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PROPOSTA SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO DI RIORDINO DELLA DISCIPLINA DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA, AI SENSI DELL'ARTICOLO 8 DELLA LEGGE 5 AGOSTO 2022, N. 118
PRIME VALUTAZIONI
di Marco Costantini 10 ottobre 2022
Materia: servizi pubblici / disciplina

 

PRIME VALUTAZIONI

 

 

 

 

OGGETTO: PROPOSTA SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO DI RIORDINO DELLA DISCIPLINA DEI SERVIZI PUBBLICI LOCALI DI RILEVANZA ECONOMICA, AI SENSI DELL'ARTICOLO 8 DELLA LEGGE 5 AGOSTO 2022, N. 118

 

 

Il Consiglio dei ministri, in data 16 settembre 2022 ha approvato in via preliminare lo schema di decreto legislativo di riordino della disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, ai sensi dell’articolo 8 della legge 5 agosto 2022, n. 118.

 

Il decreto ha ad oggetto la disciplina generale dei servizi di interesse economico generale prestati a livello locale.

 

Le competenze legislative statali sulla base delle quali si reggerebbe il decreto (articolo 1) sono le competenze esclusive in materia di tutela della concorrenza e di funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane (articolo 117, secondo comma, rispettivamente lettere g) e p) della Costituzione). Le disposizioni del decreto sarebbero (per auto proclamazione) “norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica” con obbligo di adeguamento per le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano (Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano adeguano la propria legislazione al presente decreto”).

 

Lo schema in oggetto ha un’impronta marcatamente liberista.

 

L’impostazione scelta (articolo 10) persegue la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali con l’introduzione della cosiddetta concorrenza nel mercato con assenza di limitazioni alla piena libertà di esercizio dell’impresa e all’iniziativa privata di cittadini (assenza di regimi autorizzatori e di obblighi di servizio pubblico (O.S.P.) e di diritti esclusivi o speciali).

 

Agli enti locali viene limitata (articolo 10 - perimetrazione) la discrezionalità della scelta di istituzione di un servizio pubblico locale. Tale scelta è consentita solo dopo aver verificato e dimostrato l’impossibilità di un regime di concorrenza nel mercato, al limite accompagnato (se proprio necessario) da una regolazione a tutela degli utenti con l’imposizione di O.S.P. compensati e senza regimi autorizzatori (articolo 12).

 

Altrimenti, qualora sia proprio necessaria l’istituzione di un servizio pubblico (articolo 13), è prevista una parziale liberalizzazione con concessione di diritti esclusivi o speciali con l’applicazione della cosiddetta concorrenza per il mercato, e la conseguente individuazione,  mediante procedure competitive periodiche, di uno o più gestori sottoposti a O.S.P..

 

Le modalità di gestione “non competitive” sono limitate alla sola produzione in house (ammessa quando non siano possibili/convenienti i predetti regimi concorrenziali) non prevedendo per i servizi a rete la gestione diretta in economia e nemmeno le aziende speciali (modalità invece ammesse per i servizi non a rete).

 

Il regime favorito, come detto, è quello della libera concorrenza nel mercato (articolo 10) con la possibilità per gli enti locali (articolo 11) di introdurre sostegni economici in favore degli utenti: in altre parole al posto di un servizio pubblico (tradizionalmente organizzato) con il pagamento di tariffe, si preferisce un’iniziativa economica privata libera con sostegni economici in favore degli utenti. Tale regime vale anche per i trasporti e per i rifiuti.

 

L’impostazione del decreto incentiva anche la privatizzazione laddove dispone (articolo 16) che l’ente locale può cedere in tutto o in parte la propria partecipazione nelle società miste senza che tale decisione comporti effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere.

 

Nel caso di concorrenza per il mercato (articolo 14) la scelta della modalità di gestione avviene sulla base di un menù predefinito in legge ed è richiesta una motivazione particolarmente complessa.

 

Per assicurare la realizzazione degli interventi infrastrutturali necessari da parte del soggetto affidatario nei servizi pubblici locali a rete è prevista la predisposizione di un piano economico-finanziario che, contiene anche la proiezione, per il periodo di durata dell'affidamento, dei costi e dei ricavi, degli investimenti e dei relativi finanziamenti. Tale piano deve essere asseverato.

