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Il costo del personale nelle società in house. Vincoli ed incertezze.
di Luca Manassero 26 aprile 2013
Materia: servizi pubblici / disciplina

 

Il costo del personale nelle società in house. Vincoli ed incertezze.

 

di Luca Manassero

 

 

1 Premessa

 

Notevole è l'incertezza degli Enti Locali e degli operatori dei servizi pubblici, nel momento attuale, circa gli esatti confini di incidenza delle disposizioni che il legislatore ha prodotto in questi anni, con profusione tanto copiosa quanto frammentaria, in materia di personale delle società pubbliche, o, meglio, di tutti i soggetti giuridici pubblici svolgenti attività esternalizzate per conto della P.A.

Si moltiplicano gli interventi – spesso non univoci - della magistratura contabile, in sede di espressione di pareri ai sensi dell’art. 7 della legge 131/2003; si registrano prese di  posizione dei Ministeri competenti, che preannunciano futuri interventi chiarificatori [1] ; si assiste, infine, a prese di posizione da parte di Enti Locali che (nell'evidente intento di sottrarsi a qualsiasi censura circa  l'applicazione della disciplina vincolistica) impartiscono indirizzi alla proprie società in house che, oltre a non apparire in linea con la disciplina vigente, si rivelano oltremodo penalizzanti per le aziende e, dunque, in ultima analisi, per gli stessi Enti Locali.

E' evidente che il perdurare dell'incertezza in questa delicata materia comporta molteplici conseguenze deleterie: per le aziende, che restano soggetti economici, i quali trovano nell'equilibrio tra costi e ricavi la loro essenza più propria e per il personale, che, pur a fronte di incrementi di produttività, teme di non vedere riconosciuto (in contrasto con i CCNL di categoria e con la natura privatistica del rapporto di lavoro) il proprio contributo professionale.

Il presente lavoro si propone di fornire un quadro il più possibile esaustivo della materia; sia per gli aspetti specificamente concernenti le società pubbliche, sia per ciò che attiene alle disposizioni che  riguardano direttamente il personale degli Enti Locali, e che taluni vorrebbero applicate tout-court al personale delle aziende ma che, come si vedrà, a rigore coinvolgono in via diretta solo il personale di alcuni tra i soggetti economici pubblici.

 

2 L’evoluzione normativa in materia di personale delle società pubbliche.

 

A far tempo dall’entrata in vigore dell’art. 18 del D.L. 112/2008, che ha dettato le prime disposizioni in materia, il tema della gestione delle risorse umane nelle società pubbliche ha assunto sempre maggiore rilievo e complessità.

I punti centrali della materia sono essenzialmente due.

 

2.1. L’obbligo di procedura ad evidenza pubblica per l’assunzione del personale

 

Il primo aspetto concerne la selezione delle risorse umane nelle società pubbliche; se ne accennerà brevemente, giacché i tratti della materia sono sufficientemente delineati.

E' ormai pacifico[2], infatti, l’obbligo di selezioni concorsuali ad evidenza pubblica per l’assunzione del personale da parte delle società pubbliche (da disciplinarsi, da parte delle società a totale partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali e delle altre società a partecipazione pubblica totale o  di controllo, con propri autonomi provvedimenti[3]).

E’ interessante ricordare, sotto un profilo storico ricostruttivo, che, sino alla metà degli anni ’90, l’assunzione del personale delle ex aziende municipalizzate (e poi, per un certo periodo, anche delle aziende speciali) avveniva in base a concorsi pubblici. Il regolamento speciale dell’azienda municipalizzata[4] infatti, nella totalità dei casi prevedeva l’obbligo del concorso pubblico.[5] L'espletamento di pubblici concorsi per l'assunzione del personale era rimesso all'organizzazione dell'azienda, come delineata dal Consiglio Comunale con l'approvazione del Regolamento Speciale ex art. 13 RD n. 2578/25. Neppure il DPR n. 902/1986, di attuazione (a sessant'anni di distanza) del citato Regio Decreto, riservava soverchie attenzioni al tema del personale[6].

Dalla prima metà degli anni novanta, stante la mancanza di norme di diritto positivo che imponessero l'obbligo del concorso per il personale delle aziende pubbliche[7] nonché in base alla pacifica natura privatistica del relativo rapporto di impiego, prese piede la convinzione, nella dottrina e nella prassi, che anche la selezione del personale dovesse essere di tipo privatistico, con conseguente libertà di valutazione dell'idoneità dei candidati a ricoprire le posizioni vacanti nell’organico aziendale.[8]

E’ opportuno un breve inciso, giacché non è infrequente leggere ancora oggi la tesi per cui l’obbligo di dar corso a procedure concorsuali ad evidenza pubblica per l’assunzione del personale delle società pubbliche – anche erogatrici di  servizi pubblici locali -  risalirebbe  all’entrata in vigore dell’art. 18 citato.

Al contrario, invece, l'obbligo di procedure selettive concorsuali per le società in house di gestione dei servizi pubblici locali deve farsi risalire all’art. 23 bis del medesimo decreto, introdotto in sede di conversione dalla L. 6 agosto 2008, n. 133, che ha dettato una disciplina differenziata per le società in house che gestissero servizi pubblici locali[9]. Infatti[10], anche se entrambe le norme si riferivano alle società di Servizi Pubblici Locali, la lettera a) del comma 10 dell’art. 23 bis, riguardava le sole società in house e “miste”, mentre l’art 18, 1° comma concerneva in generale le altre società a totale partecipazione pubblica.[11]

Nella vigenza del citato art. 23 bis, dunque, le società di servizio pubblico locale in house erano tenute a seguire per l’assunzione di personale “le procedure ad evidenza pubblica” secondo quelli che sarebbero stati i contenuti del Regolamento di cui al comma 10. 

Il Regolamento è stato, tuttavia, emanato solo con D.P.R. 7 settembre 2010 n. 168[12], dovendosi quindi, ratione temporis,  far riferimento a tale data per l’applicazione alle dette società in house del vincolo in parola.

 

 

2.2. Il contenimento dei costi del personale: la normativa applicabile alle società pubbliche

 

Il secondo profilo presenta, indubbiamente, maggiori margini di incertezza.

In materia di costi del personale la normativa previgente non si addentrava specificamente: peraltro, trattandosi di imprese e di attività di carattere economico,  tutte le deliberazioni di istituzione di nuove aziende speciali o, più avanti, di società, ovvero di affidamento di nuovi servizi pubblici, comportavano l'obbligo di allegazione di un c.d. Progetto Tecnico-Economico[13], nel quale doveva in sintesi evidenziarsi, quantomeno, la copertura dei costi (ivi compresi, quindi, quelli del personale) tramite i ricavi del servizio; l’eventuale sovradimensionamento della struttura avrebbe quindi comportato l’antieconomicità della gestione.

Con l’affermarsi delle c.d. società strumentali[14], la cui attività è  remunerata direttamente dagli Enti pubblici soci, rispetto alla cui attività essa risulta servente[15], il quadro sostanziale di riferimento ha iniziato a cambiare, finendo per ingenerare la convinzione diffusa (estesa, per osmosi, a tutte le società pubbliche) che tali società costituissero null'altro che una fonte di spesa, quando non di elusione ai vincoli in materia di rispetto del patto di stabilità interno, di assunzioni, di contrattualistica pubblica.

L’esigenza di evitare che i corrispettivi a carico degli Enti venissero caricati del costo di un surplus di manodopera è diventata gradualmente sempre più centrale nell'attività rivolta al contenimento dei complessivi costi del sistema pubblico.

Come si vedrà, peraltro, le ultime evoluzioni di prassi e giurisprudenza fanno chiaramente emergere il completamento di quel percorso, cinque anni fa solo accennato, mediante una sempre più chiara distinzione della disciplina cui soggiacciono gli erogatori di servizi pubblici locali da quella che invece interessa i soggetti strumentali e le aziende speciali.

Infatti, dal 2008 il legislatore inizia ad occuparsi espressamente del problema dei costi del personale nelle società pubbliche con l’art. 18 del D.Lgs. n. 112/2008[16], su cui contenuto si dirà; il punto di arrivo (non definitivo) del percorso è ad oggi  rappresentato dall’art. 4 del D.L. n. 95/2012, che chiarisce che – per le società “strumentali” [17]-  in materia di personale si applicano integralmente (e direttamente) le medesime disposizioni limitative previste per gli enti pubblici controllanti, e dall'art. 114, comma 5 bis, TUEL in materia di aziende speciali.

Per quanto attiene alla disciplina generale della materia (rappresentata, sino a poco fa, come si è visto, dall’art. 23 bis del D.Lgs. 112/2008) si sono registrati, nell’ordine:

a)      l’abrogazione dell’art. 23 bis ad opera del Referendum popolare del 12 e 13 giugno 2011;

b)     il sostanziale ripristino della disciplina abrogata da parte dell’art. 4 del D.L. n. 138/2011;

c)      la definitiva espunzione dall’ordinamento della disciplina reintrodotta dall’art. 4 D.L. 138/2011 ad opera della Consulta, con sentenza n. 199/2012 [18].

Infine con l'art. 25, comma 1, lett. a), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, è stato introdotto l’art. 3 bis del D.L. n. 138/2011 [19], che a tutt'oggi regola in via esclusiva la materia per ciò che concerne le società affidatarie in house di servizi  pubblici locali.

Con riferimento, poi alle società strumentali, il legislatore è intervenuto l’anno scorso con l’art. 4, commi 9 e seguenti del d.l. n. 95/2012, stabilendo in sostanza che, per il personale di tali società[20] si applicano le medesime disposizioni limitative delle assunzioni previste per l'amministrazione controllante[21]

Parimenti, analoga disciplina è stata introdotta per le aziende speciali  dall'art. 25, comma 2, lett. a), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1, che, inserendo il comma 5 bis nell’ambito dell’art. 114 del TUEL, ha previsto anche per tali soggetti (eccezion fatta per quelli che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, culturali e farmacie) l’applicazione pressoché integrale delle limitazioni in materia di personale applicabili agli Enti Locali (cui sono, dunque, parificate anche a questo effetto)[22].

Riassumendo, ad oggi la disciplina rivolta specificamente al contenimento dei costi del personale (limiti alle assunzioni e limiti alla spesa di personale) dei soggetti economici pubblici è rappresentata dalle seguenti norme :

 

a)       l’ art. 18, comma 2 bis del d.l. 25 giugno 2008 n. 112, come introdotto dall'art. 19, comma 1, del d.l. 1 luglio 2009 n. 78;

b)      l’art. 3 bis del d.l. 13 agosto 2011, n. 138, introdotto dall'art. 25, comma 1, lett. a), del d.l.  24 gennaio 2012, n. 1;

c)       l’art. 4, commi 9 e seguenti del d.l. 6-7-2012 n. 95 ;

d)      l'art. 114, comma 5 bis, del TUEL, come introdotto dall'art. 25, comma 2, lett. a), D.L. 24 gennaio 2012, n. 1

 

Si analizza nel seguito, partitamente, il portato di tali disposizioni, onde tentare di individuarne puntualmente la latitudine applicativa.

 

 

3) L'ambito soggettivo di applicazione delle norme, ed il regime conseguentemente applicabile ai diversi tipi di società pubbliche.

 

a)  L'art. 18, comma 2 bis, del d.l. 112/2008: il problema dell’efficacia del c.d. “Elenco ISTAT”

 

L'art 18 in commento si rivolge  “alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo..……inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell’articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311”.

Sull'ambito soggettivo di applicazione di questa norma si sono registrate interpretazioni divergenti, a seconda della portata attribuita dall'interprete al riferimento al cosiddetto “elenco ISTAT”.

In tale elenco non è contemplata la “categoria” delle società pubbliche, ma si individuano, ricomprendendole nel conto economico consolidato della P.A., solo alcune società, specificamente individuate [23].

Di per sé, l'inclusione in un elenco statistico non avrebbe dovuto comportare conseguenze giuridiche sfavorevoli per i soggetti interessati; tale era, infatti, l'iniziale orientamento del giudice amministrativo[24]: ne derivava una sostanziale indifferenza per l’inserimento nell’elenco da parte dell’ISTAT e la non impugnabilità del provvedimento in sede giurisdizionale.

Successivamente, però, sia la giurisprudenza[25] che la prassi hanno preso atto che  l’elenco ISTAT ha da tempo subito una profonda modificazione delle proprie originarie funzioni , non costituendo più una mera “lista statistica”, ma acquisendo il ruolo di una “lista giuridico-amministrativa”, cui il legislatore sempre più spesso riconnette il verificarsi di situazioni giuridiche anche pregiudizievoli per i soggetti ivi inseriti[26].

