del diritto di difesa dell’incolpato, avente protezione costituzionale (nel combinato disposto degli articoli 24 e 97 Cost.). Rilevano poi, come evidenziato, preminenti esigenze di certezza dei rapporti giuridici e delle posizioni soggettive.
Ne consegue che la particolarità del procedimento sanzionatorio assume, quanto al tema della tempistica procedimentale e alla sua scansione (sia essa stabilita da norme di legge o di regolamento), carattere decisivo rispetto al generale paradigma del procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241 del 1990 (in cui è pacifico, per contro, che lo spirare del termine per provvedere non determina conseguenze invalidanti sul provvedimento tardivamente adottato).
Il tempo dell’azione amministrativa non è, infatti, uniforme rispetto a tutti i sistemi di relazione tra amministrazione e amministrato: “la relazione che può generarsi è chiaramente poliforme e dipende dalla trama normativa di riferimento, nonché dagli interessi sostanziali in gioco” (Cons. Stato, VI, n. 584/2021). Pertanto, sia la potestà amministrativa che la posizione giuridica soggettiva dell’amministrato possono comporsi in modo differente: la esemplificazione di una pluralità di figure di interesse legittimo evidenzia la presenza di un diverso atteggiarsi della potestà pubblica, che a sua volta impone la presenza di regole sostanziali differenti nel delineare facoltà e obblighi dell’amministrazione e dell’amministrato.
In particolare, nel procedimento sanzionatorio (ove l’interesse dell’amministrato è quello che il procedimento si concluda tempestivamente con un provvedimento a lui favorevole) la previsione di un “tempo procedimentale” garantisce che l’accertamento della violazione non sia distante dalla sua punizione: ciò in quanto il tempo dell’agire amministrativo sostiene nell’ipotesi dell’esercizio potere sanzionatorio il soddisfacimento di interessi ulteriori rispetto al mero rilievo dell’avvenuta infrazione. È evidente, infatti, che il carattere effettivo e dissuasivo della sanzione è fortemente condizionato dal rispetto della tempistica procedimentale, poiché se l’irrogazione della sanzione avvenisse a distanza di tempo sia dalla sua commissione che dal suo accertamento potrebbe fallire il suo obiettivo (in tali esatti termini, Cons. Stato, V, n. 584/2021 cit.)”.
14.4.1. Su tali basi, va rammentato il consolidato orientamento della giurisprudenza che ha ritenuto che, in materia di sanzioni amministrative, il termine fissato per l'adozione del provvedimento finale ha natura perentoria, a prescindere da una espressa qualificazione in tal senso nella legge o nel regolamento che lo preveda (così, Cons. St., Sez. VI, 23 marzo 2016, n. 1199; Id., 6 agosto 2013 n. 4113; Id., 29 gennaio 2013 n. 542; Cons. St., Sez. VI, 20 maggio 2011, n. 3015; cfr. Cons. St., Sez. VI, 4 aprile 2019, n. 2289; Cons. St. Sez. V, 3 ottobre 2018, n. 5695; Id., 3 maggio 2019, n. 2874; Cons. St., Sez. VI, 21 febbraio 2019, n. 2042; Cons. St., Sez. VI, 17 novembre 2020, n. 7153).
Ai fini del legittimo esercizio del potere sanzionatorio attribuito dalla legge all’ente titolare sono, dunque, immanenti allo specifico settore ordinamentale (a ragione del carattere afflittivo della sanzione e a garanzia dell’incolpato) i principi di tempestività della contestazione, di proporzionalità e ragionevolezza; il fatto poi che il successivo processo amministrativo si svolga secondo un modello pienamente aderente ai dettami dell’art. 6 CEDU non consente di recuperare il tempo del procedimento sanzionatorio, inutilmente decorso né di ritenere, di conseguenza, sanato il termine ragionevole non rispettato all’interno di quest’ultimo (si veda in analoghi termini Cons. Stato, VI, n. 584/2021 cit.).
14.4.2. Inoltre la Corte costituzionale con la sentenza n. 151 del 12 luglio 2021 ha affermato i seguenti principi: “Nel procedimento sanzionatorio, riconducibile nel paradigma dell'agere della pubblica amministrazione, ma con profili di specialità rispetto al procedimento amministrativo generale, rappresentando la potestà sanzionatoria - che vede l'amministrazione direttamente contrapposta all'amministrato - la reazione autoritativa alla violazione di un precetto con finalità di prevenzione, speciale e generale, e non lo svolgimento, da parte dell'autorità amministrativa, di un servizio pubblico (Corte di cassazione, sezione seconda civile, sentenza 15 luglio 2014, n. 15825), l'esigenza di certezza, nella specifica accezione di prevedibilità temporale, da parte dei consociati, delle conseguenze derivanti dall'esercizio dei pubblici poteri, assume una rilevanza del tutto peculiare, proprio perché tale esercizio si sostanzia nella inflizione al trasgressore di svantaggi non immediatamente correlati alla soddisfazione dell'interesse pubblico pregiudicato dalla infrazione”.
