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Gli impianti relativi alle convenzioni “post Letta” e realizzati prima della riforma del 2011 vanno rimborsati in base alle regole vigenti al momento della gara.
di Sergio Cesare Cereda 19 aprile 2023
Materia: gas / disciplina

Gli impianti relativi alle convenzioni “post Letta” e realizzati prima della riforma del 2011 vanno rimborsati in base alle regole vigenti al momento della gara.

di Sergio Cesare Cereda

 

1. Premessa.

La sentenza n. 284 del 29 marzo 2023 del Tar per il Piemonte ha affrontato un’interessante questione relativa alle modalità di determinazione del valore del riscatto di reti ed impianti che il gestore subentrante è tenuto a versare all’uscente.

Ciò con riferimento alle concessioni assegnate nella vigenza del d.lgs. 164/2000 e definite come concessioni “post-Letta” o come concessioni a regime, e più precisamente a quelle affidate prima del 28 giugno 2011.

Nel caso di specie, la ricorrente ha sostenuto che la quantificazione del valore di rimborso indicata nei documenti di gara fosse errata in quanto fissata in base ai criteri tratti dall’originaria previsione di cui all’art. 14 comma 8 del D. lgs. n. 164/2000 (che per comodità definiremo come “valore dell'investimento”) e non già a quelli vigenti al momento della gara e che corrispondono alla c.d. “regulatory asset base” (RAB).

In molti casi, come quello in oggetto, la differenza tra i valori risultanti dall’applicazione dell’uno o dell’altro criterio è alquanto rilevante[1]. Può convenirsi, dunque, che quella posta all’attenzione dei giudici torinesi non fosse una questione di poco conto incidendo sugli equilibri della concessione e, quindi, sull’offerta che i concorrenti sono tenuti a presentare in sede di gara.

 

2. Il criterio di rimborso fissato dalla norma originaria.

La questione qui affrontata trae origine da una modifica normativa che ha interessato la valorizzazione dei cespiti. Ripercorrendo con ordine l’evoluzione legislativa, il d.lgs. n. 164/2000 laddove ha imposto l’indizione di pubbliche gare per l'affidamento in concessione del servizio di distribuzione del gas, ridisegnando la materia, si è (anche) premurato di definire i criteri di determinazione del valore di riscatto degli impianti. In particolare, in relazione alle concessioni a regime, cioè a quelle assegnate in forza della nuova normativa (in sostanza al secondo giro), l’articolo 14, co. 8 dispone(va) che il concessionario entrante deve[2]: “corrispondere una somma al distributore uscente in misura pari all'eventuale valore residuo degli ammortamenti di detti investimenti risultanti dai bilanci del gestore uscente e corrispondenti ai piani di ammortamento oggetto del precedente affidamento[3]”.

In altre parole, l’aggiudicatario deve versare al gestore uscente una somma pari ai costi sostenuti per l’acquisizione di reti ed impianti e per la realizzazione degli investimenti successivi, decurtata dell’ammortamento nel frattempo intervenuto e basato sulle percentuali offerte in gara.

Si tratta di una determinazione fondata sui valori effettivi, vale a dire sui costi sostenuti per l’acquisto e la realizzazione degli investimenti.

In questo senso si differenzia dal valore industriale residuo (VIR), che è il valore di rimborso spettante ai gestori affidatari del servizio in base a concessioni stipulate anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. 164/2000, le cosiddette concessioni “ante Letta”. Tale valore deve essere determinato in base ad una stima industriale secondo i criteri stabiliti dall'art. 5 d.m. 226/2011, metodo che prescinde dai costi sostenuti ma si basa sul modello fissato da decreto ministeriale e dalle “linee guida”.

 

3. Il criterio di rimborso fissato dalla novella normativa.

Senonché, nel giugno 2011, è stata introdotta dall’art. 24 comma 1 del D.lgs. 93/2011 una nuova versione dell'art. 14, co. 8, in base alla quale, nella situazione a regime: “il valore di rimborso al gestore uscente è pari al valore delle immobilizzazioni nette di località del servizio di distribuzione e misura, relativo agli impianti la cui proprietà viene trasferita dal distributore uscente al nuovo gestore, incluse le immobilizzazioni in corso di realizzazione, al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località, calcolato secondo la metodologia della regolazione tariffaria vigente e sulla base della consistenza degli impianti al momento del trasferimento della proprietà[4]”. In buona sostanza, il valore di rimborso viene calcolato secondo la “regulatory asset base” (RAB), ossia la metodologia della regolazione tariffaria vigente.

