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Brevi riflessioni sulla recente giurisprudenza costituzionale in tema di servizio idrico
di Adriana Caroselli 29 marzo 2011
Materia: acqua / servizio idrico integrato

 

Non costituisce una novità l’osservazione che, in seguito alla riforma costituzionale del 2001, il riparto di competenze legislative sia divenuto un motivo di tensione nei rapporti tra Stato e regioni.

Ciò è particolarmente evidente in materia di servizio idrico integrato, posto che, nel solo biennio 2009 – 2010, il giudice costituzionale si è pronunciato almeno cinque volte[1], con le sentenze n.246/2009, n.307/2009, n.29/2010, n.142/2010 e n.325/2010[2].

La prima delle sentenze richiamate (sent.n.246/2009) contiene un inquadramento generale del problema e ha ad oggetto alcune disposizioni contenute nel d.lgs. 152/2006.

Le sentenze n. 307/2009 e n. 142/2010 riguardano, invece, la disciplina della regione Lombardia e, in particolare, : la prima, le norme regionali in tema di separazione tra attività di gestione delle reti ed erogazione del servizio, nonché di affidamento dell’attività di erogazione, la seconda, le disposizioni  regionali in materia di attività di pianificazione e di determinazione della tariffa.

Sulla normativa regionale relativa alla determinazione della tariffa si sofferma anche la sentenza n.29/2010, avente ad oggetto la legislazione della regione Emilia-Romagna.

Infine, la disciplina sull’affidamento del servizio è al centro della sentenza n.325/2010, con la quale la Corte costituzionale sindaca la disciplina settoriale adottata dalle regioni Emilia-Romagna, Liguria, Piemonte, Puglia, Toscana, Umbria, Marche e Campania. 

Dall’insieme delle pronunce citate emerge una sostanziale conferma, da parte del giudice costituzionale, delle norme statali sul servizio idrico integrato e, dunque, il riconoscimento in capo allo Stato della relativa competenza legislativa.

Volendo riassumere brevemente le complesse questioni sottoposte al vaglio del giudice costituzionale, queste potrebbero essere raggruppate sulla base della materia, di riserva statale, alla quale le varie norme sono state, volta per volta, ricondotte (tutela della concorrenza, tutela dell’ambiente, ordinamento civile, determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, funzioni fondamentali dei Comuni).

La materia tutela della concorrenza (spesso “in combinazione” con la materia tutela dell’ambiente) legittima molte delle disposizioni statali interessanti il servizio idrico integrato e giustifica, nel contempo, la declaratoria di illegittimità costituzionale delle norme regionali impugnate.

In effetti, alla tutela della concorrenza sono ricondotte dal giudice costituzionale le norme inerenti il superamento della frammentazione delle gestioni (art. 147, c.2, lett.b, d.lgs. 152/2006), l’individuazione dell’Autorità d’ambito (art.148 d.lgs.152/2006), l’attività pianificatoria (art.149 d.lgs. 152/2006), la scelta della forma di gestione e la procedura di affidamento (art. 150 d.lgs. 152/2006), la determinazione della tariffa (art. 151, c.2, lett.c), d) ed e), art.154, c.1, d.lgs. 152/2006).

La circostanza conferma l’indirizzo, accolto ormai da tempo dal giudice costituzionale, volto a riconoscere alla nozione di concorrenza, in linea con l’ordinamento comunitario, un significato, non più solo statico, ma anche dinamico e, dunque, alla materia della tutela della concorrenza i tratti di una funzione esercitabile, sì, sui più diversi oggetti, ma anche dall’estensione non certa[3].

Tale particolare accezione della materia comporta, però, il rischio – avvertiva lo stesso giudice costituzionale nella sentenza n.272/2004 - di vanificare lo schema di riparto di competenze fissato dal “nuovo” art. 117 Cost. e pone il problema di  “stabilire fino a qual punto la riserva allo Stato della predetta competenza trasversale sia in sintonia con l'ampliamento delle attribuzioni regionali disposto dalla revisione del Titolo V”[4].  

