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Nessuna autorizzazione preventiva per la trasformazione del consorzio in società per azioni
di Maurizio Maria Lucca 5 ottobre 2022
Materia: consorzi / trasformazione in S.p.A.

Nessuna autorizzazione preventiva per la trasformazione del consorzio in società per azioni

Avv. Maurizio Maria LUCCA, Segretario Generale Enti Locali e Development Manager

La sez. Controllo, della Corte dei Conti Veneto, con deliberazione n. 121 del 3 agosto 2022, ha risposto ad una richiesta di parere in merito alle modalità di condotta del sindaco in caso di trasformazione di un consorzio in società di capitali, richiedendo o meno la preventiva autorizzazione da parte del Consiglio Comunale, ai sensi del comma 7 bis, dell’art. 115, Trasformazione delle aziende speciali in società per azioni, del d.lgs. n. 267/2000 (TUEL), ovvero operare direttamente all’interno delle funzioni di competenza dell’assemblea consortile: scelta che non può che ricadere sull’assemblea.

La Corte, pur dichiarando l’inammissibilità della richiesta, annota che il cit. comma 7 bis, consentendo l’applicazione delle disposizioni recate dall’art. 115 del TUEL dispone che esse «si applicano anche alla trasformazione dei consorzi» aggiungendo che, per la costituzione si intende «sostituita al consiglio comunale l’assemblea consortile. In questo caso le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei componenti».

Trattasi di una norma speciale che può essere applicata alla fattispecie individuata dal legislatore per la trasformazione dei consorzi in società per azioni, giustificata dal fatto che nelle assemblee consortili trovano già rappresentanza i Consigli comunali di tutti gli Enti partecipanti al consorzio e che, pertanto, il legislatore legittima a deliberare la trasformazione in nome e per conto dei rispettivi Consigli comunali, senza alcuna intermediazione da parte dell’organo consiliare, ritenendo che i nominati - all’interno dell’Assemblea - siano titolati dei poteri afferenti alle vicende dell’Ente stesso.

A rafforzare questa interpretazionem l’art. 31, Consorzi, del d.lgs. n. 267/2000, disciplina la costituzione dei consorzi secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all’articolo 114[1], in quanto compatibili, dove:

·                    al comma 2 stabilisce che «a tal fine, i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell'articolo 30, unitamente allo statuto del consorzio»;

·                    mentre comma 3, si dispone che «la convenzione deve disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili coerentemente a quanto disposto dai commi 8, 9 e 10 dell’articolo 50 e dell’articolo 42, comma 2 lettera m), e prevedere la trasmissione, agli enti aderenti, degli atti fondamentali del consorzio; lo statuto, in conformità alla convenzione, deve disciplinare l'organizzazione, la nomina e le funzioni degli organi consortili».

Il quadro delineato, postula che i poteri della Giunta e Consiglio comunale sono assorbiti all’interno degli organi consortili, esaurendo, in questo processo di semplificazione, razionalizzazione e trasferimento di poteri, la competenza che viene sottratta dalle loro prerogative: la vita del consorzio risulta, una volta costituito, del tutto autonoma rispetto agli organi deliberanti (quelli della sua costituzione), sicché non vi sarà alcun passaggio o autorizzazione preventiva per deliberare la trasformazione, operando direttamente l’assemblea consortile.

In effetti, l’impostazione è coerente con questa particolare forma associativa prevista dal TUEL, avente natura di Ente pubblico distinto dal Comune (da coloro che hanno partecipato alla sua costituzione), preordinato alla realizzazione di un servizio o di una funzione pubblica tale da assicurare, maggiore affidamento di riuscita rispetto ad una gestione diretta lasciata alle Amministrazioni singolarmente ed e conseguentemente un Ente pubblico strumentale dell’Ente locale disciplinato dal diritto pubblico e non dal diritto privato[2].

Viene, inoltre, rimarcato in precisazione ai poteri del sindaco, che l’art. 9, Gestione delle partecipazioni pubbliche, al comma 3, del d.lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (Testo Unico in materia di società partecipate, TUSP), stabilisce espressamente che «i diritti del socio sono esercitati dal sindaco o dal presidente o da un loro delegato», senza disporre in alcun modo sulla modalità di formazione della volontà del socio, che ben potranno distinguersi a seconda del tipo di decisione, delle connesse esigenze istruttorie e valutative, della conseguente espressione del voto in assemblea ordinaria, oppure straordinaria: in termini diversi, il sindaco assume i diritti dell’azionista senza limitazioni[3].

In questo senso, per arginare l’eventuale piena libertà di esercizio delle prerogative del socio[4], il Comune, annota la Corte, «potrà provvedere con l’adozione di regolamenti interni che definiscano le più appropriate ripartizioni delle competenze tra i diversi livelli e organi di governo, tenendo presente le previsioni dell’art. 7, co. 7 TUSP in ordine alle competenze del consiglio comunale sulle principali vicende societarie modificative (modifica delle clausole dell'oggetto sociale che consentano un cambiamento significativo dell'attività della società; trasformazione della società; trasferimento della sede sociale all’estero, revoca dello stato di liquidazione)».

Un aspetto che non può sfuggire, per il richiamo al brocardo “il claris non fit interpretatio”, è il rilievo sull’inammissibilità del quesito poiché esula non solo con la nozione di contabilità pubblica, funzionale all’attività consultiva della Corte, «ma soprattutto per la mancanza sostanziale di un punto controverso che richieda un’attività interpretativa, in quanto la norma del comma 7 bis dell’art. 115, Tuel risulta univocamente e chiaramente applicabile», rilevando l’esigenza di una qualche “forma” di approfondimento motu proprio prima di ricorrere all’ausilio collaborativo esterno, ossia quella pur minima attività istruttoria del responsabile del procedimento sempre esigibile.



[1] Cfr. Corte conti, sez. contr. Lombardia, deliberazione 25 ottobre 2017, n. 283.

[2] TAR Abruzzo, L’Aquila, sez. I, 15 gennaio 2021, n. 13.

[3] Vedi, in modo significativo, Corte conti, sez. giur. Toscana, 4 giugno 2020, n. 127, ove si è osservato che il sindaco è il soggetto incaricato dall’Ente locale di esercitare le funzioni concernenti i diritti di azionista per i Comuni, in mancanza della nomina di un dirigente al quale sia stata affidata la gestione delle partecipazioni, nella sua qualità di organo di vertice dell’Amministrazione, che assume anche la veste di agente contabile, come confermato indirettamente dall’espressa previsione dell’art. 9 del d.lgs. n. 175/2016.

[4] In effetti, l’istituto della prorogatio imperii, previsto dall’art. 2385, Cessazione degli amministratori, cod. civ, prevede che gli amministratori di una società di capitali conservano la rappresentanza legale della stessa fino alla nomina e all’accettazione formalizzata dell’incarico da parte dei nuovi amministratori, facendo in modo che fino al momento in cui tale fattispecie non si è perfezionata, possono porre in essere tutti gli atti di gestione ordinaria dell’impresa, TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 30 ottobre 2020, n. 749.

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