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L'accesso civico: nomina sunt consequentia rerum?
di Rocco Cifarelli 23 maggio 2013
Materia: pubblica amministrazione / documenti amministrativi

L’ACCESSO CIVICO: NOMINA SUNT CONSEQUENTIA RERUM?

 

Il decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, recante il riordino della disciplina riguardante gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni (1), prevede, tra l’altro, un nuovo istituto: l’accesso civico. In particolare, tale “nuova forma di accesso mira, da un lato, ad alimentare il rapporto di fiducia intercorrente tra la collettività e le pubbliche amministrazioni, dall’altro, a promuovere la cultura della legalità, nonché la prevenzione di fenomeni corruttivi. Tale diritto rappresenta un ampliamento del potere di controllo dei cittadini sull’operato delle pubbliche amministrazioni, un potere introdotto originariamente dalla l. 241/1990, la quale aveva previsto la pubblicità come regola e il segreto come eccezione” (2).

Più specificamente, l’art. 5 del decreto prevede che, a fronte dell'obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati (3), viene riconosciuto il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione. La richiesta di accesso civico non è sottoposta ad alcuna limitazione, quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente, non deve essere motivata, è gratuita e va presentata al responsabile della trasparenza dell'amministrazione obbligata alla pubblicazione. L’amministrazione, entro 30 giorni dalla richiesta, procede alla pubblicazione nel sito del documento, dell'informazione o del dato richiesto e lo trasmette contestualmente al richiedente, ovvero comunica al medesimo l'avvenuta pubblicazione. Pertanto, se il documento, l'informazione o il dato richiesto risultano già pubblicati nel rispetto della normativa vigente, l'amministrazione indica al richiedente il relativo collegamento ipertestuale. Nei casi di ritardo o mancata risposta, il richiedente può ricorrere al titolare del potere sostitutivo di cui all'art. 2, comma 9-bis, della l. 241/1990.

Inoltre, viene previsto, in caso di diniego, ritardo o inadempimento rispetto a una richiesta di accesso civico, un rinvio alle disposizioni di cui al d. lgs. 104/2010 (4). Il comma 7 dell’art. 5 stabilisce, infine, che la richiesta di accesso civico comporta, da parte del Responsabile della trasparenza, l'obbligo di segnalazione di tale comportamento all'Ufficio di disciplina.

Orbene, dinanzi a una disposizione di tale portata, l’interprete non può che chiedersi se l’istituto dell’accesso civico, al di là del nomen iuris, rappresenti un ampliamento del diritto di accesso ai documenti amministrativi disciplinato dalla l. 241/1990, oppure se si tratti di un nuovo e diverso istituto.

Se, infatti, da un lato è pacifico che l’art. 5 de quo “comporta un’estensione soggettiva del generale diritto di accesso ai documenti amministrativi di cui all’art. 22, comma 1, l. 241/1990”. Tale interpretazione, in particolare, sarebbe avvalorata dal secondo comma del citato art. 5 che riconosce il diritto di accesso civico anche a coloro che non sono portatori di un interesse giuridico qualificato (diretto, concreto e attuale) (5); dall’altro, è evidente che l’accesso non significa possibilità di “controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni”, esplicitamente escluso dall’art. 24, comma 3, della l. 241/1990. Non sono ammissibili, infatti, istanze di accesso “esplorative”: è necessario che l’istanza d’accesso sia motivata in relazione a un “interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente a una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso” (art. 22, comma 1, lett. B, l. 241/1990). Il collegamento con il documento di cui è richiesto l’accesso impedisce l’ammissibilità dello stesso ad atti amministrativi di carattere generale, di normazione, di pianificazione e programmazione (art. 24, comma 1, lett. c). È necessario, quindi, un interesse differenziato, serio e non emulativo alla conoscenza dei documenti amministrativi in funzione della tutela di situazioni giuridicamente rilevanti e in correlazione alla loro cura e difesa (eventualmente anche in sede giurisdizionale) (6).

