Pubblicato il 02/10/2024
N. 07917/2024REG.PROV.COLL.
N. 02852/2024 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2852 del 2024, proposto da GPI S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 8799483B14, rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano Vinti, Dario Capotorto, Rosamaria Lo Grasso, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
- Policlinico Foggia, ospedaliero universitario, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Simonetta Mastropieri, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio fisico eletto presso lo studio dell’avv. Laura Marras in Roma, corso Vittorio Emanuele II n.18; - CNS - Consorzio Nazionale Servizi Soc. Coop., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuseppe Romano, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda) n.00266/2024, resa tra le parti;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Policlinico Foggia, ospedaliero universitario;
Visto l'atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto da CNS Consorzio Nazionale Servizi Soc. Coop.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 luglio 2024 il Cons. Sebastiano Zafarana e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.1. L’appellante GPI ha partecipato alla procedura di gara aperta, ai sensi dell’art. 60 del D.Lgs. 50/2016, indetta dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Policlinico Riuniti di Foggia per l’affidamento del servizio triennale di Call Center/Cup Telefonico, Cup Front Office/ Gestione Sportelli Casse, Supporto Amministrativo, da aggiudicarsi secondo il criterio dell’offerta ex art. 95, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016
Il criterio prescelto ara quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa con il seguente bilanciamento relativo all’offerta tecnica ed economica: punteggio tecnico massimo: 70 punti; punteggio economico massimo: 30 punti.
L’importo posto a base di gara era indicato in € 4.327.934,79 (oltre IVA) di cui € 3.331.886,94 erano stimati ai sensi dell’art. 23, co. 16, d.lgs. 50/2016 per il costo della manodopera.
Alla gara hanno partecipato nove operatori economici, tra cui l’appellante GPI S.p.A., gestore uscente del servizio, e la controinteressata CNS Consorzio Nazionale Servizi Soc. Coop.
All’esito della valutazione delle offerte tecniche e dell’apertura delle buste contenenti le offerte economiche, nella seduta del 5 maggio 2022, la Commissione ha stilato, per quanto qui di interesse, la seguente graduatoria:
1. CNS con un punteggio totale di 97,97 (70 punti tecnici e 27,96 punti economici);
2. GPI con punteggio totale di 90,54 (66,39 punti tecnici e 24,15 punti economici).
Dopo l’apertura delle offerte economiche e la verifica di anomalia dell’offerta, con deliberazione n. 366 del 26 giugno 2023, il servizio è stato aggiudicato a CNS Soc. Coop. con un punteggio totale di 97,97 pt. (l’offerta di GPI S.p.A. ha avuto attribuiti 90,54 pt.).
1.2. Con ricorso notificato il 25/07/2023 GPI ha impugnato l’aggiudicazione dinnanzi al T.A.R per la Puglia censurando l’offerta di CNS sia in merito al costo della manodopera, sia con riferimento alla mancanza dei presupposti minimi dell’offerta tecnica, assumendo violata la clausola sociale. Successivamente ha proposto motivi aggiunti.
1.3. Si è costituito in giudizio il Policlinico di Foggia chiedendo il rigetto del ricorso.
1.4. Si è costituita in giudizio anche l’aggiudicataria CNS Soc. Coop. la quale ha proposto ricorso incidentale formulando censure afferenti presunte carenze progettuali, implicanti la carenza di elementi essenziali dell’offerta e quindi volte a determinare l’esclusione di GPI dalla procedura di gara.
1.5. Con sentenza n.266 del 5 marzo 2024 il T.A.R. per la Puglia ha respinto il ricorso principale e quello per motivi aggiunti proposti da GPI ed ha dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse il ricorso incidentale proposto da CNS Soc. Coop.
2.1. Con atto notificato il 2 aprile 2024 GPI ha proposto appello avverso la suddetta sentenza.
2.2. Si è costituita in giudizio CNS che con ricorso notificato il 24 aprile 2024 ha anche proposto appello incidentale chiedendo la riforma della sentenza del T.A.R. per la Puglia n. 266/2024 nella parte in cui il giudice di prime cure ha dichiarato l’improcedibilità del ricorso incidentale per sopravvenuta carenza d’interesse.
2.3. Si è costituito in appello anche il Policlinico di Foggia chiedendo respingersi l’appello principale.
2.4. Alla pubblica udienza dell’11 luglio 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Può essere prioritariamente esaminato l’appello principale proposto da GPI dovendosi considerare che la sua eventuale infondatezza è suscettibile di determinare l'improcedibilità dell’appello incidentale proposto da CNS.
4. Con il primo motivo di appello GPI impugna la sentenza deducendo i vizi di error in procedendo e iudicando del capo 4.1. della sentenza che ha esaminato – ritenendole infondate – le censure (proposte con il primo motivo aggiunto) di violazione dell’art. 80, co. 5, lett. c-bis) e f-bis) d.lgs. 50/2016 per l’asserita omessa dichiarazione in gara, da parte di CNS, di due gravi illeciti professionali (ulteriori rispetto ai tre illeciti dichiarati dal Consorzio nel proprio DGUE) rilevanti ai sensi dell’art. 80, co. 5, lett. c) e c-ter).
Nello specifico l’appellante premette che CNS si è limitata a dichiarare, appunto, l’esistenza dei tre seguenti illeciti professionali, ovvero:
- il provvedimento n. 25.802 del 22/12/2015 con cui l’AGCM ha contestato a CNS di aver posto in essere con altri soggetti un’intesa restrittiva della concorrenza contraria all’art. 101 TFUE, relativamente ad una gara Consip, e il provvedimento prot. n. 28763 del 1/12/2016 con cui Consip ha comunicato la risoluzione delle Convenzioni e i provvedimenti di annotazione dell’ANAC;
- la risoluzione per inadempimento del 30/9/2018 del contratto di “Servizio di Raccolta differenziata” di Roma Capitale disposta da AMA S.p.a.;
- la risoluzione per inadempimento del 29/3/2019 del contratto di “servizio di cucina e mensa per gli ospiti della Casa di Riposo e della RSA Toti” disposta dall’Istituto Romano di San Michele.
