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Concessione di servizio o di lavori? Appalto o concessione? Note critiche a margine di T.A.R. Puglia, Bari, III, 9 giugno 2004, n. 2483.
di Lino Bellagamba  (info@linobellagamba.it) 1 luglio 2004
Materia: appalti / disciplina

Concessione di servizio o di lavori? Appalto o concessione? Note critiche a margine di T.A.R. Puglia, Bari, III, 9 giugno 2004, n. 2483.

 

1. Il principio teorico da affermarsi dovrebbe essere nel senso che la concessione è di lavori e non di pubblico servizio quando si ha anzitutto la realizzazione di un’opera pubblica. Se l’opera esiste già, la concessione è di pubblico servizio. Se l’opera pubblica non esiste e deve quindi implementarla il concessionario, la concessione è invece di lavori pubblici.

 

2. Tale principio non viene accolto da T.A.R. Puglia, Bari, III, 9 giugno 2004, n. 2483, che qui si enuclea (il corsivo è nostro).

 

«Con riguardo alla questione di ordine generale posta dai ricorrenti, relativa alla qualificazione dell’oggetto della gara, il Collegio non ignora le difficoltà che possono esservi nell’inquadrare la procedura per cui è processo tra gli appalti pubblici di servizi di cui al D. Lgs. nr. 157/95, ovvero tra le concessioni di lavori pubblici ex L. nr. 109/94: in particolare, come sottolineato dall’Amministrazione regionale, gli ampi riferimenti interpretativi e giurisprudenziali forniti da parte ricorrente in ordine alla necessità di cogliere il criterio discretivo tra i due istituti nella accessorietà o meno della realizzazione dell’opera rispetto alla gestione del servizio cui la stessa è strumentale, e nella conseguente riconducibilità o meno di tale gestione a mero elemento integrativo della controprestazione prestata dalla P.A. al privato aggiudicatario, lascia del tutto impregiudicato il quesito se l’oggetto della gara all’esame sia da ricondurre all’uno o all’altro dei due schemi. Sul punto vi è certamente disparita di opinioni in giurisprudenza, potendosi reperire, accanto all’orientamento richiamato dai ricorrenti, altrettanto autorevoli pronunce di segno opposto, e segnatamente nel senso di considerare, in ipotesi di gara avente ad oggetto la realizzazione e successiva gestione di un impianto per lo smaltimento e/o la lavorazione di rifiuti, quale elemento centrale la gestione di siffatto servizio, rispetto al quale la materiale costruzione dell’impianto costituisce attività soltanto prodromica, accessoria e strumentale (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 10.6.2002, nr. 3207; Sez. VI, 6.9.2000, nr. 4688). È a questo secondo orientamento che il Collegio ritiene di aderire, apparendo convincenti i rilievi dell’Amministrazione, che ha insistito nell’evidenziare come il vero primario oggetto dell’attenzione del Commissario Delegato, nell’adozione dei provvedimenti oggi impugnati, sia stato il servizio di smaltimento e trattamento dei rifiuti urbani, con il dichiarato proposito di introdurre in tale settore innovazioni determinanti (impiego dei rifiuti per la produzione di combustibile ovvero termovalorizzazione), rispetto alle quali la realizzazione di nuovi impianti, ovvero il potenziamento di impianti già esistenti, costituisce circostanza meramente accidentale ed “eventuale”: tale aggettivo – è opportuno precisarlo, in replica agli argomenti di parte ricorrente – va inteso con riguardo non già alla possibilità che impianti idonei preesistano o meno alla gara, ma alla più generale valutazione logica e teleologica degli elementi esenziali e connaturali della gara in oggetto. In altri termini, discende dalla ratio stessa dell’intervento attuato con la gara per cui è processo che, mentre sarebbe astrattamente concepibile un suo esperimento limitato alla sola gestione del servizio (ove, per avventura, vi fossero idonei impianti già esistenti), viceversa non avrebbe alcun senso la mera realizzazione di impianti disgiunta dalla successiva gestione del servizio. Ai fini del raggiungimento di una tale conclusione, un criterio ermeneutico decisivo è fornito dall’art. 27 D. Lgs. nr. 22/97 (disposizione significativamente quasi del tutto pretermessa dai ricorrenti nella loro pur articolata esposizione), nel quale, seppur riferito alla gestione dei servizi in regime ordinario e non emergenziale, non può non cogliersi il segno di un evidente favor legislativo verso l’accorpamento in capo ad unico soggetto della realizzazione degli impianti e della gestione del servizio: il tutto – è quasi inutile sottolinearlo – all’interno di un contesto nel quale il secondo obiettivo è pacificamente centrale rispetto al primo».

