HomeSentenzeArticoliLegislazionePrivacyRicercaChi siamo
Riflessioni sulla recente sentenza del Tar Lazio, sez. III, n. 2632, che annulla la delibera del consiglio dell'Autorità di vigilanza sui lavori pubblici del 26/02/2002.
di Cecilia Laghi 9 aprile 2003
Materia: appalti / qualificazione delle imprese

RIFLESSIONI SULLA RECENTE SENTENZA DEL TAR LAZIO, SEZ. III, N. 2632, CHE ANNULLA LA DELIBERA DEL CONSIGLIO DELL’AUTORITA’ DI VIGILANZA SUI LAVORI PUBBLICI DEL 26/02/2002 CHE NEGAVA LA POSSIBILITA’ PER UNA S.p.A COSTITUITA PER L’ESERCIZIO DI SERVIZI PUBBLICI LOCALI, AI SENSI DELL’ART 113 D.LGS. 267/00, DI OTTENERE L’ATTESTATO SOA.

 

 

La sentenza , emessa il 26/03/2003, sebbene  molto prudentemente, afferma e direi conferma principi molto importanti per tutte le “imprese” che operano da anni nel settore dei servizi pubblici locali e che stanno vivendo in quest’ultimo periodo noti processi di trasformazione e cambiamento a seguito della progressiva  liberalizzazione del  mercato.

Il fatto che ha dato origine a questa pronuncia è  il rifiuto di EURO Soa , società organismo attestazione, spa, del 08/11/2001, confermato dall’Autorita’ di Vigilanza Lavori pubblici, con la delibera del 26/02/02, di rilasciare a VE.S.T.A(Venezia Servizi Territoriali Ambientali) spa, società costituita ai sensi dell’art 22 della L. 142/90, l’attestato per la categoria OG 12 (opere ed impianti di bonifica ambientale) e OS 24 (verde ed arredo urbano), entrambe per classifica III (€ 1.032.913), non per la mancanza dei necessari requisiti, ma a causa della sua natura giuridica.

Di fatto, con questo diniego, che segue e si conforma al comunicato n. 14 del settembre 2001 dell’Autorità, si impediva a VESTA ed a tutte le società di gestione dei pubblici servizi di partecipare alle gare di lavori pubblici nei settori dove, invece, avevano maturato adeguata esperienza e capacità.

E’ noto che per poter eseguire lavori pubblici, o meglio, per poter partecipare alle gare d’appalto (1), le imprese che li realizzano, se superiori a determinati importi, devono possedere apposita qualificazione.

Prima dell’entrata in vigore del sistema di qualificazione introdotto dall’art. 8 della legge 109/94, (01/03/00), la qualificazione veniva rilasciata dall’ANC, Albo Nazionale Costruttori, organo pubblico centralizzato, disciplinato dalla legge n. 57/1962, organo sostituito oggi dalle SOA, società organismo di attestazione, società per azioni private autorizzate e sotto il controllo di apposita commissione consultiva costituita presso l’Autorità di Vigilanza Lavori Pubblici.

Sia l’ANC che le SOA sulla problematica del rilascio dell’attestato di qualificazione ai soggetti gestori dei servizi pubblici, hanno, nel tempo, tenuto comportamenti differenti o negando l’iscrizione oppure rilasciandola.

Questo comportamento difforme è significativo di come, in assenza di un espresso divieto legislativo, sia stato determinante in passato e lo sia oggi l’effettivo interesse di essere presenti nel mercato dei lavori pubblici di tali società (2) e la più o meno forte opposizione delle imprese di costruzioni. L’ANC basava il suo rifiuto principalmente  sulla natura giuridica dei soggetti che richiedevano il certificato (in quanto azienda speciale o consorzio (3)), oggi i motivi del diniego sono basati, così come dicono sia il Comunicato n. 14 del 28/09/2001 rilasciato dall’Autorità alle SOA, che la delibera del 26/02/02, sulle seguenti osservazioni:

1. Congiunta soggettività della stessa struttura come ente aggiudicatore e come impresa, ex comma 5- bis dell’ art 2 della legge 109/94 (4).

2. Limite funzionale e territoriale, dovuto al fatto che tali società non possono svolgere attività economico - imprenditoriali avulse dal servizio per la cui gestione sono state costituite (al proposito non viene citata alcuna norma, trattandosi di un principio dettato dalla giurisprudenza).

