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I servizi pubblici locali, una realta' in continuo cambiamento.
Dopo le ultime riforme in materia, confermato l’obbligo di scissione ex art 35 comma 9 legge 448/2001, cancellato l’in house per i lavori inerenti la gestione della rete.
di Angelo Annibali  (annibali.angelo@tiscali.it) 25 febbraio 2004
Materia: servizi pubblici / disciplina

I SERVIZI PUBBLICI LOCALI, UNA REALTA’ IN CONTINUO CAMBIAMENTO:

Dopo le ultime riforme in materia, confermato l’obbligo di scissione ex art 35 comma 9 legge 448/2001, cancellato l’in house per i lavori inerenti la gestione della rete.

 

 

1. L’obbligo di scissione ex art 35 comma 9 Legge 448/2001

 

L’art 35, comma 9, Legge 448/2001, espressamente prevede :“ In attuazione delle disposizioni di cui ai commi 2 e 13 dell’articolo 113 del citato Testo unico, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, gli enti locali che alla data dell’entrata in vigore della presente legge detengano la maggioranza del capitale sociale delle società per la gestione di servizi pubblici locali, che siano proprietarie anche delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni per l’esercizio di servizi pubblici locali, provvedono ad effettuare, entro un anno dall’entrata in vigore della presente legge, anche in deroga alle disposizioni delle discipline settoriali, lo scorporo delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni.  Contestualmente la proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali, oppure l’intero ramo d’azienda è conferita ad una società avente le caratteristiche definite dal citato comma 13 dell’articolo 113 del medesimo Testo unico”.

La disposizione in esame, scaturita dalle previsioni dell’art. 113, commi 2 [1] e 13 [2], del D. Lgs. 267/2000 (T.U.E.L.), attualmente, è in pieno vigore non essendo stata modificata né dall’art. 14 del D.L. 269/2003 convertito con modificazioni nella Legge  326/2003, nè dall’art. 4, comma 234, della Legge 350/2003 (Legge Finanziaria 2004).

Le norme sopra richiamate sanciscono il principio in virtù del quale, le società di patrimonio devono essere a capitale interamente pubblico (mentre il vecchio testo dell’art 113 del TUEL prevedeva che tali società dovevano essere semplicemente a maggioranza pubblica locale), rendendo difficile l’operazione di scissione quando la proprietà delle reti è di società miste, poiché, in tale ipotesi, deve indennizzarsi il socio privato, costretto a cedere il bene.

Quindi, nel caso di società miste permane l’obbligo di scissione ai sensi dell’art 35 comma 9 Legge 448/2001, “ anche in deroga alle disposizioni delle discipline settoriali ”, tra la società delle reti e quella del servizio pubblico locale di rilevanza economica, mentre si può derogare a tale obbligo nel caso in cui le società in esame siano già a capitale interamente pubblico (ovvero laddove i beni sono già posseduti da una società avente le caratteristiche indicate dall’art. 113 TUEL).

Tale previsione, ovviamente, riguarda tutti i servizi pubblici a rilevanza economica, tranne i settori del gas e dell’energia elettrica, stante l’esclusione dall’attuale disciplina prevista dal comma 1 , dell’art 113 TUEL.

 

1.1 Le novità introdotte in materia dal nuovo Diritto Societario.

 

La materia dei servizi pubblici locali peraltro, è stata indirettamente trasformata anche dalla riforma del Diritto Societario (D.Lgs. 6/2003), che ha modificato la disciplina civilistica per le operazioni di scissione con particolare riferimento agli artt. 2506, 2506-bis, 2506-ter, 2506-quater del Codice Civile.

Così, l’art 2506 [3] C.C., al secondo comma prevede la possibilità del conguaglio in denaro “ purché non superi il 10% del valore nominale delle azioni o quote attribuite” (mentre prima tale possibilità era prevista solo in caso di fusione); il terzo comma consente alla società scissa di attuare il proprio scioglimento senza liquidazione  (potendosi, in questo modo, realizzare una scissione totale senza contestuale estinzione e una scissione parziale con continuazione dell’attività da parte della scissa); il quarto comma, infine, permette di effettuare l’operazione in esame anche alle società soggette a procedure concorsuali, tranne quelle in liquidazione che hanno iniziato la distribuzione dell’attivo.