Appare, quindi, conforme al principio di certezza del diritto attenersi ad un’interpretazione restrittiva dell’elenco stesso.

Questo anche perché la tecnica utilizzata dal legislatore, di “rinvio per relationem”, rende evidente la consapevolezza di voler, di volta in volta, circoscrivere l’ambito soggettivo di applicazione delle misure di contenimento con criteri diversi, ora più ampi (come quando si riferisce a tutti gli enti di un certo tipo), ora più ristretti (come quando si riferisce alle società pubbliche ovvero alle sole società pubbliche inserite nel conto economico consolidato)”[27]

Trattandosi dunque di norma di carattere derogatorio, dell'art. 18  si impone un'interpretazione restrittiva e rigorosa.

Non si può, quindi, convenire con quella prospettazione di alcune Sezioni Regionali della Corte dei Conti per cui “la lettura esclusivamente della norma ne vanificherebbe la ratio di ampliamento di destinatari del precetto”; ragion per cui il riferimento andrebbe operato, genericamente, alle “unità istituzionali” (definizione  derivante dalla relativa norma comunitaria) per cui sussistano i requisiti di pubblicità previsti dai regolamenti comunitari[28].  L’elenco dell’ISTAT, in tale contesto interpretativo, avrebbe più propriamente valore ricognitivo e non costitutivo[29] dei requisiti che determinano l’inclusione di determinati soggetti nel settore “Amministrazioni pubbliche”[30] , requisiti che deriverebbero direttamente dalla legge, costituirendo una semplice attività ricognitiva nel diritto interno[31].

Peraltro, nell'ambito della stessa magistratura contabile, deve registrarsi un'inversione di tendenza.

La sezione di Controllo per la Lombardia[32], dopo  aver rammentato che “la latitudine oggettiva degli organismi oggetto di divieti/limitazioni alle assunzioni ex art. 18 comma 2 bis cit., non è del tutto coincidente con quella delle società cui si estende il patto di stabilità interno ex art. 18 comma 2 bis terzo periodo, né con quelle oggetto di consolidamento ex art. 20 comma 9 del d.l. n. 98/2011”, afferma testualmente che l’art. 18 comma 2 bis primo e secondo periodo del d.l. n. 112/2008 ha per oggetto solo “le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo ….. inserite nel conto economico consolidato delle P.A. come individuate dall’Istat, ai sensi dell’art. 5 comma 1 legge n. 311 del 2004”.

Nello stesso senso, più di recente, si veda Corte Conti, Sez. Controllo Lombardia, n.291/2012 PAR del 15 maggio 2012, che ribadisce come l'art. 18 comma 2 bis del d.l. 112/2008 e l'art. 9, comma 29 del d.l. n. 78/2010 abbiano riguardo alla “platea delle società non quotate controllate da amministrazioni pubbliche, sempre limitatamente a quelle inserite dall’ISTAT nell’elenco del conto economico consolidato della pubblica amministrazione ”.

Ancora, si rinvia a Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia, parere 260/2012/PAR del 29 maggio 2012, che, commentando il dettato dell'art.  25 del d.l. n. 1/2012, e raffrontandolo con le disposizioni dell’art. 18 comma 2 bis del d.l. n. 112/2008  e dell’art. 9 comma 29 del d.l. n. 78/2010, afferma expressis verbis che, a differenza dell’art. 18 cit., rivolto “..alle società a partecipazione pubblica, totale o di controllo, inserite, ai sensi dell’art. 1 comma 3 della legge n. 196/2009, nel c.d. “elenco ISTAT” (che consolidano i bilanci con quello dello Stato e delle altre amministrazioni pubbliche ai fini del rispetto dei parametri d’indebitamento netto e debito concordati in sede europea)” l’art. 25 del d.l. 1/2012 “..si rivolge a tutte le società affidatarie in house, anche non inserite nell’elenco sopra citato”.

Anche il giudice amministrativo ha di recente contraddetto l’impostazione secondo cui la potestà affidata all’ISTAT per la formazione dell’elenco citato sia priva di ogni discrezionalità, e che tale elenco altro non sia se non l’insieme delle cosiddette “unità istituzionali” ricomprese nel settore “amministrazioni pubbliche”.

Tale assunto secondo il G.A. “..non può essere condiviso, dovendosi, anzitutto, far riferimento all’art. 1, comma 5 della L. 30.12.2004, n. 311, che attribuisce all’ISTAT il potere di aggiornare l’elenco approvato dalla stessa legge, sicché è  solo con l’iscrizione o meno di un ente pubblico o privato nel suddetto elenco” si costituiscono i relativi  obblighi [33].

Secondo l’impostazione più convincente, quindi, alla luce della natura costitutiva e direttamente produttiva di effetti pregiudizievoli per i soggetti interessati della norma, se ne impone una interpretazione restrittiva, di talchè il relativo spettro di efficacia deve essere circoscritto alle sole società espressamente ricomprese nell’elenco ISTAT, come evidenziato del resto da attenta dottrina[34] .

Peraltro, la questione dell’estensione applicativa dell’art. 18 citato ha perso molte delle sue implicazioni pratiche a seguito dell’introduzione, nel d.l. 138/2011, dell’art. 3 bis comma sesto, operata dall’art. 25 del d.l. n. 1/2012, il cui spettro applicativo è assai più ampio.

 

b)   L’art. 3 bis, comma sesto, del d.l. n. 138/2011 e gli art. 114, comma 5 bis, TUEL e 4, comma sesto, del d.l. 95/2012: le differenze di disciplina intercorrenti tra le società affidatarie in house di servizi pubblici locali e le società strumentali ed aziende speciali.

 

Ad oggi la disciplina concernente le limitazioni in materia di personale per le società pubbliche in house che gestiscono servizi pubblici locali in regime di affidamento diretto, è contenuta nel comma sesto dell’art. 3 bis del d.l. n. 138/2011, il quale stabilisce che “le società affidatarie in house …. adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale .. nel rispetto dei principi.., nonché delle disposizioni che stabiliscono a carico degli enti locali divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitarie e per le consulenze anche degli amministratori”.

E’ doveroso, preliminarmente, dar conto del fatto che, secondo autorevolissima e persuasiva dottrina [35], avendo l’art. 25 del d.l. 1/2012 (che ha inserito l’art. 3 bis del d.l. 138/2011)  parzialmente reiterato l’art. 4 del d.l. 138/2011, dichiarato illegittimo dalla Consulta con sentenza n. 199/2012, pertanto, anche la reiterazione della disposizione in altra sede normativa (pur per profili distinti, ma connessi a quelli in esame) sarebbe da ritenersi illegittima, per invalidità derivata.

Ad ogni modo, come accortamente evidenziato dal più recente Giudice Contabile, l’art. 3 bis, a differenza dell’art. 18 del d.l. 112/2008 e dell’art. 9, comma 29, del d.l. n. 78/2010, (rivolte esclusivamente alle società a partecipazione pubblica, totale o di controllo, inserite nel pluricitato “elenco ISTAT”), si rivolge a tutte le società “affidatarie in house”, anche non inserite nell’elenco sopra citato[36].

A differenza delle società strumentali e delle aziende speciali, le società di servizi pubblici locali affidatarie in house applicano i principi di contenimento della spesa di personale propri degli Enti Locali non in via diretta, ma per il tramite di autonomi provvedimenti interni di adeguamento del proprio ordinamento.

Nota, infatti, la Corte dei Conti[37] che la disciplina posta dall’art. 76 comma 7 del d.l. n. 112/2008 (relativo al consolidamento delle spese di personale del “gruppo” Ente Locale) ha come soggetto destinatario (non già la singola società ma) l’ente locale che, per procedere ad assunzioni, deve rispettare un predeterminato rapporto fra spesa per il personale e spesa corrente, consolidando a tal fine anche il costo per il personale rilevabile dai bilanci delle società partecipate…. Gli obblighi in capo alla società partecipata, invece, non si rinvengono nell’art. 76 comma 7 del d.l. n. 112/2008, né nelle altre disposizioni di legge che hanno come ambito soggettivo d’applicazione gli enti locali, ma in quelle che prendono direttamente in considerazione le società medesime (l’art. 18 comma 2 bis del d.l. n. 112/2008, l’art. 9 comma 29 del d.l. n. 78/2010 e, da ultimo, soprattutto, l’art. 25 del d.l. n. 1/2012 convertito nella legge n. 27/2012). Sul piano precettivo, l’art. 25 del d.l. n. 1/2012 impone alle società di adottare, con propri provvedimenti (si richiede quindi l’intermediazione di un atto interno a carattere generale), criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi. Pertanto la nuova norma obbliga le “società in house” ad adeguare le proprie politiche assunzionali a quelle vigenti per l’ente locale azionista tramite l’adozione di apposito provvedimento interno [38].

Al contrario, nel caso di Aziende Speciali o di Società disciplinate dall’art. 4, comma primo, del d.l. 95/2012, l’applicazione delle norme vincolistiche gravanti sugli Enti Locali in materia di limiti, divieti alle assunzioni e contenimento dei costi del personale è diretta ed immediata.

Inequivoco, in tal senso, per quanto attiene alle società della cosiddetta “spending review”il dettato letterale dell’art. 4, commi 9 e seguenti, del  d.l. 95/2012 n. 95: “Comma 9: a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2015, alle società di cui al comma 1 si applicano le disposizioni limitative delle assunzioni previste per l'amministrazione controllante.

Comma 10: a decorrere dall'anno 2013 le società di cui al comma 1 possono avvalersi di personale a tempo determinato ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009.

Comma 11: a decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2014 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti delle società di cui al comma 1, ivi compreso quello accessorio, non può superare quello ordinariamente spettante per l'anno 2011.”.

Pertanto:

a)      sino al 31.12.2015, pertanto, tali società potranno procedere ad assunzioni solo alle condizioni e nei limiti previsti dagli art. 76, comma 7, d.l. 112/2008 e 1, comma 557, della Legge 296/2006 (su  cui vedi infra); in altri termini, si applicherà alle società stesse la previsione per cui le assunzioni sono possibili a patto che la spesa di personale  rimanga sotto il tetto del 50% delle spese correnti, e che si sia dato corso alla riduzione progressiva – anno su anno – delle spese di personale;

b)     le c.d.  assunzioni flessibili di tali società dovranno mantenersi nei limiti del 50 per cento della spesa sostenuta, per le medesime finalità, nell’esercizio 2009;

c)      il trattamento economico dei singoli dipendenti (ivi compreso quello accessorio) non potrà superare quello spettante “ordinariamente” per l’anno 2011.

Identico regime è stato previsto, con il nuovo comma 5 bis dell’art. 114 TUEL, per le aziende speciali, cui si applicano[39] le disposizioni che stabiliscono, a carico degli enti locali: divieti o limitazioni alle assunzioni di personale; contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria”. 

Anche sotto questo profilo, dunque (parimenti a quanto avviene per il rispetto del patto di stabilità interno), le aziende speciali sono del tutto parificate agli Enti Locali, e dovranno rispettare in proprio i relativi limiti; come più volte sottolineato dal Giudice Contabile, infatti, il legislatore ha inteso dettare un vero e proprio “rinvio dinamico” alla disciplina dettata per gli Enti Locali[40] .

Al contrario, si ribadisce, per quanto attiene alle società affidatarie in house di SPL:

a)      esse applicano la disciplina, anche in materia di contenimento del costo del personale in via mediata, tramite propri atti interni a contenuto generale;

b)     le disposizioni dettate dal legislatore concernenti il calcolo dei parametri per l’applicazione dei vincoli alle assunzioni (su cui si dirà nello specifico più avanti) implicano l’obbligo, rivolto ai soli enti locali, di conteggiare anche le spese del personale della società nel calcolo del tetto del costo del personale di “gruppo” (peraltro, in caso di superamento del tetto, le assunzioni saranno bloccate anche per le società partecipate, oltre che per l’Ente).

Non parrebbe, quindi, condivisibile quanto sostenuto di recente dalla Corte dei Conti, Sezione Regionale di Controllo per la Toscana (Parere n. 10/2013), secondo la quale l’adeguamento da parte delle società in house alle predette norme dovrebbe avvenire avendo riferimento – separatamente – alla sola società di volta in volta considerata, e non in forma consolidata con l’Ente di appartenenza[41].

Peraltro, a differenza delle pronunce, di segno contrario, della Sezione Regionale per la Lombardia, sopra menzionate[42], in questo caso la Sezione non illustra puntualmente i fondamenti della propria asserzione, limitandosi ad un enunciato invero piuttosto tranchant.

