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Efficienza Energetica e Pubblica Amministrazione
I finanziamenti europei come leva di intervento
di Enrico Maria Curti 12 giugno 2014
Materia: pubblica amministrazione / attività

Efficienza Energetica e Pubblica Amministrazione

I finanziamenti europei come leva di intervento

di Enrico Maria Curti*

 

 

1. Caratteristiche e criticità dello stato attuale

Il parco italiano degli immobili pubblici presenta forti margini di miglioramento in termini di efficienza energetica: secondo la Fondazione Sviluppo Sostenibile “Green Economy – Per uscire dalle due crisi, 2012”, l’intervento su 111,000 edifici pubblici (di cui 11,000 uffici, 30,000 scuole e 70,000 edifici di edilizia sociale) porterebbe al risparmio di 1 Mtep entro il 2020 (-33% dei consumi dal 2012).

Tuttavia allo stato dell’arte, esistono alcuni vincoli di sistema che non sempre consentono l’intervento di risparmio energetico, nonostante l’elevata opportunità di business anche per il privato.

In Italia il potenziale di mercato “teorico” nella P.A. è pari a circa 1 miliardo di euro all’anno da qui al 2020 e riguarda in particolare cogenerazione e illuminazione pubblica.

Il potenziale stimato di risparmio energetico associato agli investimenti è pari a circa 0,8TWh elettrici e 1,5TWh termici (Politecnico Milano, Energy Efficiency Report, 2013).

Nel processo decisionale che porta all’individuazione prima e alla realizzazione di un intervento di efficienza energetica poi, è utile richiamare gli obiettivi e i vincoli cui la Pubblica Amministrazione (P.A.), deve sottostare. Se è vero che l’interesse pubblico generale è senza dubbio perseguito in caso di risparmio energetico ottenuto, è altrettanto vero che la decisione dell’intervento finale presuppone un iter procedurale[1] per l’indizione della gara (anche se alcuni interventi, in quanto sotto soglia comunitaria, potrebbero non richiederla) e un altro ancora per l’approvazione dell’investimento (peraltro soggetto al Patto di Stabilità Interno). Questi aspetti a livello operativo si traducono in rilevanti criticità, dovute a:

a) mancanza di know-how interno alla P.A

Gli interventi di efficienza energetica richiedono il coinvolgimento di personale altamente qualificato sia in fase di individuazione degli obiettivi di risparmio che di monitoraggio degli stessi, che non sempre gli Enti Pubblici detengono al proprio interno.

b) scarsità di risorse finanziarie

La congiuntura storica è comune a tutti gli Enti Pubblici, tuttavia anche l’Ente virtuoso è posto in una situazione di ingessamento forzoso nelle decisioni di finanziamento di opere pubbliche a causa del Patto di Stabilità (le P.A. italiane hanno a disposizione 13 Miliardi di euro inutilizzabili, fonte: ANCE 2013).

2. Le soluzioni effettivamente adottate dalla P.A.

In relazione alle caratteristiche finora delineate, la prassi applicativa per gli interventi di efficienza energetica della P.A. rappresenta un’indubbia opportunità di business per i fornitori (dato l’elevato margine di miglioramento in termini di risparmio pubblico), che non è sfruttata efficacemente: lo stesso privato presenta ancora delle difficoltà nel formulare offerte secondo il modello ESCo.

Queste sono le soluzioni che vengono adottate:

·     Inserimento all’interno di un’unica gara di due servizi distinti: la fornitura di combustibili ed energia elettrica e la gestione degli impianti

·     Utilizzo delle gare standardizzate CONSIP per i contratti di servizio energia che non creano particolari problematiche col Patto di Stabilità.

Tuttavia, le gare CONSIP risultano troppo rigide, a fronte di necessità di intervento eterogenee, e non consentono visite ispettive dell’immobile al privato, poiché non sono note a priori le amministrazioni che usufruiranno del bando CONSIP (i fornitori conoscono solo l’area geografica per la quale sarà valida la loro offerta). Ciò si traduce in risultati inconsistenti di risparmio energetico, non potendo disporre delle caratteristiche dell’edificio. Inoltre le convenzioni CONSIP, dati gli elevati requisiti richiesti, tendono a essere utilizzabili solo dai top player, escludendo di fatto buona parte di piccole-medie imprese (PMI) che hanno tuttavia sviluppato know-how innovativo in termini di risparmio energetico.

Per far fronte agli obblighi comunitari, il problema, rimandato nel corso degli anni, deve ora essere affrontato più concretamente.

3. I finanziamenti europei

I programmi di finanziamento Comunitari, rappresentano un’opportunità sotto utilizzata in Italia, specie in campo energetico e ambientale e potrebbero costituire la leva per un più proficuo ricorso a contratti EPC, meglio se inseriti all’interno di operazioni di parternariato pubblico - privato.

Gli importi di provenienza comunitaria non rilevano, di norma[2], nel calcolo degli indici del Patto di Stabilità, consentono quindi all’ente pubblico di poter investire direttamente o di beneficiare dell’importo per attrarre investimenti (avvalendosi di advisory strumentali all’investimento).

