Società della riscossione dei tributi locali e art. 4 del dl 95/2012: quale futuro?
Dott. Roberto Camporesi
Indice: Premessa, 1. I modelli organizzativi per la gestione dei tributi locali; 2. L’art. 4 del D.L. 95/2012; 3. Art. 4/95 e altre tipologie di società strumentali; 4. Excursus sulla natura dell’attività di riscossione dei tributi locali; 4. Riscossione dei tributi locali quale attività riservata e obbligo di iscrizione all’apposito Albo; 5. Gestione di dati sensibili quale causa di esclusione dall’art. 4/95; Il regime transitorio fino alla riforma della riscossione
Premessa
La riscossione dei tributi locali rappresenta un tema assai complesso per gli enti locali e si somma ad altri numerosi problemi che si rincorrono all'approssimarsi di fine anno.
Negli ultimi anni si sono affermati alcuni assunti che hanno caratterizzato le ultime disposizioni in materia di modelli organizzativi per la riscossione degli enti locali, di cui l'ultimo approdo è l'abbandono di Equitalia che non svolgerà più il ruolo di agente della riscossione per i tributi locali. in quanto ritenuta attività non più remunerativa.
L'art. 7, comma 2, lettera gg-ter), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 prevedeva infatti che al 31.12.2012 cessasse il rapporto di Equitalia con gli enti locali ai quali quindi rimaneva in buona sostanza ai sensi dell'art. 52 del D.Lgs 446/1997 solo la possibilità di gestire:
- direttamente con i propri uffici;
- attraverso società in house interamente pubbliche;
- attraverso i soggetti privati iscritti all'albo previsto dall'art. 53 del D.P.R. 446/1997 scelti con gara,
per potere continuare a riscuotere coattivamente le proprie imposte attraverso l'ingiunzione "rafforzata" di cui al titolo secondo del D.P.R.29/09/1973 n. 602
Tale situazione aveva ulteriormente aggravato la posizione dei comuni di modeste dimensioni che si rendevano conto di non potere espletare gare che fossero appettibili per il concorrente (considerato la modesta dimensione del bacino di riferimento) e quindi rimaneva loro unicamente l'ipotesi di aggregazioni per espletare gare con altri enti ovvero dare vita a società in house plurienti.
Tali difficoltà hanno dato luogo alla proroga al 30.06.2013 per la definitiva uscita di Equitalia come previsto dall'art. 9 comma 4 del D.L. 10-10-2012 n. 174 intitolato “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012.”, pubblicato nella Gazz. Uff. 10 ottobre 2012, n. 237 che testualmente recita: << In attesa del riordino della disciplina delle attività di gestione e riscossione delle entrate degli enti appartenenti ai livelli di governo sub statale, e per favorirne la realizzazione, i termini di cui all'articolo 7, comma 2, lettera gg-ter), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70, convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, e all'articolo 3, commi 24, 25 e 25-bis, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, sono stabiliti al 30 giugno 2013. Fino a tale data è fatto divieto di procedere a nuovi affidamenti delle attività di gestione e riscossione delle entrate e sono prorogati, alle medesime condizioni, anche patrimoniali, i contratti in corso. >>
I modelli organizzativi per la gestione dei tributi locali
Prima dell’emanazione della norma su richiamata alcuni enti hanno dato vita alla costituzione di società in house per la gestione dei propri tributi locali ed in particolar modo dell’accertamento, della liquidazione e della riscossione.
Tale modello organizzativo è previsto da una specifica disposizione dei legge.
Infatti l’attività di accertamento liquidazione e riscossione dei tributi ed entrate patrimoniali degli enti locali è caratterizzata da una specifica normativa che ne disciplina le forme utilizzabili dall’ente locale. I modelli organizzativi sono elencati e disciplinati dall’art. 52 del D.Lgs. 15.12.1997 n. 446 comma 5 che testualmente recita:
“ 5. I regolamenti, per quanto attiene all'accertamento e alla riscossione dei tributi e delle altre entrate, sono informati ai seguenti criteri:
a) l'accertamento dei tributi può essere effettuato dall'ente locale anche nelle forme associate previste negli articoli 24, 25, 26 e 28 della legge 8 giugno 1990, n. 142;
b) qualora sia deliberato di affidare a terzi, anche disgiuntamente, l’accertamento e la riscossione dei tributi e di tutte le entrate, le relative attività sono affidate, nel rispetto della normativa dell’Unione europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, a:
1) i soggetti iscritti nell’albo di cui all’articolo 53, comma 1;
2) gli operatori degli Stati membri stabiliti in un Paese dell’Unione europea che esercitano le menzionate attività, i quali devono presentare una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento dalla quale deve risultare la sussistenza di requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana di settore;
3) la società a capitale interamente pubblico, di cui all’articolo 113, comma 5, lettera c), del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, e successive modificazioni, mediante convenzione, a condizione: che l’ente titolare del capitale sociale eserciti sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi; che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l’ente che la controlla; che svolga la propria attività solo nell’lambito territoriale di pertinenza dell’ ente che la controlla;
4) le società di cui all’articolo 113, comma 5, lettera b), del citato testo unico di cui al decreto legislativo n. 267 del 2000, iscritte nel’albo di cui all’articolo 53, comma 1, del presente decreto, i cui soci privati siano scelti, nel rispetto della disciplina e dei principi comunitari, tra i soggetti di cui ai numeri 1) e 2) della presente lettera, a condizione che l’affidamento dei servizi di accertamento e di riscossione dei tributi e delle entrate avvenga sulla base di procedure ad evidenza pubblica.
