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“Costituzione di società holding come modello di governance delle partecipazioni comunali”
di Roberto Camporesi 17 ottobre 2011
Materia: società / partecipazione pubblica

  

Indice

 

Premessa 1. La holding nel sistema dell’azione amministrativa degli enti locali: profili di legittimità: 1.1 L’orientamento dottrinale; 1.2 Fondamenti per la qualificazione della holding ai sensi dell’art. 3 comma 27 L.F. 2008; 1.3 Antecedenti giurisprudenziali; 2. La holding quale strumento di governance: principi; 2.1 L’esclusività dell’oggetto sociale; 2.2 Limitazioni all’assunzione di partecipazioni indirette (tramite holding) da parte degli enti locali; 3. La holding quale strumento di governance dell’ente locale;  3.1 Il sistema di amministrazione della società holding; 3.1.1. articolazione della ripartizione delle competenze fra assemblea dei soci, consiglio di amministrazione e amministratore delegato; 3.1.2. Programmazione e controllo finanziario; 3.1.3 Nomina diretta degli amministratori della holding e meccanismi misti per la nomina degli amministratori delle controllate; 3.2 Lo statuto ed il regolamento comunale; 4. La holding secondo un approccio organizzativo; 4.1 Il controllo attuato anche attraverso i principi della direzione e coordinamento ex art. 2497 cod. civ.; 4.2 La Holding nella catena di controllo di società “speciali”: la società in house e le società delle reti ex art. 113 comma 13 del Tuel; 4.3 La holding come strumento del superamento delle asimmetrie informative; 4.4 La holding come strumento per la verifica del buon andamento della PA; 5 Le holding partecipate da più comuni.

 

Premessa

 

La holding degli enti locali  assume significato e valenza differente da quella dell’imprenditore privato e occorre dunque sgombrare il campo da eventuali assimilazioni o confusioni.

La definizione della holding degli enti locali è fornita da uno studio appositamente dedicato del Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabile che ha affermato:

“Inoltre, il governo societario attuato a mezzo della società Holding deve essere, in ogni caso, orientato al perseguimento degli obiettivi di interesse pubblico di cui è portatore l’ente locale. Quindi, il primo dato è che la Holding è un mezzo:

- per attuare un’azione amministrativa coordinata ed unitaria (amministrazione delle partecipazioni);

- per organizzare le partecipate degli enti locali in modo efficiente, efficace ed economico;” (2)

Sulla base di queste premesse si possono articolare alcune considerazioni sulla legittimità, mission e operatività della Holding degli enti locali.

Peraltro il fenomeno delle Holding di enti locali non è un fenomeno del momento.

Uno specifico documento di Nomisma del 2005 dal titolo “Il controllo degli enti locali nelle utilities” al capitolo primo denominato “ Governance e profili organizzativi negli enti locali” riteneva fondamentale la decisione sui modelli organizzativi affermando: “In tale contesto, sempre più articolato per territorio e per settore, acquista ormai una importanza fondamentale il modello organizzativo prescelto dall’ente locale e la regolazione dei rapporti di governance con le società partecipate.”

L’istituto di ricerca individua tre modelli di riferimento ove “ Il terzo modello “innovativo” rappresenta la fase più evoluta di organizzazione dei servizi pubblici locali da parte dell’ente locale, prevedendo la costituzione di un soggetto a sè stante (holding) che abbia come obiettivo quello di coadiuvare gli organi politici nella definizione di obiettivi strategici. In questo caso l’ente locale diventa l’unico azionista di tale soggetto, (che può assumere la forma di società di capitali) il quale a sua volta detiene le partecipazioni delle società controllate.”

1. La holding nel sistema dell’azione amministrativa degli enti locali: profili di legittimità

L’azione dell’ente locale nella scelta del modello gestionale della holding deve essere sempre improntata al rispetto del principio di legalità e di seguito si tracceranno al riguardo le prese di posizione della dottrina e della giurisprudenza, quantunque quest’ultima non particolarmente conferente al riguardo.

1.1       L’orientamento dottrinale

La dottrina non più recente ha affrontato la legittimità dell’utilizzo da parte di pubbliche amministrazioni dello strumento di diritto civile rappresentato da una società di capitali che a sua volta detiene partecipazioni in altre società di capitali (3).

“Va in ogni caso segnalata la possibilità di costituire un esteso gruppo di società, con una holding a partecipazione comunale o pluricomunale e più controllate operanti per la gestione dei singoli servizi pubblici” (…) “….potrà anche essere concepita come holding di coordinamento tecnico finanziario di una pluralità di società controllate, ciascuna delle quali specializzata in un singolo settore”.

Altro autore ha avuto modo di affermare che“ … un  riferimento in tal senso [alla holding] è contenuto nel comma 15 bis [dell’art. 113 /267] quando si tratta delle deroghe alla cessazione dei rapporti in corso introdotte a favore delle società quotate in borsa e alle loro controllate che siano concessionarie: Il fondamento dell’estensione della deroga sta infatti nell’appartenenza allo stesso gruppo, in cui la titolarità della gestione del servizio è in capo alla controllata e non alla holding”. (4) Ne consegue che anche la normativa specifica dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, all’epoca contenuta nell’art. 113 del Tuel, riconosce il gruppo societario e quindi anche la Holding, legittimando il permanere dell’affidamento “diretto” a società non partecipate direttamente dall’ente locale affidatario.

Più recentemente la dottrina ha esaminato e condiviso il modello Holding ritenendo che attraverso la “… enucleazione di una società Holding, in genere nella forma di società di capitali a totale partecipazione pubblica locale, cui vengono conferite tutte le partecipazioni in società che gestiscono servizi di rilevanza economico imprenditoriale.[…] Tale modello realizza una maggiore specializzazione di funzioni economiche svolte, accorpando in capo alla Holding l’attività di direzione strategica unitaria e di coordinamento delle dinamiche economiche finanziarie di gruppo, riferibili a quelle unità che presentano connotazioni maggiormente privatistico imprenditoriali o che comunque operano nel mondo delle utilities” (5). Altri autori ancora hanno esaminato la società Holding, costituita dall’ente locale, come modello alternativo all’implementazione di altre formule organizzative (a carattere interno) ovvero quale modello di “governance” delle partecipazioni  comunali (6).

Sul fenomeno delle holding degli enti locali ha confermato, peraltro da nessuno mai smentito, la possibilità di procedere alla costituzione anche altro autore si è pronunciato in relazione agli effetti, di cui si dirà in appresso, della modifica intervenuta sull’art. 3 comma 27 della Legge finanziaria 2008 laddove è stato espunto l’obbligo di “ricognizione” delle partecipazioni “indirette”(7).

1.2       Fondamenti per la qualificazione della holding ai sensi dell’art. 3 comma 27 L.F. 2008

La detenzione di partecipazione in società di capitale, quand’anche costitute con la funzione di holding deve rispondere ai requisiti imposti dall’art. 3 comma 27  della Legge finanziaria per il 2008 che testualmente recita.” 27. Al fine di tutelare la concorrenza e il mercato, le amministrazioni di cui all'articolo l, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non possono costituire società aventi per oggetto attività di produzione di beni e di servizi non strettamente necessarie per il perseguimento delle proprie finalità istituzionali, né assumere o mantenere direttamente o indirettamente partecipazioni, anche di minoranza, in tali società. È sempre ammessa la costituzione di società che producono servizi di interesse generale e l'assunzione di partecipazioni in tali società da parte delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell'ambito dei rispettivi livelli di competenza.

28. L'assunzione di nuove partecipazioni e il mantenimento delle attuali devono essere autorizzati dall'organo competente con delibera motivata in ordine alla sussistenza dei presupposti di cui al comma 27.

29. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, cedono a terzi le società e le partecipazioni vietate ai sensi del comma 27” (8).

Ne consegue che l’ente ha l’obbligo di attuare la ricognizione delle proprie società partecipate e classificarle, ove ne ricorrano le condizioni, nelle due categorie previste dalla legge (società che svolgono servizi c.d. strumentali strettamente necessarie ai fini isitituzionali dell’ente ovvero società che svolgono servizi di interesse generale nell’ambito di competenza dell’ente locale socio), al fine di potere esprimere un giudizio che ne consenta la legittima detenzione.

Ciò è valso per il passato essendo il termine del 31.12.2010, previsto dall’art. 3 comma 28 del legge finanziaria 2008, ora scaduto ma anche pro futuro, qualora si intenda ora costituire una nuova società (ad esempio come nel caso di una holding) giacché sempre l’art. 3 comma 28 del compendio normativo sopra citato impone che la deliberazione del Consiglio Comunale venga  trasmessa alla Corte dei conti tanto quanto la originaria delibera di “ricognizione “,  dovendosi quindi ritenere la successiva un aggiornamento di quella originaria. 

