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Le ultime modifiche al regime transitorio relativo agli affidamenti ed alle concessioni in essere per la gestione dei servizi locali di distribuzione del gas metano (art. 1, comma 69, l. n. 239/2004). Considerazioni sulle recenti interpretazioni ministeriali, alla luce dai lavori parlamentari .
Con le nuove disposizioni in commento, il Legislatore è così intervenuto sul regime transitorio dettato dall’art. 15 d.lgs. n. 164/2000, in attesa della piena attuazione della riforma di settore:
“La disposizione di cui all’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, relativa al regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni in essere al 21 giugno 2000, data di entrata in vigore del medesimo decreto legislativo, va interpretata nel senso che è fatta salva la facoltà di riscatto anticipato, durante il periodo transitorio se stabilita nei relativi atti di affidamento o di concessione. Tale facoltà va esercitata secondo le norme ivi stabilite. Le gare sono svolte in conformità all’art. 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164. Il periodo transitorio di cui al citato articolo 15, comma 5, termina entro il 31 dicembre 2007, fatta salva la facoltà per l’ente locale affidante o concedente di prorogare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, per un anno la durata del periodo transitorio, qualora vengano ravvisate motivazioni di pubblico interesse. Nei casi previsti dall’articolo 15, comma 9, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, il periodo transitorio non può comunque terminare oltre il 31 dicembre 2012. E’ abrogato il comma 8 dell’articolo 15 dello stesso decreto legislativo n. 164 del 2000”
Come hanno già avuto modo di rilevare i primi interpreti, si tratta di una formulazione non chiara e lineare, come tale compatibile con diverse opzioni interpretative.
Giova distinguere subito i due fondamentali – e pur connessi – profili interessati dall’intervento legislativo:
1) l’esercizio del riscatto anticipato durante il periodo transitorio;
2) la durata del periodo transitorio.
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1. Per quanto concerne il primo punto, si può certamente affermare che il Legislatore ha inteso, con una norma di tipo interpretativo, consentire alle Amministrazioni comunali di esercitare, anche nel periodo transitorio, la facoltà di riscatto anticipato del servizio, a condizione che questa sia prevista nei relativi atti di concessione o affidamento. Così superando l’ormai consolidato orientamento del Consiglio di Stato che, ritenendo inscindibile il legame funzionale tra l’istituto del riscatto, così come delineato nel T.U. n. 2578/1925, e la gestione diretta del servizio da parte dell’Ente riscattante, aveva concluso per l’incompatibilità di tale istituto con l’entrata in vigore del d.lgs. n. 164/2000, il quale ha imposto l’affidamento del servizio, mediante gara, ad imprese terze.
Ora il riscatto, esplicitamente ammesso, viene finalizzato – al contrario di quanto letteralmente previsto dal citato T.U. del 1925 – alla “messa in gara” del servizio ai sensi dell’art. 14, d.lgs. n. 164/2000 (“Le gare sono svolte in conformità all’art. 14 del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164”).
Resta da chiarire se la riscattabilità riguardi esclusivamente quelle concessioni che non siano già state affidate con gara, considerato che la norma interpretativa introdotta si riferisce testualmente solo all’art. 15, comma 5, d,lgs. n. 164/2000, o interessi tutte le concessioni in essere, ivi comprese quelle affidate con gara di cui al successivo comma 9.
Sul punto si può concordare con l’orientamento espresso nella recente Circolare del Ministero delle Attività Produttive prot. n. 2355 dell’11.11.2004, che opta per la prima delle due opzioni interpretative prospettate.
Ulteriore argomento testuale a favore di tale soluzione – ad integrazione del principale argomento, consistente, come detto, nel riferimento espresso della norma al solo comma 5 – è dato dalla formulazione – rimasta inalterata – dell’art. 15, comma 9, cit, secondo cui gli affidamenti e le concessioni attribuiti con gara “sono mantenuti per la durata in essi stabilita…e comunque per un periodo non superiore a dodici anni a partire dal 31 dicembre 2012”.
Dall’espressione “sono mantenuti”, non esattamente equivalente alla dizione “proseguono” utilizzata al comma 5, si può evincere, infatti, la volontà del Legislatore di garantire stabilità ai rapporti in questione sino alla loro scadenza (purchè compresa entro il 31.12.2012).
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2. Assai più complessi sono i problemi interpretativi che attengono alla determinazione del periodo transitorio (relativo agli affidamenti ed alle concessioni non attribuiti con gara).