L’art 2506-bis [4] si occupa, poi, del progetto di scissione, che va redatto dall’organo amministrativo e, deve contenere, sia la descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna delle società beneficiarie e dell’eventuale conguaglio in denaro (questa è una novità), sia i criteri di distribuzione ai soci delle azioni o delle quote delle società beneficiarie.

E’ prevista altresì, al secondo e terzo comma, una puntuale regolamentazione sulla sorte degli elementi attivi e passivi, la cui destinazione non è ricavabile dal progetto di scissione, a seconda che ci troviamo di fronte ad una scissione parziale o totale.

Nel caso della scissione parziale, le attività restano alla società scissa, mentre per le passività c’è responsabilità solidale tra la scissa e la beneficiaria  relativamente al valore effettivo del patrimonio netto ottenuto; nel caso della scissione totale, invece, le attività sono ripartite tra le società beneficiarie in rapporto alla quota di patrimonio netto loro assegnato, mentre c’è responsabilità solidale in ordine alle passività.

Nel quarto comma, infine, il progetto di scissione consente, nell’ipotesi di scissione non proporzionale, al socio dissenziente, la possibilità di far acquistare le proprie partecipazioni per un corrispettivo determinato, in base ai criteri previsti per il recesso, indicando i soggetti i quali hanno l’obbligo di acquisto (in base alla nuova formulazione quindi, al socio contrario all’operazione è riconosciuto il solo diritto di liquidazione).

Con la nuova formulazione dell’art 2506-ter [5], terzo comma non è più obbligatoria la relazione degli esperti laddove “ […] la scissione avviene mediante la costituzione di una o più società e non siano previste criteri di attribuzione delle azioni o quote diversi da quello proporzionale” ed il quarto comma esonera l’organo  amministrativo dalla redazione dei documenti  da allegare nella scissione (situazione patrimoniale e relazione illustrativa), qualora ci sia il consenso unanime dei soci e dei possessori degli strumenti finanziari, che hanno il diritto di voto nelle società coinvolte nell’operazione di scissione.

Infine, l’art 2506 [6]-quater riguardante gli “Effetti della scissione” prevede un ulteriore comma , in aggiunta alla vecchia disposizione, dove si specifica che “Qualunque società beneficiaria può effettuare gli adempimenti pubblicitari relativi alla società scissa”.

Merita, inoltre, il giusto rilievo, la recente interpretazione del Consiglio Nazionale del Notariato, per la quale, nel caso di fusione e scissione, restano validi i progetti predisposti ed approvati nel 2003, ma che saranno portati a termine solo nel 2004, anche se gli statuti delle nuove società non sono conformi al nuovo ordinamento societario; tali atti dovranno essere modificati entro il 30 settembre 2004.

Il Consiglio Nazionale del Notariato considera gli atti in esame non come atti costitutivi di nuove società, ritenendo di conseguenza non applicabile il divieto d’iscrizione nel registro delle imprese di società di capitali regolate da statuti non conformi al nuovo codice civile a fare data dal 1 gennaio 2004, previsto dall’art 223-bis [7], quinto comma, delle norme transitorie del D.Lgs. 6/2003.

 

1.2 Brevi considerazioni sui futuri rapporti tra la  società delle reti e quella del servizio a seguito della scissione.

 

La società delle reti (c.d. società di patrimonio), nata a seguito della scissione ed a capitale interamente pubblico (in virtù delle nuove disposizioni normative in materia) detenendo la proprietà o il possesso (nel caso di beni demaniali, dove la proprietà rimane in capo all’Ente locale) degli impianti, delle reti ed altre dotazioni patrimoniali, necessari all’esercizio dei servizi pubblici locali di rilevanza economica pone“ le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o, ove prevista la gestione separata della rete, dai gestori di quest’ ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente  Autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali.  Alla società suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi della lettera a) del comma 4 la gestione delle reti, nonché il compito di espletare le gare di cui al comma 5.” ai sensi del comma 13, art 113 D. Lgs. 267/2000 (TUEL).

