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L’inestricabile concatenazione tra “prestazione” e “corrispettivo” nella determinazione e nella qualificazione giuridica della tariffa per il «servizio idrico integrato»
di Pasquale D'Angiolillo 30 giugno 2010
Materia: acqua / tariffe

L’inestricabile concatenazione tra “prestazione” e “corrispettivo” nella determinazione e nella qualificazione giuridica della tariffa per il «servizio idrico integrato» (note a margine della sentenza del T.A.R. CAMPANIA – SALERNO, Sez. I, sentenza 12 gennaio 2009, n. 24).

 

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Giustizia amministrativa – Ricorso giurisdizionale – Proposto avverso atto amministrativo discrezionale – Determinazione dei criteri generali di definizione della tariffa per il servizio idrico integrato – Giurisdizione del g.a. – Sussistenza

Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo nella controversia concernente l’atto generale con il quale l’amministrazione competente ha determinato i criteri in base ai quali viene stabilita la tariffa dovuta da ogni singolo utente facendo uso, a tale scopo, della propria potestà discrezionale.

 

Giustizia amministrativa – Istruzione e prove – Onere della prova – Lesività atto amministrativo discrezionale – Determinazione dei criteri generali di definizione della tariffa per il servizio idrico integrato – Sufficienza di elementi probatori di carattere presuntivo – Conformità a criteri di ragionevolezza ed attendibilità

Laddove la posizione di interesse del soggetto ricorrente fronteggi una potestà amministrativa connotata da profili di marcata discrezionalità, anche tecnica, la dimostrazione della lesione derivante dall’atto impugnato (ovvero, “a contrario”, dell’effetto migliorativo di cui si gioverebbe la parte ricorrente in conseguenza del rinnovato esercizio della medesima potestà, una volta accertato che l’atto espressivo della stessa sia affetto dai vizi di illegittimità denunciati in ricorso) non può che essere richiesta secondo criteri conformi alla natura del potere oggetto di sindacato: ne consegue che, sfuggendo alla parte ricorrente (ed alla stessa autorità giudiziaria) il controllo integrale delle modalità di esplicazione del potere, nei suoi più profondi contenuti discrezionali o tecnico-discrezionali, la suddetta dimostrazione ben può ancorarsi ad elementi di carattere presuntivo, purché connotati da sufficiente concretezza e conformi a criteri di ragionevolezza ed attendibilità.

 

Acque pubbliche e private – Servizio idrico integrato – Tariffa – Determinazione – Principio di corrispettività – Applicazione

La determinazione, ai sensi dell’articolo 154 del d.lgs n. 152/2006, della tariffa del servizio idrico integrato è ispirata alla rigorosa applicazione del principio di corrispettività, atteso che la tariffa «costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga”. Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo».

 

Acque pubbliche e private – Servizio idrico integrato – Gestioni frazionate attuate in economia dai singoli comuni dell’A.T.O. – Applicazione della tariffa media d’ambito – Illegittimità – Disciplina applicabile – Presupposti – Funzionamento a regime del servizio idrico integrato

La “ratio” della tariffa media d’ambito – e quindi il principio di connessione tra la tariffa e l’esigenza di garantire l’equilibrio economico-finanziario della gestione del servizio idrico integrato - è incrinata allorché quest’ultimo non sia operativo, per il sussistere di gestioni frazionate attuate in economia dai singoli Comuni dell’A.T.O.: in tal caso la pretesa di applicare ugualmente la tariffa media d’ambito si fonderebbe (non sull’esigenza di remunerare adeguatamente il servizio, così come concretamente erogato, ma) su parametri meramente ipotetici ed inattuali. A favore della tesi esposta militano le disposizioni di cui agli artt. 1, c. 5 e 4, c. 3 del D.M. 1 Agosto 1996, relative al calcolo della tariffa di riferimento del servizio. A ritenere diversamente, si finirebbe con l’imporre agli utenti residenti nei Comuni, che hanno superato la fase transitoria di tariffazione prevista dalla norma da ultimo citata, di sostenere i costi relativi alla integrazione nel servizio idrico unitario delle gestioni successivamente trasferite al gestore unico (presumibilmente più elevati in occasione della fase iniziale di integrazione delle gestioni frazionate nella gestione unitaria), laddove gli utenti di queste ultime ne sarebbero esenti (versando, essi, nella fase “iniziale” di applicazione della tariffa media d’ambito).

