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LEGITTIMO IL RICONOSCIMENTO DEL DEBITO FUORI BILANCIO PER CONTRATTO NULLO (MA SENZA EFFETTO SANANTE)
di Michele Nico 11 settembre 2023
Materia: enti locali / attività

 

Il riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio in base all’articolo 194, primo comma, lettera e), del Tuel per l’acquisizione irregolare di beni e servizi è possibile, senza effetti sananti, anche nell’ipotesi di nullità del contratto, a condizione che sussistano i presupposti di legge dell’utilità e arricchimento per l’ente, nonché dell’inerenza all’espletamento di pubbliche funzioni, da accertarsi a cura della Pa sulla base di accurata istruttoria e analitica motivazione, soprattutto là dove il vizio di validità e di efficacia del negozio giuridico risulti connesso all’illiceità della causa o dell’oggetto.

Lo ha affermato la Corte dei Conti, Sezione di controllo per la Sicilia, con la delibera n. 178/2023/PAR.

Il caso

La pronuncia della Sezione è frutto del quesito posto da un Comune per sapere se il riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio per l’acquisizione di beni e servizi possa essere attuato solo nel caso in cui sia stata violata la normativa contabile sulla previa registrazione dell’impegno di spesa, oppure anche quando il contratto con i terzi risulti viziato da nullità, come nell’ipotesi di violazione della forma scritta ad substantiam.

Nel trattare la questione il collegio ha preliminarmente eseguito una ricostruzione dell’istituto in esame, osservando che la lettera e) dell’articolo 194 sopra citato permette di ricondurre una spesa nella gestione fisiologica del bilancio al ricorrere dei seguenti presupposti:

-       effettuazione della spesa in carenza del correlativo atto di impegno contabile;

-       rispondenza del bene o del servizio illegittimamente acquisito alle funzioni pubbliche fondamentali dell’ente;

-       indebito arricchimento accertato e dimostrato attraverso una motivata ponderazione dell’utilità economica ricavata, avente la consistenza di un incremento patrimoniale o di un mero risparmio di spesa.

Con riferimento all’ipotesi di obbligazione sorta per effetto di un contratto nullo, i giudici hanno richiamato la giurisprudenza della Cassazione secondo cui  “il riconoscimento da parte della Pa dell’utilità della prestazione o dell’opera può rilevare non già in funzione di recupero sul piano del diritto di una fattispecie negoziale inesistente, invalida o comunque imperfetta – trattandosi di un elemento estraneo all’istituto – bensì in funzione probatoria e, precisamente, ai soli fini del riscontro dell’imputabilità dell’arricchimento all’ente pubblico” (Sezioni Unite, sentenza n. 10798/2015).

Il presupposto di applicazione

Tenuto conto di ciò, il collegio si è espresso in senso opposto alla tesi sostenuta da alcune Sezioni contabili (V. Sezione di controllo per la Liguria, delibera n. 58/2010/PRSP, Sezione di controllo per il Trentino-Alto Adige/Südtirol, delibera n. 35/2018/PAR) e ha escluso che il presupposto di applicazione del suddetto articolo 194, lettera e), sia l’esistenza di un’obbligazione valida e giuridicamente perfezionata, dato che in tale caso, scrivono i giudici, “l’istituto sarebbe relegato a confini piuttosto angusti, non coerenti con le sue tradizionali origini e ratio, essendo mera ipotesi remota, nella costante prassi degli enti locali, la stipulazione di un contratto avente i requisiti formali richiesti dalla legge, ma privo di un impegno di spesa, per mera dimenticanza del distratto dipendente”.

Di qui l’assunto secondo cui la delibera consiliare di riconoscimento di una spesa scaturita da un negozio invalido non è suscettibile di cagionare ex se un esborso illegittimo, salvo il caso in cui l’esborso ecceda l’utilità riconoscibile e ascrivibile alle funzioni essenziali della Pa per effetto di una decisione dell’ente che esorbiti dai limiti del suo potere discrezionale.

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