Di più: il parere in commento prende le mosse da un quadro normativo dai contorni non chiaramente delineati, in quanto l’analisi prende le mosse dall’art. 18, comma 2 bis, del d.l. 112/2008 e dall’art. 3 bis del d.l. 138/2011, sovrapponendone l’ambito di applicazione, mentre, come si è chiarito, si tratta di precetti con una latitudine applicativa ben diversa [43].

Della sussistenza di una differenza ontologica tra le società di gestione di servizi pubblici e le società strumentali pare, invece, ben avvertita la Sezione Regionale della Lombardia, allorquando precisa che “la minor latitudine delle due disposizioni in oggetto nel caso di società che svolgono servizi pubblici locali a rilevanza economica, legata all’illustrata necessità del requisito ulteriore dell’affidamento diretto, è coerente con la natura di “attività di impresa di enti pubblici” (Corte Cost. n. 326/2008), fisiologicamente protesa al mercato e rivolta al pubblico (consumatori o utenti), a differenza sia della c.d. “attività amministrativa di diritto privato” propria delle società strumentali sia, ovviamente, delle società che svolgono servizi pubblici locali privi di rilevanza economica[44]”.

Riguardo all’insussistenza dell’obbligo di verificare separatamente il rispetto da parte della singola società in house del vincolo percentuale tra spesa corrente e spesa del personale, limpido appare il percorso argomentativo seguito dalla  Sezione Regionale di Controllo Lombardia n.7/2012 PAR; tale parere chiarisce con nitore come una simile interpretazione estensiva della norma si porrebbe in contrasto con i canoni di autonomia organizzativa dell’ente locale e con la natura di principio tipica della potestà legislativa concorrente spettante allo Stato in subjecta materia, oltre che illogico, essendo il consolidamento del gruppo municipale in sé alternativo rispetto al vaglio autonomo del rispetto dei vincoli di legge in capo alla partecipata che di quel gruppo fa parte [45].

 

4) Le norme limitative rivolte agli Enti Locali (nonché alle aziende speciali ed alle società ex art. 4 d.l. 95/2012).

 

4.1) l’obbligo di consolidamento del c.d. “gruppo municipale”.

 

In primo luogo si pone l’obbligo del consolidamento, in capo all’Ente Locale, delle spese di personale dei propri organismi partecipati.

Dispone l’ art. 76 del d.l. 31 maggio 2010 n. 78:

·         al comma 4 che “in caso di mancato rispetto del patto di stabilità interno nell'esercizio precedente è fatto divieto agli enti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione continuata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto”;

·         al comma 7[46] che  “è fatto divieto agli enti nei quali l'incidenza delle spese di personale è pari o superiore al 50 per cento delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo e con qualsivoglia tipologia contrattuale; i restanti enti possono procedere ad assunzioni di personale a tempo indeterminato nel limite del 40 per cento della spesa corrispondente alle cessazioni dell'anno precedente. Ai fini del computo della percentuale di cui al primo periodo si calcolano le spese sostenute anche dalle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che sono titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, nè commerciale, ovvero che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica. Ferma restando l'immediata applicazione della disposizione di cui al precedente periodo, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, di concerto con i Ministri dell'economia e delle finanze e dell'interno, d'intesa con la Conferenza unificata, possono essere ridefiniti i criteri di calcolo della spesa di personale per le predette società. La disposizione di cui al terzo periodo non si applica alle società quotate su mercati regolamentari.”

Sui contenuti dell’obbligo di consolidamento si tornerà a breve.

4.2)  L’obbligo di riduzione progressiva delle spese di personale

 

Dispone l’art. 1, commi 557 e 557 bis della Legge 27 dicembre 2006 n. 296:

·         comma 557 “Ai fini del concorso delle autonomie regionali e locali al rispetto degli obiettivi di finanza pubblica, gli enti sottoposti al patto di stabilità interno assicurano la riduzione delle spese di personale, al lordo degli oneri riflessi a carico delle amministrazioni e dell'IRAP, con esclusione degli oneri relativi ai rinnovi contrattuali, garantendo il contenimento della dinamica retributiva e occupazionale, con azioni da modulare nell'ambito della propria autonomia e rivolte, in termini di principio, ai seguenti ambiti prioritari di intervento:

a) riduzione dell'incidenza percentuale delle spese di personale rispetto al complesso delle spese correnti, attraverso parziale reintegrazione dei cessati e contenimento della spesa per il lavoro flessibile;

b) razionalizzazione e snellimento delle strutture burocratico-amministrative, anche attraverso accorpamenti di uffici con l'obiettivo di ridurre l'incidenza percentuale delle posizioni dirigenziali in organico;

c) contenimento delle dinamiche di crescita della contrattazione integrativa, tenuto anche conto delle corrispondenti disposizioni dettate per le amministrazioni statali” [47].

·         Comma 557-bis “Ai fini dell'applicazione del comma 557, costituiscono spese di personale anche quelle sostenute per i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, per la somministrazione di lavoro, per il personale di cui all'articolo 110 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, nonché per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati partecipati o comunque facenti capo all'ente[48] 

 

Nel corpo del comma 7 dell’articolo 76 del D.Lgs. n. 112/ 2008, l’obbligo di calcolare anche le spese di personale sostenute dalle società partecipate è stato, come noto, introdotto dall’art. 20, comma 9, del d.l. n. 98/2011.

Il legislatore del d.l. 98/2011, peraltro, si è mosso nel solco tracciato con grande chiarezza dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti le quali, qualche mese prima[49] avevano espressamente rilevato che, per una corretta applicazione, in chiave antielusiva, dell’art. 76 comma 7 (nella versione previgente), il limite riferito esclusivamente ad elementi tratti dal bilancio dell’ente non poteva rilevarsi equo, in quanto non teneva conto dei diversi modelli di governance e dei processi di esternalizzazione meritevoli di più accurata valutazione; in tale contesto, la Corte già indicava doversi procedere alla rilevazione delle spese di personale tenendo conto anche del personale impiegato in organismi esterni[50].

Sotto il profilo soggettivo, in questo caso non vi è dubbio circa l’ampiezza dello spettro applicativo della disposizione, che abbraccia pressoché l’intero panorama tipologico delle società pubbliche esistenti:

·         le società pubbliche, quantomeno controllate, titolari di affidamento diretto di servizi pubblici locali senza gara. Riguardo al concetto di controllo, dovrà farsi riferimento – come chiarito dalla Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti[51] - ai parametri indicati dall’art. 2359, comma 1, n. 1 e 2 del codice civile, dovendosi quindi considerare controllate le società nelle quali l’ente locale possiede azioni che gli assicurano la maggioranza dei voti nelle assemblee ordinarie, oppure voti sufficienti ad esercitare un’influenza dominante, con esclusione di quelle sulle quali tale influenza è esercitata attraverso altra società, in base a particolari vincoli contrattuali.

Da sottolineare che il riferimento va inteso esclusivamente alle società partecipate in via diretta, con esclusione, dunque, delle partecipate indirette: “come la Sezione remittente, anche la Sezione delle Autonomie ritiene di valorizzare il requisito, espressamente previsto dalla legge, della partecipazione diretta dell’ente nelle società. Di conseguenza, si dovrà tener conto anche delle società partecipate che hanno natura di holding (solo) in quanto destinatarie di affidamento diretto, mentre non rilevano gli altri affidamenti (di natura indiretta) posti in essere dalla holding rispetto alle società del gruppo”.

·         società che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale, né commerciale (trattasi della figura dell’organismo di diritto pubblico, da tempo nota alle legislazione, nazionale e comunitaria, sugli appalti)[52];

·         le società che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica; si tratta delle c.d. “società strumentali”, previste e disciplinate dal decreto Bersani del 2006 (v. supra, nota 10).

 

 

4.3) Il criterio di consolidamento dei costi del personale della società: le società pluricomunali.

 

Si è chiarito più sopra che l’obbligo di consolidamento vale esclusivamente a livello di “gruppo municipale” [53]

Si è posto, già nell’immediatezza dell’emanazione dell’art. 76, comma 7 citato, il problema di come effettuare in concreto il consolidamento de quo nel caso di società che non svolgessero la propria attività nei confronti di un unico Ente Locale (ed il cui personale, quindi, non operasse esclusivamente a favore del medesimo Ente): al proposito, vi era chi suggeriva di rifarsi alla percentuale di partecipazione dell’Ente nel capitale della Società (criterio peraltro inidoneo a rappresentare la concreta incidenza dei costi del personale della partecipata nei confronti di questo o quell’Ente partecipante) e chi propendeva al contrario per un metodo di calcolo che tenesse conto dell’attività effettivamente e concretamente svolta dalla società nei confronti dell’Ente Locale.

Il chiarimento definitivo della questione è rapidamente intervenuto a mezzo del parere di cui alla deliberazione n. 14/2011 della Sezione delle Autonomie della Corte dei Conti.

La Sezione (per il periodo transitorio di attesa del completamento della sperimentazione per la redazione del bilancio consolidato, con l’armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli Enti Locali e dei loro organismi, prefigurata dal d.lgs. n. 118/2011) ha individuato nei corrispettivi a carico dell’ente lo strumento che consente di attribuire al medesimo le spese di personale della società che possono essere associati alla prestazione dei servizi erogati a fronte di quel corrispettivo.

Nel caso in cui la società partecipata percepisca, in luogo dei corrispettivi, ricavi derivanti da tariffa, la Sezione ha precisato che è possibile utilizzare tali ricavi, associati agli utenti di ciascun ente proprietario, da sommare ad eventuali corrispettivi, se presenti.

La Sezione ha quindi elaborato un metodo sintetico per il calcolo della quota delle spese di personale della società partecipata da sommare alle spese di personale degli enti proprietari.

Il metodo di calcolo si basa sulla seguente proporzione: il valore della produzione della società sta alle spese totali del personale della stessa come il corrispettivo sta alla quota del costo di personale attribuibile all’ente, che è l'incognita da calcolare.

Per risolvere tale proporzione, si moltiplicano le spese del personale per il corrispettivo e si divide il risultato ottenuto per il valore della produzione.

Questo criterio utilizza, ai fini del calcolo, il costo del personale della società (voce B9 del conto economico) senza operare particolari depurazioni, rispondendo all’esigenza sostanziale di individuare un indicatore sintetico della sostenibilità della spesa di personale dell’ente.

Per il calcolo dell’incidenza previsto dall’art. 76, co. 7, d.l. n. 112/2008, la quota di spese del personale della società partecipata, così individuata, va a sommarsi alle spese di personale dell’ente, e il totale si divide per le spese correnti dell’ente[54].

In sintesi, quindi:

a)      il consolidamento va operato solo con riguardo alle partecipate dirette;

b)     deve sussistere un rapporto quantomeno di controllo ex art. 2359 c.c.;

c)      il calcolo va effettuato, nel caso di società pluricomunali, muovendo dai corrispettivi, a carico dell’ente (o dalle tariffe riscosse per conto di esso), rapportati alle spese di personale della società, per individuare la quota di queste ultime da consolidare con quelle dell’Ente Locale, secondo la seguente formula:

CP x CR

   VP

dove:

CP= Costo del personale della società come risultante dalla voce B9 del Conto Economico[55] 

 

Il metodo proposto dalla Sezione (che ha natura di delibera orientativa, non preclusiva di un’eventuale successiva pronuncia vincolante delle Sezioni Riunite) ha il pregio di una notevole semplicità di approccio, che lascia peraltro, proprio per la semplicità di fondo, degli spazi dubbi. Ad esempio, come comportarsi in quei casi in cui il finanziamento del servizio sia a carico di un Ente diverso (ad esempio, il TPL); ovvero nei casi (non infrequenti) in cui per ragioni correlate al rispetto del patto di stabilità interno l’ente non eroghi alla società il corrispettivo? [56] .

Parimenti, con questo criterio vengono indubbiamente penalizzati i c.d. settori labour intensive, dove l’incidenza del costo del lavoro è alto, e dove sono bassi i costi correnti. Ad esempio, nell’ambito del TPL il costo del lavoro sui ricavi raramente è inferiore al 60 – 65%, o della raccolta e spazzamento dei rifiuti, in cui si attesta intorno al 41%; all’opposto si collocano, ad esempio, l’energia elettrica, il gas naturale e l’acqua, con un rapporto del 22%, sino al 15-17% del settore farmaceutico[57].

 

4.4) Problemi applicativi del criterio di consolidamento: i ricavi da corrispettivo e da tariffa.

 

Pur in tale quadro sostanzialmente chiaro, si è registrata qualche posizione che, pur se nella sua declinazione pratica appare favorevole agli Enti, sotto un profilo teorico non può, tuttavia, essere completamente condivisa.