Su tale profilo appaiono prospettabili, essenzialmente, i due seguenti orientamenti:
1) Il termine ordinario del periodo transitorio resta fissato al 31.12.2005; esso deve comunque terminare entro il 31.12.2007 (“…termina entro…”), in caso di applicazione di una delle fattispecie di proroga di cui all’art. 15, comma 7 (la proroga massima legata alla singola fattispecie è di due anni); è abrogata, di conseguenza, il comma 8 dell’art. 15, che consentiva la cumulabilità delle proroghe; resta salva la proroga discrezionale di un ulteriore anno da parte dell’Ente concedente (al massimo, quindi, il periodo transitorio può spingersi sino al 31.12.2008).
2) Il periodo transitorio è da ritenersi prorogato ex lege, per tutti gli affidamenti in corso, dal 31.12.2005 al 31.12.2007, salve anche le ulteriori proroghe di cui all’art. 15, comma 7, sia pure non cumulabili tra loro; a ciò si aggiunge la proroga discrezionale di un anno a cura dell’Ente locale.
A sposare con nettezza la seconda opzione ermeneutica, è intervenuta recentemente la già menzionata Circolare del Ministero delle Attività Produttive prot. n. 2355 dell’11.11.2004.
Si riassumono qui di seguito le posizioni più rilevanti assunte dal Ministero:
a)“L’’innovazione introdotta dall’articolo 1, comma 69, della legge n. 239/04 stabilisce che il termine per il periodo transitorio a cui fa riferimento l’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo n. 164/00, non è più quello stabilito dal successivo comma 7, ma è ora il 31 dicembre 2007…”, ovvero il 31.12.2008 in caso di proroga di un ulteriore anno da parte dell’Ente locale. “La motivazione di tale innovazione normativa – si legge ancora nella Circolare – appare volta a concedere un maggior lasso di tempo agli enti locali per effettuare le gare, al fine di consentire la creazione di aggregazioni territoriali in modo da bandire gare che possano interessare aree sovracomunali, con evidenti benefici in termini di efficienza ed economicità del servizio di distribuzione”.
b) Per quanto riguarda le ulteriori estensioni del periodo transitorio previste all’art. 15, comma 7, lett. a), b) e c), d.lgs. n. 164/2000, esse non sono abrogate, ma diventano semplicemente non cumulabili, per effetto dell’abrogazione del comma 8 dello stesso art. 15, con la conseguenza che “nell’ipotesi più favorevole di estensione (intervenuta proroga disposta dall’ente locale e presenza di uno dei requisiti previsti sub lettere b) e c) del citato comma 7, la durata complessiva del periodo transitorio arrivi a conclusione entro il 31 dicembre 2010”.
c) Il termine per effettuare una delle operazioni richieste dal citato art. 15, comma 7. lett. a), b) e c), passa, “in via interpretativa”, pur in assenza di alcuna modifica del testo normativo, da “un anno prima dello scadere dei cinque anni” (dizione tuttora vigente dell’art. 15, comma 7), a “un anno prima del 31 dicembre 2007”.
d) La non cumulabilità delle proroghe di cui all’art. 15, comma 7 non opera retroattivamente, con la conseguenza che i soggetti che, all’entrata in vigore della l. n. 239/2004, avevano già maturato i relativi requisiti, mantengono il diritto acquisito all’applicazione di tutti i corrispondenti incrementi, che sarebbero così da sommare al biennio di proroga generalizzata ex lege (31.12.2007), nonchè all’ulteriore anno di proroga discrezionale concedibile dall’Ente locale; ne deriverebbe che il periodo transitorio potrebbe spingersi, al massimo, sino al 31.12.2013.
e) Il termine di sei mesi dall’entrata in vigore della l. n. 239/2004 per l’esercizio del potere discrezionale di proroga, da parte dell’Ente locale, è da ritenersi di natura ordinatoria, e non perentoria.
f) La proroga di due anni anche del periodo transitorio ad hoc previsto per le concessioni e gli affidamenti che beneficiano di finanziamenti pubblici (gli anni del periodo transitorio decorrono, trascorsi quattro anni e non più solo due anni, dall’emissione del decreto di finanziamento), è ritenuta coerente con l’interpretazione ministeriale circa la determinazione delle durata del “nuovo” periodo transitorio (allungamento di due anni per tutti i gestori) e persino necessaria per osservare il principio di parità di trattamento e non discriminazione.
