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La razionalizzazione delle partecipate comunali: il modello holding
di Roberto Camporesi 24 aprile 2023
Materia: società / partecipazione pubblica

La razionalizzazione delle partecipate comunali: il modello holding    

                   Dott.Roberto Camporesi[1]

 

Indice

  1. Il fenomeno della Holding di partecipazione degli enti locali: excursus storico
  2. La Holding di partecipazione degli enti locali nel Tuspp
  3. La posizione della Corte dei Conti
  4. Holding come modello di programmazione e controllo delle partecipate
  5. Holding come modello di espressione di affidamenti in house a cascata di servizi pubblici locali e servizi strumentali: la sentenza del Consiglio di Stato
  6. Holding come modello di attivazione del controllo pubblico congiunto alternativo ai patti parasociali
  7. Holding e responsabilità da eterodirezione ex art. 2359 cod. civ.
  8. Esperienze di capogruppo/ Holding “pure”: aspetti organizzativi

 

 

  1. Il fenomeno della Holding di partecipazioni degli enti locali: excursus storico

Il fenomeno delle holding pubbliche si è diffuso già dagli anni 90, con diverse esperienze ed ha rappresentato fin da quei momenti un modello di “governance” delle partecipazioni nelle società degli enti locali.

Già nel dicembre 2004 l’Università degli Studi di Firenze - Dipartimento di Scienze Aziendali ed il Comune di Arezzo - Ufficio Controllo di Gestione Organizzazione e Partecipazioni pubblicavano (a cura di G. Bassi e S. Sottani) “Struttura e dinamica dei meccanismi di governance nel gruppo locale pubblico” ove il paragrafo 1.2  si intitolava “Evoluzione delle tipologie organizzative nei gruppi di aziende pubbliche locali: Ruolo della holding e dell’Ente locale nella governance del gruppo”.

La dottrina (Davide Di Russo in “Governo, controllo e valutazione delle società partecipate dagli enti locali”, cap.1  “Il modello organizzativo ed integrato per la governance” pag. 31 e ss Torino 2009 edizioni Map), cui ha fatto seguito in quell’epoca anche la Corte dei Conti ( Corte dei Conti sezione autonomie “Stato dei controlli della corte dei conti sugli organismi partecipati dagli enti locali” deliberazione. 13/2008), avevano canonizzato i sistemi di governo delle società partecipate fra i quali quello a mezzo società holding. I modelli di governance delle società partecipate dagli enti locali sono ora presi in considerazione dai “Principi di vigilanza e controllo dell’Organo di revisione degli Enti locali “– documento n. 10 “Controllo sugli organismi partecipati” 2019, elaborati Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili – Fondazione Nazionale Commercialisti che al paragrafo “10.3.2. Controlli sul modello di governance” afferma che “L’Organo di revisione deve valutare il modello organizzativo e il sistema di controllo interno che l’ente ha adottato per la gestione dei propri organismi partecipati.” (…) “I modelli di governance che l’ente locale può adottare possono essere di tre tipi: (i) il modello tradizionale: ogni settore dell’ente (lavori pubblici, ambiente) deve svolgere il controllo sulle società/organismi partecipati che hanno per oggetto l’attività del settore stesso; (ii) il modello dipartimentale: all’interno dell’ente è istituito un ufficio per il controllo delle società/organismi partecipati, ossia una Unità organizzativa preposta a creare e mantenere un collegamento stabile tra l’ente e gli organismi partecipati; l’Unità di controllo svolge un ruolo di supporto per gli organi amministrativi nella definizione degli obiettivi strategici e, al tempo stesso, funge da riferimento costante per le società e gli organismi in fase di implementazione degli obiettivi individuati dall’ente; (iii) il modello holding: l’ente costituisce una società che ha ad oggetto il controllo di tutte le società avendo anche la proprietà delle partecipazioni. Questo modello deve essere applicato esclusivamente agli enti di grandi dimensioni.”

Inoltre il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili è intervenuto sull’argomento con un primo studio del maggio 2010 denominato “Costituzione della holding” elaborato dalle commissioni dell’area Enti Pubblici “Servizi pubblici” e “Governance delle partecipate”, cui ha fatto seguito un ulteriore studio dell’aprile del 2011, che rappresenta un aggiornamento ed un approfondimento del precedente, che è denominato “holding degli Enti Locali, attività finanziaria e modelli di governance” che ha statuito che il ruolo, ovvero la “mission”, della holding comunale deve essere, in ogni caso, orientato al perseguimento degli obiettivi di interesse pubblico di cui è portatore l’Ente Locale e quindi in prima battuta essa è quella di essere un mezzo: (i) – per attuare un’azione amministrativa coordinata ed unitaria (amministrazione delle partecipazioni); (ii) per organizzare le partecipate comunali in modo efficiente, efficace ed economico; in modo più diretto: “Si tratta di un mezzo di governo e soprattutto un sistema complesso per l’amministrazione delle partecipate, vale a dire, in buona sostanza, per l’esercizio dei diritti di socio.”.