3. Ragioni di opportunità che contrastano la tendenza espansiva delle società miste.

Tali motivazioni non sono condivise dal TAR  Lazio che sostiene, relativamente al punto uno ed al contenuto del comma 5 bis, che l’esistenza del divieto di eseguire in proprio lavori connessi al servizio gestito da Spa pubbliche può produrre effetti inibitori, ma non può essere interpretato come divieto di partecipare a gare indette da una diversa stazione appaltante, ossia tale divieto opera solo con riferimento all’attività svolta per conto proprio, in house, non all’esterno.

In merito cita la recente giurisprudenza  Cons. di Stato V sez. del 03/09/2001 n. 4586, che ammette l’attività extra territoriale delle società miste a determinate condizioni, con il solo limite del divieto di svolgere attività che pregiudichino il perseguimento dei propri fini istituzionali (coincidenti con il servizio alla collettività di riferimento), non si devono cioè sacrificare risorse o mezzi destinati allo svolgimento del servizio pubblico nell’ambito territoriale di riferimento.

Si sofferma, la sentenza , sulla scia del Consiglio di Stato, nella disamina della differenza tra i due modelli gestionali alternativi previsti dall’art 22 della legge 142/00, oggi art. 113 del Dlgs. 267/00 (5), quello dell’azienda speciale e quello della spa, l’uno organo strumentale dell’ente locale, l’altra modulo privatistico soggetto alle regole del codice civile seppure non del tutto alieno a finalità e connotati ancora sostanzialmente pubblicistici.

La natura di organismi di diritto pubblico (6), tenuti al rispetto delle procedure dell’evidenza pubblica ai fini della stipula di contratti di appalto con i terzi non può coartare la natura di tali società facendole diventare al pari delle aziende speciali organi strumentali intimamente collegati all’ente territoriale con gli stesi limiti di queste ultime.

Si afferma, pertanto, un concetto molto importante, ossia che l’essere stazione appaltante non impedisce di essere impresa, concetto che si ritrova  anche nel  Diritto comunitario. L’art. 48 (già art. 58) del Trattato CEE dispone che i principi in materia di libera prestazione di servizi si applicano a tutte le persone giuridiche, siano esse di proprietà privata o di proprietà pubblica, ovvero disciplinate da norme di diritto privato o da norme di diritto pubblico (7). Così pure la proposta di direttiva già approvata dal Parlamento e dal Consiglio europeo, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di forniture servizi e lavori (si veda testo pubblicato sulla GUCE C 29 E/11 del 30.1.2001) che all’art 1 “ Definizioni” comma 4 così dispone: “i termini di fornitore, prestatore di servizi e imprenditore designano una persona fisica o giuridica o organismo di diritto pubblico che offra, rispettivamente prodotti, servizi o la realizzazione di lavori od opere sul mercato”.

La negazione della possibilità, per una società costituita ai sensi dell’art. 113, D.Lgs. 267/2000, di assumere la veste di impresa appaltatrice di lavori pubblici, se confermata dal TAR , avrebbe determinato un’evidente discriminazione delle società pubbliche italiane rispetto alle società pubbliche di altri stati membri dell’Unione Europea e ciò soprattutto in relazione ai nuovi “scenari” prefigurati dall’entrata in vigore dell’art. 35 della L. Finanziaria 2002, “scenari” che porteranno le società di servizi pubblici locali e non essere più – fra un periodo di tempo più o meno breve – “società di servizi pubblici locali” organismi di diritto pubblico, ma solamente “società”.

Una volta attuato il processo di liberalizzazione del mercato, le spa create ai sensi dell’art 113 bis, che operino nei settori industriali liberalizzati e quindi che abbiano, come oggetto sociale, delle attività destinate ad essere collocate sul mercato in regime di libera concorrenza, non saranno più tenute ad espletare gare per affidare lavori pubblici (8) e quindi non ricopriranno più congiuntamente il ruolo di ente aggiudicatore e di impresa, ma solo di impresa.

Per tali motivi le S.p.A. pubbliche, sempre di più, potranno trovarsi nella necessità assoluta di realizzare lavori (funzionali e non all'esercizio del servizio cui sono preposte) oppure contratti misti (anche a predominanza di forniture e servizi) per i quali (anche per effetto del comma 11°- septies dell’art. 8 della L. 109/1994, come modificata, da ultimo, dalla L. 166/2002) è obbligatoria la qualificazione ex D.P.R. 34/2000 (che l'esecutore è inderogabilmente obbligato a possedere).

