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La Natura Giuridica degli Enti di Governo del Territorio del Servizio idrico integrato in Piemonte
di Alberto Bignone 18 luglio 2022
Materia: acqua / servizio idrico integrato

La Natura Giuridica degli Enti di Governo del Territorio del Servizio idrico integrato in Piemonte

(dott. Alberto Bignone)*

Il presente lavoro nasce dall'esigenza di fornire un inquadramento giuridico agli Enti di Governo del Territorio preposti alla regolazione del Servizio idrico integrato in Piemonte al fine di superare le antinomie tra normativa nazionale sopravvenuta risalente al codice dell'ambiente nella sua articolata evoluzione, e la legislazione regionale ormai risalente alla legge regionale n.13/1997. Il nodo delle questioni consta nel modello convenzionale di organizzazione degli enti locali partecipanti all'ente, risalente art.30 del d.lgs. n.267/2000, e l'espresso riconoscimento della natura di Enti pubblici in forza dell'art.147 del d.lgs. n.152/2006. Sotto un primo profilo, il superamento di tale ambiguità è utile a fornire una veste giuridica all'evoluzione di tale assetto organizzativo che, forzando i connotati tipici dell'istituto convenzionale prescritto dalla legislazione regionale, vede oggi le Autorità d'Ambito Territoriale in Piemonte assumere in via di fatto una piena personalità giuridica distinta dagli enti che vi partecipano. Sotto altro profilo, la ricostruzione mira ad individuare il regime contabile ed i vincoli di finanza pubblica a cui devono attenersi in tema di fabbisogno del personale. 

1.    Inquadramento normativo. La c.d. Legge Galli. Il quadro normativo nazionale di riferimento al tempo vigente, è del tutto mutato rispetto a quello in cui è maturata la legge regionale e la convenzione. La legge nazionale n.36/1994, c.d. legge Galli, agli artt.8 e ss. individuava nei Comuni e nelle Provincie gli enti titolari del servizio, disponendo che essi lo organizzano e “provvedono alla gestione del servizio idrico integrato mediante le forme, anche obbligatorie, previste dalla legge 8 giugno 1990, n. 142” (art.9, comma 2). Veniva poi attribuita alle Regioni, la competenza concorrente a delimitare gli ambiti (art.8, c.1) ed a disciplinare “l e forme ed i modi della cooperazione tra gli enti locali ricadenti nel medesimo ambito ottimale”.

2.    La legge n.36/1994, pur perseguendo l’obiettivo della gestione unitaria del Servizio idrico integrato (di seguito s.i.i.), confermava la titolarità dei servizi de qua in capo agli enti locali territoriali, prescrivendo unicamente una gestione unitaria secondo le forme di cooperazione previste dalla legge n.142/1990.

3.    Nell’ordinamento degli enti locali erano contemplati, come oggi, un modello “debole”, la convenzione ex art.24, ed un modello “forte”, i consorzi (art.25). La legge n.36/1994 disponeva all’art.11 che “1. La regione adotta una convenzione tipo e relativo disciplinare per regolare i rapporti tra gli enti locali di cui all'articolo 9 ed i soggetti gestori dei servizi idrici integrati, in conformità ai criteri ed agli indirizzi di cui all'articolo 4, comma 1, lettere f) e g).”. L’espressione plurale “enti locali”, contenuta al comma 1 dell’art.11 della legge Galli, con riferimento all’affidamento del servizio unitario da parte dei “comuni e le province di ciascun ambito territoriale ottimale” ex art.9, comma 1, prefigurava un atto convenzionale di concessione con una parte “plurisoggettiva”, ovvero costituita dalla molteplicità di enti aderenti. Il successivo art.9, comma 2, precisava poi che “Nei casi in cui la forma di cooperazione sia attuata per gli effetti dell'articolo 24 della legge 8 giugno 1990, n. 142”, dunque la convenzione, “le regioni …..omissis….individuano tra gli enti locali partecipanti, l'ente locale responsabile del coordinamento, degli adempimenti e i termini previsti per la stipulazione delle convenzioni di cui all'articolo 24, comma 1, della legge 8 giugno 1990, n. 142.”. Tale inciso chiarisce che il legislatore del tempo aveva ben presente la necessità di imputare gli atti della “parte plurisoggettiva” del contratto di concessione, ad un soggetto pienamente “capace di agire” ovvero che avesse personalità giuridica.

4.    La legge n.36/1994 delineava un servizio unitario, ma non qualificava l’ATO come “ente”, pur attribuendo “pubbliche funzioni” regolatorie ad un “organismo strumentale”, la convenzione, distinto dagli enti che collettivamente concorrevano a formarlo. Questo assetto chiarisce il motivo per cui essa prescriveva la necessità di individuare “l’ente locale responsabile del coordinamento” e, sopratutto, deputato agli “adempimenti…...per la stipulazione” della convenzione. Come si vedrà in seguito il piano “pubblicistico” ammette l’individuazione di un “organo” plurisoggettivo titolare di poteri autoritativi, ma il piano privatistico pertinente al rapporto sinallagmatico insito nella c.d. “concessione contratto”, richiedeva la capacità giuridica, ovvero un centro di imputazione di diritti ed obblighi, che nell’ordinamento si attua attraverso la “finctio iuris” della personalità giuridica (art.11 del cc).

5.    La legislazione regionale attuativa della c.d. Legge Galli. La legge regionale del Piemonte n.13/1997, dopo aver delimitato gli ambiti territoriali ottimali, individua nella “Conferenza degli enti locali” l’Autorità d’Ambito territoriale ottimale. In particolare l’art.3, comma 1, dispone che gli ee.ll. “di ciascun ambito territoriale ottimale esercitano in forma associata le funzioni previste dalla l. 36/1994 in materia di organizzazione del servizio idrico integrato” (art.3, c.1). L’art.4, rubricato “(Autorità d'ambito: istituzione), ai commi 1 e 2, nell’operare la scelta del modello organizzativo “debole”, identificano “l’Autorità d’ambito” nella “Conferenza” dei rappresentanti degli enti dell’ambito: “gli Enti locali di ciascun ambito territoriale ottimale esercitano le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato attraverso la Conferenza ..omississ…., di seguito denominata "Autorità d'ambito". 2. A tal fine …..omissis... stipulano apposita convenzione, ai sensi dell' articolo 24 della l. 142/1990 , ..omissis...”. il successivo comma 5 del medesimo articolo prescrive poi che “5. La convenzione di cui al comma 2 e le sue eventuali modificazioni sono adottate sulla base dei criteri e degli indirizzi emanati dalla Giunta regionale, ….omissis...”.

6.    La rubrica dell’articolo rispetto al suo contenuto conferma il brocardo “rubrica legis non est legis”. L’espressione “istituzione” dell’Autorità d’ambito, segue il richiamo all’istituto della convenzione ex art.24 della legge n.142/1990, oggi rifuso nell’art.30 del d.lgs. n.267/2000, che in sé contempla solo un modello organizzativo di funzioni e servizi gestiti in comune, e non di un accordo convenzionale con “causa”, quale funzione economico sociale in concreto, di natura “associativa” ovvero destinata alla istituzione di una persona giuridica. Del resto la successiva DGR Piemonte n.36-18438 del 21/04/1997 precisa che “l’Autorità d’ambito territoriale ottimale” non è un ente ma un “organo di natura politica” coincidente con la Conferenza rappresentativa degli enti locali che concorrono a formarla. Dunque l’Autorità d’Ambito, nell'ordinamento regionale del Piemonte, è un mero organo collegiale, e non un ente in grado di essere titolare di diritti ed obblighi.

7.    La conferma di tale impostazione si rinviene nell’art.5 della l.r. n.13/1997, che al comma 2 precisa: “3. Ove non stabilito nella convenzione di cui all'articolo 4, comma 2, l'Autorità d'ambito individua tra gli Enti locali appartenenti alla stessa ovvero istituisce il soggetto cui demandare, in nome e per conto della medesima:….omissis…. “c) il compimento degli atti necessari all'affidamento della gestione del servizio, ivi compresa la stipula della convenzione di cui all' articolo 11 della l. 36/1994 ;”. Come per il legislatore nazionale (v. par.3), il problema giuridico del legislatore regionale riguardava la capacità giuridica soggettiva di essere titolare di diritti ed obblighi, c.d. soggettività giuridica, e di porre in essere atti idonei a produrre effetti costitutivi, modificativi o estintivi di rapporti giuridici, c.d. capacità di agire. Se l’articolato della legge Galli consentiva di imputare atti amministrativi “regolatori” in capo ad un “organo collegiale rappresentativo degli enti locali dell’ambito” titolari del servizio, piano pubblicistico di esercizio di una funzione, il perfezionamento di una convenzione di concessione o di altri rapporti contrattuali, di servizi, lavori, forniture o di godimento e, non da ultimo, di rapporti di lavoro subordinato, imponeva sul piano “civile”, di individuare una “persona giuridica” che rappresentasse la parte “plurisoggettiva”, costituita dagli enti locali, nei rapporti con i terzi, con capacità giuridica e con capacità di agire. In tal senso il legislatore regionale rimette all’autonomia degli enti convenzionati di individuare uno degli ente locali partecipanti alla conferenza “ovvero” un “soggetto”, ergo una “persona giuridica”, deputato ad essere parte di un rapporto “interno” di “delega/mandato”, in nome e per conto dei singoli enti titolari del servizio, e soprattutto del rapporto “esterno”, al fine di perfezionare rapporti giuridici con soggetti terzi, in primis per la concessione del s.i.i. e non da ultimo di eventuali rapporti di lavoro subordinato.