La natura della holding, negli studi citati del CNDCEC come modello di governance delle partecipate, è in re ipsa, in quanto società ontologicamente rivolta alla assunzione e gestione delle partecipate dell’Ente Locale per potere attuare il proprio oggetto sociale e di cui si dirà ampiamente infra. Infatti gli studi elaborati dal CNDCEC contengono i seguenti principi generali cui attenersi nell’interpretazione della mission della Holding comunale: (i) deve essere il prodotto di un processo per l’implementazione di un modello di governance delle partecipate; (ii) svolge un’attività strumentale per il raggiungimento dei fini istituzionali dell’Ente Locale ed in ragione di tale sua natura è società legittimamente detenibile dall’Ente Locale ai sensi dell’art. 3 comma 27 e ss. della Legge Finanziaria 2008 (disciplina vigente all’epoca dello studio). Su tali aspetti si rinvia a atti tavola rotonda: Le partecipate degli enti locali tra pubblica amministrazione e mercato documento per la discussione”, Firenze 4-5 novembre 2011 – a cura del CNDCEC.

 

  1. La holding di partecipazione nel Tuspp

La disciplina della società a partecipazione pubblica affronta direttamente l’argomento dal 29/09/2016 data di entrata in vigore del Tuspp (Testo unico in materia di società partecipazione pubblica - d.lgs. n. 175/2016), che ha come oggetto “la costituzione di società da parte di amministrazioni pubbliche, nonché l’acquisto, il mantenimento e la gestione di partecipazioni da parte di tali amministrazioni, in società a totale o parziale partecipazione pubblica, diretta o indiretta” (art. 1).

Va quindi osservato che il quadro normativo che è stato previsto dal Tuspp, rilevando in via preliminare che esso discende dall’attuazione della legge delega, nota come legge Madia.[2]

Dall’art. 18 e 16 della Legge Madia risulta la volontà del legislatore della delega di non introdurre nuovi regimi giuridici o nuovi istituti nella disciplina delle società a partecipazione pubblica, e con ciò consentendo all’interprete di potere utilizzare i canoni già noti nella previgente legislazione (ovvero posizioni consolidatesi in sentenze della Cassazione) e ciò quantomeno per quegli istituti più importanti e per quanto non diversamente stabilito dal Tuspp.

Nell’ambito del Tuspp, viene innanzitutto in rilievo l’art. 4, rubricato “Finalità perseguibili mediante l’acquisizione e la gestione delle partecipazioni pubbliche”. La disposizione individua limitazioni alla facoltà delle pubbliche amministrazioni di costituire nuove società e/o acquisire/mantenere partecipazioni in quelle esistenti, prevedendo: (i) un vincolo di scopo, rappresentato dalle limitazioni alla facoltà delle amministrazioni pubbliche di costituire e mantenere, direttamente o indirettamente, partecipazioni, in società private, che abbiano per oggetto attività di produzione di beni e servizi non strettamente necessarie al perseguimento delle proprie finalità istituzionali, nonché (ii) un vincolo di attività, per tale intendendosi la possibilità per le pubbliche amministrazioni di detenere, direttamente o indirettamente, le sole partecipazioni in società che svolgono in via esclusiva una delle attività, non soltanto strettamente necessarie per il perseguimento dei fini istituzionali del socio pubblico, ma anche espressamente e tassativamente elencate nel comma 2 della stessa disposizione.

Va tenuto presente, in quanto funzionale all’identificazione del perimetro societario, che il Tuspp qualifica come partecipazione indiretta “la partecipazione in una società detenuta da un'amministrazione pubblica per il tramite di società o altri organismi soggetti a controllo da parte della medesima amministrazione pubblica” (art. 2, co. 1, lett. g)). Vengono in rilievo, quindi, le società a controllo pubblico, per mezzo delle quali le amministrazioni detengono le partecipazioni indirette, definite dallo stesso Tuspp come “le società in cui una o più amministrazioni pubbliche esercitano poteri di controllo ai sensi della lettera b)” (art. 2, co. 1, lett. m)).

A sua volta, l’art. 2, co. 1, lett. b) del Tuspp per controllo intende “la situazione descritta nell'articolo 2359 del Codice civile. Il controllo può sussistere anche quando, in applicazione di norme di legge o statutarie o di patti parasociali, per le decisioni finanziarie e gestionali strategiche relative all'attività sociale è richiesto il consenso unanime di tutte le parti che condividono il controllo”.

In sintesi, il Tuspp:

- si applica alle partecipazioni dirette e indirette di pubbliche amministrazioni;

- le partecipazioni indirette delle pubbliche amministrazioni rilevanti per il Tuspp sono quelle detenute per il tramite di società in controllo pubblico.

 

  1. La posizione della Corte dei conti

Negli anni si è poi registrata una serie di interpretazioni della Corte dei Conti”.[3]

La Corte dei Conti sezione autonomie, nella relazione annuale del 2014, sullo stato delle società partecipate affermava: ”Particolarmente adatta agli enti di grandi dimensioni, centrali rispetto a reti di società “satellite”, potrebbe essere la creazione di un apposito organismo societario, totalmente partecipato dall’ente locale, che opera come holding titolare delle partecipazioni in precedenza detenute dall’ente, il quale coadiuva e fornisce servizi a tutte le aziende del gruppo e supporta gli organi politici nelle decisioni strategiche. Tale modello ingenera perplessità nella misura in cui non soddisfa completamente l’esigenza di governance delle esternalizzazioni, quanto meno con riferimento ai servizi gestiti da soggetti non partecipati, e qualifica la holding come asse portante delle decisioni politiche, che invece dovrebbero rimanere in capo all’ente.”