Ciò premesso l’appellante lamenta, però, che CNS avrebbe omesso di dichiarare:
- l’ingente penale contrattuale dell’importo di € 2.900.430, applicata dall’ASL Caserta al CNS in data 24/5/2021 in relazione alla Convenzione Consip SIE2 e ciò nonostante tale penale, seguita anche dall’escussione della cauzione, sia stata formalmente applicata nel maggio 2021 e quindi prima del termine di scadenza della gara per cui è causa (30/9/2021);
- l’ulteriore penale di € 156.464,91 irrogata dall’ASREM Molise per gravi inadempimenti compiuti da CNS nell’ambito di un appalto per la realizzazione di un “sistema regionale di gestione delle prenotazioni sanitarie”, identico a quello in oggetto, la cui dichiarazione sarebbe, anche in questo caso, dolosamente omessa in sede di partecipazione alla gara, nonostante tale vicenda fosse già conclamata dal 24/2/2022 ben prima della conclusione della gara, la cui aggiudicazione si è perfezionata il 26/6/2023.
La sentenza appellata sarebbe errata, contraddittoria ed omissiva nel capo impugnato con il quale il T.A.R. avrebbe riassuntivamente affermato che, ferma l’insussistenza di una falsa dichiarazione e dell’automatismo espulsivo legato all’omessa dichiarazione di illeciti professionali, in ogni caso, su CNS non gravava alcun onere informativo, che per il Giudice di prime cure sussisterebbe solo “se circoscritto alle notizie astrattamente idonee a porne in dubbio l’integrità o l’affidabilità, da individuarsi sulla base di un criterio di “ragionevole esigibilità”, tra cui, sempre secondo il TAR, non rientrerebbero le “penali contrattuali” che non sarebbero previste quale causa di esclusione né dalla legge né dalla disciplina di gara.
Deduce in particolare l’appellante:
- che il giudice di prime cure avrebbe errato a ritenere l’irrilevanza delle penali ai sensi di legge e del disciplinare di gara, posto che quest’ultimo ha espressamente previsto che “L’appalto è soggetto alle norme e condizioni previste dal D.Lgs. 50/16, riferite alla tipologia di procedura oggetto di affidamento, dal DPR 207/2010, relativamente agli articoli ancora vigenti, dalle Linee guida ANAC”; ritiene dunque che sia in base all’art. 80, sia in base alle Linee Guida ANAC, cui la Stazione appaltante si è espressamente vincolata, le penali rientrerebbero tra le “sanzioni comparabili” ovvero tra le cause di esclusione rimesse alla valutazione della Stazione appaltante;
- che peraltro elementari principi di efficienza amministrativa e di lealtà impongono alle imprese concorrenti di dichiarare i fatti rilevanti ai fini della partecipazione alla gara” e che non rileva per escludere un obbligo dichiarativo in capo al concorrente “che trattasi di penali “non accettate” e “contestate”, essendo la loro irrogazione sufficiente a generare, in capo alla concorrente, un obbligo dichiarativo (cita Cons. Stato, III, 22/12/2020, n. 8238);
- la pronuncia sarebbe errata comunque nel non considerare che nel caso di specie CNS sia incorsa in una dichiarazione falsa visto che l’operatore, sia nel proprio DGUE sia nella specifica dichiarazione resa ex art. 80 d.lgs. 50/2016, ha espressamente dichiarato di “non aver dimostrato significative o persistenti carenze nell'esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione per inadempimento ovvero la condanna al risarcimento del danno o altre sanzioni comparabili”;
- anche a prescindere della falsa dichiarazione, il T.A.R. avrebbe trascurato che l’omissione dell’onere informativo sia di per sé foriera di un illecito professionale: infatti non è configurabile in capo all’impresa alcun filtro valutativo o facoltà di scegliere i fatti da dichiarare, sussistendo l’obbligo della onnicomprensività della dichiarazione, in modo da permettere alla Stazione appaltante di espletare, con piena cognizione di causa, le valutazioni di propria competenza (cita C. Stato, III, 20/7/2023 n. 7097; id. nn. 5967/2021, 8211/2020, 8222/2020 e 7831/2020; C. Stato, 31/12/2020, n. 8563; V, n. 4532/2018; C. Stato, 26/3/2021, n. 2568; Linee Guida ANAC n. 6/2016);
- il TAR, ignorando del tutto la portata della censura sotto il profilo del difetto di istruttoria rispetto al contesto degli illeciti professionali imputabili a CNS, avrebbe erroneamente affermato che “è proprio la su riferita dichiarazione in gara di inadempienze contrattuali, ben più gravi delle due penali in discordo, a rendere il rilievo della controparte non condivisibile;
- la sentenza sarebbe illogica ed errata anche quando invoca “un’ipotesi di implicita valutazione” degli illeciti che nel caso di specie non avrebbe senso richiamare, visto che la Commissione non è stata resa edotta di tutte le carenze nell’esecuzione di precedenti appalti compiute da CNS che l’amministrazione avrebbe dovuto valutare, per lo meno nella loro interezza.
4.1. Il motivo di appello è infondato.
Preliminarmente va rilevato che CNS non avrebbe potuto includere nel DGUE la dichiarazione ex art. 80 comma 5 lett c) D.lgs 50/2016 con riferimento alla penale ASREM Molise in quanto la stessa è stata applicata successivamente alla domanda di partecipazione alla gara per cui è causa (la scadenza delle domande di partecipazione era fissata per il giorno 30.09.2021 mentre la penale è stata applicata il 24.02.2022.
Ciò precisato va rilevato come la motivazione sul punto della sentenza risulta immune dalle censure dedotte. Il giudice di prime cure ha, infatti, fatto applicazione dell’insegnamento dell’Adunanza Plenaria, secondo cui l’omessa dichiarazione di fatti che, in ipotesi, potrebbero assurgere a gravi illeciti professionali (o la dichiarazione reticente su tali fatti) non è mai causa di esclusione automatica, così come non lo è nemmeno ai sensi della lett. f-bis), la quale condiziona l’esclusione alla dichiarazione non veritiera (ossia alla dichiarazione di fatti che non trovano corrispondenza nella realtà) non alla dichiarazione reticente o alla omissione della dichiarazione, e quindi si applica alle sole ipotesi in cui “le dichiarazioni rese o la documentazione presentata in sede di gara siano obiettivamente false, senza alcun margine di opinabilità” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 16/2020, punto 18).