Ora, per poter svolgere una consapevole trattazione della materia e valutare, quindi, le opzione interpretative in campo, appare imprescindibile, specialmente, in questa prima fase di vigenza del nuovo testo normativo, guardare ai lavori preparatori, anche al fine di individuare la ratio complessiva dell’intervento legislativo sul periodo transitorio.
Il testo che corrisponde all’attuale art. 1, comma 69, l. n. 239/2004 costituisce il frutto della modifica e dell’integrazione del seguente testo, approvato in prima lettura alla Camera dei Deputati in data 16.7.2003:
“La disposizione di cui all’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164, relativa al regime transitorio degli affidamenti e delle concessioni in essere al 21 giugno 2000, data di entrata in vigore del decreto medesimo, va interpretata nel senso che è fatta salva la facoltà di riscatto anticipato se stabilita nei relativi atti di concessione e di assegnazione; da esercitarsi secondo le norme ivi stabilite. Il servizio riscattato deve essere affidato a terzi con le modalità stabilite dall’articolo 14 del citato decreto legislativo n. 164 del 2000, esclusivamente mediante l’indizione di gare per l’affidamento del servizio”
Come si può notare, la formulazione originaria del testo mirava solo alla reintroduzione dell’istituto del riscatto, quale strumento azionabile dagli Enti locali, al fine di accelerare la creazione di condizioni di effettiva concorrenzialità nel settore – obiettivo della riforma –, anticipando, ove possibile, lo svolgimento delle gare per l’affidamento dei servizi, nonché al fine, quindi, di percepire canoni aggiornati, commisurati alla effettiva redditività dei servizi medesimi per i gestori.
Tale obiettivo, del resto, è reso manifesto dall’intervento in Aula del promotore e primo firmatario dell’emendamento (On. Poliedri):
“Si tratta del diritto dei comuni di poter esercitare il riscatto delle concessioni metanifere nei tempi prescritti dalle leggi…
Non potendosi esercitare tale diritto, si crea di fatto un grave danno agli enti locali. Riteniamo che il chiarimento che si propone di introdurre con l’articolo aggiuntivo in esame possa consentire l’esercizio di due diritti, quello degli enti locali di poter mettere al bando le concessioni metanifere e quello del mercato di potersi sviluppare.
Non consentire, oggi, agli enti locali di mettere al bando entro il 2005…le concessioni, crea di fatto una situazione di privilegio da parte di chi, oggi, usufruisce della concessione metanifera spendendo pochi soldi, a danno dei Comuni.”.
Approdato al Senato, il testo è stato oggetto di una proposta governativa di emendamento, nei termini corrispondenti a quello che poi diventerà il testo definitivo.
L’approvazione di tale proposta, da parte del Senato, ha determinato la necessità di un nuovo passaggio, in terza lettura, alla Camera dei Deputati.
Durante l’esame del provvedimento da parte della Commissione Attività Produttive, sono pervenute al Parlamento, in data 30.6.2004, le osservazioni formulate dall’Autorità per l’Energia Elettrica ed il Gas.
E’ significativo considerare come l’interpretazione adottata dall’Autorità non sia affatto convergente con quella ora fatta propria dal Ministero.
Nelle menzionate osservazioni, l’AEEG sottopone a critica il comma 69, in quanto “prevede, tra l’altro, la riduzione del periodo transitorio nel quale permangono in vigore le concessioni di distribuzione del gas esistenti, non assegnate tramite gara”.
L’Autorità, dunque, ha inteso il 31 dicembre 2007 come termine finale del periodo transitorio, non ulteriormente prorogabile in nessun caso, eccetto soltanto l’incremento annuale concedibile a discrezione dei Comuni. Di qui la seguente critica dell’AEEG:
“L’emendamento proposto da un lato accelera lo svolgimento delle gare, proprio nei casi delle imprese di maggiori dimensioni e/o già aperte al mercato; dall’altro le ritarda, nel caso di aziende ed imprese di dimensioni minori e/o non ancora apertesi al capitale privato. La nuova norma appare pertanto in contrasto con l’intendimento di razionalizzare il settore della distribuzione del gas e/o di aprirlo ulteriormente al settore privato.
L’Autorità segnala che la modifica del quadro normativo appare dannosa in quanto, sulla base delle norme che furono stabilite dal decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164, le imprese hanno effettuato una programmazione pluriennale dei servizi e dei relativi ingenti investimenti, che potrebbero ora essere abbandonati. Si ritiene invece coerente con le esigenze di sviluppo dei servizi quanto precedentemente disposto in materia dalla Camera dei Deputati in sede di prima lettura”.