A commento della norma, autorevole dottrina osserva: Nel caso dei tributi locali il legislatore reca una specifica autorizzazione all’esternalizzazione, seppur con talune minime guarentigie necessarie a tutelare il pubblico interesse sotteso a che il prelievo autoritativo tributario sia compiuto nel rispetto delle forme e delle modalità di legge. La norma prevede, inoltre, che l’affidamento di tali funzioni debba avvenire secondo le disposizioni comunitarie e nazionali in materia di gestione dei pubblici servizi locali. Vi è un preciso rinvio, ancorché sotto il profilo procedurale, alle disposizioni generali sui servizi pubblici locali di rilevanza economica, come recate dall’art. 113, comma 5, lettere a) b) e c) del TUEL, che adesso dovrebbero risultare abrogate e sostituite - quantomeno per le parti incompatibili (art. 23-bis, comma 11) ed a seguito dell’emanazione dei regolamenti ministeriali di delegificazione previsti dal comma 10, lettera m) - dalle disposizioni dettate ai commi 2, 3, 4 e 9 dell’art. 23-bis del D.L. 112/2008 e s.m.i., seppur con talune rilevanti differenze quanto alle modalità d’affidamento a società miste pubblico-private. L’espresso rinvio alla normativa procedurale in tema di servizi pubblici locali avvalora la tesi secondo la quale le fasi dell’azione tributaria non configurano, di per sé, pubblici servizi locali, bensì funzioni amministrative dell’ente, poiché, altrimenti, sarebbe del tutto pleonastico l’espresso richiamo alle disposizioni dell’art. 113 TUEL (oggi integrato e/o modificato dall’art. 23-bis del D.L. 112/2008): esse, infatti,vi si applicherebbero direttamente. Il richiamo fatto ha dunque il solo significato di riconoscere che, in questa materia, le migliori modalità organizzatorie e procedurali per l’affidamento in gestione delle citate attività pubblicistiche sono quelle che la normativa detta per i servizi pubblici locali. Il rinvio opera, peraltro, solo con riferimento agli aspetti procedurali ed organizzativi, ma non sostanzia tali attività della qualificazione di pubblico servizio locale.”
Il rinvio all’art. 113 comma 5 lett. c) del tuel, contenuto nel comma 2 dell’art. 52 del d.lgs. 446, non è più attuale perché tale comma quinto è stato abrogato dal regolamento emanato ai sensi dell’art. 23 bis del D.L. 112/2008, a sua volta abrogato dal referendum popolare del 11 e 12 giugno del 2011 .
Ne consegue che le società miste e le società in house, quali alternative alla gara, trovano il loro fondamento nei “…. principi della disciplina comunitaria” e sono divenute dunque un principio generale ed immanente nel nostro ordinamento attraverso lo specifico recepimento in una norma speciale. Infatti l’art. 52 comma 5 è stato modificato nel testo definitivo sopra riportato dalla Legge Finanziaria per l’anno 2008, che ha stabilito preliminarmente che l’affidamento in questione debba avvenire nel rispetto della normativa dell’Unione Europea e delle procedure vigenti in materia di affidamento della gestione dei servizi pubblici locali, evidenziando apertamente lo scopo voluto dal legislatore, diretto ad assolvere all’esigenza di adeguare la normativa in commento a quella europea.