Le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali (vedi i commi 2 e 13, art. 113, T.U.E.L. e il comma 9, art. 35, L. 448/2001) in quanto destinati ad un pubblico servizio, rientrano nel c.d. patrimonio indisponibile, a seguito dell’abrogazione del comma 3 dell’art. 118 D.Lgs. 267/2000 (che, in precedenza, non prevedeva l’applicazione in materia dell’art 826 [8], terzo comma, C.C. ) da parte dell’art. 35, comma 12, lett. “f”, punto n. 2 della legge 448/2001 essendo tali i beni destinati ad un servizio pubblico locale di rilevanza economica, non possono esser soggetti ad esecuzione forzata, a sequestro, ad usucapione, a vendita, a esproprio nè ad ipoteca da parte degli Istituti Bancari, i quali, a garanzia delle operazioni compiute con tali società, hanno solo un diritto di prelazione sui futuri canoni, con la conseguenza della nullità ex art 1418 C.C. di tutti quei negozi che sottraggono tali beni alla loro naturale destinazione.

I rapporti tra le due società sono regolati dai contratti di concessione amministrativa di tali beni, i quali oltre al canone dei concessione ( la  Corte di Cassazione civile, ss. un., 23/6/1993, n. 6950, chiamata a pronunciarsi sui beni patrimoniali indisponibili ha stabilito che “Per la verità i beni patrimoniali  indisponibili, al pari di quelli demaniali, attesa la comune destinazione al soddisfacimento di interessi pubblici, possono essere attribuiti in godimento [...] soltanto nella forma della concessione amministrativa” ), dovranno prevedere talaltro chi effettuerà le manutenzioni ordinarie, gli investimenti, la dequalificazione dei beni in esame (quale patrimonio indisponibile) al termine del ciclo tecnico-economico, le domande per le provvidenze pubbliche (CE, nazionali, regionali).

Il canone di concessione, quale obbligo a carico della società del servizio ( vedi  comma 13 art 113 D.lgs.267/2000), va inquadrato quale elemento sinallagmatico tra le due società, poichè  il soggetto gestore del servizio che ha in godimento i beni lo  versa alla società delle reti ( se detiene la proprietà di tali beni) o all’Ente Locale (se  è lui ad averne la proprietà) o al soggetto gestore delle reti ( se esistente), recuperando poi tale costo con le tariffe applicate agli utenti del servizio.

Naturalmente il canone deve essere proporzionale, non risultare, cioè, nè eccessivo per il gestore del servizio in rapporto alla cifra di affari generata dal servizio pubblico locale né, troppo modesto per la c.d. società patrimonio , in rapporto alla copertura dei relativi costi.

 

2. . L’esecuzione in house dei lavori attinenti i la gestione delle reti.

 

L’art. 4, comma 234, della legge 350/2003 (finanziaria 2004) ha modificato l’art. 113 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL), introducendo il comma 5-ter , che per l’esecuzione dei lavori inerenti la gestione delle reti nelle S.p.A. pubbliche, non prevede più l’affidamento in “house [9]”.

La Legge 166/2002 (c.d. Merloni quater), sopprimendo il comma 5 bis dell’art 2 dell’attuale Legge 109/1994 , aveva reso possibile l’esecuzione dei lavori in “house”, mentre con la Merloni ter (Legge 415/1998), le amministrazioni aggiudicatrici potevano eseguire i lavori esclusivamente mediante contratti d’appalto o di concessioni di lavori pubblici, (c.d. il principio di esternalizzazione).

In realtà le modifiche introdotte dalla legge 166/2002, non sono mai state viste di buon occhio dagli operatori del settore.

L’ANCE, in primis, ha più volte lamentato tale situazione, sostenendo che le società operanti nel settore dei servizi pubblici avevano una grande libertà d’azione, in quanto eseguendo in “house” i lavori andavano ad invadere mercati del tutto differenti dalle finalità per cui sono nate, potendo anche ottenere l’attestazione di qualificazione per le gare d’appalto dei lavori pubblici.