Quindi, anche in questo caso, si fa riferimento ad una valutazione considerata oggettiva, già a conoscenza dell’ARERA. Tanto che la normativa non solo non prevede che tale valorizzazione debba essere oggetto di verifica, ma che addirittura funga da punto di riferimento[5].

 

4. Determinazione della norma temporalmente applicabile.

In considerazione di quanto appena osservato, si rende, pertanto, indispensabile stabilire quale sia il momento che funge da “spartiacque” tra l’applicazione dell’uno o dell’altro criterio di valorizzazione. A ciò provvede l’art. 24 che, al comma 4, del D.lgs. 93/2011 prescrive che deve farsi riferimento alla regolazione applicabile alla data di indizione della relativa gara[6]. In particolare, la disciplina introdotta dalla novella legislativa trova applicazione per le gare indette dal 28.06.2011.

Posto che la gara oggetto della controversia decisa dalla sentenza qui in esame è stata indetta prima di tale data, pare debba trovare applicazione la disciplina originaria con il conseguente rimborso basato sul valore dell'investimento e non già sulla RAB.

Ebbene, l’adozione da parte della stazione appaltante di tale criterio ha provocato la reazione di uno degli operatori economici interessati alla procedura di affidamento che introducendo il giudizio avanti al giudice amministrativo ha contestato tale scelta, chiedendo di vedere applicata la valorizzazione alla RAB.

 

5. La ratio dell’applicazione del criterio di rimborso previsto negli atti di gara.

Nel caso oggetto della sentenza, così come è ragionevole presumersi in via generale, il rimborso basato sul “valore d’investimento” è stato previsto nei documenti di gara e riportato nella convenzione stipulata tra i comuni e gli affidatari. In conseguenza, in forza dei più basilari principi, la stazione appaltante[7] è vincolata alle valorizzazioni risultanti dalle previsioni convenzionali e non si comprende sulla base di quale istituto giuridico non dovrebbe tenerne conto.

Si consideri, inoltre, che dette previsioni convenzionali sono rispettose della normativa all’epoca vigente.

Sotto il profilo economico, l’operatore che ha partecipato alla gara e si è aggiudicato il servizio l’ha fatto nella convinzione di poter ottenere alla fine della concessione il rimborso previsto. Se all’esito della gara d’ambito ottenesse dal gestore entrante solo il pagamento basato sulla RAB[8], i suoi diritti ed il suo legittimo affidamento ne sarebbero risultati lesi.

Tali conclusioni neppure possono mutare a fronte della sopravvenuta modifica normativa; infatti, come visto, questa si riferisce alle procedure successive alla sua entrata in vigore e, ciò, in base al chiaro dato letterale sopra evidenziato. In aggiunta, laddove ve ne fosse bisogno, va considerata una lettura costituzionalmente orientata posto che, come da tempo chiarito dalla giurisprudenza costituzionale, un diritto acquisito mediante un contratto deve essere insensibile allo ius superveniens a tutela del legittimo affidamento del privato che ha operato le sue scelte economiche confidando nel contesto normativo in quel momento vigente[9]. 

Parallelamente, il presupposto logico, prima ancora che giuridico per la quantificazione del valore di rimborso in base alla RAB, è che il gestore uscente sapesse sin ab initio che al termine della concessione potrà ottenere niente più che la RAB e, di conseguenza, possa fare un piano di investimenti calibrato.

 

6. Il ribaltamento dei costi sul gestore entrante.

In buona sostanza, non può mettersi ragionevolmente in dubbio la pretesa del gestore uscente di vedersi riconosciuti i rimborsi determinati in base alla convenzione.

D’altro canto, gli artt. 14, co. 8 e 15, co. 5 del D.lgs. n 164/2000 prevedono che gli oneri legati all’acquisizione degli impianti debbano essere sostenuti dal gestore entrante, così istaurando un rapporto economico diretto tra i concessionari. Da questa regolazione gli enti locali sono economicamente estranei e la loro funzione è unicamente quella di sovraintendere ad una corretta valorizzazione.

In conseguenza, se il gestore uscente deve essere remunerato in base al “valore dell'investimento” e non potendo gli enti locali essere tenuti a sostenere eventuali oneri differenziali, consegue che il concessionario subentrante entrante dovrà procedere all’indennizzo in base a tali valori.