Sotto un primo profilo (richiamando la sentenza del Consiglio di Stato, Sez. III, 22 dicembre 2020, n. 8236) il giudice di prime cure ha osservato che non sussiste un generico ed illimitato obbligo di comunicare le penali in quanto “l’applicazione di una penale non costituisce da sola indizio del fatto che l’inadempienza all’origine della stessa è espressiva di una significativa o persistente carenza nell’esecuzione di un precedente contratto, non possedendo – per la natura dell’atto irrogativo e per la pregnanza degli elementi costitutivi della relativa fattispecie applicativa – la valenza sintomatica della risoluzione per inadempimento o della condanna al risarcimento del danno. Solo a titolo esemplificativo, basti osservare che, anche quando promana dall’Amministrazione (e non gode quindi delle garanzie proprie della pronuncia giurisdizionale), la decisione risolutoria scaturisce dal contraddittorio con l’appaltatore (art. 103, comma 3, d.lvo n. 50/2016), atta a conferire alla stessa un peculiare grado di attendibilità, mentre, dal punto di vista dei presupposti legittimanti, essa richiede l’accertamento di un “grave inadempimento alle obbligazioni contrattuali da parte dell’appaltatore, tale da comprometterne (sic!) la buona riuscita delle prestazioni”, che non ricorre necessariamente nell’ipotesi delle penali (le quali, anzi, assolvono normalmente alla funzione di sanzionare le fattispecie di inadempimento di carattere residuale, che cioè, rispetto a quelle giustificative della risoluzione, si collocano ad un livello di gravità inferiore)”.
Sicché ha concluso che “le pertinenti disposizioni di legge non consentono, da sole, di imputare al concorrente un obbligo dichiarativo avente ad oggetto le penali”, salvo sussistano “particolari circostanze caratterizzanti (come… l’importo delle penali, che è onere della parte ricorrente allegare) e/o di specifiche disposizioni della lex specialis”.
Nel caso di specie, il disciplinare di gara, al punto 4.2, fa riferimento alle cause di esclusione di cui all’art. 80 del d.lgs. n. 50 del 2016, ma nulla specifica sulle penali contrattuali, non essendo sufficiente – come invece sostiene l’appellante - il generico riferimento alla clausola generale del disciplinare di gara (il quale recita che “L’appalto è soggetto alle norme e condizioni previste dal D.Lgs. 50/16, riferite alla tipologia di procedura oggetto di affidamento, dal DPR 207/2010, relativamente agli articoli ancora vigenti, dalle Linee guida ANAC”) per farne discendere un obbligo dichiarativo in tal senso, il quale può discendere soltanto da una specifica disposizione della lex specialis.
Va, infatti, sottolineato come integrino informazioni rilevanti ai sensi dell’art. 80 dlgs n. 50/2016 solo ed esclusivamente quelle “previste dalla legge o dalla normativa di gara” (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen., n. 16/2020 cit., nonché più di recente Cons. Stato, Sez. V, 19.2.2021, n. 1496).
Quanto poi alla censura con la quale l’appellante sostiene sussistere un difetto di istruttoria della Stazione appaltante non rilevato dal T.A.R., nella misura in cui le due penali non dichiarate avrebbero dovuto essere valutate nel più ampio contesto delle inadempienze contrattuali già dichiarate in gara da CNS, il Collegio rileva che la motivazione dalla sentenza sul punto risulta condivisibile.
Il T.A.R. ha infatti rilevato che CNS ha dichiarato in gara tre illeciti professionali (che sono stati in precedenza pedissequamente riportati), e che tuttavia la censura proposta da GPI non è incentrata sulla valutazione che di tali (dichiarati) inadempimenti ha fatto la Stazione appaltante, come invece sarebbe stato necessario per le ragioni evidenziate dal Consiglio di Stato con la sentenza n.8236/2022. Nel constatare, poi, che le penali non dichiarate potrebbero in astratto soltanto aggravare il quadro emergente dalle risoluzioni contrattuali regolarmente dichiarate, ne ha inferito che l’accoglimento della censura volta a stigmatizzare la mancata valutazione di insieme delle suddette inadempienze (quelle dichiarate e quelle non dichiarate) ai fini del rinnovamento dell’istruttoria, trova un limite nella mancata articolazione a monte di specifici motivi di censura sulle rilevanti inadempienze dichiarate in sede di gara, che hanno addirittura condotto alla risoluzione dei relativi contratti pubblici; condivisibilmente concludendo che “L’oggetto del giudizio è delimitato dai motivi di censura, ragion per cui il Collegio incorrerebbe nel vizio di ultrapetizione ove modificasse in tal senso la domanda proposta dalla ricorrente”.
L’appellante sostiene, invece, di avere invece espressamente dedotto in primo grado il difetto di istruttoria della Stazione appaltante anche rispetto agli illeciti professionali (sanzione AGCOM e tre risoluzioni contrattuali) dichiarati in gara da CNS, rinviando per il riscontro di tale affermazione alle pag.5 ed 8 dei propri motivi aggiunti in primo grado.
Ritiene il Collegio – esaminate le difese di GPI in primo grado - che il T.A.R. ha correttamente rilevato cha la censura in parola non si è appuntata anche su tali illeciti, i quali vengono genericamente richiamati dalla ricorrente nei propri motivi aggiunti soltanto per argomentare che le gravi sanzioni non dichiarate da CNS andrebbero considerate nel contesto delle inadempienze contrattuali già dichiarate in gara senza, però, che sia stata in alcun modo censurata la valutazione che di queste ultime ha fatto la Stazione appaltante.
Irrilevante è infine la censura con la quale l’appellante lamenta che il T.A.R. avrebbe illogicamente ravvisato “un’ipotesi di implicita valutazione” delle penali da parte della Commissione rilevando come una valutazione delle stesse, sia pure implicita, presupporrebbe la conoscenza della loro esistenza, in realtà ignorata dalla Commissione medesima.
In realtà, come si evince dalla lettura della sentenza, l’implicita valutazione è riferita non già alle penali non dichiarate, ma al giudizio (appunto implicito) che la Commissione ha espresso sulla “non rilevanza” delle (più gravi) risoluzioni contrattuali dichiarate in gara da CNS (sussistendo un obbligo motivazionale solo nel caso la Commissione decida di escludere il ricorrente); sicché in assenza di specifiche censure su detta valutazione della Commissione, il giudice di prime cure ha rilevato di non potersi esprimere sull’eventuale inattendibilità della valutazione effettuata dall’Amministrazione, posto che gli illeciti di minore gravità sono soltanto “astrattamente idonei” ad aggravare il quadro emergente dalle risoluzioni contrattuali dichiarate, sulle quali però nessuna specifica contestazione è stata mossa da GPI.
5. Con il secondo motivo l’appellante deduce i vizi di error in procedendo e iudicando del capo 4.2 della sentenza per travisamento dei fatti e omessa ed errata motivazione.