Il limite va individuato, proseguiva la Corte, avvalendosi del criterio sistematico, nella finalità macroeconomica, di tal che deve riconoscersi la competenza legislativa delle regioni per quegli interventi che sono “sintonizzati” sulla realtà produttiva regionale [5].

L’analisi delle sentenze indicate, ma, soprattutto, dell’ultima sentenza del 2010, pare rivelare un graduale superamento di tale orientamento da parte del giudice costituzionale.

Nelle sentenze n.246/2009 e n.325/2010 la Corte precisa, in particolare, che la competenza legislativa dello Stato sul servizio idrico, in quanto riconducibile alla tutela della concorrenza, prevale su eventuali titoli competenziali regionali e, in particolare, su quello relativo ai servizi pubblici locali[6]. 

Il rapporto tra competenza legislativa statale e regionale in tema di servizi pubblici è stato al centro della sentenza n.272/2004, nella quale il giudice costituzionale, rinviando alla posizione comunitaria, era giunto ad escludere, però, la riserva statale per quei servizi pubblici locali che, in relazione al soggetto erogatore, ai caratteri ed alle modalità della prestazione e ai destinatari, appaiono privi di rilevanza economica. Per detti servizi, concludeva, “ci sarà dunque spazio per una specifica ed adeguata disciplina di fonte regionale ed anche locale” .

Nell’ultima sentenza adottata (n.325/2010) la Corte ritiene, invece, corretta la qualificazione del servizio idrico come servizio di rilevanza economica e, quindi, giustificata la competenza dello Stato in materia, sulla base di una lettura oggettiva della nozione di interesse economico e, di seguito, di un’equiparazione tra l’espressione “servizio pubblico locale di rilevanza economica”, contenuta nell’art.23 bis l.133/2008, di conv. del d.l. 112/2008, e quella di matrice comunitaria di “servizio di interesse economico generale”[7].

In definitiva, si afferma che, riferendosi la nozione comunitaria di interesse economico alla possibilità di immettere una specifica attività nel mercato, anche solo potenziale, gli indici empirici di tale interesse, richiamati nella sentenza n.272/2004 possono essere utili solo con riferimento ad un servizio già esistente sul mercato, ma “non significa che l’economicità dell’interesse si debba determinare ex post, esclusivamente in base a tali indici, e cioè, a seguito di una scelta discrezionale dell’ente locale competente circa le modalità di gestione del servizio”.

Con tale affermazione la Corte pare voler accogliere, elevandola a principio, la posizione di quella giurisprudenza amministrativa che, proprio seguendo una lettura oggettiva e di concreta realizzabilità del mercato, ha finito per “disconoscere” la categoria dei servizi pubblici locali privi di rilevanza economica[8].

Con il risultato, si osserva, di spostare in avanti il limite di competenza legislativa a vantaggio dello Stato.

Un percorso evolutivo, per certi versi, analogo a quello caratterizzante la materia della tutela della concorrenza interessa la materia della tutela dell’ambiente.

In effetti, anche in tal caso, le pronunce costituzionali che si sono seguite negli anni hanno evidenziato il carattere “elastico” e trasversale della materia e, prima ancora, della stessa nozione di ambiente[9].

Nelle sentenze adottate dal giudice costituzionale nel biennio 2009 – 2010, in commento, la materia della “tutela dell’ambiente” legittima, infatti, molte delle disposizioni statali in tema di servizio idrico integrato e, in particolare, le norme relative: alla tutela del demanio idrico (art. 144, c.1, d.lgs. 152/2006), all’equilibrio del bilancio idrico (art.145 d.lgs. 152/2006), al risparmio della risorsa idrica (art.146 d.lgs. 152/2006), all’organizzazione territoriale del servizio idrico integrato (art.147 d.lgs. 152/2006), all’individuazione dell’Autorità d’ambito e alla possibilità di deroga al principio di unicità della gestione sul piano soggettivo (art.148 d.lgs. 152/2006), alla determinazione della tariffa (artt. 154 e 155 d.lgs. 152/2006), alle competenze della Conviri (art.161 d.lgs. 152/2006), all’autorizzazione, infine, da parte dell’Autorità di bacino dell’attività dei consorzi di bonifica ed irrigazione (art.166 d.lgs. 152/2006).

