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Aspetti amministrativo - societari ed economico - fiscali inerenti la liquidazione delle società pubbliche locali.
di Gianpietro Belloni 20 novembre 2012
Materia: società / disciplina

ASPETTI AMMINISTRATIVO – SOCIETARI ED ECONOMICO – FISCALI INERENTI LA LIQUIDAZIONE DELLE SOCIETA' PUBBLICHE LOCALI

 

 

Premessa

 

Nell’attuale situazione di generalizzata crisi economica, anche le società a partecipazione degli Enti Locali risultano attraversare un’acuta fase di sofferenza dal punto di vista dell’economicità (si veda, da ultimo, Società dei Sindaci: crollano i risultati di Gianni Trovati, il Sole 24 Ore, 19.10.2012, pag.7), sino ad essere ormai sempre più frequentemente soggette a procedure di razionalizzazione o cessazione dell’attività.

 

Nell’ambito di quanto sopra, la procedura di liquidazione costituisce spesso una fase necessaria, ed appare significativo svolgere alcune riflessioni con riferimento alle tematiche usualmente multidisciplinari (economico – finanziarie, amministrative, societarie, fiscali, di diritto del lavoro) e con la spessa complessa convivenza tra questioni di natura pubblicistica ed altre di natura privatistica, tematiche che caratterizzano detta procedura con riferimento alle società pubbliche locali.

 

Si considerino in particolare, ai presenti del presente articolo, le società a partecipazione diretta o indiretta dell’ente locale (ossia quelle, rispettivamente, in cui l’ente è titolare delle azioni o quote, oppure di cui la titolarità delle azioni o quote è in capo ad una società a partecipazione diretta dell’ente), società le quali svolgano la gestione di servizi pubblici locali e di attività che non costituiscono servizi pubblici locali.

 

Come è noto, i servizi pubblici locali risultano ad oggi privi di una normativa generale nazionale, in relazione all’intervenuta incostituzionalità dell’art.4 DL 138 / 2011 stabilita dalla Corte Cost con la sentenza n.199 / 2012, operano quindi per essi i principi di derivazione comunitaria e ferme le normative nazionali e regionali per specifico servizio; le attività che non costituiscono servizi pubblici, in una cornice alquanto complessa e forse contraddittoria, risultano regolate dall’art.4 DL 95 / 2012 e dell’art.13 DL 223 / 2006.

 

La gestione dei servizi e della attività di cui sopra (in via certamente non esaustiva: tra i primi, ciclo dei rifiuti, gestione di parcheggi a raso, distribuzione del gas; tra le seconde, gestione del calore negli immobili pubblici, manutenzione delle strade e dei marciapiedi) si caratterizza per svolgimenti che non si possono interrompere, salvi evidentemente scelte o obblighi di subentro di un gestore ad un altro, ma sempre con la salvaguardia della continuità dell’erogazione e dello svogimento.

 

A) Cause civilistiche di liquidazione di società

 

Il Capo VIII del Titolo V del Libro V del Codice Civile prevede, all’art.2484 (Cause di scioglimento), che le societa' per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilita' limitata si sciolgono:

1) per il decorso del termine;

2) per il conseguimento dell'oggetto sociale o per la sopravvenuta impossibilita' di conseguirlo, salvo che l'assemblea, all'uopo convocata senza indugio, non deliberi le opportune modifiche statutarie;
3) per l'impossibilita' di funzionamento o per la continuata inattivita' dell'assemblea;
4) per la riduzione del capitale al disotto del minimo legale, salvo quanto e' disposto dagli articoli 2447 e 2482-ter (Se, per la perdita di oltre un terzo del capitale, questo si riduce al disotto del minimo [di legge,  gli amministratori … devono senza indugio convocare l'assemblea per deliberare la riduzione del capitale ed il contemporaneo aumento del medesimo ad una cifra non inferiore al detto minimo, o la trasformazione della societa'
);
5) nelle ipotesi previste dagli articoli 2437-quater e 2473 [
in caso di recesso di uno più soci, Gli amministratori offrono in opzione le azioni del socio recedente agli altri soci in proporzione al numero delle azioni possedute.Qualora i soci non acquistino in tutto o in parte le azioni del recedente, gli amministratori possono collocarle presso terzi; … In caso di mancato collocamento ai sensi delle disposizioni … precedenti, le azioni del recedente vengono rimborsate mediante acquisto da parte della societa' utilizzando riserve disponibili … In assenza di utili e riserve disponibili, deve essere convocata l'assemblea straordinaria per deliberare la riduzione del capitale sociale, ovvero lo scioglimento della societa']

6) per deliberazione dell'assemblea;

7) per le altre cause previste dall'atto costitutivo o dallo statuto.