Lo scrutinio della società holding per valutarne la legittimità deve considerare la sua intrinseca natura strumentale per la produzione dei servizi (a favore dell’ente stesso) che si rendono necessari per l’amministrazione ovvero per l’esercizio dei diritti di socio. “Il concetto di servizi è da intendersi  in senso astratto, nel senso di servizi amministrativi, servizi per la gestione dei flussi informativi e per l’analisi e produzione di dati economico finanziari, come pure servizi di management e quindi la messa a disposizione di capacità di know how” (9).

La vocazione strumentale, a sua volta rimanda alla disciplina contenuta nell’art. 13 del decreto Bersani . Si tratta di una disciplina  limitativa della capacità operativa delle società partecipate dagli enti locali c.d. “strumentali”, che devono essere dedicate esclusivamente ai servizi per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente locale.

Gli elementi caratterizzanti  la disciplina contenuta nell’art. 13 del decreto Bersani (10), che in questa sede ci interessa considerare, sono eminentemente due:

- la finalizzazione (anche dell’oggetto sociale della società) all’esercizio esclusivo di servizi a favore dell’ente locale socio committente;

- l’assenza di vocazione commerciale, di per sé contraria alla finalizzazione della strumentalità, che non deve condurre a esercitare servizi per soggetti terzi né pubblici né privati, nè alla partecipazione a gare che a detenere partecipazioni in altre società. Principio già noto per le società affidatarie direttamente di servizi pubblici locali, così come disponeva l’art. 113 comma 6 del Tuel poi il comma 9 dell’art. 23 bis del D.L. 112/2008 e ora l’art. 4, comma 33 del d.l. 138 del 2011. Infatti risulta che la partecipazione in altre società esalti la vocazione commerciale della società, venendo pertanto a godere dei benefici dell’affidamento diretto in attività a libero mercato con il rischio di alterare le regole concorrenziali.

In particolare sulla detenzione di partecipazioni in altre società occorre soffermarsi in relazione a due deroghe al divieto imposto dalla legge. La prima deroga discende direttamente dalla interpretazione della Corte Costituzionale che ha determinato un  temperamento al divieto laddove ha affermato che esso si applica solo alle partecipazioni in quelle società la cui attività avrebbe consentito alla controllante di aggirare i vincoli della norma (11).

La secondo deroga è espressamente prevista dall’ultimo periodo del comma primo della norma in discussione che esclude, appunto dal divieto di partecipare in altre società, quelle che svolgono attività l’attività di intermediazione finanziaria, prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1/09/1993 n. 385.

L’attività di intermediazione finanziaria è disciplinata dall’art. 106 (intitolato “Elenco generale”) del testo unico bancario ( d.lgs  1/09/1993 n.387 – in appresso TUB) al titolo v ( “soggetti operanti nel settore finanziario”) (12) e prevedeva espressamente l’attività di assunzione di partecipazioni che di fatto è l’oggetto sociale della holding.

Ora la lettura dell’ultimo periodo del primo comma dell’art. 13 del decreto Bersani dispone, con il rimando all’attività prevista dal Tub, che sono escluse dal divieto di detenere le partecipazione quelle società “strumentali” che svolgono queste attività:

- assunzione di partecipazioni;

- concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma;

- prestazione di servizi di pagamento;

- intermediazione in cambi.

Il particolare ultimo periodo del primo comma dell’art. 13 del decreto Bersani ha avuto una genesi la cui ricostruzione è significativa per capirne la “ratio” (13) . Infatti un commentatore ha affermato che < < … l’esclusione delle cd. Società finanziarie regionali  dal divieto di partecipare ad altre società o enti è intervenuta in sede di conversione in legge. Trattasi, ovviamente di una disposizione necessaria poiché, in difetto, la norma avrebbe comportato la liquidazione della maggior parte di dette società per impossibilità del conseguimento del loro oggetto sociale. Non dobbiamo dimenticare che una delle aree strategiche d’affari fondamentali per le società in questione è proprio costituita dall’intervento finanziario, recato anche mediante attività di venture capital, a sostegno degli star up imprenditoriali delle piccole e medie imprese del territorio regionale. Trattasi di interventi che si concretizzano, sovente, non tanto nella concessione di prestiti o finanziamenti ma  a medio e lungo termine con pesanti vincoli di garanzia e di restituzione, bensì sotto forma recati anche mediante  lo strumento della partecipazione azionaria, nelle imprese di cui la finanza regionale interviene a sostenere l’iniziativa di star up o di sviluppo e di rilancio strategico. >>  (14).

La deroga sarebbe però riferita solo alla detenzione di partecipazioni non potendosi legittimare invece le altre attività finanziarie soprattutto quando rivolte al pubblico in  regime di attività imprenditoriale (15).

Ne consegue che il rimando al testo unico bancario è da intendersi ad una peculiare attività: l’assunzione di partecipazione e ciò che ad esso è connesso. Si raggiungerebbe così il fine voluto dal legislatore in sede di conversione dell’art. 13 del decreto Bersani, vale dire ritenere legittime le società holding finanziarie delle regioni in quanto ontologicamente società strumentali necessarie per il perseguimento del fine istituzionale della regione stessa e le stesse considerazioni valgono per le holding degli enti locali.

Si potrebbe quindi assumere il seguente principio: la holding degli enti locali (e quella delle regioni) trovano il loro fondamento di legittimità nell’art. 13 del decreto Bersani che quindi le ritiene delle società strumentali per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente locale medesimo.

In questa sede appare ridondante affrontare la modifica intervenuta nelle disposizioni del testo unico bancario e segnatamente proprio all’art. 106 del TUB in quanto il documento già più volte citato del CNDCEC ha risolta la questione confermando le tesi già esposte.

1.3       Antecedenti giurisprudenziali

Come si è avuto modo di affermare un momento discriminante per l’excursus storico sulle società holding degli enti locali è rappresentato dell’introduzione nel nostro ordinamento dell’art. 3 commi 27 e ss del Legge finanziaria per il 2008. Da tale momento infatti anche l’oggetto della holding deve essere conforme ai principi contenuti in tale disposizione di legge, così come è stato dimostrato nelle pagine precedenti.

In precedenza si sono registrati alcune pronunce che con diverse motivazioni si sono soffermate sul fenomeno delle Holding.

La presenza di un controllo analogo tramite una Holding è stato oggetto di una interpretazione della Corte di Giustizia (16) che ha affermato:

“L’eventuale influenza del Comune (….) sulle decisioni della società (…) viene esercitato mediante una  società Holding. L’intervento di un siffatto tramite può, a seconda delle circostanze del caso specifico, indebolire il controllo eventualmente esercitato dall’amministrazione giudicatrice su una società per azioni in forza della mera partecipazione” .

La sentenza ribadisce che il controllo esercitato attraverso i “meri” poteri riconosciuti al socio delle società di capitali non è sufficiente ed occorrono specifici ed ulteriori poteri di intervento del socio pubblico: se ne deduce che sarà l’articolazione dell’intera governance (dell’ente socio – della holding – delle partecipate tramite la holding) che dovrà garantire, nel concreto e a seconda delle circostanze del caso, il controllo analogo.

Altra presa di posizione giurisprudenziale è da ricondurre al momento storico in cui era vigente l’art. 22 terzo comma lett. e) della Legge 142 del 1990. Tuttavia l’evoluzione normativa che oggi non vede più vigenti le disposizioni della predetta Legge 142/1990 ha determinato il superamento delle obiezioni alla costituzione della società Holding, contenuti in una datata interpretazione del giudice amministrativo (17), in base alla quale venivano mosse censure al comportamento tenuto da un comune che aveva mantenuto l’affidamento diretto del servizio in capo ad una società la cui quota di partecipazione era stata trasferita alla società holding e di quest’ultima il comune affidatario deteneva una quota di partecipazione del tutto risibile. Inoltre il giudice ravvisa un’altra censura riferita al fatto che il modello di società holding non era previsto dall’originario art. 22 della legge 142/1990 mancando,  allora, il requisito della “tipicità” necessario per mantenere l’affidamento diretto del servizio pubblico in capo alla partecipata dalla holding. Se ne deduce che entrambe le censure del Giudice amministrativo possono dirsi storicamente superate.

