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La definizione degli indirizzi per le nomine e le designazioni di competenza del Comune presso enti, aziende e istituzioni.
di Giuseppe De Luca  (giuseppedeluca70@yahoo.it) 14 aprile 2006
Materia: enti locali / attività

La definizione degli indirizzi per le nomine e le designazioni di competenza del Comune presso enti, aziende e istituzioni.

 

 

1. Premessa

Gli indirizzi di competenza del consiglio comunale ex art. 42 co. 2 lett. m) TUEL sono un presupposto indefettibile del provvedimento sindacale; tuttavia è pacifico che la deliberazione di indirizzo debba limitarsi a definire criteri procedurali per le nomine e le designazioni, non potendo in alcun caso comprimere indebitamente l'autonoma responsabilità e dunque la libertà di scelta del Sindaco ex art. 50 co. 8 TUEL.

Tale competenza consiliare è inderogabile e quindi non è delegabile né esercitabile in via d'urgenza da parte di altri organi (art. 42 co. 4 TUEL).

 

2. Opportunità, obiettivi di efficacia e trasparenza.

Già sotto il profilo statutario possono essere fissate linee generali che segnino i binari entro i quali il Consiglio possa procedere alla definizione degli indirizzi.

I Comuni ad esempio, nel promuovere le cosiddette "azioni positive" per la realizzazione della parità tra i sessi, possono prevedere che nel caso in cui debbano nominarsi rappresentanti in enti, aziende o istituzioni, fra i nominati sia garantita l’equilibrata presenza di uomini e di donne, nel contempo garantendo che tale equilibrio sia assicurato tra i rappresentanti complessivamente nominati e designati nel corso del mandato. A tale riguardo il Sindaco può essere tenuto a motivare le scelte operate e le conseguenti esclusioni, con specifico riferimento al principio di pari opportunità, e a darne adeguata diffusione.

La presentazione in particolare di candidature femminili potrebbe essere promossa da Commissioni consiliari all'uopo costituite (si pensi all'esperienza della Commissione delle Elette nel Comune di Roma, composta dalle Consigliere facenti parte del Consiglio Comunale). E' poi possibile che con il regolamento del Consiglio Comunale siano stabilite le modalità per un’adeguata pubblicità preventiva dell'incarico da ricoprire al fine di garantire un effettivo controllo partecipativo degli appartenenti alla comunità cittadina e candidature da parte di qualunque soggetto.

Nel segno di una maggiore trasparenza, ci si potrebbe indirizzare verso una maggiore democraticità di determinate scelte anche attraverso l’ausilio di sistemi informatici. Si pensi al progetto di “Democrazia Elettronica“ del Comune di Bologna, nato dall’esigenza di rinnovare il rapporto tra l’amministrazione e i cittadini, facendo sì che questi ultimi partecipino attivamente alle decisioni riguardanti la vita della città,in un clima di trasparenza amministrativa e di diffusione dell’informazione. E’ nata così l’iniziativa di pubblicare su Internet alcuni atti amministrativi allo scopo di sollecitare i pareri dei cittadini, aprendo uno spazio per avanzare proposte, idee, suggerimenti e richieste. Tali documenti sono in genere lunghi, complessi, di difficile lettura per il linguaggio criptico e burocratico utilizzato nella loro redazione: è per questo motivo che ogni atto pubblicato è accompagnato da una presentazione contenente le informazioni essenziali, utili al cittadino per comprendere l’atto ed eventualmente allegare il proprio contributo nell’area specifica attivata allo scopo sulla rete. Il tutto coerentemente con le disposizioni della L.150/2000 in tema di comunicazione istituzionale, peraltro ricordando che alla stregua di tale normativa, le attività di informazione e comunicazione istituzionale non sono soggette ai limiti imposti in materia di pubblicità, sponsorizzazioni ed offerte al pubblico. Ancora il regolamento del Consiglio Comunale può disciplinare il procedimento da seguire per la definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del Comune presso enti, istituzioni ed altri organismi gestori di servizi pubblici.