Ed anche nella relazione annuale per il 2015 la sezione autonomie della Corte dei Conti dedica uno specifico paragrafo alle “società a partecipazione indiretta e modello holding” prevedendo alcune cautele nel loro utilizzo soprattutto per evitare che si deresponsabilizzino gli enti locali dalle attività di controllo delle partecipate le cui strutture interne sono invece obbligate ad attuare per effetto delle disposizioni contenute nell’art. 147 quater del Tuel.

Recentemente la Corte dei conti, Sezione Toscana, si esprime in merito alla costituzione e all’utilizzo della società holding di partecipazioni con la Delibera n. 49/2023/PASP, avente ad oggetto l’espressione del parere previsto dall’art. 5 del Tuspp.

Interessanti le conclusioni della Corte Toscana che ha affermato:

Per quanto riguarda il perseguimento delle finalità istituzionali, l’utilizzo del modello societario holding appare rientrare tra tali finalità essendo uno strumento, come ricordato dal Comune di Larciano, ampiamente utilizzato dalle amministrazioni locali nella gestione delle proprie partecipazioni.

Inoltre, se ne ha espressa conferma dal comma 5 dell’art. 4 laddove, nel disporre il generale divieto per le società di cui al comma 2, lettera d) (ossia società di autoproduzione di beni o servizi strumentali all'ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni) controllate da enti locali, di costituire nuove società e di acquisire nuove partecipazioni in società, ne ammette la possibilità per le sole società che abbiano quale oggetto sociale esclusivo la gestione delle partecipazioni societarie di enti locali.

La circostanza che il ricorso al modello societario della holding sia astrattamente ammesso dall’ordinamento, non fa in ogni caso venir meno l’onere in capo all’Amministrazione di adeguatamente motivare circa la correlazione – nel caso concreto - tra costituzione/partecipazione alla holding ed il fine da perseguire.

La Holding è la società a cui vengono conferite tutte le partecipazioni (dell’ente locale nel caso di specie) in società che gestiscono servizi di rilevanza economico imprenditoriale. Tale modello realizza una maggiore specializzazione di funzioni economiche svolte, accorpando in capo alla Holding l’attività di direzione strategica unitaria e di coordinamento delle dinamiche economiche finanziarie di gruppo. In altri termini, la società Holding, o capogruppo, è caratterizzata dal fatto che le partecipazioni sono assunte al fine di dirigere e coordinare l’attività delle società partecipate. Il gruppo è un’aggregazione di imprese formalmente autonome ed indipendenti l’una dall’altra, ma assoggettate tutte ad una direzione unitaria. Tutte sono infatti sotto l’influenza della Holding, che direttamente o indirettamente le controlla, le coordina e le dirige secondo un disegno unitario.”

Anche la Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna, nell’ambito dell’esame della ricognizione delle partecipazioni societarie detenute dagli enti locali ha affrontato, su piani diversi, il fenomeno della holding.

Con la Deliberazioni n. 9/2021/VSGO ha rilevato che la che “Gestione centralizzata della liquidità nel gruppo della holding tramite il sistema del cash pooling non è incoerente con la disciplina di razionalizzazione, poiché tale sistema consente di evitare il ricorso a finanziamenti a breve termine (più onerosi), di ottenere economie consistenti nonché di realizzare una progressiva riduzione dell’indebitamento.” Con la Deliberazione n. 66/2021/VSGO ha precisato che “La natura omogenea degli enti partecipanti alla società - costituiti da enti locali o da holding controllate da enti locali o, in un caso, da una società comunque pubblica - e, conseguentemente, delle loro esigenze, configura di per sé l’esistenza dei presupposti dell’assoggettabilità della società, in quanto interamente pubblica, al regime configurato dal Tusp (cfr., per esempio, artt. 6, 11, 19 25). Invero, anche la partecipazione minoritaria di un socio privato non escluderebbe in radice il conseguimento del c.d. fine pubblico di impresa in presenza di interessi con quest’ultimo non coincidenti” (Cfr. Corte conti, Sez. reg. contr., delib. n.106/2020/VSGO)”, toccando il tema del controllo pubblico congiunto. Con la Deliberazione n. 137/2021/VSGO ha legittimato la holding confermando che: “La società holding trova previsione, quale forma di attività strumentale dell’ente locale nell’art. 4, comma 2, lett. d), del Tusp (Cfr. Corte conti, Sez. aut., delib. n.15/SEZAUT/2021/FRG) “.  Con la Deliberazione n. 165/2022/VSGO ha precisato che: “ Il divieto di acquisire partecipazioni in altre società, attualmente previsto per le società strumentali dall’art. 4, comma 5, del Tusp, deve essere inteso come rivolto alle società meramente strumentali ovverossia che svolgono attività strumentale in via esclusiva non solo da un punto di vista soggettivo in quanto attività rivolta esclusivamente all’ente controllante ma altresì da un punto di vista oggettivo in quanto esclusiva attività – quella (nella specie) strumentale de qua - rientrante nell’oggetto sociale della società”. Ne consegue quindi che il divieto di costituire o acquisire partecipazioni riguarda le società strumentali, sia sotto il profilo soggettivo (perché svolgono esclusivamente le loro attività verso l’ente locale committente) sia sotto il profilo oggettivo (perché nel loro oggetto sociale è previsto esclusivamente tale attività verso i soci). Al contrario le società che, da un un lato, non sono strumentali o che dall’altro lato non hanno nell’oggetto l’attività strumentale esclusivamente rivolta verso l’ente non hanno tali vincoli.