In questo modo si era creata una situazione del tutto paradossale, caratterizzata dal fatto che le società di cui trattasi non solo godevano di un mercato c.d. riservato, sottratto alla concorrenza, ma soprattutto dal fatto che tali soggetti qualificati per i lavori in “house”, si potevano confrontare con altri soggetti privati qualificati solo a seguito di lavori ottenuti mediante partecipazione a gare pubbliche.

Il comma 5-ter [10] all’art 113 TUEL individua, dunque, i modi con cui i soggetti gestori delle reti provvedono all’esecuzione dei lavori connessi alla gestione della rete stessa, con una necessaria e preliminare distinzione, tra gestione della rete, integrata o separata dal servizio, non affidata con gara ad evidenza pubblica e gestione della rete, integrata o separata dal servizio, affidata con gara ad evidenza pubblica.

Nel primo caso i soggetti provvedono:

 

a) mediante contratti d’appalto o di concessione di lavori pubblici aggiudicati a seguito di procedure ad evidenza pubblica;

 

b) in economia nei limiti dell’art 24 [11] Legge 109/1994 e s.m.i. e dell’art 143 [12] DPR 554/1999 e s.m.i.

 

Nel secondo caso si rende necessaria un’ulteriore distinzione riguardo all’oggetto della gara, ovvero laddove la gara riguardi la gestione del servizio relativo alla rete e l’esecuzione dei lavori connessi, è consentito l’in house per lavori connessi alla gestione delle reti da parte del soggetto, sempre che esso sia qualificato ai sensi della normativa vigente, oppure  laddove riguardi solo la gestione del servizio relativo alla rete, nel qual caso vi è l’obbligo di appaltare i lavori a terzi.

L’esecuzione dei lavori riguardanti la rete dunque, non è più consentita “in house”, ma per ogni ipotesi di affidamento è oggi previsto il ricorso alle procedure di evidenza pubblica, o a monte per l’affidamento della gestione della rete o a valle per l’affidamento dei lavori inerenti la gestione della stessa.

Concludendo, appare del tutto singolare, come nel giro di poco tempo  (dall’emanazione del D.L. 269/03 alla  Legge Finanziaria 2004 non è trascorso neanche un mese), il nostro legislatore (vuoi per adeguarsi alla disciplina comunitaria, vuoi perchè  spinto da esigenze interne) ha radicalmente modificato la disciplina degli c.d.  affidamenti in house:

 

• prevedendola esplicitamente nell’ipotesi di appalto di servizi (vedi la nuova formulazione degli artt. 113 e 113-bis D.Lgs. 267/2000, i quali ammettono la possibilità di far ricorso, qualora vi siano le condizioni richieste, alla fattispecie in esame per diverse ipotesi quali  la gestione delle reti, l’erogazione del servizio, la proroga delle attuali concessioni in scadenza al 31 Dicembre 2006, per l’affidamento della gestione di servizi a rilevanza non economica), mentre prima non era consentita;

 

• escludendola esplicitamente nell’ipotesi di appalto di lavori ( vedi art 113 comma 5-ter D.Lgs. 267/2000, dove è previsto l’obbligo di ricorrere alle procedure di evidenza pubblica o ex ante per l’affidamento della gestione della rete o ex post per l’affidamento dell’esecuzione dei lavori), mentre prima era consentita.

 

***

 

NOTE

 

[1] L’art 113 D.Lgs. 267/2000 (TUEL) al comma 2 recita “ Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all’esercizio dei servizi pubblici di cui al comma 1, salvo quanto stabilito dal comma 13”.

[2] L’art 113 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL) al comma 13 prevede “Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile.  Tali società pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o, ove prevista la gestione separata della rete, dai gestori di quest’ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente  Autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Alla società suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi della lettera a) del comma 4 la gestione delle reti, nonché il compito di espletare le gare di cui al comma 5.”

