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Enti locali. Gli interventi di manutenzione straordinaria su beni di terzi.
di Fabio Vitagliano  (fabio.vitagliano@virgilio.it) 10 novembre 2003
Materia: enti locali / contabilità

Enti locali. Gli interventi di manutenzione straordinaria su beni di terzi.

 

di Fabio Vitagliano

Funzionario Area economico Finanziaria – Provincia di Napoli

 

Con il lento e graduale processo di trasferimento  o di conferimento delle funzioni, si è presentato, per gli enti locali, in maniera forse più evidente che nel passato, il problema di come contabilizzare gli interventi di manutenzione straordinaria su beni appartenenti a Stato, Regioni o altri Enti e non rientranti, per questo motivo, nel proprio complesso patrimoniale.

Si pensi, ad esempio, ed è il caso delle Province, agli interventi di costruzione e manutenzione dell’impianto viario e quelli di tutela dell’assetto idrogeologico su beni demaniali non oggetto di concessione o di trasferimento in proprietà dell’Ente.

La natura straordinaria o ordinaria dei costi coinvolti in un processo produttivo deriva dal contributo che essi danno alla redditività e alla vita utile del bene per il quale sono state sostenute nonché dalla loro ricorrenza temporale: nel caso in cui comportino un incremento significativo e misurabile della produttività o della vita utile del bene e non siano sostenuti in maniera abituale, possono definirsi di manutenzione straordinaria. Nel caso di un immobile, si immagini, una serie di interventi volti a realizzare ex novo determinati impianti o servizi, come quello igienico-sanitario o quello elettrico o anche l’abbattimento di preesistenti barriere architettoniche.

E’ bene precisare come le cosiddette migliorie, per essere considerate tali, non possano essere scisse dal bene oggetto delle stesse: altrimenti, qualora esse siano rappresentate da un bene passibile di un autonoma funzionalità, dovrebbero correttamente considerarsi quali immobilizzazioni materiali vere e proprie.

I costi con le caratteristiche appena esposte, nell’ambito della contabilità aziendale sono, come esposto al principio contabile n° 16, capitalizzabili, cioè possono essere portati ad incremento del valore dell’immobilizzazione. Si parlerà allora, e più correttamente, di spese di ampliamento, miglioramento, di sostituzione. con conseguente collocazione nell’apposita macroclasse dello Stato Patrimoniale. Altrimenti la spesa sarebbe una pura e semplice manutenzione senza ulteriori specificazioni, imputabile al Conto Economico per competenza come prestazione di servizi.

Di recente, tuttavia, il nuovo Principio Contabile n. 24 ha fornito interpretazioni innovative in merito all’iscrizione in bilancio ed alla contabilizzazione delle immobilizzazioni immateriali in genere e, di conseguenza, anche relativamente al trattamento delle migliorie su beni di terzi.; tale interpretazione riguarda indirettamente il regime fiscale di tali spese, stante l’esplicito richiamo dell’art. 74 del TUIR alla contabilizzazione civilistica.

Il nuovo Principio Contabile n. 24 opera, all’interno della categoria delle immobilizzazioni immateriali, un’importante distinzione: infatti, separa nettamente la categoria degli oneri pluriennali da quella dei beni immateriali:

• I beni immateriali, sono rappresentati dall’attribuzione e dallo sfruttamento di determinati diritti quali, ad esempio, concessioni, licenze, diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno e di brevetto industriale.

• Per costi pluriennali si intende fare riferimento, invece, a quei costi a fecondità ripetuta, cioè suscettibili di produrre utilità per più esercizi, quali, ad esempio, i costi di impianto, ampliamento, ricerca, sviluppo e pubblicità.

Questa distinzione è molto significativa perché diversa, nei due casi, è la disciplina prevista dal nuovo Principio Contabile.

Il Principio n. 24, infatti, prevede che per i beni immateriali sia fondato l’obbligo dell’iscrizione nelle rispettive voci dello Stato Patrimoniale, mentre per i  costi pluriennali, invece, diviene facoltativa la scelta  tra l’iscrizione nello Stato Patrimoniale da un lato e l’imputazione in un’unica soluzione nel Conto Economico dall’altro.

La ratio di tale diversa disciplina deriva, indubbiamente, dal più elevato grado di incertezza che presentano i costi pluriennali rispetto ai beni immateriali e dalla difficoltà spesso assai consistente di valutare una loro eventuale utilità futura.