Secondo un’impostazione, infatti (elaborata dalla Sezione Toscana della Corte dei Conti, e poi applicata anche dalla Sezione Lombardia) [58], nel caso in cui una società, in luogo del corrispettivo dal Comune, percepisca ricavi da tariffa a carico della clientela, occorre integrare con un accorgimento il criterio di cui alla deliberazione n. 14/2011 della Sezione delle Autonomie.

Nella citata delibera n. 14/2011 si precisa che, nel caso in cui la società partecipata percepisca, in luogo dei corrispettivi, “ricavi derivanti da tariffa, è possibile utilizzare tali ricavi, associati agli utenti di ciascun ente proprietario, da sommare ad eventuali corrispettivi, se presenti.”

Nel ragionamento della Sezione delle Autonomie peraltro, com’è palese nel testo, l’utilizzo (in via subordinata) del parametro costituito dai ricavi da tariffa è finalizzato esclusivamente (e correttamente) ad individuare la quota di “fatturato” della società da riferirsi all’ente, onde estrapolare poi, percentualmente, la corrispondente quota di costi del personale.

L’argomentazione della Sezione Toscana, da tale dato, inferisce però un “quid pluris” : in presenza di ricavi da tariffa, “……la quota degli introiti da tariffa riferibile al singolo socio-comune va sostituita o sommata al corrispettivo versato dal comune sia in occasione del calcolo della spesa di personale della società attribuibile al comune secondo la proporzione sopra delineata (numeratore), sia in riferimento al calcolo della spesa corrente (denominatore). Difatti mentre il corrispettivo versato dall’ente alla società concorre a formare la spesa corrente dell’ente locale (denominatore) ed è pertanto compreso nella stessa, gli introiti da tariffe direttamente percepiti (e trattenuti) dalla società, non transitando nel bilancio dell’ente locale socio, non verrebbero computati al denominatore della frazione, con conseguente disomogeneità dei dati e, soprattutto, disuguaglianza degli esiti a seconda che vi sia stato o meno ricorso alla gestione esternalizzata”.

Come si diceva, il ragionamento non persuade pur se, nella sua applicazione pratica, si traduce in un vantaggio per gli enti locali (e per le aziende), in quanto, incrementando la voce al denominatore, la percentuale che si ricava dal calcolo si abbassa.

Ed infatti, già la motivazione cui si ricorre per supportare il metodo indicato presenta una perplessità di fondo; essa si fonda infatti sull’assunto che il ricavo da tariffa “avrebbe costituito il contributo versato dal comune alla società (e quindi rientrante nella spesa corrente dell’ente locale) nel caso in cui lo stesso avesse introitato direttamente il gettito derivante dalla tariffa”.

Il paragone tra le due voci non appare del tutto calzante.

Esso parte dal presupposto che tutta la tariffa incassata dall'Ente, nel caso di gestione diretta, verrebbe versata integralmente alla società come corrispettivo: di qui l'invito ad aggiungere la relativa voce al denominatore della formula, pena disparità di trattamento con quegli Enti che non abbiano esternalizzato il servizio.

In realtà, corrispettivo e tariffa sono concetti ontologicamente differenti: nel primo caso viene remunerata l'attività di un terzo, che si inserisce nel contesto di un più ampio servizio reso dall'ente locale; la tariffa, al contrario, costituisce la remunerazione dell'intero servizio e deve essere bastevole a coprire, almeno in via tendenziale (integralmente per quanto concerne il servizio di gestione rifiuti ed il servizio idrico) i costi del servizio.

Tra  tali costi, dal lato dell'Ente Locale, debbono essere ricompresi, secondo quanto disposto dall’art. 14 della legge n. 38/1990, gli oneri diretti ed indiretti del personale, le spese per l’acquisto di beni e servizi, le spese per i trasferimenti e le quote di ammortamento degli impianti e delle attrezzature e le percentuali di copertura degli stessi.

E' dunque evidente che non tutta la tariffa può essere riversata al gestore come corrispettivo (in caso contrario, le prestazioni svolte da parte della struttura comunale resterebbero senza copertura, in violazione della legge); anzi, nella prassi, in caso di gestione diretta del servizio (e dunque di riscossione della tariffa da parte dell'Ente) al terzo materiale erogatore della (o di parte di) prestazione viene corrisposto un corrispettivo che rappresenta  solo una (contenuta) percentuale di quanto complessivamente incassato, mentre  la parte residua viene trattenuta dall'Ente Locale.

E' peraltro comprensibile  lo  sforzo del giudice  contabile che si trova nella condizione anomala di dover comparare un sistema contabile basato su un meccanismo costi – ricavi ed un altro fondato sulla dinamica liquidità – debiti – crediti, o, per dirla in altro modo, dalla convivenza nella materia delle partecipazioni delle pubbliche amministrazioni, di due ordinamenti contabili differenti (finanziario ed economico patrimoniale) [59].

Come è, pure, comprensibile lo sforzo di evitare comportamenti elusivi; tuttavia, non pare possibile comparare situazioni giuridicamente e finanziariamente all'opposto: da un lato gli Enti che hanno esternalizzato un servizio pubblico locale (nel caso esaminato dalla Sezione Toscana, la gestione di una farmacia comunale), che dunque si regge su parametri economici autonomi ed indipendenti, nel quale, al termine dell'esercizio, l'Ente Locale percepisce i proventi del servizio sotto forma di utili; dall'altro, forme di gestione in economia o ibride (con esternalizzazione di parti o fasi dell'attività), che presentano un sistema gestionale tutt'affatto differente e, per certi aspetti, non comparabile al primo.

Sembra, quindi, preferibile l'applicazione sic et simpliciter del metodo elaborato dalla Sezione delle Autonomie.

 

4.5) La riduzione progressiva delle spese di personale del gruppo Ente Locale in chiave consolidata: riflessioni critiche sulla progressiva estensione dell’ambito applicativo della norma.

 

Anche l'art. 1, comma 557 della Legge n. 296/2006, concernente l’obbligo di riduzione delle spese di personale rispetto al precedente esercizio, è stato a sua volta oggetto di un'interpretazione estensiva da parte del giudice contabile, che è giunto alla conclusione per cui che grava sull’ente locale l’obbligo di consolidare la quota parte di spesa di personale ad esso imputabile sostenuta dalla società in house.

Si tratta, invero, della prima cristallizzazione normativa dell’imputazione in capo all’ente locale delle spese sostenute dagli organismi partecipati, avvenuta con l’art. 76 comma 1 del D.L. n. 112 del 2008 (confluito nell’art. 1 comma 557 bis della l. n. 296 del 2006).

Ai fini della verifica dell’obbligo di contenimento di tali oneri da parte di Comuni e Province, infatti, è necessario computare anche la spesa relativa a “tutti i soggetti a vario titolo utilizzati, senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, in strutture e organismi variamente denominati e partecipati o comunque facenti capo all’ente”.

Il Giudice contabile , pur dando atto che la littera legis parrebbe imporre un consolidamento solo parziale, in quanto riferito al personale “a vario titolo utilizzato” nella società “senza estinzione del rapporto di pubblico impiego”,  ha sostenuto che  ai fini della verifica della riduzione della spesa di personale da parte dell’Amministrazione, in funzione di criteri di natura teleologica e sistematica, si deve ricomprendere nella spesa di personale dell’Amministrazione locale la quota parte di personale assunto dalla società partecipata imputabile al predetto ente locale socio (del. Lombardia n. 489/2011 e n. 49/2012, del. 7/2012).

La Corte ha al riguardo rammentato che :

a) il principio di consolidamento è stato più volte ribadito dalle Sezioni riunite della Corte (Corte conti, SSRR in sede di controllo, del.n.3 del 25 gennaio 2011 e n.27 del 12 maggio 2011), nonché da altre importanti pronunzie (deliberazione n. 8 /AUT/2011/QMIG, resa dalla Sezione delle Autonomie il 29 aprile 2011, e del. n. 99 del 5 dicembre 2008 dalla Sezione Lombardia);

b) ai fini del contenimento della spesa, la base di calcolo relativa alla spesa per il personale sostenuta da ciascun ente locale deve tenere conto dei vari sistemi organizzativi nei quali, ormai, si articola l'amministrazione pubblica, per cui  “sono pertanto da considerarsi sostenute direttamente dall’ente locale le spese di personale iscritte nel bilancio della società pubblica in house”; in particolare, la disciplina vincolistica in materia di personale deve essere intesa come riferibile non soltanto all’ente, ma anche a tutte le forme di cooperazione interlocale oltre che di esternalizzazione in senso stretto” (cfr., da ultimo, Sez. Lombardia del. n. 673 del 21.12.2011).

Tale conclusione è stata condivisa anche da altre sezioni regionali di controllo: sez. contr. Campania, 8 febbraio 2011, n. 98 e sez. contr. Calabria, 5 luglio 2011, n. 358, secondo cui è da ritenersi “coerente nonché rispettosa dei vincoli di finanza pubblica la necessità di includere le spese sostenute per il personale di una società a totale partecipazione comunale tra quelle da prendere in considerazione ai fini della valutazione del rispetto dell’obbligo di riduzioni di tali spese, in quanto detta norma, riferita alle spese per il personale di società partecipate sostenute per tutti i soggetti a vario titolo utilizzati senza estinzione del rapporto di pubblico impiego, prende in considerazione - in funzione antielusiva delle norme sul patto di stabilità – solo una fattispecie aggiuntiva rispetto a quella ordinaria, relativa ai lavoratori titolari di rapporto di lavoro privatistico costituito direttamente con la società partecipata”.

Va evidenziato,  comunque, che solo la funzione antielusiva delle norme vincolistiche a carico degli enti locali può in qualche modo giustificare tali estensioni, proprio alla luce, purtroppo, delle evidenze emerse negli ultimi anni nella galassia delle società partecipate dagli enti locali.

Infatti, in chiave puramente economica ed imprenditoriale, un simile meccanismo non dovrebbe trovare alcuna giustificazione, specie per quanto riguarda i servizi pubblici locali.

In tale settore, è la stessa normativa ad imporre che si possa addivenire alla costituzione ed al mantenimento in vita di società pubbliche esclusivamente nel caso in cui la gestione esternalizzata si riveli (e permanga) conveniente per l'ente locale .

Né potrebbe essere diversamente, in quanto la natura della società di capitali obbliga ad una gestione economico finanziaria sana e profittevole, dovendosi sostenere con i proventi del servizio.

In questa chiave di analisi, è palmare che i costi del personale, in un soggetto economico di natura privatistica, in tanto dovrebbero poter crescere fin quando lo permettessero.

Si pensi, ad esempio, alla necessità di assumere del nuovo personale per svolgere nuovi servizi pubblici per gli enti soci che (incredibile dictu !) possano rivelarsi per gli enti stessi qualitativamente migliori, efficaci ed addirittura profittevoli.

Penalizzare gli enti locali che abbiano dato vita ad esperienze di esternalizzazione proficue e redditizie, impedendo di fatto (perché questo è, in definitiva, l'effetto ultimo dell'eventuale raggiungimento del limite percentuale previsto dalla legge da parte del “gruppo” ente locale) l'ampliamento dell'attività dei soggetti societari controllati pur in presenza di prospettive economiche favorevoli, equivale a porre sullo  stesso piano società costantemente in perdita con realtà di eccellenza che, al contrario, aggiungono valore economico e patrimoniale .

 

 

5) L'incidenza dei vincoli sulle società: ulteriori casi di criticità derivanti dall’applicazione estensiva.

 

Si giunge, in tali casi, all'assurdo di vietare alla società la possibilità di assumere un nuovo servizio certamente in utile in presenza di un ente locale controllante con un pessimo rapporto di incidenza delle spese del personale sulle spese correnti totali.

E' l’ipotesi esaminata dalla Sez. Giurisd. per la Regione Lombardia, 5/3/2012 n. 49, in cui un Comune, per fornire un servizio farmaceutico a favore dei cittadini residenti che ne sono privi, avrebbe inteso gestire una farmacia comunale (servizio notoriamente in utile) attraverso la partecipazione ad una società  già da anni costituita e partecipata da soli comuni.

Secondo la Sezione non può sostenersi l’impostazione per cui l’istituzione di un’ulteriore sede farmaceutica possa condurre al superamento dei vincoli percentuali e dei tetti di spesa imposti dalla legislazione finanziaria alle spese di personale sostenute dall’ente locale e dagli organismi partecipati, “atteso che la disciplina vincolistica è incentrata sui valori finanziari indicati nel bilancio dell’ente locale e non sulle funzioni ed i servizi svolti o ipotizzabili in futuro dall’Amministrazione (sul punto cfr. Sezione contr. Lombardia deliberazione n.77/2011/PAR)”. L’intenzione del legislatore tende a ridurre il perimetro della Pubblica Amministrazione, agendo sulla leva finanziaria. “I tetti imposti alle spese di personale e i vincoli assunzionali riferiti alla spesa corrente, si pongono quale limite finanziario alle funzioni e ai servizi erogabili dall’ente, in un periodo storico in cui lo Stato deve necessariamente ridurre la spesa pubblica per rispettare i parametri europei in materia di finanza pubblica”.