La Commissione Attività Produttive, allora, recependo le indicazioni dell’AEEG, ha riproposto all’Assemblea la medesima versione approvata in prima lettura alla Camera.
L’Assemblea, tuttavia, ha ripristinato e approvato definitivamente il testo licenziato dal Senato.
Dal dibattito emerge come tale scelta sia stata dettata anche dall’esigenza di evitare un nuovo passaggio al Senato del provvedimento. In questo senso depone l’intervento del Sottosegretario Dell’Elce che, in conformità all’orientamento già espresso in Commissione, si era pronunciato per il ripristino della versione votata al Senato, manifestando la disponibilità del Ministero a emanare, poi, chiarimenti interpretativi per superare le perplessità dall’AEEG.
L’interprete, tuttavia, non può esimersi dal ricercare quale sia l’orientamento sostanziale insito nella scelta, da parte della Camera, di ritornare al testo del Senato; scelta che riguarda, nello specifico, la durata del periodo transitorio, ossia l’unico punto sul quale si differenziano le due versioni:
- il testo approvato alla Camera, infatti, lascia inalterato il periodo transitorio, disponendo solo in materia di riscatto;
- il testo approvato al Senato, invece modifica, sia pure in modo non certo “limpido” ed univoco, il regime transitorio.
Si tratta di comprendere se il suddetto orientamento miri ad una “espansione” del periodo transitorio, attribuendo a tale “espansione” un significato – per così dire – “compensativo” rispetto al ripristino della facoltà di riscatto, oppure, al contrario, ad una più rigorosa delimitazione del periodo transitorio stesso, per consentire alle Amministrazioni, se ne sono in condizione, di passare più rapidamente al regime concorrenziale delle gare.
Gli spunti offerti dal dibattito parlamentare vanno, francamente, nella seconda direzione.
In particolare, si fa riferimento all’intervento dell’On. Poliedri (in data 23.7.2004), il quale critica il testo proposto dalla Commissione, paventando che, con il ripristino della possibilità di cumulo delle varie ipotesi di proroga, il periodo transitorio potesse ritenersi prorogato sino al 31.12.2010.
Nel medesimo intervento segue una forte difesa delle istanze dei Comuni, ed in particolare, dell’esigenza che anche questi possano valersi dei benefici del mercato, ottenendo, tramite nuovi affidamenti, canoni più adeguati rispetto a quelli attuali.
Più esplicita è la dichiarazione di voto resa dallo stesso deputato in data 30.7.2004:
“La necessità di un intervento interpretativo del legislatore è stata ravvisata perché in effetti l’art. 15 n. 7 del decreto legislativo n. 164 è poco chiaro, prevedendo che il periodo transitorio <può essere incrementato alla condizioni sottoindicate, in misura non superiore…>. Di qui a qualche mese, approssimandosi la scadenza del 31 dicembre 2005, le parti in causa si ritroverebbero coinvolte in un ulteriore contrasto sulla natura e titolarità della proroga (diritto del concessionario per effetto del verificarsi delle condizioni ovvero potestà discrezionale dell’ente concedente).
In buona sostanza, il disegno di legge Marzano stabilisce che il periodo transitorio termina al 31 dicembre 2007 e entro detto periodo il comune potrà esercitare il riscatto anticipato…con un preavviso di un anno”.
Nella stessa direzione vanno le argomentazioni dell’On Didonè, sempre a sostegno degli emendamenti che ripristinano il testo del Senato:
“…Sulla durata del periodo transitorio, in effetti, il disegno di legge in questione modifica l’articolo 15, comma 5, del decreto legislativo n. 164, ponendo il termine finale entro il 31 dicembre 2007, anziché in cinque anni a partire dal 31 dicembre 2000…La norma in esame attribuisce al solo Ente comunale di concedere la proroga di un ulteriore anno, qualora vengano ravvisate motivazioni di interesse pubblico. La necessità di un intervento interpretativo del legislatore è stata ravvisata perché l’articolo 15, comma 7, del decreto legislativo n. 164, non si prestava ad interpretazioni univoche. Infatti si prevedeva che il periodo transitorio potesse essere incrementato ad alcune condizioni e ciò ha creato alcune situazioni poco chiare. Il disegno di legge in esame stabilisce che il periodo transitorio termina il 31 dicembre 2007 ed entro detto periodo il comune potrà esercitare il di riscatto anticipato alle condizioni stabilite e con preavviso di un anno. Il periodo transitorio potrebbe subire un ulteriore prolungamento di un anno, come abbiamo visto, in caso di pubblico interesse…
Si tratta di un intervento volto a dare nuove boccate di ossigeno agli enti locali. Vorrei fare alcuni esempi: comuni di 6-7 mila abitanti nelle gare indette fino ad ora hanno avuto ritorni che vanno dal 40 al 60 per cento del margine di distribuzione…”
Da questi interventi emerge come l’obiettivo del Legislatore fosse quello di eliminare le incertezze derivanti da un regime di prorogabilità del periodo transitorio che oscillava tra “diritto del concessionario” e “discrezionalità dell’Ente locale” (e in quest’ultimo senso, si noti, depone il dato testuale dell’art. 15, comma 7, d.lgs. n. 164/2000: “può essere prorogato…in misura non superiore a…”).