 

  1. Holding come modello di programmazione e controllo delle partecipate

Si è già ricordato come il Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili intervenendo sull’argomento ha precisato che si tratta di uno strumento per l’ente locale che detiene partecipazioni in altre società per il tramite della holding, per l’applicazione dell’art. 147 e 147 quater del Tuel, nonché dell’art. 19 comma 5 del Tuspp.

 

  1. Holding come modello di espressione di affidamenti in house a cascata di servizi pubblici locali e servizi strumentali.

Per quanto riguarda la disciplina delle società a controllo pubblico titolari di affidamenti diretti di contratti pubblici, viene richiamata espressamente l’art. 12 paragrafo 3 della Direttiva 2014/24/UE che, come noto prevede: “Un’amministrazione aggiudicatrice che non eserciti su una persona giuridica di diritto privato o pubblico un controllo ai sensi del paragrafo 1 può nondimeno aggiudicare un appalto pubblico a tale persona giuridica senza applicare la presente direttiva quando sono soddisfatte tutte le seguenti condizioni:

a)        l’amministrazione aggiudicatrice esercita congiuntamente con altre amministrazioni aggiudicatrici un controllo sulla persona giuridica di cui trattasi analogo a quello da esse esercitato sui propri servizi;

b)        oltre l’80 % delle attività di tale persona giuridica sono effettuate nello svolgimento dei compiti ad essa affidati dalle amministrazioni aggiudicatrici controllanti o da altre persone giuridiche controllate dalle amministrazioni aggiudicatrici di cui trattasi; (….).”

Trattasi del modello dell’in house a cascata che rappresenta la perfetta legittimazione dell’affidamento in house tramite una holding giacché si tratta dell’ipotesi in cui l’amministrazione ‘A’ esercita un controllo analogo sull’amministrazione ‘B’, la quale esercita a propria volta un controllo analogo sull’organismo in house ‘C’: in tali ipotesi viene ammesso l’affidamento diretto da parte dell’amministrazione ‘A’ in favore dell’organismo in house ‘C’, anche se – dal punto di vista solo formale – non sussiste una relazione diretta fra le due entità in parola (cfr art. 16 TU).

Il Testo Unico rende esplicita, pertanto, la nozione (di derivazione comunitaria) di controllo analogo sia per le società a partecipazione pubblica unipersonale, che per le società a partecipazione pluripersonale, ove (tutte) le Amministrazioni Pubbliche partecipanti sono in grado di esercitare congiuntamente un'influenza determinante sugli obiettivi strategici e sulle decisioni significative della società controllata”.

In coincidenza con una controversia portata avanti al Consiglio di Stato[4] e riguardante l’affidamento  in house a cascata della gestione di farmacie comunali,  il Giudice adito ha anche confermato che: “A differenza di quanto dedotto dall’appellante, non può sostenersi, sulla base dell’art. 4 del Tuspp, la sussistenza di un divieto per il Comune (….) di partecipare ad una Holding: dall’art. 4 comma 5 del Tuspp si ricava, per converso, che la holding, purché abbia oggetto sociale esclusivo della gestione delle partecipazioni societarie di enti locali, possa acquisire (e mantenere) partecipazioni in altre società. La norma citata rimuove l’unico limite che era innanzi previsto, ossia quello riferibile alle società dei servizi c.d. strumentali oggi menzionate al comma 2, lett. d) del Tuspp.”[5].

 

  1. Holding come modello di attivazione del controllo pubblico congiunto alternativo ai patti parasociali

Così come sovente accade nelle operazioni di merger & acquisition, anche nel caso esaminato dalla Corte dei Conti Toscana la holding è stata utilizzata in luogo dei patti parasociali come forma di concertazione delle volontà dei soci (o di una parte di soci) che non potevano essere disciplinati nello statuto e neppure dai patti parasociali a causa della loro limitata durata – anni 5 - prevista per legge dal disposto dell’art. 2341 bis del codice civile: termine derogabile per i patti previsti dai soci di società in house o miste pubbliche private per quanto espressamente previsto dal Tuspp.

La soluzione della holding come modello di formalizzazione delle volontà dei soci è sicuramente una modalità da perseguire nel caso in cui si renda necessario dare conto del controllo pubblico, alternativo al patto parasociale. Si tratterebbe quindi di possibile risoluzione di una questione - il controllo pubblico – che tutt’ora ancora all’ordine del giorno.

  1. Holding e responsabilità da eterodirezione ex art. 2359 cod. civ.

Si deve osservare come il modello presenta caratteristiche che possono renderlo particolarmente utile anche alla luce della seguente riflessione desunta dalla sentenza del Tribunale di Napoli.

