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La nuova disciplina "dualistica" dei s.p.l. di rilevanza economica e il nodo gordiano delle società miste alla luce della comunicazione dell'AGCM del 16/10/08 e dell'art. 2 della bozza dell'emanando regolamento di attuazione.
di Gerardo Guzzo 31 marzo 2009
Materia: servizi pubblici / disciplina

LA NUOVA DISCIPLINA “DUALISTICA” DEI S.P.L. DI RILEVANZA ECONOMICA E IL NODO GORDIANO DELLE SOCIETA’ MISTE ALLA LUCE DELLA COMUNICAZIONE DELL’AUTORITA’ GARANTE DELLA CONCORRENZA E DEL MERCATO DEL 16 OTTOBRE 2008 E DELL’ARTICOLO 2 DELLA BOZZA DELL’EMANANDO REGOLAMENTO DI ATTUAZIONE.

 

 

SOMMARIO: 1. La Comunicazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato sulla interpretazione dell’articolo 23-bis, comma 3, del 16 ottobre 2008.   2. Spunti critici.  3. L’articolo 2 della bozza del regolamento di attuazione dell’articolo 10 della legge n. 133/2008.

 

 

1.         La Comunicazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato sulla interpretazione dell’articolo 23-bis, comma 3, del 16 ottobre 2008. 

 

L’Authority garante della concorrenza e del mercato ha reso nota il 16 ottobre 2008 una comunicazione illustrativa a conforto delle oggettive difficoltà incontrate dagli operatori di settore nel difficile compito di adattare il regime e l’assetto delle società pubbliche alla nuova disciplina introdotta dall’articolo 23-bis del d.l. n. 112 del 25 giugno 2008 convertito, con modifiche, nella legge n. 133 del 6 agosto 2008.

Secondo il documento diffuso dall’Autorità “(…) si definiscono servizi pubblici locali di rilevanza economica tutti quelli aventi ad oggetto la produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali con esclusione dei servizi sociali privi di carattere imprenditoriale (…)”.

La Comunicazione, al punto 1, stabilisce che essa trova applicazione nei confronti dei soli enti locali residuando dallo spettro applicativo i gestori di servizi pubblici di rilevanza economica.

Particolarmente significativa, inoltre, risulta la lettera della rubrica che recita testualmente:“Comunicazione sull’applicazione dell’articolo 23-bis, comma 3, del decreto legge n. 112/2008 relativo all’affidamento in-house dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”.

L’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nel fornire opportuni chiarimenti in ordine all’applicazione del comma 3 dell’art. 23-bis del d.l. n. 112/2008, ha espunto dall’ambito di applicazione di tale norma le società miste facendo riferimento ai soli affidamenti interni.

Questo significa che, secondo la ricostruzione dell’Authority, le società miste rientrano a pieno titolo tra le ipotesi ordinarie di affidamento con gara della gestione di servizi pubblici locali al pari di tutti gli altri soggetti economici elencati nel precedente comma 2 del citato articolo 23-bis (1).

Si tratta di una precisazione di estrema importanza perché annovera, di fatto, le società miste tra quei soggetti di diritto privato che possono rendersi aggiudicatari della gestione di un servizio pubblico locale di rilevanza economica all’esito di una gara da svolgersi nel rispetto delle regole dell’evidenza pubblica, con tutto quanto ne consegue anche in ordine alla possibilità di svolgere la propria attività d’impresa al di fuori dell’ambito territoriale degli enti costituenti e partecipanti.

Il principio sembra mutuato da quanto già precedentemente affermato dalla Commissione europea nella Comunicazione interpretativa rubricata n. 2008/C91/02, pubblicata sulla Gazzetta dell’Unione europea del 12 aprile 2008.

In quella occasione, l’organo esecutivo dell’Unione ha avuto modo di chiarire, a proposito delle ipotesi di partnership pubblico-privata, che “(…) le disposizioni di diritto comunitario in materia di appalti pubblici e concessioni impongono all’amministrazione aggiudicatrice di seguire una procedura equa e trasparente quando procede alla selezione del partner privato che, nell’ambito della sua partecipazione all’entità a capitale misto, fornisce beni, lavori o servizi (….).

