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L’ENTE PUBBLICO PUÒ CONFERIRE INCARICHI AI PENSIONATI NEGLI ORGANI DI GARANZIA
di Michele Nico 16 gennaio 2023
Materia: pubblica amministrazione / lavoro

L’ENTE PUBBLICO PUÒ CONFERIRE INCARICHI AI PENSIONATI NEGLI ORGANI DI GARANZIA

 

 

L’interpretazione restrittiva del divieto a carico della Pa è dettata dall’esigenza di evitare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale, che ammette limitazioni a carico dei soggetti in questione purché imposte in relazione a un apprezzabile interesse pubblico”.

 

 

 

L’ambito di applicazione del divieto per la Pa di conferire a lavoratori in quiescenza, pubblici o privati, incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, o cariche in organi di governo, non si estende agli incarichi riferibili agli organi di garanzia previsti dalle leggi regionali.

Lo ha chiarito la Corte dei conti, Sez. Liguria, con la delibera 60/2022/PAR.

La fonte normativa

Occorre premettere che il divieto in questione è previsto dall’articolo 5, comma 9, del dl 6 luglio 2012, n. 95, convertito dalla legge n.135/2012, che vieta appunto alla Pubblica amministrazione di attribuire ai lavoratori collocati in quiescenza una serie di determinati incarichi, ove retribuiti.

Il divieto riguarda, nello specifico, gli “incarichi di studio e di consulenza”, gli “incarichi dirigenziali o direttivi”, nonché le “cariche in organi di governo” conferibili dalle pubbliche amministrazioni e dagli enti e società da esse controllati.

Di contro, l’affidamento dei suddetti incarichi è invece consentito ove ne sia prevista la gratuità, mentre per i soli incarichi dirigenziali e direttivi – ferma restando la gratuità – è prevista l’ulteriore limitazione della durata massima non superiore a un anno, non prorogabile né rinnovabile.

Per quanto riguarda i soggetti interessati dal divieto normativo, la giurisprudenza contabile ha inoltre chiarito in modo inequivocabile che la locuzione “lavoratori pubblici o privati” ricomprende anche la categoria dei lavoratori autonomi.

L’interpretazione restrittiva del divieto

Tornando alla delibera in commento, il Presidente del Consiglio regionale della Liguria ha interpellato la Sezione contabile di controllo per sapere se il divieto previsto dalla disposizione di cui sopra trovi o no applicazione anche in relazione ai soggetti da nominare negli organi di garanzia previsti dalle leggi regionali della Liguria, e precisamente:

-         al Difensore civico regionale di cui alla legge regionale 5 agosto 1986, n. 17;

-         al Garante regionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza di cui alla legge regionale 24 maggio 2006, n. 12;

-         al Garante dei diritti delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale di cui alla legge regionale 1° giugno 2020, n. 10;

-         al Garante regionale per la tutela delle vittime di reato di cui alla legge regionale 1° giugno 2020 n. 11.

La magistratura contabile, dopo aver appurato l’ammissibilità del quesito sotto il profilo oggettivo e soggettivo, ha fornito un riscontro estremamente accurato, evocando una serie di circolari ministeriali e pronunce giurisprudenziali convergenti nel giustificare un’interpretazione restrittiva della norma in questione.

Nello specifico, la Corte dei conti, Sezione centrale del controllo di legittimità sugli atti del Governo e delle Amministrazioni dello Stato, ha puntualizzato che “il divieto (…), in quanto norma limitatrice, è da valutare sulla base del criterio della stretta interpretazione enunciato dall’art. 14 delle preleggi, che non consente operazioni ermeneutiche di indirizzo estensivo, fondate sull’analogia” (cfr. delibera SCCLEG 23/2014/PREV).

Sulla portata di tale disposizione normativa sono altresì intervenute due circolari della Funzione Pubblica (circolare 6/2014 integrata dalla circolare 4/2015) le quali hanno sottolineato che “la disciplina in esame pone puntuali norme di divieto, per le quali vale il criterio di stretta interpretazione ed è esclusa l’interpretazione estensiva o analogica (…). Gli incarichi vietati, dunque, sono solo quelli espressamente contemplati: incarichi di studio e di consulenza, incarichi dirigenziali o direttivi, cariche di governo nelle amministrazioni e negli enti e società controllati (…)”.

Anche la Corte di giustizia europea che ha ritenuto che la limitazione dei diritti dei soggetti in quiescenza, ove non supportata da idonea causa di giustificazione, sarebbe contraria al principio di non discriminazione nell’accesso al lavoro sulla base dell’età anagrafica di cui alla direttiva 2000/78/Ce (cfr. Corte di giustizia causa C-670/18 del 2 aprile 2020).

Il dato letterale

L’insieme di queste pronunce ha indotto la Sezione ligure a concludere che “l’interpretazione restrittiva della disposizione normativa è (…) dettata dall’esigenza di evitare un’irragionevole compressione dei diritti dei soggetti in quiescenza, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza costituzionale, che ammette limitazioni a carico dei soggetti in questione purché imposte in relazione a un apprezzabile interesse pubblico”.

Di conseguenza, gli incarichi riferibili alle figure di garanzia non ricadono nel divieto normativo in esame per il solo fatto che non rientrano nell’elencazione tassativa dell’articolo 5, comma 9, del dl n. 95/2012, e non comportano dunque, in concreto, lo svolgimento di funzioni riconducibili agli incarichi normativamente vietati.

 

 

 

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