Peraltro lo stesso art. 23 bis del D.L. 112/2008, ora abrogato per effetto dell’esito referendario dell’11 e 12 giugno 2011, prevedeva all’art. 8  la possibilità di affidamenti a società quotate in borsa e alle società da esse controllate ai sensi dell’art. 2359 del codice civile, ammettendo implicitamente un Gruppo di società con a capo una società holding quotata in borsa esercente o affidataria di servizi pubblici locali. Anche la Corte dei conti sezioni per il controllo si sono pronunciate sulla questione holding; in particolare la Corte dei conti sezione autonomie con deliberazione n. 13/2008 ebbe ad affermare “Particolarmente adatta agli enti di grandi dimensioni, centrali rispetto a reti di società “satellite”, potrebbe essere la creazione di un apposito organismo societario,  totalmente partecipato dall’ente locale, che opera come holding titolare delle partecipazioni in precedenza detenute dall’ente, il quale coadiuva e fornisce servizi a tutte le aziende del gruppo e supporta gli organi politici nelle decisioni strategiche. “ Anche la sezioni riunite in sede di controllo ”Indagine conoscitiva sulla finanza locale” 20/01/2010 ove ha affermato: “La tendenza a trasformare l’ente locale da erogatore di servizi a soggetto regolatore che opera come holding (o attraverso holding) modifica radicalmente il quadro di riferimento. Ciò, a sua volta, richiederebbe la solletica attuazione di interventi correttivi anche in attuazione di recenti disposizioni della legge 196/09 (articolo 2, comma 6). Si richiama in particolare:

• la necessità che, per garantire effettività al controllo sotto il profilo qualitativo, quantitativo, finanziario e contabile, si eviti la concentrazione nel medesimo soggetto pubblico delle funzioni di regolatore e azionista;

• l’esigenza di pervenire a sistemi di consolidamento dei documenti contabili dell’ente locale che, se non integrati quanto meno da un piano dei conti unico, non danno una visione completa e trasparente della gestione;”. In generale non si riscontrano prese di posizioni negative se si esclude una deliberazione della sezione controllo Bolzano deliberazione 3/2009/GEST che ha affermato la sua perplessità per l’utilizzo di uno strumento che nel caso specie si rivelava sono di natura meramente finanziaria (18) .

2. La holding quale strumento di governance: principi

Prima di affrontare le questioni più specifiche di come può articolarsi la governance delle partecipate è necessario definire taluni principi giuridici cui la stessa holding deve attenersi.

2.1 L’esclusività dell’oggetto sociale

Si deve affermare che l’oggetto sociale deve essere esclusivo. Tale affermazione merita però delle necessarie precisazioni. Infatti l’esclusività dell’oggetto è la diretta applicazione della disposizione che riguarda le società strumentali, vale a dire l’art. 13 del decreto Bersani, e la giurisprudenza chiamata ad esprimersi sul punto propende per l’interpretazione in base alla quale per esclusività deve intendersi che l’unico (o gli unici) committenti della società sia (siano) l’ente locale socio (19). Quindi la società svolge la propria attività esclusivamente verso i soci enti committenti. Minoritaria le tesi in base alla quale per esclusività debba intendersi invece un’unica attività (20).

La holding degli enti locali tuttavia non può avere oggetto multiplo non può svolgere attività operative se non per casi limitati e con le necessarie cautele.

In particolare potrebbe essere ammessa la detenzione in proprietà del patrimonio immobiliare costituito da reti impianti e dotazioni patrimoniale quando separata dalla gestione dei beni e soprattutto del relativo servizio, di modo che si attui un mera gestione delle funzioni amministrative spettanti al proprietario dominicale. Si tratterebbe dell’assunzione in proprietà dei beni scorporati dal gestore ex art. 113 comma 13 del Tuel,  per la cui qualificazione autorevole dottrina sostiene:

-           “la funzionalità della società [ex art. 113 comma 13 del tuel ] rispetto gli scopi dell’ente locale e la sua conseguente natura strumentale è dimostrata anche dalla possibilità di attribuire alla società la funzione di espletare le gare per l’assegnazione della gestione del servizio” (21);

-           Svolge “un compito che può meglio ricondursi al concetto di funzione amministrativa piuttosto che a quello di servizio” (22)

Si tratterebbe dunque di una gestione non d’impresa per l’espletamento di funzioni amministrative non incoerente o incongruente con la funzione della holding, per la cui gestione non sussistono intromissioni rischiose per effetto del mantenimento in proprietà delle reti ex art. 113 comma 13 del Tuel.

Appare invece non coerente sostenere che si possono attuare tramite la holding attività dirette di natura commerciale che presuppongano, seppur in via teorica, un rischio di impresa a meno che non si possano attuare dei sistemi di isolamento o protezione della gestione dell’attività di holding dai rischi connaturati alle altre gestioni tramite patrimoni separati ex art 2447 bis del codice civile. Nel caso di specie si potrebbero destinare patrimoni separati per la gestione di talune attività sensibili dal punto di vista dell’enfatizzazione del bisogno di “separazione” e ciò equivarrebbe operativamente alla costituzione di altrettanti società, “ con il vantaggio della eliminazione dei costi di costituzione di mantenimento ed estinzione…”(23) . Con tale istituto si ottiene una specifica separazione inequivocabilmente trasparente, sia per i soci che per i terzi creditori, come se la gestione fosse stata allocata in una società separata. (24,25)    

2.2 Limitazioni all’assunzione di partecipazioni indirette (tramite Holding) da parte degli enti locali

La Holding comunale può essere titolare di partecipazioni in società di capitale senza alcun discrimine in relazione all’attività svolta dalla società partecipata? Occorre infatti valutare se le partecipazioni detenute tramite la holding debbano comunque mantenere un nesso di coerenza con i compiti o i fini istituzionali dell’ente locale. La risposta deve essere ricercata ritornando alla natura della società holding per l’ente locale. Ora  anche la Corte dei conti si è espressa sulla funzione strumentale di tale holding in quanto soggetto ritenuto deputato a raggiungere gli obiettivi imposti dallo stesso ente locale socio e a tal riguardo ha osservato: “Se l’oggetto sociale della holding rispetta i limiti predefiniti dalla delibera adottata dal Consiglio provinciale o comunale, la società non potrà che detenere partecipazioni che non siano in contrasto con le previsioni dell’ente locale.

Considerata la natura imperativa contenuta nell’art. 3, co. 27 e l’importanza che riveste la verifica compiuta dal Consiglio dell’Ente in relazione alle finalità perseguite con lo strumento societario è opportuno che lo Statuto delle società partecipate dall’ente locale richiami la predetta limitazione negli stessi termini stabiliti dal Consiglio comunale in sede di verifica della partecipazione e di decisione del mantenimento, così da permettere anche ai terzi interessati di conoscere la natura della società ed i suoi limiti di operatività.

In conclusione, la valutazione che gli enti locali devono compiere ai sensi dell’art. 3 co. 27 e segg. della legge n. 244 del 2007 deve essere eseguita in relazione alle sole partecipate dirette, tenendo conto della loro attività e, in particolare, se si tratta di holding della tipologia delle loro partecipazioni nonché del loro oggetto, prevedendo, altresì, che a livello statutario vengano richiamati i limiti di compatibilità previsti dall’ente locale nella delibera consiliare di mantenimento.” (26)

“L’interpretazione della Corte dei Conti citata esplicita anche dal punto di vista operativo, attraverso le disposizioni risultanti nell’oggetto sociale della holding stessa, un efficace sistema di controllo dell’attività delle società partecipate di secondo livello.” (27)

La materia trattata trova anche sostenitori di segno diverso che traggono i loro convincimenti proprio dalla legge. Infatti ripercorrendo l’excursus normativo dell’art. 3 comma 27 della Legge finanziaria per il 2008 si deve considerare che il legislatore ha espunto dalla disposizione di legge ogni riferimento alle partecipazioni indirette, di modo che ora l’obbligo di ricognizione ovvero la valutazione di legittimità della costituzione di nuove società, riguarda unicamente quelle partecipate direttamente dall’ente locale e non più quelle di secondo livello.

3. La holding quale strumento di governance dell’ente locale

Le funzioni di indirizzo e controllo che può esercitare l’ente locale sulle proprie società partecipate, secondo le disposizioni di legge,  sono :

a)         in capo al consiglio comunale:

-           l’organizzazione dei servizi pubblici, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessioni di servizi pubblici partecipazioni a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione (art. 42 comma 2 lett. e del Tuel);

-           indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e da parte degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza (art. 42 comma 2 lett. g del Tuel);

-           acquisti e alienazioni  immobiliari, relative permute, appalti e concessioni o che non siano previsti espressamente in atti fondamentali del Consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino  nella ordinaria amministrazione di funzioni e servizi di competenza della giunta o di altri funzionari (art. 42 comma 2 lett. l);

-           definizioni degli indirizzi per la nomina e la designazione di rappresentanti  del Comune presso enti, aziende ed istituzioni  (art. 42 comma 2 lett. m) sulla base di tali indirizzi, va effettuata da parte del Sindaco la nomina, la designazione e la revoca dei rappresentanti del Comune presso enti, aziende ed istituzioni (art. 50 comma 8 del Tuel);

b)         in capo al Sindaco:

-           la nomina e la designazione di rappresentanti  del Comune presso enti, aziende sulla base degli indirizzi del consiglio comunale (art. 50 comma 8 del Tuel);

-           partecipa quale legale rappresentante dell’ente alle assemblee dei soci delle società partecipate dal Comune.