Le delibere consiliari di indirizzo possono richiedere che i nominati posseggano requisiti di competenza, esperienza, professionalità, e management nei settori di designazione, nonché di integrità morale; che dimostrino efficienza e trasparenza di gestione nel conseguire gli obiettivi affidatigli, nel pieno rispetto degli ambiti di competenza con le altre autorità e rappresentanze, favorendo il collegamento tra le proprie strutture operative e le diverse Amministrazioni rappresentanti il Comune. Tale ultimo inciso non deve apparire un vuoto esercizio retorico: l’integrazione dei sistemi, infatti, appare oramai un obiettivo irrinunciabile della moderna P.A., come stanno a evidenziare le recenti acquisizioni in tema di Sportello Unico per le attività produttive, il processo di e-governement e il sistema di integrazione statistica nazionale (SISTAN), senza dimenticare l’esperienza della programmazione dei servizi socio-sanitari integrati da parte delle ASL e dei Comuni ( per la verità pesantemente incisa dai vincoli punitivi per l’autonomia di entrate e di spesa sanciti dalla Finanziaria 2003).

Ancora può richiedersi che i rappresentanti del Comune, nello svolgimento dell’attività, qualifichino i controlli all’interno dell’azienda, ente, o istituzione, proponendo meccanismi di riscontro ai momenti operativi, capaci di verificare il conseguimento degli obiettivi, disincentivando comportamenti inefficienti, adeguando l’organizzazione interna al fine di assicurare trasparenza, intelligibilità, anche attraverso sistemi di comunicazione e verifica interna dei dati; attuando anche all’esterno la massima trasparenza e affidabilità con un’informazione chiara e puntuale, senza ledere i fondamentali diritti della riservatezza e del segreto d’ufficio. A tal fine i designati potrebbero essere tenuti a redigere periodicamente una relazione illustrativa degli obiettivi raggiunti e dei miglioramenti quali-quantitativi apportati alla comunità asservita e una valutazione sommaria dei costi-benefici prodotti sulla collettività, relazione da consegnare al Sindaco per essere messa a disposizione dei consiglieri comunali.

In ogni caso trasparenza e qualità tecnica delle decisioni Sindacali di nomina andranno di pari passo col carattere più o meno stringente, più o meno dettagliato, preciso ed effettivamente vincolante degli indirizzi deliberati dal Consiglio, soprattutto laddove i requisiti di professionalità venissero diversamente fissati e classificati a seconda del tipo di competenze tecniche richieste dall’incarico;rimanendo comunque pacifico che, sia pure all’interno di tali maglie, la scelta del Sindaco è pienamente discrezionale.

Molti consigli invece non sembrano recepire questa prospettiva; piuttosto si producono in esercizi di ermetismo giuridico enunciando scarnamente i criteri della correttezza, competenza ed esperienza, in qualche caso, non privo di una qualche (purtroppo inconsapevole) autoironia, indicando un determinato ordine di priorità tra tali sparuti criteri.

Se tale sciatteria può lasciare sconcertati non occorre però farsi soverchie illusioni sulla reale efficacia degli indirizzi delineati con maggior cura, difficilmente risolvendosi tale cura in una reale fuoriuscita dal vago e generico; che quand'anche si realizzasse, potrebbe pur sempre rappresentare il malcelato tentativo di stilare degli identikit "casualmente" attagliantisi ai profili di quei candidati che si intendesse avvantaggiare.

Vi è infatti la possibilità di “restaurare” (rectius: perpetuare), sia pure sotto tali mentite spoglie, il malcostume di legare l’adesione ad una lista elettorale alla previa promessa della futura “assegnazione”di questo o quell’incarico, più o meno rilevante a seconda dei voti che potrebbe “trainare” il candidato.

In tale prospettiva è interessante chiedersi se una nomina fatta in totale spregio degli indirizzi consiliari possa, e a quali condizioni , integrare la fattispecie penale dell’abuso d’ufficio.