 

La durata dell’affidamento (articolo 19) è fissata in funzione della prestazione richiesta, in misura proporzionata all’entità e alla durata degli investimenti proposti dall’affidatario e comunque in misura non superiore al periodo necessario ad ammortizzare gli investimenti. In caso di durata dell’affidamento inferiore al tempo di necessario ad ammortizzare gli investimenti, ovvero in caso di cessazione anticipata, è riconosciuto in favore del gestore uscente un indennizzo, da porre a carico del subentrante, pari al valore contabile degli investimenti non ancora integralmente ammortizzati, rivalutato in base agli indici ISTAT e al netto di eventuali contributi pubblici direttamente riferibili agli investimenti stessi.

 

Nei casi di cambio di gestore (articolo 20) va assicurata un’adeguata tutela occupazionale del personale impiegato nella precedente gestione, anche mediante l’impiego di apposite clausole sociali, secondo la disciplina in materia di contratti pubblici.

 

Limitatamente agli affidamenti a terzi è preferito lo schema della concessione rispetto a quello dell’appalto (articolo 15).

 

Nel caso di affidamenti a società a partecipazione mista pubblico privata (articolo 16) il socio privato è individuato secondo la procedura di cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 175 del 2016.

 

Con riferimento agli affidamenti in house a società (articolo 17) per importo superiore alle soglie di rilevanza europea in materia di contratti pubblici, è richiesta una qualificata e complessa  motivazione che dia espressamente conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato. L’affidamento a società in house di servizi pubblici locali a rete, non può, di norma, essere superiore a cinque anni (articolo 19).

 

Il piano di razionalizzazione societaria periodico previsto dal decreto Madia deve motivare il mantenimento delle società in house (articolo 17). Gli aggiornamenti e le modifiche del contratto di servizio relativo agli affidamenti in house devono essere asseverati (articolo 27)

 

Una particolare novità, potenzialmente destinata a situazioni marginali, riguarda la possibilità di ricorso a rapporti di partnerariato con soggetti del Terzo settore (articolo 18).

 

Per quanto riguarda la disciplina del regima proprietario dei beni essenziali la disciplina non risulta essere innovativa rispetto a quella già in vigore (articolo 21 e 19) e si prevede in sintesi un vincolo di destinazione dei beni alla gestione del servizio pubblico per l’intero periodo della loro utilizzabilità fisica con l’impossibilità per gli enti locali di cederne la proprietà

 

Viene dettagliatamente indicato il contenuto minimo obbligatorio del contratto di servizio (articolo 24) ed è previsto anche quello delle carte di servizio (articolo 25).

 

E’ prevista un’articolata disciplina tariffaria per la quale (articolo 26) è necessario assumere il metodo del price cap ed adottare una complessa determinazione tariffaria. E’ consentita una tariffa “agevolata” solo per talune categorie deboli mentre per tutti gli altri la tariffa deve garantire l’equilibrio economico. Pare pertanto limitarsi la discrezionalità dell’ente locale nella determinazione delle tariffe.

 

E’ prevista anche una specifica disciplina relativa all’attività di vigilanza sulle gestioni (articolo 28) Gli enti locali e gli altri enti competenti esercitano la vigilanza sulla gestione effettuata sulla base di un programma di controlli finalizzato alla verifica del corretto svolgimento delle prestazioni affidate. I comuni (articolo 29) effettuano la ricognizione periodica della situazione gestionale dei servizi pubblici locali di rilevanza economica nei rispettivi territori che è contenuta in un’apposita relazione ed è aggiornata ogni anno, contestualmente all’analisi dell’assetto delle società partecipate di cui all’articolo 20 del decreto legislativo n. 175 del 2016.

 

E’ presente anche una disciplina per garantire trasparenza e conoscenza (articolo 31) con l’obbligo di pubblicazione di atti e dati nel sito istituzionale dell’ente locale e con l’attivazione di altre banche dati accessibili (Osservatorio per i servizi pubblici; piattaforma unica della trasparenza gestita dall’ANAC).

 

Lo schema conferma (articolo 5) la previsione di un’organizzazione su base territoriale aggregata (possibilmente regionale) per il servizi di interesse economico generale a rete (servizio idrico e servizio rifiuti).

 

 

Dopo questo breve riassunto del contenuto del decreto si propongono di seguito alcune prime valutazioni.