La Corte ha statuito pertanto che, in materia di sanzioni amministrative, il principio di legalità non solo impone la predeterminazione ex lege di rigorosi criteri di esercizio del potere, della configurazione della norma di condotta la cui inosservanza è soggetta a sanzione, della tipologia e della misura della sanzione stessa e della struttura di eventuali cause esimenti (Corte cost. n. 5/2021), ma deve necessariamente modellare anche la formazione procedimentale del provvedimento afflittivo con specifico riguardo alla scansione cronologica dell'esercizio del potere: ciò in quanto la previsione di un preciso limite temporale per la irrogazione della sanzione costituisce un presupposto essenziale per il soddisfacimento dell'esigenza di certezza giuridica, in chiave di tutela dell'interesse soggettivo alla tempestiva definizione della propria situazione giuridica di fronte alla potestà sanzionatoria della pubblica amministrazione, nonché di prevenzione generale e speciale.
Infatti, secondo la Corte Costituzionale “Alla peculiare finalità del termine per la formazione del provvedimento nel modello procedimentale sanzionatorio corrisponde una particolare connotazione funzionale del termine stesso. Mentre nel procedimento amministrativo il superamento del limite cronologico prefissato dall'art. 2 della legge n. 241 del 1990 per l'esercizio da parte della pubblica amministrazione delle proprie attribuzioni non incide ex se, in difetto di espressa previsione, sul potere (sentenze n. 176 del 2004, n. 262 del 1997), in quanto il fine della cura degli interessi pubblici perdura nonostante il decorso del termine, la predefinizione legislativa di un limite temporale per la emissione della ordinanza-ingiunzione il cui inutile decorso produca la consumazione del potere stesso risulta coessenziale ad un sistema sanzionatorio coerente con i parametri costituzionali sopra richiamati”.
14.5. La specifica valenza della ragionevole durata del procedimento di irrogazione delle sanzioni assume maggior importanza proprio nel caso di procedimenti sanzionatori di competenza delle c.d. Autorità amministrative indipendenti. In questo caso, infatti, le tradizionali garanzie del giusto procedimento si rafforzano in ragione della particolare configurazione strutturale-organizzativa delle stesse Autorithies, sottratte al circuito politico governo-parlamentare e, quindi, non sottoposte alla funzione di indirizzo politico dell’Esecutivo. Pertanto, proprio la peculiare configurazione di tali Autorità impone – anche nello specifico settore dei procedimenti sanzionatori – una più accentuata necessità di verifica del rispetto dei profili che connotato la legalità procedurale. Va, infatti, considerato che il procedimento amministrativo sanzionatorio viene ormai per lo più ritenuto (anche a prescindere dalla sua inclusione nell’ambito della “materia penale” da parte della Corte E.D.U.) un procedimento sui generis rispetto ai comuni procedimenti amministrativi, in quanto l’Amministrazione è chiamata non solo e non tanto a curare un interesse pubblico concreto, ma a punire, in nome dell’interesse generale all’osservanza delle leggi. Si ritiene, pertanto, che il procedimento sanzionatorio abbia una natura, almeno in parte, paragiurisdizionale, che richiede un rafforzamento delle garanzie principiali del c.d. giusto processo, ivi compresa l’esigenza di una ragionevole durata del procedimento (Consiglio di Stato, sez. VI, 21/02/2023 n. 1761), nonché del suo avvio rispetto ai fatti oggetto di contestazione, nei termini innanzi evidenziati.
15. In conclusione l’appello va accolto, per fondatezza delle censure articolate nel primo motivo, con assorbimento degli ulteriori motivi, con conseguente riforma della sentenza appellata ed annullamento del provvedimento sanzionatorio oggetto di gravame in prime cure.
16.Sussistono nondimeno eccezionali e gravi ragioni, avuto riguardo alla complessità delle questioni sottese ed alla risalenza della vicenda per compensare tra le parti le spese di lite del doppio grado.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi di cui in motivazione e per l’effetto, in riforma della sentenza appellata accoglie il ricorso di primo grado.
Compensa le spese di lite del doppio grado.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità riferite a parte appellante e alle persone fisiche indicate in parte motiva, nonché il numero della sentenza appellata.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 marzo 2023 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Presidente
Angela Rotondano, Consigliere
Alberto Urso, Consigliere
Anna Bottiglieri, Consigliere
Diana Caminiti, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
Diana Caminiti |
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Paolo Giovanni Nicolo' Lotti |
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IL SEGRETARIO
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