Si rileva che:

-           lo statuto comunale;

-           il regolamento del consiglio comunale e

-           il regolamento degli uffici

nulla aggiungono alle previsioni di legge sui poteri di indirizzo e controllo sulle società partecipate da parte degli enti locali

Le funzioni di indirizzo e controllo previste per legge appaiono del tutto insufficienti e attraverso una nuova articolazione di governance che preveda la holding è possibile soddisfare le esigenze di una più efficace azione di indirizzo e controllo dell’ente locale sulle proprie partecipate incidendo:

-           sullo statuto del Comune, con alcune modifiche circoscritte;

-           con l’istituzione di un apposito regolamento comunale per il controllo delle società partecipate;

-           sullo statuto della holding con specifiche clausole a tal fine preposte.

Si ritiene che un sistema di governance societario che  possa esplicare le funzioni di indirizzo e controllo da parte dell’ente locale dovrà considerare quanto segue.

3.1 il sistema di amministrazione della società holding

La letteratura specializzata (28) ha approfondito la possibilità di applicare il modello dualistico alle società partecipate da enti locali,  il cui atto costitutivo stabilisca un sistema dualistico basato sul Consiglio di gestione e sul Consiglio di sorveglianza ex-artt. 2409-octies del CC e seguenti (3). Il sistema dualistico consente di introdurre “  un filtro di grande efficacia tra chi nomina gli amministratori (che agisce in un ambito necessariamente politico) e chi cura la gestione (che deve agire in un contesto esclusivamente professionale). Il potere-dovere del Sindaco di indirizzare strategicamente la gestione deve essere esercitato esclusivamente attraverso la nomina di rappresentanti nel Consiglio di sorveglianza che abbiano requisiti di professionalità adeguata alla specifica impresa.  (… )”. Il vantaggio del sistema dualistico è quello di inserire un livello intermedio tra i manager operativi, a cui viene affidata la gestione corrente della società, e l’azionista di riferimento (il Comune) a cui spetta di formulare gli indirizzi strategici industriali e finanziari, responsabilizzando al massimo i primi e curando che il Consiglio di sorveglianza funzioni come un istituto di elevata professionalità per il loro più efficace controllo.

 Secondo le disposizioni del codice civile, nel sistema dualistico, la gestione dell’impresa spetta al Consiglio di gestione; “esso compie le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”; i componenti del Consiglio di gestione sono nominati e revocati dal Consiglio di sorveglianza (“in qualunque tempo”). I componenti del Consiglio di sorveglianza sono nominati dall’assemblea (durata 3 esercizi); almeno un componente effettivo deve essere scelto tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili istituito presso il Ministero della giustizia; lo Statuto “può subordinare l’assunzione della carica al possesso di particolari requisiti di onorabilità, professionalità e indipendenza”. Il Consiglio di sorveglianza, tra l’altro, nomina e revoca i componenti del Consiglio di gestione determinandone il compenso, approva il bilancio, vigila sull’osservanza della legge e dello Statuto, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza organizzativa, amministrativa e contabile, e se previsto statutariamente delibera sulle operazioni strategiche e sui piani industriali e finanziari predisposti dal Consiglio di gestione ferma restando la responsabilità di questo per gli atti compiuti.

Si ritiene tuttavia che il sistema dualistico non sia conforme alle esigenze del controllo analogo che prevedono una presenza più diretta dell’ente locale e non “delegata”  attraverso il consiglio di sorveglianza.

Nella prassi si riscontra peraltro la preferenza per il sistema di amministrazione tradizionale o latino informato ai principi che vengono di seguito trattati

3.1.1. articolazione della ripartizione delle competenze fra assemblea dei soci, consiglio di amministrazione e amministratore delegato.

Per consentire all’ente locale, tramite l’intervento del Sindaco in assemblea dei soci, di esercitare la funzione di indirizzo, occorre sottrarre materia alla competenza degli amministratori, individuando quelle operazioni ritenute importanti e rimettere le stesse all’autorizzazione dell’assemblea; tale riparto peraltro può essere graduato anche in relazione alle soglie di valore: all’aumentare del valore la competenza si sposta dall’amministratore delegato, al consiglio fino all’assemblea stessa.

3.1.2. Programmazione e controllo finanziario

Nelle disciplina delle società di capitali esiste la previsione di legge che impone di predisporre unicamente un bilancio (consuntivo). Tuttavia statutariamente è possibile articolare un sistema di comunicazioni sociali, indirizzate ai soci, che riproduce gli effetti conoscitivi tipici della programmazione finanziaria degli enti locali, anche se per tali documenti previsionali non è possibile estendere la tutela e l’efficacia che la legge attribuisce al bilancio di esercizio delle società.

Nello statuto della holding degli enti locali è essenziale la programmazione e controllo della gestione economica finanziaria rappresentata da un Budget, composto: i) dal programma annuale e dal programma pluriennale, che contiene le scelte e gli obiettivi che si intendono perseguire, indicando le linee di sviluppo delle diverse attività e società partecipate; ii) dal programma degli investimenti da attuarsi in conformità al programma pluriennale con l'indicazione della spesa prevista nell'anno e delle modalità della sua copertura; iii) dalla previsione del risultato economico rappresentato secondo lo schema di conto economico di cui all'art. 2425 cod. civ.; iv) dal prospetto di previsione finanziaria redatto nella forma di rendiconto finanziario per flussi di liquidità.  Il programma pluriennale, di durata triennale, è redatto in coerenza con il programma annuale ed è articolato per singoli programmi e progetti mettendo in evidenza gli investimenti previsti e le relative modalità di finanziamento. Il budget sarà il documento che permette di coordinare tutti gli indirizzi strategici sulle società partecipate in modo chiaro ed efficace e, in particolare, sarà possibile verificare ex ante la congruenza tra indirizzi contenuti nei documenti di pianificazioni propri dell'ente locale (Piano Generale di Sviluppo e Relazione Previsionale e Programmatica) e gli indirizzi dati alle società partecipate attraverso il budget della holding.

Il livello del controllo ex post avviene in sede di approvazione del bilancio d’esercizio, poiché lo statuto prevede la redazione da parte dell'organo amministrativo della holding di una relazione sulle operazione compiute ed i provvedimenti adottati in attuazione a quanto previsto nel budget. Tale relazione consuntiva costituirà apposita sezione della relazione prevista dall'art. 2428 del codice civile.

Il sistema di programmazione controllo prevede un report, solitamente semestrale, predisposto dall'organo amministrativo della holding e trasmesso entro il 30 settembre all’ente locale socio.

3.1.3    Nomina diretta degli amministratori della holding e meccanismi misti per la nomina degli a1mministratori delle controllate

Lo statuto della società holding prevede espressamente che al socio ente locale competa la nomina diretta degli amministratori della società, così come consente l’art. 2449 del codice civile.

Un aspetto delicato è rappresentato tuttavia dalla nomina degli amministratori delle società partecipate, poiché è del tutto evidente la necessità di non svuotare di ogni competenza gli organismi comunali,  atteso che il socio che nomina gli amministratori della partecipata è la società holding, anzi l’intento è quello di valorizzare maggiormente l’incidenza degli organi comunali. Attraverso lo statuto della società holding ed Regolamento comunale, di cui si dirà in appresso, il codice di comportamento si è definito un sistema che prevede:

 - la nomina del presidente del consiglio di amministrazione avviene su designazione del Sindaco/Presidente dell’ente locale;

- i nominativi degli altri amministratori delle società partecipate vengono proposti dall'amministratore delegato della holding, sentito prima il Sindaco/Presidente e poi il consiglio di amministrazione della stessa. In particolare l'assemblea della holding approva i nominativi e autorizza l'amministratore delegato a partecipare e votare nell'assemblea dei soci della società partecipata, avente ad oggetto la nomina degli amministratori di quest'ultima.

L'atto deliberativo del consiglio comunale con il quale si è approvato la costituzione della holding, dovrà prevedere espressamente il coinvolgimento nelle decisioni strategiche dell'attività delle società partecipate da parte del consiglio comunale o provinciale, cui competerà la deliberazione degli atti fondamentali della holding: i) il budget; ii) le variazioni al budget (ritenute significative per importo e materia); iii) il bilancio sociale (consuntivo) della holding con l'analisi degli scostamenti rispetto al budget.

L'approvazione del budget permette di creare un momento di discussione organica, sia dal punto di vista finanziario che di programmazione delle attività, su tutte le società partecipate, nel consiglio comunale.

Si rileva, infine, che i consiglieri comunali, in conformità e ai sensi dell'art. 43, comma 2 del D.Lgs 267/2000 (Tuel), hanno diritto di ottenere dalla holding dell’ente locale tutte le notizie e le informazioni di cui dispone, utili all'espletamento del mandato. Ovviamente essi sono tenuti al segreto d'ufficio e al rispetto delle norme sulla tutela della privacy.