La conclusione cui perviene la Sezione rende palese la forzatura sottesa al ragionamento: la nuova sede farmaceutica condurrebbe a nuovi ricavi, non a nuova spesa pubblica, migliorando (e non peggiorando) il dato economico complessivo di bilancio pur in presenza di una o più nuove assunzioni.

Tuttavia, nel rigido schema delle norme vincolistiche (pensate per bilanci di natura finanziaria in cui le entrate sono costituite da tasse o da trasferimenti statali) il concetto di ricavo non trova posto.

Forse avrebbe potuto trovarlo se la Corte di Conti non si fosse trovata nella condizione di dover arginare fenomeni impropri, scarsamente attinenti al centenario settore dei servizi pubblici locali.

In ogni caso, giungere a vietare di fatto agli Enti Locali lo svolgimento di servizi (utili alla collettività e) profittevoli non appare pienamente in linea con il principio del buon andamento sancito dall’art. 97 Cost e, soprattutto, con i principi del federalismo fiscale, in un quadro di sempre maggiore contrazione delle risorse derivanti dal contributo statale agli Enti Locali.

Parimenti, si veda Sez. Reg. Controllo Lombardia n. 461/2012/PAR del 29.10.2012; nella fattispecie sottesa, un Ente Locale ha chiesto alla Sezione se una propria partecipata potesse conteggiare nel 2013 nella capacità di spesa per le assunzioni a tempo indeterminato, la spesa delle cessazioni di personale del servizio asilo nido, dismesso, utilizzandolo per le assunzioni nel servizio farmacia.

La Corte si domanda, quindi se la capacità assunzionale della società in house vada valutata in astratto (ovvero facendo riferimento all’organico della società in house a prescindere dai servizi erogati) o se, diversamente, debba essere valutato in ragione dell’organico deputato allo svolgimento dei servizi in concreto resi al momento in cui la società dovrebbe procedere alla nuova assunzione.

La Sezione ha ritenuto corretta la seconda soluzione in quanto, altrimenti, la comparazione sarebbe falsata dalla mancanza di “omogeneità” dei valori da comparare; ne conseguirebbe, secondo la Sezione, che il limite del 40% della spesa corrispondente alle cessazioni dell’anno precedente  deve essere neutralizzato della componente di spesa per il personale che la società ha sostenuto per la gestione del servizio di asilo nido, in quanto la società in house ha dismesso completamente l’erogazione di questo servizio.

Tale approccio ermeneutico si espone, alla luce di quanto sin qui esposto, a più di una considerazione critica.

In primo luogo, è evidente che se si seguisse il ragionamento proposto, dalla medesima Sezione, con il parere n. 77/2012, occorrerebbe giungere alla conclusione opposta.

Infatti, se è necessario (e probabilmente, in linea con lo spirito della norma, lo è) comparare voci omogenee, in concreto e non in astratto, nell'ipotesi esaminata dalla Sezione Regionale Lombardia con il parere n. 461/2012 si imporrebbe di prendere in considerazione, nel caso di assunzione di un nuovo servizio, come poc'anzi accennato, anche i previsti ricavi da esso derivanti[60], onde comparare ipotesi uniformi.

Inoltre, come si è visto, proprio la Sezione Regionale della Lombardia ha correttamente evidenziato come i limiti alle assunzioni (in questo caso quello derivante dall'art. 76 comma 7 del d.l. 78/2010) siano imposti dal legislatore al gruppo Ente Locale, e non alle singole società, mentre nel caso testé esaminato se ne fa, evidentemente, applicazione nei confronti della singola società, a riprova dell'elevato grado di confusione ed incertezza che regna nella materia.

 

6) Conclusioni; gli obblighi attuali delle società pubbliche e delle aziende speciali. La nota del MSE prot. 946 del 17 gennaio 2013 : la necessità di un chiarimento complessivo della materia da parte del Governo.

 

Come si è tentato sin qui, non senza difficoltà, di riassumere, quindi:

·         gli Enti Locali sono attualmente tenuti ad operare il consolidamento dei costi del personale delle società da essi controllate con il metodo indicato dalla Sezione Autonomie n. 14/2011, senza particolari correttivi rispetto al metodo proposto dalla Sezione;

·         i vincoli posti dalla normativa sopra illustrata (ed in particolare: il divieto di assunzione di personale nel caso in cui l'incidenza del costo del personale superi il 50% del valore della spesa corrente; la possibilità, in caso di non superamento di tale tetto, di assumere a tempo indeterminato solo sino al 40% della spesa a tal fine sostenuta nel 2009; la limitazione del trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti  al livello di quello ordinariamente spettante per l'anno 2010; la limitazione delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale al corrispondente importo dell'anno 2010) si applicano, per quanto riguarda le società di gestione di servizi pubblici in house, a livello di gruppo: pertanto, sarà l'Ente Locale ad acquisire i relativi dati dalla proprie controllate, a verificare il rispetto della norma dopo il consolidamento ed a comunicare alla proprie controllate la sussistenza dei limiti predetti nell'eventualità di uno sforamento a livello di “gruppo municipale”;

·         nel caso, invece, di società strumentali di cui all'art. 4 della cosiddetta “spending review”, nonché di aziende speciali, il rispetto dei vincoli sopra riassunti dovrà essere assicurato autonomamente dalla società o dall'azienda speciale, in virtù della differenziazione operata dal legislatore in funzione delle diversità ontologiche tra le due tipologie di soggetti, come sopra descritte.

 

Ciò, ovviamente, fatta salva la facoltà per l'ente locale socio in house di dettare (consapevolmente) regole maggiormente restrittive mediante idonei atti di indirizzo.

 

Allo stato, quindi, si rivela  pienamente in linea con lo spirito della normativa il contenuto della nota del MSE del 17 gennaio 2013, secondo cui, per quanto riguarda la contrattazione di secondo livello (id est: premio di risultato o di produttività) in considerazione della loro natura industriale e del carattere privatistico del rapporto di lavoro, le società di servizi pubblici in affidamento diretto sono tenute a rispettare, nell'esercizio della loro autonomia contrattuale e gestionale, i limiti previsti dalla legge e le direttive dell'ente controllante.

 

E', peraltro, auspicabile che, come anticipato dallo stesso Ministero nella suddetta nota, venga emanato al più presto il documento  interpretativo di carattere generale  in fase di predisposizione da parte del medesimo Ministero di concerto con l'Ufficio Legislativo del Ministero dell'Economia e delle Finanze e con l'Ufficio di Gabinetto del Dipartimento Affari Regionali, Turismo e Sport della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

 

 

Legnano, 19 aprile 2013                         

 

 

 

 



[1]     Recentissima è, da ultimo, la nota del Ministero dello Sviluppo Economico prot. 946 del 17 gennaio 2013, inviata alle federazioni di categoria Federambiente e Federutility, nella quale si anticipa che lo stesso Ministero dello Sviluppo Economico, in collaborazione con il Ministero dell'Economia e delle Finanza e del Dipartimento per gli Affari Regionali della Presidenza del Consiglio dei Ministri starebbero predisponendo un documento chiarificatore in materia di vincoli alle assunzioni di personale di contenimento della spesa all'interno delle società pubbliche. La nota fa seguito ad una serie di lettere di richiesta di chiarimenti in materia di vincoli e limiti concernenti il personale inviate, dalle citate federazioni, a diversi Ministeri

[2]     Non ci addentra qui, per ragioni di brevità espositiva, nelle differenze (invero limitate) intercorrenti in materia di selezione del personale tra le società in house e le altre società pubbliche, distinzione di cui si trova traccia nel differente regime previsto dal primo e dal secondo comma dell'art. 18 del D.Lgs. 112/2008

[3]     Che, nel primo caso, dovranno essere rispettosi dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 20 marzo 2011 n. 165, e nel secondo caso dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, imparzialità e pubblicità : Art. 18, commi 1 e 2 D.Lgs. 25 giugno 2008 n. 112. Così dispone il comma terzo dell'art.35 del d.lgs. 165/2001 : “Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti principi: a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione; b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in relazione alla posizione da ricoprire; c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori; d) decentramento delle procedure di reclutamento; e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali”

[4]     Il quale, a mente dell'art. 3, lettera b) del R.D. 15-10-1925 n. 2578, recante  il Testo unico della legge sull'assunzione diretta dei pubblici servizi, stabiliva “le norme per l'assunzione in servizio e per il licenziamento del personale, escluso qualsiasi onere di pensioni a carico diretto dell'ente o della azienda “

[5]     Anche se, già nel contesto del R.D. n. 2578/1925, l'unico obbligo di concorso  espressamente previsto dalla legge concerneva il solo Direttore, ed era sancito dall'art. 4, comma secondo, del citato  Regio Decreto:  “Il direttore è, di regola, nominato in seguito a pubblico concorso dalla commissione di cui all'articolo seguente, con l'intervento di almeno due terzi dei suoi componenti...  Il direttore potrà essere eccezionalmente nominato per chiamata, ma in tal caso la sua nomina dovrà essere proposta dalla commissione a voti unanimi e approvata dal consiglio comunale con l'intervento di almeno due terzi dei consiglieri in carica.” Cfr. anche l'art. 32 del D.P.R. attuativo del Regio Decreto, il D.P.R. 4.10-1986 n. 902, recante “Approvazione del nuovo regolamento delle aziende di servizi dipendenti dagli enti locali”, in S.O. G.U. 27.12.1986, n. 299

[6]     Grande attenzione era invece rivolta all'ipotesi di personale da assumersi dall'appaltatore o concessionario uscente, nel caso in cui il Comune rilevasse la gestione di un privato: ai sensi dell'art. 3 del DPR 902/86, infatti “Nella deliberazione di assunzione diretta di un servizio, già affidato in appalto od in concessione, oltre agli elementi di cui al precedente art. 2, devono indicarsi: a) l'eventuale onere annuale a carico del comune che non dovrà risultare superiore a quello sostenuto per l'appalto o per i contributi assegnati all'impresa concessionaria; b) il personale da assumere, che non deve essere superiore a quello in servizio presso l'impresa appaltatrice o concessionaria alla fine del sesto mese anteriore alla deliberazione di cui sopra sulla base dei libri paga e matricola, salvo i lavoratori stagionali richiesti dal processo produttivo. Nel caso di imprese appaltatrici o concessionarie che gestiscono più servizi, il numero dei lavoratori da assumere è determinato sulla base del personale effettivamente impiegato nel servizio che viene assunto in gestione dal comune. Il personale da assumere per il servizio gas non può comunque risultare superiore all'aliquota ammessa dal comitato provinciale prezzi per la determinazione e la revisione delle tariffe. Al personale assunto in base al presente articolo può essere corrisposto un assegno personale, riassorbibile con i futuri miglioramenti, pari all'eventuale differenza tra il trattamento economico già in godimento e quello spettante in applicazione degli accordi nazionali di categoria propri della forma di assunzione prescelta del servizio”

[7]     Anche in virtù del superamento, dovuto all'affermarsi delle nuove aziende speciali nate sulla spinta della L. 142/1990, dei precedenti  regolamenti speciali

[8]     Non è questa la sede per analisi metagiuridiche, ma corre peraltro l'obbligo di rimarcare le numerose storture cui quel sistema ha dato luogo, anche con eclatanti casi di clientelismo ben noti all'opinione pubblica.

[9]     Recitava infatti, l’art. 23 bis, comma 10, del D.Lgs. n. 112/2008: “ll Governo, su proposta del Ministro per i rapporti con le regioni ed entro il 31 dicembre 2009, sentita la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, nonché le competenti Commissioni parlamentari, adotta uno o più regolamenti, ai sensi dell’ articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al fine di:  a) prevedere… l’osservanza da parte delle società in house e delle società a partecipazione mista pubblica e privata di procedure ad evidenza pubblica per l’acquisto di beni e servizi e l’assunzione di personale”

[10]   Cfr. Circolare Confservizi n. 324/08/AL/CS/gg del 19 settembre 2008

[11]Ciò in funzione della prevalenza dell’art. 23 bis sull’art. 18 suddetto, in virtù del principio generale di successione delle   norme nel tempo e del principio di specialità.

[12]Il D.P.R. 168/2010, all’articolo 7 ( recante “Assunzione di personale da parte delle societa' «in house» e delle societa' miste”) ha previsto che “Le societa' a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”, con una disposizione invero analoga a quella contenuta nell’art. 18 comma primo, del D.Lgs. n. 112/2008.