8.    Il modello organizzativo cristallizzato nella legge regionale, trova conferma nella citata DGR n.36-18438 del 21/04/1997. All’art.21, c.2, si dispone: “Ove non diversamente stabilito dalla convenzione, l’Autorità d’Ambito deve individuare con atto soggetto cui demandare ogni atto di cui alla successiva sezione II …. tra i quali rientrano gli atti istruttori e di esecuzione delle decisioni della Conferenzagenerale di organizzazione i propri uffici tra gli enti locali appartenenti alla stessa ovvero istituire un soggetto cui demandare ogni atto di cui alla successiva sezione II …. tra i quali rientrano gli atti istruttori e di esecuzione delle decisioni della Conferenza”. Il successivo art.23 dispone che “L’ipotesi di istituzione un soggetto cui demandare, in nome e per conto, dell’Autorità d’Ambito, gli atti di cui alla successiva sezione II, è prevista dalla legge come soluzione alternativa alla utilizzazione degli uffici degli enti locali, ma in via subordinata e residuale, sia perché il fondamento dell’autorità indicato in un atto di convenzione affermando la qualità di organo degli enti locali, nega ad essa ogni natura di ente pubblico, sia perché trattasi di esercizio associato di funzioni che la legge della repubblica ha conferito a ciascun ente locale”.  Ovviamente le cautele del legislatore regionale del tempo, vanno misurate in ragione del quadro normativo di riferimento risalente alla legge Galli ed alla legge n.142/1990. La disciplina nazionale non contemplava “l’ente pubblico” ATO.

9.    Dopo l'entrata in vigore del d.lgs. n.152/2006, la Regione Piemonte è intervenuta con la l.r. n.7/2012 che all'art.2 dove si conferma sostanzialmente il modello precedente nel quadro di un temporaneo intervento normativo nazionale che abrogava le autorità d'ambito rimettendo alle regioni la relativa disciplina[1]. Infine deve menzionarsi la Circolare del Presidente della Giunta regionale 16 marzo 2015, n. 2/AMB con cui la Regione Piemonte, nella persona del Presidente, dichiarava non necessario un intervento normativo in quanto “Deve ritenersi ...omissis.... che, al di là del nomen iuris e della loro natura giuridica, le Autorità d’ambito istituite con la l.r. 13/1997 sono da considerarsi a tutti gli effetti gli Enti di governo d’ambito di cui all’articolo 147 del d.lgs. 152/2006, come novellato dal d.l. 133/2014”. Le valutazioni espresse dal Presidente della Regione Piemonte non hanno ovviamente alcun valore innovativo o di interpretazione autentica della disciplina legislativa regionale, poteri riservati al Consiglio Regionale. Esprimono quanto meno la consapevolezza di un'evoluzione della normativa nazionale e della non perfetta coerenza di quella regionale.

10.                        La riforma del codice dell’ambiente. Il d.lgs. n.152/2006, codice dell’ambiente, modifica radicalmente l’assetto della titolarità della gestione del s.i.i.. Tralasciando i molteplici e contraddittori interventi normativi che si sono susseguiti sul punto[2], la disciplina attuale è contenuta negli artt.147 e ss. del codice dell’ambiente, come modificato dal d.l. n.133/2014.

11.                        La novella normativa si inserisce in un più ampio intervento di coordinamento della finanza pubblica perseguito attraverso il conseguimento di risultati economici migliori nella gestione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica[3] e, quindi, ad un contenimento della spesa pubblica. L'art. 1, comma 609, lett. a)[4], della legge 23 dicembre 2014, n. 190, modificando il comma 3-bis del d.l. n. 138 del 2011, convertito con modificazioni in legge n. 148 del 2011, prevede che gli enti locali partecipino obbligatoriamente “agli enti istituiti o designati per il governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali”, al fine di organizzare lo svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica. Il comune denominatore di questo processo di riorganizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica, tra cui è annoverato il s.i.i., è individuabile nell’istituzione di ambiti territoriali ottimali a cui riferirsi per la loro regolazione locale, per l'affidamento del servizio, che si accompagnano all'introduzione di un sistema cogente di regolazione nazionale attribuendo la competenza all’ARERA[5]. Circoscrivendo il campo di indagine al s.i.i., nelle diverse e successive formulazioni impiegate dal legislatore nel corso del tempo, i nuovi enti sono le Autorità territoriali d’ambito ottimale (ATO), nella prima versione degli artt.148 e ss., e poi gli Enti di governo degli ambiti territoriali ottimali (EGATO) nella versione introdotta nel 2014. L’art.147, c.3, del d.lgs. n.152/2006, dopo aver prescritto che gli enti locali partecipano “obbligatoriamente” all’Ente di governo dell’ambito individuato dalla Regione per ciascun ambito territoriale ottimale, dispone che ad esso “è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1.”. Il mutamento dell'esercizio della funzione istituzionale, già rinvenibile nella formulazione risalente all'originario testo dell'art.148 del d.lgs. n.152/2006, è confermata dall'art.142, comma 3, del d.lgs. n.152/2006, là dove si dispone che gli enti locali esercitano le funzioni pertinenti il s.i.i. “attraverso  l’Autorità d'ambito ((l'Ente di  governo  dell'ambito)) di  cui  all'articolo  148, comma 1”, per inciso oggi abrogato. Il successivo art.149 del d.lgs. n.152/2006 prosegue disponendo al comma 1 che “l'ente di governo dell'ambito provvede alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d'ambito.”. L’art.149 bis recita poi testualmente che “1. L'ente di governo dell'ambito, nel rispetto del piano d'ambito di cui all'articolo 149 e del principio di unicità della gestione per ciascun ambito territoriale ottimale, delibera la forma di gestione fra quelle previste dall'ordinamento europeo provvedendo, conseguentemente, all'affidamento del servizio nel rispetto della normativa nazionale in materia di organizzazione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica.”. Infine l’art.151 dispone che “1. Il rapporto tra l'ente di governo dell'ambito ed il soggetto gestore del servizio idrico integrato è regolato da una convenzione predisposta dall'ente di governo dell'ambito sulla base delle convenzioni tipo, con relativi disciplinari, adottate dall'Autorità per l'energia elettrica, il gas ed il sistema idrico …..omissis...”.

12.                        Dall'esame del quadro normativo vigente è possibile approdare ad alcuni punti fermi utili a fornire le chiavi di lettura per qualificare la natura degli EGATO, ex ATO, nell'ottica di superare le antinomie rispetto alla disciplina regionale vigente in mancanza di un coerente intervento del legislatore regionale:

i.     Le norme di legge nazionale contenute nel d.lgs. n.152/2006 prevedono espressamente che gli “Enti di governo d’ambito territoriale ottimale”, ex Autorità d'Ambito (ATO), individuati dalla Regione, sono titolari dell'esercizio di tutte le funzioni pubbliche pertinenti la gestione del S.i.i., “al quale è trasferito l’esercizio”, per tali intendendosi il potere di programmazione, regolazione, di affidamento e vigilanza sul servizio, oltre ad essere  titolare di una piena capacità di agire nell'ambito della convenzione che regola  “il rapporto tra l'ente di governo dell'ambito ed il soggetto gestore del servizio idrico integrato” (art.151 del d.lgs. n.152/2006).

ii.   Gli enti locali territoriali che vi “partecipano obbligatoriamente”, concorrono collettivamente al governo del s.i.i. attraverso l'Ente di governo. Il s.i.i., come si è visto in precedenza, è assorbito su un piano sovra comunale di governo, ambiti ottimali, che lo sottrae all'esercizio funzionale istituzionale del singolo ente in forza del “trasferimento” all'Ente di governo, ex ATO[6]. 

iii.  Diversamente dalla legge n.36/1994, l'attuale formulazione dell'art.147 del d.lgs. n.152/2006, come il precedente art.148 abrogato, istituisce un nuovo soggetto di diritto pubblico, gli EGATO e prima gli ATO, a cui riconosce “personalità giuridica”[7] non solo in quanto attribuisce loro funzioni pubbliche di natura autoritativa, di pianificazione, di regolazione e, all'occorrenza, di esproprio, ma anche una piena “capacità di agire”[8], là dove prevede che tali soggetti assolvono al ruolo di parte concedente nella convenzione-contratto di concessione del servizio, con assunzione dei relativi diritti ed obblighi nell'ambito di un rapporto contrattuale. I connotati attribuiti alle Egato, ex ATO, dagli artt.147 e 151 del d.lgs. n.152/2006 descrivono dunque, diversamente dal passato, il definitivo superamento della ricostruzione teorica della “soggettività giuridica” rispetto alla “personalità giuridica” prospettata al tempo all'ATO Torino 3 da autorevole studio legale[9].

iv.  L'art.147 della legge nazionale prevede che gli Enti di governo dell’Ambito, ex ATO, sono “individuati” dalle Regioni. Si tratta dunque di una norma “aperta” all’integrazione “concorrente” della Regione che perfezione il meccanismo di qualificazione dell'organizzazione locale degli enti locali quale Ente di governo. Diversamente dalla legge n.36/1994, alle regioni non è prescritto di determinarsi su un “modello organizzativo”, convenzione o consorzio, ma viene unicamente prescritto di procedere all’individuazione: “le Regioni che non hanno individuato gli enti di governo dell'ambito provvedono, con delibera, entro il termine perentorio del 31 dicembre 2014”. L’atto normativo od amministrativo concorrente regionale perfeziona in capo all’organizzazione locale la personalità giuridica. La Corte Costituzionale (sentenza n.226/2012) affermava che gli ATO sono enti locali[10]. Benché la pronuncia sia intervenuta sulla questione nella vigenza dell'abrogato art.148 del d.lgs. n.152/2006, istitutivo delle ATO, l'attuale riformulazione dell'art.147, che ne assorbe i contenuti essenziali, consente di ritenere attuale l'orientamento del giudice delle leggi.

