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Il teleriscaldamento e la qualificazione giuridica operata dalle Autorità indipendenti: semplici contributi al dibattito o definitiva risoluzione del problema?
La qualificazione giuridica del servizio di teleriscaldamento (servizio pubblico locale o attività in libera concorrenza) risulta assai dibattuta, soprattutto in dottrina (si veda, sul punto, la tesi contraria alla configurazione dell’attività in questione come servizio pubblico locale fatta propria da M. Martinelli – F. Pacciani, Gestione calore e teleriscaldamento: tra servizio pubblico, appalto pubblico e libera attività economica, in www.giustamm.it, voce Articoli e note), oltre che in giurisprudenza (ex plurimis, T.A.R. Liguria, sez. II, 20/12/2004, n. 1748; T.A.R. Piemonte, sez. II, 27/07/2001, 1645).
In tale prospettiva, va rilevato che neppure sono d’ausilio, al riguardo, le poche definizioni che dell’attività in oggetto vengono fornite dal legislatore, il quale, di recente (e più precisamente nel d.lg. 3 marzo 2011, n. 28, il c.d. decreto energia 2011), ha definito «“Teleriscaldamento”: la distribuzione di energia termica in forma di vapore o acqua calda da una o più fonti di produzione verso una pluralità di edifici o siti tramite una rete, per il riscaldamento di spazi, per processi di lavorazione e per la fornitura di acqua calda sanitaria» (così l’art. 2).
La differenza fra le due prospettazioni è, come noto, di non poco momento: aderendo infatti alla tesi volta a qualificare il teleriscaldamento come servizio pubblico locale, non solo verrebbe attribuita all’ente locale territorialmente competente la facoltà di individuare il soggetto incaricato di erogare l’attività di cui trattasi all’interno del proprio perimetro di riferimento, ma le modalità di affidamento di tale servizio risulterebbero assoggettate alla rigida disciplina recata dall’art. 4 del d.l. 13 agosto 2011, n. 138 e s.m.i., che, in estrema sintesi, impone agli enti locali di verificare la sussistenza delle condizioni atte a consentire una gestione concorrenziale e pienamente liberalizzata dei servizi pubblici, limitando, negli altri casi, l’attribuzione di diritti di esclusiva, da riconoscere comunque solo a esito di adeguate procedure di evidenza pubblica.
Nella diversa ipotesi (configurazione del servizio de quo quale attività in libera concorrenza) non sarebbe al contrario richiesto – recte: non dovrebbe essere consentito - all’ente locale di operare alcuna verifica di sorta, essendo lo stesso unicamente legittimato ad autorizzare o non lo svolgimento del servizio in questione a seguito di semplice richiesta formulata da operatori interessati alla prestazione delle citate attività energetiche.
Ebbene, senza voler in questa sede assumere una posizione in ordine all’una o all’altra delle tesi fra loro contrapposte, appare opportuno rilevare che la materia è stata di recente interessata da due provvedimenti emanati da Autorità indipendenti (ci si riferisce, più in particolare, all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e all’Autorità garante della concorrenza e del mercato) che almeno potenzialmente – si tratta, perlomeno, di un auspicio - potrebbero fornire una definitiva risoluzione della problematica che si protrae ormai da molti anni e che riguarda, per l’appunto, l’esatta configurazione giuridica del teleriscaldamento.
In particolare, va segnalato che con deliberazione n. 101 del 10 novembre 2011, avente a oggetto «Servizio di Teleriscaldamento nei Comuni di Sondalo e Tirano (SO). Affidamento diretto alla Società (TCVVV) Teleriscaldamento Cogenerazione Valcanonica Valtellina S.p.A., della gestione dell’impianto di teleriscaldamento e distribuzione di energia termica ai Comuni e ad utenti privati», l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, preso atto delle caratteristiche proprie della fattispecie concreta oggetto di valutazione, ha avuto modo di affermare che «si rappresenta che la natura del servizio svolto appare essere quella di un servizio pubblico locale. In tal senso, appare condivisibile quanto affermato sulla fattispecie in esame, nell’ordinanza del TAR Lombardia, Milano, Sez. III, n. 354/2009: “(...) dalla documentazione prodotta risulta che il servizio di teleriscaldamento ha natura di servizio pubblico, atteso che lo relativa gestione da porte della TCVVV S.p.A. - società mista pubblico privato - non si correla ad una iniziativa meramente privatistica di natura imprenditoriale, ma a determinazioni amministrative afferenti alla costruzione e gestione dell’impianto di teleriscaldamento, correlate a riconosciute esigenze di interventi per la realizzazione di centrali energetiche alimentate a biomassa legnosa, sicché consegue ad una apposita deliberazione del Consiglio Comunale di Sondalo, n. 16 del 12.04.1999, esplicitamente diretta a disciplinare i rapporti tra l’ente pubblico e lo società, sulla quale grava anche l’onere di corrispondere un canone all’ente locale (....). Del resto dalla documentazione acquisita, risulta che il servizio è erogato direttamente agli utenti dalla società, che percepisce le tariffe derivanti dalla gestione del servizio...”».