Quanto alla materia dell’”ordinamento civile”, nelle sentenze richiamate sono ricondotte ad essa le norme statali inerenti : la tutela della risorsa idrica e dell’uso delle acque (di cui all’art. 144, d.lgs. 152/2006) e le dotazioni dei soggetti gestori (art.153 d.lgs. 152/2006).

La materia determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni “co-giustifica” il fondamento costituzionale delle norme statali in tema di uso della risorsa idrica (unitamente alle materie ordinamento civile e tutela dell’ambiente).

  Sulla base, infine, della materia “funzioni fondamentali dei Comuni” sono dichiarate incostituzionali le disposizioni regionali Lombardia, che ponevano il principio della separazione dell’attività di gestione delle reti da quella di erogazione del servizio all’utenza[10].

  Il riconoscimento in capo allo Stato della competenza legislativa della gran parte delle norme inerenti la gestione della risorsa idrica trova fondamento, dunque, in un concorso di competenze statali, che, sebbene vengano esercitate su oggetti distinti, perseguono tutte l’unico obiettivo dell’organizzazione del servizio idrico integrato[11].

  L’impressione che se ne trae è che l’intreccio di competenze statali, conducendo ad un inevitabile ampliamento della riserva statale, comporti quel rischio, evidenziato dallo stesso giudice costituzionale, di compromettere il riparto di competenze legislative voluto dal legislatore costituzionale del 2001.



[1] Oltre alle sentenze richiamate, nel 2010 la Corte Costituzionale si è pronunciata anche in tema di giurisdizione sulle controversie aventi ad oggetto la debenza del canone per lo scarico e la depurazione delle acque reflue (sent. n.39/2010).

[2] Nei primi del 2011 la Corte Costituzionale è tornata ad occuparsi della normativa sulla gestione del servizio idrico integrato in sede di giudizio di ammissibilità della richiesta di referendum abrogativo, rispettivamente, dell’art.150, come modificato dall’art. 2, c.13 d.lgs. 4/2008, nel testo risultante dall’art. 12 d. P. R. 168/2010, in tema di forme di gestione e di procedure di affidamento del servizio (sent. n.25 del 26 gennaio 2011), dell’art. 154, c.1, d.lgs. 152/2006, in punto di determinazione di tariffa (sent. n.26 del 26 gennaio 2011), nonché dell’art.23 bis, c.10, lett.d), l. 133/2008, di conv. del d.l. 112/2008,  e dell’art.15, c.1- ter, d.l. 135/2009, conv. con l. 166/2009 (sent. n.27 del 26 gennaio 2011). Delle tre richieste l’unica ad essere dichiarata ammissibile dal giudice costituzionale è stata quella relativa all’art.154, c.1, d.lgs. 152/2006, limitatamente alla parte: "dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito" (sent. n. 26 del 26 gennaio 2011). In materia è destinata ad assumere rilevanza, però, anche la sentenza n.24 del 26 gennaio 2011, con cui la Corte costituzionale ha dichiarato ammissibile la richiesta di referendum abrogativo dell’intero complesso di disposizioni contenute nell’art.23 bis, come modificato dall’art. 30, c.26, l.99/2009, e dall’art. 15 d.l. 135/2009, conv. con l. 166/2009, nel testo risultante a seguito della sentenza della Corte costituzionale n.325/2010.

[3] Cfr. C.Cost. sent.n.14/2004 e sent. n.272/2004.