 

Ai fini del presente articolo, può innanzitutto essere opportuna una riflessione circa le cause di scioglimento di cui sopra (ex art.2484 C.C.) in rapporto alle caratteristiche proprie della società pubblica locale, fermo quanto si dirà nel prosieguo con riguardo all’art.2487 C.C. (Nomina e revoca dei liquidatori; criteri di svolgimento della liquidazione), e rinviando per gli aspetti di dettaglio nello svolgimento e nella chiusura della liquidazione agli artt.2485 (Obblighi degli amministratori in caso di liquidazione), 2486 (Poteri degli amministratori), , 2487-bis (Pubblicita' della nomina dei liquidatori ed effetti),  2489 (Poteri, obblighi e responsabilita' dei liquidatori), 2490 (Bilanci in fase di liquidazione), 2492 (Bilancio finale di liquidazione), 2495 (Cancellazione della società), 2496 (Deposito dei libri sociali) C.C..

 

Come vedremo alla successiva lettera B), possono manifestarsi accadimenti, individuati da normative pubblicistiche, che conducono (o potrebbero condurre) alla liquidazione della società pubblica locale; nel prosieguo della presente lettera A) si svolgono alcune considerazioni relative alle possibili cause esclusivamente civilistiche di liquidazione di una società pubblica, ossia correlate ad eventi che riguarderebbero qualsiasi società, indipendentemente dalla gestione caratteristica di ciascuna (ed in particolare dallo svolgimento di servizi pubblici o di attività a favore delle amministrazioni locali).

 

Tra le cause esclusivamente civilistiche di liquidazione di una società pubblica appare di difficile manifestazione quanto sopra previsto all’art.2484, C.C. numeri 1), 3), 7) (decorso del termine, della società, non operatività dell’assemblea, altre cause statutarie).

Può non essere infrequente viceversa il caso di approvazione di un piano di risanamento di una società, cui non seguano azioni o evoluzioni tali da consentire il perseguimento dell’oggetto sociale in condizioni di economicità (numero 2 sopra), o comunque tali da condurre ad una deliberazione dell’assemblea della società che ponga la società stessa in liquidazione (numero 6).

 

Le condizioni di non economicità della società, rimanendo nell’alveo esclusivamente civilistico, potrebbero condurre all’erosione stessa del capitale sociale al di sotto del minimo legale (numero 4 di cui sopra) in relazione a perdite, ed al riguardo si veda anche quanto al successivo § B in ottica pubblicistica; qualora non si ritenga di procedere alla ricapitalizzazione della società, con ricostituzione del capitale sociale al di sopra del minimo legale, oppure alla trasformazione della società (ad esempio, da SpA a SRL, con minore capitale sociale), allora si procede alla liquidazione della società.

 

Infine, nel caso di recesso di uno o più soci (ad esempio, nel caso di modifica dell’oggetto sociale di SpA ex art.2437 C.C.), e nel caso in cui non si realizzi quanto previsto al numero 5) sopra riportato (cui si rinvia), si potrebbe pervenire in ultima analisi alla liquidazione della società.

 

Ancorchè si manifesti un evento previsto dal Codice Civile che possa condurre alla liquidazione di una società, indipendentemente dalla gestione svolta, quindi senza l’interferenza della normativa pubblicistica di cui alla successiva lettera B), appare a nostro avviso evidente che, in ogni caso, ex art.42, c.2, lettere e) e g) DLgs 267 / 2000, la scelta di porre in liquidazione una società pubblica locale, anche a partecipazione indiretta, non può che obbligatoriamente prevedere a monte una deliberazione di Consiglio dell’ente socio o degli enti soci (organo con competenza esclusiva all’organizzazione dei pubblici servizi, … partecipazione dell'ente locale a società di capitali, … indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche); nel caso di società a partecipazione di più enti pubblici, le deliberazioni dei Consigli dovrebbero essere approvate in numero almeno tale da consentire il raggiungimento del quorum assembleare deliberativo (tenuto conto della partecipazione di ciascun ente deliberante), come da statuto della società, per l’approvazione di detto atto da parte dei rappresentati dell’ente o degli enti soci.

  

Fermo quanto sopra con riferimento all’Ente Locale, sul piano societario, in base all’art.2487 C.C. (Nomina e revoca dei liquidatori; criteri di svolgimento della liquidazione),  salvo che nei casi previsti dai numeri 2), 4) e 6) del primo comma dell'articolo 2484 non abbia gia' provveduto l'assemblea e salvo che l'atto costitutivo o lo statuto non dispongano in materia, gli amministratori, contestualmente all'accertamento della causa di scioglimento, debbono convocare l'assemblea dei soci perche' deliberi, con le maggioranze previste per le modificazioni dell'atto costitutivo o dello statuto, su:
a) il numero dei liquidatori e le regole di funzionamento del collegio in caso di pluralita' di liquidatori;
b) la nomina dei liquidatori, con indicazione di quelli cui spetta la rappresentanza della societa';
c) i criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione; i poteri dei liquidatori, con particolare riguardo alla cessione dell'azienda sociale, di rami di essa, ovvero anche di singoli beni o diritti, o blocchi di essi; gli atti necessari per la conservazione del valore dell'impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, anche di singoli rami, in funzione del migliore realizzo….
In particolare per la SpA, ex art.2365 (Assemblea straordinaria) L'assemblea straordinaria delibera sulle modificazioni dello statuto, sulla nomina, sulla sostituzione e sui poteri dei liquidatori.