 

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1. Con la statuizione in commento, il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione di Salerno, ha affrontato il delicato tema della qualificazione giuridica da conferire alla tariffa corrisposta dagli utenti per la fruizione del «servizio idrico integrato».

Per la verità, la materia è, da tempo, assoggettata ad una disciplina di settore di cui è utile ricostruire succintamente i tratti salienti (sul punto, N. LUGARESI, F. MASTRAGOSTINO (a cura di), La disciplina giuridica delle risorse idriche, Rimini, 2003).

In via preliminare, appare opportuno precisare che per quanto il servizio idrico integrato sia oggetto, come detto, di una legislazione settoriale, tanto l’art. 9, comma 2, della legge 5 gennaio 1994, n. 36 (la cosiddetta “legge Galli”) quanto l’art. 150 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (il supposto “Codice dell’ambiente”) hanno chiarito che gli aspetti organizzativi e gestionali ad esso relativi debbano trovare regolamentazione nella normativa di carattere generale contenuta nell’art. 113 del d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo Unico Enti Locali), recentemente integrata nell’applicazione dall’art. 23-bis del d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito nella Legge 6 agosto 2008, n. 133.

Occorre, in proposito, ricordare che la norma di cui all’art. 23-bis è riferibile al servizio idrico integrato in quanto pertinente a tutti i servizi pubblici locali (sulla qualificazione del servizio idrico quale servizio pubblico locale vedasi A. FIORITTO, I servizi idrici a dieci anni dalla riforma, in Giorn. dir. amm., 2004, p. 686; A.D. CORTESI, Il servizio idrico integrato, in A. TRAVI (a cura di), La riforma dei servizi pubblici locali, in Le nuove leggi civili commentate, 2003, p. 65 e ss.; J. BERCELLI, Organizzazione e funzione amministrativa nel servizio idrico integrato, Rimini, 2001, p. 123), prevalendo sulle relative disposizioni di settore con essa incompatibili (comma 1 dell’art. 23-bis), con conseguente abrogazione, nelle parti contrastanti, dello stesso art. 113 del d.lgs. n. 267 del 2000 (in terminis, il comma 11 dell’art. 23-bis citato).

Ciò nondimeno, lo snodo fondamentale della disciplina, su cui focalizzare l’attenzione, è dato dall’introduzione della nozione di «servizio idrico integrato», inteso quale «insieme dei servizi pubblici di captazione, adduzione e distribuzione di acqua ad usi civili di fognatura e di depurazione delle acque reflue» (L. DE ANGELIS, Sulla nozione di “servizio integrato” con particolare riguardo alla disciplina del settore idrico, in Riv. giur. Quad. pubbl. serv., 2000, 3, p. 7).

Tale definizione, dapprima prevista dall’art. 4, comma 1, lett. f), della “legge Galli” (S. CIMINI, Prime note sull’organizzazione e sulla gestione del servizio idrico integrato, in Nuove autonomie, 2005, p. 349 e ss.; ID., The Water Service in Italy, in Journal for European Environmental & Planning Law, 2005, p. 409 e ss.), e, poi, ripresa dall’art. 141, comma 2, del d.lgs. n. 152 del 2006 (G. DI GASPARE, La gestione delle risorse idriche e il servizio idrico integrato nel decreto legislativo n. 152 del 2006, attuativo della legge di delega n. 308 del 15 dicembre 2004, in www.amministrazioneincammino.it), ha rappresentato il presupposto normativo su cui è stato imperniato il concetto di “unitarietà” tanto in relazione al modello organizzativo di gestione del servizio idrico quanto, conseguenzialmente, alla “essenza” della quota tariffaria ad esso afferente.