Detta esigenza , come si può leggere direttamente nella relazione di accompagnamento alla legge finanziaria, è connessa alla necessità di “evitare il proseguimento della procedura d’infrazione avviata dalla Commissione Europea con il parere motivato del 27 giugno 2007, modificando l’attuale versione dell’art. 52, comma 5, lett. b), del D.lgs. n. 446 del 1997 ed escludendo, innanzitutto, la possibilità di affidamento diretto dei servizi di gestione delle entrate locali alle società miste a prevalente capitale pubblico locale ed a consentire ai prestatori che esercitano questo tipo di attività di poter partecipare alle gare di affidamento diretto dei servizi i questione, senza dover preventivamente ottenere l’iscrizione nell’albo di cui al comma 1 del successivo art. 53, purchè in possesso di una certificazione rilasciata dalla competente autorità del loro Stato di stabilimento, dalla quale risulti la sussistenza dei requisiti equivalenti a quelli previsti dalla normativa italiana. In tal modo appaiono soddisfatte le richieste della Commissione Europea in quanto diverrebbe effettivamente ultronea la richiesta agli operatori stranieri di iscrizione ad un albo che ha identiche funzioni rispetto a quelle assicurate negli Stati di loro stabilimento, salva la necessaria cautela dell’accertamento dell’effettiva equipollenza di tali controlli rispetto a quelli posti in essere nel nostro Paese.”.
L’art. 52, comma 5 lett. b) del D.Lgs. 15.12.1997 n. 446, quindi, sulla base della modifica introdotta dalla Legge Finanziaria 2008, riconosce espressamente la possibilità di affidamento diretto delle attività di accertamento, liquidazione e riscossione alle società in house, rimarcando le caratteristiche di tali società secondo l’orientamento della Corte di Giustizia ed in particolare quello della nota sentenza Teckal (sez. V 18/11/1999 - sentenza C-107/98).
L’art. 4 del D.L. 95/2012
E’ sorto il dubbio che uno degli ultimi interventi legislativi del Governo, finalizzati alla soppressione delle società c.d strumentali, potesse riguardare direttamente anche le società della riscossione.
Ci si riferisce all’art. 4 del D.L. 6/07/2012 n. 95 convertito con modificazioni nella Legge7/08/2012 n. 135, che contiene una serie articolate di disposizioni relative a:
- scioglimento o privatizzazione di società che svolgono servizi nei confronti della pubblica amministrazione (in house);
- composizione dei consigli di amministrazione di tali società;
- applicazione del principio della selezione competitiva per l’individuazione di beni e servizi strumentali all’attività della pubblica amministrazione;
- limiti di assunzioni nelle società pubbliche;
- divieto di arbitrati nei contratti di servizio tra lo Stato e le società partecipate.
Sotto il profilo soggettivo le società che ricadono nella disposizioni dell’art. 4 sono quelle individuate nel primo comma, che recita: << Nei confronti delle società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell'intero fatturato, si procede, alternativamente: a) allo scioglimento della società entro il 31 dicembre 2013. Gli atti e le operazioni posti in essere in favore delle pubbliche amministrazioni di cui al presente comma in seguito allo scioglimento della società sono esenti da imposizione fiscale, fatta salva l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, e assoggettati in misura fissa alle imposte di registro, ipotecarie e catastali; b) all'alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto entro il 30 giugno 2013 ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni, non rinnovabili, a decorrere dal 1° gennaio 2014. (Il bando di gara considera, tra gli elementi rilevanti di valutazione dell'offerta, l'adozione di strumenti di tutela dei livelli di occupazione. L'alienazione deve riguardare l'intera partecipazione della pubblica amministrazione controllante.>>
In generale la “ratio” della norma può essere desunta dal dossier del servizio studi del Senato n. 382 del luglio 20120 a commento della legge di conversione del D.L. 95/2012 laddove si legge: << Il comma 1 persegue la riduzione del numero delle società direttamente o indirettamente controllate da amministrazioni pubbliche, qualora il loro fatturato (l’intero fatturato, specifica la proposta di coordinamento approvata dalla Commissione Bilancio) sia costituito per oltre il 90 per cento da prestazioni di servizi alla pubblica amministrazione (è così definito un parametro, quantitativo, per quanto concerne l’attività prevalente e il soggetto dedicato, della società).>>
Tuttavia la riduzione non opera in maniera coercitiva nel senso che decorsi i termini indicati dal comma 1 lett. a) e b) dell’art. 4 del D.L. 95/2012 non sono previste formule decadenziali degli affidamenti e soprattutto ai sensi dell’art. 4 comma 2 in discussione si verificherà unicamente che la società << non possa più ricevere nuovi affidamenti diretti (o averli rinnovati) di servizi per la pubblica amministrazione, dal 1° gennaio 2014. E l’amministrazione deve acquisire i servizi (se non prodotti al suo interno) sul mercato, nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale, utilizzando le procedure concorrenziali >>.
Ne conseguono alcune necessarie considerazioni ai fini che in questa sede interessano.