Strumenti BEI

Tra i sei obiettivi prioritari della BEI figura quello di promuovere l’energia sostenibile, competitiva e sicura. Nel corso degli anni sono stati sviluppati alcuni strumenti finanziari finalizzati a fornire assistenza tecnica, credito, garanzie o capitale di rischio ad iniziative di riqualificazione energetica e urbana.

ELENA (European Local Energy Assistance): supporta le autorità locali e regionali (previa sottoscrizione del Patto dei Sindaci[3]) nella stesura di progetti di efficienza energetica o energie rinnovabili. L’oggetto di finanziamento (fino al 90% dei costi sostenuti) riguarda tutte le attività strumentali (audit energetici, business plan, ecc.) per la stesura di un bando appetibile per le ESCo e al contempo bancabile (assistenza tecnica – AT). L’investimento finale sarà quindi a carico del privato, che potrà beneficiare dei risparmi ottenuti dall’intervento (EPC). Requisiti del progetto: deve essere 25 volte superiore al contributo ricevuto in AT, avere un valore minimo di 30 Milioni di euro e concludersi entro i tre anni dalla messa a gara. Il finanziamento è fino a esaurimento fondi (a giugno 2013, 25 Milioni di euro disponibili fino a fine 2014), tuttavia non è escluso che la nuova programmazione comunitaria al 2020 estenda l’utilizzo di questo strumento.

 

JESSICA (Joint European Support for Sustainable Investment in City Areas): strumento finanziario nato da un’ iniziativa congiunta tra BEI e CE nel 2006. L’obiettivo è fornire finanziamenti rimborsabili a favore di parternariati pubblico privati attivati in progetti di riqualificazione energetica.

JESSICA è il risultato di un partenariato tra la Commissione, la BEI e il CEB. Essa funge da catalizzatore per l'avvio di partenariati tra paesi, regioni, città, BEI, CEB, altre banche, investitori, ecc. per poter affrontare i problemi che interessano le aree urbane.

I contributi del Fondo europeo per lo sviluppo regionale (ERDF) vengono allocati a Fondi per lo sviluppo urbano (FSU) che li investono in partenariati pubblico-privato o altri progetti inclusi in un piano integrato per lo sviluppo urbano sostenibile.

Tali investimenti possono essere concessi sotto forma di azioni, prestiti e/o garanzie. In alternativa, le autorità di gestione possono decidere di assegnare i fondi ai FSU usando fondi holding (FH) ideati per investire in diversi FSU. Non è obbligatorio, ma offre il vantaggio di consentire alle autorità di gestione di delegare alcuni dei compiti necessari per implementare JESSICA a professionisti esperti. A causa della natura revolving degli strumenti, i rendimenti degli investimenti sono reinvestiti in nuovi progetti di sviluppo urbano, riusando in questo modo fondi pubblici e promuovendo la sostenibilità e l'impatto dei fondi UE e nazionali[4].

 

Conclusioni

Utilizzo dei fondi comunitari e coinvolgimento dello stakeholder privato come leve manovrabili nel perseguimento del ruolo esemplare degli edifici pubblici.

L’attuale rigidità contrattuale negli appalti di riqualificazione energetica, la scarsa presenza di know-how interno alla PA e i vincoli posti dal Patto di Stabilità hanno rappresentato finora elementi di criticità nella stesura di una strategia sistematica volta a ottenere oggettivi risparmi energetici.

La presenza di strumenti finanziari comunitari e nazionali dimostra come l’efficienza energetica sia sempre più centrale, non solo nel perseguimento degli obiettivi 2020, ma anche nel taglio immediato alla spesa pubblica.

 

 

 

 

 

* Avvocato, Studio legale Radice & Cereda – Milano



[1] Nel processo decisionale di un investimento pubblico intervengano almeno quattro uffici dell’Ente Pubblico: quello contabilità e finanza, quello del patrimonio immobiliare, quello tecnico e quello dei contratti (CRESME, 2011).

[2] Art. 31 Il Patto dei Sindaci è un’iniziativa lanciata dalla CE per facilitare il raggiungimento degli obiettivi 202020 e andare oltre gli stessi: con esso i comuni si impegnano a porre in essere azioni volte all’utilizzo di FER, al risparmio energetico e alla diminuzione di immissioni di CO2. L’adesione al patto può facilitare il percorso per accedere ad alcuni strumenti (European Local Energy Assistance e European, Energy Efficiency Fund) per l’efficienza energetica della Banca Europea degli Investimenti (BEI), pur non costituendo un diretto accesso a fonti finanziarie. Infatti, per alcuni di questi strumenti, l’adesione al Patto è condizione necessaria ma non sufficiente per ottenere il finanziamento. L’Ente Pubblico dovrà infatti redigere anche un Piano d’Azione per l’Energia Sostenibile (PAES) che individui una serie di interventi di efficientamento energetico. Il Patto comprende 4,799 Comuni firmatari (2,425 italiani, comma 10 L. 183/2011.

[3]

[4] Fonte: sito istituzionale Commissione Europeahttp://ec.europa.eu/regional_policy/thefunds/instruments/jessica_it.cfm#3

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