Il capo della sentenza appellato (con cui il giudice di prime cure si è pronunciato sul secondo motivo aggiunto) sarebbe gravemente errato, lacunoso e contraddittorio anche nella parte in cui l’esponente aveva dedotto che CNS andasse escluso per aver previsto nella propria offerta tecnica varianti non ammesse dalla disciplina di gara, in spregio alle previsioni contenute nell’art. 95, co. 14, d.lgs. 50/2016 e, comunque, per aver inserito, nell’ambito dell’appalto di servizi per cui è causa, la realizzazione di opere edilizie e di impiantistica la cui esecuzione si pone in contrasto con le prescrizioni contenute nella lex di gara; opere che, in ogni caso, darebbero luogo ad un’offerta violativa, irrealizzabile, condizionata e comunque contraria alla disciplina sul subappalto e alla normativa giuslavoristica.
Sul punto la sentenza ha così statuito: “Rileva il Collegio che, dall’esame del progetto proposto da CNS (pag. 46 della relazione tecnica), emerge la modifica del banco front office relativo allo sportello CUP per garantire l’accesso ai servizi alle persone diversamente abili; l’incremento dell’illuminazione e la previsione di altri elementi di arredo e strumenti quali totem per la rilevazione della customer satisfaction, monitor informativi, fornitura di pannelli divisori acustico fonoassorbenti per la privacy e il distanziamento tra gli utenti. Si tratta di lavori che non richiedono alcuna autorizzazione edilizia e che non prevedono la realizzazione di opere edili e impiantistiche, trattandosi solo di far installare quattro sportelli per utenti disabili e incrementare l’illuminazione. Peraltro, come osservato dalla Difesa della controinteressata, la sola modifica allo stato dei luoghi riguarda la fornitura di n. 4 sportelli per utenti con disabilità il cui costo, comprensivo del costo di installazione ammonta a € 5.200,00, a fronte della somma di € 4.327.924,79, posto a base d’asta, ovvero lo 0,12% della detta cifra, di gran lunga inferiore al limite del 2% di cui all’art. 105 del Dlgs 50/2016, il quale prevede che: “Il subappalto è il contratto con il quale l'appaltatore affida a terzi l'esecuzione di parte delle prestazioni o lavorazioni oggetto del contratto di appalto. Costituisce, comunque, subappalto qualsiasi contratto avente ad oggetto attività ovunque espletate che richiedono l'impiego di manodopera, quali le forniture con posa in opera e i noli a caldo, se singolarmente di importo superiore al 2 per cento dell'importo delle prestazioni affidate”, come da giustificativi presentati in sede di verifica dell’anomalia. Si tratta di una proposta migliorativa consentita in quanto l’art. 7 del disciplinare prevede che “La ditta aggiudicataria deve garantire l’organizzazione globale dell’attività, del personale e del materiale necessario assumendosi il rischio d’impresa anche con l’introduzione, in caso di necessità, di mezzi e risorse aggiuntive”.
L’appellante deduce che “il T.A.R. non smentisce in punto di fatto le tesi dell’esponente, erra anzitutto nel minimizzare la portata della variante inserita nell’offerta di CNS che non prevede la banale “installazione di quattro sportelli”. Il Giudice di primo grado ha trascurato che emerge documentalmente come CNS abbia introdotto un vero e proprio progetto di lavori che prevede (non già quattro sportelli, luci, arredi e totem) interventi di cablaggio totale degli impianti, che a loro volta presuppongono la progettazione di un nuovo impianto elettrico, la realizzazione di opere murarie di abbattimento e elevazione con diversa ripartizione degli spazi interni, lo smaltimento in discarica, l’inserimento di nuova illuminazione, la tinteggiatura per tutti i locali, la piantumazione del verde”.
5.1. Il motivo è infondato.
Come correttamente rilevato dal T.A.R. la relazione tecnica del CNS non prevede alcuna esecuzione di lavori strutturali e varianti, avendo previsto solo la modifica del banco front office relativo allo sportello CUP per garantire l’accesso ai servizi alle persone diversamente abili, in ossequio alla normativa di settore. Ha poi previsto l’incremento dell’illuminazione, di altri elementi di arredo e strumenti come: un totem per la rilevazione della customer satisfaction, monitor informativi, fornitura di pannelli divisori acustico fonoassorbenti, al fine di assicurare la privacy ed infondere un senso di sicurezza e di distanziamento tra gli utenti.
Nessuna variante al progetto del servizio CUP risulta proposta, non ravvisandosi nella proposta la presenza di opere edili o di impiantistica idonei ad essere qualificati come variante al progetto.
Gli interventi migliorativi proposti, infatti, non sono assoggettati ad autorizzazione, ma soggiacciono all’obbligo della sola comunicazione preventiva, atteso che gli stessi non comportano alcuna variante al progetto di gara, anzi sono previsti per rispondere proprio alle esigenze di legge con riferimento agli utenti portatori di handicap.
In definitiva le migliorie proposte, con riferimento a tali esigenze di esecuzione del servizio sicuramente non possono essere considerate interventi strutturali, tali da determinare una variante al progetto.
6. Con il terzo motivo l’appellante deduce i vizi di error in procedendo e iudicando per travisamento dei fatti, omessa ed errata motivazione del capo 3.1. della sentenza che ha deciso in ordine al costo della manodopera offerto da CNS.
La ricorrente impugna la sentenza nella parte in cui il T.A.R. ha respinto il terzo motivo aggiunto, con il quale aveva invocato l’esclusione di CNS per aver, in tesi, questa prospettato nella propria offerta, un’organizzazione ampiamente sottodimensionata rispetto al monte ore di servizio offerto, indispensabile per soddisfare gli inderogabili standard di capitolato, e quindi per aver presentato un’offerta irrealizzabile oltre che violativa delle prescrizioni di gara.
Ritiene l’appellante di avere dimostrato come CNS, “pur avendo formalmente previsto 48 risorse, nondimeno abbia chiarito testualmente e inequivocabilmente che soltanto 30 di esse fossero Operatori da dedicare in concreto all’erogazione del servizio” dovendosi a suo avviso ritenere che in base al monte ore dei servizi CUP e Call center offerto da CNS nella propria offerta tecnica, i 30 operatori non potrebbero, in alcun modo, garantire il servizio offerto.
Sostiene che la sentenza sarebbe superficiale sul punto e non terrebbe conto delle chiare evidenze documentali agli atti, e ripropone pertanto le medesime argomentazioni già articolate in primo grado: l’offerta CNS soc.coop. sarebbe da escludere in quanto non rispetterebbe l’art.16 del Disciplinare di gara in combinato disposto con l’art.2.1.1 del progetto di acquisto e l’art. 3.4. del capitolato speciale.