La prima: le società indicate nell’art. 4 comma non vengono soppresse per disposizione di legge;
La seconda: l’ente locale socio può decidere di mantenerle in vita a condizione che non si proceda ad ulteriori affidamenti o rinnovi di quelli in essere. Tale affermazione potrebbe essere tuttavia smentita dalla lettura del comma 8 dello stesso art. 4, in commento, laddove si stabilisce che gli affidamenti diretti superiori a Euro 200.000,00 cessano al 31.12.2014. Tuttavia la formulazione letterale del comma 8 non è del tutto chiara ma sembra non contenere una formula decadenziale per gli affidamenti in essere ancorché di importo superiore a Euro 200.000,00, quantomeno fino alla scadenza naturale:
La terza: l’obiettivo perseguito dalla legge è la sostituzione delle società che svolgono prestazione di “servizi” ( questa la formulazione letterale del comma 1 e del comma 2 dell’art. 4 in commento) a favore di pubbliche amministrazioni con l’appalto a terzi acquisito sul mercato. Per mercato deve intendersi quello che l’ente locale può raggiungere attraverso le procedura del codice contratti pubblici e leggi complementari come previsto dal D.Lgs 12/04/2006 n. 163 in quanto disciplinanti i contratti di appalto per lavori opere, servizi e forniture. Per il legislatore si deve pertanto perseguire una progressiva sostituzione fra gestione tramite società (in house quale forma di affidamento diretto) con un sistema di appalti a terzi (outsourcing) da ricercarsi secondo le procedura ad evidenza pubblica concorsuale e ciò al fine di conseguire gli sperati risparmi di spesa. Si può affermare dunque che questo è il fine effettivo della norma.
Tale assunto appare inequivocabilmente provato da quanto la stessa disposizione di legge :
- all’art. 4 comma 1 lett. b) laddove si prevede l' << alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto entro il 30 giugno 2013 ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni, ((non rinnovabili)), a decorrere dal 1° gennaio 2014. >> : pertanto il servizio da affidamento diretto ad una società in house, la cui partecipazione è detenuta dalla stesso ente committente, viene “trasformato” in un appalto di servizi che prosegue direttamente senza soluzione di continuità in capo ad una società a totale partecipazione privata;
- all’art. 4 comma 7 che testualmente recita : << Al fine di evitare distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parita' degli operatori nel territorio nazionale, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, le stazioni appaltanti, gli enti aggiudicatori e i soggetti aggiudicatori di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nel rispetto dell'articolo 2, comma 1 del citato decreto acquisiscono sul mercato i beni e servizi strumentali alla propria attivita' mediante le procedure concorrenziali previste dal citato decreto legislativo. >>: quindi outsourcing tramite appalti aggiudicati con scelta del contraente secondo le procedure del Codice dei contratti pubblici di cui al D.lgs 163/2006
La quarta: che consegue alla terza considerazione riguarda le tipologie di “servizi” o altre attività che non si connaturano con semplice prestazioni di servizi per i quali è non fungibile l’esercizio tramite società in house rispetto l' appalto a soggetti terzi, come previsto dal codice dei contratti: tale fungibilità non è perseguibile per l’affidamento dell’attività di accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi locali tanto che tali modelli sono disciplinati da norme speciale. Ora l’art. 4 del D.L. 95/2012 si atteggia a norma generale applicabile alla società che svolgono la generalità dei “servizi” a favore della Pubbliche amministrazioni ma non può incidere sulla disciplina speciale contenuta dall’ 52 del D.lgs 446/1997 che discende dal recepimento di principi comunitari: si deve pertanto concludere che la norma generale, anche se posteriore, non può abrogare la norma speciale che rimane in vita per disciplinare l’affidamento in house, legittimando la permanenza di tali società per la riscossione dei tributi.
Vi sono tuttavia altre motivazioni che inducono a ritenere che l’art. 4/95 non possa applicarsi alle società che svolgono accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi locali come si seguito indicate.
Art. 4/95 e altre tipologie di società strumentali
Occorre incidentalmente osservare che l’art. 4/95 non contempla tutte le società c.d. strumentali. Per società strumentali si sono intese in effetti quelle società che rispondevano ai requisiti dell’art. 13 del D.L. 223/2006 (c.d decreto Bersani); norma ancora in vigore atteso che lo stesso art. 4/95 non lo menziona, né tantomeno può averne disposto un’abrogazione implicita perché, come si dimostrerà, le due norme hanno finalità diverse e soprattutto riguardano fattispecie diverse.
Si ricorda che le società che ricadono nella previsione dell’art. 13 del Decreto Bersani sono quelle costituite, partecipate o affidate da pubbliche amministrazioni che svolgono a favore di queste ultime << la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali e dei servizi di committenza (….) nonché nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza.>>.
Si deve pertanto concludere che l’art. 4/95 contempla un numero minore di fattispecie di società strumentali rispetto a quelle previste invece dall’art. 13 del Decreto Bersani.