[4] Sul punto, cfr., L. Ceraso, La recente giurisprudenza della Corte Costituzionale sulla tutela della concorrenza (art. 117, comma 2, lett.e): linee di tendenza e problemi aperti, Giur. cost. 2005, 4, 3448; M. Libertini, La tutela della concorrenza nella costituzione italiana, Giur. cost. 2005, 2, 1429. In una prospettiva anche europea, cfr., P. De Pasquale,  La tutela della concorrenza tra Unione europea, Stato e Regioni nella giurisprudenza costituzionale, Dir. Un. Eur., 2005, 1, 99. Cfr., inoltre, (a cura di) R. Di Raimo, V. Ricciuto, Impresa pubblica e intervento dello Stato nell'economia : il contributo della giurisprudenza costituzionale, Napoli, 2006.

[5] Sul tema, sia consentito richiamare, A. Caroselli, Servizi pubblici locali e tutela della concorrenza, Giornale di diritto amministrativo n.6/2006, pagg. 616 e ss..

[6] Cfr. C.cost. sent. n. 246/2009, sent. 325/2010.

[7] Sulla nozione di servizio di interesse economico  generale (SIEG), cfr., di recente, Presidenza del Consiglio dei ministri, Dipartimento per le politiche comunitarie, Servizi di interesse economico generale, Relazione ai sensi dell’art.8 della Decisione 2005/842/CE, della Commissione europea del 28 novembre 2005, Roma, 22 luglio 2010. Vasta la produzione della dottrina sul tema. Tra i più recenti, cfr.: E. Bruti Liberati, F. Donati (a cura di), La regolazione dei servizi di interesse economico generale, Torino 2010.

[8] Cons. Stato, V, 30 agosto 2006, n.5072. Sul tema, sembra si possa cogliere qualche segnale di segno opposto nelle recenti sentenze : TAR Lazio, II ter, 4 febbraio 2011, n.1077; Cons. Stato, sez. V, 26 gennaio 2011, n. 552 e 10 settembre 2010, n.6529.

[9] Tra gli ultimi contributi della dottrina in ordine di tempo, P. Colasante, Competenza regionale esclusiva in materia di cave e tuetla dell’ambiente, Giur. cost. 2010, 1, 772, P. Falletta, La strumentale distinzione tra tutela e fruizione in merito al riparto della competenza legislativa ambientale, Giur. cost. 2010, 1, 14. Sia consentito richiamare, altresì, A. Caroselli, La tutela dell’ambiente nei rapporti tra Stato e regioni, in Giornale di diritto amministrativo, 2/2007, pagg.159 e ss.. Per una prospettiva più ampia, cfr.  D. Porena, La protezione dell'ambiente tra Costituzione italiana e Costituzione globale, Torino, 2009.

[10] Nella sentenza n. 307/2009 la Corte costituzionale riconduce il principio della non separabilità tra gestione delle reti ed erogazione del servizio alla materia, di competenza statale, relativa alle “funzioni fondamentali dei Comuni. In particolare, la Corte precisa che l’avvenuta novella recata al c.2, lett.b), dell’art.147 d.lgs. 152/2006 (ma anche al c.1 dell’art.150, da ritenersi ora “abrogato” ad opera dell’art.12, c.1, lett.b), d.P.R. 168/2010, con eccezione della parte relativa all’individuazione di competenze in capo alle autorità d’ambito) dell’espressione “unicità della gestione” con “unitarietà della gestione” non vale, comunque, a consentire l’opposto principio della separazione tra gestione delle reti ed erogazione del servizio. In altri termini, precisa la Corte, “le due gestioni, quella delle reti e quella dell'erogazione, alla luce della sopravvenuta disciplina statale, potranno anche essere affidate entrambe a più soggetti coordinati e collegati fra loro, ma non potranno mai fare capo a due organizzazioni separate e distinte”.  Sull’esclusione del servizio idrico integrato dalle funzioni “fondamentali” dei Comuni cfr. art.21, c.3, lett.e), l.42/2009.

[11] In proposito, cfr., Conviri, Relazione annuale al Parlamento sullo stato dei servizi idrici, Anno 2009, Roma, 22 luglio 2010.

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