6.1. Il giudice di prime cure ha ritenuto il motivo manifestamente infondato in quanto frutto di una lettura errata della lex di gara, con argomentazioni in tutto condivisibili da questo giudice di appello.
Va intanto rilevato che l’art.2.1.1 del Progetto di acquisto che la parte appellante richiama a sostegno della censura, prevede che “Attualmente il servizio è svolo da 47 unità di personale… Per l’esecuzione dei servizi di supporto amministrativo alle agende si stimano ulteriori due unità di personale a tempo indeterminato”.
Va poi osservato che nel caso di specie l’aggiudicatario è tenuto a rispettare la “Clausola Sociale” - come richiesto negli atti di gara (art.11 del Capitolato) ed in applicazione dell’art. 51 del d.Lgs. 15 giugno 2015, n.81 - sicché il giudice di prime cure ha sul punto condivisibilmente ritenuto “che la stima per la gestione dell’agenda digitale ha carattere presuntivo e non comporta affatto l’obbligo di assumere nuove unità rispetto ai 47 operatori attualmente impiegati e da riassorbire in forza della clausola sociale”.
Ciò è confermato anche dalle giustificazioni rese da CNS alla Commissione di gara in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta in cui il CNS “ha previsto 48 risorse (di cui una gestionale che segue più cantieri e quindi in parte anche quello di Ospedali Riuniti) nel proprio livello operativo, ciascuna delle quali è stata assegnata a mansioni specifiche e complementari per garantire il corretto funzionamento del servizio. Questa distribuzione delle risorse è stata attentamente progettata in modo da coprire tutte le necessità dell’appalto e rispettare gli standard richiesti, garantendo così un servizio di alta qualità. Le diverse figure coinvolte, come i Team Leader, i Referenti di Sede, i CUP Specialist e gli Operatori Multiskill, sono tutte parte integrante dell’organizzazione proposta dal CNS e hanno ruoli chiaramente definiti all’interno del livello operativo…”. Previsioni poi confermate dal riscontro alla richiesta di documentazione integrativa formulata dal Policlinico con la richiesta del 10/11/2022.
Dunque risulta dagli atti di gara che l’offerta di CNS non ha previsto l’assunzione di soltanto 30 operatori destinati al servizio, ma ha invece previsto l’assunzione di 48 addetti rispetto ai quali il disciplinare di gara non prevede, in alcuna parte, che debbano tutti svolgere le funzioni di sportello e cassa.
In merito poi al monte ore settimanale offerto da CNS, questo è stato indicato in 1.521,25 ore settimanali; posto che la Lex Specialis non prescrive alcun obbligo di monte ore minimo da rispettare, il giudice di prime cure ha correttamente statuito sul punto che “Privo di rilevanza è l’ulteriore aspetto evidenziato dalla ricorrente nel primo motivo ovvero che CNS “ha offerto un monte ore settimanale di sole 1.521,25 ore anziché di 1.573,25, ore attualmente contrattualizzate dal gestore uscente, con un differenziale in riduzione per l’intero periodo contrattuale pari a 8.112 ore complessive” (pag. 7 del ricorso). Non vi è alcuna ragione per equiparare il monte ore settimanale offerto dall’aggiudicataria a quello offerto nella gara precedente dalla ditta uscente, essendo evidente che l’offerta deve essere conforme al bando e non certo al monte ore contrattualizzato dal precedente gestore, che non può essere affatto considerato come monte ore minimo di gara. In sede di verifica dell’anomalia, peraltro, l’Amministrazione ha concluso che “non si rileva alcuna sottostima delle ore necessarie per soddisfare i servizi richiesti, considerando che i n. 48 operatori sono inquadrati per un numero di ore settimanali complessive pari 1.521,25. Inoltre, all’interno della relazione tecnica, sono state già ampiamente rappresentate tutti gli strumenti e le soluzioni migliorative volte ad una gestione più efficiente della turnazione dell’organico e del servizio reso all’utenza”.
La sentenza appare pertanto immune dai vizi denunziati ed anche la Stazione Appaltante ha valutato la congruità dell’offerta in termini di numero di addetti ed ore del personale dedicato alla copertura del servizio nel verbale di contraddittorio del 08/02/2023 dove si legge “non si rileva alcuna sottostima delle ore necessarie per soddisfare i servizi richiesti, considerando che i n. 48 operatori sono inquadrati per un numero di ore settimanali complessive pari 1.521,25. Inoltre, all’interno della relazione tecnica, sono state già ampiamente rappresentate tutti gli strumenti e le soluzioni migliorative volte ad una gestione più efficiente della turnazione dell’organico e del servizio reso all’utenza.”. Conclusivamente il motivo di appello è infondato.
7. Con il quarto motivo l’appellante deduce che la sentenza sarebbe errata anche rispetto al quarto motivo aggiunto con cui aveva invocato l’esclusione di CNS per avere la controinteressata presentato un’offerta irrealizzabile e fuorviante, essendosi soltanto apparentemente impegnata a procedere alla “sostituzione delle risorse che non possono essere presenti a lavoro” in “0 minuti”.
Lamenta che il TAR avrebbe laconicamente respinto la censura limitandosi ad affermare che “la gestione delle sostituzioni mediante l’organizzazione descritta negli atti presentati in gara dalla controinteressata non risulta affatto impossibile o irrealizzabile, alla luce delle tecniche di gestione descritte da CNS” e che la tautologica, omissiva, immotivata ed errata affermazione del TAR, sarebbe radicalmente smentita dal dato documentale.
Sostiene che sarebbe evidente come la soluzione tecnica “a tempo zero” prospettata da CNS sia radicalmente irrealizzabile atteso che: a) i 30 operatori previsti per l’esecuzione dell’appalto non sono nemmeno sufficienti a garantire i servizi minimi offerti e che b) procedere a nuove assunzioni o alla mobilitazione di personale in forza ad un’altra commessa richiede tempo e programmazione, oltre che la formazione del personale.
7.1. Il motivo è infondato.
Sotto un primo profilo rileva che GPI parte dall’erroneo presupposto che il livello operativo di CNS sarebbe composto da solo 30 operatori multiskill (dato già sopra ritenuto infondato).
Dall’esame di tutta la documentazione versata negli atti di gara, si evince come le sostituzioni a “0 minuti” siano effettivamente possibili perché, nella maggior parte dei casi, le assenze degli operatori sono effettivamente pianificabili e fronteggiabili dalla organizzazione del personale prevista dal CNS che consente di evitare sovrapposizioni di assenze tra gli operatori addetti alle stesse mansioni, garantendo al contempo una sostituzione immediata e senza impatti sul servizio; sono ad esempio prevedibili e pianificabili le ferie, i permessi, le assenze legate alla maternità e molte altre cause di assenza previste dal Contratto Collettivo Nazionale (CCNL) che possono essere programmate in anticipo.