 

7. La sussistenza d’incertezze.

È stato allora osservato (e contestato nel giudizio) come il gestore entrante, che si troverà a sostenere detti oneri, non ha la sicurezza di recuperali integralmente in tariffa. Con il conseguente corollario del verificarsi di una situazione d’incertezza che, a fronte di differenze ingenti, rende difficoltosa la formulazione di un’offerta ponderata. Un’ulteriore difficoltà lamentata riguarda la formulazione dello sconto tariffario previsto dall’art 13, co. 1, lett. a) del D.M. n 226/2011.

Non vi è dubbio che tali incertezze possono rendere difficoltosa la presentazione dell’offerta tecnico economica in sede di gara, nondimeno (come rilevato dalla stessa sentenza) le stesse non possono essere risolte dalle stazioni appaltanti, come richiesto nella controversia in esame.

A ben vedere, l’indeterminatezza finisce con l’avere conseguenze negative per gli stessi enti pubblici che hanno l’interesse a che i concorrenti siano messi in condizioni di presentare le migliori offerte.

 

8. Le funzioni dell’ARERA e l’indipendenza delle scelte della stazione appaltante.

Per gran parte delle concessioni regolate dal codice dei contratti pubblici, la tariffa da applicare al pubblico è fissata dal concedente e posta a base di gara. In questi casi, il concedente deve farsi carico delle valutazioni economiche e delle eventuali discrasie ed incongruenze che gli possono essere opposte.

Così non è in tema di distribuzione del gas, dove la funzione tariffaria è svolta da un organo terzo quale l’ARERA.

In buona sostanza, il presupposto logico-giuridico è dato dalla determinazione del prezzo di riscatto che è fissato dalla stazione appaltante, dopo di che, sarà compito dell’ARERA stabilire come riconoscere in tariffa tali esborsi.

Quindi, sotto il profilo della logica giuridica, la determinazione dell’ARERA in ordine al riconoscimento tariffario degli indennizzi ha come presupposto la valorizzazione dei cespiti fatta in sede di gara. In altri termini, laddove tale determinazione sia stata correttamente compiuta, il relativo dato rimane fermo. A seguito della decisione dell’Autorità in ordine al suo riconoscimento in tariffa, la stessa potrà essere contestata dagli operatori ma senza che tale vicenda interessi la stazione appaltante. Come correttamente rilevato nella sentenza, il riconoscimento della “perequazione tariffaria” è rimessa ad ARERA e, laddove venga negata, l'aggiudicatario potrà impugnare il provvedimento lesivo dell'Autorità.

Di modo che le stazioni appaltanti, una volta esercitata la loro funzione di valutazione, non possono e non devono preoccuparsi delle successive determinazioni dell’Autorità.

In questo quadro già chiaro si aggiunge un ulteriore riflessione in relazione alla durata del rapporto di concessione. Infatti, le future concessioni si svilupperanno per un periodo di 12 anni durante il quale le determinazioni tariffarie sono destinate a mutare più volte evidenziando ulteriormente l’inevitabile indipendenza tra il piano della gara e quello delle tariffe.

D’altro canto, ci si trova di fronte ad operatori professionali qualificati che nello svolgimento della loro attività devono assumere il rischio imprenditoriale. Nel caso di specie, di fronte ad un bando che fissa in modo corretto un valore di rimborso, l’operatore deve valutare in base alla propria esperienza e capacità quale sarà il trattamento tariffario ed eventualmente impugnare le delibere.

Potranno ricorrere alla giurisdizione avverso le valutazioni delle stazioni appaltanti laddove non le ritenessero intrinsecamente corrette, ma non già perché (eventualmente) non riconosciute dalle tariffe. Laddove, infatti, dovessero ritenere le determinazioni tariffarie ingiuste dovranno impugnare le delibere dell’ARERA che le hanno fissate.

 

9. Il principio posto dall’art 24 del D. lgs. n 93/2011.

La sentenza, dopo aver correttamente distinto i due piani e, quindi, definito l’assenza di ricadute sulla gara delle problematiche tariffaria (così definendo l’oggetto del contendere), è comunque entrata anche nel merito concludendo che il riconoscimento tariffario del maggior importo versato non è escluso della normativa.

Va osservato che trattasi di un interessante decisione che fornisce interessanti spunti di riflessione, nondimeno, non ha un’efficacia cogente stante la non partecipazione dell’ARERA al giudizio.

In ogni caso, prima di analizzare quanto affermato nella pronuncia, appare opportuno inquadrare sinteticamente il quadro regolatorio. Il citato art. 24, co. 3 del D.lgs. n. 93 del 01/06/2011, oltre ad aver modificato il criterio di valorizzazione di cui all’art 14 comma 8 del D.lgs. n. 93 n 164/2000 ha provveduto ad introdurre un importante principio in ordine al riconoscimento tariffario degli indennizzi. In particolare, tale norma prevede che ARERA: debba riconoscere in tariffa al gestore entrante l'ammortamento della differenza tra il valore di rimborso, “come determinato dal D.M 226/2011”[10] e il valore delle immobilizzazioni nette di località (RAB).