 

Di nuovo, i rappresentanti dell’Ente Locale o della società che detenga le partecipazioni nella società pubblica in questione potranno partecipare all’Assemblea, che pone in liquidazione la società, solo a fronte delle deliberazioni del Consiglio dell’Ente (socio diretto o indiretto) che abbiano fornito l’indicazione di procedere alla liquidazione della società stessa e gli eventuali indirizzi ai liquidatori.

 

B) Cause pubblicistiche di dismissione delle partecipazioni in società detenute dagli Enti Locali; aspetti fiscali ed economico - finanziari

 

Fermo quanto detto alla lettera A) circa le cause di liquidazione di società a capitale pubblico non specificamente correlate agli aspetti pubblicistici delle società stesse, per questi ultimi caratteristici aspetti appare invece necessario osservare i contenuti di alcune norme specifiche, al fine di svolgere alcune considerazioni.

 

In particolare, il manifestarsi di una (o più) tra le situazioni previste dalle norme pubblicistiche di cui a seguire comporta l’obbligo di porre in liquidazione la società, cosicché si dovranno attivare obbligatoriamente le procedure di cui alla precedente lettera A); in particolare, si tratta di eventi che conducono all’obbligatoria deliberazione dei Consigli Comunali ex art.42, c.2, lettere e) e g) DLgs 267 / 2000 e, successivamente, dell’Assemblea ex art.2484, n.6) C.C. (quando non sussista eventualmente anche un’altra tra le condizioni ex art.2484 C.C.) al fine di porre in liquidazione della società stessa.

 

B1) Liquidazione per limite al numero di società che l’Ente Locale può detenere e / o per andamento economico negativo

 

Si consideri innanzitutto il vigente testo dell’art.14, c. 32 DL 78 / 2010, convertito in Legge 122 / 2010, come modificato dall'art. 16, c.27 DL 138 / 2011, convertito dalla Legge 148 / 2011, nonchè dall'art. 20, c.13 Legge 111 / 2011 e poi dall'art. 16, c.13 DL 138 / 2011; si sono tra l’altro espresse sul tema le sezione di controllo della Corte dei Conti per la Lombardia (602/2011/PAR) ed Emilia – Romagna (9/2012/PAR).

 

Il richiamato vigente art.14, c.32 DL 78 / 2010 prevede quanto segue: Fermo quanto previsto dall'articolo 3, commi 27, 28 e 29, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, i comuni con popolazione inferiore a 30.000 abitanti non possono costituire società. Entro il 31 dicembre 2012 i comuni mettono in liquidazione le società già costituite alla data di entrata in vigore del presente decreto, ovvero ne cedono le partecipazioni. Le disposizioni di cui al secondo periodo non si applicano ai comuni con popolazione fino a 30.000 abitanti nel caso in cui le società già costituite:
a) abbiano, al 31 dicembre 2012, il bilancio in utile negli ultimi tre esercizi;
b) non abbiano subito, nei precedenti esercizi, riduzioni di capitale conseguenti a perdite di bilancio;
c) non abbiano subito, nei precedenti esercizi, perdite di bilancio in conseguenza delle quali il comune sia stato gravato dell'obbligo di procedere al ripiano delle perdite medesime.

La disposizione di cui al presente comma non si applica alle società, con partecipazione paritaria ovvero con partecipazione proporzionale al numero degli abitanti, costituite da più comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti; i comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti possono detenere la partecipazione di una sola società; entro il 31 dicembre 2013 i predetti comuni mettono in liquidazione le altre società già costituite.

Quanto sopra evidenzia alcuni elementi che possono o dovrebbero condurre alla cessazione obbligatoria della detenzione della partecipazione in società da parte dell’Ente Locale o dei Comuni soci.

 

Il richiamo all’art.3, cc.27 e ss. Legge 244 / 2007 si correla alla necessità che il Consiglio dell’Ente locale, nell’ambito della delibera ricognitoria delle società partecipate, a che le stesse fossero e siano dichiarate, relativamente alla gestione svolta, funzionali o meno ai fini istituzionali dell’Ente stesso; nel caso in cui detta funzionalità non fosse o non sia dichiarata, l’Ente avrebbe dovuto o dovrebbe procedere a che venisse meno la detenzione della relativa partecipazione societaria; tutto ciò, indipendentemente dalla dimensione dell’Ente in termini di numero di abitanti.

 

Per i Comuni al di sotto dei 30.000 abitanti vige l’obbligo di non detenere più alcuna partecipazione in società monocomunali che abbiano rilevato perdite secondo quanto previsto alle lettere a), b), c) dell’art.14, c.32 sopra riportate; al fine della non detenzione, la norma prevede l’alternativa tra la liquidazione e la cessione delle quote a terzi.

 

Per i Comuni di dimensione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti, la norma prevede la detenzione della partecipazione in una sola società, ferma la liquidazione (e non anche la cessione delle quote, quantomeno secondo la lettera della norma) delle altre società.             

 

Per i Comuni di dimensione superiore a 50.000 abitanti non sono previsti vincoli circa la detenzione di partecipazioni societarie.