Di fatto, la relazione tecnica fornita da CNS contiene una documentazione dettagliata di ciascuna soluzione prevista per gestire le assenze in base alla specifica casistica, sicché il T.A.R. ha correttamente considerato coerente la proposta di CNS in considerazione delle tecniche di gestione che la stessa ha descritto nei propri atti.
8. Con il quinto motivo l’appellante censura la sentenza nella parte in cui ha respinto il quinto motivo aggiunto con cui l’esponente aveva dedotto l’irrealizzabilità del “Piano formativo del personale” offerto da CNS, ritenendolo strutturato in modo tale da condurre alla paralisi del servizio.
Lamenta che il TAR, in un passaggio motivazionale di una sola riga, si è limitato ad affermare che “le argomentazioni svolte dal ricorrente sono il frutto di una propria valutazione che non dimostra l’irrealizzabilità della soluzione offerta” e sostiene, invece, che anche da una semplice e veloce lettura dell’offerta di CNS emergerebbe documentalmente come il piano formativo prospettato dalla controinteressata sarebbe fantasioso e irrealizzabile.
In sostanza, secondo GPI, emergerebbe documentalmente che CNS si sia obbligato a erogare alla totalità (o alla maggior parte) del personale impiegato una rilevantissima quantità di ore di formazione in uno strettissimo lasso temporale e in contemporanea allo svolgimento dei servizi richiesti dal Policlinico o, addirittura, ancor prima dell’effettivo passaggio del personale impiegato sulla commessa dall’operatore uscente all’odierno aggiudicatario.
Sostiene, in particolare, che al netto delle 32 ore previste per il modulo 3, CNS propone di sottoporre i propri operatori a ben 124 ore di formazione “in aula” e ben 56 ore di formazione “on the job” nei primi 7 giorni di servizio, ovvero di erogare l’incredibile media di 17 ore circa al giorno di formazione “in aula” e 8 ore di formazione “on the job”. Rispetto agli impegni assunti dall’aggiudicatario circa l’erogazione del servizio come previsto nella lex di gara, e in riferimento alla quantità di ore previste nella giornata lavorativa tipo dal CCNL e al monte ore dichiarato da CNS, sarebbe evidente che un tale impegno sia suscettibile di minare la credibilità, la sostenibilità tecnica e l’adeguatezza dell’offerta tecnica.
8.1. Il motivo è infondato.
Come argomentato dal giudice di prime cure le deduzioni svolte dell’appellante sono espressione di una interpretazione soggettiva dell’offerta formativa presentata da CNS fondata su calcoli astratti, che in particolare non considera che la gara per cui è causa prevede il rispetto della clausola sociale, che implica che il servizio sarà svolto da personale già attualmente impiegato e formato nell'erogazione dei servizi richiesti.
Posto che il personale coinvolto nell'appalto ha già maturato esperienza pratica nel settore e possiede le competenze e le abilità necessarie per svolgere il lavoro richiesto, l’offerta di CNS ha previsto che tutte le unità lavorative utilizzate nell’espletamento del servizio, verranno valutate in ingresso in ordine alla necessità di formazione, soprattutto per l’acquisizione delle conoscenze per l’attività multiskill, che saranno acquisite mediante l’erogazione di moduli formativi on the job; questa sarà effettuata durante l’orario di lavoro, quale scelta di miglior risultato dal momento che l’operatore impara lavorando ad eseguire i processi lavorativi già rientranti nelle proprie attività.
In definitiva le ore di formazione verranno erogate ai soli operatori che ne avranno la necessità, e non a tutti gli operatori, risultando pertanto infondata la censura proposta dall’appellante che ha moltiplicato il numero di ore di ogni singolo modulo per l’itero personale operativo di 47 unità.
9. Con il sesto motivo l’appellante censura il capo 3.6 e il capo 3.2 della sentenza nella parte in cui il giudice di prime cure ha respinto il sesto motivo aggiunto a mezzo del quale aveva censurato la sottostima del costo della manodopera, ritenendo di aver dimostrato come l’offerta dell’aggiudicatario dovesse essere esclusa ai sensi dell’art. 97, co. 5 e 6, d.lgs. 50/2016.
Il T.A.R., infatti, avrebbe omesso di pronunciarsi su tutte le questioni svolte con il sesto motivo aggiunto, limitandosi ad affermare che “Con il sesto motivo, la ricorrente si sofferma ulteriormente sulla già dedotta asserita sottostima del costo della manodopera. Trattasi di censura infondata per le ragioni già indicate al punto 3.2”, mentre in realtà, con il sesto motivo aggiunto, l’appellante sostiene di avere proposto censure su aspetti differenti da quelli dedotti con il secondo motivo di ricorso, appunto esaminato nel punto 3.2 della sentenza.
Ciò vizierebbe la sentenza per omessa pronuncia (con conseguente annullamento della sentenza ex art.105, comma 1, c.p.a. e rinvio al primo giudice) o, per lo meno, per difetto di motivazione.
Sostiene l’appellante che l’offerta di CNS sarebbe incongrua con riferimento al numero di addetti, al costo della manodopera (che sarebbe inferiore ai minimi salariali), all’assunta mancata previsione degli scatti salariali, degli adeguamenti previsti negli anni successivi, nonché denuncia una presunta incongruità del costo della manodopera rispetto agli sgravi indicati.
9.1. Preliminarmente deve dichiararsi insussistente il dedotto vizio di omessa pronuncia sul sesto motivo aggiunto: è infatti la stessa appellante ad affermare (nell’esordio del VI motivo di appello qui in esame) che con il sesto motivo aggiunto aveva censurato – questa volta in modo “più centrato” - la sottostima della manodopera e l’anomalia dell’offerta di CNS che già aveva censurato con il secondo motivo del ricorso principale, che però era stata costretta a proporre “al buio”.
Appare pertanto del tutto corretto l’impianto motivazionale della sentenza, avendo il giudice di prime cure opportunamente trattato in un unico capo della sentenza i medesimi motivi di censura sviluppati da parte ricorrente dapprima “al buio” con il ricorso introduttivo (secondo motivo) e poi meglio “centrati” con il ricorso per motivi aggiunti (sesto motivo).