Le differenze fra le due norme possono riassumersi sotto due profili:
- profilo soggettivo: l’art. 13 del decreto Bersani fa generico riferimento << a società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali >> mentre l’art. 4/95 contempla << società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell'intero fatturato>> e quindi contempla unicamente:
o società controllate (direttamente o indirettamente) e sono escluse tutte le società non sottoposte al controllo, diversamente dall’art. 13 del Decreto Bersani che prevede le società mista senza specificazione del requisito del controllo;
o società il cui fatturato verso la PA per prestazioni di servizi sia superiore al 90% dell’intero fatturato: sono escluse dunque tutte le società che hanno fatturati a favore della PA inferiori al 90% dell'intero fatturato;
- profilo oggettivo: ricadono nell’art. 4/95 le prestazioni di servizi le quali poi devono essere anche fatturate (peraltro la prestazione di servizi resa da società è sempre soggetto all’imposta sul valore aggiunto ex art. 4 comma 4 del D.P.R 633/1972 di cui la fatturazione è l’adempimento amministrativo) diversamente da quanto previsto dall’art. 13 del Decreto Bersani che contempla anche le funzioni amministrative, quando esternalizzabili a società su base normativa.
L’attività di accertamento, liquidazione e riscossione non è attività di servizio pubblico locale né di prestazione di servizi ma rappresenta l’esercizio di funzioni pubbliche amministrative per la cui esternalizzazione a favore di società in house, l’ordinamento contempla una norma che si atteggia, come già detto, a norma speciale rispetto l’art. 4/95 che risulta, invece, disposizione di carattere generale.
Inoltre le due norme hanno finalità diverse: l'art. 13 del decreto Bersani viene introdotto per la tutela della concorrenza e dei mercati e pone limiti e divieti all'attivita delle società che sono partecipate da Pubbliche ammnistrazioni e quindi ha una funzione meramente limitativa della capacita operativa delle società ma non incide sulla loro legittima detenibilità da parte delle Pubbliche amministrazioni. Diversamente l'art. 4/95 viene emanato unicamente con la finalità di ridurre la spesa delle Pubbliche amministrazioni e pone in capo a queste ultime l 'obbligo di intervenire sulle stesse societa, al fine della loro permanenza in vita o sui sui servizi ad esse affidati.
Excursus sulla natura dell’attività di riscossione dei tributi locali
“Tradizionalmente, la dottrina amministrativistica intendeva per funzione pubblica l’esercizio autoritativo di una potestà giuridica da parte dello Stato o di altro ente pubblico e per servizio pubblico l’attività svolta dai medesimi soggetti in campo prevalentemente economico e produttivo, senza manifestazione di potere sovrano. (…) Sono considerati fenomeni indicativi dell’esercizio di una funzione amministrativa: “ il contenuto autoritativo ; la possibilità di svolgimento in regime di concorrenza (c.d. liberalizzazione), variamente regolato; la possibilità di dismissione da parte dell’ente pubblico (c.d. privatizzazione), più o meno ampia.”
L’analisi effettuata dal Dipartimento della Funzione Pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri riportata nell’elaborato “Esternalizzazione delle funzioni amministrative”, datata 2000 è stato oggetto di commento dalla dottrina che ha osservato: “ Per quanto riguarda il settore degli Enti Locali, trattandosi di funzioni amministrative in senso stretto, fra le maggiori esperienze di esternalizzazione compiute ed in atto rientrano certamente quelle che si riferiscono alla materia della fiscalità locale”
Da queste prime considerazioni emerge che l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi locali rappresenta una funzione amministrativa e non un servizio pubblico locale, in quanto di quest’ultimo non presenta alcuno dei requisiti fondamentali: non è una risposta ad un bisogno della collettività, ma l’espletamento di un compito proprio dell’ente locale; l’attività è remunerata dall’ente committente e non dall’utenza (rectius dai contribuenti).
Nella discussione attorno la natura delle attività in discussione è intervenuto anche l’Antitrust, che ha più volte precisato, a seguito di specifiche richieste di pareri avanzati da enti pubblici locali ai sensi dell’art. 23 bis comma 4 DL 112/2008, che l’attività di accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi locali non è qualificabile come servizio pubblico locale perché finalizzata a rispondere ad esigenze e fini istituzionali dell’ente pubblico. (cfr. AS 488 del 25 novembre 2008 Comune di Borgo a Mozzano, AS 581 del 09/07/2009 Comune di Vittorio Veneto, AS 828 del 16/09/2009 Comune di Massa Carrara).