v.    Unico vincolo prescritto alle Regioni è da farsi risalire alla necessità di assicurare “la partecipazione” democratica degli enti locali appartenenti all'ambito territoriale definito dalla Regione, in attuazione di un principio di sussidiarietà verticale. La Corte  costituzionale[11]  ha, infatti, evidenziato  nel 2013 che l’obiettivo della “razionalizzazione nella programmazione e nella gestione  del servizio idrico  integrato” e del superamento della precedente frammentazione implica che non può “essere trascurato (…) il ruolo degli Enti locali e [deve] essere prevista la loro cooperazione in vista del raggiungimento di fini unitari nello spazio territoriale  che il legislatore regionale reputa  ottimale”,  Le istanze “potenzialmente frammentarie” degli Enti locali devono essere tenute in considerazione nella redazione del piano d’ambito (costituito dalla ricognizione delle infrastrutture, dal programma degli interventi, dalla scelta del modello gestionale e organizzativo e dal piano economico finanziario) ma “non possono condizionare in modo insuperabile l’attività programmatoria e pianificatoria dell’ente regionale [per il servizio idrico, Ersi] attributario del servizio[12].

vi.  La disciplina del codice dell'ambiente in merito agli Enti di governo d'ambito, ex ATO, si inserisce in un più ampio intervento legislativo di riforma. Il già citato art.1, comma 609, della legge n. 190 del 2014, mira al conseguimento di risultati economici migliori nella gestione dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica e, quindi, a un contenimento della spesa pubblica attraverso sistemi tendenzialmente virtuosi di esercizio delle relative funzioni ed erogazione dei servizi. La scelta di definire ambiti ottimali di gestione e trasferire in capo ad Autorità od Enti d'ambito l'esercizio delle funzioni pubbliche, con il precetto dell'unicità della gestione, rientra nell'ambito dei principi fondamentali di «coordinamento della finanza pubblica», di cui all’art. 117, terzo comma, Cost. (v. Corte Costituzionale n.160/2016).  L'orientamento espresso dalla Corte Costituzionale chiarisce in sostanza che l'intero sistema di concentrazione  e regolazione prospettato dal legislatore nazionale con la legge 190/2014, il d.lgs. n.201/2011[13] e con il d.lgs. n.152/2006,  costituiscono non solo un modello organizzativo per assicurare una maggiore competitività ed economicità, ma anche misure di finanza pubblica volte ad assicurare che il s.i.i., come altri servizi a rete di rilevanza economica, si autofinanzi attraverso le tariffe corrispettive dei servizi[14] e non si scarichino sulla fiscalità degli enti locali le diseconomie della gestione.

vii.                         La Sezione Autonomie della Corte dei Conti[15] ha affermato che “la disposizione del citato comma 609, qualificata dalla sent. cost. n. 160/2016 come principio di coordinamento della finanza pubblica, è stata concepita per promuovere processi di aggregazione e rafforzare la gestione dei servizi pubblici locali con misure che riservano agli Enti di governo, tra l’altro, il compito di predisporre la relazione sull’affidamento del servizio (art. 34, d.l. n. 179/2012) e che prevede la validità delle deliberazioni assunte dagli EGA senza necessità di ulteriori deliberazioni da parte degli Enti locali aderenti.”. L'orientamento espresso dal giudice contabile conferma la pertinenza della disciplina in discorso con precise scelte di finanza pubblica. Per altro verso, sul piano dell'autonomia degli Egato rispetto al singolo ente locale partecipante, la Corte dei Conti, sulla scia degli orientamenti della Corte Costituzionale (infra par.12, punto v)), chiarisce che le determinazioni dell'Ente nell'esercizio delle funzioni pubbliche su di esso incombenti a seguito del trasferimento, non sono richieste “ulteriori deliberazioni da parte degli Enti locali aderenti.”. In sostanza l'autonomia degli Egato è circoscritta dalle fonti regolatorie previste dalla legge ed incardinate in capo all'ARERA, ma non si contempla un potere di indirizzo e controllo o di regolazione in capo ai singoli enti, in forza della normativa “speciale” contenuta dall'ordinamento.  

13.                       La c.d. “entificazione” delle autorità d’ambito[16]. Merita una ulteriore riflessione quanto esposto al punto iv) del paragrafo 12 circa l'attribuzione della personalità giuridica agli Enti di governo d'ambito sia sotto il profilo della lesione delle prerogative degli enti locali territoriali, sia sotto il profilo dell'efficacia della norma nazionale.

14.                       Si è detto che la giurisprudenza costituzionale ed amministrativa[17], in più occasioni hanno affermato che le Autorità d’ambito, previste dall’ormai abrogato art.148, oggi artt.142 e 147 e ss. del d.lgs. n.152/2006, sono da considerarsi “amministrazioni pubbliche” ed in particolare “enti locali” non territoriali. Sotto il primo profilo, ovvero l'incidenza del trasferimento delle funzioni pertinenti il s.i.i. sull'autonomia di Comuni, Province e Città Metropolitane, deve rammentarsi che la disciplina nazionale ha superato in più occasioni il vaglio del giudice delle leggi.  In particolare i nodi gordiani risolti attraverso molteplici arresti della giurisprudenza del Giudice delle leggi sono stati risolti nel senso di una piena conformità costituzionale, sia sotto il profilo della “limitazione” all'autonomia con riferimento all'obbligatorietà della partecipazione, sia sotto il profilo della “riduzione” del perimetro delle competenze istituzionali. Per entrambe i profili merita di essere rammentato quanto affermato dalla la Corte costituzionale, con sentenza 7 luglio 2016, n. 160. Nel respingere le censure sollevate dalla Regione Veneto remittente, ha rammentato come la disposizione dell’art. 1, co. 609, l. n. 190/2014 non va a comprimere l’autonomia amministrativa degli Enti locali, limitandosi a superare la frammentazione nella gestione dei servizi pubblici locali a rilevanza economica, quale esercizio della funzione statale di coordinamento della finanza pubblica e nell'esercizio delle competenze in materia di tutela dell’ambiente e della concorrenza.

15.                       Sotto il profilo dell'efficacia della norma nazionale di costituire la fonte attributiva della personalità giuridica agli Enti di governo d'ambito, ex ATO, il tema investe l'annosa questione della “personalità giuridica” di diritto pubblico succintamente delineata all'art.11 del c.c. (“Le province e i comuni, nonché gli enti pubblici riconosciuti come persone giuridiche godono dei diritti secondo le leggi e gli usi osservati come diritto pubblico”).  La giurisprudenza civile ed amministrativa[18] ha fatto propria una nozione di pubblica amministrazione non più «statica» e «formale», bensì «dinamica» e «funzionale» (a «geometrie variabili»), nel senso che il concetto di ente pubblico muta a seconda dell'istituto o del regime normativo che deve essere applicato. Al di là della possibile qualificazione come Pubblica Amministrazione a prescindere dalla natura privata o pubblica della persona giuridica, la Cassazione chiarisce che deve essere assunto “quale certo indice di riferimento, la scelta del legislatore di dichiarare formalmente un ente come pubblico, perché tale dichiarazione vale, come è stato osservato in dottrina, quale «espressione riassuntiva» della normativa pubblica cui il legislatore vuole sottoporre l'ente. E' dunque di fondamentale rilievo l'art. 4 della legge 20 marzo 1975, n. 70, a norma del quale «Salvo quanto previsto negli articoli 2 e 3, nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge».

16.                       La Cassazione prosegue affermando che “Questa Corte ha avuto modo di sottolineare come questa norma sancisca, con estrema chiarezza, il principio secondo cui l'esistenza di un ente pubblico dipende dall'espresso conferimento di tale qualifica da parte del legislatore, statale o regionale: in altri termini, perché un soggetto possa essere qualificato come pubblico, non si può prescindere da una base legislativa che sottoponga quel soggetto ad un regime pubblicistico (Cass. Sez.Un. 27 ottobre 1995, n. 11179; cfr. pure Cass. Sez. Un. 24 febbraio 1998, n. 1987, e Cass. Sez.Un. 9 marzo 2000, n. 2677, secondo cui l'art. 4 della legge n. 70 del 1975 stabilisce una riserva di legge di carattere relativo)”[19]. Per quel riguarda l'indagine svolta, la norma che attribuisce natura di ente pubblico alle organizzazioni di enti locali individuate dalle Regioni, è l'art.147 del d.lgs. n.152/2006[20]. A questo si aggiunga che negli Enti di governo d'ambito, ex ATO, sono rinvenibili tutti gli indici sintomatici tipici dell'ente pubblico.

