MEZZO SECOLO DI VITA DELL’ENEL
CENTO ANNI PER LE AEM
Giosuè Nicoletti
Esattamente cinquant’anni fa veniva pubblicata la legge 1643 del 6 dicembre 1962 dal titolo istituzione dell’ente nazionale per l’energia elettrica e trasferimento ad esso delle imprese esistenti. Sino ad allora le attività di produzione, trasmissione e vendita erano libere (fatti salvi, ovviamente, i vincoli ambientali e urbanistici).
Con la legge sopra citata furono nazionalizzate, cioè entrarono a far parte del patrimonio statale, circa 1250 aziende e società operanti nel settore elettrico e poi passate in gestione ENEL, istituito con la funzione di assicurare con costi minimi di gestione una disponibilità di energia elettrica adeguata per quantità e prezzo alle esigenze di un equilibrato sviluppo economico del Paese. L’Ente divenne riservatario delle attività produttive, importazione ed esportazione, trasmissione, distribuzione e vendita dell’energia elettrica sul territorio nazionale, cioè di tutte le attività della filiera elettrica, con alcune deroghe in merito a produzione, distribuzione (ma non trasporto) e vendita concesse ad alcuni soggetti:
- le aziende municipalizzate che avessero presentato domanda di concessione entro due anni dall’entrata in vigore della Legge (produttori o produttori-distributori di energia elettrica);
- le imprese minori che avessero prodotto o prodotto e distribuito meno di 15 GWh/anno nel biennio 1959-1960;
- gli autoproduttori ovvero quelle imprese che producevano energia elettrica destinata a soddisfare il fabbisogno energetico relativo a processi produttivi delle imprese stesse e di consorziate o consociate, limitatamente alla copertura dei propri fabbisogni, a condizione che utilizzassero almeno il 70% dell’energia prodotta e, comunque, con l’obbligo di cedere all’ENEL le eccedenze di tale produzione.
Secondo i promotori della Legge avrebbero dovuto essere trasferite al nuovo ente statale ENEL anche le aziende elettriche municipalizzate (una cinquantina) salvo quelle comunque salvaguardabili secondo la nuova legge come “piccole”; le municipalizzate comprendevano grandi aziende come ACEA Roma e AEM di Milano e AEM di Torino e aziende medio-grandi dei Comuni di Brescia, Verona, Vicenza, Parma, Modena, Rovereto, Tolentino, Trani, quasi tutte operanti dall’inizio del secolo scorso. I sostenitori della nazionalizzazione erano decisi nel sostenere che la salvaguardia di queste aziende non avrebbe avuto alcuna ragione né politica né funzionale; anzi il loro mantenimento avrebbe costituito una incrinatura del nuovo sistema. Si deve alla decisa azione dei rappresentanti della Federazione nazionale che raggruppava queste aziende che ciò non sia avvenuto. E’ doveroso, in proposito ricordare, tra gli altri, il presidente on. Roberto Tremelloni ed il vice presidente avv. Libero Dordoni (socialista Tremelloni, democratico cristiano Dordoni) che seppero sensibilizzare Governo e Parlamento e inventarono una via d’uscita giuridico-amministrativa consistente nella salvaguardia temporanea delle AEM (15 anni prorogabili per altri 10). Gli enti locali avrebbero dovuto presentare la domanda di concessione entro due anni; il che avvenne per la quasi totalità delle a.e.m.. Venne superata anche la posizione di una forza politica, il PCI, ovviamente favorevole alla costituzione dell’ENEL, ma che considerava preferibile la riserva assoluta allo Stato delle attività di produzione, lasciando quindi agli enti locali ed alle loro aziende la sola distribuzione e vendita. Come già detto, per salvare il principio della universalità della nazionalizzazione (che, peraltro, era già stato scalfito con la salvaguardia delle imprese autoproduttrici) venne previsto che le aziende elettriche municipalizzate sarebbero sopravvissute come concessionarie dell’ENEL (e non dello Stato, un vero mostro giuridico!) sulla base di un capitolato di concessione. Decisione discutibile giuridicamente, ma che, in pratica, si è rilevata quanto mai opportuna: infatti nel nostro Paese tutto ciò che è provvisorio è forse più sicuro del definitivo; il capitolato di concessione fu predisposto, ma non fu mai approvato, dato che non venne accettato (sic) dalle aziende benché concordato tra Ministero ed una loro delegazione.
Tra l’altro per le municipalizzate il trasferimento all’Enel sarebbe avvenuto, contro un indennizzo, calcolato a valore di “libro” e non di stima come per le altre imprese, il che ha costituito un ulteriore disincentivo alla cessione.