Il diritto all’accesso civico, dunque, appare difficilmente inquadrabile nell’ambito della disciplina contenuta nella l. 241/1990, ma sarebbe preferibile qualificarlo come strumento di tutela dell’obbligo di pubblicazione di documenti, informazioni e dati. In altri termini, il quisque de populo potrà chiedere e ottenere, a fronte di uno specifico obbligo previsto dalla normativa vigente, la pubblicazione di documenti, informazioni o dati detenuti dalle amministrazioni ma non resi pubblici sui siti istituzionali.

In definitiva, l’accesso civico sembrerebbe uno strumento spiccatamente funzionale al controllo dei cittadini sull'operato delle pubbliche amministrazioni e, in particolare, sull’adempimento, da parte delle stesse, dei numerosi obblighi di informazione, trasparenza e pubblicità. In sostanza, tale strumento consente a chiunque di “costringere” le amministrazioni a rendere pubblici, sui siti istituzionali, documenti, informazioni e dati omessi. Detta natura traspare, peraltro, dalla possibile attivazione dei poteri sostitutivi, nonché dall'obbligo di segnalazione all'Ufficio di disciplina.

Come insegna il Vangelo, mettere il vino nuovo nell’otre vecchio crea alcuni problemi di difficile soluzione, anche se nel caso in esame indubbiamente necessitati (7). L’uso del termine “accesso” potrebbe apparire fuorviante, ma di certo lo strumento di tutela di cui al citato art. 5 potrà essere funzionale all’ampliamento del potere di controllo dei cittadini sull’operato delle pubbliche amministrazioni.

 

1) Il decreto è stato predisposto in attuazione dei principi e dei criteri delega previsti dall’art. 1, comma 35, della legge 6 novembre 2012, n. 190, recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione”.

2) Relazione illustrativa, pag. 5.

3) L’art. 3 del decreto prevede che “tutti i documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente sono pubblici e chiunque ha diritto di conoscerli, di fruirne gratuitamente e di utilizzarli e riutilizzarli (…)”.

4) L’art. 52, comma 4, del decreto apporta al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, le seguenti modificazioni: a) all’articolo 23, comma 1, dopo la parola “accesso” sono inserite le seguenti: “e trasparenza amministrativa”; b) all’articolo 87, comma 2, lett. c), dopo la parola: “amministrativi” sono inserite le seguenti: “e di violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa”; c) all’articolo 116, comma 1, dopo le parole: “documenti amministrativi”sono inserite le seguenti: “nonché per la tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi di trasparenza”; d) all’articolo 116, comma 4, dopo le parole “l’esibizione” sono inserite le parole “e, ove previsto, la pubblicazione”; e) all’articolo 133, comma 1, lett. a), n. 6, dopo la parola “amministrativi” sono inserite le seguenti: “e violazione degli obblighi di trasparenza amministrativa”.

5) Cfr. Relazione illustrativa, pag. 5.

6) Così Zerman, La trasparenza della p.a. tra accesso e privacy nella recente giurisprudenza del Consiglio di Stato, in www.giustizia-amministrativa.it.

7) Cfr. in tal senso, Giacchetti, Diritto di accesso, processo amministrativo, effetto Fukushima, in www.giustizia-amministrativa.it. Con riferimento all’assenza di nuove categorie giuridiche in materia di accesso, si veda Spasiano, Il “diritto di accesso”, in www.treccani.it, 2012, il quale osserva che “c’è da ritenere che allo stato manchino ancora le otri nuove e tali non possono considerarsi le forzature estreme di antiche categorie che ancora offrono una qualche certezza che sarebbe bene, in un periodo di diffuso relativismo o persino «nichilismo giuridico», non porre in discussione, ancorché alla luce di significative eccezioni, se non avendo prima elaborato adeguate e soddisfacenti soluzioni sistematiche che tengano in debito conto anche aspetti di ordine pragmatico, non irrilevanti: pena, la infinita manipolabilità del linguaggio normativo, la crescita a dismisura dell’incertezza giuridica”.

 

Rocco Cifarelli

 

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