17.                       La giurisprudenza, come detto in precedenza, afferma che sussiste una “riserva relativa di legge” circa l'istituzione degli Enti pubblici. Invero la nozione di “riserva relativa di legge” andrebbe declinato nella materia in discorso in termini di riserva relativa di legge statale con riferimento alle competenze esclusive risalenti alla materia della concorrenza (art.117, c.2, lett. e) Cost.), dell'ambiente (art.117, c.2, lett. s) Cost.), di coordinamento della finanza pubblica (art.117, c.3, Cost.) e, non da ultimo, di competenza concorrente nell'attuazione delle politiche eurounitarie (art.117, comma 2, lett. a) e comma 3, della Cost.), da cui discende gran parte del modello organizzativo e di sostenibilità finanziaria del servizio idrico integrato, assorbiti nel perimetro della tutela dei beni giuridici essenziali declinati in precedenza. Basti pensare che il precetto della gestione unitaria dei servizi idrico, fognario e di depurazione, oltre a quello del “chi inquina paga”, declinato in termini di uso della risorsa idrica e di tariffa correlata ai costi dell'intero ciclo, risalgono alla direttiva 2000/60/CE. La disposizione dell'art.147 del d.lgs. n.152/2006 costituisce la fonte primaria istitutiva degli Enti di governo d'Ambito “individuati” da ciascuna Regione con un proprio intervento concorrente normativo od amministrativo.  Come affermato dalla Corte di Cassazione, l’art.4 della legge n.70/1975, c.d. “legge sul parastato”, dispone che “Salvo quanto previsto negli articoli 2 e 3, nessun nuovo ente pubblico può essere istituito o riconosciuto se non per legge”. La disciplina è coerente con l’art.97 cost. che, al comma 2, secondo cui “i pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge”. La norma contenuta all’art.147, alla luce dell’intervento ermeneutico della Corte Costituzionale e della giurisprudenza amministrativa richiamata in narrativa, rappresenta in sostanza un coerente esempio di attuazione del precetto dell’art.4 della legge n.70/1975. Soprattutto l’art.147, 149 bis e 151 del codice dell’ambiente sono la fonte, norma precettiva, istitutiva dell’ente pubblico locale, aperta all’intervento concorrente ed integrativo della legislazione regionale a cui è rimessa la scelta dell'individuazione dell'organizzazione tra enti locali.

18.                       La scelta del legislatore nazionale rientra nelle c.d. grandi riforme economico sociali rispondenti all’interesse pubblico ad assicurare un efficiente, efficacie e economica erogazione ottimale dei servizi a rete di rilevanza economica, attuativa di quel piano di più ampio respiro, come si diceva, risalente all’art. 1, comma 609, lett. a), della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che modifica il comma 3-bis del d.l. n. 138 del 2011 (convertito con modificazioni in legge n. 148 del 2011). Alla norma “aperta” istitutiva degli Enti di governo dell’ambito del s.i.i., il legislatore nazionale fa seguire il precetto dell’obbligo per gli enti locali di parteciparvi nelle forme prescritte dalla legislazione regionale concorrente. Tuttavia quell'organizzazione tra enti locali acquisisce la personalità giuridica in forza della norma nazionale che prevede tale effetto in conseguenza dell'individuazione Regionale[21]. 

19.                       Interpretazione adeguatrice del quadro normativo regionale. Dal rinnovato quadro normativo, emerge, prima face, l’inadeguatezza del modello “debole” prescelto dalla l.r. n.13/1997, proprio per la diversità ontologica della funzione dell’istituto della convenzione ex art.24 della legge n.142/1990, oggi art.30 del d.lgs. n.267/2000, rispetto alla forma di Ente pubblico non economico locale prescritta a livello nazionale. L’affermazione di una “inadeguatezza” dell’istituto convenzionale è tuttavia fondata là dove la fonte “istitutiva” dell’ente pubblico, a mente degli art.11 c.c. e dell'art.4 della legge n.70/1975, fosse riconducibile alla convenzione ex art.24 della legge n.142/1990. Infatti l’allora vigente disposizione della legge n.142/1990, oggi rifuso nell’art.30 del d.lgs. n.267/2000, non contempla il riconoscimento della personalità giuridica all’organizzazione di servizi tra enti locali costituita dalla convenzione. La l.r. del Piemonte n.13/1997 richiama esclusivamente l’istituto della convenzione. Diversamente ragionando, l’entrata in vigore del d.lgs. n.152/2006, la norma nazionale, l’art.148 previgente e l’attuale art.147, è chiaramente la fonte istitutiva delle Autorità d’ambito o Enti di governo d’Ambito, qualificate come persone giuridiche di diritto pubblico a partecipazione obbligatoria degli enti locali territoriali. Rispetto alla norma nazionale precettiva, la norma regionale e l’atto amministrativo della convenzione, svolgono una funzione integrativa ed attuativa del precetto.

20.                       Il regime contabile. L’approdo interpretativo dell’istituzione ope legis dell’Autorità d’ambito, oggi Enti di governo d’ambito, esclude che il sistema di contabilità dell’ente ed i vincoli di finanza pubblica a cui lo stesso soggiace, possa essere regolato secondo i tradizionali criteri di ripartizione pro quota e di imputazione al bilancio degli enti aderenti ad una convenzione ex art.30 del d.lgs. n.267/200013[22]. Benché il modello di organizzazione della partecipazione degli ee.ll. prescelto dalla Regione Piemonte con la l.r. n.13/1997 sia la convenzione, il rinnovato quadro normativo nazionale assume la valenza di norma istitutiva dell'Ente di governo, aperta all'integrazione concorrente della disciplina regionale di “individuazione” dell'organizzazione partecipativa preposta all'esercizio della funzione. L'atto di individuazione, nell'integrare la norma nazionale, perfeziona il meccanismo attributivo della personalità giuridica a prescindere dalla “forma” organizzativa prescelta.

21.                       Gli EGATO, ex ATO, hanno, in forza della legge, personalità giuridica di diritto pubblico a mente delle numerose disposizioni che, come si evidenziava in narrativa, costituiscono elementi sintomatici, benché, non decisivi, della personalità giuridica di diritto pubblico di un ente (v. paragrafo 15 e 16), che confermano la soluzione interpretativa proposta. Sul piano contabile, trattandosi ex lege di un Ente partecipato dagli enti locali territoriali e deputato ad una funzione pubblica regolatoria, programmatoria e di vigilanza nell'ambito del rapporto di concessione con il gestore, rientra nell'ambito degli enti pubblici non economici, ovvero che svolgono un'attività non a rilevanza economica. La Corte Costituzionale è da tempo approdata a tali conclusioni fin dalla sentenza n.235/2010 [23].

22.                       Trattandosi di Ente pubblico non economico e di rilievo “locale”, come definito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.226/2012, deve guardarsi all’art.1 della legge n.196/2009, legge di contabilità e finanza pubblica, secondo cui tutte le amministrazioni pubbliche “concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica definiti in ambito nazionale in coerenza con le procedure e i criteri stabiliti dall'Unione europea” attraverso “i principi fondamentali dell'armonizzazione dei bilanci pubblici e del coordinamento della finanza pubblica”. La medesima disposizione, al comma 2, dispone che le amministrazioni pubbliche sono quelle inserite nell’elenco annualmente aggiornato dall’ISTAT ai sensi del comma 3 del medesimo articolo[24]. Gli EGATO, ex ATO, sono contemplati tra gli enti locali nell’elenco ISTAT. Tale inserimento non rappresenta certo la fonte istitutiva dell’ente o che qualifica l’Egato, ex Ato, come ente pubblico. È tuttavia un indizio ulteriore della natura giuridica degli EGATO come Enti pubblici locali che rafforza la ricostruzione proposta.

23.                       Gli Egato, ex ATO, quali Enti pubblici locali non economici, rientrano nel perimetro delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'art.1 della legge n.196/2009 e dell’articolo 1, comma 2, del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165. Nell'ambito delle Pubbliche Amministrazioni locali, a mente del perimetro funzionale ad essi attribuito dal d.lgs. n.152/2006 e della giurisprudenza costituzionale, il plesso normativo a cui l'indagine conduce è quello della disciplina contenuta nel d.lgs. n.118/2011. L'art.1 dispone al comma 1 il perimetro di applicazione della disciplina, tralasciando le Regioni e le Aziende Sanitarie, ricomprende gli enti locali di cui all'art.2 del decreto legislativo 18 agosto 2000 n.267, e dei loro enti e organismi strumentali”. Il rinvio all'art.2 del d.lgs. n.267/2000 coinvolge i comuni, le province, le città metropolitane, le unioni, loro consorzi, “con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali”. Si è già chiarito che gli Egato, ex ATO, sono enti locali non economici. Nel contempo l'assetto istituzionale discendente dalla legge regionale del Piemonte n.13/1997, non consente di ricondurli all'istituto del consorzio, stante l'espresso richiamo al modello “debole” della convenzione.

24.                       Enti ed organismi pubblici locali strumentali.  L'art.1 del d.lgs. 118/2011, amplia tuttavia l'ambito di applicazione agli “enti ed organismi strumentali” degli enti locali ex art.2 del d.lgs. n.267/2000, dunque Amministrazioni Pubbliche ulteriori e diverse dagli enti locali costituzionalmente rilevanti ex art.114 cost. e dai loro consorzi.

25.                       Il secondo comma dell'art.1 fin da subito consente di escludere come categoria di approdo dell'indagine “gli organismi strumentali”. La lett. b) recita che “per organismi strumentali delle regioni e degli enti locali si intendono le loro articolazioni organizzative, anche a livello territoriale, dotate di autonomia gestionale e contabile, prive di personalità giuridica.”. Gli Egato, ex ATO, sicuramente non sono sussumibili nella categoria degli “organismi strumentali” in quanto l'esclusione della personalità giuridica, coerente con il dettato dell’art.3 e 4 della l.r. del Piemonte n.13/1997, risulterebbe antinomica con l'espressa previsione degli artt.147 e ss. del d.lgs. n.152/2006, da cui emergono le ragioni di una piena capacità di agire dell’organizzazione in discorso.

26.                       La lett. a), del comma 2 dell'art.1 del d.lgs. n.118/2011, richiama gli “enti strumentali” intesi come “gli enti di cui all'art.11-ter, distinti nelle tipologie definite in corrispondenza delle missioni del bilancio;”. Ricondurre gli Egato, ex ATO, agli enti strumentali degli enti locali, pone un problema interpretativo di coerenza con “il trasferimento” ad essi dell’esercizio delle funzioni pubbliche pertinenti al s.i.i..