Ed infatti, sulla scorta delle disposizioni testé citate, il sistema gestionale delle risorse idriche è stato fondato sull’individuazione, a cura delle Regioni, degli Ambiti Territoriali Ottimali (A.T.O.), attraverso cui si è inteso superare la “parcellizzazione” operativa, generata dal precedente modulo amministrativo, mediante l’assegnazione delle funzioni di governance nel contesto territoriale di riferimento ad un’unica Autorità d’Ambito (costituita ai sensi dell’articolo 8 della “legge Galli”, ora articolo 147 del d.lgs. n. 152 del 2006, e delle leggi regionali attuative) e, di qui, con l’affidamento del servizio ad un gestore unico, selezionato ai sensi e per gli effetti delle disposizioni già menzionate.

In ossequio a siffatta previsione, la Regione Campania ha provveduto, con la legge attuativa 21 maggio 1997, n. 14, a suddividere il territorio in quattro Ambiti Territoriali Ottimali, fra i quali l’A.T.O. n. 4, denominato “Sele”, gestito dall’omonimo Ente d’Ambito, costituito in forza del disposto di cui all’art. 4 della legge regionale innanzi citata, interessato dalla pronuncia in esame (sull’organizzazione del servizio idrico integrato nelle leggi regionali vedasi G. PIPERATA, Il servizio idrico tra monopolio e concorrenza, in N. LUGARESI, F. MASTRAGOSTINO (a cura di), La disciplina giuridica delle risorse idriche, Rimini, 2003, p. 317 e ss.).

2. La sentenza ha tratto origine da un ricorso presentato da alcuni residenti del Comune di Giffoni Valle Piana avverso le deliberazioni adottate, rispettivamente, dal Consiglio di Amministrazione (la n. 28 del 2006) e dall’Assemblea (la n. 2 del 2007) dell’Ente d’Ambito “Sele” e riguardanti l’approvazione dell’articolazione tariffaria «per fasce di consumo e per uso» della «tariffa media d’ambito» per l’anno 2006.

Per mezzo dei provvedimenti impugnati, i competenti organi dell’Ente d’Ambito avevano stabilito che il soggetto gestore del servizio idrico integrato (S.I.I.S. s.c.a.r.l.) potesse applicare la tariffa media d’ambito «su tutto il territorio di competenza dell’A.T.O. “Sele”, senza alcuna modulazione territoriale e temporale».

Con l’impugnativa, i ricorrenti hanno così richiesto l’annullamento di tali deliberazioni, lamentando che le stesse avessero disposto un incremento eccessivo della tariffa del servizio idrico, ben superiore rispetto alla misura applicata durante l’ultimo periodo di gestione da parte del Comune.

Nella specie, essi hanno fatto risaltare nel ricorso che la tariffa stessa non potesse essere determinata in applicazione del cosiddetto «metodo normalizzato», di cui al D.M. 1 agosto 1996 (si sofferma sul metodo normalizzato G. BOTTINO, I servizi idrici. Acquedotti, fognature, depurazione, inquinamento. Gestioni, controlli, responsabilità, Milano, 2002, p. 215 e ss.), fino all’effettiva attivazione del servizio idrico integrato mediante l’accorpamento nella gestione unitaria di tutte le gestioni preesistenti e relative alla totalità dei centoquarantaquattro Comuni compresi nell’Ambito Territoriale Ottimale “Sele”, atteso che, alla data di adozione delle deliberazioni impugnate, solo tre dei Comuni inclusi nell’A.T.O. avevano rimesso la gestione del servizio idrico al gestore unitario.

3. Dedicandosi, in via preliminare, all’esame delle eccezioni processuali, i giudici amministrativi hanno respinto la questione pregiudiziale relativa al difetto di giurisdizione, sollevata dalle parti resistenti, ritenendo sussistente la giurisdizione amministrativa nel caso de quo, in cui il thema decidendum riguarda l’atto autoritativo generale mediante cui l’Ente d’Ambito ha definito i criteri di massima per la parametrazione della tariffa dovuta da ogni singolo utente del servizio idrico.

A tanto sono pervenuti i magistrati del T.A.R. salernitano condividendo una consolidata linea giurisprudenziale, secondo cui, nel contenzioso concernente l’atto generale mediante cui sono determinati i canoni di fissazione della tariffa, dovuta da ogni singolo utente, sussiste pienamente la giurisdizione del giudice amministrativo in ragione dell’esercizio di un potere discrezionale da parte dell’amministrazione competente (Consiglio di Stato, Sez. VI, 10 maggio 2007, n. 2239, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lazio, Latina, 24 giugno 2006, n. 406, in Foro amm. – T.A.R., 2006, 6, p. 2121).