L’obiettivo è stato perseguito, almeno nelle intenzioni, attraverso una mediazione degli interessi in gioco.
In particolare, la dizione “il periodo transitorio...termina entro il 31.12.2007” parrebbe essere stata pensata proprio avendo presente le fattispecie di cui all’art.15, comma 7, cit., al fine di individuare un limite temporale certo, non negoziabile e non suscettibile di diverse interpretazioni; d’altro canto, la previsione della facoltà, esclusivamente rimessa all’Ente locale, di disporre un’ulteriore proroga, pare venire incontro all’esigenza di “modulare” il periodo transitorio a seconda dei tempi necessari, caso per caso, per procedere ai nuovi affidamenti.
Senonchè, concretamente, il risultato raggiunto non appare soddisfacente:
- il comma 7 non risulta modificato, per cui il dato normativo non consente di parlare, senza incertezze, di un diritto alla proroga da parte del concessionario in presenza dei presupposti legali, sia pure limitatamene al biennio 2005-2007;
- inoltre, qualora si fosse di fronte ad una proroga ex lege del periodo transitorio, tale proroga dovrebbe valere non solo per i concessionari muniti dei requisiti per la prorogabilità ex art. 15, comma 7, cit., ma anche per gli altri; in tal caso ne deriverebbe un trattamento omogeneo di situazioni differenti, con conseguente valutazione della norma in termini di irragionevolezza costituzionalmente rilevante (art. 3 Cost.).
D’altra parte, non si può ignorare, che le indicazioni emergenti dal dibattito parlamentare, in termini di politica del diritto, non vanno certamente nella direzione di una “espansione” del periodo transitorio, quanto nel senso del suo “contenimento”, a tutela dell’opportunità per i Comuni di trarre quanto prima i benefici economici legati alle nuove gare.
Eloquente è il seguente passaggio della dichiarazione di voto dell’On Poliedri:
“Con la introdotta abrogazione dell’art. 15, n. 8, viene esclusa ogni possibilità di incertezza normativa sul cumulo delle proroghe che, nelle intenzioni delle società concessionarie, avrebbero rischiato di differire addirittura al 2010 il termine finale del periodo transitorio”.
Evidente è quindi l’intento, sia pur mal realizzato, di non oltrepassare, ma anzi di “contenere” i precedenti “margini interpretativi” del periodo transitorio.
Adottando l’opzione ermeneutica fatta propria dalla Circolare ministeriale, si perverrebbe ad esiti tutt’affatto opposti, ed invero eccessivi.
Seguendo la tesi secondo cui i soggetti che, all’entrata in vigore del nuovo testo normativo, avevano già maturato le condizioni per le proroghe di cui all’art. 15, comma 7, cit., avrebbero un vero e proprio diritto acquisito sia alle singole proroghe maturate, sia al loro cumulo, si avrebbero concessionari i quali, benché non selezionati con gara, potrebbero beneficiare di un periodo transitorio perdurante sino al 2013, ossia per ben 13 anni dall’entrata in vigore della riforma:
- sino al 31.12.2007 ex lege;
- sino al 31.12.2012 grazie alle proroghe cumulate ex art. 15, comma 7;
- sino al 31.12.2013 in caso di proroga di un ulteriore anno da parte dell’Ente locale.
Si tratterebbe di un esito, anche questo, suscettibile di sindacato di ragionevolezza, ai sensi dell’art. 3, Cost., in quanto comporterebbe benefici minori per i concessionari selezionati con gara, rispetto ai concessionari scelti con trattativa diretta: mentre per i primi, infatti, ai sensi, dello stesso art.1, comma 69, l. n. 239/2004, “il periodo transitorio non può comunque terminare oltre il 31 dicembre 2012”, i secondi, come si è appena visto, potrebbero prolungare i propri affidamenti anche sino alla fine dell’anno 2013.