27.                       Il rapporto di strumentalità tra enti pubblici presuppone infatti un legame funzionale tra la competenza istituzionale propria di un ente alla cura e soddisfacimento di un “bene giuridico” tutelato dall'ordinamento, e la competenza dell'ente preposto in concreto all'esercizio della funzione. La chiave di lettura utile a conciliare un apparente contrasto, è rinvenibile nella ratio della legislazione nazionale in materia di “Autorità d'Ambito” descritta in narrativa. Si è detto che il modello di aggregazione nella funzione regolatoria e di gestione per ambiti ottimali, risponde ad un disegno volto al superamento della disparità di trattamento degli utenti e delle diseconomie discendenti dalla frammentazione, ed alla realizzazione di un'ottimale assetto dei servizi locali sia sul piano economico, della concorrenza e, soprattutto, sul piano della tutela del bene giuridico “risorsa idrica” appartenente al genus del bene giuridico “ambiente”. Appare utile in questo percorso interpretativo l'art.142 del d.lgs. n.152/2006, rubricato “Competenze”. Al comma 3 la norma dispone: “3. Gli enti locali, attraverso l'ente di governo dell'ambito di cui all'articolo 148, comma 1, (oggi art.147) svolgono le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe all'utenza, di affidamento della gestione e relativo controllo, secondo le disposizioni della parte terza del presente decreto.”. La norma va letta coordinadola con l'art.147 là dove si dispone che agli Egato, ex Ato, “è trasferito l'esercizio delle competenze ad essi spettanti in materia di gestione delle risorse idriche, ivi compresa la programmazione delle infrastrutture idriche di cui all'articolo 143, comma 1.”. La lettura sistematica della disciplina richiamata chiarisce in modo palmare che “il trasferimento” disposto dal legislatore nazionale ha inciso sull'esercizio delle funzioni pubbliche preposte alla cura del bene giuridico “risorsa idrica”, ma la competenza istituzionale, art.142, permane in capo agli enti locali dell'ambito territoriale ottimale che “partecipano obbligatoriamente” all'Egato, ex Ato. Dunque permane un “rapporto di strumentalità” tra enti locali e gli Egato, ex ATO. I primi sono titolari della competenza istituzionale di tutela della risorsa idrica, ma la esercitano “partecipando” all’Ente di governo dell’Ambito. La legislazione nazionale ha incardinato in capo a tali Enti una competenza esclusiva circa l’esercizio della funzione nell’ambito di una disciplina speciale che conferisce loro una piena autonomia rispetto alla “frammentazione” che sarebbe prodotta dalla capacità dei singoli enti di influenzare le scelte di governo dell’ente stesso.  

28.                       In questi termini si forniscono le fondamenta per qualificare gli Egato, ex ATO, nella categoria degli Enti locali non economici strumentali[25] degli enti ex art.2, c.1, del d.lgs. n.267/2000.  I comuni, le province e le città metropolitane non sono dunque estranei in termini di “competenza” istituzionale, ma ad essi è sottratto l’esercizio delle funzioni pubbliche pertinenti il s.i.i.. Nel rispetto di un principio di sussidiarietà verticale di un modello che intende superare la frammentazione, gli enti locali sono obbligati svolgere la loro competenza istituzionale in termini di rappresentanza degli interessi della comunità locale in seno all’Ente di governo. Al riguardo, per economicità del discorso, è solo il caso di evidenziare che l'assetto di competenze e le modalità di esercizio cristallizzato dal legislatore nazionale è stato oggetto di molteplici pronunce della Corte Costituzionale circa la piena conformità rispetto alla sfera di autonomia degli enti locali[26].

29.                       La natura degli Egato, ex ATO, quali Enti locali non economici e strumentali degli enti locali, impone un cenno a quanto prescritto dall'art.11 ter del d.lgs. n.118/2011. La disposizione detta i presupposti del “controllo” da parte dell'ente locale rispetto all'ente strumentale. L'assetto istituzionale degli organi di governo dell'ATO Torino 3, non consentono di ritenere che ricorra in capo agli enti che vi partecipano l'esercizio del controllo pregnante analogo a quanto accade per gli altri enti strumentali. Come si rammentava in narrativa (v. par. 12, punto vii), la Sezione Autonomie della Corte dei Conti ha avuto modo di ribadire l’autonomia delle ATO rispetto all’esercizio delle scelte di gestione e di esercizio della funzione. L'ATO Torino 3 è sicuramente un ente strumentale partecipato ai sensi del comma 3 del medesimo articolo.

30.                       Contabilità finanziaria o Contabilità Economico Patrimoniale. L'ATO Torino 3 ha da tempo adottato il sistema di contabilità economico patrimoniale. È dunque indispensabile esaminare se tale scelta sia conforme alla disciplina di contabilità pubblica prescritta dal d.lgs. n.118/2011 quale pertinente plesso normativo stante le conclusioni esposte in precedenza. L'art.2 del d.lgs. n.118/2011 al comma 1 dispone che “Gli enti strumentali delle amministrazioni di cui al comma 1 che adottano la contabilità finanziaria affiancano alla stessa, ai fini conoscitivi, un sistema di contabilità economico-patrimoniale, garantendo la rilevazione unitaria dei fatti gestionali, sia sotto il profilo finanziario che sotto il profilo economico-patrimoniale.”.

31.                       La lettura sistematica del d.lgs. n.118/2011 fornisce tuttavia ulteriori e diversi modelli contabili ammissibili. Il successivo art.3, comma 3, del d.lgs. n.118/2011 dispone che “3. Gli enti strumentali delle amministrazioni di cui all'art. 2, comma 1, che adottano la contabilità economico-patrimoniale, conformano la propria gestione ai principi contabili generali contenuti nell'allegato 1 e ai principi del codice civile.”. In sostanza il legislatore sembra ammettere per i soli “enti strumentali”, e non anche “per le istituzioni e gli organismi strumentali”, art.2, c.3, sia la possibilità dell'adozione della contabilità finanziaria, art.2, comma 2, sia l'adozione della contabilità economico patrimoniale, art.3, c.3.

32.                       Del resto il successivo art.8, rubricato “Adeguamento SIOPE”, dopo prescritto l'adeguamento delle codifiche “Siope” al piano dei conti integrato per gli enti locali ed enti strumentali in contabilità finanziaria, prosegue nel secondo periodo precisando che “Le codifiche SIOPE degli enti in contabilità civilistica  sono aggiornate  in  considerazione  della struttura del piano dei conti integrato degli  enti  in  contabilità finanziaria.”. Infine l'art.17 del d.lgs. n.118/2011, rubricato “Tassonomia per gli enti in contabilità civilistica” fuga ogni dubbio circa l'ammissibilità di una contabilità economico patrimoniale per gli enti strumentali degli enti locali. L'articolo 17 assume particolare rilevanza in quanto prescrive specifici obblighi circa il ciclo di bilancio, quali l'adozione di un “budget economico” (comma 1), di un “rendiconto finanziario ai sensi dell'art.2428, c.2, cc., di riclassificare “i propri ((incassi e pagamenti)) attraverso la rilevazione SIOPE di cui all'articolo 14, comma 6, della legge 31 dicembre 2009, n.196,”, ed infine di predisporre apposito prospetto, predisposto secondo le modalità di cui all'allegato   n.   15, concernente la ripartizione della propria spesa per missioni e programmi, accompagnata dalla corrispondente classificazione secondo la nomenclatura COFOG di secondo livello secondo le corrispondenze individuate nel glossario delle missioni e dei programmi di cui all'allegato 14.”. Ultimo elemento utile all'inquadramento del sistema contabile economico patrimoniale “adattato” alle esigenze di contabilità pubblica, è rinvenibile nell'allegato 4/3 del d.lgs. n.118/2011, rubricato “Principio contabile applicato alla programmazione di bilancio”, al par.4.3 dispone, al quinto capoverso, circa gli “strumenti della programmazione degli enti strumentali in contabilità civilistica[27].

33.                       Assunzione del personale. Il rapporto tra programmazione degli ee.ll. partecipanti e la programmazione degli EGATO, ex ATO. Tratteggiato sommariamente il perimetro delle regole di contabilità pubblica degli enti strumentali degli enti locali, anche in contabilità economico patrimoniale, si ritiene utile dedicare un breve approfondimento circa l’ulteriore problematica connessa all’organizzazione dell’ATO ed in particolare al tema delle assunzioni e della spesa del personale. Sul punto è nota la difficoltà della struttura ad attendere con adeguatezza alle funzioni proprie in ragione di un deficit di risorse umane disponibili. Il primo profilo attiene alla fase programmatoria/autorizzativa. L’altra fase attiene alla sostenibilità finanziaria, soprattutto con riferimento ai parametri tariffari regolati dall’ARERA e correlati ai costi di funzionamento degli EGATO.

