DISTRIBUZIONE GAS: RIPRENDE LA TELENOVELA
All’incirca due anni or sono su questa Rivista veniva pubblicato un mio intervento dal titolo “IL SERVIZIO DISTRIBUZIONE GAS. PERIODO TRANSITORIO E RISCATTI: UNA NUOVA PUNTATA DELLA TELENOVELA”.
Successivamente numerosi sono stati i “capitoli” di questo romanzo segnalati da questo sito e commentati autorevolmente (vedi elenco in calce).
L’ultima puntata della “telenovela” risaliva ai primi dell’anno 2006; ci si aspettava quindi un nuovo numero che è apparso recentemente con una modifica al Decreto legge 157 del 1°ottobre 2007 in occasione della sua conversione in Legge (222 del 29 novembre 2007). Infatti è stato introdotto un articolo il 46 bis che riguarda la distribuzione gas. Ma non poteva mancare la puntata “natalizia” inserita nella Legge finanziaria 2008 (24/12/2007 n. 244) che ha modificato la legge 222 approvata da meno di un mese.
Così siamo giunti alla sesta “riforma” ( se ho fatto bene i conti) a partire dalla prima (il cosiddetto Decreto legislativo 164 del 23 maggio 2000 comunemente chiamato Letta) che ha impostato la “liberalizzazione” del settore; riforma ben nota, ma che crediamo opportuno richiamare brevemente.
La cosiddetta liberalizzazione è avvenuta con diverse modalità: con l’introduzione del mercato libero per quanto riguarda l’attività di vendita e la obbligatoria separazione societaria dall’attività di distribuzione. Questa, tenuto conto della sua caratteristica di monopolio naturale, veniva confermata come “pubblico servizio” e liberalizzata in altro modo e cioè con l’introduzione della concorrenza “per il mercato” e cioè l’attribuzione dell’esclusiva a un solo gestore e per un periodo limitato in un dato ambito territoriale (costituito dal territorio di uno o più Comuni).
Dal decreto Letta alla Finanziaria 2008
Il citato decreto leg.vo 164/00 disciplinava il settore in modo abbastanza semplice e razionale.
Esso disponeva:
a) l’obbligo di affidare il servizio da parte degli Enti locali (ai quali quindi veniva confermata la titolarità) mediante gara con esclusione quindi di ogni altra modalità di affidamento (società mista o società in house);
b) la trasformazione in società per azioni delle gestioni comunali in economia o in azienda speciale;
c) la cessazione anticipata al 31.12.2012 delle gestioni affidate con gara se in scadenza contrattuale successiva;
d) la cessazione anticipata al 31.12.2005 delle gestioni affidate senza gara, aventi scadenza contrattuale successiva con possibilità di proroghe di uno o due anni (cumulabili) al fine di incentivare le fusioni, le aggregazioni e le società miste pubblico private.
Complessivamente queste proroghe,definite dal legislatore “periodo transitorio”, potevano raggiungere cinque anni; quindi tutte le concessioni affidate senza gara avrebbero dovuto cessare e essere poste a gara entro il 31.12.2010.
Su queste proroghe riserve venivano avanzate anche dalla Magistratura amministrativa: si richiamano al riguarda la remissione alla Corte di Giustizia CE da parte del TAR Lombardia sezione di Brescia( ordinanza 963 del 4 agosto 2006) che ha chiesto alla Corte “ se sia contraria alle direttive UE e del Trattato e dei principi di ragionevolezza e proporzionalità la proroga delle attuali concessioni gas…..” Nonostante queste obbiezioni,successivi interventi legislativi hanno concesso ulteriori proroghe, di cui l’ultima quella citata all’inizio con l’articolo 46 bis . In esso si disponeva la proroga delle concessioni gas per ulteriore di altri due anni: quindi un termine generalizzato al 31.12.2009 prorogabile fino al 31.12.2011 (e con il “bonus” discrezionalmente concedibile dal Comune fino al 31.12.2012).
La motivazione: incentivare (rectius rendere possibili) operazioni di aggregazione delle imprese interessate garantendo al settore “maggiore concorrenza e livelli minimi di qualità”.