In altri termini, quando il gestore entrante si trova a riscattare gli impianti ad importi maggiori rispetto alle sole immobilizzazioni nette di località (valore remunerato in tariffa), si trova di fronte ad una discrasia. Ebbene, la previsione in esame è volta proprio a riequilibrare a tale situazione riconoscendo la remunerazione di tale differenza.

 

10. L’interpretazione dell’art 24 del D. lgs n. 93/2011.

È pacifico che tale norma faccia riferimento ai rimborsi degli impianti relativi alle concessioni non a regime, vale a dire, a quelle regolate dall’art 15, co. 5 del D. lgs n 164/2000 che sono invece remunerate al VIR[11].

Il punto è comprendere se tale meccanismo possa essere riferito anche alla valorizzazione fatta ai sensi dell’originario art. 14 co. 8.

Il testo dell’art 24 riconosce “l'ammortamento della differenza tra la Rab ed il valore di rimborso, come determinato ai sensi del decreto di cui all'articolo 46-bis, comma 1, del decreto legge 1° ottobre 2007, n. 159”.

L’analisi letterale non consente un’immediata definizione del punto. Infatti, l’art. 46-bis non regola direttamente la materia avendo demandato il compito ad un decreto ministeriale, vale a dire, al “Regolamento criteri” di cui al d.m. 226/2011.

Detto decreto regola in modo analitico la valorizzazione degli impianti ante Letta e, in modo più sintetico, quella degli impianti “post Letta” laddove all’art. 6 dispone che: “Nei periodi successivi al primo, il rimborso al gestore uscente è valutato come previsto nell'articolo 14, comma 8, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164 e sue modificazioni”.

Il richiamo è genericamente riferito all’art. 14, co. 8 (e successive modificazioni). In linea di principio, è vero che il rimando deve intendersi come riferito alla normativa vigente al momento dell’emanazione del provvedimento “richiamante” (eventualmente, come nel caso, a quella successiva), nondimeno, vale la pena di osservare che la norma in oggetto modifica al tempo stesso il comma 8 ed introduce il principio qui in esame. Pertanto, al momento della sua emanazione, era in vigore la precedente versione del surrichiamato comma 8.

Se poi si procede ad una interpretazione logico sistematica si osserva come per le valorizzazioni effettuate con le attuali regole non è necessaria l’applicazione del meccanismo di perequazione posto che il valore d’indennizzo corrisponde alla RAB. Per contro, l’applicazione dell’originaria versione del comma 8 con il conseguente riconoscimento del “valore d’investimento” comporta (presumibili) differenze patrimoniali con la valorizzazione alla RAB. In buona sostanza, si presenta una situazione simile a quanto accade in relazione ai rimborsi ante Letta ed alla valorizzazione al VIR ai quali si applica pacificamente la perequazione.

Al riguardo, si può richiamare la sentenza del TAR Lombardia n. 2221/2015[12] che ha ben descritto la funzione della perequazione esplicitata dalla norma in esame: “Con questa disposizione, il legislatore ha voluto assicurare che il gestore entrante possa recuperare quanto effettivamente sborsato per acquisire gli impianti di proprietà del gestore uscente”.

Aggiungendo che " La norma afferma che in tariffa deve essere riconosciuta la differenza fra valore del rimborso (che corrisponde all’ammontare della somma versata al gestore uscente) ed il valore delle immobilizzazioni nette che, semplificando, corrisponde a quanto il gestore entrante già riceve in tariffa per la copertura e la remunerazione del capitale investito. (…) Ciò che rileva è, quindi, il risultato, e cioè che il gestore entrante riceva in tariffa esattamente quanto investito per l’acquisizione dei cespiti”. La sentenza fa riferimento ai rimborsi al VIR, ma il ragionamento può essere riferito anche alla fattispecie qui in esame.

Quindi, non si vede per quale ragione le due fattispecie dovrebbero essere regolate in modo diverso.

Infatti, in entrambe le ipotesi è fisiologico che il nuovo concessionario dovrà corrispondere al precedente gestore un valore superiore alla RAB che vedrà poi recuperato in tariffa proprio attraverso il meccanismo predisposto dall’art. 24, chiamato a fare da trait d’union tra i precedenti meccanismi di rimborso e l’attuale meccanismo tariffario.