In ogni caso, le amministrazioni aggiudicatrici non possono ricorrere a manovre dirette a celare l’aggiudicazione di appalti pubblici di servizi a società ad economia mista (…)”.

La Commissione, dunque, imponendo lo svolgimento di procedure di evidenza pubblica nella selezione del partner privato ha inteso, implicitamente, attrarre nell’orbita dell’affidamento ordinario con gara le ipotesi di gestione di un servizio pubblico locale di rilevanza economica aggiudicato a moduli societari misti.

Il successivo punto 3 chiarisce che il principio generale in tema di affidamento dei servizi pubblici locali è quello dello svolgimento di una procedura competitiva ad evidenza pubblica e che tale regola può essere derogata soltanto quando ricorrano “(…) particolari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento che non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato (…)”.

Il punto 4 del documento evidenzia come le condizioni sopra riportate appaiano esogene  rispetto ai principi fissati dalla giurisprudenza comunitaria in tema di affidamenti in house, con questo confermando, sotto altro profilo, le perplessità già sollevate da Confservizi in merito alla tenuta comunitaria della norma (2).

Il punto 5 della Comunicazione disciplina le modalità di “Presentazione della richiesta di parere” prevista dall’articolo 23-bis, comma 3, del d.l. n. 112/2008, prescrivendo l’utilizzo di un apposito formulario.

Tale richiesta, che deve precedere la delibera con la quale l’ente locale affiderà il servizio, dovrà essere corredata dalle informazioni e dai documenti rilevanti. Il successivo punto 6 indica analiticamente i documenti che l’ente locale dovrà inviare all’Autorità che vengono identificati in:“(…) a) una relazione contenente gli esiti dell’indagine di mercato dai quali risulti, in termini comparativi, la convenienza dell’affidamento diretto rispetto all’esperimento di una procedura ad evidenza pubblica; b) informazioni circa le modalità con le quali sono resi pubblici gli elementi di cui al punto sub a); c) tutte le indicazioni soggettive relative all’impresa/e interessata/e; d) dati relativi al tipo ed al valore dei servizi in questione; e) l’atto costitutivo, lo statuto e le informazioni relative al campo di attività della società affidataria; f) informazioni concernenti le caratteristiche economiche del settore o del mercato tali da giustificare l’affidamento in-house; g) indicazioni in merito ai principali concorrenti; h) indicazioni in merito alle eventuali forme di finanziamento o di sussidio dell’attività oggetto di affidamento e delle attività a questa connesse (…)”.

Il punto 7 della Comunicazione precisa che l’Authority rilascia il parere previsto dall’articolo 23-bis, comma 4, del d.l. n. 112/2008 nel termine di sessanta giorni dal ricevimento di tutta la documentazione sempre che questa sia completa di tutti gli elementi, delle informazioni previste dal formulario e che sia assistita dagli allegati e da tutti gli elementi in grado di consentire all’Autorità di compiere una esaustiva valutazione.

L’Authority, ovviamente, ha la possibilità, in caso di documentazione incompleta, di fissare un nuovo termine per la integrazione della documentazione stessa.

In tal caso, i sessanta giorni cominciano a decorrere nuovamente dal ricevimento di tutte le informazioni, fermo restando il diritto della stessa Autorità di richiedere all’ente ulteriori informazioni ai fini della valutazione.

Infine, il punto 8 stabilisce che il parere formulato deve essere tenuto in debita considerazione dall’ente richiedente pur non essendo prevista alcuna sanzione in caso di inosservanza.

Quanto alla natura sostanziale del parere in parola è possibile affermare che esso ha carattere obbligatorio, preventivo e semi-vincolante. Infatti, l’ente locale è tenuto a richiederlo “(…) prima della delibera con la quale (…) affiderà il servizio (…)” e, come cennato, l’ente dovrà tenere in debita considerazione le valutazioni in esso contenute.

Questo significa che la P.A. potrà discostarsi dal parere formulato dall’Authority soltanto fornendo una motivazione congrua ed articolata che dia piena contezza delle sue scelte (3).

Da un punto di vista strettamente processuale, si ritiene che il parere in questione, proprio perché formulato al termine di un sub-procedimento, si atteggi ad atto endoprocedimentale di natura valutativa e, in quanto tale, non immediatamente impugnabile dall’ente locale.  