 

In sostanza, la prevalenza funzionale viene riferita non al criterio oggettivo inerente al fatto dell’esistenza o meno dell’opera pubblica, ma al criterio discrezionale con cui l’amministrazione aggiudicatrice definisce, lei medesima, la priorità funzionale da conseguirsi.

Per cui, se l’amministrazione intende anzitutto affidare un servizio, anche se l’opera pubblica è del tutto inesistente, la procedura di affidamento non sarà regolata dalla normativa-lavori.

 

Tale tesi non è accolta dalla Commissione comunitaria nel suo noto documento sulle concessioni.

Peraltro, il collegio pugliese cita Cons. Stato, VI, 6 settembre 2000, n. 4688 e Cons Stato, V, 10 giugno 2002, n. 3207. Ma il richiamo delle due sentenze è del tutto inconferente, in quanto non vi si tratta affatto la questione inerente al criterio discretivo fra concessione di lavori ovvero di servizi.

 

3. Così prosegue la sentenza del collegio pugliese:

 

«Quanto fin qui esposto rende giustizia anche dell’ulteriore profilo, affacciato dai ricorrenti sia pure in via subordinata, in ordine alla possibilità di qualificare l’oggetto della gara come concessione “mista” di lavori e servizi, con la conseguente necessità di scinderne la disciplina: sul punto, è sufficiente richiamare gli arresti giurisprudenziali che, in riferimento alle gare aventi ad oggetto l’affidamento a terzi non del semplice svolgimento di funzioni pubblicistiche, ma di attività a carattere imprenditoriale costituenti servizio alla collettività, considerano necessario l’impiego dello strumento dell’appalto di servizi in luogo della concessione (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, nr. 4688/00 cit.). Tale schema, in quanto comportante un’analitica e dettagliata disciplina quanto alle modalità dell’affidamento, appare indubbiamente più garantito e conforme ai principi di trasparenza dell’azione amministrativa e massima apertura del mercato. 5. Dalle considerazioni che precedono discende che va ritenuta corretta la scelta dell’Amministrazione, che ha qualificato l’oggetto della gara come appalto di servizi ai sensi del D. Lgs. nr. 157/95, anziché come concessione di lavori ai sensi della L. nr. 109/94».

 

Si tratta di due tesi, ambedue non condivisibili.

 

In ordine alla prima, è sufficiente richiamare l’ordinamento comunitario, che ha cristallizzato sul piano giuridico la naturale nozione di concessione di servizio.

«La “concessione di servizi” è un contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi, ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi (…)» (Dir. 2004/18/CE, art. 1, paragrafo 4). Non solo dunque nella concessione rilevano «attività a carattere imprenditoriale costituenti servizio alla collettività», ma tale imprenditorialità assume addirittura una valenza ben più spessa che nell’appalto, a ragione del rischio gestionale che vi si riconnette come elemento essenziale.

 

La seconda tesi contraddice in pieno la sostanza della fattispecie concreta di cui si tratta. Se il soggetto si remunera non con un prezzo-corrispettivo, ma con la gestione a tariffa sul mercato, intesa come diritto e dovere a un tempo, il problema sarà solo di stabilire se si tratti di concessione di lavori ovvero di servizi.

Ma, men che mai, potrà trattarsi di appalto.

Sentenza: TAR Puglia, Bari, sez. III, 9/6/2004 n. 2483
Sui criteri discretivi tra gli appalti pubblici di servizi di cui al D. Lgs. n. 157/95 e le concessioni di lavori pubblici ex L. n. 109/94.

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