 

[3] L’art 2506 del Codice Civile “Forme di scissione”.  Con la scissione una società assegna l’intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costituzione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società, e le relative azioni o quote ai suoi soci.

È consentito un conguaglio in danaro, purché non superiore al dieci per cento del valore nominale delle azioni o quote attribuite. È consentito inoltre che, per consenso unanime, ad alcuni soci non vengano distribuite azioni di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni della società scissa.

La società scissa può, con la scissione, attuare il proprio scioglimento senza liquidazione, ovvero continuare la propria attività.

La partecipazione alla scissione non è consentita alle società in liquidazione che abbiano iniziato la distribuzione dell’attivo.”

 

[4] L’art 2506-bis del Codice Civile “Progetto di scissione.”:L’organo amministrativo delle società partecipanti alla scissione redige un progetto dal quale devono risultare i dati indicati nel primo comma dell’articolo 2501ter ed inoltre l’esatta descrizione degli elementi patrimoniali da assegnare a ciascuna delle società beneficiarie e dell’eventuale conguaglio in danaro.

Se la destinazione di un elemento dell’attivo non è desumibile dal progetto, esso, nell’ipotesi di assegnazione dell’intero patrimonio della società scissa, è ripartito tra le società beneficiarie in proporzione della quota del patrimonio netto assegnato a ciascuna di esse, così come valutato ai fini della determinazione del rapporto di cambio; se l’assegnazione del patrimonio della società è solo parziale, tale elemento rimane in capo alla società trasferente.

Degli elementi del passivo, la cui destinazione non è desumibile dal progetto, rispondono in solido, nel primo caso, le società beneficiarie, nel secondo la società scissa e le società beneficiarie. La responsabilità solidale è limitata al valore effettivo del patrimonio netto attribuito a ciascuna società beneficiaria.

Dal progetto di scissione devono risultare i criteri di distribuzione delle azioni o quote delle società beneficiarie. Qualora il progetto preveda una attribuzione delle partecipazioni ai soci non proporzionale alla loro quota di partecipazione originaria, il progetto medesimo deve prevedere il diritto dei soci che non approvino la scissione di far acquistare le proprie partecipazioni per un corrispettivo determinato alla stregua dei criteri previsti per il recesso, indicando coloro a cui carico è posto l’obbligo di acquisto.

Il progetto di scissione deve essere pubblicato a norma dell’ultimo comma dell’articolo 2501ter.”

 

[5] L’art 2506-ter del Codice Civile , Norme applicabili, “ L’organo amministrativo delle società partecipanti alla scissione redige la situazione patrimoniale e la relazione illustrativa in conformità agli articoli 2501quater e 2501quinquies.

La relazione dell’organo amministrativo deve inoltre illustrare i criteri di distribuzione delle azioni o quote e deve indicare il valore effettivo del patrimonio netto assegnato alle società beneficiarie e di quello che eventualmente rimanga nella società scissa.

Si applica alla scissione l’articolo 2501sexies; la relazione ivi prevista non è richiesta quando la scissione avviene mediante la costituzione di una o più nuove società e non siano previsti criteri di attribuzione delle azioni o quote diversi da quello proporzionale.

Con il consenso unanime dei soci e dei possessori di altri strumenti finanziari che danno diritto di voto nelle società partecipanti alla scissione l’organo amministrativo può essere esonerato dalla redazione dei documenti previsti nei precedenti commi.

Sono altresì applicabili alla scissione gli articoli 2501septies, 2502, 2502bis, 2503, 2503bis, 2504, 2504ter, 2504quater, 2505bis e 2505ter. Tutti i riferimenti alla fusione contenuti in detti articoli s’intendono riferiti anche alla scissione”.

 

[6] L’art 2506quater del Codice civile, Effetti della scissione, “La scissione ha effetto dall’ultima delle iscrizioni dell’atto di scissione nell’ufficio del registro delle imprese in cui sono iscritte le società beneficiarie; può essere tuttavia stabilita una data successiva, tranne che nel caso di scissione mediante costituzione di società nuove. Per gli effetti a cui si riferisce l’articolo 2501ter, numeri 5) e 6), possono essere stabilite date anche anteriori. Si applica il quarto comma dell’articolo 2504bis.