 

2.         Spunti critici.

 

Com’è noto, nuovo sistema di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica in favore delle società pubbliche all’indomani della riforma introdotta dall’articolo 23-bis della legge n. 133, del 6 agosto 2008, appare “costruito” su due distinte modalità: 1) quella “ordinaria” e 2) quella “in deroga”. Il ricorso al modello “in deroga” presuppone che sussistano i requisiti indicati dal comma 4, cioè “(…) peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento (…)” che non “(…) permettono un utile ricorso al mercato (…)”mentre quello “ordinario” postula lo svolgimento di procedure ad evidenza pubblica tese a selezionare imprenditori o società, in qualunque forma costituite, secondo quanto chiarito dalla sentenza “Frigerio” della Corte di Giustizia del 18 dicembre 2007. L’articolo 23-bis, comma 2, tuttavia, omette di individuare le modalità di svolgimento della procedura competitiva ad evidenza pubblica in parola operando un generico richiamo ai principi del Trattato che istituisce la Comunità europea e ai principi generali relativi ai contratti pubblici, con particolare riferimento ai principi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento e proporzionalità (4). Lo stesso comma 10 dell’articolo 23-bis non contiene alcuna traccia della procedura selettiva che le amministrazioni locali dovrebbero espletare con la conseguenza che queste sembrerebbero godere di un’ampia discrezionalità nella definizione dei meccanismi selettivi purché vengano osservate, almeno in materia di concessione di servizi, le condizioni indicate dall’articolo 30 del d.lgs. n. 163 del 12 aprile 2006 (Codice degli Appalti) che dovrebbe trovare applicazione anche con riferimento alle procedure competitive astrattamente previste dall’articolo 23-bis, comma 2, del d.l. n. 112 del 25 giugno 2008 (5). Altro problema non espressamente risolto dal legislatore della novella è quello relativo alla configurazione dell’affidamento della gestione del servizio a società miste che continua ad atteggiarsi a vero e proprio nodo gordiano. In altri termini, l’articolo 23-bis non chiarisce se nelle modalità di affidamento “ordinario” della gestione del servizio rientrino o meno anche i moduli societari misti. La risposta, solo apparentemente negativa, dovrebbe essere di tutt’altro tenore come confermato anche dalla Comunicazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato del 16 ottobre 2008. In tal senso, militerebbe anche  l’interpretazione letterale del comma 2 dell’articolo 23-bis, nella parte in cui compie un generico riferimento alle “società in qualunque forma costituite”, e la stessa ricostruzione delle modalità di affidamento della gestione del servizio che si è venuta a delineare a livello europeo e nazionale. In sostanza, proprio l’affermata corrispondenza della procedura di scelta del partner privato a quella di selezione del soggetto affidatario del servizio e il contestuale conferimento al socio privato di specifici compiti e funzioni capaci di renderlo “socio operativo” e non mero “socio finanziatore”, spingerebbero nella direzione della sussunzione delle società miste tra i soggetti economici a favore dei quali sarebbe possibile procedere all’affidamento della gestione del servizio in modo “ordinario”. Del resto, in casi del genere all’ente locale viene riconosciuto un potere di regolazione, di controllo interno, dell’operato del partner privato al quale, invece, viene demandata l’attività di gestione e di impresa.  La stessa eccezionalità del ricorso agli affidamenti in house soltanto nei casi in cui ricorrano determinate condizioni che  non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato non sembra costituire un limite all’impiego delle società miste quale utile sistema di gestione dei s.p.l. a rilevanza economica. Infatti, la preventiva richiesta di un motivato parere da trasmettersi all’Autorità garante della concorrenza e del mercato costituisce il punto dolente, ai fini applicativi, della norma contenuta nell’articolo 23-bis, comma 3, il cui contenuto rischia, di fatto, di essere sistematicamente eluso. In prima battuta, è facile gioco osservare che l’Authority garante della concorrenza e del mercato non solo può richiedere una integrazione della documentazione trasmessa, facendo decorrere nuovamente il termine di sessanta giorni a partire dal ricevimento del materiale mancante, ma conserva anche la potestas di richiedere all’ente locale ulteriori informazioni qualora lo ritenga necessario con il rischio che il parere in questione potrebbe essere differito sine die fino a che la documentazione non venga finalmente ritenuta completa. Inoltre, proprio l’assenza di uno stringente regime sanzionatorio legato alla mancata osservanza del parere formulato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato potrebbe indurre la P.A. richiedente ad affidare, comunque, il servizio pubblico indipendentemente o difformemente dal parere formulato dall’AGCM. In conclusione, tutte le osservazioni e i timori espressi nell’odierno intervento rappresentano alcuni degli aspetti più controversi della novella del 2008 e, in questo, senso la riforma potrà incontrare delle serie difficoltà applicative che potrebbero dar luogo al proliferare di affidamenti in house anche laddove sarebbe consigliabile un ricorso al mercato mediante procedure di evidenza pubblica, magari utilizzando proprio il modello “ordinario” delle società miste.