Il Tribunale di Napoli consolida un nuovo filone interpretativo sulle responsabilità da abuso da eterodirezione ex art. 2497 cod. civ. per fatti riconducibili al socio ente locale. L’elemento interpretativo riguarda la rilevanza della natura, non tanto del socio - ente pubblico locale – che certamente è ricompreso fra i soggetti passibile di tale responsabilità (la norma individua gli agenti “[nel]le società e gli enti”) ma bensì nella natura delle società partecipate dall’ente locale.  La parte motiva della sentenza rimanda ad un risalente studio del CNDCEC che nel 2010 analizzando il fenomeno delle holding di partecipazione pubblica che precisava che nel caso della costituzione di una società holding sembra plausibile l’applicazione dell’art. 2497 cod. civ. in capo alla società holding, mentre non sembra applicabile, secondo la novella interpretazione – si veda infra – in capo all’ente locale che detiene unicamente la partecipazione in una società (la holding) che svolge per suo conto un’attività meramente strumentale né per finalità economiche che di natura finanziaria.

La motivazione della sentenza giunge a concludere che non è imputabile di responsabilità patrimoniale il socio pubblica amministrazione per abuso di posizione dominante ex art. 2497 cod. civ. quando la società partecipata è una società c.d. strumentale che non svolge dunque un’attività all’esterno ma unicamente verso il socio pubblico committente in house. Il principio esposto nasce dalla lettura dell’art. 19 del D.L. 1/07/2009 n. 78 (“provvedimento anticrisi”), che ha disposto una interpretazione autentica dell’art. 2497 del Codice civile, in base al quale:

<< L’articolo 2497, primo comma del codice civile si interpreta nel senso che gli enti si intendono i soggetti giuridici collettivi, diversi dallo Stato, che detengono la partecipazione sociale nell’ambito della propria attività imprenditoriale ovvero per finalità di natura economico finanziaria >>.

La natura strumentale della holding, negli studi citati del CNDCEC come modello di governance delle partecipate, è in re ipsa, in quanto società ontologicamente rivolta alla assunzione e gestione delle partecipate dell’Ente Locale per potere attuare il proprio oggetto sociale e di cui si dirà ampiamente infra. Infatti gli studi elaborati dal CNDCEC contengono i seguenti principi generali cui attenersi nell’interpretazione della mission della Holding comunale: (i) deve essere il prodotto di un processo per l’implementazione di un modello di governance delle partecipate; (ii) svolge un’attività strumentale per il raggiungimento dei fini istituzionali dell’Ente Locale ed in ragione di tale sua natura è società legittimamente detenibile dall’Ente Locale ai sensi dell’art. 3 comma 27 e ss. della Legge Finanziaria 2008.  Su tali aspetti si rinvia a atti tavola rotonda: “Le partecipate degli enti locali tra pubblica amministrazione e mercato documento per la discussione”, Firenze 4-5 novembre 2011 – a cura del CNDCEC.

Si deve quindi dedurre, sulla base della sentenza del Giudice Campano, che la holding, ricade nelle società strumentali e che per evidenza assenza di attività di impresa non può ingenerare responsabilità da abuso di eterodirezione - in capo all’ente locale socio e conferente le proprie azioni nella predetta holding.[6]

 

  1. Esperienze di capogruppo/ Holding “pure”: aspetti organizzativi

Riprendendo, lo studio di Re open – Invitalia “Il controllo analogo nelle società in house - linee guida” del dicembre 2020[7] emerge che “l’esercizio del controllo analogo anche in via indiretta tramite un modulo riconducibile, nella prassi, al modello holding, ove l’affidamento diretto di contratti pubblici avviene per mano della società in holding in cui confluisce la partecipazione dell’ente pubblico affidante” e che “ L’affidamento in house mediante modello holding si concretizza in due forme tipiche: 1. Holding pura/finanziaria: trattasi di holding strumentale, ovvero di uno strumento di governance della società di servizi in cui la gestione delle partecipazioni azionarie è affidata ad una società di primo livello che incorpora la società di gestione dei servizi pubblici; 2. Holding operativa/mista: trattasi di holding che svolge anche attività di produzione e scambio di servizi”.

Si riportano di seguito esperienze realizzate nel contesto romagnolo di sistemi di governance con società capogruppo[8]

Il modello forlivese:

La holding plurienti si caratterizza da un convenzione stipulata fra tutti gli enti pubblici soci della Holding per la definizione dei livelli del controllo analogo congiunto (o frazionato) e da poteri di governance previsti dallo statuto che consentono di recepire le decisioni assunte congiuntamente fra i soci in un organismo disciplinato dalla suddetta convezione (coordinamento dei soci) che opera come diretta rappresentanza dei sindaci senza alcun onere in capo alla società o agli enti, essendo una rappresentanza gratuita. Ciò consente inoltre di garantire che l’organo amministrativo della holding venga nominato direttamente come espressione dei sindaci degli enti rappresentati in tale organo di coordinamento.

