IL RILANCIO DELL’AZIENDA SPECIALE: il “caso” di ARIN Napoli
Con l’insediamento del nuovo Consiglio di amministrazione si è completata la trasformazione in azienda speciale denominata ABC (ACQUA BENE COMUNE) della società ARIN Spa che, sin qui, ha gestito l’acquedotto di Napoli. Nel preambolo allo schema di deliberazione del Consiglio comunale si legge, con tono forse troppo enfatico, ma certamente apprezzabile, che L’azienda speciale Acqua Bene Comune Napoli, Ente di diritto pubblico, nasce dalla consapevolezza che in tutto il mondo le più recenti trasformazioni del diritto hanno prodotto l’emersione a livello costituzionale, normativo, giurisprudenziale e di politica del diritto della categoria dei beni comuni, ossia delle cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali, nonché al libero sviluppo della persona e che vanno preservate anche nell’interesse delle generazioni future.
I beni comuni, in primis l’acqua, sono direttamente legati a valori che trovano collocazione costituzionale e che informano lo Statuto del Comune di Napoli. Essi vanno collocati fuori commercio perché appartengono a tutti e non possono in nessun caso essere privatizzati. L’acqua bene comune è radicalmente incompatibile con l’interesse privato al profitto e alla vendita.
La nuova azienda speciale è modellata secondo lo schema tradizionale dell’articolo 114 TUOEL e, quindi, definita “ente pubblico strumentale” del Comune dotato di personalità giuridica pubblica, capacità imprenditoriale, proprio statuto (ripetendo le norme di legge) ma aggiungendo “soggettività fiscale”.
Credo opportuno peraltro segnalare alcune particolari connotazioni dello Statuto in esame:
• Si stabilisce, all’articolo 2, che l’azienda non ha finalità di lucro e persegue il pareggio di bilancio, ma al fine di evitare alcune interpretazioni che da questa norma si erano date in passato e cioè che l’obbligo del pareggio comportasse il divieto di utili, si prevede che gli eventuali avanzi di gestione (possibili) sono finalizzati al miglioramento del servizio idrico integrato secondo i principi e le modalità previsti dal presente statuto.
• L’azienda ispira il proprio operato a criteri ecologici e sociali (non si accenna a criteri economici). L’espressione “ecologia” si ritrova all’articolo 16 nella descrizione dei compiti del direttore, nell’articolo 25 (costi e benefici ecologici), all’articolo 26 che disciplina i cosiddetti costi sociali, all’articolo 32 rubricato piano programma ecologico e partecipato ed all’articolo 40 che prevede tra gli atti fondamentali il “bilancio ecologico”.
• Nulla di nuovo sugli Organi dell’azienda (Cda, Presidente, Direttore, Collegio dei revisori). Analogamente alle “vecchie” aziende speciali (denominate correntemente municipalizzate) la rappresentanza legale è attribuita al Presidente solamente nei rapporti con le autorità locali, regionali, statali, sovrastatali e internazionali (!) per cui per l’attività gestionale ordinaria e la rappresentanza (in pratica la “firma” dei contratti e degli altri documenti) spetta al direttore.
• Correttamente la competenza all’assunzione e licenziamento del personale è attribuita al Consiglio di amministrazione, mentre al direttore spetta di dirigere il personale dell’azienda e adottare i provvedimenti disciplinari.
Il direttore è assunto con procedura ad evidenza pubblica per la durata non superiore a tre anni e può essere confermato per altri tre anni (sembrerebbe non ulteriormente prorogabili).
• Nulla di nuovo in merito alla revisione dei conti affidata ad un collegio di tre membri scelti tra gli iscritti nel registro dei revisori contabili.
• Di particolare interesse, anche per il loro carattere innovativo, sono le norme contenute nel titolo VII. All’articolo 25 sopra richiamato, oltre al vincolo della economicità e del pareggio di bilancio (da intendersi nel senso sopra precisato) si prevede che la gestione deve ispirarsi anche ai criteri:
* della massima efficienza;
* della migliore efficacia;
* della complessiva ecologia;
* del buon governo qualitativo e di lungo periodo dei beni comuni.
Affinchè questi criteri non rimangano sulla carta è previsto l’obbligo della rendicontazione annuale in sede di redazione del bilancio di esercizio.
Si prevede, sempre in questo articolo come nei successivi articoli 32 e 33 che l’azienda adotti strumenti e criteri volti alla elaborazione di un bilancio “partecipato ed integrato”. Quanto alla integrazione potrebbe intendersi il consolidamento con il bilancio dell’ente locale, mentre in ordine alla “partecipazione” nulla lo Statuto dispone dovendosi quindi ritenere che dovrà provvedere il Consiglio di amministrazione con appositi regolamenti od altri provvedimenti, come d’altronde espressamente previsto all’articolo 44.
Nell’articolo 26 rubricato Costi sociali, la norma si ispira ai criteri della Legge 95/1995 ma correttamente per assicurare la necessaria trasparenza ed il giudizio sui risultati economici stabilisce che i costi sociali debbano essere coperti mediante contributi dell’ente locale o di altri enti. A questo proposito assai chiara è la norma contenuta nell’articolo 27: per le ragioni e secondo le modalità di cui all’articolo 26, è prevista l’erogazione gratuita, relativamente alle utenze domestiche, del quantitativo vitale di acqua, individuato sulla base dei parametri indicati dalla Organizzazione Mondiale della Sanità e nei limiti della capacità finanziaria dell’azienda e del Comune.
Come ho già accennato, in numerosi articoli dello Statuto viene impiegato il termine “ecologia” o gli aggettivi derivati. Mi sembra opportuno quindi richiamare la definizione data dalla migliore dottrina secondo la quale Ecologia = disciplina che studia l’ecosfera e cioè porzione del pianeta in cui è presente la vita in aggregati sistemici (ecosistema) le cui caratteristiche sono determinate dall’interazione degli organismi fra loro e con l’ambiente circostante. L’ambiente può essere definito come un sistema di condizioni materiali in cui un organismo vive, semplicemente può intendersi tutto ciò che ci circonda (fattori biotici = viventi) e abiotici (materia).
Credo di poter concludere plaudendo a quanto disposto dal Comune di Napoli che ha superato le riserve e le obbiezioni da diverse parti avanzate circa la scelta dell’azienda speciale per la gestione di un servizio a rilevanza economica interpretando – come espressamente dichiarato nel “preambolo” il suo dovere costituzionale fondamentale di difendere i beni comuni a cominciare dall’acqua.
Solo l’avvenire ci dirà se questi propositi si tradurranno in realtà: lo auguriamo al Comune di Napoli e ce lo auguriamo anche noi da vecchi e non pentiti fautori delle “municipalizzate”.