 

3. L’articolo 2 della bozza del regolamento di attuazione dell’articolo 10 della legge n. 133/2008.

 

            L’articolo 23 - bis del d.l. n. 112 del 25 giugno 2008, convertito con modifiche nella legge n. 133 del 6 agosto 2008, al comma 10, ha demandato al Governo, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni ed entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione (…), sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nonché le competenti Commissioni parlamentari, (…)  l’emanazione di uno o più regolamenti, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (…). La prescrizione di legge detta un calendario dell’attività governativa abbastanza serrato se solo si consideri che la legge di conversione n. 113/08 del d.l. n. 112/2008 è entrata a regime il 21 agosto dello scorso anno e che quindi i 180 giorni previsti per il varo dei regolamenti o del regolamento di attuazione della riforma si atteggiano a termine meramente ordinatorio e non perentorio considerata la complessità dei passaggi interni che dovrebbero portare alla stesura della parte più importante della novella. Tuttavia, proprio la natura ordinatoria del termine di 180 giorni, in luogo di quella perentoria, stride con lo strumento legislativo utilizzato dal Governo nel dare la luce alla riforma dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, vale a dire la decretazione d’urgenza. In altri termini, non appare coerente utilizzare una corsia preferenziale costituita dall’impiego di uno strumento legislativo snello, quale il decreto legge, ammantando il contenuto della riforma in parola delle vesti della urgenza e poi imprimere alla definizione di quella parte della medesima considerata l’essenza stessa della novella una tempistica meno pressante e perentoria. A parte i condivisibili dubbi di illegittimità costituzionale legati all’emanando Regolamento di attuazione in merito ad un ventilato conflitto di competenze Stato/Regioni, va sottolineato come la bozza del testo recentemente circolata (6) costituisca un utile momento di riflessione atteso che essa sembra aver recepito le istanze e le osservazioni da più parti formulate in sede di stesura del testo dell’articolo 23-bis. Più nel dettaglio. La bozza del regolamento si apre con la definizione dell’ambito di applicazione del regolamento che investe solo i servizi pubblici locali di rilevanza economica con esclusione dei servizi strumentali all’attività o al funzionamento degli affidanti. Il successivo articolo 2, rubricato Modalità di affidamento, si apprezza perché affronta proprio il problema della sussumibilità delle società miste nell’ambito delle ipotesi di affidamento ordinario della gestione di un servizio pubblico locale. Infatti, facendo proprio quanto già sostenuto dall’AGCOM con la Comunicazione interpretativa dell’articolo 23 - bis, comma 3, della legge n. 133/08, risalente al 16 ottobre 2008, la norma regolamentare ha inserito il modello gestionale delle società miste tra le modalità di affidamento ordinario della gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica (7). La lettera a) del citato articolo 2 a tal proposito stabilisce che l’affidamento ordinario dei servizi pubblici locali riguarda imprenditori o società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica secondo quanto disposto dall’articolo 23-bis, comma 2, nonché a società a partecipazione mista pubblica e privata a condizione che la selezione del socio avvenga mediante le stesse procedure, nel rispetto dei principi di cui al medesimo articolo 23-bis, comma 2, che abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio. La disposizione sembrerebbe codificare la possibilità per le società miste di partecipare anche a gare bandite da amministrazioni diverse da quelle partecipanti (o costituenti) dal momento che l’unica condizione richiesta per la partecipazione alle procedure competitive è costituita dal fatto che, appunto, la selezione del socio avvenga mediante le stesse procedure, nel rispetto dei principi di cui al medesimo articolo 23-bis, comma 2, che abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio (8), senza l’indicazione di alcuna preclusione territoriale. La successiva lettera b) dell’articolo 2 ripropone il portato dei commi 3 e 4 dell’articolo 23 – bis riconoscendo alle P.A. la possibilità di affidare la gestione di un servizio pubblico locale  a rilevanza economica utilizzando moduli societari a capitale interamente pubblico purché vengano rispettati i principi della disciplina comunitaria in materia di controllo analogo sulla società e di prevalenza dell’attività svolta (….)  con l’ente o gli enti pubblici che li controllano. Di indubbio spessore risulta il successivo comma 2 della norma in commento che demanda all’Authority garante della concorrenza e del mercato il compito di individuare con propria delibera le soglie oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali di cui all’articolo 23-bis, comma 3, assumono rilevanza ai fini della tutela della concorrenza. Si tratta di un precetto che si muove chiaramente nella direzione della effettiva tutela della concorrenza in linea con quanto previsto dal comma 3 dell’articolo 23 – bis del d.l. n. 112/08 che subordina il ricorso agli affidamenti in house al rispetto dei principi della disciplina comunitaria dettati soprattutto in materia di parità di trattamento, non discriminazione e libera concorrenza. Se il contenuto della norma sarà confermato, in sede di stesura della versione definitiva del testo, verrà definitivamente risolta la vexata quaestio che investe sia la configurazione giuridica delle società miste, a quel punto da considerarsi, a tutti gli effetti, soggetti economici sostanzialmente privati, sia il problema del riconoscimento alle stesse della possibilità di poter svolgere la propria attività d’impresa anche al di fuori degli angusti ambiti territoriale del socio pubblico partecipante (o costituente). In attesa che venga predisposta la versione definitiva del Regolamento di attuazione, non resta che auspicare un definitivo scioglimento del nodo gordiano nel senso appena annunciato.      