Non può, infatti, che ribadirsi che, allorquando la questione involga la verifica della legittimità dell’azione autoritativa della pubblica amministrazione, esercitata attraverso lo svolgimento di un potere discrezionale, cui si contrappone una situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo, la controversia è inevitabilmente attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo.

Nel prosieguo della decisione, i giudici di piazza San Tommaso d’Aquino hanno respinto anche un’eccezione di irricevibilità del ricorso strutturata sulla tardività dell’impugnazione della deliberazione del Consiglio di Amministrazione dell’Ente d’Ambito avente ad oggetto l’approvazione dell’articolazione della tariffa media d’ambito, ritenendola insussistente stante l’espressa attribuzione della valenza di elemento integrativo del procedimento di determinazione tariffaria, conferita ad una successiva deliberazione dell’Assemblea Generale, richiamata nello stesso provvedimento dell’organo esecutivo di gestione.

Invero, tra le deliberazioni del Consiglio di Amministrazione e dell’Assemblea Generale dell’Ente d’Ambito “Sele” è stata instaurata ex professo una connessione oggettiva e, per così dire, necessaria, tanto da poter considerare il procedimento di determinazione tariffaria come una fattispecie complessa a formazione progressiva, nell’ambito della quale gli effetti giuridici di entrambi gli atti deliberativi sono inscindibilmente collegati e proiettati alla concretizzazione dell’unico risultato finale. Ed infatti, la deliberazione successiva va configurata quale atto idoneo ad incidere, su un piano determinativo, nella fase di formazione e di perfezionamento della tariffa, con un collegamento “genetico” tra i due provvedimenti, di tipo logico-funzionale, vale a dire tale da delineare ab initio il secondo atto come quello che integra la produzione degli effetti di quello che lo precede (sul rapporto che lega differenti provvedimenti, vedasi G. VIRGA, I provvedimenti amministrativi collegati, in www.lexitalia.it, n. 6/2005) .

Prima di passare all’esame di merito, il Tribunale Amministrativo ha scrutinato un ulteriore vizio di inammissibilità del ricorso contestato dai resistenti, i quali hanno eccepito che i provvedimenti impugnati fossero privi di lesività, atteso che gli interessi dei ricorrenti sarebbero stati suscettibili di potenziale lesione solo de facto, a seguito di un eccessivo consumo della risorsa idrica.

Il T.A.R., di opposto avviso, ha ritenuto ammissibile la domanda di annullamento sulla base della ritenuta adeguatezza della dimostrazione della lesione, derivante dall’atto impugnato, basata su elementi probatori presuntivi, riscontrabili nell’allegazione dell’aumento tariffario rispetto a quanto previsto nell’ultimo periodo di gestione da parte del Comune di riferimento nonché delle fatture giustificative di tale incremento.

Tanto il Tribunale Amministrativo salernitano ha sentenziato allineandosi all’indirizzo già assunto in una precedente decisione (T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 17 giugno 2008, n. 1974, in www.giustizia-amministrativa.it) che, sebbene afferente a diversa questione, ha statuito la sufficienza, ai fini probatori, dell’acquisizione di «elementi dai quali sia possibile ricavare un fumus di fondatezza della censura».

In effetti, secondo i principi generali sulla prova nel processo amministrativo, per la quale vige un regime dispositivo attenuato dal metodo acquisitivo, sul ricorrente non grava «l’onere della prova» ma «l’onere del principio di prova», nel senso che egli è tenuto semplicemente a prospettare al giudice adito una ricostruzione attendibile sotto il profilo di fatto e giuridico delle circostanze addotte, potendo il giudicante acquisire d’ufficio gli elementi probatori indicati dalle parti ovvero ritenuti comunque necessari (Consiglio Stato, sez. VI, 4 settembre 2007, n. 4621, in Foro amm. – Consiglio di Stato, 2007, 9, p. 2522; Consiglio Stato, sez. VI, 2 marzo 2004, n. 973, in Foro amm. – Consiglio di Stato, 2004, p. 892).