In altre parole, nel caso di specie l’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture è pervenuta alla predetta conclusione in considerazione del fatto che l’intera iniziativa relativa alla realizzazione di una rete di teleriscaldamento era stata avviata ed attuata in base a specifici indirizzi e “determinazioni” dell’ente locale territorialmente competente, il che, ad avviso della medesima Autorità, portava ad escludere la sussistenza di una vera e propria iniziativa imprenditoriale, configurando al contrario la sussistenza di un servizio pubblico volto a «realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali» (caratteristiche, queste ultime, che consentono di configurare un servizio pubblico, e ciò secondo la definizione fornita dall’art. 112 del d.lg. 18 agosto 2000, n. 267, vale a dire il c.d. testo unico degli enti locali)
Ciò detto, è avvenuto che, a distanza di solo un mese dalla data di emanazione della predetta deliberazione, il settore in questione è stato interessato da una importante determinazione dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, che, con proprio Provvedimento n. 23184 in data 21 dicembre 2011, pubblicato sul Bollettino n. 52/2011 del 16 gennaio 2012, ha ritenuto opportuno avviare «un’indagine conoscitiva riguardante il settore del teleriscaldamento», operando così un sostanziale revirement rispetto a propri precedenti provvedimenti volti a escludere la qualificazione del teleriscaldamento quale servizio pubblico locale (si veda, sul punto, Provvedimento n. 19361 del 23 dicembre 2008, posizione SP107B e Provvedimento n. 20166 del 29 luglio 2009, posizione SP110, in cui era stato affermato che «l’attività di teleriscaldamento nasce prevalentemente come sottoprodotto della cogenerazione di elettricità e calore: attraverso di essa il calore generato da una centrale elettrica, come residuo dell’attività di produzione di energia elettrica, viene instradato per mezzo di tubazioni preisolate, poste nel sottosuolo delle vie cittadine, e distribuito agli utenti, che possono servirsene per il riscaldamento degli ambienti domestici, per la produzione di acqua calda, nonché per la produzione di aria fredda attraverso gli impianti di condizionamento. In ciascun edificio l’installazione del teleriscaldamento comporta la sostituzione della caldaia con uno scambiatore di calore a mezzo del quale l’energia termica è ceduta all’impianto di distribuzione interno dell’edificio che rimane inalterato. L’attività di teleriscaldamento non è sottoposta a regolazione né con riguardo all’accesso all’esercizio dell’attività né alle condizioni di fornitura del servizio»).
Per ciò che maggiormente interessa ai fini della presente disamina, particolarmente importanti appaiono le motivazioni sottese a tale provvedimento, per come esplicitate dalla stessa dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato.
In particolare, dopo aver segnalato l’assenza di un’univoca qualificazione giuridica dell’attività e l’insussistenza di «riserve di legge a favore di determinati soggetti per l’installazione e la gestione di sistemi di teleriscaldamento», viene ivi rilevato che «La situazione delineata potrebbe presentare significative criticità dal punto di vista concorrenziale, che attengono ad esempio al livello delle tariffe per il servizio di teleriscaldamento e alle possibili restrizioni alla interfuel competition, con particolare riferimento a quelle derivanti dagli obblighi di connessione alla rete di teleriscaldamento e agli ostacoli alla disconnessione da tale rete posti da alcuni Comuni. Al fine di valutare tali criticità, appare opportuno procedere ad una analisi del settore del teleriscaldamento, nel corso della quale verranno esaminate: le caratteristiche tecniche ed economiche delle reti di teleriscaldamento; la diffusione delle differenti tipologie di sistemi di teleriscaldamento; la qualificabilità del teleriscaldamento come servizio pubblico locale e le problematiche connesse relative alle procedure di scelta dei gestori dei servizi di teleriscaldamento; le norme adottate dagli enti locali e i vincoli imposti alla connessione/disconnessione dalle reti di teleriscaldamento; le formule tariffarie adottate; le possibilità di scelta tra modalità alternative di produzione del calore da parte degli utenti e, quindi, le possibilità di interfuel competition; il livello delle tariffe applicate in relazione ai costi sostenuti per la produzione del servizio; le incentivazioni previste dalla normativa attuale; il ruolo del teleriscaldamento nello sviluppo di sistemi di distribuzione chiusi basati sulla cogenerazione; le aree in cui sarebbe appropriato un intervento normativo e regolamentare».
Dall’esame del predetto provvedimento, risulta evidente che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha inteso “perimetrare” l’ambito oggettivo della propria analisi tenendo conto di tutti i più rilevanti aspetti del servizio di teleriscaldamento che hanno determinato la dottrina e la giurisprudenza ad aderire all’una o all’altra delle tesi fra loro contrapposte e che concernono l’esatta qualificazione giuridica dell’attività.
Inoltre, il richiamo alla necessità di operare una verifica in merito alle «aree in cui sarebbe appropriato un intervento normativo e regolamentare», porta a ipotizzare che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato intenda sollecitare l’emanazione di disposizioni normative e regolamentari fra loro omogenee su tutto il territorio nazionale, e ciò allo scopo di evitare che solo in alcune regioni la gestione del servizio di teleriscaldamento risulti disciplinata, anche in termini di condizioni da praticare nei confronti dell’utenza, dal competente ente territoriale (il riferimento, in particolare, è all’art. 33-bis della l.r. della Lombardia 12 dicembre 2003, n. 26, ove è prescritto che con deliberazione della Giunta regionale debba essere fissato, fra l’altro, «l’ambito tariffario di riferimento per il servizio di teleriscaldamento destinato agli immobili di civile abitazione e le modalità per la rendicontazione dei costi del servizio medesimo»).
Alla luce delle sopra esposte considerazioni, è auspicabile che l’istruttoria avviata dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato – nell’ambito della quale dovranno essere considerate e analizzate tutte le peculiarità giuridiche e tecniche che connotano l’attività in questione – possa fornire non solo un semplice contributo alla discussione relativa al tema “principale” che ha sempre riguardato il teleriscaldamento (vale a dire: qualificazione dello stesso come servizio pubblico locale o come attività in libera concorrenza), ma rappresenti un vero e proprio “punto di arrivo”, in grado di fungere da valido ausilio interpretativo e operativo per tutti i soggetti (enti locali, nonchè imprese pubbliche e private) interessate allo sviluppo di tale importante attività in continua evoluzione. |