 

L’art.14, c.32 parrebbe inoltre consentire ai Comuni la possibilità di detenere partecipazioni societarie, ed anche assumerne di nuove (in ottica di superamento della frammentazione delle gestioni), con partecipazione paritaria ovvero con partecipazione proporzionale al numero degli abitanti, costituite da più comuni la cui popolazione complessiva superi i 30.000 abitanti.

 

Ora, se la società pubblica è partecipata da un solo ente, la volontà dell’unico socio è evidentemente determinante sia nel Consiglio dell’Ente, sia nell’Assemblea della società.

 

Più articolata appare la questione nel caso di società pubbliche partecipate da più enti; risulta rilevante disporre di deliberazioni dei Consigli degli Enti soci in misura sufficiente ad ottenere il quorum assembleare richiesto dallo statuto societario per deliberare la liquidazione della società.

Né risulta decisivo, ai fini in esame nel caso di società multi – ente, il riferimento al sopra richiamato vigente art.14, c.32 DL 78 / 2010: in particolare, in presenza di Comuni soci appartenenti alle diverse fasce dimensionali previste dalla legge, l’eventuale obbligo di dismissione di partecipazioni societarie in capo ad un Comune (si ammetta che effettivamente per i Comuni con popolazione compresa tra 30.000 e 50.000 abitanti debba mantenersi una sola partecipazione societaria, indipendente dalla proprietà monocomunale o multicomunale del capitale sociale, ed al riguardo si veda il prosieguo) dovrà necessariamente temperarsi con la volontà degli altri Enti soci, non soggetti ad eventuali obblighi, di procedere o meno con l’esperienza societaria; si noti che la questione brevemente descritta vale in tutti i casi di operazioni straordinarie sulle società pubbliche (ad esempio, nel caso di fusioni, appare ugualmente necessario disporre dei quorum assembleari necessari, ossia delle deliberazioni consiliari degli enti soci nella misura sufficiente, salve le eventuali facoltà di recesso a seconda del tipo di decisione e di società in questione).

 

Con riferimento alla paradossale situazione in cui si verrebbero a trovare i Comuni con popolazione compresa tra 30000 e 50000 abitanti, si veda da ultimo l’atto dell’Autorità Vigilanza Contratti Pubblici AG 40/11 del 04/04/2012, in base al quale non può che essere evidenziato da parte di questa Autorità, l’illogicità e, in una certa misura, l’incertezza del quadro normativo disegnato dal legislatore. Secondo l’interpretazione prospettata, che sembra essere l’unica compatibile con la formulazione della disposizione, i comuni sotto i 30.000 abitanti potranno mantenere le partecipazioni in società virtuose e costituire, d’accordo con altri comuni, nuove società. I comuni con più di 50.000 abitanti potranno liberamente (con i limiti imposti dalla l. n. 244/2007 ) conservare e costituire un numero indeterminato di società. I soli comuni compresi nelle soglie suddette (tra 30.000 e 50.000 abitanti), invece, saranno soggetti al limite quantitativo di una sola società. La sensibilità e la complessità dei settori economici interessati suggeriscono che le disposizioni indicate siano oggetto di adeguata ponderazione da parte del legislatore nazionale al fine di guidare l’operato delle amministrazioni locali e di evitare ulteriori dubbi interpretativi.

In sintesi, una società cui partecipino un Comune con popolazione compresa tra 30000 e 50000 abitanti, uno con popolazione inferiore a 30000 abitanti ed uno con popolazione superiore a 50000 abitanti può essere posta in liquidazione solo se in assemblea si raggiunge il relativo quorum assembleare, che presumibilmente richiederà il voto favorevole di uno tra gli ultimi due Comuni quando non di entrambi; ciò, al di là di ogni valutazione di merito circa il perché una società multicomunale che associ, ad esempio, solo Comuni con popolazione inferiore a 30000 abitanti non debba avere problemi della natura in questione.

Analogamente, in luogo della liquidazione dell’intera società, la cessione della quota di partecipazione in una società multicomunale, da parte di un Comune con popolazione compresa tra 30000 e 50000 abitanti, richiede la disponibilità (senza alcun obbligo) ad acquistare da parte degli altri Comuni soci, dovendosi altresì tener conto che un’operazione del genere probabilmente farebbe venir meno l’equilibrio richiesto in termini di quote di partecipazione nelle società multicomunali (ex art.14, c.32 DL 78 / 2010, esse debbono essere infatti – ragionevolmente – proporzionali al numero degli abitanti dei soci, oppure uguali tra loro).  

 

Del vigente DL 78 / 2010, va inoltre opportunamente richiamato, ai fini del presente articolo, anche l’art.6, c.19, in base al quale le pubbliche amministrazioni non possono, salvo quanto previsto dall'art.2447 codice civile (Riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale), effettuare aumenti di capitale, trasferimenti straordinari, aperture di credito, ne' rilasciare garanzie a favore delle societa' partecipate non quotate che abbiano registrato, per tre esercizi consecutivi, perdite di esercizio ovvero che abbiano utilizzato riserve disponibili per il ripianamento di perdite anche infrannuali.