Resta fermo il precetto secondo cui lo stesso ricorrente non possa limitarsi semplicemente ad ipotizzare che una certa violazione di legge sia stata posta in essere, lasciando poi all’istruttoria, eventualmente ordinata dal Tribunale, il compito di verificare se tale ipotesi risulti, o meno, fondata.

Lo specifico convincimento espresso dal giudice di primo grado è stato basato sull’affermazione del principio generale secondo cui, qualora l’interesse del ricorrente sia contraltare di un potere amministrativo discrezionale, la prova della lesività derivante dall’atto impugnato (attraverso cui si concretizza siffatto potere) non deve essere richiesta secondo canoni di conformità alla natura del potere medesimo.

Da ciò deriva che, essendo sottratta al ricorrente (ed alla stessa autorità giudiziaria) la totale verifica delle modalità di svolgimento del potere discrezionale, la prova di cui sopra può senz’altro agganciarsi ad elementi di carattere presuntivo, purché caratterizzati da concretezza e congruenza con i canoni di ragionevolezza e di attendibilità.

4. Venendo ai profili sostanziali toccati dalla sentenza, il Collegio, accogliendo nel merito il ricorso, ha dichiarato l’illegittimità del criterio di tariffazione impiegato dall’Ente d’Ambito “Sele”, statuendo che la tariffa del servizio idrico integrato abbia connotazione giuridica di corrispettivo e non di tributo (in tal senso G. GARZIA, Dal canone di depurazione e fognatura alla tariffa dei servizi idrici, in Giorn. Dir. amm., 2000, p. 200 e ss.).

Sul tema della tariffa del servizio idrico integrato, la sezione salernitana del T.A.R. Campania si era già pronunciata in precedenza, anche se su questione di diversa caratura, affermando che «il “corrispettivo” ricevuto dall’azienda per i servizi offerti e la “tariffa”, intesa dal legislatore come “corrispettivo del servizio idrico”, sostanzialmente coincidono» (vedasi, in proposito, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 7 dicembre 2004, n. 2915, in Foro amm. – T.A.R., 2004, 12, p. 3818).

Nel caso di specie, il T.A.R. non ha ritenuto persuasive le tesi formulate dai resistenti a propria difesa, a mente delle quali, una volta istituito il servizio idrico integrato, l’unico criterio legale di definizione della tariffa debba essere quello attinente alla tariffa media d’ambito, ovvero ad un sistema tariffario correlato alle gestioni destinate a confluire nell’A.T.O., a prescindere dal lasso temporale relativo all’effettivo trasferimento delle singole gestioni al gestore unitario.

A contrario, il Consesso giurisdizionale amministrativo salernitano, da una parte, ha riconosciuto che la progressiva attivazione del servizio idrico integrato, basata sul passaggio da una gestione frazionata del servizio a una gestione unitaria, presupponga necessariamente un periodo di transizione, che consenta all’unico gestore di acquisire gradualmente le dotazioni infrastrutturali e funzionali adoperate in precedenza; dall’altra, ha evidenziato come tale circostanza “fisiologica” non trovi simmetria nelle previsioni di cui al d.lgs. n. 152 del 2006, incentrate sul funzionamento “a regime” del servizio idrico integrato, evidenziandosi come il dettato normativo non contempli affatto l’ipotesi che «il gestore unitario possa assumere solo alcune delle gestioni preesistenti».

A giudizio del T.A.R., la discrasia tra il disegno legislativo e la sua concretizzazione nella realtà amministrativa non può restare priva di effetti sotto il profilo della disciplina applicabile, attribuendosi alla pubblica amministrazione il compito di identificare mediante l’esercizio del potere discrezionale le soluzioni che, in particolare, siano finalizzate a determinare i criteri e le modalità di articolazione della tariffa, nelle more del perfezionamento dell’attivazione del servizio idrico integrato.

In tal senso, è stato lo stesso giudicante a “raccomandare” che, in siffatto esercizio di discrezionalità, l’Ente d’Ambito si attenga, comunque, al principio di corrispettività.