Per dare, allora, una lettura della nuova norma compatibile con la Costituzione e, in particolare, con il canone di ragionevolezza di cui all’art. 3, comma 1, Cost. si può ipotizzare quanto segue:
- il periodo transitorio “ordinario” resta inalterato, non risultando modificato o abrogato il comma 7 dell’art. 15, d.lgs. n. 164/2000;
- le proroghe di cui allo stesso comma 7 decorrono sempre dal 31.12.2005, ma sono da intendersi però “dovute”, ricorrendone i presupposti, salva la loro non cumulabilità, per privilegiare così, in via interpretativa, gli intendimenti del Legislatore volti a conseguire, ad un tempo, “certezza” e “contenimento” del periodo transitorio.
Tale interpretazione che, sia pure non priva di profili problematici (come quello della ricostruzione delle proroghe di cui all’art. 15, comma 7, in termini di “diritto” dei concessionari, pur in assenza di alcuna espressa modifica del testo normativo al riguardo), appare rispettosa sia delle finalità sostanziali dell’iter legislativo, sia dei principi di ragionevolezza e parità di trattamento, nella loro rilevanza costituzionale (art. 3, Cost.).
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3. Giova ora esaminare più specificamente le ragioni dei sostenitori della interpretazione più “espansiva” del periodo transitorio, quali chiaramente traspaiono più o meno esplicitamente dal testo della Circolare Ministeriale dell’11.11.2004.
A) In primo luogo, secondo tale linea interpretativa, la dizione “il periodo transitorio…termina entro il 31.12.2007” non avrebbe una finalità di “contenimento”, bensì semplicemente quella di prolungare di due anni ex lege il periodo transitorio. L’impiego delle formulazione “..entro il…” si spiegherebbe in quanto il periodo transitorio potrebbe terminare anche prima del 31.12.2007, nei casi in cui gli atti di concessione o di affidamento abbiano una scadenza naturale anteriore.
Nel dibattito parlamentare, tuttavia, non emerge in alcun modo la volontà politica di effettuare un mero prolungamento “automatico” di due anni del periodo transitorio, come “misura” compensativa della ripristinata applicabilità del riscatto anticipato; né si prevede che gli effetti dell’intervento legislativo consistano, per l’appunto, in un’estensione del periodo transitorio, addirittura anche sino al 2013. Al contrario, viene espressa l’esigenza di evitare che l’art. 15, comma 7, sia considerato dalle imprese di distribuzione come fonte di veri e propri “diritti” alla proroga del periodo transitorio sino al 2010.
Non solo: la tesi dell’estensione legale del periodo transitorio ordinario al 2007 sembra fornire un’interpretazione parziale, e intrinsecamente contraddittoria, dell’incidenza del comma 69 in esame sull’art. 15, comma 7, d.lgs 164/2000, ossia su quella disposizione che determina in concreto la durata del periodo transitorio.
Come è noto, il comma 69 non abroga né modifica espressamente, in nessuna sua parte, il citato art. 15, comma 7, ma si limita a stabilire che il periodo transitorio termina entro il 31.12.2007.
Secondo la tesi in questione, invece, la nuova norma sarebbe da intendersi modificativa dell’art. 15 comma 7, ma solo nella parte in cui stabilisce in cinque anni decorrenti dal 31.12.2000 il termine “ordinario” del periodo transitorio, e non invece nella parte in cui fissa ulteriori e diversi termini del “transitorio” stesso per particolari fattispecie (lett. ‘a’, ‘b’ e ‘c’ dell’art. 15, comma 7, cit.).
Delle due l’una: o la nuova disposizione detta il nuovo termine massimo del periodo transitorio valido per tutte le fattispecie, ma in tal caso sostituirebbe integralmente la vecchia disciplina di cui all’art. 15, comma 7; oppure è da intendersi come “argine” di contenimento del periodo transitorio già esistente, che non viene né abrogato né modificato.
Verso la prima soluzione si era avviata l’AEEG con le osservazioni espresse durante i lavori parlamentari. Ma si tratta di una soluzione obiettivamente incompatibile con la disposizione che abroga solo il comma 8 dell’art. 15, escludendo la cumulabilità delle proroghe di cui al comma 7, non già le proroghe stesse, che, al contrario, risultano così implicitamente confermate.
L’abrogazione espressa del solo comma 8, d’altra parte, non fa che confermare, implicitamente, ma inequivocabilmente, la piena vigenza del comma 7, in ogni sua parte.