[13]   Cfr., ad esempio, l'art. 2, comma 2 lettera b) del DPR n. 902/1986, concernente in generale l'assunzione diretta dei servizi da parte dell'ente locale, ovvero ancora l'art. 5 del medesimo DPR n. 902/1986, per il caso dell'estensione ad altro Comune  dell'attività dell'azienda speciale di un Ente Locale. Cfr. inoltre, riguardo all'istruttoria di tipo tecnico – economico prodromica all'assunzione diretta di un servizio :  Consiglio di Stato, V, 14 dicembre 1988, n° 818; id. V, 3 aprile 1990 n° 319; TAR Piemonte, Sez. II, 21/3/1996 n. 159.

[14]   Disciplinate positivamente per la prima volta dall’art. 13 del d.l. n. 223/2006  D.L. 4.7.2006 n. 223, “Disposizioni urgenti per il rilancio economico e sociale, per il contenimento e la razionalizzazione della spesa pubblica, nonchè interventi in materia di entrate e di contrasto all'evasione fiscale”, in G.U.  4 luglio 2006, n. 153, art 13. “Norme per la riduzione dei costi degli apparati pubblici regionali e locali e a tutela della concorrenza”, il quale, nella versione attualmente vigente, prevede che “ 1. Al fine di evitare alterazioni o distorsioni della concorrenza e del mercato e di assicurare la parità degli operatori nel territorio nazionale, le società, a capitale interamente pubblico o misto, costituite o partecipate dalle amministrazioni pubbliche regionali e locali per la produzione di beni e servizi strumentali all'attività di tali enti in funzione della loro attività, con esclusione dei servizi pubblici locali e dei servizi di committenza o delle centrali di committenza apprestati a livello regionale a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all'articolo 3, comma 25, del codice dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonchè, nei casi consentiti dalla legge, per lo svolgimento esternalizzato di funzioni amministrative di loro competenza, devono operare con gli enti costituenti o partecipanti o affidanti, non possono svolgere prestazioni a favore di altri soggetti pubblici o privati, nè in affidamento diretto nè con gara, e non possono partecipare ad altre società o enti aventi sede nel territorio nazionale. Le società che svolgono l'attività di intermediazione finanziaria prevista dal testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, sono escluse dal divieto di partecipazione ad altre società o enti. 2. Le società di cui al comma 1 sono ad oggetto sociale esclusivo e non possono agire in violazione delle regole di cui al comma 1. 3. Al fine di assicurare l'effettività delle precedenti disposizioni, le società di cui al comma 1 cessano entro quarantadue mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto le attività non consentite. A tale fine possono cedere, nel rispetto delle procedure ad evidenza pubblica, le attività non consentite a terzi ovvero scorporarle, anche costituendo una separata società. I contratti relativi alle attività non cedute o scorporate ai sensi del periodo precedente perdono efficacia alla scadenza del termine indicato nel primo periodo del presente comma. 4. I contratti conclusi, dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, in violazione delle prescrizioni dei commi 1 e 2 sono nulli. Restano validi, fatte salve le prescrizioni di cui al comma 3, i contratti conclusi dopo la data di entrata in vigore del presente decreto, ma in esito a procedure di aggiudicazione bandite prima della predetta data.

[15]   Come evidenziato dalla Corte Costituzionale con la sentenza 1° agosto 2008, n. 328, le predette disposizioni "…definiscono il proprio ambito di applicazione non secondo il titolo giuridico in base al quale le società operano, ma in relazione all’oggetto sociale di queste ultime" e sono "… fondate sulla distinzione tra attività amministrativa in forma privatistica e attività d’impresa di enti pubblici. L’una e l’altra possono essere svolte attraverso società di capitali, ma le condizioni di svolgimento sono diverse. Nel primo caso vi è attività amministrativa, di natura finale o strumentale, posta in essere da società di capitali che operano per conto di una pubblica amministrazione. Nel secondo caso vi è erogazione di servizi rivolta al pubblico (consumatori o utenti), in regime di concorrenza”. Il legislatore ha pertanto inteso "..separare le due sfere di attività per evitare che un soggetto, che svolge attività amministrativa, eserciti allo stesso tempo attività d’impresa, beneficiando dei privilegi dei quali esso può godere in quanto pubblica amministrazione"; in tal modo, secondo la Corte, "non è negata né limitata la libertà di iniziativa economica degli enti territoriali, ma è imposto loro di esercitarla distintamente dalle proprie funzioni amministrative, rimediando ad una frequente commistione, che il legislatore statale ha reputato distorsiva della concorrenza". Con particolare riferimento al requisito della strumentalità, la giurisprudenza amministrativa (C.d.S., sez. V, 7 luglio 2009, n. 4346) ha chiarito che esso sussiste "…allorquando l’attività che le società sono chiamate a svolgere sia rivolta agli stessi enti promotori o comunque azionisti della società per svolgere le funzioni di supporto di tali amministrazioni pubbliche, secondo l’ordinamento amministrativo" e per il perseguimento dei loro fini istituzionali (C.d.S., sez. V, 12 giugno 2009, n. 3766), mirando pertanto il divieto in questione "…ad escludere che le società strumentali possano svolgere, in relazione alla loro posizione privilegiata, altre attività a favore di altri soggetti pubblici o privati perché se così fosse si creerebbe un’alterazione o una distorsione della concorrenza o del mercato". E’ in tale ottica che si giustifica, del resto, la previsione di cui al secondo comma del ricordato articolo 13, che impone a tali società strumentali un oggetto sociale esclusivo, con la precisazione che esso non deve essere inteso come divieto delle società multiutilities, ma come rafforzamento delle regola della esclusività (ancora C.d.S., sez. V, 7 luglio 2009, n. 4346; A.P. 3 marzo 2008, n. 1) Così C.d.S., sez. V, 5 marzo 2010 n. 1282.

[16]     Art. 18.  Reclutamento del personale delle società pubbliche (nel testo in vigore dal 5 agosto 2009, a seguito del D.L. 78/2009)

      1. A decorrere dal sessantesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto-legge, le società che gestiscono servizi pubblici locali a totale partecipazione pubblica adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. 2.  Le altre società a partecipazione pubblica totale o di controllo adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi, anche di derivazione comunitaria, di trasparenza, pubblicità e imparzialità. 2-bis.  Le disposizioni che stabiliscono, a carico delle amministrazioni di cui all’ articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale si applicano, in relazione al regime previsto per l’amministrazione controllante, anche alle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 5 dell’ articolo 1 della legge 30 dicembre 2004, n. 311. Le predette società adeguano inoltre le proprie politiche di personale alle disposizioni vigenti per le amministrazioni controllanti in materia di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze. Con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell’interno e per i rapporti con le regioni, sentita la Conferenza unificata di cui all’ articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, da emanare entro il 30 settembre 2009, sono definite le modalità e la modulistica per l’assoggettamento al patto di stabilità interno delle società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo che siano titolari di affidamenti diretti di servizi pubblici locali senza gara, ovvero che svolgano funzioni volte a soddisfare esigenze di interesse generale aventi carattere non industriale né commerciale, ovvero che svolgano attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni amministrative di natura pubblicistica. (comma inserito dall'art. 19, comma 1, D.L. 1° luglio 2009, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 3 agosto 2009, n. 102.) 3.  Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano alle società quotate su mercati regolamentati.

[17]   Tale sembra essere, infatti, l’intenzione del legislatore, anche se, è bene ricordarlo, il legislatore del D.L. 95/2012 non si occupa delle società strumentali tout court (così come disciplinate dall’art. 13 del decreto Bersani), ma solo delle società che, nel corso dell’esercizio 2011, abbiano conseguito più del 90 per cento del proprio con l’ente o gli enti controllanti. La differenza non è di poco conto, giacchè sembrerebbero escluse tutte quelle società che, pur esercendo servizi strumentali – in violazione dell’art. 13 citato – abbiano fatturato, ad esempio, solo l’85 per cento nei confronti dei propri soci, mantenendo attività marginali nei confronti di terzi.

[18]  L’art 23 bis, come è noto, è stato abrogato del Referendum popolare del 12 e 13 giugno 2011 e, di lì a pochi giorni, sostituito con l’art. 4 del D.L. 13-8-2011 n. 138 (Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, in G.U. 13 agosto 2011, n. 188), recante “Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall'Unione europea”. E’ altrettanto noto che “l’adeguamento al referendum popolare” declamato nel titolo non ha convinto la Corte Costituzionale che, con sentenza n. 199 del 17 luglio 2010 ha posto nel nulla l’intera norma, proprio in virtù del mancato rispetto, da parte del Legislatore, della volontà del corpo elettorale come sancita dal Referendum. L’art. 4, in materia di personale delle società in house di gestione di servizi pubblici a rilevanza economica disponeva, al comma 17, che “ Fermo restando quanto previsto dall'articolo 18, comma 2-bis, primo e secondo periodo, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e successive modificazioni, le società a partecipazione pubblica che gestiscono servizi pubblici locali adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Fino all'adozione dei predetti provvedimenti, è fatto divieto di procedere al reclutamento di personale ovvero di conferire incarichi. Il presente comma non si applica alle società quotate in mercati regolamentati”. Rispetto alla norma dell’art. 10 del DPR n. 168/2010, la nuova disposizione si limitava ad aggiungere una clausola di salvezza dell’art. 18, comma 2 bis, del D.Lgs. n. 112/2008, introdotta dal D.L. 78/2009 (in materia di costi del personale e di applicazione del patto di stabilità), e rispetto alla quale il coordinamento con il richiamato art. 7 aveva generato qualche interrogativo in dottrina e nella prassi.

[19]   Il quale al comma 6 prevede che “Le società affidatarie in house … adottano, con propri provvedimenti, criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi nel rispetto dei principi di cui al comma 3 dell'articolo 35 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché delle disposizioni che stabiliscono a carico degli enti locali divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitarie e per le consulenze anche degli amministratori”

[20]   O meglio, più precisamente: alle “società controllate direttamente o indirettamente dalle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che abbiano conseguito nell'anno 2011 un fatturato da prestazione di servizi a favore di pubbliche amministrazioni superiore al 90 per cento dell'intero fatturato”, definizione che non coincide totalmente con quella di società strumentali, in quanto con il D.L. 95/2012 il legislatore ha inteso utilizzare un linguaggio differente da quello del decreto Bersani n. 223/2006, con la conseguenza che le due norme non “si parlano” tra loro, con non pochi problemi applicativi (quando non paradossi: che disposizioni dovrà applicare, per l'assunzione di personale, una società strumentale costituita nel 2012 o nel 2013 ?)

[21]   D.L. 6-7-2012 n. 95 Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario, in G.U. 6 luglio 2012, n. 156, S.O., Art. 4  Riduzione di spese, messa in liquidazione e privatizzazione di società pubbliche. “Co. 9.  A decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto e fino al 31 dicembre 2015, alle società di cui al comma 1 si applicano le disposizioni limitative delle assunzioni previste per l'amministrazione controllante. Resta fermo, sino alla data di entrata in vigore del presente decreto, quanto previsto dall'articolo 9, comma 29, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122. Salva comunque l'applicazione della disposizione più restrittiva prevista dal primo periodo del presente comma, continua ad applicarsi l'articolo 18, comma 2, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 , convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133.  Co 10.  A decorrere dall'anno 2013 le società di cui al comma 1 possono avvalersi di personale a tempo determinato ovvero con contratti di collaborazione coordinata e continuativa nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le rispettive finalità nell'anno 2009. Le medesime società applicano le disposizioni di cui all'articolo 7, commi 6 e 6-bis, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in materia di presupposti, limiti e obblighi di trasparenza nel conferimento degli incarichi. Co 11.  A decorrere dal 1° gennaio 2013 e fino al 31 dicembre 2014 il trattamento economico complessivo dei singoli dipendenti delle società di cui al comma 1, ivi compreso quello accessorio, non può superare quello ordinariamente spettante per l'anno 2011. Co. 12.  Le amministrazioni vigilanti verificano sul rispetto dei vincoli di cui ai commi precedenti; in caso di violazione dei suddetti vincoli gli amministratori esecutivi e i dirigenti responsabili della società rispondono, a titolo di danno erariale, per le retribuzioni ed i compensi erogati in virtù dei contratti stipulati.