Con tali ultime conclusioni dell’Antitrust si è notevolmente ridimensionata la teoria dell’appartenenza ai servizi pubblici. Tale teoria veniva desunta da un “obiter dictum” contenuto nella sentenza del Consiglio di Stato del 5/10/2005 n. 5318 che con motivazione non approfondita prende atto che l’art. 52/446 (nel testo all’epoca vigente) rimandava alle procedure di scelta del socio privato previste per i servizi pubblici locali. Dello stesso tenore la sentenza del Tar Campania Napoli sez I 20/03/2008 n. 1458 che richiama il precedente.
La posizione della giurisprudenza citata è stata incrinata dalla sentenza del Tar Lazio sez. II 5/6/2007, confermata da CDS sez IV 5/03/2008 n. 2008, che ha ritenuto che le attività di accertamento tributi fossero da ritenere strumentali all’attività dell’ente ricadenti nell’art. 13 del Bersani e quindi non servizi pubblici.
In precedenza la giurisprudenza, comunque, aveva già sostenuto e adeguatamente motivato la natura di funzione amministrativa. Il Consiglio di Stato, sez. V, nella sentenza n. 240 del 13.02.1995, così si esprimeva: «…è […] evidente come il servizio di accertamento e riscossione dei tributi non possa ricondursi al concetto di servizio pubblico così delineato, se non altro perché non si svolge su di in piano paritario rispetto alla collettività di riferimento, trattandosi anzi di una delle più tipiche ed incisive manifestazioni della potestà autoritativa dell’ente pubblico, frazione finale e, per così dire, armata, del potere impositivo, mentre, sotto un profilo non solo formale, il flusso di utilità derivanti dal servizio fa capo propriamente all’ente impositore e non si svolge certo nella direzione dell’arricchimento della collettività, che semmai è assoggettata al prelievo…».
Anche un parere ANCI - IFEL denominato “ La riscossione delle entrate degli enti locali dal 2011 – approfondimenti e spunti di riflessione” ha precisato: << Sul piano dottrinario si sta affermando la tesi secondo la quale l’affidamento a terzi dell’attività di cui trattasi, debba configurarsi come affidamento di una “funzione pubblica con delega di poteri autoritativi”, del quale affidamento la delega dei poteri autoritativi pubblici necessari per adempiere alla funzione esternalizzata costituisce elemento essenziale e connotante. Concorrono a validare questa interpretazione, tra l’altro, le seguenti considerazioni:
- la dottrina amministrativa ha da sempre definito la “funzione pubblica” come l’esercizio autoritativo di una potestà giuridica da parte dello Stato o di altro Ente pubblico (esercizio che nel caso di specie viene delegato al terzo incaricato), mentre per “servizio pubblico” intende l’attività svolta dai medesimi soggetti in campo prevalentemente economico e produttivo, senza manifestazione di potere sovrano;>>
La disquisizione sulla natura del servizio di riscossione dei tributi non sembra tuttavia del tutto sopita: se da un lato la dottrina più recente conferma che trattasi di << funzione pubblica vincolata a cui si accompagnano specifici e penetranti poteri conoscitivi, cautelari e sanzionatori quale fase conclusiva dell’esercizio della potestà impositiva >> dall’altro lato il giudice amministrativo in una recente sentenza del Consiglio di Stato ha affermato: << Nella specie si controverte del potere esercitato dal Comune di (……….) di liquidare una società mista e di assumere in proprio il servizio per la riscossione dei tributi comunali, vale a dire del potere di scelta della gestione di un servizio pubblico comunale, che è, evidentemente collegata ad una vera e propria attività discrezionale della Pubblica amministrazione ……..>>
Senza pretesa di smentire il recente arresto della giustizia amministrativa si ritiene che l’attività di riscossione dei tributi locali sia da ascrivere alle funzioni amministrative e non di servizio pubblico - le quali ex se sarebbero escluse dalla disciplina dell’art. 4/95 - e che, pertanto, non ricadano, sotto un profilo meramente soggettivo, nelle prestazioni di servizi cui fa riferimento l’art. 4 comma 1 del D.L. 95/2012.
Riscossione dei tributi locali quale attività riservata e obbligo di iscrizione all’apposito Albo
Si deve rilevare che l’attività di accertamento, liquidazione riscossione dei tributi locali, quando non esercitate direttamente dall’ente locale impositore, è riservata a soggetti iscritti nell’apposito Albo tenuto ai sensi dell’art. 53 del D.L. 446/1997. Unica deroga le società a totale partecipazione pubblica affidatarie in house. A sostegno di tale affermazione si riporta il testo letterale dell’articolo 53 “Albo per l'accertamento e riscossione delle entrate degli enti locali”: << 1. Presso il Ministero delle finanze e' istituito l'albo dei soggetti privati abilitati ad effettuare attivita' di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni.
2. L'esame delle domande di iscrizione, la revisione periodica, la cancellazione e la sospensione dall'albo, la revoca e la decadenza della gestione sono effettuate da una apposita commissione in cui sia prevista una adeguata rappresentanza dell'ANCI e dell'UPI.