9.2. Sotto altro profilo va rilevato che l’appellante ha impugnato soltanto genericamente il Capo 3.2. della sentenza unitamente al Capo 3.6. limitandosi ad affermare che “I capi della sentenza indicati in epigrafe vanno comunque riformati considerata la dimostrata incongruità delle stime sul costo della manodopera indicate da CNS che restituiscono addirittura un’offerta in grave perdita”, ed appuntando invece l’attenzione unicamente su due esempi asseritamente volti a dimostrare “come l’offerta di CNS sia gravemente in perdita, peraltro, considerato il minimo utile dichiarato da CNS, pari a soli € 10.399 annui”.
Ne consegue che rimangono inoppugnate le statuizioni contenute nel Capo 3.2. della sentenza, avendo l’appellante omesso di riproporre specificamente gli altri motivi di impugnazione dedotti con il ricorso introduttivo e con i motivi aggiunti, dovendosi rilevare che “nel giudizio di appello non è sufficiente la riproposizione dei motivi di impugnazione non esaminati attraverso un mero richiamo per relationem al ricorso introduttivo e agli atti del giudizio di primo grado privo della precisazione del loro contenuto, poiché l'art. 101 comma 2 Cod. proc. amm., utilizzando il termine "espressamente", ha evidentemente inteso pretendere che la parte specifichi l'ambito della devoluzione al giudice di secondo grado, sì da mettere questi nelle condizioni di avere una conoscenza compiuta delle questioni e le controparti a contraddire sulle stesse, mentre il mero richiamo non consente il recupero dei vizi denunciati in primo grado senza che sia necessario compulsare il fascicolo di prime cure” (Cons. Stato, II, 12 dicembre 2022, n. 10841).
9.3. In definitiva l’appellante, nel rinviare genericamente a quanto dedotto in primo grado, si limita ad offrire due esempi dal quale ricavare che l’offerta di CNS sarebbe gravemente in perdita, tenuto conto che il minimo utile da quest’ultima dichiarato è pari a soli € 10.399,00 annui. Sostiene dunque che:
- CNS, pur dichiarando di assumere un’ulteriore risorsa aggiuntiva oltre a quelle assorbite con la clausola sociale (47), avrebbe trascurato di calcolare (e quindi prevedere) il maggior costo per la risorsa aggiuntiva che ammonterebbe ad almeno € 12.224,80 l’anno;
- CNS non avrebbe altresì calcolato il maggior costo per il Responsabile dell’appalto (c.d. RA) che pacificamente non sarebbe figura professionale inclusa tra quelle previste dalla clausola sociale e che, pertanto, non sarebbe stata certamente computata; stima poi che tale risorsa, che deve essere considerata al 7° livello retributivo essendo figura apicale della commessa, avrebbe un costo non inferiore a € 34.405,03 annui.
Ne conseguirebbe che il maggior costo della manodopera, così dimostrato e non considerato nell’offerta di CNS, supererebbe il margine di utile dichiarato con la conseguenza che l’offerta sarebbe pertanto in perdita.
9.4. Rileva il Collegio che la prima censura risulta inammissibile stante la formata acquiescenza sul Capo 3.2. della sentenza non efficacemente impugnato da GPI, avendo il giudice di prime cure statuito, dopo analitica ed argomentata disamina delle censure proposte, che l’offerta di CNS è complessivamente congrua con riferimento al costo della manodopera e al numero di risorse impiegate. La seconda censura è invece inammissibile ai sensi dell’art. 104 c.p.a., avendo GPI sollevato la questione soltanto in appello.
10. Con il settimo motivo l’appellante impugna il Capo 3.7. della sentenza con la quale il giudice di prime cure ha respinto il settimo motivo aggiunto, incentrato a contestare i punteggi tecnici che l’appellante ritiene illogicamente ed erroneamente attribuiti sia alla controinteressata sia all’esponente medesima.
Il T.A.R. ha sul punto statuito che “In disparte l’inammissibilità di censure volte a impingere nel merito della discrezionalità tecnica della Stazione appaltante, rileva il Collegio che i singoli punteggi contestati riguardano i medesimi aspetti che la ricorrente ha posto a fondamento dell’asserita inammissibilità dell’offerta, sulla cui non condivisibilità in fatto si è già detto in precedenza”.
L’appellante contesta la statuizione del T.A.R. deducendo che, a suo avviso, le censure esposte avrebbero ad oggetto profili di macroscopica inattendibilità la cui analisi sarebbe pertanto pienamente compatibile con i limiti del sindacato giurisdizionale in subiecta materia.
Ritiene di avere dimostrato come il punteggio tecnico assegnato a CNS per vari criteri di valutazione sia gravemente abnorme ed errato al punto che, se tale punteggio fosse condotto a legittimità, CNS perderebbe il primato in graduatoria mentre l’esponente diverrebbe saldamente prima, meritando l’aggiudicazione. In particolare, contesta i punti assegnati a CNS per i seguenti subcriteri:
- A.1.1 su “Le metodologie di pianificazione e programmazione del servizio” (max 2) per cui CNS ha ottenuto 1,6 pt. su 2;
- A.2.2 su “Le modalità e le tempistiche nella gestione della turnistica e delle sostituzioni in caso di assenze prevedibili e/o improvvise” (max 5) per cui CNS ha ottenuto 5 su 5 pt.;
- A.2.3 su “Piano di formazione del personale con riferimento tanto al personale neoassunto quanto alla formazione continua del personale in servizio con indicazione dei singoli moduli formativi” (max 5) per cui CNS ha ottenuto 5 su 5 pt.;
- C.3 MEZZI/STRUMENTI/SISTEMI messi a disposizione della Stazione appaltante “proposte migliorative riguardanti i servizi richiesti” (max 8) per cui CNS ha ottenuto 8 pt. su 8;
Sostiene l’appellante che si tratterebbe di punteggi che, alla luce dell’offerta di CNS, meriterebbero di essere radicalmente annullati.
10.1. Il motivo di appello è infondato. Va infatti rilevato che:
- per il sub criterio A.1.1. la contestazione si fonda sull’assunto - previamente esaminato e ritenuto infondato nella sentenza - che l’offerta di CNS abbia previsto solo 30 operatori;
- per il criterio A.2.2. la contestazione del punteggio si fonda sull’assunto dell’inattuabilità del piano delle sostituzioni (in zero minuti) proposto da CNS, già previamente esaminato e respinto dalla sentenza impugnata;
- per il criterio A.2.3. la contestazione si fonda sulla asserita inattuabilità del piano di formazione proposto da CNS, censura anche questa già previamente esaminata e respinta dal TAR;
- infine per il sub criterio C.3, la contestazione si fonda sull’assunto che l’offerta di CNS conterrebbe una variante al “progetto del servizio CUP”, prevedendo l’esecuzione di lavori strutturali (opere edili e impiantistica) non autorizzati o tantomeno previsti nel progetto del servizio posto a base di gara; trattasi anche in questo caso di censura già esaminata e respinta della sentenza.