Sono in ogni caso consentiti i trasferimenti … a fronte di convenzioni e contratti di servizio … relativi allo svolgimento di servizi di pubblico interesse ovvero alla realizzazione di investimenti.

Appare evidente che la previsione in questione non si correla esplicitamente alla liquidazione delle società che si trovino in quelle condizioni, ma la liquidazione stessa risulta essere indubbiamente una tra le procedure che ben potrebbero interessare queste ultime.

 

B2) Liquidazione di società patrimoniali

 

Sempre con riferimento a recenti evoluzioni che potrebbero condurre alla liquidazione delle società pubbliche, può essere opportuno richiamare brevi stralci della sentenza Corte Costituzionale, 25/11/2011 n. 320: … 2.1.1. – … la prima parte del comma 2 dell’articolo 113 del citato TUEL … prevede che «Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all’esercizio dei servizi pubblici», salva la possibilità, prevista dal successivo comma 13, di «conferire la proprietà» dei beni medesimi «a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile», purché tale conferimento «non sia vietato dalle normative di settore». … il comma 5 dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008 … stabiliva – in parziale contrasto con detto comma 13 dell’art. 113 del TUEL – che, «Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati». 2.1.2. – … Il comma 13 dell’art. 113 del TUEL … doveva ritenersi già tacitamente abrogato, per incompatibilità, dal comma 5 dell’art. 23-bis del decreto-legge n. 112 del 2008, il quale – come si è visto – aveva stabilito il principio secondo cui le reti sono di «proprietà pubblica»; principio evidentemente in contrasto con il richiamato comma 13, che consentiva, invece, il conferimento delle reti in proprietà a società di diritto privato a capitale interamente pubblico. …

Le società patrimoniali ex art.113, c.13 DLgs 267 / 2000 costituiscono uno strumento societario assai diffuso sul territorio nazionale, anche in relazione all’obbligatoria separazione societaria delle aziende pubbliche, con riferimento alla titolarità delle infrastrutture esistenti e dell’erogazione del servizio, introdotta dallo storico art.35, cc.8 e 9 Legge 448 / 2001 (Legge Finanziaria 2002).

 

In relazione all’intervento della Corte Costituzionale sopra richiamato, ma soprattutto in relazione agli andamenti eventualmente negativi sul piano economico, non è improbabile prefigurare percorsi di re-incorporazione (a mezzo di fusione ex art.2501 e ss. C.C.) delle società patrimoniali nelle società di gestione / erogazione, ove queste sussistano ed ove ciò sia praticabile in base alle specifiche situazioni locali.

 

Si deve tra l’altro notare che le società patrimoniali, sin quando supportate dall’art.113, c.13 DLgs 267 / 2000 (ossia sino alla pubblicazione della sentenza Corte Cost 320 / 2011), godevano del regime fiscale di favore previsto dal vigente art.118 DLgs 267 / 2000, il quale prevede che:

[c.1] I trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e dai consorzi fra tali enti a favore di aziende speciali o di società per azioni di cui al comma 13 dell'articolo 113 sono esenti, senza limiti di valore, dalle imposte di bollo, di registro, di incremento di valore, ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura. Gli onorari previsti per i periti designati dal tribunale per la redazione della stima di cui all'articolo 2343 del codice civile, nonché gli onorari previsti per i notai incaricati della redazione degli atti conseguenti ai trasferimenti, sono ridotti alla metà.
[c.2] Le disposizioni previste nel comma 1 si applicano anche ai trasferimenti ed alle retrocessioni di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi posti in essere nell'ambito di procedure di liquidazione di aziende municipali e provinciali o di aziende speciali, adottate a norma delle disposizioni vigenti in materia di revoca del servizio e di liquidazione di aziende speciali, qualora dette procedure siano connesse o funzionali alla contestuale o successiva costituzione di società per azioni, aventi per oggetto lo svolgimento del medesimo servizio pubblico in precedenza svolto dalle aziende soppresse, purché i beni, i diritti, le aziende o rami di aziende trasferiti o retrocessi vengano effettivamente conferiti nella costituenda società per azioni. Le stesse disposizioni si applicano altresì ai conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi da parte delle province e dei comuni in sede di costituzione o trasformazione dei consorzi in aziende speciali e consortili ai sensi degli articoli 31 e 274 comma 4, per la costituzione di società per azioni ai sensi dell'articolo 116 [società a minoranza pubblica], ovvero per la costituzione, anche mediante atto unilaterale, da parte di enti locali, di società per azioni al fine di dismetterne le partecipazioni ai sensi del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni.

 

Con il venir meno dello stesso art.113, c.13 DLgs 267 / 2000, vengono meno anche le agevolazioni fiscali e sugli altri oneri di cui all’art.118, c.1 DLgs 267 / 2000 di cui sopra: il conferimento di immobili, seppur effettuato da un Comune a favore di una società costituita a suo tempo ai sensi del c.13, sconta in misura ordinaria le imposte indirette (in particolare l’imposta di registro, ipotecaria e catastale, anche sino all’11% del valore conferito) e non  vige più alcuna esenzione; pure, vengono meno i benefici sugli onorari di notai e periti.