3. Con decreti del Ministro delle finanze, da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, tenuto conto delle esigenze di trasparenza e di tutela del pubblico interesse, sentita la conferenza Stato citta', sono definiti le condizioni ed i requisiti per l'iscrizione nell'albo, al fine di assicurare il possesso di adeguati requisiti tecnici e finanziari, la sussistenza di sufficienti requisiti morali e l'assenza di cause di incompatibilita' da parte degli iscritti, ed emanate disposizioni in ordine alla composizione, al funzionamento e alla durata in carica dei componenti della commissione di cui al comma 2, alla tenuta dell'albo, alle modalita' per l'iscrizione e la verifica dei presupposti per la sospensione e la cancellazione dall'albo nonche' ai casi di revoca e decadenza della gestione.
4. Sono abrogati gli articoli da 25 a 34 del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, concernenti la gestione del servizio di accertamento e riscossione dell'imposta comunale sulla pubblicita'”
La citata norma non fa alcun riferimento all’obbligo di iscrizione all’albo per la società in house providing e tale adempimento non è riscontrabile in altre norme di legge o regolamenti. D’altro canto il regime dell’in house providing presuppone una delegazione interna e pertanto apparirebbe assurdo richiedere l’iscrizione all’albo ad un ufficio interno della stessa P.A.
Unico riferimento per l’obbligo di iscrizione all’Albo è relativo alle società in house ed è disciplinato dal D.M. 11 settembre 2000, n. 289 (in Gazz. Uff., 18 ottobre, n. 244), portante il “ Regolamento relativo all'albo dei soggetti abilitati ad effettuare attività di liquidazione e di accertamento dei tributi e quelle di riscossione dei tributi e di altre entrate delle province e dei comuni, da emanarsi ai sensi dell'art. 53, comma 1, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446.”. L’art. 2 del decreto rubricato “Soggetti iscrivibili” dispone:
<<1. Nell'albo possono essere iscritti:
a) (…) ;
b) (…)
c) le società miste costituite a norma dell'art. 12, comma 1, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, disciplinate dal decreto del Presidente della Repubblica 16 settembre 1996, n. 533, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 247, del 21 ottobre 1996, il cui socio privato sia prescelto con procedura ad evidenza pubblica tra i soggetti di cui alle lettere a) e b), del presente comma, per la gestione presso altri comuni.
2. Le società miste costituite a norma dell'art. 22, comma 3, lettera e ) della legge 8 giugno 1990, n. 142, con prevalente capitale pubblico locale, il cui socio privato sia prescelto con procedura ad evidenza pubblica tra i soggetti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, ovvero siano già costituite prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 446 del 1997, non sono tenute all'iscrizione nell'albo per lo svolgimento di attività in favore dell'ente locale titolare della quota prevalente di capitale; l'iscrizione è in ogni caso necessaria qualora dette società intendano partecipare a gare per la gestione presso altri comuni.>>.
Ora risulta evidente che la questione della prevalenza del capitale detenuta dall’ente pubblico socio di maggioranza rispetto ad altri soci enti pubblici che formano la compagine sociale delle società mista di cui al comma 2 dell’art. 1 del D.M sopracitato, conduce a fattispecie societarie che debbono ottenere l’iscrizione qualora la società intenda operare anche per gli altri enti soci diversi da quello che ha la prevalenza del capitale. Tale aspetto relativo all’iscrizione non può che riguardare la società cd. a prevalente capitale pubblico locale ma non sicuramente la società in house che rappresenta un istituto giuridico del tutto differente non solo per via della diversa natura e funzione ma anche in ragione della diversa disciplina applicabile con il novellato art. 52 di cui si già detto.
La non necessita dell’iscrizione all’Albo ex art. 53 del D.L.gs 446/1977 per le società in house della riscossione dei tributi locali non ne inficia le conclusione sulla non applicabilità ad quest’ultime dell’art. 4/95.
Gestione dei dati sensibili quale causa di esclusione dall’art. 4/95
Da ultimo occorre osservare che il legislatore ha recepito l’esigenza di espungere dalla disciplina dell’art. 4/95 – quantomeno dalla disciplina del primo comma – le società della riscossione dei tributi locali.