[22]   D.Lgs. 18.8.2000 n. 267 Articolo 114  Aziende speciali ed istituzioni, Comma 5 bis “A decorrere all'anno 2013, le aziende speciali e le istituzioni sono assoggettate al patto di stabilità interno secondo le modalità definite con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con i Ministri dell'interno e per gli affari regionali, il turismo e lo sport, sentita la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali, da emanare entro il 30 ottobre 2012. A tal fine, le aziende speciali e le istituzioni si iscrivono e depositano i propri bilanci al registro delle imprese o nel repertorio delle notizie economico-amministrative della camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura del proprio territorio entro il 31 maggio di ciascun anno. L'Unioncamere trasmette al Ministero dell'economia e delle finanze, entro il 30 giugno, l'elenco delle predette aziende speciali e istituzioni ed i relativi dati di bilancio. Alle aziende speciali ed alle istituzioni si applicano le disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché le disposizioni che stabiliscono, a carico degli enti locali: divieto o limitazioni alle assunzioni di personale; contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenza anche degli amministratori; obblighi e limiti alla partecipazione societaria degli enti locali. Gli enti locali vigilano sull'osservanza del presente comma da parte dei soggetti indicati ai periodi precedenti. Sono escluse dall'applicazione delle disposizioni del presente comma aziende speciali e istituzioni che gestiscono servizi socio-assistenziali ed educativi, culturali e farmacie”.

[23]   Come è noto si tratta dell'elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuate dall'Istat ai sensi dell’articolo 1, comma 3 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (Legge  di contabilità e di finanza pubblica); attualmente occorre far riferimento all'elenco pubblicato in G.U. n. 227 del 28.9.2012. Tale elenco non comprende, con un riferimento di carattere generale, le società di servizi pubblici locali in house (e non) ovvero le società strumentali (mentre, al contrario, altre amministrazioni pubbliche sono individuate con  una locuzione generale – a riprova del fatto che il diverso metro applicato alle società costituisce una circostanza voluta -: ad esempio le Province, i Comuni, le Aziende Ospedaliere, le AATO, le Camere di Commercio, le Aziende Sanitarie Locali, I Consorzi tra le Amministrazioni Locali, le Autorità portuali, i Parchi nazionali, consorzi e enti gestori di parchi e aree naturali protette) ma, al contrario, alcune specifiche e ben individuate società pubbliche, locali e non. Ad esempio: Azienda Trasporti Collettivi e Mobilità S.p.A.- ATCM S.p.A.,  Azienda Trasporti Provinciali S.p.A. – ATP S.p.A. Genova; Area Stazione – Società di trasformazione urbana S.p.A. ; Authority – Società di trasformazione urbana S.p.A.; Azienda Strade Lazio S.p.a – ASTRAL; Interventi geo-ambientali S.p.A. – IGEA S.p.A. ; Metro Parma S.r.l.; Patrimonio del Trentino S.p.A. ; Piceno Sviluppo S.c.r.l.; Quadrilatero Marche – Umbria S.p.A.. Ed ancora: Riscossione Sicilia S.p.A.; Società Autobus Servizi d’Area/Staedtischer Autobus Service AG – SASA S.p.A. AG ; S.C.R. Piemonte S.p.A. – Società di committenza della Regione Piemonte; Serit Sicilia S.p.A; Sicilia Patrimonio Immobiliare S.p.A ; Società Autolinee Alto Monferrato Ovadese S.p.A. – S.A.A.M.O S.p.A.; Società Concessioni Autostradali Lombarde S.p.A.; Società Infrastrutture Lombarde S.p.A.; Società Opere Pubbliche di Interesse Regionale S.p.A.; Sviluppo e patrimonio S.r.l.; Tirreno Eco Sviluppo 2000 S.c.a.r.l.; Trentino Riscossione S.p.A.

[24]   La giurisprudenza meno recente del Consiglio di Stato affermava infatti che “il semplice inserimento in un elenco statistico non appare produttivo di effetti sostanziali, in quanto trattasi di una semplice ricognizione effettuata secondo criteri prestabiliti a livello europeo”: Consiglio di Stato, ordinanza n. 3695/08, rg. n. 5023/08, e ordinanza n. 975/2011, rg. n. 357/2011.

[25]   Cfr. Consiglio di stato, Sez VI - Sentenza 28 novembre 2012 n. 6014,  in ordine all'autonoma lesività, e dunque suscettibilità di autonoma impugnazione, del provvedimento dell'ISTAT di inserimento nell'elenco

[26]   Cfr. l’audizione del Presidente dell’ISTAT del 20 gennaio 2011 presso le Commissioni riunite di Camera e Senato competenti nella materia del “Bilancio dello Stato”. In tale sede il Presidente dell’ISTAT ha posto all’attenzione del Parlamento l’opportunità, vieppiù pressante, di riformare il meccanismo sotteso alla redazione dell’elenco. In particolare, il Presidente dell’ISTAT ha affermato che “il richiamo che la normativa vigente opera alla lista al fine di riconnettervi determinati effetti giuridico-economici, pratica ripresa peraltro nel decreto legge n. 78 del 2010, poi convertito in legge, trasforma — nella sostanza — una “lista statistica” in una “lista amministrativa”, nel momento in cui dall’inclusione o meno in tale lista possano discendere effetti giuridici pregiudizievoli per i singoli soggetti”, aggiungendo che “sotto il profilo teorico si ritiene che una lista delle amministrazioni pubbliche — utilizzata per fini giuridico-amministrativi —  debba essere costruita in modo rigoroso, sulla base di precise categorie giuridiche, onde evitare che alcune unità possano sottrarsi a questi effetti e/o subirli a causa della mancata e/o avvenuta inclusione nella lista. Viceversa, le finalità per le quali la lista S13 è costruita e i criteri statistico-economici che ne costituiscono la base non consentono l’applicazione fedele di tali categorie giuridiche”.

[27]   TAR Lombardia, Milano , Sez. III, n. 501/2012 del 13 febbraio 2012

[28]   Corte dei Conti, Sez. Controllo Puglia, 17.5.2012 n. 64; Sezione regionale di controllo per il Piemonte, n. 56/2011; Sezione regionale di controllo per la Toscana, n. 12/2011; Corte di Conti Deliberazione n.84/2012

[29]  Cfr. Annamaria De Michele, I processi di pubblicizzazione delle società partecipate dalle regioni e dagli Enti Locali, in http://www.regione.emilia-romagna.it ;

[30]   Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia n. 479/2011/PAR del 14 settembre 2011

[31]  Secondo tale assunto, l’attività di inserimento nell’elenco non avrebbe carattere di discrezionalità, ma rappresenterebbe conseguenza diretta della legge e, in particolare, delle scelte di indirizzo politico, in attuazione dei parametri comunitari (si tratta di tesi condivisa, recentemente, da Corte dei Conti, Sez. Regionale Controllo per la Calabria, n. 84/2012 del 14 giugno 2012)

[32]   Recente parere n. 7/2012 PAR del 19 gennaio 2012

[33]   TAR Lombardia Milano sez. I 4/2/2013 n. 326

[34]  Cinzia Barisano, Consigliere della Corte dei conti, “I vincoli gravanti sulle società partecipate” Relazione svolta nel corso del Convegno di Legautonomie sulle liberalizzazioni dei servizi pubblici locali (Roma, 16 febbraio 2012), in http://www.legautonomie.it ;

[35]   A. Lucarelli, “La sentenza della Corte Costituzionale n. 199/2012 e la questione dell’inapplicabilità del patto di stabilità interno alle S.p.A. in house ed alle aziende speciali” in www.federalismi.it n. 18/2012

[36]   Corte di Conti, Sez. Regionale di Controllo per la Lombardia, n. 260/2012/PAR del 29 maggio 2012, cit.

[37]   Corte dei Conti, Sez. regionale Controllo Lombardia, n. 260/2012 PAR, cit.

[38]      Si veda, in senso conforme, Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia, n. 219/2012 PAR del 15 maggio 2012, cit., secondo cui “ Il nuovo art. 25 del d.l. n. 1/2012, convertito con legge n. 27/2012, si distingue dalle due norme previgenti sia per l’ambito soggettivo d’applicazione che per il precetto… Sul piano precettivo impone alle società di adottare, con propri provvedimenti (richiedendo, quindi, l’intermediazione di un atto interno a carattere generale), criteri e modalità per il reclutamento del personale e per il conferimento degli incarichi “nel rispetto…delle disposizioni che stabiliscono a carico degli enti locali….contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitarie” nonché divieti e limitazioni alle assunzioni...

[39]   Cfr. supra, nota 22

[40]   Corte conti, sez. contr. Liguria, parere 9 agosto 2012 n. 91, che richiama le deliberazioni n. n. 119 e n. 219 del 2012, : “il legislatore, nell’art. 25, al comma 2, del d.l. n. 1/2012, ha introdotto una disposizione di “rinvio dinamico” alla disciplina dell’ente locale controllante per il personale di Aziende speciali e Istituzioni, in parte analoga a quella per le società in house, ma con alcune specifiche esclusioni”. Così, infatti, Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia n. 219/2012/PAR del 15 maggio 2012 “Orbene, il legislatore, nell’art. 25, al comma 2, del d.l. n. 1/2012, ha introdotto una disposizione di “rinvio dinamico” alla disciplina dell’ente locale controllante per il personale di Aziende speciali e Istituzioni, in parte analoga a quella per le società in house, ma con alcune specifiche esclusioni. Infatti, introducendo un nuovo comma 5 bis nell’art. 114 del TUEL d.lgs. n. 267/2000, ha statuito che alle aziende speciali ed alle istituzioni si applicano le disposizioni del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, nonché le disposizioni che stabiliscono, a carico degli enti locali: divieto o limitazioni alle assunzioni di personale; contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenza anche degli amministratori. Gli enti locali vigilano sull'osservanza del presente comma da parte dei soggetti indicati ai periodi precedenti”

[41]   “ ..la Sezione ritiene che l’applicazione alle società delle norme contenenti limiti in tema di spesa di personale degli enti locali debba avvenire con riferimento alla sola società e non in forma consolidata con l’ente locale di appartenenza, vale a dire che l’applicazione delle norme deve avvenire distintamente, per l’ente locale da una parte e per la società dall’altra. La società, infatti, sarà tenuta ad applicare le norme di cui all’art. 1, comma 557 della L. 296/2006 (legge finanziaria per il 2007) e dell’art. 76, comma 7, D.L. 112/2008, convertito dalla L. 133/2008 con riferimento esclusivo ai propri documenti contabili e ai dati del proprio bilancio. Allo stesso modo l’ente locale applica le limitazioni di legge che lo riguardano riferendosi al proprio bilancio, fatta eccezione per lo specifico consolidamento che l’art. 76 comma 7, sopra citato, impone e che obbliga l’ente a considerare, ai fini del confronto strutturale spesa di personale-spesa corrente, anche la spesa sostenuta dalle società da esso partecipate. A tal fine, si ricorda che il consolidamento in questione va computato dall’ente locale secondo le indicazioni fornite dalla Sezione delle autonomie, nella deliberazione n. 14 del 28 dicembre 2011 resa su questione di massima, alla quale si fa espresso rinvio”

[42]   Si rinvia, in proposito al parere n. 260/2012 PAR della Sezione Regionale della Lombardia, citato alla nota 34

[43]   Lo conferma l’affermazione testuale con cui la Corte delinea il panorama normativo di riferimento per il quesito posto: “Nel merito, la disciplina di cui all’art. 18, comma 2 bis del D.L. 112/2008, convertito dalla L. 133/2008 e di cui all’art. 3bis, comma 6 del D.L. 138/2011, come inserito dall’art. 25, comma 1 del D.L. 1/2012, convertito in L. 27/2012 prevede che le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo debbano attenersi alle norme dettate per gli locali controllanti che prevedano limiti e divieti in tema di spesa di personale e altro”. Come si è chiarito, al contrario, l’art. 18 comma 2 bis denota”uno stretto raccordo con l’art. 20, comma 9 del d.l. 98/2011” (così Corte dei Conti, Sezione Controllo Lombardia, Parere n. 7/2012/PAR del 10 gennaio 2012 – che peraltro si richiama espressamente alla delibera della Sezione Autonomie n. 14 del 28 dicembre 2011), mentre l’art. 3 bis del d.l. 138/2011 si rivolge ad altra platea di destinatari (le società affidatarie in house di servizi pubblici locali di rilevanza economica)

[44]   Corte dei conti, sez. giurisd. per la Regione Lombardia, parere n. 49/2012 PAR del 5/3/2012