Nel nuovo testo introdotto dalla Legge 16 luglio 1997, n. 234, l’articolo 323 c.p. è così formulato: ”Salvo che il fatto non costituisca un più grave reato, il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di legge o di regolamento, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto è punito . . . ”. Ora, pur mancando allo stato una qualche giurisprudenza sul tema , viene comunque da chiedersi se la fattispecie delittuosa possa ritenersi integrata, nel caso in cui , in spregio dei criteri e degli indirizzi fissati nel Regolamento del Consiglio, il Sindaco nomini il rappresentante col solo scopo di soddisfare il proprio o l’altrui interesse. In senso contrario può però sottolinearsi che l’ingiusto vantaggio penalmente rilevante è solo quello patrimoniale non anche quello non patrimoniale; conseguentemente qualche perplessità potrebbe manifestarsi con riferimento a quegli atti che il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio può adottare per favorire sé stesso o altri non patrimonialmente, considerato che a tale genus di atti sono tradizionalmente ricondotti proprio provvedimenti analoghi a quelli oggetto del nostro studio, quali quelli presi per favorire elettoralmente un partito politico o un candidato.

 

3. Vincoli.

Il Sindaco prima di effettuare le nomine deve verificare l'inesistenza, per le persone alle stesse candidate, delle cause ostative di cui all'art. 58 del T.U. e di eventuali condizioni d'incompatibilità fra la loro posizione e la carica alla quale s'intende nominarle. I commi terzo e quarto dell'art. 58 stabiliscono infatti che le cause ostative previste dall'articolo predetto si applicano a qualsiasi incarico per il quale l'elezione è di competenza del Consiglio, della Giunta e del Sindaco.

L'eventuale nomina di coloro che si trovano nelle condizioni previste dall'art.58, primo comma del T.U. è nulla. L'organo che ha provveduto alla nomina è tenuto a revocare il relativo provvedimento non appena venuto a conoscenza delle condizioni suddette.

 Come stabilisce il comma 9 dell'art.50, il Sindaco deve procedere alle nomine nel rispetto dei seguenti termini:

- 45 giorni dall'insediamento

- prima che scada il termine di durata della carica di rappresentante dell'amministrazione.

Si tratta di termini perentori: è infatti prevista la sanzione dell'intervento sostitutivo del Difensore civico che scatta, in caso di inerzia del Sindaco, ai sensi dell'articolo 136 del T.U. a mente del quale qualora i Comuni, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino od omettano di compiere atti obbligatori per legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta nominato dal difensore civico regionale. Detto commissario provvede entro sessanta giorni dal conferimento dell'incarico.

Per la nomina degli amministratori o dei sindaci delle società di capitali partecipate dal Comune, sempre più importanti in relazione al processo di trasformazione dei servizi pubblici locali – occorre distinguere il caso in cui l'atto costitutivo conferisca esplicitamente la facoltà di nomina al Comune (art.2458) laddove il procedimento di nomina seguirà le regole degli artt. 42 e 50 T.U., e il caso diverso, in cui la nomina avvenga nell'assemblea dei soci (art. 2383 c.c.) allorché il ruolo del rappresentante del comune nella circostanza nominato, apparirà persino rafforzato dall’investitura assembleare.

L'art. 116, primo comma, del D.Lgs n.267/00 stabilisce che l'atto costitutivo delle società a partecipazione non maggioritaria deve prevedere l'obbligo dell'ente locale di nominare uno o più amministratori e sindaci.

L'inserimento di tale condizione nell'atto costitutivo, obbligatorio per le società in cui la partecipazione dell'ente non sia prevalente, deve ritenersi comunque opportuno in tutte le ipotesi di costituzione di società per la gestione dei servizi pubblici locali aumentando così la possibilità di controllo dell'ente sugli organi societari.

Questa possibilità è d'altronde già prevista dal già citato art. 2458 del Codice civile, il quale stabilisce che l'atto costitutivo delle società in cui partecipano enti pubblici può conferire a questi ultimi la facoltà di nominare uno o più amministratori o revisori.

E' opportuno sottolineare che l'appartenenza al consiglio di amministrazione di una società di capitali partecipata dall'ente locale è stata considerata causa di ineleggibilità (alla carica di consigliere dell'ente stesso) di cui all'art. 2, n.10, della L 154/81, ora art. 60, primo comma, n. 10, del T.U. n. 267/00, in quanto la nozione di "dirigente" ivi recepita è da intendersi riferita alla posizione di quanti concorrono all'elaborazione delle scelte gestorie e di politica economica della società, comprendendovi quindi anche i membri del suddetto organo societario. (Cass. civ. sent. n. 3508/93).