Tale determinazione è perfettamente congruente con le conclusioni cui è pervenuta la Corte delle leggi con la delibazione n. 335 del 10 ottobre 2008 (in www.cortecostituzionale.it), mediante cui era stata affermata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 14, comma 1, della legge 5 gennaio 1994, n. 36, tanto nel testo originario quanto nella modifica ad esso apportata dall’articolo 28 della legge 31 luglio 2002, n. 179 (sostituito dall’articolo 155, comma 1, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, entrato a regime a far data dal 26 aprile del medesimo anno).

Invero, il Tribunale Amministrativo salernitano, pur non facendo alcun cenno alla pronuncia costituzionale che ha espunto dall’ordinamento il primo comma dell’articolo 155 del decreto legislativo n. 152 del 2006 (nella parte in cui prevedeva che la quota di tariffa riferita al servizio di depurazione fosse dovuta dagli utenti «anche nel caso in cui manchino impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi»), è approdato ad una esegesi costituzionalmente orientata della vicenda in commento, allineandosi al medesimo principio di corrispettività fissato dalla Corte costituzionale nella trama argomentativa della pronuncia n. 335 del 2008.

Infatti, l’iter interpretativo seguito dalla Consulta, alla stregua dei comuni criteri ermeneutici, aveva portato a ritenere che «la tariffa del servizio idrico integrato si configura, in tutte le sue componenti, come corrispettivo di una prestazione commerciale complessa, il quale, ancorché determinato nel suo ammontare in base alla legge, trova fonte non in un atto autoritativo direttamente incidente sul patrimonio dell’utente, bensì nel contratto di utenza».

A giudizio della Corte, l’inestricabile concatenazione tra prestazione e corrispettivo è evidenziata, in particolare, dal fatto che, a fronte del pagamento della tariffa, l’utente riceve un complesso di prestazioni, afferenti fondamentalmente alla somministrazione della risorsa idrica (ed alla connessa fornitura dei servizi di fognatura e depurazione).

Invero, ciò era già chiaramente rilevabile dalla piana lettura dei lavori preparatori della “legge Galli”, laddove il legislatore aveva esplicitato come avesse inteso costruire la tariffa in modo da coprire i costi del servizio idrico integrato, prevedendo che «l’utilità particolare che ogni utente ottiene dal servizio dovrà essere pagata per il suo valore economico» e che «la tariffa deve essere espressiva del costo industriale del servizio idrico rappresentato dall’integrazione dei servizi di captazione, adduzione, collettamento e depurazione» (vedasi, in proposito, Atti Camera dei Deputati, XI Legislatura, 6 ottobre 1993, pag. 18599; Atti Camera dei Deputati, XI Legislatura, VIII Commissione permanente, 15 giugno 1993, pagg. 57-58).

Nondimeno, a supporto della tesi concernente la natura non tributaria della tariffa, era più volte intervenuta la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, riconoscendo costantemente la giurisdizione del giudice ordinario, in particolare, nelle controversie relative alla quota riferita al servizio di depurazione, sul presupposto che, con il passaggio della disciplina previgente a quella della legge n. 36 del 1994, i «canoni» di depurazione delle acque reflue fossero mutati «da tributo a corrispettivo di diritto privato» (ex multis, Cassazione, Sezioni Unite, sentenze n. 6418/2005, n. 16426/2004 e n. 10960/2004).

5. La sentenza in esame assume particolare significatività, nella parte in cui si è dispiegata la traiettoria che il T.A.R. ha seguito per pervenire ad una precisa delimitazione del campo di applicazione della «tariffa media d’ambito».

Muovendo dal presupposto che la «[…] previsione della tariffa media d’ambito contenuta nella convenzione di gestione e nel relativo disciplinare tecnico, posti a fondamento del rapporto di affidamento della gestione del servizio idrico integrato alla società S.I.I.S., attiene al rapporto contrattuale tra l’ente affidante e quello affidatario (ai sensi dell’art 151 d.lgs n. 152/2006, infatti, i “rapporti tra autorità d’ambito e gestori del servizio idrico integrato sono regolati da convenzioni predisposte dall’Autorità d’Ambito”) […]», i magistrati amministrativi di Salerno, hanno concluso che «[…] essa non è idonea a riverberare i suoi effetti conformativi sui rapporti individuali di utenza, fin quando non venga recepita (mediante la contestuale determinazione delle concrete modalità applicative) in atti amministrativi di carattere generale […]».