Si osservi, altresì, che una siffatta regolazione presenta aspetti di contrarietà alla disciplina della concorrenza con ricadute a livello costituzionale e del diritto europeo, visto che sarebbero trattati in modo differente operatori che si trovano nella medesima situazione.    

Deve ulteriormente osservarsi che questa interpretazione consente di coniugare il legittimo affidamento del gestore uscente (riconoscendogli un valore di rimborso pari al valore dell'investimento ammortizzato) senza pregiudicare economicamente il gestore entrante.

 

11. L’idoneità a definire il valore degli impianti.

La sentenza definisce, infine, un ulteriore aspetto nascente dal rilievo del ricorrente secondo cui i valori indicati nei documenti di gara non fornissero certezze in ordine alle valorizzazioni degli impianti. Indubbiamente per gli stessi non sono previsti meccanismi di controllo come per le concessioni “ante Letta”, nondimeno, ciò dipende da una scelta del legislatore alla quale la stazione appaltante non può fare altro che adeguarsi.

Al riguardo, la pronuncia ha osservato che nel caso in esame non vi sia un’incertezza sulla quantificazione economica operata dalla stazione appaltante, in quanto il “valore dell'investimento” non è influenzato da valutazioni tecnico-discrezionali e si determina pianamente dall’ammontare degli investimenti indicato nel contratto di concessione e, nel caso di investimenti in itinere, dal valore indicato nei piani di sviluppo al netto delle quote di ammortamento risultanti dai bilanci del gestore uscente.

La sentenza conclude osservando che ai fini della formulazione di un’offerta economica ponderata è sufficiente che il bando indichi il valore di rimborso. Per verificarne la correttezza economica occorre semplicemente confrontarlo con i dati ricavabili dalla precedente concessione e dai bilanci del gestore.

 

 

Avv. Sergio Cesare Cereda partner dello Studio legale Radice&Cereda di Milano (via San Simpliciano n. 5).

 

 



[1] Nel caso di specie, è stato osservato come il “valore dell’investimento” è superiore alla RAB di circa 9.000.000 euro. 

[2] Oltre ad essere tenuto: “a subentrare nelle garanzie e nelle obbligazioni relative ai contratti di finanziamento in essere o ad estinguere queste ultime.”

[3] Al netto degli eventuali contributi pubblici a fondo perduto.

[4] Anche in questo caso è previsto l’obbligo a subentrare nelle obbligazioni.

[5] È infatti escluso l’invio ad ARERA delle valorizzazioni al VIR quando queste non abbiano rilevati differenze rispetto alla RAB.

[6] L’art. 24, comma 4, del D.lgs. 93/2011 prescrive che: “Gli enti locali che, per l'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale, alla data di entrata in vigore del presente decreto, in caso di procedura di gara aperta, abbiano pubblicato bandi di gara, o, in caso di procedura di gara ristretta, abbiano inviato anche le lettere di invito, includenti in entrambi i casi la definizione dei criteri di valutazione dell'offerta e del valore di rimborso al gestore uscente, e non siano pervenuti all'aggiudicazione dell'impresa vincitrice, possono procedere all'affidamento del servizio di distribuzione di gas naturale secondo le procedure applicabili alla data di indizione della relativa gara”

[7] In questo elaborato si utilizza il termine stazione appaltante in senso ampio considerando anche le funzioni dei singoli comuni, laddove questi sono responsabili delle valutazioni mentre l’ente delegato deve predisporre gli atti di gara.

[8] Dunque, di un valore sovente inferiore all’altro.

[9] In tale senso è sufficiente richiamare la sentenza della Corte costituzionale n. 108/2016.

[10] Ai sensi dell’art. 24, co. 3 del D. Lgs. n. 93 del 01/06/2011: “L’autorità per l’energia elettrica e il gas, limitatamente al primo periodo di esercizio delle concessioni assegnate per ambiti territoriali minimi di cui all'articolo 46-bis, comma 2, del decreto-legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, riconosce in tariffa al gestore entrante l'ammortamento della differenza tra il valore di rimborso, come determinato ai sensi del decreto di cui all'articolo 46-bis, comma 1, del decreto legge 1° ottobre 2007, n. 159, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 novembre 2007, n. 222, e il valore delle immobilizzazioni nette, al netto dei contributi pubblici in conto capitale e dei contributi privati relativi ai cespiti di località”.

[11] Tanto che comunemente si parla di “delta VIR-RAB”.

[12] Confermata dal Consiglio di Stato, sez. V, sent. n. 4198/2017.

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