 

 

Note:

 

 1) La bozza del Regolamento di attuazione dell’articolo 23-bis, all’articolo 2, ha inserito espressamente le società miste tra i moduli societari cui affidare in via ordinaria la gestione di un servizio pubblico locale a rilevanza economica. 

 

 2) A tal proposito, si rimanda alla Circolare di Confservizi  (prot. n. 327/08/AG/PR/gg), del 22 settembre 2008, a tenore della quale l’articolo 23-bis, comma 3, si porrebbe in contrasto con i principi comunitari che, invece, vincolano il ricorso al sistema dell’affidamento in house ai soli casi in cui concorrano i due requisiti del “controllo analogo” e della “prevalenza” dell’attività da svolgersi nei confronti dell’ente di riferimento. In www.dirittodeiservizipubblici.it del 22 settembre 2008.

 

3) A tal proposito, vale la pena evidenziare come il d.d.l. n. S-945, attualmente all’esame della I Commissione Permanente Affari Costituzionali del Senato, avente ad oggetto una nuova  disciplina dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, preveda al comma 3 dell’articolo 1 la natura vincolante del parere dell’Authority. Più in particolare la norma dispone: “(…) In deroga alle modalità di affidamento ordinario di cui al comma 2, per situazioni eccezionali che a causa di peculiari caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfologiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace ed utile ricorso al mercato, l’affidamento può avvenire a favore di società a capitale interamente pubblico, partecipata dall’ente locale, che abbia i requisiti richiesti dall’ordinamento comunitario per la gestione in house. In questo caso l’ente affidante deve dare adeguata pubblicità alla scelta, motivandola in base ad un’analisi di mercato, e contestualmente trasmettere una relazione, contenente gli esiti della predetta verifica, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e all’autorità di regolazione del settore, ove istituita, per il loro parere vincolante da rendere, secondo i rispettivi regolamenti entro sessanta giorni dalla ricezione (…)”.

 

4) Nello stesso solco si colloca anche la bozza del Regolamento di attuazione che sembra non specificare alcunché in ordine alla definizione delle procedure selettive da seguirsi per l’affidamento della gestione dei servizi pubblici locali lasciando alle P.A. ampia discrezionalità di scelta. 