 

L’impostazione fortemente liberista dello schema segue la falsa riga di precedenti riforme. Ci si riferisce a quella di cui all’articolo 23 bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (disciplina nazionale in materia di servizi pubblici che ha conosciuto l’onore delle cronache per il dibattito riguardante il tema della cosiddetta “privatizzazione dell’acqua”; articolo 23 bis in seguito abrogato dal referendum indetto con decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 2011) e ci si riferisce in particolare, per la forte similitudine, a quella successiva di cui all’articolo 4 del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138, articolo dichiarato poi dalla Corte Costituzionale illegittimo con sentenza n. 199 del 17 luglio 2012 (in quanto violava il divieto di ripristino della normativa abrogata dal referendum, ripristinando sostanzialmente la disciplina di cui all’articolo 23-bis del decreto legge n. 112 del 2008).

 

Si rilevano pertanto possibili profili di incostituzionalità della disciplina proposta (si rimanda alla citata sentenza della Corte Costituzionale n. 199 del 17 luglio 2012).

 

Si propongono, inoltre, di seguito, ulteriori possibili criticità del decreto afferenti presunti superamenti del perimetro delineato dalla legge delega.

 

Si evidenzia innanzitutto che la legge delega è stata, in corso di formazione, significativamente modificata rispetto al testo originario del disegno di legge governativo. In particolare sono state rimosse le parti che imponevano, per la scelta o per la conferma del modello dell’autoproduzione, di dare conto delle ragioni che, sul piano economico e della qualità, degli investimenti e dei costi dei servizi per gli utenti, giustificassero il mancato ricorso al mercato, oltre a disporre che l’ente locale dovesse trasmettere tale motivata decisione all’Autorità garante della concorrenza e del mercato. Il testo della legge delega alla fine approvato, dispone che per la scelta o per la conferma del modello dell’autoproduzione, si deve dare conto delle ragioni che, sul piano economico e sociale, con riguardo agli investimenti, alla qualità del servizio, ai costi dei servizi per gli utenti, nonché agli obiettivi di universalità, socialità, tutela ambientale e accessibilità dei servizi, giustificano tale decisione, anche in relazione ai risultati conseguiti nelle pregresse gestioni in auto-produzione.

 

La versione testuale approvata pare quindi non sfavorire le modalità di gestione riconducibili all'auto produzione rispetto alle modalità di tipo competitivo. E’ infatti solo previsto, peraltro limitatamente agli affidamenti di importo superiore alle soglie di cui all'articolo 35 del codice dei contratti pubblici (si veda il comma 2, lettera g) che l’ente locale debba motivare adeguatamente la scelta dell'auto-produzione (obbligo di motivazione che peraltro già esiste) ma senza dover specificamente “motivare il mancato ricorso al mercato”.

 

La proposta di schema di decreto legislativo in oggetto tende invece ad imporre una complessa motivazione di “mancato ricorso al mercato”, e pare pertanto violare i limiti/principi fissati nella legge delega di cui sopra. Anche perché, nello schema di decreto in oggetto, pare si vada ben oltre a tali limiti laddove si arriva ad ostacolare la possibilità per gli enti locali di istituire un servizio pubblico locale (consentita solo dopo aver dimostrato l’impossibilità di avere un regime di concorrenza nel mercato). Al riguardo si evidenzia che tra i criteri e i principi previsti dalla legge delega non è mai enunciato il principio di sussidiarietà più volte invece enunciato nello schema di decreto attuativo in oggetto che oltretutto lo applica (strumentalmente)  solo nella sua declinazione orizzontale ai fini della valorizzazione dell’iniziativa economica privata, senza contemporaneamente valorizzarne anche la declinazione verticale visto che limita la possibilità per gli enti locali di istituire un servizio pubblico locale, di sceglierne la modalità di gestione e di deciderne le tariffe.

 

Nella legge delega non si rinviene il criterio/principio di favorire l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, e delle imprese, ovvero il sostegno alla concorrenza nel mercato.

 

Si evidenzia, inoltre, che il passaggio da regimi in auto-produzione a regimi di concorrenza nel mercato o a regimi di concorrenza per il mercato, nella migliore delle situazioni, implica un necessario potenzialmento dell’attività di regolazione e di controllo locale a tutela degli utenti. Ciò determina necessariamente nuovi costi (con possibile incremento finale della spesa pubblica rispetto alla situazione di partenza) contro il principio di invarianza della spesa dichiarato dalla legge delega e dal medesimo decreto legislativo. Ulteriori nuovi costi causati dal passaggio da un modello di auto-produzione ad un modello di concorrenza nel mercato o per il mercato sono quelli che in economia vengono chiamati costi di transizione.