Su tale ultimo profilo può rinvenirsi un’impostazione diversificata tra la sentenza del Tribunale Amministrativo e la statuizione del giudice costituzionale quanto al propedeutico recepimento della determinazione tariffaria in un atto autoritativo generale, ritenuto necessario dai giudici salernitani e non dovuto dalla Corte delle leggi, ai fini della incidenza della decisione amministrativa adottata sulla sfera giuridica del singolo utente.

In sostanza, ad avviso del Collegio giudicante, l’astratta determinazione della tariffa media d’ambito, fissata all’interno delle disposizioni negoziali che disciplinano il rapporto sinallagmatico tra ente affidante e affidatario, non ha alcuna influenza sulle posizioni giuridiche qualificate e differenziate degli utenti laddove essa non venga specificamente contemplata in atti amministrativi idonei a determinare un riflesso conformativo sui rapporti individuali di utenza.

6. Alla stregua delle considerazioni svolte, il giudice amministrativo di primo grado ha compiuto un’ulteriore, efficace apertura interpretativa nel precisare che il sistema tariffario configurato dal legislatore presuppone «la definizione del piano d’ambito, essenzialmente costituito, ai sensi dell’articolo 149 d.lgs n. 152/2006, dalla ricognizione delle infrastrutture, dal programma degli interventi, dal modello gestionale ed organizzativo e dal piano economico finanziario».

Segnatamente, i magistrati amministrativi hanno definito il perimetro applicativo ed i contenuti del piano d’ambito, analizzandone composizione e finalità con assoluta precisione ed approfondendo le singole componenti dello strumento pianificatorio in parola (sui contenuti del piano d’ambito vedasi S. CIMINI, Acqua, in S. MANGIAMELI (a cura di), I servizi pubblici locali, 2008, p. 434 e ss.).

Così com’è evidenziato in sentenza, il richiamato art. 149 del d. lgs. n. 152 del 2006, stabilisce che «la ricognizione delle infrastrutture […] individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento; il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonché al soddisfacimento della complessiva domanda dell’utenza […] specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione; il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale, l’andamento dei costi di gestione e di investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto; esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento; il piano, così come redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati; il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all’utenza e la realizzazione del programma degli interventi […]» (per un inquadramento generale dei piani d’ambito vedasi F. MEUCCI, P. PERUZZI (a cura di), Manuale del piano di ambito per il servizio idrico integrato, Milano, 1998).

Ne consegue che, nella puntuale lettura del T.A.R. di Salerno, la tariffa del servizio idrico integrato, determinata dall’Autorità d’Ambito, ai sensi dell’articolo 154 del decreto legislativo n. 152 del 2006, «costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell’entità dei costi di gestione delle opere, dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell’Autorità d’ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio “chi inquina paga” […]».

È per l’appunto in questo passaggio che la sentenza in esame è andata ad intersecarsi, mediante un’esposizione motivazionale “originale”, con l’importante dictum della Corte costituzionale n. 335 del 2008.

Infatti, i giudici amministrativi hanno affermato che «[…] la definizione della tariffa è ispirata alla rigorosa applicazione del principio di corrispettività, al quale sono improntate “tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato” (articolo 154, comma 1, ult. per. d.lgs n. 152/2006) e la cui valenza è tale che, per l’ipotesi in cui esso non possa trovare piena esplicazione, e ciononostante il legislatore ritenga ugualmente necessaria la corresponsione integrale della tariffa, sono state dettate apposite disposizioni volte a derogarvi […]».

Ed infatti, come innanzi ampiamente rilevato, ben prima del vaglio del Tribunale Amministrativo Regionale, il giudice costituzionale, nella decisione indicata, aveva attribuito, a chiare lettere, alla tariffa del servizio idrico integrato la qualificazione giuridica di corrispettivo.

