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VIETATO IL RITIRO DEI RIFIUTI DA PARTE DELLE IMPRESE DI RECUPERO CHE OPERANO AL DI FUORI DEL SERVIZIO PUBBLICO DI RACCOLTA
di Michele Nico 15 aprile 2022
Materia: ambiente / rifiuti

VIETATO IL RITIRO DEI RIFIUTI DA PARTE DELLE IMPRESE DI RECUPERO CHE OPERANO AL DI FUORI DEL SERVIZIO PUBBLICO DI RACCOLTA

 

Non è consentito il ritiro di rifiuti urbani prodotti da utenze domestiche, da parte di imprese di recupero che agiscono al di fuori del servizio pubblico di raccolta dei rifiuti solidi urbani.

Infatti, le modalità di conferimento, della raccolta differenziata e del trasporto dei rifiuti urbani costituiscono nel loro insieme le varie fasi di cui si compone la gestione della filiera dei rifiuti, per le quali la legge prevede un regime di privativa in capo ai Comuni e agli Enti di governo degli Ambiti territoriali ottimali.

Di conseguenza, un’eventuale raccolta di rifiuti svolta da soggetti terzi non affidatari del correlativo servizio pubblico non sarebbe coerente con le modalità organizzative previste dal vigente quadro normativo, e “potrebbe comportare una sottrazione di alcuni flussi di rifiuti per i Comuni sia ai fini delle quantità di rifiuti oggetto dell’affidamento del servizio integrato, sia ai fini del raggiungimento degli obblighi di raccolta differenziata, nonché per i consorzi di filiera, i quali potrebbero sia non riuscire ad adempiere agli obblighi a essi attribuiti, sia perderne la tracciabilità, indispensabile per il raggiungimento dei target di recupero”. 

La circolare del Mite in data 8 marzo 2022, richiamata all’attenzione dei Comuni con la nota Anci del 6 aprile scorso, ha precluso qualsiasi spazio al ritiro di rifiuti urbani di provenienza domestica da parte delle imprese di recupero operanti al di fuori del servizio pubblico.

La pronuncia del Ministero, frutto di un interpello proposto dalla Regione Piemonte, fonda tale assunto di rigore sulla base di una interpretazione orientata del vigente quadro normativo, principalmente costituito dagli articoli 198, 200 e 205 del dlgs 152/2006 (Testo unico dell’ambiente).

Secondo il quesito posto dalla Regione le norme statali di riferimento, nel definire le competenze dei Comuni in materia, non parrebbero fare esplicito riferimento a un regime di privativa comprensivo della tipologia dei rifiuti avviati a recupero.

Di contro, il parere ministeriale ha sostenuto che la gestione dei rifiuti rientra per intero nell’attribuzione dei Comuni e degli Enti di governo a livello di ambito ottimale, indipendentemente dal fatto che essi siano destinati allo smaltimento o al recupero.   

In ragione di ciò, i Comuni sono tenuti a disporre con appositi regolamenti “le misure inerenti tutte le fasi della gestione dei rifiuti urbani”, garantendo una distinta gestione delle diverse frazioni di rifiuti e promuovendo il recupero delle stesse.

Il fatto stesso di escludere dal regime di privativa il ritiro dei rifiuti urbani destinati al recupero significherebbe esporre all’indeterminatezza dei costi delle operazioni di raccolta non solo i Comuni, ma anche l’utenza domestica, che è comunque tenuta alla corresponsione della TARI anche qualora il ritiro venga effettuato da altro soggetto.

Di conseguenza, rispetto ai rifiuti urbani raccolti per frazioni merceologiche, l’ordinamento prevede la stipula di appositi accordi di programma tra la Pa e le associazioni imprenditoriali rappresentative sul piano nazionale, oppure di convenzioni-quadro stipulate tra le medesime associazioni e i responsabili della piattaforma di conferimento, da cui risulti la destinazione definitiva dei rifiuti in questione, come accade, a titolo esemplificativo, per la raccolta degli imballaggi, per i quali l’accordo ANCI-CONAI consente ai Comuni di stipulare apposite convenzioni per l’organizzazione della raccolta di tali frazioni merceologiche.

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