 

Si deve notare altresì che, a fronte di andamenti negativi della società patrimoniale, e laddove la re-incorporazione della società patrimoniale nelle società di gestione / erogazione già sopra richiamata non sia praticabile, la liquidazione della società patrimoniale appare una soluzione pressochè inevitabile.

 

Ma a quest’ultimo riguardo deve evidenziarsi che né l’art.118, c.2 prevede esenzioni fiscali specifiche per il caso di retrocessione agli Enti soci, in sede di liquidazione della società patrimoniale, delle infrastrutture di cui la stessa società patrimoniale, né risultano altre norme che ammettano quei benefici fiscali (al riguardo, si veda anche il successivo § B4).

Ne deriva quindi che la liquidazione della società patrimoniale porta con sé il carico fiscale pieno, in sede di retrocessione delle relative infrastrutture agli Enti Locali.

 

Ciò, con riferimento alle imposte dirette in quanto, in particolare a fini IRES (ex DLgs 344 / 2003 e DPR 917 / 1986), la retrocessione ancorchè gratuita, con riduzione del capitale sociale o del patrimonio netto a chiusura della liquidazione, configura una cessione, cosicchè sulla stessa debbono eventualmente calcolarsi le plusvalenze corrispondenti alla differenza tra il valore normale, ossia corrente, dei beni retrocessi ed il valore a cui i medesimi beni sono iscritti allo stato patrimoniale della società.

 

Inoltre, il carico fiscale pieno riguarda anche l’IVA (ex DPR 633 / 1972), nella misura in cui la società abbia recuperato IVA a credito, ad esempio in sede di realizzazione degli investimenti, e non si sia generata successivamente IVA a credito; in questo caso, la retrocessione al Comune comporta uno spesso assai rilevante onere per IVA da versare.

Le imposte ipotecarie e catastali (ex DLgs 347 / 1990) sarebbero da applicare nella misura complessiva spesso pari al 3%.

 

La liquidazione, quindi, spesso si caratterizza per una notevole onerosità fiscale.

Tutte le considerazioni di cui sopra valgono anche quando la società non sia stata a suo tempo costituita quale patrimoniale ex art.113, c.13 DLgs 267 / 2000.

 

B3) Liquidazione di società con fatturato ottenuto per più del 90% da pubbliche amministrazioni

 

Di particolare rilievo appare la previsione dell’art.4, c.1 DL 95 / 2012 convertito nella Legge 135 / 2012, con riferimento all’obbligo, ove ne ricorrano le condizioni, di porre in liquidazione società pubbliche locali

 

La norma prevede che Nei confronti delle società controllate direttamente o indirettamente [tra altri, dagli Enti Locali] …, che abbiano conseguito nell’anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento, si procede, alternativamente:

a) allo scioglimento della società entro il 31 dicembre 2013. Gli atti e le operazioni posti in essere in favore delle pubbliche amministrazioni di cui al presente comma in seguito allo scioglimento della società sono esenti da imposizione fiscale, fatta salva l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, e assoggettati in misura fissa alle imposte di registro, ipotecarie e catastali;

b) all’alienazione, con procedure di evidenza pubblica, delle partecipazioni detenute alla data di entrata in vigore del presente decreto entro il 30 giugno 2013 ed alla contestuale assegnazione del servizio per cinque anni, non rinnovabili, a decorrere dal 1° gennaio 2014. Il bando di gara considera, tra gli elementi rilevanti di valutazione dell'offerta, l'adozione di strumenti di tutela dei livelli di occupazione. L'alienazione deve riguardare l'intera partecipazione della pubblica amministrazione controllante.

Appare inoltre rilevante evidenziare che, ex art.4, c.3 DL 95 / 2012, Le disposizioni di cui al comma 1 del presente articolo non si applicano alle società che svolgono servizi di interesse generale, anche aventi rilevanza economica.

 

Prima di affrontare specificamente alcuni aspetti afferenti la liquidazione di cui all’art.4, c.1, lettera a) DL 95 / 2012, appare opportuno tentare di individuare quali siano le società soggette obbligatoriamente alla richiamata liquidazione o, in alternativa, alla privatizzazione totale con assegnazione di contratto di servizio quinquennale ex lettera b).

Circa la definizione di servizi di interesse economico generale pare opportuno fare riferimento alla definizione che ne dà il Dipartimento Politiche Europee della Presidenza del Consiglio dei Ministri (su www.politicheeuropee.it), da cui certamente non si ricevono indicazioni operative univoche.

Attorno ai servizi di interesse generale si discute dalla nascita della Comunità europea. Sin dai suoi albori, infatti, si registra il braccio di ferro tra l'aspirazione tutta comunitaria alla affermazione di sistemi autenticamente concorrenziali e la volontà degli Stati Membri a salvaguardare la potestà dello Stato nazionale di garantire ai propri cittadini servizi di qualità offerti a prezzi calmierati.

