PUBBLICO IMPIEGO, ESCLUSO IL RECUPERO DELL’INDENNITÀ INDEBITA NON OCCASIONALE E PERCEPITA IN BUONA FEDE
La pronuncia si discosta dall’orientamento dominante perché il caso riguardava un’indennità non solo percepita in buona fede, ma anche avente carattere non occasionale.
Non è ripetibile l’emolumento retributivo non occasionale corrisposto dalla Pa in modo costante, duraturo e senza riserve a un dipendente in buona fede, per il legittimo affidamento che nello stesso si è ingenerato sulla spettanza delle somme percepite.
Lo ha affermato il Tar Sicilia, Sezione III, con la sentenza n. 2536/2023.
Il fatto
Alcuni dipendenti dell’amministrazione penitenziaria hanno prestato servizio presso una casa circondariale, nella zona esterna al muro di cinta riservata al piantonamento dei detenuti, e in ragione di tale incarico hanno percepito dal 2016 al 2020 l’indennità per servizi esterni ex articolo 9 del Dpr 395/95.
A seguito di un riesame dei presupposti normativi, con gli atti impugnati la direzione della casa circondariale ha escluso i lavoratori di cui sopra dal novero degli aventi diritto e ha disposto nei loro confronti il recupero delle somme percepite a titolo di indennità per tutto il periodo interessato.
Al che i dipendenti si sono rivolti al Tar per ottenere il riconoscimento del diritto a percepire la controversa indennità, in ragione dell’attività lavorativa svolta a contatto con i reclusi.
Il tribunale adito ha escluso tale diritto, rilevando che in base al dato normativo la mera presenza di detenuti non è requisito sufficiente per l’attribuzione dell’indennità, che è tesa a remunerare i servizi di vigilanza per detenuti organizzati in turni sulla base di formali ordini di servizio.
Di contro, nel caso di specie – per ammissione degli stessi ricorrenti – la direzione dell’istituto non ha mai adottato un ordine di servizio per assegnare il personale alla custodia dei detenuti.
Va notato che, nonostante il mancato riconoscimento del diritto a percepire l’indennità per servizi esterni, il Tar ha accolto il ricorso dei dipendenti e ha annullato il provvedimento di recupero delle somme corrisposte a loro favore.
Il legittimo affidamento
Questo perché l’erogazione dell'indennità in questione, scrivono i giudici, “non è dipesa da un errore materiale o di calcolo di cui il dipendente avrebbe potuto ragionevolmente accorgersi né l'attribuzione è avvenuta in via provvisoria con riserva di ripetizione, bensì in via definitiva (…). Si tratta di un insieme di circostanze atte a determinare una sicura apparenza del diritto, le quali costituiscono dunque un limite (…) alla pretesa restitutoria dell'amministrazione, tanto più in presenza di circolari interne non sempre chiare e univoche in ordine ai requisiti occorrenti ai fini del riconoscimento del beneficio in esame”.
La decisione si discosta dall’indirizzo prevalente secondo cui, nel caso di domanda di ripetizione dell’indebito proposta da dalla Pa nei confronti di un dipendente per emolumenti non dovuti, la ripetibilità delle somme non può essere esclusa per la buona fede dell’accipiens (tenuto conto di quanto disposto dall’articolo 2033 del codice civile in tema di indebito oggettivo) e in tale frangente, oltretutto, il mancato recupero delle somme illegittimamente erogate dalla Pa è causa di danno erariale.
La Sezione ha invece aderito all’evoluzione giurisprudenziale più recente, secondo cui il principio della doverosità del recupero delle prestazioni retributive indebite trova un limite nel legittimo affidamento del percettore, secondo i principi affermati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo e recepiti sia dal Consiglio di Stato (Sez. II, sentenza n. 5014/21) sia dalla Corte di Cassazione (Sez. Lavoro, sentenza n. 40004/21).
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