Non appare corretto, allora, optare per una “modifica selettiva” del comma 7 (con riguardo al solo “termine ordinario” in esso contemplato e non ai “termini speciali”); tale “selezione”, invero, appare arbitraria e “di comodo”, soprattutto se si considera che il Legislatore, nella specie, quando ha inteso modificare o abrogare un comma dell’art.15, lo ha disposto espressamente (così è avvenuto per il comma 8).
Sembra allora più rispettosa non solo della ratio legis, così come emerge dai lavori preparatori, ma anche della lettera della norma, la soluzione che limita le proroghe di cui al comma 7 ad un solo biennio, combinandosi così perfettamente, in termini temporali, con l’abrogazione del regime di cumulabilità di cui al comma 8.
B) Ulteriore argomento dei sostenitori della tesi meno restrittiva è la sottolineata “simmetria” tra il comma 69 ed il comma 68 dell’art. 1, l. n. 239/04, che modifica il comma 10 bis dell’art. 15 del decreto Letta: la circostanza che il comma 68, cit. prolunghi di due anni il periodo transitorio nel caso di concessioni e affidamenti oggetto di contributi pubblici (il periodo transitorio decorre dopo che sono trascorsi non più due, ma quattro anni dalla emissione del decreto di finanziamento), indurrebbe ad interpretare, per coerenza e parità di trattamento, anche il comma 69 in termini di prolungamento biennale ex lege per gli altri affidamenti e concessioni.
Senonchè, a ben vedere, il Legislatore non ha inteso trattare in modo omogeneo i due casi. Infatti, in caso di concessioni e affidamenti per i quali trovano applicazione le norme di sostegno finanziario di cui alla l. n. 784/1980 e alla l. n. 144/1999, proprio il Legislatore del 2004 ha inteso prolungare (di quattro anni) anche il periodo transitorio previsto ad hoc per gli affidamenti disposti con gara, ossia i dodici anni di cui all’art. 15, comma 9. Il che non è avvenuto per le altre concessioni, per le quali al contrario, si è voluto porre una norma esplicita di salvaguardia, al fine di precludere qualunque interpretazione che potesse determinare l’oltrepassamento del 2012 (“Nei casi previsti dall’art. 15, comma 9…il periodo transitorio non può comunque terminare oltre il 31 dicembre 2012”).
In realtà, chiara e giustificata appare la ratio di favore per le ipotesi di cui al comma 10 bis del d.lgs. n. 164/2000: essa non è soltanto legata all’esigenza di promuovere la metanizzazione nelle aree meno sviluppate del Paese – esigenza che, del resto, è alla base delle stesse misure di finanziamento di cui alla l. n. 784/1989 e alla l. n. 144/1999 –, ma deriva altresì dalla circostanza che, nel caso specifico, i concessionari interessati dal beneficio, alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 164/2000, non erano ancora in condizione di avviare la gestione vera e propria del servizio ovvero lo erano da poco tempo.
Nell’originaria formulazione della norma, beneficiavano di una specifica proroga del periodo transitorio solo coloro che avevano ottenuto il decreto di finanziamento dopo il 31.12.1998 (e che, quindi, presumibilmente, avrebbero potuto iniziare la gestione circa due anni dopo); ora ne beneficiano quelli che l’hanno ottenuto dopo il 31.12.1996.
Nulla di paragonabile alla situazione di quei soggetti titolari di concessioni trentennali, che all’entrata in vigore della riforma, in molti casi, esercitavano il servizio già da decenni.
Per questi motivi il Legislatore ha differenziato, ragionevolmente, i due regimi.
C) Terza e fondamentale ragione posta a sostegno della soluzione interpretativa più favorevole ai gestori, è l’esigenza di rispettare i diritti acquisiti delle imprese che hanno già maturato i requisiti per conseguire uno o più delle proroghe di cui all’art. 15, comma 7, cit.
In realtà, appare ben difficile parlare di diritti acquisiti, quando la disposizione in questione stabilisce, letteralmente, che il periodo transitorio quinquennale “può essere incrementato, alle condizioni sotto indicate, in misura non superiore a…”.
La norma, infatti, pare chiaramente alludere ad una facoltà, per le parti dei rapporti convenzionali/concessori, di prolungare consensualmente il periodo transitorio, in presenza delle condizioni previste dalla legge, entro termini massimi egualmente fissati dalla legge.