I servizi di interesse generale designano attività soggette ad obblighi specifici di servizio pubblico proprio perché considerate di interesse generale dalla autorità pubbliche. Sotto questa voce si ritrovano sia attività di servizio non economico (sistemi scolastici obbligatori, protezione sociale ma anche le funzioni inerenti alla potestà pubblica come la sicurezza, giustizia, la difesa ed altro) ma si ritrovano anche attività di servizio cosidette di interesse economico generale.

I servizi di interesse economico generale, quindi, sono una specie del genus servizi di interesse generale; si tratta di servizi resi nell'ambito di un mercato concorrenziale dove, quindi, si trovano ad operare soggetti privati ma anche soggetti pubblici.

Per la loro caratteristica si pongono in una sorta di zona franca intermedia tra attività economiche, da gestire secondo i canoni dell'efficienza e nell'ambito di un contesto competitivo e attività non economiche da gestire in funzione dell'interesse generale ed in vista di obiettivi di coesione sociale o territoriale, di equità redistributiva ecc.

Fin dalla seconda metà degli anni 80 alcuni settori che tradizionalmente forniscono servizi di interesse economico generale, sotto la spinta della Comunità europea si sono progressivamente aperti alla concorrenza; gli esempi più evidenti sono le telecomunicazioni, i servizi postali, i trasporti, l'energia. Invero, l'Unione Europea ha sempre promosso una liberalizzazione graduale accompagnata da misure di tutela dell'interesse generale, in particolare volte a garantire l'accesso di ognuno, indipendentemente dalla situazione economica, sociale o geografica, ad un servizio di una certa qualità ad un prezzo ritenuto mediamente accessibile.

In poche parole, l'Unione Europea ha inteso garantire quello che viene definito un servizio universale.

L'organizzazione di questi servizi è, sostanzialmente, rimessa agli Stati membri  e, come logica conseguenza, l'organizzazione varia in base alle tradizioni culturali, alla storia ed alla conformazione geografica di ciascun Stato Membro ma anche in relazione allo sviluppo delle tecnologie.

I servizi di interesse generale di natura non economica e, più genericamente, i servizi che non incidono sugli scambi intracomunitari non sono soggetti a norme comunitarie in materia di concorrenza ed aiuti di Stato.

I servizi di interesse economico generale, che pure sono espressamente menzionati nel Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea sia all'art. 106 par. 2 che all'art. 14, non ricevono alcuna espressa definizione né nelle richiamate disposizioni né in alcun atto di diritto derivato e l'individuazione del significato del termine servizio di interesse economico generale è stata per lungo tempo affidata alle pronunce della Corte di Giustizia.

A partire dalla seconda metà degli anni 90, maggiore attenzione alla questione è stata dedicata dalla Commissione europea che ha appositamente adottato una Comunicazione sui Servizi di interesse generale nel 1996, integrata e modificata nel 2001. Successivamente il tema è stato ripreso nel Libro Verde sui Servizi di interesse generale del 2003 e nel successivo Libro Bianco del 2004.

Ne emerge un concetto di servizi di interesse economico generale riconducibile a servizi di natura economica che la pubblica autorità identifica essere di particolare importanza per i cittadini (criterio dell'interesse generale) e che, con ogni probabilità non sarebbero realizzati o, al più, sarebbero realizzati a condizioni diverse, se non ci fosse l'intervento pubblico.

È proprio questa la motivazione per la quale gli Stati membri o l'Unione Europea assoggettano tali attività a specifici obblighi di servizio pubblico.

Si conferma quindi come non siano soggette alla liquidazione o privatizzazione obbligatoria, ex art.4, c.1 DL 95 / 2012, le società di gestione di servizi pubblici locali, mentre lo sono le società che svolgono attività strumentali a favore di amministrazioni pubbliche ex art.13 DL 223 / 2006.

 

Le considerazioni di cui sopra non hanno rilievo solo a titolo di approfondimento sistematico, ma anche strettamente operativo, ed in particolare fiscale ed economico – finanziario.

Ex art.4, c.1, lettera a) DL 95 / 2012, come visto, si deve provvedere alla liquidazione (se non si opera per la privatizzazione totale ex lettera b) della società entro il 31 dicembre 2013, e gli atti e le operazioni posti in essere in favore delle pubbliche amministrazioni … in seguito allo scioglimento [liquidazione] della società sono esenti da imposizione fiscale, fatta salva l'applicazione dell'imposta sul valore aggiunto, e assoggettati in misura fissa alle imposte di registro, ipotecarie e catastali.

Si tratta quindi di un regime di agevolazione fiscale per favorire la liquidazione delle società il cui fatturato sia generato per più del 90% in rapporto all’ente pubblico che eroghi corrispettivi alla società stessa, ma al riguardo deve evidenziarsi quanto segue:

-          anche in base alle osservazioni di cui sopra, sarà necessario intendere, con il progredire delle esperienze, quali siano le società cui si applicheranno i benefici fiscali previsti (evidentemente, una società che non produca almeno il 90% di fatturato in rapporto diretto con l’ente pubblico, se posta in liquidazione, non potrà godere dei benefici fiscali in questione; ma pure una società che superi quel limite, però operante nei servizi di interesse economico generale, non dovrebbe godere dei relativi benefici fiscali, previsti solo a favore delle società operanti nelle attività strumentali);

-          nel merito dei benefici fiscali, si può notare come l’IVA (spesso onere più rilevante) debba essere comunque versata, evidentemente se dovuta, in misura piena, mentre il vantaggio dovrebbe risultare dalla misura fissa delle imposte ipotecarie e catastali, ed in particolare dall’esenzione rispetto all’IRES in sede di retrocessione dei beni da società a Comune (senza imposizione sulla differenza tra valore normale di questi ultimi e valori iscritto a bilancio).