3.2 Lo statuto ed il regolamento comunale

In ambito dell’ente socio le caratteristiche della governance  devono riguardare   :

-           l’attività delle società partecipate che necessitano autorizzazioni/indirizzi dell’ente socio per l’individuazione della competenza, per quanto non previsto per legge, fra:

?                     Sindaco;

?                     Giunta,

?                     Consiglio Comunale;

-           i criteri di nomina degli amministratori della holding e delle società partecipate;

-           i requisiti richiesti agli amministratori della holding e delle società partecipate;

-           i comportamenti che devono tenere gli amministratori della holding e delle società partecipate in particolari circostanze ( rinuncia al mandato, compensi ecc.);

-           i criteri di nomina dei compienti il collegio sindacale, revisori legali dei conti  o società di revisione;

-           la circolazione fra i vari organi ed uffici dell’ente delle informazioni che pervengono dalla società partecipata;

Gli strumenti per attuare un sistema di governance attraverso la holding comunale dovrà considerare i seguenti strumenti.

Lo statuto dell’ente locale ha una funzione di autoregolazione per la definizione dei principi generali essenziali.

Esso disporrà:

- che per realizzare un’amministrazione delle partecipazioni coordinata ed unitaria l’ente locale può intervenire nelle società partecipate mediante una società holding. Il governo societario attuato a mezzo della holding è orientato al perseguimento dell’interesse pubblico di cui è portatore l’ente locale;

- che la holding dovrà avere oggetto esclusivo,

- che in relazione al modello organizzativo il Consiglio Comunale, per lo svolgimento delle funzioni di indirizzo e controllo e per un corretto esercizio dei diritti del socio, approvi un “Regolamento per l’amministrazione ed il controllo delle società partecipate“; il Regolamento individua altresì, secondo condizioni coerenti con l’ordinamento amministrativo e civile, idonee modalità di nomina, di autorizzazione o limitazione dei poteri degli organi amministrativi delle società partecipate;

- che la holding possa prendere validamente parte, quale espressione dell’ente locale, agli organismi costituiti per il controllo congiunto delle società partecipate, in tutti i casi in cui tali organismi sono previsti da convenzioni, patti parasociali o accordi sottoscritti dagli enti locali soci o nell’interesse dei medesimi.

Altro strumento fondamentale è rappresentato dal regolamento che adotta l’ente locale

Il potere regolamentare dell’amministrazione consente di adottare uno specifico regolamento di indirizzo e controllo sulla holding e società  da essa controllate.

4. La holding secondo un approccio organizzativo

4.1 Il controllo attuato anche attraverso i principi della direzione e coordinamento ex art. 2497 cod. civ.

La società holding assume a tutti gli effetti l’esercizio dei diritti del socio e quindi anche l’esercizio dell’attività di direzione di coordinamento  ovvero i diritti di socio di maggioranza, di modo che possono essere impartite specifiche disposizioni agli amministratori delle società partecipate, soprattutto in tema di adeguamento della governance secondo i criteri generali che presiedono anche quella della stessa holding ( budget, report in corso d’anno, analisi scostamenti in sede di bilancio d’esercizio).

In punto di diritto deve osservarsi infatti che non è del tutto pacifico che all’ente locale che controlla società di capitali si applichi la disciplina dell’art. 2497 cod. civ. e seguenti (direzione e coordinamento).  Occorre ricordare che ai sensi  dell’art. 2497 cod. civ. si considerano etero dirette quelle società sulle quali gli enti che ” esercitando attività di direzione e coordinamento di [ tali ] società, agiscono nell’interesse imprenditoriale proprio o altrui in violazione dei principi di corretta gestione societaria e imprenditoriale delle società medesime, sono direttamente responsabili nei confronti dei soci di queste del pregiudizio arrecato alla redditività  ed al valore della partecipazione sociale, nonché nei confronti dei creditori sociali per la lesione cagionata  all’integrità del patrimonio della società””. Sul tema è intervenuto l’art. 19 del D.L. 1/07/2009 n. 78 (“provvedimento anticrisi”) che ha fornito un’ interpretazione autentica che prevede: “L’articolo 2497 , primo comma del codice civile si interpreta nel senso che gli enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito  della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economico finanziaria “.  Dalla lettura della norma si evince che, sotto il profilo del soggetto che sottopone a direzione e coordinamento, viene prevista espressamente l’esclusione dello Stato, mentre rientrano nella nozione  di “enti” di cui all’art. 2497 cod. civ. i soggetti giuridici collettivi per i quali la partecipazione sociale è finalizzata:

-           all’esercizio della propria attività imprenditoriale ovvero

-           per finalità di natura economico finanziaria.

Tale distinzione conferma la tesi espressa da autorevole dottrina (29), in base alla quale gli enti pubblici locali (provincie e comuni) non potevano essere sottoposti alle disposizioni dell’art. 2497 cod. civ. in quanto svolgono eminentemente fini istituzionali  e solo in parte anche attività riconducibili ai criteri dell’impresa.

La norma di interpretazione autentica è più precisa e fa riferimento sia all’attività imprenditoriale propria che, in alternativa, a finalità di natura economica ( conseguire ricavi superiori a costi) che finanziaria ( lucrare rendite di natura finanziaria). L’interpretazione autentica dell’art. 2497 del cod. civ. non può essere letta disgiuntamente dalle novità in tema di società detenute dagli enti locali, le quali per essere legittimamente detenibili, ai sensi dell’art. 3 comma 27 e seguenti della Legge finanziaria 2008, debbono unicamente:

-           prestare servizi di interesse generale nei limiti di competenza dell’ente locale socio;

-           svolgere servizi o attività strumentali per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente locale socio, la cui disciplina di riferimento è l’art. 13 del Dl. 223/2006 ( c.d Bersani). 

Per cogliere appieno il complesso fenomeno delle società partecipate dalle Pubbliche Amministrazioni occorre riprendere la ripartizione su ricordata alla luce dell’interpretazione anche dalla Corte Costituzionale,  Sentenza 326/2008, in base alla quale ci viene offerta una prospettiva interpretativa basa sulla distinzione:

-           a)  società partecipate dalle Pubbliche amministrazioni che gestiscono servizi di interesse generale svolgono un’attività d’impresa;

-           b) le società partecipate dalle Pubbliche Amministrazioni che prestano servizi o attività strumentali per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente locale socio, non svolgono un’attività d’impresa ma funzioni amministrative (cd. società semi amministrazioni) (30).

Ne consegue che: 

-           qualora l’ente locale detenga partecipazioni di categoria a) l’ente locale e la sua società partecipata sono sottoposte a tutta la disciplina dell’art. 2497 e seguenti del codice civile al pari di ogni altro socio “privato” che esercita attività di direzione e coordinamento sulle proprie controllate.

-           Qualora l’ente locale detenga partecipazioni di categoria b) non si applicano le disposizioni dell’art. 2497 del cod. civ.

Applicando le conclusioni appena esposte al caso della holding comunale ne consegue che:

-           l’ente locale che detiene l’unica partecipazione nella holding qualifica tale partecipazioni fra quelle legittimamente detenibili ai sensi dell’art. 3 comma 27 e seguenti della legge finanziaria 2008 in quanto rivolta al perseguimento dei fini istituzionali dell’ente locale socio, non svolgono un’attività d’impresa ma funzioni amministrative (cd. società semi amministrazioni): il comune dunque non risponde ex art. 2497 cod. civ. per l’attività della holding;

-           la holding dell’ente locale, per effetto della proprietà transitiva, diviene il centro di imputazione della responsabilità da direzione e coordinamento ex art. 2497 cod. civ., in luogo dell’ente locale e allora occorre ulteriormente indagare se alla holding comunale si possa applicare la limitazione della predetta responsabilità, così come portata dall’interpretazione autentica su descritta, se ed in quanto dovesse ritenersi prevalente la qualificazione della Holding quale soggetto qualificabile quale “semi amministrazione” svolgente attività meramente strumentali per l’ente locale.

4.2 La Holding nella catena di controllo di società “speciali”: la società in house e le società delle reti ex art. 113 comma 13 del Tuel

La holding deve assicurare, nei confronti delle società partecipate affidatarie in via diretta secondo il modello in house providing, un controllo analogo a quello esercitato dal comune sui propri servizi e uffici e servizi; a tal fine adotta appositi strumenti di indirizzo e verifica e collabora, per le materie di loro competenza, con gli uffici del comune coinvolti nell’attività della società in house.  I Medesimi principi si applicano alle società delle reti costituite ex art. 113 comma 13 del Tuel.

Entrambe le due tipologie societarie, nella loro atipicità rispetto il modello ordinario della società commerciale, hanno caratteristiche particolari soprattutto in tema di governance.