34.                       Le ATO, oggi EGATO, sono soggetti alla disciplina risalente al d.lgs. n.165/2001, ed in particolare agli obblighi ex art.6 in tema di programmazione triennale del fabbisogno del personale. L’ambito di applicazione del d.lgs. n.165/2001 investe infatti tutte le pubbliche amministrazioni e, tra esse, il comma 2 dell’art.1 del decreto, contempla “tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali”. Come si diceva in narrativa, la Corte Costituzionale ha qualificato gli ATO, oggi EGATO, Enti pubblici locali, ed essi sono inclusi negli elenchi ISTAT ai sensi dell’art.1, comma 3, d.lgs. n.196/2009. L’art.6 del decreto n.165/2001 precisa al comma 2 che “Allo scopo di ottimizzare l'impiego delle risorse pubbliche disponibili e perseguire obiettivi di performance organizzativa, efficienza, economicità e qualità dei servizi ai cittadini, le amministrazioni pubbliche adottano il piano triennale dei fabbisogni di personale, in coerenza con la pianificazione pluriennale delle attività e della performance, nonché con le linee di indirizzo emanate ai sensi dell'articolo 6-ter”. In sostanza gli ATO, oggi EGATO, devono programmare il proprio fabbisogno nei limiti della sostenibilità finanziaria facendo applicazione del Piano sul fabbisogno del personale previsto dall’art.6 del d.lgs. n.165/2001.

35.                       Indirizzi degli enti locali partecipanti. Al riguardo merita un inciso il rapporto intercorrente tra enti locali che partecipano obbligatoriamente all’ATO, oggi EGATO, e tale ente. Questo è rilevante sotto il profilo degli obblighi di indirizzo e coordinamento che gli enti devono svolgere rispetto ai propri enti strumentali. Assumono rilievo i contenuti precettivi del paragrafo 8.3 dell’allegato 4/3 del d.lgs. n.118/2011 relativo alla Sezione operativa del Documento unico di Programmazione degli enti locali territoriali che sono chiamati a dettare “gli orientamenti circa i contenuti degli obiettivi degli obiettivi di finanza pubblica da perseguire ai sensi della normativa in materia e le relative disposizioni per i propri enti strumentali e società controllate e partecipate;”. Si pensi altresì all’allegato 4/3 del d.lgs. n.118/2011, rubricato “Principio contabile applicato alla programmazione di bilancio”, dove si legge che “Le regioni, le province e i comuni definiscono gli strumenti della programmazione dei propri organismi ed enti strumentali (esclusi gli enti sanitari soggetti al titolo secondo del presente decreto), in coerenza con il presente principio e con le disposizioni del Dlgs.n.118/2011”.

36.                       La disposizione deve essere letta in rapporto con la disciplina speciale contenuta nel codice dell’ambiente ed alla ratio della relativa legislazione volta al superamento della “frammentazione” nell’esercizio della funzione. Nei paragrafi precedenti si è più volte sottolineato che gli Egato, ex ATO, siano titolari di un ampio margine di autonomia in forza dell’espressa disposizione dell’art.147 del d.lgs. n.152/2006, confermata da quanto emerge dagli arresti della giurisprudenza nei suoi diversi plessi giurisdizionali.

37.                       Nel disegno del legislatore nazionale, attuativo della disciplina eurounitaria richiamata in narrativa, vige un precetto di rigorosa autosufficienza del sistema di regolazione e gestione del s.i.i.. Diversamente da quanto potrebbe accadere per altri enti strumentali degli enti locali, non risulterebbe ammissibile un soccorso finanziario degli enti partecipanti nei confronti dell'Egato, ex ATO, sia perché contemplerebbe risorse afferenti alla fiscalità generale estranee alla tariffa, sia perché “l'esercizio della funzione” non è propria degli enti locali partecipanti a seguito del trasferimento delle stesse agli Enti d'ambito, sia perché verrebbe leso il principio euro unitario del “chi inquina paga”. Tali precisazioni sono utili sotto un duplice profilo. L'attività d'indirizzo degli enti locali partecipanti è un atto doveroso che deve misurarsi con l’ampia autonomia degli Egato rispetto al singolo ente ed al sistema di regolazione e vigilanza predisposto a livello nazionale con le competenze dell'ARERA. L’originario assetto risalente alle ATO sono state considerate “forse il più importante fallimento del disegno iniziale[28] perché “sorte come meta livello di governo con funzioni specializzate» e poi divenute «delle mere sovrastrutture, spesso prive dell’expertise, per altro assenti nella quasi totalità dei Comuni che le compongono, necessarie a svolgere programmazione e controllo dei risultati sui gestori”[29]. La riforma del 2014, unitamente al precedente inserimento del s.i.i. nel perimetro di un sistema regolatorio nazionale incardinato nell’ARERA,  rappresenta non una semplice modifica del “nome” attribuito al livello di governo locale, ma, ad un tempo, una definizione univoca rispetto alle molteplici forme organizzative scelte dalle regioni[30] e, secondo quanto consentito dall’interpretazione resa dalla Corte costituzionale[31], un rafforzamento dell’autonomia dell’Ente stesso nell’esercizio della funzione rispetto all’influenza dei singoli enti locali partecipanti. L’affievolimento del ruolo d’indirizzo dei singoli enti locali è stato rafforzato proprio dal sistema di regolazione a cui è stato assoggettato il s.i.i. in generale ed in particolare le Egato, ex ATO, che ne sono componente locale di governo. Il D.p.c.m. 20 luglio 2012[32] ha conferito all’ARERA funzioni che investono molteplici fronti che, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, sono i seguenti:

i.        qualità dei servizi e della tutela degli utenti;

ii.      sono definite le componenti di costo per la determinazione della tariffa del servizio idrico integrato, predisponendo e rivedendo periodicamente il metodo tariffario per la determinazione della tariffa; approva le tariffe del servizio idrico integrato proposte dal soggetto competente sulla base del piano di ambito.

iii.    sul fronte degli atti che concorrono a disciplinare il servizio, la regolazione  investe la disciplina dei rapporti tra Egato, ex ATO, e gestore;

iv.     verifica la corretta redazione del piano d’ambito, acquisita la valutazione delle Regioni sulla coerenza dei piani d’ambito con la pianificazione regionale e provinciale di settore;

v.       sul fronte della rendicontazione, sono adottate direttive per la trasparenza della contabilità e per la separazione contabile e amministrativa dei gestori del servizio idrico integrato o di suoi segmenti, nonché la rendicontazione periodica dei dati gestionali ai fini dello svolgimento dei propri compiti istituzionali di comparazione, su base nazionale, dei costi e nell’ottica della definizione di standard;

38.                       L’ARERA ha dunque poteri regolatori ampi ed incisivi, tali da ridisegnare l’assetto di relazioni tra gli attori del servizio idrico integrato e comprimere, se non escludere, l’influenza dei singoli enti. Quanto innanzi esposto mira a chiarire che le ordinarie funzioni d’indirizzo che gli enti locali svolgono rispetto agli Egato, ex ATO, sono estremamente limitati dalla legislazione speciale della materia, derogando in tal modo alla disciplina generale risalente al d.lgs. n.118/2011.

39.                       Circa il profilo finanziario, la disposizione di riferimento è l'art.154 del codice secondo cui “1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto …omissis… nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'ente di governo dell'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga".”. Ciò implica che le componenti di costo di funzionamento e la forchetta di oscillazione delle stesse, sono sottratte ex lege alla funzione dei singoli enti e riservate in modo esclusivo alla competenza regolatoria di ARERA ed alle determinazioni delle Egato.

40.                       Il fabbisogno del personale. La Corte Costituzionale ha riconosciuto che le funzioni regolatorie attribuite all’ARERA, in passato denominata AEEGSI, rientrano nell’ambito delle c.d. “riforme fondamentali economico sociali” del paese, la cui finalità, per quanto attiene la determinazione dello schema di convenzione di affidamento del servizio ed i costi ad esso imputabili, tra cui quelli di funzionamento delle Egato, è diretto a preservare l'equilibrio economico-finanziario della gestione e ad assicurare all'utenza efficienza e affidabilità del servizio, a tutela della concorrenza, dell’efficienza, efficacia ed economicità dei servizi[33]. Al riguardo nel Metodo tariffario idrico 2020-2023[34], come del resto nei precedenti, è espressamente contemplata la componente dei costi operativi relativi al funzionamento dell’ATO, oggi Egato. La funzione regolatoria svolta da ARERA su scala nazionale, introdotta anch’essa nell’ambito dell’esercizio delle funzioni di coordinamento della finanza pubblica nazionale, assicura, per quanto attiene al profilo in discorso, la congruità e l’adeguatezza dei costi di funzionamento secondo criteri di efficienza ed efficacia ed economicità della gestione. In sostanza la sostenibilità finanziaria del piano del fabbisogno del personale dovrà misurarsi con i parametri dettati dall’ARERA nella determinazione della componente tariffaria oggi contemplata all’art.23 del MTI 2020-2023 e dai costi massimi imputabili al funzionamento dell’Egato, ex Ato. L’art.23 contempla “la voce di costo a copertura delle spese di funzionamento dell’Ente di governo dell’ambito, come definita al successivo comma 23.2;”. La spesa di funzionamento è il prodotto di diversi fattori individuati al punto 2.3 del Mti. Al di là di elementi risalenti a costi consolidati prima del Mti, si tiene conto della “popolazione residente nel territorio dell’ATO”, si introduce un parametro moltiplicativo che esprime lo scostamento massimo ammesso in tariffa delle spese di funzionamento dell’Ente di governo dell’ambito addebitate al gestore rispetto alla media di settore.  Viene infine prescritto che Eventuali costi superiori a quelli indicati al precedente comma 23.2 potranno essere valutati, previa apposita istanza motivata, laddove l’Ente di governo.

41.                       Considerata la ratio della funzione regolatoria di Arera nell’ambito della riforma del s.i.i. e la pregnante disciplina della fonte di finanziamento dell’Egato è dato da una quota della tariffa corrispettiva del servizio, il vincolo di finanza pubblica a cui l’Ente è sottoposto è quello del rigoroso rispetto della disciplina del Mti e delle prescrizioni dettate dall’Autorità in sede di approvazione. È di tutta evidenza che tra le componenti di costo dell’Egato sono comprese quelle relative alla spesa del personale. In sostanza il vincolo “di finanza pubblica” a cui riferirsi è quello della sostenibilità della relativa spesa rispetto al perimetro del bilancio che il metodo tariffario applicato riserva al costo di funzionamento dell’Ente.