 

Il passaggio da regimi di auto-produzione a regimi competitivi determina pertanto nuovi costi carico della pubblica amministrazione la cui dimensione dipende dalla situazione concreta. Anche la previsione di un obbligo di asseverazione del piano economico-finanziario relativo alla gestione da parte di un istituto di credito o da una società di servizi iscritta all’albo degli intermediari finanziari, introduce una nuova spesa a carico degli enti locali (articolo 14). Anche gli aggiornamenti e le modifiche del contratto di servizio relativo agli affidamenti in house devono essere asseverati (articolo 27).

 

La delega non prevede nemmeno la prevalenza della disciplina generale sulle discipline di settore come disposto nello schema di decreto.

 

E’ importante più in generale evidenziare che la scelta di spingere verso la liberalizzazione non pare essere imposta dall’ordinamento comunitario.  Le disposizioni del Trattato riconoscono infatti ampia libertà agli Stati membri di organizzare e finanziare i servizi di interesse economico generale rispondendo a specifici bisogni territoriali. Il Protocollo 26 al Trattato sul funzionamento dell’UE prevede che i “valori comuni” dell’UE di cui all’art. 14 TFUE riferiti ai SIEG comprendono, in particolare, “il ruolo essenziale e l'ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare servizi di interesse economico generale il più vicini possibile alle esigenze degli utenti”. Sempre a mente del Protocollo 26, i valori comuni europei in tema di SIEG includono, in chiave di sussidiarietà verticale, “la diversità tra i vari servizi di interesse economico generale e le differenze delle esigenze e preferenze degli utenti che possono discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse”. Il secondo comma dell’articolo 106 TFUE (ex articolo 86 del TCE) dispone in particolare che “Le imprese incaricate della gestione di servizi di interesse economico generale o aventi carattere di monopolio fiscale sono sottoposte alle norme dei trattati, e in particolare alle regole di concorrenza, nei limiti in cui l'applicazione di tali norme non osti all'adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione loro affidata.”

 

L’unico limite alla potestà discrezionale delle amministrazioni nazionali è dato dalla vigenza di una specifica legislazione settoriale di derivazione europea (presente con riferimento a limitati settori ad es. la distribuzione del gas naturale). Ad ulteriore conferma dell’ampio potere concesso alle autorità statali, si evidenzia che le valutazioni discrezionali fatte dalle autorità nazionali a livello centrale o locale, sono sindacabili da parte della Commissione europea e della Corte di Giustizia solo in caso di errore manifesto di valutazione.

 

Alla luce di quanto sopra, la proposta in oggetto appare pertanto una scelta politica esclusivamente autonoma dello Stato italiano, probabilmente conforme all’ordinamento comunitario ma sicuramente non imposta dall’ordinamento comunitario. Appare una scelta finalizzata ad ottenere i finanziamenti del PNRR per il quale “In materia di servizi pubblici, soprattutto locali, occorre promuovere un intervento di razionalizzazione della normativa, anche prevedendo l’approvazione di un testo unico, che in primo luogo chiarisca il concetto di servizio pubblico e che assicuri – anche nel settore del trasporto pubblico locale – un ricorso più responsabile da parte delle amministrazioni al meccanismo dell’in house providing. In questa prospettiva, pur preservandosi la libertà sancita dal diritto europeo di ricorrere a tale strumento di auto-produzione, andranno introdotte specifiche norme finalizzate a imporre all’amministrazione una motivazione anticipata e rafforzata che dia conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato, dei benefici della forma dell’in house dal punto di vista finanziario e della qualità dei servizi e dei risultati conseguiti nelle pregresse gestioni in auto-produzione, o comunque a garantire una esaustiva motivazione dell’aumento della partecipazione pubblica. Sarà inoltre previsto un principio generale di proporzionalità della durata dei contratti di servizio pubblico, compresi quelli affidati con la modalità dell’in house (legge annuale 2022)”.

 

Da evidenziare in ultimo l’assenza, a differenza delle citate precedenti riforme, di una dettagliata disciplina transitoria. Pare quindi che la nuova disciplina trovi applicazione con riferimento all’istituzione di nuovi servizi pubblici e, per quelli già istituiti, al momento dello scadere degli affidamenti in essere.

 

Le valutazioni espresse sono personali e non rappresentano la posizione dell'ente di appartenenza.


 

 

 

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