Pur sottolineando che si tratta di una scelta legislativa assai poco opportuna, in quanto lascia i gestori, con le proprie esigenze di certezza e programmazione imprenditoriale, di fatto “in balia” della discrezionalità dei Comuni, non parrebbe appropriata una interpretazione del tutto antiletterale della norma, nel senso dell’applicazione automatica delle proroghe.
Si può dubitare, quindi, che l’interpretazione più restrittiva del “nuovo periodo transitorio” sia effettivamente da ritenersi costituzionalmente illegittima, per lesione di diritti acquisiti (diversamente, analogo giudizio di incostituzionalità dovrebbe ricevere l’originario e immutato testo dell’art. 15, comma 7, d.lgs. n. 164/2000).
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4. Venendo ora a commentare gli altri specifici pronunciamenti del Ministero non già trattati nella parte che precede, si può affermare quanto segue.
1) Non appare né giuridicamente fondata né razionalmente giustificabile la tesi secondo cui il termine entro il quale dovrebbero essere integrate dai singoli gestori le condizioni di prorogabilità di cui all’art. 15, comma 7, lett. a), b) e c), cit., sarebbe da intendersi spostato di due anni “in via interpretativa”:
- l’infondatezza di tale interpretazione deriva dal suo carattere del tutto creativo e innovativo rispetto al testo di legge, che non dispone in alcun modo il suddetto differimento;
- differimento che è altresì poco giustificabile, atteso che l’introduzione del comma 69 in esame giunge pochi mesi prima della scadenza del termine (31.12.2004) già fissato dal decreto Letta per la realizzazione delle operazioni rilevanti ai fini delle proroghe (fusioni, acquisizioni, privatizzazioni, ecc.), quando ormai tali operazioni, se non già programmate e implementate, non sarebbero state più possibili.
2) Condivisibili sono invece le altre prese di posizione ministeriali, rispettivamente, sulla irretroattività del divieto di cumulo delle proroghe; sul carattere ordinatorio del termine semestrale a disposizione dei Comuni per disporre la proroga di un anno prevista dalla nuova norma.
E’ da rilevare, comunque, che queste prese di posizione, rivelano alcune obiettive difficoltà della tesi orientata alla maggiore estensione del periodo transitorio.
1) La vera e propria “invenzione” della riapertura dei termini per usufruire delle proroghe, si è resa necessaria, perché altrimenti, seguendo la tesi “espansiva”, ne sarebbe derivata un’interpretatio abrogans della disposizione che, a sua volta, ha abrogato la possibilità di cumulare le varie proroghe: infatti per il passato si sarebbero avuti diritti acquisiti al cumulo delle proroghe “maturate”; per il futuro l’imminente scadenza del termine del 31.12.2004 non avrebbe consentito più di mettere in atto alcuna operazione propedeutica ad ulteriori proroghe; d’altra parte è evidente l’arbitrarietà dell’indicazione di un termine che non si desume da alcuna norma e che, quindi, non può essere posto in via interpretativa.
Appare allora più in linea con il dato normativo e con gli intenti del Legislatore assumere come presupposto la discrezionalità e non l’automaticità delle proroghe e quindi fare salvi, in conformità al principio generale di irretroattività della legge, solo gli atti di proroga già sottoscritti tra le parti al momento dell’entrata in vigore della l.n. 239/2004, che determinino la prosecuzione dei rapporti oltre il 31.12.2007 (ovviamente in presenza delle condizioni all’uopo previste dalla legge) Negli altri casi i rapporti concessori potranno beneficare di una sola proroga e non potranno superare la predetta data (salvo soltanto l’anno di proroga comunale).
2) Quanto al termine entro cui il Comune è tenuto a disporre la proroga discrezionale di un anno, esso, in quanto decorrente dalla data di entrata in vigore della stessa l. n. 239/2004 e quindi così ravvicinato, difficilmente si spiega adottando l’interpretazione più “estensiva” del periodo transitorio.
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In conclusione, le attuali prospettive ermeneutiche appaiono ancora “fluide”, nonostante la recente circolare interpretativa, nonché di difficile consolidamento, a causa del carattere obiettivamente infelice della formulazione dell’art. 1, comma 69, l. n. 239/2004.
Vi è da augurarsi che tanto basti ad indurre il Legislatore ad intervenire nuovamente per dettare finalmente una disciplina chiara, razionale, e rispettosa di tutti i rilevanti e delicati interessi coinvolti nella materia; e che ciò avvenga prima che la il controverso comma 69 arrivi al vaglio della giurisprudenza. |