42.                      Conclusioni. Si ritiene che le ATO in Piemonte siano qualificabili come Enti Strumentali degli EE.LL. partecipanti ai quali è attribuita personalità giuridica di diritto pubblico in forza dell'art.147 del d.lgs. n.152/2006 e dell'individuazione operata dalla Regione Piemonte.  Il rapporto di strumentalità risulta coerente con l'assetto normativo vigente in quanto oggetto del trasferimento disposto dall'art.147 del d.lgs. n.152/2006 è “l'esercizio della funzione pubblica” preposta alla cura del bene giuridico risorsa idrica, permanendo in capo agli enti locali la competenza istituzionale ai sensi del comma 3 dell'art.142 del d.lgs. n.152/2006. La natura giuridica delle ATO Piemontesi ed il rapporto di strumentalità, attrae la disciplina contabile dell'ente nel perimetro del d.lgs. n.118/2006 che espressamente ammette all'art.3, comma 3, e 17 del d.lgs. n.118/2011, la contabilità economico patrimoniale per gli enti strumentali. Allo stesso modo la qualificazione delle ATO Piemontesi, attrae l'ente nell'ambito della disciplina in tema di programmazione del fabbisogno del personale ai sensi del d.lgs. n.165/2006, a mente della loro natura di pubbliche amministrazioni ai sensi della d.lgs. n.196/2009 e dell'inclusione di tale categoria di enti nell'elenco ISTAT delle Pubbliche amministrazioni secondo il SEC 2010. Considerata la disciplina prevista in tema di finanziamento del s.i.i. contenuta all'art.154 del d.lgs. n.152/2006, il vincolo finanziario che presiede l'ente è da ricondursi ai parametri di ammissibilità dei costi di funzionamento approvati dall'ARERA con il Metodo tariffario in forza delle funzioni regolatorie ad essa attribuita dalla legge, quale riforma economico sociale e di finanza pubblica finalizzata al conseguimento di una maggiore efficienza, economicità ed efficacia dei servizi pubblici a rilevanza economica ed a rete.

 

* Segretario Generale reggente del Comune di Seriate (BG), già Segretario Generale dell'ATO Torinese 3, della Città Metropolitana di Torino e del Comune di Livorno.

 

 

 

 

[1] Si fa riferimento all'art.L’art. 2, comma 186 bis della L.191/2009, introdotto dall’art. 1 quinquies della legge 42/2010 di conversione del decreto legge 2/2010,  secondo cui “Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono soppresse le Autorita' d'ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni. Decorso lo stesso termine, ogni atto compiuto dalle Autorita' d'ambito territoriale e' da considerarsi nullo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni attribuiscono con legge le funzioni gia' esercitate dalle Autorita', nel rispetto dei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza. Le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201 del citato decreto legislativo n.152 del 2006 sono efficaci in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge”;

 

[2] L’art.148 del d.lgs. n.152/2006 era stato abrogato dall’art.2, comma 186 bis della legge n.191/2009 disponendo la soppressione delle A.t.o. entro un anno dall’entrata in vigore. Il termine è stato poi più volte prorogato. Da ultimo era intervenuto l’art.13, c.2, del d.l. 14/2012 che spostava la soppressione delle A.t.o. al 31/12/2012.

 

[3] Il perimetro dei servizi pubblici locali a rete a rilevanza economica, oltre al s.i.i., comprende il servizio integrato di gestione rifiuti (artt.200 e ss. del d.lgs. n.152/2006), il servizio di trasporto pubblico locale (d.lgs. n.422/1997 ed art.48 del d.l. n.50/2017 conv. dalla legge 96/2017). In modo analogo il servizio di distribuzione del gas (d.lgs. n.164/2000, il d.lgs. n.93/2011,  l'art.46 della legge n.222/2007 che prescrive gli Ambiti Territoriali Minimi (ATEM) per l'esperimento delle gare.

 

[4] Art. 3-bis. (Ambiti territoriali e criteri di  organizzazione  dello  svolgimento dei servizi pubblici locali). 1. A tutela della concorrenza e  dell'ambiente,  le  regioni  e  le province autonome di Trento e di Bolzano organizzano  lo  svolgimento dei servizi pubblici locali a rete di rilevanza  economica  definendo il perimetro degli ambiti o bacini territoriali ottimali  e  omogenei tali da consentire economie di scala e di differenziazione  idonee  a massimizzare l'efficienza del servizio e istituendo o designando  gli enti di governo degli stessi, ….omissis.......  1-bis. Le funzioni di organizzazione dei servizi pubblici locali  a rete di rilevanza economica, compresi quelli appartenenti al  settore dei  rifiuti  urbani,  di  scelta  della  forma   di   gestione,   di determinazione delle tariffe all'utenza per quanto di competenza,  di affidamento della  gestione  e  relativo  controllo  sono  esercitate unicamente dagli enti di governo degli ambiti o  bacini  territoriali ottimali e omogenei istituiti o designati ai sensi del  comma  1  del presente articolo cui gli enti locali partecipano obbligatoriamente, fermo restando quanto previsto dall'articolo 1, comma 90, ella legge n.7 aprile 2014 n.56. Qualora  gli  enti  locali  non  aderiscano  ai predetti enti di governo entro il 1º marzo 2015 oppure entro sessanta giorni  dall'istituzione  o   designazione   dell'ente   di   governo dell'ambito territoriale ottimale ai sensi del comma 2 dell'articolo 13 del decreto legge 30 dicembre 2013 n.150 convertito con modificazioni dalla legge n27 febbraio 2014 n.15, il  Presidente della regione esercita, previa diffida all'ente locale  ad  adempiere entro il termine di trenta giorni, i poteri sostitutivi. ….omissis......  6-bis.  Le  disposizioni  del  presente   articolo   e   le   altre disposizioni, comprese quelle di carattere speciale,  in  materia  di servizi pubblici locali a rete di rilevanza  economica  si  intendono riferite, salvo deroghe espresse, anche al settore dei rifiuti urbani e ai settori sottoposti alla regolazione  ad  opera  di  un'autorita' indipendente.

 

[5] L'Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) è un organismo indipendente, istituito con la legge 481/1995 con il compito di tutelare gli interessi dei consumatori e di promuovere la concorrenza, l'efficienza e la diffusione di servizi con adeguati livelli di qualità, attraverso l'attività di regolazione e di controllo. L'azione dell'Autorità, inizialmente limitata ai settori dell'energia elettrica e del gas naturale, è stata in seguito estesa attraverso alcuni interventi normativi. Per primo, con il d.l. n.201/2011, convertito nella legge n. 214/11, all'Autorità sono state attribuite competenze anche in materia di servizi idrici. Infatti, l'articolo 21, comma 19, prevede che: "con riguardo all'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, sono trasferite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, che vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all'Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481". Successivamente, il dlgs. n.102/2014 è stata recepita nell'ordinamento nazionale la Direttiva 2012/27/UE, di promozione dell'efficienza energetica, ha attribuito all'Autorità specifiche funzioni in materia di teleriscaldamento e teleraffrescamento; in tale ambito, l'Autorità esercita altresì i poteri di controllo, ispezione e sanzione previsti dalla legge istitutiva, nonché i poteri sanzionatori di cui all'articolo 16 del decreto legislativo n. 102/2014.

 

[6] A titolo esemplificativo il Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 3236/2015, dichiara il «difetto di legittimazione attiva del Comune appellante, le cui funzioni in materia di gestione del servizio idrico sono devolute all’Ato. Il C.d.S.

 

[7] L’Anac con Delibera n. 854 del 18 settembre 2019 ha affermato che “secondo la normativa del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, le Autorità sono configurate come enti locali di secondo grado cui sono affidate le funzioni di governo del settore idrico.”;

 

[8] La giurisprudenza costituzionale ed amministrativa ha, infatti, da tempo chiarito che l’ATO è una struttura organizzativa dotata di una distinta soggettività giuridica (Cons. Stato, Sez. V, n. 5243 del 2009; Sez. VI, n. 2948 del 2007).

 

[9] Parere reso dagli avv.ti Andrea Lanciani e Silvia Verzaro dello studio Tosetto, Weigman e associati, il 3 novembre 2003. Nell'ottica di superare il problema giuridico di conciliare il quadro normativo regionale con la volontà degli enti di costituire un soggetto giuridico distinti dagli enti, prospettano la tesi della soggettività giuridica, in mancanza dei presupposti legali della personalità giuridica. Si ritiene doveroso chiarire che la soggettività giuridica è l’idoneità ad essere potenziali titolari di diritti ed obblighi giuridici, mentre la capacità giuridica è la misura della soggettività, è l’effettiva titolarità di diritti ed obblighi giuridici.

 

[10] Invero la pronuncia della Corte si riferisce ad una fattispecie in concreto diversa. L'oggetto del giudizio investiva la previgente l.r. della Regione Puglia che disciplinava le ATO come consorzi tra enti locali, ai sensi dell'art.31 d.lgs. n.267/2000. Tuttavia il giudice delle leggi sembra, come osservato dalla Corte dei Conti, Sez. Regionale del Piemonte n.99/2016, che si sia cristallizzato un processo di “entificazione” delle ATO, oggi EGATO, in ragione di successive e coerenti innovazioni dell'ordinamento nazionale, con un progressivo arretramento del perimetro della competenza regionale.