Il Tar questo c’è l’ha presente, si legge, infatti, negli ultimi passaggi della sentenza che le spa miste sono, sostanzialmente, soggetti imprenditoriali di diritto privato, destinati ad essere quotati in borsa e pertanto logicamente sensibili alle esigenze dei privati investitori, anche se devono tenere sempre presenti le finalità pubblicistiche e gli interessi pubblici della realtà territoriale che hanno proceduto alla loro costituzione.

Quest’ultima frase fotografa esattamente la realtà delle società miste che sempre più dovranno contemperare le due esigenze: quella puramente imprenditoriale, dello scopo di lucro a quella del socio pubblico legata alla natura dei servizi pubblici gestiti.

Il giudice di merito non entra poi, in quanto non è oggetto del contendere, nel merito della valutazione dell’esistenza del vincolo funzionale, anche se conclude affermando un principio importante, ossia che tale vincolo non può costituire, a priori, un ostacolo per l’assunzione di attività che potrebbero innescare sinergie utili a migliorare la gestione del servizio, assicurando un rientro economico del capitale investito.

Dopo questa sentenza, ma già a partire dal 18/08/2002, a seguito dell’art 7 della legge 166/2002, che ha riformulato l’art 2 della legge Merloni, così come afferma anche la stessa Autorità di Vigilanza rettificando la sua precedente impostazione (si veda delibera 232/02), senza alcun dubbio tutte le spa pubbliche possono, se lo ritengono opportuno, eseguire lavori pubblici, direttamente, con la loro struttura o tramite società controllate, senza l’obbligo di esternalizzare e senza limiti di importo e possono, se interessati alla partecipazione a gare indette da altri enti appaltanti al di fuori del proprio territorio, nel settore dei lavori pubblici o degli appalti misti, ottenere il necessario attestato SOA.

Il legislatore ha così, già prima di questa sentenza, contribuito ad eliminare ogni ostacolo alla capacità di essere impresa di tali società.

Così come, già prima della sentenza del Consiglio di Stato su richiamata, il legislatore ha ammesso la possibilità per le spa pubbliche di agire extra territorio, si veda il D.Lgs.164/2000 (Decreto Letta, art 15 comma 10) in tema di gare nel settore della distribuzione del gas, e l’art 35.comma 2 della legge 448/2000, (per gli altri settori che interessano l’attività delle società di servizi pubblici) (9).

Si tenga, infine, presente che anche l’ultima argomentazione dell’Autorità, legata a ragioni di opportunità che contrastano la tendenza espansiva delle società miste, basata, molto probabilmente, sulla considerazione che queste ultime sono in grado di falsare la concorrenza beneficiando di posizioni di monopolio, di sovvenzionamento e di capitalizzazione che le altre imprese non hanno, non ha più ragione di essere.

Sempre di più si assiste ad una progressiva parificazione delle società a partecipazione pubblica alle società private, si osserva, infatti, che:

• la proprietà delle infrastrutture è destinata a non rientrare più nel patrimonio delle società di gestione, in quanto esiste l’obbligo di scorporo indicato al comma 9 dell’art 35 della finanziaria.

• i finanziamenti a fondo perduto, già attualmente, non vedono più come soggetti beneficiari le spa pubbliche (si veda per es. legge 144/99 e delibera CIPE 21/12/2000 n. 129, concessione di finanziamenti per la metanizzazione dei comuni montani del centro nord che prevede solo i Comuni o i loro Consorzi fra gli enti beneficiari)

• la decisione della Commissione UE relativa alla procedura di infrazione aiuto di Stato, n. C 27/99, affermando che tutti gli aiuti illegalmente concessi alle spa pubbliche devono essere recuperati (ci si riferisce alle agevolazioni consistenti i mutui a tassi inferiori  a quelli di mercato e fra il 1993 ed il 1995 all’esenzione delle imposte sui redditi) potrebbe portare le spa che hanno beneficiato di tali aiuti a restituire  allo Stato ingenti somme con evidente “svantaggio” sul mercato (10).