La stessa Cassazione (sent. n. 5216/01) ha ritenuto sussistere incompatibilità tra le cariche di consigliere comunale e di componente del consiglio di amministrazione di una società di cui il comune sia azionista anche di minoranza, qualora il capitale di tale società sia frazionato tra una pluralità di soci nessuno dei quali risulti avere la maggioranza, onde il Comune medesimo ha in concreto la possibilità di concorrere alla formazione della volontà delle società esprimendo in assemblea un voto suscettibile di risultare determinante.

La causa di incompatibilità mira ad evitare un conflitto, anche soltanto potenziale, fra l’interesse che l’amministratore dell’ente controllato deve tutelare e quello che deve perseguire l’eletto alla carica del Comune controllore: a tal proposito, il concetto di vigilanza deve essere inteso fino a ricomprendere ogni forma di ingerenza e di controllo, senza bisogno che si esplichi nelle forme più penetranti dell’annullamento o dell’approvazione degli atti di tale ente; il conflitto di interessi che la legge intende scongiurare si profila cioè ogni qual volta il Comune si trovi in una situazione tale da consentire una vera e propria ingerenza diretta sul funzionamento dell’ente privato, ovvero quando la vigilanza si traduca in un controllo idoneo ad incidere sul processo formativo della volontà di quest’ultimo. Quanto detto però non deve farci dimenticare che il ruolo del rappresentante del Comune negli enti non è solo quello di “controllore” degli organi societari.In verità egli entra a far parte di organi quali il CDA, quindi prende parte alle scelte fondamentali dell’ ente o azienda, scegliendo a sua volta più che controllare.

E’ peraltro interessante notare che prima delle modifiche apportate dalla Finanziaria 2002, ai sensi dell'art. 145 comma 82 della L 388/00, la carica di Sindaco, Presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale non era invece incompatibile con lo svolgimento di funzioni di amministrazione di società di capitale a partecipazione mista, costituite, in conformità alla deliberazione CIPE del 21 marzo 1997, come soggetti responsabili dell'attuazione degli interventi di programmazione negoziata previsti dal comma 203 dell'articolo 2 della legge 662/96.

Tale norma, come anticipato, è stata abrogata dall’art. 52 comma 62 L. 28 dicembre 2001 n. 448, quindi l’incompatibilità adesso sussiste.

I rappresentanti del Comune (consiglieri di amministrazione, o revisori) così nominati, pur avendo gli stessi diritti ed obblighi degli altri membri eletti dall’assemblea sociale, possono essere revocati soltanto dagli enti che li hanno nominati. Da ciò deriva un sensibile grado di indipendenza dei rappresentanti dell’ente rispetto alle vicende ed alle pressioni dei soci terzi, consentendo loro di perseguire più efficacemente l’interesse pubblico per il cui soddisfacimento è stata costituita la società.

Per altro verso, tale condizione assoggetta gli stessi ad un controllo più diretto ed immediato da parte dell’amministrazione locale che può revocarli a mezzo di decisione formale del Sindaco, senza la necessità di deliberazioni assembleari.

La revoca dell’amministratore può conseguire dal mancato rispetto degli indirizzi formulati dal Consiglio comunale ex art. 42, primo comma, lett. m), del T.U.E.L. al quale il rappresentante dell’ente deve attenersi. A tal riguardo, occorre però considerare che agli amministratori, propri rappresentanti, l’ente locale non può comunque imporre comportamenti e decisioni contrari agli interessi della società esponendoli, conseguentemente, a possibili azioni di responsabilità ex artt.2393 ss. del Codice civile. Si ritiene utile precisare che in caso di cattiva gestione della società da parte degli amministratori, il Sindaco ha il dovere di proporre al Consiglio comunale l’esercizio dell’azione di risarcimento ex art. 2393 c.c. quando gli stessi amministratori siano tratti a giudizio penale per comportamenti delittuosi e dannosi connessi alla loro gestione della società; diversamente, è stata ritenuto sussistere la giurisdizione della Corte dei Conti per il comportamento omissivo dello stesso Sindaco (Corte dei Conti 96/2002).

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