Alla luce di tali considerazioni appare evidente la correttezza della statuizione del giudice di prime cure che ha rilevato come le censure proposte sui punteggi impingessero nei medesimi aspetti che la ricorrente ha posto a fondamento dell’asserita inammissibilità dell’offerta, e che il Tar aveva ritenuto infondati.
Con riferimento poi all’auto-attribuzione di un miglior punteggio in proprio favore, GPI lamenta che la Stazione appaltante non le avrebbe correttamente attribuito il punteggio previsto al criterio D.3 “Certificazione SA 8000” (max 1) che GPI possiede e per cui, per lo meno, aveva un’organizzazione equivalente.
Va rilevato che si tratta di una valutazione del tutto soggettiva e autoreferenziale dell’appellante, non ravvisandosi alcuna manifesta illogicità nella attribuzione dei punteggi da parte della Commissione con conseguente sottrazione della censura al sindacato giurisdizionale.
11. Con l’ottavo motivo l’appellante deduce i vizi di error in iudicando per omessa pronuncia, erronea e incompleta motivazione, e ingiustizia manifesta, in merito al Capo 4 della sentenza che avrebbe ritenuto irrilevante la circostanza che la gara è stata aggiudicata il 23/6/2023, a distanza di quasi due anni dalla sua indizione avvenuta in data 5/7/2021.
Espone che tale dilazione temporale – mai giustificata dalla Stazione appaltante – è stata oggetto di un apposito motivo di ricorso da parte di GPI che ha inteso censurare la legittimità dell’intera procedura condotta in violazione dei principi di concentrazione e di continuità delle operazioni di gara e in abnorme violazione dei termini di conclusione dei procedimenti di gara imposti dall’art. 2 D.L. 76/2020 (conv. in L. 120/2020) applicabile ratione temporis; e che, tuttavia, pronunciandosi sulla questione la sentenza impugnata ha ritenuto infondato il motivo di ricorso sul presupposto che l’art. 2, co. 1, D.L. 76/2020 (conv. in L. 120/2020) “non prevede un’ipotesi di invalidità della procedura di gara bensì una possibile ipotesi di responsabilità del RUP per danno erariale”.
Lamenta, al riguardo, che il T.A.R. si sarebbe pronunciato unicamente in merito alla violazione del termine previsto dall’art. 2, co. 1, D.L. 76/2020, omettendo però completamente di pronunciarsi in merito alla censura riguardante la violazione, tra gli altri, dei principi di concentrazione e continuità delle operazioni di gara.
11.1. Il motivo è infondato.
Va intanto rilevato che il Giudice di prime cure ha richiamato il citato art. l’art. 2, co. 1, D.L. 76/2020 (conv. in L. 120/2020) il quale espressamente prevede che “Il mancato rispetto dei termini di cui al periodo precedente (sei mesi – ndr), la mancata tempestiva stipulazione del contratto e il tardivo avvio dell'esecuzione dello stesso possono essere valutati ai fini della responsabilità del responsabile unico del procedimento per danno erariale e, qualora imputabili all'operatore economico, costituiscono causa di esclusione dell'operatore dalla procedura o di risoluzione del contratto per inadempimento che viene senza indugio dichiarata dalla stazione appaltante e opera di diritto.
Coerentemente al dettato normativo il T.A.R. ha pertanto statuito che la norma “non prevede un’ipotesi di invalidità della procedura di gara bensì una possibile ipotesi di responsabilità del RUP per danno erariale”, respingendo la censura.
Quanto alle ulteriori doglianze la giurisprudenza di questa Sezione ha statuito che “il protrarsi delle operazioni di gara per lungo tempo non rende illegittima ex se la procedura di gara, in quanto il principio di continuità e di concentrazione delle operazioni non è così assoluto e rigido da determinare sempre e comunque, laddove vulnerato, l’illegittimità degli atti di gara. Sebbene le garanzie di imparzialità, pubblicità, trasparenza e speditezza dell’azione amministrativa postulino che le sedute di una commissione di gara debbano ispirarsi al principio di concentrazione e continuità, tale principio è soltanto tendenziale ed è derogabile, a fronte di situazioni particolari che obiettivamente impediscono l’espletamento di tutte le operazioni in una sola seduta” (Consiglio di Stato, sez. III, n. 4199 del 11 ottobre 2016).
Nel caso in esame, peraltro, il ritardo subito dalla procedura di gara è in larga parte attribuibile alle dimissioni del precedente RUP ed alla nomina in sostituzione del nuovo Responsabile, con conseguente infondatezza del motivo di appello.
12. Con il nono e ultimo motivo l’appellante impugna i Capi della sentenza 5 e 7 nella parte in cui il TAR ha ritenuto di definire il giudizio omettendo di pronunciarsi sulle istanze istruttorie formulate da GPI nel corso del giudizio ai sensi degli artt. 65, 66 e 67 del c.p.a.
12.1. L’eccezione di omessa pronuncia sulle richieste istruttorie è infondata, impingendo le suddette richieste su sue assunti ritenuti infondati dal TAR, relativi rispettivamente alle 30 presunte assunzioni da parte di CNS e sulla verifica del costo della manodopera.
13. Conclusivamente, per tutti i surriferiti motivi, l’appello principale proposto da GPI è infondato e va respinto.
14. Conseguentemente l’appello incidentale proposto da CNS deve essere dichiarato improcedibile per carenza di interesse alla sua decisione.
15. Sussistono giustificati motivi, in ragione della complessità della vicenda in fatto e in diritto, per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) definitivamente pronunciando sull'appello e sull’appello incidentale, come in epigrafe proposti:
- respinge l’appello principale proposto da GPI S.p.A.;
- dichiara improcedibile, per sopravvenuta carenza d’interesse, il ricorso incidentale proposto da CNS Soc. Coop.;
- compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 luglio 2024 con l'intervento dei magistrati:
Michele Corradino, Presidente
Ezio Fedullo, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere
Antonio Massimo Marra, Consigliere
Sebastiano Zafarana, Consigliere, Estensore
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L'ESTENSORE |
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IL PRESIDENTE |
Sebastiano Zafarana |
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Michele Corradino |
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IL SEGRETARIO
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