Infatti l’art. 4 comma 3 dispone: << 3. Le disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo non si applicano alle società che svolgono (….) ovvero a quelle che gestiscono banche dati strategiche per il conseguimento di obiettivi economico-finanziari, individuate, in relazione alle esigenze di tutela della riservatezza e della sicurezza dei dati, nonché all'esigenza di assicurare l'efficacia dei controlli sulla erogazione degli aiuti comunitari del settore agricolo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da adottare su proposta del Ministro o dei Ministri aventi poteri di indirizzo e vigilanza, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri. >>
Risulta incontrovertibile che le società che gestiscono la riscossione dei tributi locali a loro volta - necessariamente – gestiscono banche dati per le quali occorre tutelare la riservatezza e la sicurezza dei dati. Ciò costituisce dunque causa di esclusione dall’applicazione dell’art. 4 comma 1. La norma rimanda a un decreto del presidente del consiglio dei ministri che dovrà individuare tali attività che abbisognano di una tutela in termini di riservatezza e sicurezza e dunque andrà chiarito se il decreto abbia natura costituiva del riconoscimento di tali qualità – da cui discende che la mancata emanazione del decreto non può costituire causa di esclusione dall’applicazione dell’art. 4/95 – ovvero natura meramente dichiarativa e pertanto la sua mancanza non ne inficia gli effetti di esclusione dalla normativa di cui si discute.
L'interpretazione letterale del comma 3 dell'art. 4 conduce ad escludere l'applicazione del comma primo del medesimo articolo (e non l'intera disciplina contenuta negli altri commi dell'art. 4) e pertanto qualora il decreto ministeriale riconosca la riscossione quale attivita' che utilizza banche dati sensibili ( teoria costitutiva) la relativa società che la esercita sara' sottoposta anche alle disposzioni contenute nei commi ulteriori dell'art. 4 con la sola esclusione di quelle del comma 1 e 3. Tale interpretazione restrittiva decade sulla base delle considerazioni piu' sopra riportate.
Il regime transitorio fino alla riforma della riscossionee
Ai sensi dell'art. 9 comma 4 del D.L. 10-10-2012 n. 174 fino alla revisione del sistema della riscossione dei tributi locali non può essere affidata l'attività di riscossione e sono prorogati i contratti in essere. Ne consegue che le società in house che stanno gestendo la riscossione per i propri enti locali soci non dovrebbero essere incise dalla disciplina prevista dall'art. 4/95, per quanto sopra indicato, e continueranno la loro attività secondo i contratti di affidamento in essere.
Sorge invece qualche dubbio sull'applicabilita del "blocco" di nuovi affidamenti di servizi di riscossione coattiva in sostituzione del rapporto con Equitalia. Infatti l'art. 9 pone il divieto di nuovi affidamenti delle attività della gestione della riscossione ed e ' sicuramente applicabile agli affidamenti a soggetti " terzi " diversi dagli enti locali titolari e cio' al fine di evitare il consolidamento di rapporti economici e giuridici che potrebbero poi pregiudicare o compromettere l'applicazione del nuovo regime di riscossione una volta che sara approvata la diciplina. Se tale fosse l' intendimento della norma non avrebbe rilevo per gli affidamenti i house in quanto sempre revocabili senza alcun pregiudizio delle ragioni dell'ente locale titolare che potrebbe sempre e comunque adeguarsi successivamente al nuvo regime.
Il termine del 30 giugno 2013 non pare tuttavia impedire di preordinare gli atti e soprattutto organizzare il passaggio dei servizi di accertamento, liquidazione e riscossione alle società in house al fine di essere poi pronti al decorso del termine suddetto per procedere. Infatti un aspetto che non sembra sempre tenuto in debito conto e' la complessità organizzativa che comporta il passaggio di consegna tra la società in house ed il precedente gestore (esempio Equitalia) che comporta di attivarsi per tempo.
Si ritiene infatti che la riforma del sistema di riscossione dei tributi locali non possa incidere sul modello in house che è stato recepito nel nostro ordinamento con norma speciale e per conformarsi alla giurisprudenza comunitaria: la riforma dovrebbe probabilmente trattare nuove o diverse modalità di riscossione coattiva e non incidere invece sull'affidamento in house.
Art. 7, comma 2, lettera gg-ter), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70,gg-ter) a decorrere dal 31 dicembre 2012, in deroga alle vigenti disposizioni, la società Equitalia Spa, nonché le società per azioni dalla stessa partecipate ai sensi dell’ articolo 3, comma 7, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 dicembre 2005, n. 248, e la società Riscossione Sicilia Spa cessano di effettuare le attività di accertamento, liquidazione e riscossione, spontanea e coattiva, delle entrate, tributarie o patrimoniali, dei comuni e delle società da essi partecipate;
2. Ove l'amministrazione non proceda secondo quanto stabilito ai sensi del comma 1, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le predette societa' non possono comunque ricevere affidamenti diretti di servizi, ne' possono fruire del rinnovo di affidamenti di cui sono titolari. I servizi gia' prestati dalle societa', ove non vengano prodotti nell'ambito dell'amministrazione, devono essere acquisiti nel rispetto della normativa comunitaria e nazionale.
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