7. Tuttavia, come anticipato, la decisione commentata ha evitato qualsiasi riferimento proprio ai motivi posti alla base della predetta decisione della Consulta, lasciando trasparire che il Collegio giudicante salernitano intendesse seguire un proprio percorso logico-argomentativo ovvero che non avesse contezza dei contenuti (e degli effetti) dell’importantissimo decisum costituzionale n. 335 del 2008.

La Corte costituzionale, infatti, anteriormente alla sentenza de qua, aveva messo efficacemente in evidenza che «l’unitarietà della tariffa impedisce […] di ritenere che le sue singole componenti abbiano natura non omogenea, e, conseguentemente, che anche solo una di esse, a differenza delle altre, non abbia natura di corrispettivo contrattuale. E ciò perché il legislatore, per la remunerazione delle varie componenti del servizio idrico integrato, non ha istituito tariffe distinte, ma ha concepito la tariffa di detto servizio come un tutt’unico nell’ambito del quale la suddivisione delle quote risponde solo alla esigenza di una più precisa quantificazione della tariffa stessa, che tenga conto di tutte le prestazioni che il gestore deve erogare […]».

Tale ragionamento, peraltro, ha rappresentato la “breccia” in cui si è incuneato recentemente il legislatore, che, per evitare potenziali aggravi sui bilanci pubblici, in sede di conversione del d.l. 30 dicembre 2008, n. 208, con l’art. 8-sexies della legge 27 febbraio 2009, n. 13, recante «Disposizioni in materia di servizio idrico integrato», ha disposto, al primo comma, che «gli oneri relativi alle attività di progettazione e di realizzazione o completamento degli impianti di depurazione, nonché quelli relativi ai connessi investimenti, come espressamente individuati e programmati dai piani d’ambito, costituiscono una componente vincolata della tariffa del servizio idrico integrato che concorre alla determinazione del corrispettivo dovuto dall’utente. Detta componente è pertanto dovuta al gestore dall’utenza, nei casi in cui manchino gli impianti di depurazione o questi siano temporaneamente inattivi, a decorrere dall’avvio delle procedure di affidamento delle prestazioni di progettazione o di completamento delle opere necessarie alla attivazione del servizio di depurazione, purché alle stesse si proceda nel rispetto dei tempi programmati».

È inutile attardarsi a riproporre quanto già espresso dai commentatori della norma contenuta nel d.l. n. 208 del 2008: basti solo osservare che essa è stata considerata un attacco frontale alle conclusioni cui è pervenuta la Corte costituzionale con la sentenza n. 335 del 2008, ritenendo la disposizione una piatta e sostanziale rinnovazione di quanto era stato dichiarato illegittimo e, quindi, passibile di un nuovo giudizio di legittimità costituzionale (vedasi T. MIELE, Legge 27 febbraio 2009, n. 13 di conversione del decreto legge 30 dicembre 2008, n. 208, Misure straordinarie in materia di risorse idriche e di protezione dell’ambiente, pubblicato in G.U. n. 304 del 31.12.2008 (pubblicato in G.U. n. 49 del 28.2.2009), in Osservatorio Ambiente e Territorio, in Strumentario Enti Locali, V, 2009).

8. Ad ogni modo, è lapalissiano notare che il punto d’arrivo della sezione salernitana del Tribunale Amministrativo Regionale campano in ordine alla natura corrispettiva della tariffa per il servizio idrico integrato è certamente sovrapponibile a quello cui erano già giunti i giudici costituzionali, seppur attraverso un processo esegetico che ha preso le mosse dall’approfondimento di una diversa prospettiva motivazionale.

In definitiva, i magistrati amministrativi di Salerno hanno concluso nel segno della considerazione che l’imposizione della tariffa media d’ambito a prescindere dall’adeguata remunerazione di un servizio effettivamente reso si fonderebbe su parametri del tutto slegati dai costi previsti nel programma di investimento contenuto nel piano d’ambito, determinando un’ingiusta alterazione del rapporto sinallagmatico tra gestore del servizio ed utente (in tal senso vedasi anche T.A.R. Liguria Genova, sez. I, 21 febbraio 2008, n. 312, in Foro amm. – T.A.R., 2008, 2, p. 427).

 

 

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