 

[11] Corte Costituzionale sentenza n.50/2013;

 

[12]  Deve richiamarsi la sentenza della Corte Costituzionale n. n. 62/2012, in cui la Corte ha distinto tra funzioni regionali e funzioni assegnate all’Autorità idrica, pur istituita dalla Regione e operante su base regionale;

 

[13]   Con il d.l. n.201/2011, convertito dalla legge n.214/2011,  all'Autorità sono state attribuite competenze anche in materia di servizi idrici. Infatti, l'articolo 21, comma 19, prevede che:"con riguardo all'Agenzia nazionale per la regolazione e la vigilanza in materia di acqua, sono trasferite all'Autorità per l'energia elettrica e il gas le funzioni attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, che vengono esercitate con i medesimi poteri attribuiti all'Autorità stessa dalla legge 14 novembre 1995, n. 481".

 

[14]   L'art.154 del d.lgs. n.152/2006 dispone al comma 1 che “1. La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, [dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito] e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento dell'ente di governo dell'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.

 

[15]  Corte dei Conti Sezione Autonomie Deliberazione 23/2018;

 

[16] Corte Cost. n.226/2012 secondo cui le “l'ATO ……., in quanto «ente locale», rientra indubbiamente tra le «pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture»”

 

[17] v. Corte Costituzionale n. 246/2006, n. 226/2012, Consiglio di Stato, sentenze n. 5243/2009 e n.9228/2014;

 

[18] Cassazione civile SSUU n.7645/2020, Cons. Stato, Sez. VI, 11 luglio 2016, n. 3043; Cons. Stato, Sez. VI, 26 maggio 2015, n. 2660;

[19]  Cass. SSUU 10244/2021;

 

[20 All'art.147 del d.lgs. n.152/2006, norma che istituisce gli Enti di governo d'ambito, si accompagnano altresì ulteriori indici c.d. sintomatici, benché non decisivi, utili ai fini della qualificazione dell'ente pubblico. La Cassazione (v. nota precedente) richiama “la natura pubblica degli enti che concorrono a formarlo (Cass., Sez. Un., 23 novembre 1993, n. 11541; Cass., Sez. Un., 17 aprile 1982, n. 2334 cit.); il perseguimento delle finalità riguardanti i soggetti che lo hanno formato (Cass. n. 11541/1993 cit.), specie se la coincidenza degli scopi e delle attività dell'ente non è integrale con i fini e gli scopi della pubblica amministrazione (Cass., n. 2334/1982 cit.); la partecipazione ai suoi organi dei rappresentanti dei soggetti che l'hanno formato (Cass., n. 11541/1993, cit.). Infine, elemento decisivo per escludere la natura pubblicistica è il difetto dei poteri di imperio (Cass., n. 3017/1984)”.

 

[21] Al riguardo preme sottolineare l’assoluta incongruenza della Circolare Regionale BU11S1 19/03/2015 rispetto al quadro normativo nazionale là dove si affermava che “A tal proposito è bene rammentare che con la legge regionale 24 maggio 2012, n. 7 (Disposizioni in materia di servizio idrico integrato e di gestione integrata dei rifiuti urbani) le funzioni di organizzazione del servizio idrico integrato, ivi comprese quelle di elaborazione, approvazione e aggiornamento del relativo piano d’ambito, di scelta della forma di gestione, di determinazione e modulazione delle tariffe, di affidamento della gestione e di controllo diretto, sono state confermate in capo agli enti locali ai sensi dell’articolo 142 del d.lgs. 152/2006. Sempre in ragione dell’articolo 2 della l.r. 7/2012 gli Enti locali esercitano, senza soluzione di continuità e ad ogni effetto di legge, le predette funzioni secondo le disposizioni della legge regionale 20 gennaio 1997, n. 13 concernenti il servizio idrico integrato, sulla base delle convenzioni stipulate in attuazione della stessa l.r. 13/1997. Deve ritenersi pertanto che, al di là del nomen iuris e della loro natura giuridica, le Autorità d’ambito istituite con la l.r. 13/1997 sono da considerarsi a tutti gli effetti gli Enti di governo d’ambito di cui all’articolo 147  del d.lgs. 152/2006, come novellato dal d.l. 133/2014.”

 

[22] Corte dei Conti, Sez. Regionale del Piemonte, Delibera n. 99/2016/SRCPIE/PAR;

 

[23] Si v. Corte Costituzionale sentenza n.235/2010. Questa sentenza costituisce una “la pietra miliare dei rapporti tra i diversi enti in materia di regolazione dei servizi pubblici locali in genere e del servizio idrico integrato in specie”, fornendo utili elementi in questo senso e punti fermi in materia.

 

[24] la norma è attuativa del quadro normativo euro unitario. L’ISTAT infatti predispone l’elenco sulla base del Sistema europeo dei conti (SEC 2010, definito dal Regolamento (Ue) del Parlamento europeo e del Consiglio, n. 549/2013) e delle interpretazioni del SEC stesso fornite nel Manual on Government Deficit and Debt pubblicato da Eurostat (Edizione 2019), L’elenco comprende le unità istituzionali che fanno parte del settore delle Amministrazioni Pubbliche (Settore S13 nel SEC). Le ex ATO oggi EGATO sono ricomprese nelle amministrazioni pubbliche locali: si veda:https://www.istat.it/it/files//2016/09/ISTAT_lista_AAPP_30_settembre2020_GU_numero242.pdf

[25]  v. ex multis Corte dei Conti sez. controllo della Regione Lazio par. n.4/2021, secondo cui “Peraltro, ciò vale anche nel caso in cui l’affidamento diretto non sia stato effettuato dall’ente locale direttamente, ma da un ente strumentale dallo stesso partecipato (quale poteva configurarsi, ad esempio, un’autorità di ambito territoriale ottimale ai fini dell’affidamento della gestione del servizio idrico integrato), in quanto gli enti strumentali partecipati dagli enti locali rientrano, in base alle norme di cui al paragrafo 2 dell’allegato 4/4, così come modificate dal d.m. 11.8.2017, nel gruppo amministrazione pubblica”

 

[26]  Ex multis v. Corte Costituzionale sentenza n.160/2016;

 

[27]  Costituiscono strumenti della programmazione degli enti strumentali in contabilità civilistica: a) il Piano delle attività o Piano programma, di durata almeno triennale, definito in coerenza con le indicazioni dell'ente capogruppo. In caso di attivazione di nuovi servizi è aggiornato il piano delle attività con la predisposizione di una apposita sezione dedicata al piano industriale dei nuovi servizi; b) il budget economico almeno triennale. Gli enti appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche definito dall'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, allegano al budget il prospetto concernente la ripartizione della propria spesa per missioni e programmi, accompagnata dalla corrispondente classificazione secondo la nomenclatura COFOG di secondo livello, di cui all'articolo 17, comma 3, del presente decreto; c) le eventuali variazioni al budget economico; d) il piano degli indicatori di bilancio (se l'ente appartiene al settore delle amministrazioni pubbliche definito dall'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196). Il bilancio di esercizio, da approvarsi entro il 30 aprile dell'anno successivo all'esercizio di riferimento, conclude il sistema di bilancio degli enti strumentali. Gli enti appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche sono tenute anche alla redazione di un rendiconto finanziario in termini di cassa predisposto ai sensi dell'articolo 2428, comma 2, del codice civile. Gli enti appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche definito dall'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, allegano al bilancio di esercizio il prospetto concernente la ripartizione della propria spesa per missioni e programmi, accompagnata dalla corrispondente classificazione secondo la nomenclatura COFOG di secondo livello, di cui all'articolo 17, comma 3, del presente decreto.

 

[28] G. Citroni e A. Lippi, La politica di riforma dei servizi idrici. Istituzioni, processi e poste in gioco, in «Le istituzioni del federalismo»;

 

[29] v. nota 28;

 

[30] si veda per un approfondimento la Relazione 295/2021/I/IDR di ARERA avente ad oggetto “Tredicesima Relazione Ai Sensi Dell’articolo 172, Comma 3-Bis, Del Decreto Legislativo 3 Aprile 2006, N. 152, Recante “Norme In Materia Ambientale”;

 

[31]  Corte cost., sent. n. 128/2011, cons. in dir. n. 2, dove si riconosce “al legislatore regionale un’ampia sfera di discrezionalità, consentendogli di scegliere i moduli organizzativi più adeguati a garantire l’efficienza del servizio idrico integrato e del servizio di gestione ugualmente integrato dei rifiuti urbani, nonché forme di cooperazione fra i diversi enti territoriali interessati”. Cfr. anche Corte cost., sent. n. 62/2012, cons. in dir. n. 3.2: “la legge regionale deve limitarsi a individuare l’ente od il soggetto che eserciti le competenze già spettanti all’Aato”;

 

[32] Individuazione delle funzioni dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas attinenti alla regolazione e al controllo dei servizi idrici, ai sensi dell’art. 21, comma 19 del d.l. n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 214/2011

 

[33] l'art. 9 della direttiva n. 2000/60/CE, dispone che “Gli Stati membri tengono conto del principio del recupero dei costi dei servizi idrici, compresi i costi ambientali e relativi alle risorse, prendendo in considerazione l'analisi economica effettuata in base all'allegato III e, in particolare, secondo il principio "chi inquina paga"», in linea con la configurazione – diffusamente delineata nella Comunicazione COM 2000/447 - della tariffa dei servizi idrici quale «mezzo per garantire un uso più sostenibile delle risorse idriche ed il recupero dei costi dei servizi idrici nell'ambito di ogni specifico settore economico».

 

[34]  Delibera ARERA n.580/2019;

 

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