Per il tramite della holding gli enti locali soci possono operare con affidamenti diretti di servizi espletati dalle società controllate dalla holding, le quali possono attuare sinergie ed economie di scala, garantendo la separazione societaria fra gestione di servizi pubblici locali da quella per la gestione di servizi di natura strumentale, necessari per il perseguimento dei fini istituzionali dell’ente,  come dispone la nota sentenza della Corte Costituzionale n. 326/2008 avente ad oggetto l’art. 13 del D.L. 223/2006 (c.d. decreto Bersani). La scelta della separazione societaria non appare più un obbligo, atteso che l’art. 6 del nuovo testo unico la sostituisce con la separazione societaria, ma motivi organizzativi suggeriscono di mantenere tale distinzione. Lo statuto della società capogruppo prevede che essa possa partecipare alle società che rispondono ai requisiti di cui all’art. 3 comma 27 e ss della legge finanziaria del 2008 secondo quanto stabilito dai rispettivi consigli dei comuni soci.

La governance delle società controllate in house prevede che il presidente del consiglio di amministrazione sia la persona giuridica del socio (la holding) al fine di attuare una perfetta simmetria fra organo amministrativo della holding e quello delle società in house di modo che siano anche l’esito della scelta della stessa rappresentanza politica. Si attua una forte responsabilizzazione politica nelle scelte gestionali.

Un nuovo modello organizzativo per la gestione del territorio. Si consideri in questa sede il fatto che i comuni soci della Holding aderiscono anche alla unione dei comuni del medesimo territorio e si è quindi definito uno specifico nuovo modello di governance del territorio: la unione dei comuni decide in relazione alle funzioni delegategli dai comuni ed opera avendo a riguardo i servizi privi di rilevanza economica; la holding opera invece come luogo delle decisioni e delle azioni che riguardano i servizi pubblici locali a rilevanza economica.

Diverso ma con alcuni tratti comuni il modello della Holding di Ravenna.

La Società ha per oggetto prevalente, sin dalla sua costituzione (2005), l’assunzione di partecipazioni in società ed il loro coordinamento tecnico e finanziario con lo scopo particolare di assicurare compattezza e continuità nella gestione delle società partecipate dal Comune di Ravenna, esercitando quindi funzioni d’indirizzo strategico e di coordinamento sia dell’assetto organizzativo, sia delle attività esercitate dalle società partecipate (holding pura mono-partecipata). Il percorso di razionalizzazione delle partecipazioni del Comune di Ravenna, nel più ampio processo su scala romagnola, e l’ingresso nella compagine societaria prima dei Comuni di Cervia e Faenza (2011), poi della Provincia di Ravenna e del Comune di Russi (2015), hanno innovato significativamente la struttura e la governance della Società, ampliandone la sfera di azione (holding pluripartecipata). Le operazioni straordinarie avvenute a partire dal 2011 hanno profondamente modificato la struttura patrimoniale (con la fusione per incorporazione di due società dotate di ingente patrimonio immobiliare in particolare relativamente a reti idriche) ed economica rispetto alla sua costituzione (Holding c.d. mista). Il modello di governance con controllo “plurienti” è incardinato su uno Statuto e una convenzione ex art. 30 particolarmente strutturati per garantire un ruolo di assoluta centralità all’Assemblea, all’interno della quale i soci sono chiamati ad esprimere le scelte fondamentali in materie che vanno oltre le tradizionali competenze assegnate all’organo, e l’autorizzazione preventiva degli atti più rilevanti, fermo il rispetto dell’art. 2364 del Codice civile.

La strategia attuata ha comportato una semplificazione societaria e rilevanti economie per il gruppo, incrementato le funzioni svolte direttamente dalla società holding (gestione patrimoniale attività ampliate di service alle controllate) con un rafforzamento del presidio di Ravenna Holding sulle attività e sui risultati delle società partecipate, anche attraverso il consolidamento di un’appropriata struttura organizzativa, stabile e articolata (relativamente «pesante» ma costituita con distacchi e mobilità di personale già presente all’interno del gruppo) in grado di fungere da braccio operativo per i soci. È stata realizzata la centralizzazione oltre che nei “tradizionali” settori amministrativi e finanziari, dei servizi relativi ai sistemi informativi, al controllo di gestione, agli affari societari e giuridici, ai contratti, alla gestione del personale, con un forte effetto indotto di rafforzamento della funzione di direzione e coordinamento.

Il processo attuato ha consentito di definire aree di risparmio ed efficientamento per Ravenna Holding e le società da essa controllate, con una migliore gestione delle attività, e significative riduzioni dei costi gestionali complessivi.

Aspetti Organizzativi

Un sistema per la programmazione e controllo della governance delle partecipate degli enti locali. La holding rappresenta un efficace sistema di attuazione delle disposizioni di cui all’art. 147 quater del codice civile in quanto:

-          opera con meccanismi di governance attuati con il controllo analogo e pertanto l’ente locale non perde proprie prerogative per effetto dell’allungamento della catena di comando ma, il caso del modello romagnolo forlivese ne è un esempio, ne perfeziona le modalità di attuazione;

-          provvede a elaborazioni a supporto dell’ente locale, che risulta quindi agevolato nell’esercizio di un dovere/potere che rimane di esclusiva competenza delle strutture interne di quest’ultimo: si pensi al bilancio consolidato, il controllo accentrato della finanza di gruppo, l’accentramento nella holding delle funzioni di staff delle controllate.