 

***

 

(1) L’articolo 8 della L. 109/94 e s.m.i (qualificazione) dice che i soggetti esecutori a qualsiasi titolo di lavori pubblici devono essere qualificati. Si discute in dottrina se per soggetti esecutori a qualsiasi titolo si debbano intendere oltre agli appaltatori, ai concessionari e ai subappaltatori anche le imprese appaltanti che eseguono lavori in proprio senza nessun tipo di affidamento esterno (in house), vedi “La legge Quadro in materia di lavori pubblici” volume primo, edito da Cedam, commento di Clarizia, pag. 142.

 

(2) L’interesse fino ad oggi non è molto diffuso tra le società di pubblico servizio, che tendono a rivolgersi all’esterno per l’esecuzione dei lavori e riguarda soprattutto i lavori di manutenzione delle reti e degli impianti oltre che la gestione calore.

 

(3) Si veda , però, sentenza TAR Veneto 11/08/1991, che riconosce anche a tali soggetti, come enti pubblici economici, la possibilità di ottenere il certificato ANC.

 

(4) Comma 5 bis art 2 l. 109/94: “I soggetti di cui al comma 2 provvedono all’esecuzione dei lavori di cui alla presente legge, esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, ovvero in economia nei limiti di cui all’art 24. Le medesime disposizioni si applicano anche ai soggetti di cui al Dlgs. 158/95 per l’esecuzione dei lavori, di qualsiasi importo, non rientranti tra quelli individuati dall’art 8, comma 6 del medesimo decreto legislativo, nonché tra quelli di cui al comma 2 lett. b) del presente articolo”.

 

(5) L’art 113 è stato sostituito dall’art 35 della L. 448/00, oggi esiste l’art 113 (gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza industriale) e l’art 113 bis (gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale), il regolamento ivi previsto che dovrebbe individuare le tipologie dei servizi a rilevanza industriale non è stato ancora emanato. Il principio che detta l’attuale normativa è che l’affidamento di tali servizi debba avvenire mediante gara ad evidenza pubblica, non sono ammessi affidamenti diretti, principio che si conforma alle normative emanate in precedenza relativamente al settore del gas (decreto Letta) e dell’acqua(legge Galli).

(6) Organismo di diritto pubblico è caratterizzato da tre requisiti: possesso di personalità giuridica, finalità di interesse generale e non avente carattere industriale o commerciale e finanziamento maggioritario pubblico o la cui gestione è sottoposta al controllo pubblico o i cui organi di amministrazione sono composti da più della metà da componenti designati dai soggetti pubblici.

 

(7) Le società costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro (…) sono equiparate, ai fini dell’applicazione delle disposizioni del presente capo, alle persone fisiche aventi la cittadinanza degli Stati membri. Per società si intendono le società di diritto civile o di diritto commerciale, ivi comprese (…) le altre persone giuridiche contemplate dal diritto pubblico o privato, ad eccezione delle società che non si prefiggono scopi di lucro.

 

(8) Si veda, per il settore delle telecomunicazioni, la proposta di modifica alle direttive 92/50, 93/36, 93/37 e 93/38 che prevede l’esclusione delle telecomunicazioni dal campo di applicazione della direttiva 93/38.

 

(9) Il comma 10 del Dlgs. 164/00 dice, infatti, che per la durata del periodo transitorio i soggetti titolari delle concessioni o degli affidamenti di cui al presente articolo, già trasformati in spa possono partecipare alle gare senza limitazioni come pure, per gli altri servizi pubblici a rilevanza industriale, l’art 35 comma 2 quarto periodo che vietando alle società di capitali in cui la partecipazione pubblica è superiore al 50% se affidatarie dirette di partecipare a gare al di fuori del proprio territorio scaduto il periodo transitorio, ammette tale possibilità nel periodo transitorio.

 

(10) Esistono diversi ricorsi avverso questa decisione sia da parte delle società interessate, che da parte dello Stato Italiano presso la Corte di Giustizia delle Comunità Europee.

Sentenza: TAR Lazio, Sez. III, 26/3/2003 n. 2632
Sul se le società miste possano effettuare un'attività imprenditoriale sganciata dall'esercizio del servizio pubblico e se il vincolo funzionale, oltre che genetico, che le lega agli enti locali, vieti lo svolgimento di attività a favore di terzi.

HomeSentenzeArticoliLegislazioneLinksRicercaScrivici