Volendo analizzare tali loro peculiarità per sintesi si rileva:

-           per le società in house providing

-           la necessità della totale partecipazione pubblica (Corte di Giustizia europea; sez. V 18 novembre 1999 n. C. 107/98 Teckal, punto 50);

-           la circostanza che l'impresa non deve acquisire una vocazione commerciale (Corte di Giustizia europea, Sez. 1, 13 ottobre 2005 n. 458/03 Parking _Brixen, punto 67);

-           la non sufficienza, per la configurazione del c.d. controllo analogo, degli ordinari strumenti di diritto civile (Consiglio di Stato, Sez. V; 5 gennaio 2007, n. 5);

-           il carattere speciale, rispetto a quelle disciplinate dal Codice Civile, delle società di capitali in house (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. 1, sentenza n. 8055/06) e nella necessità di predisporre un meccanismo di controllo coerente con la peculiarità della forma societaria (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II ter, 16 ottobre 2007 n. 9988);

-           la possibilità che il capitale sociale della società in house sia partecipato da una pluralità di enti locali, purché il controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi sia realizzato, indipendentemente dalla quota di partecipazione propria di ciascun ente, attraverso la costituzione di un ufficio comune, cui sia attribuito il compito di realizzare il coordinamento e la consultazione tra gli enti locali (Corte Giustizia UE  sent. 13.11.2008  C-324707; Cons. Stato sez. V sentenza 9/03/2009 n. 1365; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 7 novembre 2006 n. 687; T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 12 aprile 2006 n. 1318);

-           l’utilizzabilità dello strumento della convenzione ex art. 30 del D.L.vo 18 agosto 2000 n. 267 e s.m.i. per l’esercizio del controllo analogo da parte di una pluralità di enti soci (T.A.R. Friuli Venezia Giulia 15 luglio 2007 n. 634)

-           il divieto, sancito statutariamente, di apertura al capitale privato (Corte di Giustizia europea, sez. I, 11 gennaio 2005 n. C-26/03 Stadt Halle, punto 49);

-           la riserva in capo ai soci pubblici del potere di designare i componenti degli organi della società (Corte di Giustizia europea, sez. 1, 13 ottobre 2005 n. C-458/03 Parking Brixen ,punto 69; T.A.R. Lombardia, Brescia, 21 aprile 2006, n. 433);

-           la possibilità di esercitare un’influenza determinante sia sugli obbiettivi strategici, sia sulle decisioni importanti della società (Corte di Giustizia europea, sez. 1, 13 ottobre C-458/03 Parking Brixen. punto 65 e Corte di Giustizia europea, sez. 1, 11 maggio C-340/04 Carbotermo, punto 36);

-           la necessità che il controllo sia preventivo e non solo a posteriori (Corte di Giustizia europea, sez. V, 27 febbraio 2003, n. C. 373/00 Truley, punto 70; Consiglio di Stato sez. VI, 5 gennaio 2007, n. 5) e che siano previsti concreti poteri ispettivi (Corte di Giustizia. europea, sez. V, 27 febbraio 2003 n. C 373/00 Truley, punto 73) e d’intervento (Consiglio di Stato, Sez. V, 11 aprile 2006 n. 5072, p. 22)

L’elemento critico per la società in house providing è come replicare il sistema del controllo analogo attraverso la società holding.

Le soluzioni adottate sono andate nella direzione di replicare i sistemi di governance del controllo analogo anche nello statuto della holding creandosi così un sistema a catena che recupera le regole del controllo analoghe imponendole anche alla società holding.

-           per le società delle reti costituite ex art. 113 comma 13 del Tuel

Per queste società l’elemento di criticità è costituito dalla incedibilità delle loro azioni. Pertanto anche la holding non potrà avere azioni incedibili per evitare così di aggirare surrettiziamente la disposizione contenute nell’ art. 113, comma 13, del D.Lgs. 267/2000.

4.3 La holding come strumento del superamento delle asimmetrie informative

Uno degli aspetti di criticità della gestione delle società pubbliche è rappresentato dall’insorgenza di asimmetrie informative fra socio e società.

Già il consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercialisti ed esperti contabili nel maggio del 2010 (31) ebbe modo di osservare: “Un elemento di criticità dell’amministrazione delle partecipazioni effettuate direttamente dall’ente locale è rappresentato dal verificarsi di asimmetrie informative fra società e organi dell’ente locale. Le cause che generano tali asimmetrie informative sono da ricondursi a:

a) Le diverse caratteristiche delle informazioni finanziarie: l’ente locale ha un sistema di rappresentazione dei fatti amministrativi basato su competenza finanziaria preventiva, mentre le società partecipate informano le proprie comunicazioni sociali sulla base di una competenza economica consuntiva;

b) I limitati poteri di informativa autonoma del socio previsti dal codice civile;

c) Anomalia dell’istituto dell’accesso agli atti: la possibilità di accedere agli atti ed informazioni della società è precluso anche al socio e quindi vi è una difficoltà di conoscenza;

d) L’intervento in assemblea: interviene all’assemblea della partecipata il sindaco legale rappresentante (organo dell’ente che decide) mentre le informazioni tecniche sono in capo agli uffici (chi conosce)”

La holding deve diventare il punto di intercettazione delle informazioni per le relative elaborazione e decisioni da assumere per l’amministrazione della partecipate, sulla base degli indirizzi o delle specifiche autorizzazione dell’ente locale. Viene superata la frammentazione informativa dei diversi

organi e uffici dell’ente e viene altresì superata la dicotomia fra chi conosce e chi decide, anch’essa tipica delle ripartizioni di competenze dell’ente locale.

Nel concreto come organizzare la circolazione delle informazioni e soprattutto quali informazioni?

Innanzitutto la holding cura la puntuale acquisizione dalle società partecipate e la trasmissione agli uffici comunali delle informazioni e documenti di cui questi ultimi hanno necessità per l’espletamento dell’attività amministrativa, nonché in relazione ad obblighi di comunicazione, controllo e pubblicità previsti dalle norme in vigore; trasmette inoltre le informazioni ed i documenti relativi alla propria diretta attività. Per la raccolta e la trasmissione dei dati la holding si attiene agli standard eventualmente indicati dal Comune.

In particolare la holding trasmette al Comune le informazioni necessarie alla redazione del bilancio di previsione, del rendiconto della gestione, del certificato al bilancio di previsione, del certificato al conto di bilancio, dei questionari al bilancio ed al rendiconto richiesti dalla Corte dei conti al Collegio dei Revisori, nonché necessarie per ad ogni altro adempimento od attività di controllo.

La holding, entro il 31 marzo di ciascun anno, fornisce al Comune le informazioni necessarie affinché quest’ultimo possa provvedere, entro il successivo 30 aprile, alla trasmissione al Dipartimento della Funzione Pubblica dei dati previsti dall’art. 1, comma 587, della L. 296/2006 relativamente alle società partecipate.

La holding trasmette semestralmente al Comune i dati di cui all’art. 1, comma 735, della L. 296/2006 (incarichi e compensi degli amministratori di società) affinché quest’ultimo possa provvedere alla prevista pubblicazione all’Albo pretorio.

La holding, con cadenza periodica, trasmette al Comune i dati per il controllo del rispetto:

a)         dell’art. 1, comma 718, della L. 296/2006 (non corresponsione di emolumenti da parte delle società partecipate ai propri amministratori che sono anche amministratori comunali);

b)         dell’art. 1, commi 725-726-727-728, della L. 296/2006 (limiti agli emolumenti corrisposti ai propri amministratori dalle società partecipate);

c)         dell’art. 1, comma 729, della L. 296/2006 (limite al numero dei componenti dei C.d.A. della società a totale partecipazione pubblica locale);

d)        ogni altra eventuale informazione necessaria all’adempimento od alla verifica del rispetto di disposizioni normative.

Qualora dalle informazioni acquisite o dalle procedure di controllo di cui ai commi precedenti la holding rilevi situazioni di non conformità, interviene direttamente ed immediatamente nei confronti delle società partecipate adottando le misure necessarie.

Il Collegio dei Revisori dei conti dell’ente locale avrà diritto di ottenere dalla holding le informazioni, anche relative alle società da questa partecipate, necessarie allo svolgimento delle proprie funzioni.

4.4 La holding come strumento per la verifica del buon andamento della PA

Si riscontrano elementi di best practise che si inseriscono in processi di perfezionamento della verifica del buon andamento applicato al caso della gestione delle partecipate a mezzo holding.

In alcuni casi infatti la holding ha istituito ulteriori organismi.

- Il Comitato di Controllo Interno

Lo statuto delle società controllate dallo holding, nei casi in cui è previsto che l’organo amministrativo sia costituito da un Consiglio di Amministrazione, può prevedere la costituzione di un Comitato di Controllo Interno, composto dai consiglieri di amministrazione che non svolgono la funzione di presidente ovvero  delegati di altri poteri gestori dal Consiglio di Amministrazione.