La presenza di una capogruppo potrà consentire un approccio più efficace per integrare gli strumenti di governo societario con i nuovi adempimenti, come previsti dall’art. 6 del TU, che se appaiono ispirati a corretti principi di governance societaria, rappresentano altresì sfide importanti, in particolare per le realtà di non grandi dimensioni, e richiedono professionalità specifiche non sempre disponibili. L’articolo 6 individua infatti i seguenti strumenti:

a)      regolamenti interni volti a garantire la conformità dell’attività della società alle norme di tutela della concorrenza, comprese quelle in materia di concorrenza sleale, nonché alle norme di tutela della proprietà industriale o intellettuale;

b)      un ufficio di controllo interno strutturato secondo criteri di adeguatezza rispetto alla dimensione e alla complessità dell’impresa sociale, che collabora con l’organo di controllo statutario, riscontrando tempestivamente le richieste da questo provenienti, e trasmette periodicamente all’organo di controllo statutario relazioni sulla regolarità e l’efficienza della gestione;

c)      codici di condotta propri, o adesione a codici di condotta collettivi aventi ad oggetto la disciplina dei comportamenti imprenditoriali nei confronti di consumatori, utenti, dipendenti e collaboratori, nonché altri portatori di legittimi interessi coinvolti nell’attività della società;

d)      programmi di responsabilità sociale d’impresa, in conformità alle raccomandazioni della Commissione dell’Unione europea.

Appare evidente il ruolo fondamentale che una società capogruppo può esercitare.

La capogruppo garantisce unità di azione e di applicazione nelle partecipate anche in tema di compliance relativamente a diverse normative specifiche e vincoli operativi. Si pensi ad aspetti quali le nomine e i compensi degli amministratori delle partecipate, alla gestione del personale, alla gestione degli appalti, e si pensi su tutti all’applicazione dei modelli organizzativi ex D.lgs. 231/2001 e ai processi di gestione del rischio anti corruzione ex lege 190/2012.

In tale ambito, la capogruppo può garantire supporto e coordinamento per una applicazione coerente e coordinata delle norme e delle determinazioni ANAC (funzione fondamentale in particolare a favore delle società di ridotte dimensioni). Può inoltre garantire la verifica sulla effettiva adozione dei piani da parte delle società, sull'efficacia dei sistemi di prevenzione adottati e sulla attuazione delle misure previste, oltre che coordinare il rapporto con i responsabili anticorruzione – trasparenza degli enti soci.

Il Testo Unico prevede anche un meccanismo di verifica annuale del sistema delle partecipate (art. 20-razionalizzazione periodica delle partecipazioni pubbliche) e una (ulteriore) verifica straordinaria (art. 25-revisione straordinaria delle partecipazioni) sulla base dei limiti alla detenibilità delle partecipazioni (art. 4) e di una serie ulteriore di vincoli (art. 20).

Si propone in tale contesto una duplice riflessione relativa al mantenimento/potenziamento della holding in una logica di razionalizzazione, e relativa al ruolo di supporto tecnico della holding per la redazione (efficace e tempestiva) del piano, la sua attuazione, il monitoraggio. Infatti, la holding può garantire in modo efficace il perseguimento degli obiettivi dei piani di razionalizzazione, e risultare un supporto fondamentale per gli enti in attività tecniche quali la redazione della relazione tecnica ex articolo 20 e dei piani economico/finanziari delle società partecipate.

Quasi tutte le azioni di razionalizzazione individuate dall’art. 20 comma 4 del TU possono trarre beneficio da un ruolo operativo e di coordinamento della holding (anche in termini di monitoraggio), a partire dalla necessità di contenimento dei costi di funzionamento, e dalla necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite da parte dell’ente locale ai sensi del TU.

 

 

 

 



[1] Dottore commercialista, Revisore legale dei conti, partner Studio BP Rimini Bologna, componente commissione Società Pubbliche del CNDCEC e coordinatore gruppo di lavoro Società pubbliche - Servizi pubblici ANCREL.

[2] G. Morbidelli: “Introduzione al Codice delle società a partecipazione pubblica” a cura di G. Morbidelli - Giuffré Editore Milano 2018: “Tale “sistema” non poteva non essere oggetto della c.d. legge Madia, deputata a “riorganizzare” le amministrazioni pubbliche: sia perché le società a partecipazione pubblica rifluiscono sull’amministrazione pubblica di cui costituiscono strumento (ed infatti la relativa disciplina è stata considerata dalla Corte costituzionale nella sent. 23 luglio 2013 n. 229, come attinente ai profili organizzativi concernenti l’ordinamento degli enti locali ex art. 117, comma 2, lett. p, Cost.), sia perché possono essere titolari di funzioni amministrative, sia infine perché sono legate da plurimi rapporti organizzativi con le amministrazioni azioniste, sicché la loro riorganizzazione significa anche ridisegnare le funzioni e la stessa capacità degli enti pubblici soci. A tal fine la legge delega detta dieci principi e criteri direttivi cui si aggiungono sette criteri specifici per le società partecipate degli enti locali. A tutto ciò si aggiungono i criteri generali per tutte le deleghe di semplificazione, stabiliti dall’art. 16, tra cui elaborazione di un testo unico; coordinamento formale e sostanziale del testo delle disposizioni legislative vigenti apportando le modifiche strettamente necessarie per garantire la coerenza giuridica, logica e sistematica della normativa e per adeguare, aggiornare e semplificare il linguaggio normativo; risoluzione delle antinomie in base ai principi dell’ordinamento e alle discipline generali regolatrici della materia; estesa e ottimale utilizzazione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, anche nei rapporti con i destinatari dell’azione amministrativa.”