 

C) Considerazioni di sintesi

 

La dismissione di una partecipazione societaria detenuta da un Ente Locale può conseguire a mutati indirizzi ed obiettivi degli Enti soci, e costituire una scelta volontaria, oppure costituire l’esito del negativo andamento economico - finanziario della società.

 

Sussistono inoltre vincoli di natura pubblicistica i quali possono condurre all’obbligatoria dismissione di partecipazioni societarie da parte degli Enti Locali.

 

La dismissione della partecipazione può avvenire a mezzo della cessione a terzi della partecipazione detenuta, o attraverso la vera e propria liquidazione della società.

 

A meno che la strada della cessione a terzi della partecipazione societaria risulti ormai impraticabile, in particolare a fronte di una situazione economico – finanziaria eccessivamente compromessa, l’avvio della procedura di liquidazione della società deve essere attentamente valutata.

 

Debbono essere preliminarmente valutati gli aspetti amministrativi, societari, economico – finanziari e fiscali dell’operazione.

 

In particolare, risulta di notevole delicatezza (e, ad oggi, in diversi casi, onerosità) l’apprezzamento dei riflessi fiscali dell’operazione, in particolare quando la società da liquidare sia titolare di reti, impianti e dotazioni che non possano essere ceduti a terzi in sede di liquidazione, ma debbano essere retrocesse agli Enti Locali (ad esempio, in quanto conferiti precedentemente dal Comune alla società ex art.2343 C.C., a titolo di aumento di capitale sociale, ed afferenti servizi pubblici locali ex art.113, c.2 DLgs 267 / 2000; oppure, in quanto in ogni caso non suscettibili di trasferimento a terzi anche se realizzate autonomamente, dal punto di vista finanziario, da parte della società, come è il caso di una rete idrica, di un infrastruttura stradale, di uno stadio).

 

Gli oneri fiscali possono costituire uno dei principali flussi finanziari negativi, quando non ostacoli insormontabili, alla liquidazione delle società pubbliche locali.

 

D) Alcuni elementi caratterizzanti la deliberazione consiliare dell’ente locale per la liquidazione di società partecipate

 

Ferma la competenza del Consiglio dell’Ente a deliberare circa la liquidazione della società ex art.42, c.2, lettere e) e g) DLgs 267 / 2000 (cui seguirà l’Assemblea della società), appare evidente che l’impulso al percorso amministrativo, a seconda delle situazioni specifiche, potrebbe provenire da un atto di Giunta dell’Ente a titolo di proposta (nel caso di scelta volontaria dell’Ente, non correlata a cause liquidazione obbligatoria) o degli amministratori della società (ad esempio, nel caso di necessità di immediata informazione circa la riduzione del valore del capitale sociale),

 

Ancorchè sia complesso prefigurare schemi standard proprio in relazione a quanto sopra, nonché al ventaglio delle cause in base alle quali una società può o deve essere posta in liquidazione, si sintetizzano di seguito i possibili contenuti e / o allegati della relativa deliberazione consiliare dell’Ente socio:

 

-          se sussistente, il riferimento normativo, pubblicistico e / o civilistico, che rende obbligatorio o necessario porre la società in liquidazione;

 

-          il bilancio annuale o infrannuale della società, in particolare se in perdita;

 

-          gli indirizzi ai liquidatori, spesso interrelati con le decisioni pubblicistiche connesse ai rami di azienda, alle infrastrutture e dei cespiti di proprietà della società ed ai servizi / attività svolte da quest’ultima (trasferimento della proprietà di rami e / o delle infrastrutture e dei cespiti della società al Comune o a terzi, nel rispetto delle norme di legge; decisioni inerenti le future forme di gestione dei servizi / attività, al termine – individuato in deliberazione – dello svolgimento transitorio da parte della società in liquidazione; decisioni, spesso delicate, relative alle prospettive del personale dipendente della società, prospettive connesse al futuro dei rami aziendali e dei servizi / attività svolte, ecc.);

 

-          il piano economico – finanziario che prefigura la futura liquidazione della società, nel rispetto degli indirizzi di cui sopra, con particolare riferimento alla durata prevista della liquidazione, alla suddivisione della stessa per periodi (mesi o trimestri), alla collocazione in ciascun periodo delle entrate e delle uscite (in particolare, pagamenti ai fornitori per fatture giacenti e future) connesse alla gestione transitoria di servizi / attività, alla cessione di rami, infrastrutture o cespiti, ai compensi dei liquidatori, alle imposte e tasse inerenti le operazioni previste, alle eventuali erogazioni richieste agli enti soci per la chiusura della liquidazione in equilibrio, ecc.

 

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