Il Comitato di Controllo Interno svolge funzione di mera vigilanza in ordine:

a)         all’adeguatezza dei diversi processi aziendali in termini di efficienza, efficacia ed economicità;

b)         alla conformità degli adempimenti operativi alle normative interne;

c)         all’esecuzione delle procedure interne anche ai fini di evitare comportamenti illegittimi ai sensi D.Lgs. 231/2001.

La partecipazione al Comitato di Controllo Interno non dà luogo ad alcun riconoscimento di compenso aggiuntivo a quanto previsto per la carica di componente del Consiglio di Amministrazione

Il regolamento di funzionamento del Comitato di Controllo Interno è approvato dall’assemblea ordinaria dei soci su proposta del Consiglio di Amministrazione.

Inoltre si è formalizzato anche l’obbligo di adottare regolamenti interni da parte della holding e delle società da questa controllate da redigersi secondo criteri di uniformità. I regolamento sono:

- quello previsto dal D.Lgs. 231/2001;

- quello per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi previsto dall’art. 18 del D.L. 112/2008;

- quello per l’acquisizione in economia di lavori, forniture e servizi.

5 Le holding partecipate da più comuni

L’utilizzo della società holding degli enti locali non riguarda unicamente quelle partecipate da un unico ente.

Sono presenti diverse holding partecipate da più enti caratterizzate da una nuova forma di gestione congiunta o associata di partecipazioni in società di capitali. Infatti la holding degli enti locali può essere  presa in considerazione anche quale soluzione per i comuni con  popolazione al di sotto dei 50.000 abitanti che dovranno valutare gli effetti della disposizione contenuta nell’art. 14 comma 32 del D.L. 78/2010 (32,33) che dispone limitazioni alla detenzione di partecipazioni in società di capitali per i comuni con polo azioni inferiori a 30.000 abitanti per i quali rimane la deroga dell’unificazione di tali società di modo che i comuni partecipanti superino i predetti 30.000 abitanti  mentre per i comuni sopra i 30.000 e fino a 50.000 abitanti è ammessa la partecipazioni in unica società. In particolare per i comuni con popolazione fino a 30.000 abitanti la possibilità di conferire tutte le proprie azioni o quote di società in una holding partecipata da altri comuni, la cui somma di abitanti di ogni ente partecipante superi la soglia dei 30.000, appare una modalità di aggregazione consentita dalla stessa disposizione di legge. Infatti, la ratio della norma, che si ricorda è collocata al penultimo comma dell’art. 14 che è rubricato “ Patto di stabilità interno ed altre disposizioni sugli enti locali”, è quella di ridurre le spese degli apparati amministrativi degli enti locali attraverso processi obbligatori di aggregazione per l’esercizio in forma associata, mediante convenzioni o unioni,  come dispone il comma 28 del medesimo articolo.

“La holding può rappresentare la modalità attuativa del processo aggregativo nel solco voluto dal legislatore, rispondendo ai requisiti della legge laddove gli enti soci della holding stessa, raggiungano un numero di abitanti superiore a 30.000 e conseguano una partecipazione in misura paritetica ovvero proporzionale ai propri abitanti ”(34).

Parimenti in analogia anche per i comuni con popolazione compresa fra i 30.000 e i 50.000 abitanti, per i quali è consentito detenere una sola partecipazione (35), la holding potrebbe rappresentare un modello organizzativo qualora, nel rispetto della ratio della legge, risulti a seguito di processi di razionalizzazione al fine di implementare una governance più efficace sotto il profilo del controllo e ridurre i costi gestionali.

La holding costituita fra più enti risponde ad una mission diversa e ben più articolata rispetto quella partecipata da un unico ente.

Essa può rappresentare:

- uno strumento organizzativo dei soci enti pubblici mediante il quale gli stessi partecipano nelle società, anche di servizio pubblico locale, rispondenti ai vari modelli previsti dalla normativa interna e comunitaria, al fine di garantire l’attuazione coordinata ed unitaria dell’azione amministrativa, nonché un’organizzazione efficiente, efficace ed equilibrata nell’ordinamento dell’ente locale, nel perseguimento degli obiettivi di interesse pubblico di cui gli stessi soggetti soci sono portatori;

- un ruolo di “cabina di regia” quale centro di interessi dei soci enti pubblici giuridicamente idoneo a formare volontà collettive finalizzata ad attuare:

a) la conduzione di parte pubblica e la continuità nella gestione delle società partecipate;

b) le funzioni di indirizzo strategico e di coordinamento, sia dell'assetto organizzativo, che delle attività relative ai servizi pubblici locali esercitate dalle società partecipate;

c) la concessione di finanziamenti, esclusivamente nei confronti delle società controllate o collegate ai sensi dell’articolo 2359 del Codice Civile, o di società da queste ultime sottoposte al medesimo vincolo;

d) l’attività di direzione e coordinamento nei confronti delle società partecipate anche indirettamente

Il modello di holding ha l’obiettivo di dare forza alle decisioni di indirizzo e di riportare nella disponibilità dei soci enti pubblici la conoscenza dei processi decisionali in atto e la capacità di indirizzo degli stessi. La forma societaria che caratterizza la veste giuridica della società holding rende più forte e compatta l’influenza dei soci verso le società da essa partecipate.

Il principale strumento giuridico atto a garantire una sintesi delle realtà territoriali si identifica nella capacità deliberativa della holding nel produrre delibere-quadro, protocolli d’intesa territoriale e atti di indirizzo che l’organo amministrativo della società avrà poi il compito di trasferire formalmente in atti concreti delle società partecipate aventi ricaduta sul territorio degli enti locali soci.

La governance della holding pubblica partecipata da più enti necessita di ulteriori strumenti:

- un regolamento per il controllo delle partecipate che disciplini un codice di comportamento delle relazioni che i diversi organi interni dei soci dovranno instaurare con la società ed i suoi organi.

- un Comitato consultivo di indirizzo composto da un ristretto numero di rappresentanti dei soci enti pubblici che risponda a criteri di rappresentanza territoriale oltre che per quote di partecipazione.

Da tali relazioni discenderanno i necessari indirizzi che i soci enti pubblici vorranno dare al Presidente della società da riportare in seno alle società da essa partecipate, indirizzi che riguarderanno tanto le nomine negli organi societari quanto gli indirizzi strategici e gli accordi parasociali, e che il Presidente della società avrà premura di richiedere tempestivamente ogni qual volta ciò si rivelerà anche solo opportuno.

La holding pubblica dovrà considerare i vincoli imposti per il corretto esercizio del controllo analogo per quanto attiene le società partecipate in house providing, al fine di evitare che l’allungamento della catena di comando, possa affievolire l’esercizio di tale controllo analogo.

Essa deve rimanere strumento operativo degli enti soci anche per quanto concerne la gestione delle relative partecipazioni nelle società in house providing. Allo scopo, la società effettua apposita rendicontazione separata, con autonoma evidenziazione dei risultati gestionali, relativamente a ciascuna delle società partecipate che operano nell’ambito dei servizi pubblici locali. Quando gli organi sociali devono assumere deliberazioni circa le società in house providing degli enti soci o le attività dalle stesse svolte, ciò deve essere inequivocabilmente indicato nell’ordine del giorno.

 

Note:

1)Il presente documento rappresenta la relazione del dott. Camporesi Roberto al convegno tenutosi a Milano il 20.07.2011 dal titolo “Organizzazione e gestione dei servizi pubblici: profili giuridici, economici e finanziari” ed è in corso di pubblicazione fra gli atti del convegno medesimo nella Rivista Tributi e Bilancio edizione Anutel – Il sole 24 ore. Rappresenta un contributo alla individuazione del fenomeno delle società holding degli enti locali in un’ottica di governance delle società partecipate.

2) CNDCEC  documento di studio “Holding degli enti locali, attività finanziaria e modelli di governance” anno 2011

3) F. Galgano “Il nuovo diritto societario” Vol. XXIX del Trattato di diritto commerciale di diritto pubblico dell’economia, Padova 2003.

4) A. Vigneri “ I servizi e interventi pubblici locali” in Commenti al T.U. sull’ordinamento delle autonomie locali – Coordinamento di Luciano Vandelli – ed. Maggioli

5) G. Bassi, A. Massari, S. Capacci, F. Moretti, “ Le società a partecipazione pubblico locale”, Rimini, 2006

pagg.598 e ss.