[3] Corte dei conti, sez. aut., con la deliberazione n. 13/AUT/2008 del 18 settembre 2008.  “….. particolarmente adatta agli enti di grandi dimensioni, centrali rispetto a reti di società "satellite", potrebbe essere la creazione di un apposito organismo societario, totalmente partecipato dall'ente locale che opera come holding delle partecipazioni precedentemente detenute dall'ente, il quale coadiuva e fornisce servizi a tutte le aziende del gruppo e supporta gli organi politici nelle decisioni strategiche”

Corte dei conti, sez. regionale di controllo per la Regione Campania, 24/4/2015 n. 143 “….si desume che l’oggetto sociale della holding deve rispettare i limiti predefiniti dalla delibera adottata dall’ente locale …. e, dunque, la holding non potrà che detenere partecipazioni che non siano in contrasto con le previsioni dell’ente……..necessarie alle finalità istituzionali dell’ente o di interesse generale……..Da tale esegesi deriva la necessità, attraverso le disposizioni dell’oggetto sociale della holding, di realizzare un sistema di controllo dell’attività delle società partecipate di “secondo livello” o di “terzo grado”, in conformità, tra l’altro, a quanto recentemente previsto, in modo espresso, dall’art. 147-quater TUEL

 

[4] Cons. Stato sezione terza, del 30/01/2020 n. 1564

[5] Per un commento si veda R. Camporesi: “Società in house a cascata (tramite holding) per la gestione di farmacia comunale” www.dirittodeiservizipubblici.it

[6] Cfr. La responsabilità ex art. 2497 cod. civ dell’ente locale socio.: non sussiste per le partecipate c.d. strumentali -

Nota sentenza Trib. Napoli sez. specializzata in materia di impresa del 13/09/2022 di G. Boldrini, R. Camporesi in NT & Enti Locali del 21/10/2022 ed. Il sole 24 ore.

[7] Re open: “4.1 NORMATIVA DI RIFERIMENTO - L’art. 5, 2° comma, ultimo periodo del D.lgs. 50/2016 prevede che il controllo analogo possa essere esercitato anche da una persona giuridica diversa, a sua volta controllata allo stesso modo dall’amministrazione partecipante. La norma legittima, pertanto, l’esercizio del controllo analogo anche in via indiretta tramite un modulo riconducibile, nella prassi, al modello holding, ove l’affidamento diretto di contratti pubblici avviene per mano della società in holding in cui confluisce la partecipazione dell’ente pubblico affidante. In buona sostanza, l’Amministrazione esercita il controllo analogo sulla società holding la quale, a sua volta, esercita il controllo analogo sulla società affidataria del contratto pubblico. Il controllo analogo indiretto contraddistingue pertanto la tipologia di società in house a cascata: nel modello holding, infatti, il socio della società in house è la holding e non direttamente l’ente locale. L’articolazione dell’intera governance (dell’ente pubblico socio – della holding – della società controllata e affidataria) deve garantire il soddisfacimento del controllo analogo, quindi: • Dal punto di vista funzionale, la holding diventa l’elemento essenziale per distribuire l’articolazione della governance tra le varie azioni in modo tale da consentire agli enti pubblici partecipanti di esercitare il controllo analogo; • Dal punto di vista strutturale, lo statuto della holding deve riportare tutti gli elementi essenziale e i requisiti della società in house. 4. 2 CLASSIFICAZIONI DEL CONTROLLO ANALOGO INDIRETTO - L’affidamento in house mediante modello holding si concretizza in due forme tipiche: 1. Holding pura/finanziaria: trattasi di holding strumentale, ovvero di uno strumento di governance della società di servizi in cui la gestione delle partecipazioni azionarie è affidata ad una società di primo livello che incorpora la società di gestione dei servizi pubblici; 2. Holding operativa/mista: trattasi di holding che svolge anche attività di produzione e scambio di servizi. Nel primo caso l’oggetto sociale della holding consiste nella assunzione di partecipazioni in società con la prerogativa di esercitare funzioni di indirizzo strategico e di coordinamento dell’assetto organizzativo e delle attività esercitate dalle società partecipate dalla holding. Concretamente la governance della holding si realizza tramite una simmetria interna tra il suo organo amministrativo e quello dell’in house controllata.

[8] Tratto con alcuni aggiornamenti da “Holding Comunali aspetti organizzativi del sistema di governance delle società partecipate dagli enti locali alla luce del Nuovo Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica” - di Roberto Camporesi - Carlo Pezzi in www. dirittodeiservizipubblici.it - 2016

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