 

5) L’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, con propria segnalazione al Governo del 26 novembre 2008, ha evidenziato come “(…) L’articolo 23 bis comma 2 ha sicuramente carattere generale. Tuttavia la sua attuale formulazione rischia di generare incertezze in merito al profilo della scelta della disciplina applicabile per le procedure di affidamento. Sarebbe opportuno definire specificamente il tipo di procedure di cui gli enti locali possono avvalersi per l’affidamento dei servizi pubblici locali nel rispetto dei principi comunitari, in quanto diversamente operando sarebbe elevato il rischio di assistere ad una molteplicità di procedure di affidamento la cui conformità ai principi potrebbe essere verificata solo caso per caso. Inoltre la genericità delle norme causerebbe incertezze nel sistema, con il rischio di alimentare il contenzioso esistente. Al riguardo, l’Autorità auspica si voglia stabilire una chiara disciplina delle procedure di affidamento per appalti e concessioni, coordinandole con il Codice dei Contratti pubblici (d.lgs. 163/2006) e prevedendo anche delle forme obbligatorie di pubblicità per l’affidamento delle concessioni di servizi, disciplinate dall’art. 30 dello stesso Codice. Inoltre, al fine di contemperare le esigenze della concorrenza con la capacità di innovazione dei concorrenti, il Regolamento dovrebbe esprimersi nel senso di prevedere espressamente l’applicazione del dialogo competitivo, di cui all’art. 58 del Codice dei contratti per l’affidamento dei servizi pubblici locali. Occorrerebbe inoltre chiarire la portata del comma 2 ovvero specificare se il riferimento alle procedure ad evidenza pubblica includa - come l’Autorità auspica - anche l’affidamento mediante creazione di società miste pubblico-private (PPP), in cui il socio è scelto con gara ad evidenza pubblica per l’esecuzione dello specifico servizio. Tale modello è stato recentemente oggetto di una Comunicazione interpretativa da parte della Commissione Europea (2008/C91/02, GUCE C91 del 12 aprile 2008) nella quale la Commissione ritiene ammissibile l’effettuazione di una unica gara per la scelta del partner "operativo" e contestualmente l’affidamento del servizio alla compagine societaria mista allo scopo costituita. E’ da sottolineare che la Commissione ritiene ammissibile sia la costituzione di una nuova società il cui capitale è detenuto congiuntamente dall’amministrazione aggiudicatrice e dal socio privato, sia la partecipazione del socio privato ad una società già esistente. A tale ultima ipotesi pare d’altra parte riferirsi, nell’ordinamento nazionale, il comma 12 dell’articolo 113 del T.U.E.L. che prevede appunto la possibilità per l’ente locale di cedere la propria partecipazione nelle società erogatrici dei servizi mediante procedure ad evidenza pubblica, e senza che tale cessione comporti effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere. Tale facoltà è naturalmente controbilanciata da alcune condizioni, quali la disciplina della durata della società che deve coincidere con la durata dell’affidamento, che il soggetto privato selezionato per l’affidamento di un appalto o di una concessione può vedersi aggiudicato soltanto il contratto indicato nel bando di gara e che eventuali future modifiche degli elementi essenziali dello stesso contratto devono, comunque, essere già previste nel bando di gara. Con riguardo alla forma di affidamento sopra descritta, il Regolamento dovrebbe chiarire che il comma 2 dell’articolo 23 bis abbia inteso disciplinare tutte le modalità di affidamento esterno, senza tuttavia precludere la scelta discrezionale dell’ente locale circa la migliore formula organizzativa per la fornitura dei servizi, ivi compreso quindi anche quella delle società miste (cfr. parere del Consiglio di Stato n. 457/2007; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria n. 112008; Consiglio di Stato, sezione VI, 23 settembre 2008 n. 4603).Si ritiene che il ricorso alle società miste debba comunque avvenire a condizione che sussistano garanzie tali da fugare dubbi e ragioni di perplessità in ordine alla restrizione della concorrenza; in particolare, devono essere individuate le seguenti condizioni minime per l’ammissibilità dell’affidamento del servizio ad una società mista: a) gara unica per l’affidamento del servizio pubblico e per la scelta del socio, in cui questo ultimo si configuri come un "socio industriale od operativo", che concorre materialmente allo svolgimento del servizio pubblico; b) la previsione nel bando di gara dei requisiti economico finanziari e tecnico organizzativi che consentono di selezionare e qualificare un socio cd. "operativo"; c) la previsione circostanziata nel bando delle attività oggetto di affidamento al fine di evitare che il privato possa godere di una ingiustificata posizione di vantaggio tramite ulteriori affidamenti diretti; d) l’indicazione della durata della partecipazione del socio che deve coincidere con quella dell’affidamento e deve essere proporzionata alle dimensioni dell’attività che è chiamato a svolgere; e) le modalità per l’uscita del socio con liquidazione della sua posizione per il caso all’esito della successiva gara egli non risulti più aggiudicatario; f) la disciplina dei rapporti interni tra società mista ed il socio privato, nonché dei rapporti tra socio pubblico e soci privati.