6) M. Atelli, C. D’aries, “La public Governance nei servizi pubblici locali”, Milano, 2006 pag. 349

7) G. Barzani, “ L’obbligo di dismissione delle partecipazioni societarie e il divieto di costituzione di nuove società previsto dalla finanziaria 2008” problemi applicativi per gli enti locali” in  I Contratti dello Stato  e degli enti locali. Aprile/giugno 2010

8) Il termine dei 18 mesi è stato successivamente prorogato al 31.12.2010

9) CNDCEC  documento di studio “Holding degli enti locali, attività finanziaria e modelli di governance” anno 2011

10) Decreto-Legge 4 luglio 2006, n. 223 (in Gazz. Uff., 4 luglio, n. 153). - Decreto convertito, con modificazioni, in legge 4 agosto 2006, n. 248, che come noto dispone:

“Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali e dei servizi di committenza o delle centrali di committenza apprestati a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare esclusivamente con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, nè in affidamento diretto nè con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti. Le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti (2).

2. Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1”””

11) Corte Costituzionale  sentenza 1/08/2008 n. 326

12) Art. 106  del d.lgs  1/09/1993 n.387 “1. L'esercizio nei confronti del pubblico delle attività di assunzione di partecipazioni, di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma, di prestazione di servizi di pagamento e di intermediazione in cambi è riservato  a intermediari finanziari iscritti in un apposito elenco tenuto dall’UIC.

2.Gli intermediari finanziari indicati nel comma 1 possono svolgere esclusivamente attività finanziarie, fatte salve le riserve di attività previste dalla legge.”.

13) Le considerazioni che vengono esposte in questo paragrafo sono già state oggetto di un articolo di commento del sottoscritto dal titolo “Holding comunali, attività finanziaria e modelli di governance” in Pubblic utilities.it

14) G. Bassi “ Le società strumentali delle regioni e degli enti locali: qualche puntualizzazione a due anni dalla disciplina speciale” in appalti e contratti  1-2 2009.

15) M. Atelli “Il sistema delle società finanziarie regionali” in Diritto e pratica amministrativa  n. 9/2008

16) Corte Ue 11/05/2006  C- 340/04

17) TAR Toscana  sez. I 15/01/2001 n. 25 in Riv. Trim. Appalti  n. 2/2001 pag. 299 e ss

18) Cfr anche Corte dei Conti, sezione autonomie, Deliberazione 14/sezaut/2010/FRG del 22/06/2010; Corte Conti sezioni riunite per il controllo – rapporto sul coordinamento della finanza pubblica – deliberazione del 14.05.2010;  Corte dei Conti  sez controllo per la Toscana, verifica sana gestione finanziaria degli enti autonomi locali – Provincia di Siena 2008;

19) Cfr C. Iaone “Le società in house per i servizi strumentali. Riflessioni sull’art. 13 del Bersani” in Astrid on line

20) Cfr  M. Dugato, M. Cammelli “Studi in tema di società a partecipazione pubblica” Giappichelli Torino

21) M. Dugato “ Proprietà e gestione delle reti nei servizi pubblici locali” in  Riv. Trim. appalti n. 3/2003

22) Cfr nota 17

23) Cfr Relazione governativa alla riforma del diritto societario d.lgs 6/2003

24) Art. 2447 ter c.c.” La deliberazione che ai sensi della lettera a) del primo comma dell'articolo 2447-bis destina un patrimonio ad uno specifico affare deve indicare:

a) l'affare al quale è destinato il patrimonio;

b) i beni e i rapporti giuridici compresi in tale patrimonio;

c) il piano economico-finanziario da cui risulti la congruità del patrimonio rispetto alla realizzazione dell'affare, le modalità e le regole relative al suo impiego, il risultato che si intende perseguire e le eventuali garanzie offerte ai terzi;

d) gli eventuali apporti di terzi, le modalità di controllo sulla gestione e di partecipazione ai risultati dell'affare;

e) la possibilità di emettere strumenti finanziari di partecipazione all'affare, con la specifica indicazione dei diritti che

attribuiscono;

f) la nomina di una società di revisione per il controllo contabile sull'andamento dell'affare, quando la società non è

già assoggettata alla revisione contabile da parte di una società di revisione

25) cfr Andrea Pinto “Le utilities tra regolazione, concorrenza e obblighi di separazione societaria” in www.diritto dei servizi pubblici locali 2009, che tratta in modo estremamente lucido l’utilità dei patrimoni separati per attuare i diversi obblighi imposti dalla normative sui servizi pubblici locali e antitrust che comportano tale l’obbligo di tenere separate due tipologie di attività. Ed anche Alessio D. Scano “ Società pubbliche e patrimoni destinati tra tutela della concorrenza e libertà di (diversific)azioni economica” in Le società Pubbliche ; Torino Giappichelli 2001 pagg. 371 e ss

26) Parere Corte dei Conti sezione regionale di controllo per la Lombardia 21/9/2010 n. 874

 27)CNDCEC  documento di studio “Holding degli enti locali, attività finanziaria e modelli di governance” anno 2011

28) Centro Studi Civicum “Una governance per le società a controllo comunale “  Milano dicembre 2005

29) F. Galgano “Il nuovo diritto societario” Vol. XXIX del Trattato di diritto commerciale di diritto pubblico dell’economia  Padova 2003

30) Da ultimo in merito alla portata della responsabilità del socio ente pubblico locale che esercita l’attività direzione e coordinamento, si deve rilevare che trattasi di responsabilità patrimoniale per risarcire il danno causato agli altri soci e ai creditori della società partecipate. Il danno non è risarcibile se si dà dimostrazione del c.d interesse compensato, vale a dire se dall’operazione il gruppo ente locale, cui fa parte la società partecipata, ha ottenuto un beneficio complessivo. Il comportamento che dà luogo alla responsabilità è l’attività di direzione e coordinamento in violazione dei principi di corretta gestione societaria ed imprenditoriale attuata per perseguire interessi “imprenditoriali” propri del socio che controlla. La maggior parte della dottrina qualifica la responsabilità ex art. 2497 cod.civ. come responsabilità da fatto illecito.

Nel caso di enti locali appare assai improbabile immaginare un comportamento di enti pubblici che agiscano in modo illegittimo.

31) CNDCEC “Costituzione della Holding” maggio 2010

32) Art. 14 comma 32 del D.L. 78/2010. “Fermo quanto previsto dall’art. 3, commi 27, 28 e 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possono costituire società. Entro il 31 dicembre 2011 i comuni mettono in liquidazione le società già costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero ne cedono le partecipazioni. Le disposizioni di cui al secondo periodo non si applicano ai comuni fino a 30.000 abitanti nel caso in cui le società già costituite abbiano avuto il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi. La disposizione di cui al presente comma non si applica alle società, con partecipazione paritaria ovvero con partecipazione proporzionale al numero degli abitanti, costituite da più comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti; i comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possono detenere la partecipazione di una sola società; entro il 31 dicembre 2011 i predetti comuni mettono in liquidazione le altre società già costituite”

33) L’art. 14 comma 32 del D.L. 78/2010 è stato modificato in sede di conversione del D.L. 29/12/2010 n. 225 (c.d. mille proroghe) dalla Legge 26.02.2011 n. 10 secondo il seguente tenore: <<“ 11. All’articolo 1 della legge 13.12.2010 n. 220, il comma 117 è sostituito dal seguente: “117. ai fini dell’applicazione dell’art. 14 comma 32, del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 convertito con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010 n. 122 al comma 32 del medesimo articolo 14, le parole “Entro il 31.12.2011” sono sostituite “Entro il 31.12.2013 e dopo il secondo periodo, è inserito  il seguente”le disposizioni di cui al secondo periodo non si applicano ai comuni con popolazione  fino ai 30.000 abitanti nel caso in cui le società già costituite:

a)         abbiano, al 31dicembre 2013, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi;

b)         non abbiano subito, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio;

c)         non abbiano subito, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali l’ente locale sia stato gravato dell’obbligo di proceder al ripiano delle medesime perdite”>>

34) Cfr CNDCEC  documento di studio “Holding degli enti locali, attività finanziaria e modelli di governance” anno 2011

35) L’interpretazione dell’art. 14 comma 32 del D.L. 78/2010 è assai incerta e le stesse sezioni per il controllo della Corte dei Conti hanno assunto tesi molto divergenti fra loro ( Corte dei Conti sezione controllo per la Puglia  n. 76 del 22.7.2010 e n. 129/par/2010 del 11/11/2010, sezione controllo per la Lombardia – Milano –  n. 861/2010/par del 22/07/2010, n. 1081 del 30/12/2010, sezione controllo per la Puglia n. 166/2010 del 31/12/2010). A ciò si aggiunga che appaiono del tutto ingiustificate ed irragionevoli le recenti modifiche legislative che, dal punto di vista dell’interpretazione letterale, consentono cause di esclusione dall’applicazione della norma unicamente per le società partecipate da comuni sotto i 30.000 e non  invece anche per le società partecipate da comuni fra i 30.000 e 50.000 abitanti.

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