Questo significa che  le spese per  migliorie su beni di terzi, rappresentando un onere pluriennale, anziché essere iscritte nello Stato Patrimoniale tra le immobilizzazioni immateriali, potrebbero anche essere imputate, in un’unica soluzione nel Conto Economico.

Ritornando, però, alla contabilità dell’ente locale, di tipo finanziario ed autorizzatorio, occorre ragionare, per tali migliorie, prioritariamente, in termini di allocazione sul Titolo I o sul Titolo II della spesa.

Ma la scelta se imputare al titolo I o al titolo II una spesa relativa a manutenzioni straordinarie apportate a beni di proprietà di terzi, in fitto, in comodato o comunque non appartenenti ai beni dell’Ente risulta, però, a parere di chi scrive, ininfluente sicuramente dal punto di vista finanziario ma anche da quello patrimoniale.

Ovviamente, dal punto di vista della contabilità finanziaria e di cassa, che sia considerata una spesa corrente o una spesa di investimento non rileva dal punto di vista dell’uscita monetaria. Magari diventa necessario ricercare una fonte di finanziamento apposita qualora ci si trovi di fronte ad una spesa in conto capitale.

Rimane un po’ incerto, qualora la si volesse considerare una spesa corrente, il sistema di pagamento, visto che, di solito, le spese impegnate al titolo II della spesa vengono liquidate in base a stadi di avanzamento dei lavori.

Nella contabilità economico patrimoniale, contabilità che la gran parte degli Enti locali e delle Pubbliche Amministrazioni sono chiamati ormai ad introdurre come sistema si rilevamento parallelo, invece, la scelta è interessante

Considerare tale spesa un costo, si potrebbe dire ordinario ed afferente all’esercizio in corso, e quindi inserirlo nel Conto economico tra i costi d’esercizio, oppure  un costo pluriennale capitalizzato ed inserirlo tra le attività del Conto del Patrimonio, prevedendo l’iscrizione di una quota d’ammortamento al Conto economico e di  un Fondo di ammortamento nella parte passiva del conto medesimo?

L’utile o la perdita d’esercizio, ossia la differenza tra costi e ricavi dì esercizio, non è altro che la misura dell’incremento o del decremento subito dal patrimonio: considerare, quindi, il valore di un intervento di manutenzione come un costo dell’esercizio o come un costo da ripartire per più esercizi fa si che la misura dell’incremento o del decremento del patrimonio, ossia l’utile o la perdita dell’esercizio, subisca una variazione negativa nell’ambito di un anno o nell’ambito di più anni. In altre parole l’eventuale diminuzione patrimoniale, attraverso la riduzione del risultato d’esercizio, avviene o in uno o in più anni ma avviene comunque e ciò non è rilevante, in un ente locale, non avendo esso problematiche fiscali connesse e relative alla tassazione degli utili né esigenze (si spera!) di riserve occulte.

Resta, quindi, da riflettere sul” timore” che tale spesa sia effettuata su beni non appartenenti all’Ente e vada ad incrementare il valore di un patrimonio altrui.

Ma una spesa è di investimento solo perché tale è la sua natura e considerarla una spesa di tipo ordinario o di tipo straordinario è comunque ininfluente in quanto l’incremento di valore del bene altrui si realizzerà comunque se il tipo di intervento è per natura straordinario e per questo incrementativo del valore del bene, comunque lo si voglia considerare.

La tematica si sposta allora sulla natura e sul tipo di intervento che l’Ente pone in essere: se si tratta di un operazione di tipo straordinario, essa apporterà una miglioria al bene che va capitalizzata e ammortizzata anche in rapporto all’utilizzo del bene da parte dell’Ente medesimo o alla competenza esercitata dall’Ente relativamente a quel bene (per es. come sede di un proprio ufficio o di un istituto scolastico); altrimenti se è un intervento di tipo ordinario, esso andrà sopportato come costo dell’intero esercizio non avendo quelle caratteristiche di fecondità ripetuta che ad es. la rimozione di una barriera architettonica potrebbe avere riguardo ad un ufficio provinciale, che ha come utenza i cittadini del territorio provinciale, ma di proprietà altrui (salvo, ovviamente, eventuali condizioni stabilite nei contratti di fitto o di comodato in rapporto al sostenimento delle spese relative alle manutenzioni straordinarie).

La giustezza dell’allocazione finanziaria, che è naturalmente mutuata da quella economico patrimoniale risolve, così, anche le “convenienze” di sottrarre tali spese da quelle rilevanti ai fini del patto di stabilità interno.

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