Agli enti locali veniva offerta una opzione, da esercitare entro un biennio, tra mantenimento delle loro aziende o cessione all’ENEL. Nella grande totalità essi decisero di mantenerle.
Dopo tredici anni la situazione di monopolio dell’ENEL cominciò ad attenuarsi. L’aggravarsi del problema dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani e la contemporanea crescita della domanda di energia elettrica (che ENEL, da sola, non sarebbe mai riuscita a soddisfare) furono le principali cause dell’approvazione della Legge n. 393/75: essa prevedeva che Comuni e Province potessero produrre energia elettrica tramite l’incenerimento di rifiuti urbani.
Negli anni seguenti fu approvato un secondo provvedimento, che cercò di favorire un tipo di produzione che fosse già efficiente e “pulita”, senza però fornire incentivi: la legge n. 308/82 liberalizzò la produzione da fonti rinnovabili e cogenerate per impianti di potenza non superiore a 3 MW.
A partire dal 1991 ci si avviò gradualmente verso la liberalizzazione del settore: la legge n. 9 del 9 gennaio 1991 innovò il regime della produzione di energia da fonti convenzionali e previde interventi nel settore della produzione da fonti rinnovabili proseguendo l’azione iniziata con la richiamata Legge n. 308/82.
Il Decreto Legge 11 luglio 1992, n. 333, convertito in Legge 8 agosto 1992, n. 359, sancì la fine del monopolio ENEL che durava dal 1962. L’Ente Nazionale per l’Energia Elettrica venne trasformato in Società per Azioni, denominata ENEL S.p.A. trasformandosi dalla posizione di riservatario a quella di concessionario del servizio elettrico (prima, come sopra detto, era addirittura “concedente” del servizio alle municipalizzate).
Nel contempo veniva collocata sul mercato una prima tranche di Enel spa pari al 35,5%.
La legge 481 del 14/11/95 istituisce l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG). Trasferisce alla stessa le funzioni in materia di energia elettrica e gas già attribuite dal precedente DPR 20 aprile 1994, n. 373, al Ministro dell’industria, commercio e artigianato.
L’Autorità deve “garantire la promozione della concorrenza e dell’efficienza” nei settori dell’energia elettrica e il gas, nonché “assicurare adeguati livelli di qualità” dei servizi, “la fruibilità e la diffusione (dei servizi) in modo omogeneo sull’intero territorio nazionale, definendo un sistema tariffario certo, trasparente e basato su criteri predefiniti, promuovendo la tutela degli interessi di utenti e consumatori” e “tenuto conto della normativa comunitaria in materia e degli indirizzi di politica generale formulati dal Governo”.
Il Decreto Legislativo n. 79 del 16 marzo 1999, meglio noto come decreto Bersani, ha recepito la precedente direttiva europea 96/92 CE ed ha definito la struttura del libero mercato. Nello spirito del Decreto, il settore elettrico viene disaggregato verticalmente ed orizzontalmente. La disaggregazione verticale ha considerato i singoli elementi della filiera elettrica:
- produzione, in regime di concorrenza tra i diversi operatori;
- trasmissione, assegnata in regime di riserva esclusiva dello Stato e svolta da una società apposita, chiamata Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale (GRTN);
- distribuzione, in regime di concessione rilasciata dal Ministero dell’Industria, del Commercio e dell’Artigianato ora Ministero delle Attività Produttive;
- vendita, in regime di concorrenza per la vendita ai clienti “idonei” e di concessione, per gli altri rilasciata dal Ministero per la vendita ai clienti vincolati.
Attualmente l’ENEL contribuisce per circa il 40% alla produzione di energia in Italia, mentre Edison, Sorgenia, A2A, Gruppo Iride (questi due ultimi facenti capo ad Enti locali) sono ad oggi i principali produttori che si contendono il restante mercato italiano.
Per quanto riguarda le aziende degli enti locali, dal “sito” di Federutility, risulta che sono associate a questa Federazione:
- 58 società di gestione;
- 60 aziende speciali mono o pluricomunali (evidentemente non trasformate in spa a norma di legge);
- 11 cooperative elettriche.
In realtà i servizi elettrici facenti capo agli enti locali sono assai più numerosi.
Dal sito dell’Autorità per l’energia ed il gas figurano oltre cento gestioni (comuni, consorzi, aziende, società cooperative) e dal sito della Provincia autonoma di Bolzano figurano 55 aziende distributrici di e.e. con diverse forme di gestione (cooperative, aziende comunali, “interessenze”). |