Qualunque società beneficiaria può effettuare gli adempimenti pubblicitari relativi alla società scissa.

Ciascuna società è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico.”

 

[7] L’art 9 “Norme attuazione transitorie”, D.Lgs. 6/2003 al comma 2 lett. “b” : 223bis Le società di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro V del codice civile, iscritte nel registro delle imprese alla data del 1° gennaio 2004, devono uniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle nuove disposizioni inderogabili entro il 30 settembre 2004. […]. Dalla data del 1° gennaio 2004 non possono essere iscritte nel registro delle imprese le società di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro V del codice civile, anche se costituite anteriormente a detta data, che siano regolate da atto costitutivo e statuto non conformi al decreto medesimo. Si applica in tale caso l’articolo 2331, quarto comma, del codice. […]”

 

[8] L’art 826 del Codice Civile “Patrimonio dello Stato, delle province e dei comuni”: I beni appartenenti allo Stato, alle province e ai comuni, i quali non siano della specie di quelli indicati dagli articoli precedenti, costituiscono il patrimonio dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei comuni.

Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato le foreste che a norma delle leggi in materia costituiscono il demanio forestale dello Stato, le miniere, le cave e torbiere quando la disponibilità ne è sottratta al proprietario del fondo, le cose d’interesse storico, archeologico, paletnologico, paleontologico e artistico, da chiunque e in qualunque modo ritrovate nel sottosuolo, i beni costituenti la dotazione della Presidenza della Repubblica, le caserme, gli armamenti, gli aeromobili militari e le navi da guerra.

Fanno parte del patrimonio indisponibile dello Stato o, rispettivamente, delle province e dei comuni, secondo la loro appartenenza, gli edifici destinati a sede di uffici pubblici, con i loro arredi, e gli altri beni destinati a un pubblico servizio.

 

[9] Rientrano in tali concezioni tutte le attività che un soggetto realizza utilizzando le proprie strutture, senza ricorrere alla loro esternalizzazione a soggetti terzi.

 

[10] L’art 113 del D.Lgs. 267/2000 (TUEL) al comma 5 ter sancisce « In ogni caso in cui la gestione della rete, separata o integrata con l'erogazione dei servizi, non sia stata affidata con gara ad evidenza pubblica, i soggetti gestori di cui ai precedenti commi provvedono all'esecuzione dei lavori comunque connessi alla gestione della rete esclusivamente mediante contratti di appalto o di concessione di lavori pubblici, aggiudicati a seguito di procedure di evidenza pubblica, ovvero in economia nei limiti di cui all'articolo 24 della legge 11 febbraio 1994 n. 109 e all'articolo 143 del decreto del Presidente della Repubblica 21 dicembre 1999, n. 554. Qualora la gestione della rete, separata o integrata con la gestione dei servizi, sia stata affidata con procedure di gara, il soggetto gestore può realizzare direttamente i lavori connessi alla gestione della rete, purché qualificato ai sensi della normativa vigente e purché la gara espletata abbia avuto ad oggetto sia la gestione del servizio relativo alla rete, sia l'esecuzione dei lavori connessi.

Qualora, invece, la gara abbia avuto ad oggetto esclusivamente la gestione del servizio relativo alla rete, il gestore deve appaltare i lavori a terzi con le procedure ad evidenza pubblica previste dalla legislazione vigente. »

 

[11] L’art 24 della legge 109/1994 prevede « 1. L'affidamento a trattativa privata è ammesso per i soli appalti di lavori pubblici esclusivamente nei seguenti casi:

0a) lavori di importo complessivo non superiore a 100.000 euro;

a) lavori di importo complessivo compreso tra oltre 100.000 euro e 300.000 euro, nel rispetto delle norme sulla contabilità generale dello Stato e, in particolare, dell'articolo 41 del regio decreto 23 maggio 1924, n. 827;

b) lavori di importo complessivo superiore a 300.000 euro, nel caso di ripristino di opere già esistenti e funzionanti, danneggiate e rese inutilizzabili da eventi imprevedibili di natura calamitosa, qualora motivi di imperiosa urgenza attestati dal dirigente o dal funzionario responsabile del procedimento rendano incompatibili i termini imposti dalle altre procedure di affidamento degli appalti;

c) appalti di importo complessivo non superiore a 300.000 euro, per lavori di restauro e manutenzione di beni mobili e superfici architettoniche decorate di cui alla legge 1° giugno 1939, n. 1089 (ora Titolo I del decreto legislativo n. 490 del 1999), e successive modificazioni.

2. Gli affidamenti di appalti mediante trattativa privata sono motivati e comunicati all'Osservatorio dal responsabile del procedimento e i relativi atti sono posti in libera visione di chiunque lo richieda.

3. I soggetti ai quali sono affidati gli appalti a trattativa privata devono possedere i requisiti per l'aggiudicazione di appalti di uguale importo mediante pubblico incanto o licitazione privata.

4. Nessun lavoro può essere diviso in più affidamenti al fine dell'applicazione del presente articolo.

5. L'affidamento di appalti a trattativa privata, ai sensi del comma 1, lettera b), avviene mediante gara informale alla quale debbono essere invitati almeno quindici concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati ai sensi della presente legge per i lavori oggetto dell'appalto.

5-bis. L’affidamento di appalti di cui al comma 1, lettera c), il cui importo stimato sia superiore a 40.000 euro, avviene mediante gara informale sulla base di quanto disposto dall’articolo 21, comma 8-bis, alla quale devono essere invitati almeno quindici concorrenti, se sussistono in tale numero soggetti qualificati ai sensi della presente legge per i lavori oggetto dell’appalto. Per l’affidamento di appalti di cui al comma 1, lettera c), il cui importo stimato sia inferiore a 40.000 euro, le stazioni appaltanti possono procedere all’affidamento a soggetti, singoli o raggruppati, di propria fiducia. In questo caso comunque le stazioni appaltanti devono verificare la sussistenza, in capo agli affidatari, dei requisiti di cui alla presente legge e motivarne la scelta in relazione alle prestazioni da affidare.

6. I lavori in economia sono ammessi fino all'importo di 200.000 ECU., fatti salvi i lavori del Ministero della difesa che vengono eseguiti in economia a mezzo delle truppe e dei reparti del Genio militare, disciplinati dal regolamento per l'attività del Genio militare di cui all'articolo 3, comma 7-bis.

7. Qualora un lotto funzionale appartenente ad un'opera sia stato affidato a trattativa privata, non può essere assegnato con tale procedura altro lotto da appaltare in tempi successivi e appartenente alla medesima opera.

7-bis. Con riferimento ai lavori di restauro e manutenzione di beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici sottoposte alle disposizioni di tutela previste dal testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, di cui al decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, è ammissibile l’affidamento a trattativa privata, ad un soggetto esecutore di un appalto, di lavori complementari, non figuranti nel progetto inizialmente approvato o nell’affidamento precedentemente disposto, che siano diventati necessari, a seguito di circostanza non prevedibile, all’intervento nel suo complesso, sempreché tali lavori non possano essere tecnicamente o economicamente separati dall’appalto principale senza grave inconveniente per il soggetto aggiudicatario oppure, quantunque separabili dall’esecuzione dell’appalto iniziale, siano strettamente necessari al suo perfezionamento. L’importo dei lavori complementari non può complessivamente superare il 50 per cento dell’appalto principale. »

 

[12] L’art 143 del DPR 554/1999 prevede «1. Quando si procede in amministrazione diretta, il responsabile del procedimento organizza ed esegue per mezzo di proprio personale o di personale eventualmente assunto i lavori individuati all'articolo 88.

2. Il responsabile del procedimento acquista i materiali e noleggia i mezzi eventualmente necessari per la realizzazione dell'opera.

3. I lavori assunti in amministrazione diretta non possono comportare una spesa complessiva superiore a 50.000 Euro. »

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