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Le contraddizioni operative dell'art. 4 D.L.95/2012
di Gianpietro Belloni 19 aprile 2013
Materia: società / partecipazione pubblica

LE CONTRADDIZIONI OPERATIVE DELL’ART. 4 DL 95/2012

 

E’ noto che l’art.4, c.1 DL 95 / 2012 convertito in Legge 135 / 2012 (spending review) impone la liquidazione (lettera a) o la privatizzazione totale (lettera b) obbligatoria per le società a partecipazione pubblica che generino più del 90% dei propri ricavi in rapporto con l’ente pubblico affidante quale erogatore di corrispettivi a fronte di fattura.

 

E’ altresì noto che l’art.13 DL 223 / 2006 convertito in Legge 248 / 2006, e successivamente modificato dall’art.48 Legge 99 / 2009, impone alle società di gestione di attività strumentali (diverse dai servizi pubblici locali), tra l’altro, di non intrattenere rapporti con terzi, pubblici e privati, ma esclusivamente con l’ente socio ed affidante le attività strumentali.

 

La Corte dei Conti – Sezione controllo Lombardia – con il proprio parere 517 / 2011 indica l’obbligo di separare societariamente servizi pubblici ed attività strumentali, chè non possono rimanere in capo al medesimo soggetto giuridico per via del citato art.13 DL 223 / 2006.

 

Ma se il sopra citato art.4, c.1 DL 95 / 2012 evidenzia che solo le società che generano più del 90% dei ricavi in rapporto con il proprio ente socio ed affidante sono soggette a liquidazione o privatizzazione obbligatoria, allora si deve concludere che sono premiate (nel senso della possibilità di sopravvivere) le società che hanno mantenuto in capo a sé stesse, nonostante il divieto ex art.13 DL 223 / 2006 ed ex parere Corte Conti Lombardia 517 / 2011, servizi pubblici ed attività strumentali, se non addirittura attività di libero mercato (il che sarebbe l’estremo della contraddizione, giacchè lo sfruttamento dell’affidamento diretto di attività dall’ente pubblico, per ottenere vantaggi nel libero mercato, costituiva la ragione principale dell’approvazione stessa dell’art.13 DL 223 / 2006, in relazione alla normativa antitrust ex Legge 287 / 1990).   

 

E’ inoltre noto che l’art.4, c.3 DL 95 / 2012 contempla che gli obblighi di liquidazione o privatizzazione totale, al realizzarsi delle condizioni sopra descritte, non riguardi anche le società di gestione di servizi pubblici locali.

 

Eppure, tra questi ultimi, debbono evidenziarsi almeno due servizi pubblici locali di notevole rilevanza i quali strutturalmente si fondano su corrispettivi erogati dai Comuni (caratteristica tipica dell’attività strumentale), e non da tariffe erogate da utenza diffusa sul territorio (caratteristica quest’ultima tipica del servizio): si tratta del ciclo dei rifiuti (esclusi i casi già a tariffa ancora fatturata dal gestore e, in prospettiva, di TARES – corrispettivo) e della pubblica illuminazione.

 

Con parere 19.03.2013, n.13354 della Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento della Funzione Pubblica) si affronta il tema di cui sopra, concludendo che, qualora la società ancorchè di gestione di servizi (nel caso, dei rifiuti, ma potenzialmente anche della pubblica illuminazione) generi più del 90% del proprio fatturato in rapporto con il Comune affidante, essa non deve essere obbligatoriamente posta in liquidazione o privatizzata (per via del c.3 sopra riportato), ma ad essa si applicano in ogni caso i rigidi vincoli specifici (cui si rinvia, in materia di tempo determinato, lavoro flessibile e compenso stesso dei dipendenti) che in materia di personale sono previsti dall’art.4, c.9 e ss. DL 95 / 2012, in aggiunta a quelli tipici di tutte le società a totale partecipazione pubblica affidatarie dirette (in estrema sintesi e non esaustivamente, ex art.76, cc.4 e 7 DL 112 / 2008 ed ex art.1, c.557 e ss. Legge 296 / 2006, in materia di progressiva riduzione tendenziale dei costi di personale, di consolidamento dei costi stessi tra Comune e società, di limiti alle assunzioni del sistema complessivo se non nei termini del 40% dei costi del personale cessato nell’esercizio precedente, purchè il rapporto tra spese del personale e spese correnti totali a livello consolidato non superi il 50%).

 

Di nuovo è interessante notare come le società monoservizio (del ciclo dei rifiuti e della pubblica illuminazione) risultino penalizzate proprio dal loro essere tali chè, se sussistessero fonti di ricavo proprio da utenza da altri servizi o addirittura da attività di libero mercato in misura superiore al 10% dei ricavi totali, non varrebbero per esse le rigidità aggiuntive in materia di personale sopra descritte.

 

Lo scopo di queste brevi note intende essere di natura operativa, ossia di segnalazione degli aspetti solo accennati quando ci si trovi ad affrontare nel concreto operazioni che impattano su detti aspetti, a che comunque si prenda una posizione, non potendosi evidentemente fare altro.

 

Non è consigliabile, diversamente da quanto occorreva sino a qualche anno fa, auspicare l’intervento del legislatore, in quanto non pare si possa affermare che quest’ultimo, con i propri ultimi interventi, abbia contribuito a chiarire la coerenza del quadro all’interno del quale operare; forse è opportuno il confronto tra prassi adottate, al fine di delineare possibili percorsi operativi.

      

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