Tali condizioni sono evidentemente obbligatorie anche nei casi in cui il socio privato entri in una società pubblica già affidataria diretta delle concessioni secondo il modulo organizzativo in house. Si evidenzia, poi, che il comma 10, lett. a) dell’articolo 23 bis demanda al Regolamento il compito di prevedere l’osservanza da parte delle società in house e delle società miste pubblico-private delle procedure di evidenza pubblica per l’acquisto di beni e servizi. Tale previsione deve essere coordinata con quanto stabilito dal Codice dei Contratti pubblici (settori ordinari e settori speciali) nonché con l’ordinamento comunitario per quanto riguarda gli affidamenti delle società miste con socio "operativo". Si pone qui il problema del rapporto tra il modello “comunitario” di società mista e le regole dell’evidenza pubblica per i cd. appalti “a valle”. Si rammenta come l’articolo 32 del Codice dei contratti già preveda che le società di cui agli artt.113 e ss. del T.U.E.L. siano sottoposte alla disciplina del Codice stesso per gli appalti di lavori, servizi e forniture da esse affidati. Il comma 3 prevede tuttavia per le società miste una deroga all’applicazione del Codice, limitatamente alla realizzazione delle opere o del servizio per i quali le stesse sono state appositamente costituite a condizione che: 1) il socio sia stato scelto in gara; 2) il socio privato abbia i requisiti di qualificazione previsti; 3) la società provveda in via diretta alla realizzazione dell’opera o del servizio in misura superiore al 70% del relativo importo. Come sopra rilevato, il modello di società mista rispetta con i principi comunitari quando il partner privato è un socio operativo. Quindi per coerenza con tale modello comunitario di società mista si dovrebbe ritenere che l’articolo 32, comma 3 del Codice per "esecuzione in via diretta" intenda realizzazione dell’attività da parte del socio privato. La previsione della lettera a) del comma 10 dell’articolo 23 bis dovrebbe pertanto riferirsi alle società già esistenti il cui socio non è stato scelto in gara o non è socio operativo, ovvero agli affidamenti che non riguardano lo scopo fondamentale in vista del quale è stata costituita la società mista. Per lo svolgimento delle attività ulteriori, come ha precisato la Commissione Europea, il socio non può giovarsi della propria posizione privilegiata per ottenere l’affidamento di compiti aggiuntivi senza gara. Già l’articolo 113, comma 5 ter del TUEL stabiliva che i lavori comunque connessi alla rete devono essere appaltati a terzi dall’affidatario del servizio, salvo che questi non sia stato selezionato con gara avente a specifico oggetto anche l’esecuzione dei lavori. Se la società mista fosse invece composta invece da socio finanziatore deve affidare con procedura di gara. Nello stesso modo dovranno agire le società in house per l’affidamento esterno dei lavori, servizi e forniture (…)”.

 

6) Per una lettura del testo della bozza del Regolamento di attuazione si rimanda al documento apparso su www.dirittodeiservizipubblici.it del 26 febbraio 2009;

 

7) Per un approfondimento dei contenuti della Comunicazione AGCOM del 16 ottobre 2008 si rimanda a G. GUZZO, Società miste e affidamenti in house nella più recente evoluzione legislativa e giurisprudenziale, Giuffrè Editore (2009), pagg. 204 e ss.; 

 

8) Per un approfondimento del tema dell’extraterritorialità delle società miste si consenta un rinvio a G. GUZZO, Società miste e affidamenti in house, op. cit..

 

Gerardo Guzzo Professore di Organizzazione Aziendale presso l’Università degli Studi della Calabria e partner dello studio legale Cristofano, Guzzo & Associates.

 

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