[45]   Così argomenta la Sezione : “Al fine di dimostrare l’esistenza di un concorrente ed autonomo vincolo percentuale in capo alla società in house singolarmente intesa, risulterebbe necessario interpretare la disposizioni in oggetto nel senso di estendere direttamente alle società in questione le restrizioni in materia di assunzione di personale, in via indipendente rispetto all'ente locale che ne detiene il patrimonio o ne controlla l’operato (ovviamente adottandone il relativo regime normativo). In effetti, dal precetto secondo il quale le disposizioni che stabiliscono divieti o limitazioni alle assunzioni “si applicano” alle società partecipate sembrerebbe desumersi che tali società debbono garantire, “in proprio” il rispetto degli obblighi imposti all’ente locale controllante per poter assumere personale. Ad esempio, se l’amministrazione controllante è soggetta al patto di stabilità interno, in base a tale interpretazione la società controllata sarebbe tenuta alla riduzione progressiva della spesa di personale (con connesso contenimento del turn-over) nonché, in ogni caso, a garantire che quest'ultima incidenza sia inferiore al 50% delle spese correnti (cfr. l’art. 28 comma 11 quater del d.l. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito nella l. 22 dicembre 2011 n. 214, che ha elevato al 50% la precedente soglia del 40%). Altrimenti, la singola società partecipata incorrerebbe nel blocco totale delle assunzioni avendo violato un obbligo proprio, il cui contenuto sarebbe frutto del rinvio dinamico alla disciplina normativa dell’Amministrazione controllante. Il Collegio segnala, però, in senso contrario che il recente quadro legale ha nettamente optato per il principio del consolidamento delle spese di personale e, più in generale, dei risultati economico/finanziari in capo al “gruppo municipale”, nei contorni definiti (con disposizione settoriale) dal d.l. n. 98/2011 e (in via generale) dal d.lgs. n. 118/2011. In questa direzione appare, altresì, orientata l’interpretazione delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti in sede nomofilattica (SS.RR. del. nn. 3 e 27 del 2011). Tale inequivoca scelta legislativa si rivela oggi dirimente, al fine di orientare l’interprete nei casi dubbi in sede di interpretazione sistematica delle modalità applicative dei vincoli finanziari. L’obbligo di consolidamento, quantomeno nei casi espressamente previsti da singole previsioni di legge tra cui il limite percentuale tra spesa di personale e spese correnti ex d.l. n. 98/2011, costituisce, dunque, un punto fermo (cfr., altresì, Sez. Autonomie delibera n. 14 del 28 dicembre 2011). E’ pur vero che, in linea teorica, non vi sarebbe un’aprioristica incompatibilità concettuale tra l’esistenza di un vincolo complessivo in capo al gruppo municipale e la presenza delle medesime limitazioni in capo ad alcuni (soltanto) degli organismi che ne fanno parte, nel caso di cui al presente quesito in capo alle tre tipologie di società ex art 18 co. 2 bis d.l. 112/2008. Ne potrebbe derivare un doppio vaglio sul rispetto del limite finanziario, prima in capo a tali singoli organismi e poi complessivamente in capo al gruppo municipale. Peraltro, tale opzione appare al Collegio obiettivamente irragionevole. In primo luogo, essa si rivela in palese contrasto con i canoni di autonomia organizzativa dell’ente locale e con la natura di principio tipica della potestà legislativa concorrente dello Stato nella materia del coordinamento della finanza pubblica (cui appartengono le disposizioni finanziarie in oggetto). Inoltre, non sembra logico imporre un tetto specifico in capo alle tre tipologie di società partecipate in oggetto, e non invece in capo all’ente locale medesimo singolarmente inteso, in relazione al quale l’opzione del Legislatore in favore del consolidamento comporta la rilevanza della percentuale complessiva derivante dall’attività del “gruppo” in favore dell’Amministrazione controllante. In altri termini, in relazione ad uno specifico vincolo di spesa, il consolidamento in capo al gruppo municipale, disposto dal Legislatore ex d.l. n. 98/2011, si rivela ex se alternativo rispetto al vaglio autonomo del rispetto del medesimo vincolo di spesa in capo alla singola partecipata facente parte del gruppo. Ergo, ad avviso del Collegio questa ipotesi interpretativa non appare, attualmente, sostenibile”.

[46]   Comma ripetutamente modificato: dapprima  dalla legge di conversione 6 agosto 2008, n. 133;  sostituito dall'art. 14, comma 9, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122; Successivamente, il comma è stato così modificato dall'art. 1, comma 118, L. 13 dicembre 2010, n. 220, a decorrere dal 1° gennaio 2011, dall'art. 20, comma 9, D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 15 luglio 2011, n. 111, dall'art. 28, comma 11-quater, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, dall'art. 4, comma 103, lett. a), L. 12 novembre 2011, n. 183, a decorrere dal 1° gennaio 2012, ed, infine, dall'art. 4-ter, comma 10, D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44.

[47]   Comma prima modificato dal comma 120 dell'art. 3, L. 24 dicembre 2007, n. 244 e dal comma 1 dell’art. 76, D.L. 25 giugno 2008, n. 112 e poi così sostituito dal comma 7 dell’art. 14, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, come modificato dalla relativa legge di conversione.

[48]   Comma aggiunto dal comma 7 dell'art. 14, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, come modificato dalla relativa legge di conversione.

[49]   Corte dei Conti, Sez. Riunite in sede di controllo, 15 maggio 2011 n. 27

[50]   Osservava, infatti, la Corte che “Va considerato, infatti, che il limite delineato dalla normativa su cui ci è soffermati potrebbe rilevarsi maggiormente penalizzante per i comuni che hanno fatto marginale ricorso all’esternalizzazione e comunque potrebbe costituire un incentivo all’affidamento di servizi all’esterno, ove non sia accompagnato da misure antielusive. Anche per questo motivo è necessario accedere ad una nozione più ampia di spesa di personale, che vada oltre la rappresentazione in bilancio e tenga conto, nei limiti tracciati dal nuovo testo del comma 557, della spesa del personale impiegato in organismi esterni oltre che di tutte le componenti escluse. In questa ottica, l’ottemperanza alle diverse disposizioni di contenimento della spesa deve avvenire nel rispetto dei principi di sana gestione dell’ente e deve trovare attuazione al di fuori di possibili elusioni delle norme stesse.”

[51]   Così Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie, 28 dicembre 2011 n. 14

[52]   “La nozione di organismo di diritto pubblico di matrice comunitaria è stata recepita nell'ordinamento Italiano con l'art. 3, comma 26, del d. lgs. n. 163/2006; si tratta di una nozione che prescinde dal formale collocamento di un soggetto nel novero delle persone giuridiche pubbliche o private, ben potendo un ente con personalità di diritto privato essere riconosciuto quale organismo di diritto pubblico. Sul piano funzionale la figura dell'organismo di diritto pubblico è diretta ad intercettare le situazioni di pubblicità reale, così da assoggettare gli atti compiuti da un ente solo formalmente privato al regime proprio degli atti amministrativi, tanto sul piano sostanziale, quanto su quello processuale, con conseguente giurisdizione del giudice amministrativo. L'art. 3 del d.l.vo 2006 n. 163 definisce «organismo di diritto pubblico» qualsiasi ente, anche in forma societaria: a) istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interesse generale, aventi carattere non industriale o commerciale; b) dotato di personalità giuridica; c) la cui attività sia finanziata in modo maggioritario dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d'amministrazione, di direzione o di vigilanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pubblico (cfr. in argomento, tra le tante, Consiglio di Stato, sez. V, 09 gennaio 2013, n. 66; Consiglio di Stato, sez. VI, 20 marzo 2012, n. 1574; Consiglio di Stato sez. VI 27 dicembre 2011 n. 6835)” Così, di recente, l’esaustiva ricostruzione di TAR Lombardia Milano sez. III 8/4/2013 n. 861.

[53]   In materia, v. amplius S. Pozzoli, “Manovra finanziaria e società partecipate dagli enti locali” in Azienditalia, 8/2011, pagg. 565 e seguenti

[54]   Corte dei Conti, Sezione delle Autonomie, 28 dicembre 2011 n. 14, cit.

[55]   Voce B9 - Per il personale. In questa voce vanno iscritti tutti i costi sostenuti nel corso dell’esercizio per il personale dipendente. Invece i corrispettivi per prestazioni di lavoro autonomo in base a rapporti di collaborazione coordinata e continuativa senza vincolo di subordinazione (c.d. «lavoro parasubordinato» ) vanno iscritti alla voce B7. Non si iscrivono, in questa voce, quei costi sostenuti a favore del personale dipendente i quali, in base alla loro causale di sostenimento, sono classificabili nelle precedenti voci B6, B7 e B8. Tale voce comprende B9a) Salari e stipendi Vanno rilevati i salari e gli stipendi (comprensivi di tutti gli elementi fissi e variabili che entrano a comporre la retribuzione per legge e/o per contratto) comprensivi delle quote maturate e non corrisposte relative a mensilità aggiuntive e ferie maturate e non godute al lordo delle ritenute per imposte ed oneri sociali a carico del dipendente. Si comprendono in questa voce anche i compensi per lavoro straordinario, le indennità e tutti gli altri elementi che compongono la retribuzione lorda figurante in busta paga (es: indennità per rischio, indennità sostitutiva di mensa, indennità di trasferta, indennità di mancato preavviso, premi aziendali, ecc.). B9b) Oneri sociali Sono gli oneri a carico dell’impresa da corrispondere ai vari enti previdenziali ed assicurativi (INPS, INAIL, INPDAI, ecc.), al netto degli importi "fiscalizzati" in base a disposizioni di legge sulla fiscalizzazione degli oneri sociali. Si comprendono in questa voce anche gli oneri afferenti le quote delle mensilità aggiuntive e ferie non godute maturate e non corrisposte, di cui all’ultimo periodo del precedente punto 9a). B9c) Trattamento di fine rapporto Rappresenta l’accantonamento, di competenza dell’esercizio, per il trattamento di fine rapporto maturato a favore dei dipendenti, ai sensi dell’art. 2120 del Codice civile. L’accantonamento va effettuato (con contropartita la voce C del Passivo dello Stato Patrimoniale), anche se l’impresa ha stipulato polizze assicurative a garanzia del T.F.R. In questa voce va rilevato anche l’importo del T.F.R. maturato a favore di dipendenti il cui rapporto di lavoro è venuto a cessare nel corso dell’esercizio, per il periodo compreso fra l’inizio nell’esercizio e la data di cessazione del rapporto. L’anticipo di imposta sul T.F.R. previsto dalla legge n. 662/1996 e da versare all’Erario dello Stato non può essere addebitato alla voce in questione, perché non costituisce un costo, bensì ‘un credito d’imposta nei confronti dell’Erario. Poiché sull’anticipo si calcola la rivalutazione a favore dell’impresa, essa costituisce un provento finanziario da rilevare alla voce C16. B9d) Trattamento di quiescenza e simili Si tratta degli accantonamenti ad eventuali fondi di previdenza integrativi diversi dal T.F.R. e previsti in genere dai contratti collettivi di lavoro, da accordi aziendali o da norme aziendali interne. La voce 9d) rileva l’importo dell’accantonamento a questi fondi, nonché gli eventuali importi maturati per una frazione d’esercizio, se il diritto a percepire il trattamento per il dipendente sorge nel corso dell’anno. Non si rilevano in questa voce, bensì alla voce B7 - Costi per servizi, gli accantonamenti ai fondi di indennità per la cessazione di rapporti di agenzia e rappresentanza, ai fondi di indennità suppletiva di clientela ed ai fondi di indennità per la cessazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. B9e) Altri costi In questa voce si iscrivono tutti gli altri costi relativi, direttamente o indirettamente, al personale dipendente, che non siano stati iscritti nelle precedenti sottovoci o nelle voci B6, B7 o B8, o che non trovino più appropriata collocazione alla voce B14. A titolo esemplificativo si indicano le seguenti: - Indennità per prepensionamento versate al personale ed altre forme di incentivi all’esodo (sempreché non si tratti di ristrutturazioni o altre operazioni di natura straordinaria); - Quote associative versate a favore dei dipendenti (es: quote di iscrizione ad ordini professionali, ad associazioni e circoli privati vari); - Borse di studio a favore dei dipendenti e dei loro familiari; - Oneri di utilità sociale che si concretizzano in erogazioni dirette a favore dei dipendenti.

[56]  Per una interessante disamina di tali ipotesi si veda Cinzia Barisano, “I vincoli gravanti sulle società partecipate”, cit.

[57]  M. Calzoni, in Atti del Seminario Confservizi Lombardia (Milano), 26 marzo 2013

[58]   Corte dei Conti, Sez. Controllo Toscana, del. N. 3/2012/PAR del 17 gennaio 2012; Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia, n. 75/2012/PAR del 19 marzo 2012 e Corte dei Conti, Sez. Controllo Lombardia, n. 219/2012 PAR del 15 maggio 2012

[59]  Cinzia Barisano, “I vincoli gravanti sulle società partecipate”, cit.

[60]  Non ipotetici ma, con le tecniche di analisi di business oggi disponibili, dotate di alto grado di attendibilità, specie per servizi come quello di Farmacia

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