Più precisamente al primo comma del citato articolo 46 bis si stabilisce quanto segue:
a) Al fine di garantire al settore della distribuzione gas naturale maggiore concorrenza e livelli minimi di qualità, i Ministri dello sviluppo economico e per gli affari regionali, sentita la conferenza unificata e su parere per l’Autorità per l’Energia ed il Gas, individuano entro tre mesi (dall’entrata in vigore della Legge di conversione) i criteri di gara e per la valutazione dell’offerta tenendo conto:
* delle condizioni economiche offerte;
* quelle a vantaggio dei consumatori (ma solo per gli allacciamenti in quanto le tariffe di vendita non riguardano il distributore)
* gli standard qualitativi e di sicurezza;
* piani di investimento e di sviluppo delle reti e degli impianti.
Non si capisce la motivazione di questo intervento legislativo dato che, queste indicazioni sono già contenute nel comma 6 dell’articolo 14 del decreto Letta in maniera più puntuale in quanto vengono compresi tra i criteri di aggiudicazione anche il “rinnovo e manutenzione delle reti” e i “contenuti di innovazione tecnologica e gestionale”.
D’altronde esaminando i Bandi di gara, emessi negli ultimi anni, si può constatare che, nella generalità dei casi, essi contengono clausole assai puntuali in ordine ai criteri di affidamento.
Comunque non si deve rilevare come nel giro di tre mesi sarà difficile mettere d’accordo due Ministeri, la Conferenza unificata e l’AEEG; ma nulla questio sul probabile ritardo dato che, come vedremo, è stato fissato ora un termine di un anno per poter bandire le gare (ed allora a che serve la fissazione anticipata dei criteri?).
Al secondo comma del citato 46 bis viene introdotta la novità più rilevante: la istituzione degli ambiti (chiamati “ anche bacini”) territoriali per lo svolgimento delle gare. L’imprecisione regna anche in questo comma: si parla, all’inizio del comma, di ambiti territoriali minimi e successivamente di bacini ottimali di utenza. Dovrebbero essere la stessa cosa: ma la dimensione minima non è necessariamente quella ottimale! Si precisa, poi, che questi ambiti sono determinati a partire “da quelli tariffari “ (che, peraltro, già esistono in diversi casi).
Lo stesso provvedimento dispone la possibilità per i Comuni di incrementare, a partire dal 1 gennaio 2008, il canone di concessione fino al 10% del cosiddetto VRD (vincolo ricavi di distribuzione) normalizzando una prassi assai diffusa ed, a mio avviso, apportando più dubbi che chiarezza. Infatti:
a) se non esiste il canone (situazione diffusa) si potrà “istituirlo” ma non “incrementarlo” dato che non si può incrementare l’inesistente; ma lasciamo perdere queste sottigliezze;
b) viene stabilito un tetto massimo del 10% mentre, semmai, si sarebbe dovuto stabilire un tetto minimo ovviamente a favore degli enti locali, considerando che la generalità delle gare ha portato a offerte di canoni di gran lunga superiori a questo 10%; semmai un “tetto” poteva essere quello del 45% indicato dall’Autorità energia elettrica e gas come massimo a base di gara. Nella realtà, in quasi tutte le gare, si è sforato a favore dei Comuni giungendo fino a valori (in qualche caso veramente anomali) di canoni dell’80-90%)del Vrd.
c) I Comuni hanno contato su questo canone a beneficio dei loro sempre esangui bilanci; il provvedimento in parola stabilisce, invece, che essi debbono destinare “prioritariamente le risorse aggiuntive all’attivazione di meccanismi di tutela relativi ai costi dei consumi gas da parte delle fasce deboli utenza” nessun beneficio sarà apportato per le finanze comunali. Il provvedimento ignora che le tariffe sono applicate dal soggetto venditore e quindi l’unica possibilità per il Comune resta quella di sussidi o contributi all’utente disagiato.
Ma non finisce qui: il provvedimento, sopra illustrato, ha avuto efficacia (si fa per dire) per un mese in quanto la Legge finanziaria lo ha modificato sostanzialmente sostituendo integralmente il comma 3. Il testo definitivo è riportato in calce. Nella sostanza, anziché una proroga generalizzata di due anni per tutte le concessioni, si stabilisce che le gare sono bandite entro due anni dalla individuazione del relativo ambito territoriale (da stabilire entro tre mesi, come sopra segnalato). Quindi, primo termine: 31 marzo 2008 per stabilire i criteri della gara; secondo termine: 1 gennaio 2010 per individuare gli ambiti territoriali (minimali o ottimali non si sa) e quindi bandire le gare.
Come abbiamo sopra accennato, il provvedimento in esame, mira all’aggregazione delle imprese per superare la eccessiva frammentazione delle gestioni, finalità già considerata dal Decreto Letta che al riguardo disponeva l’incentivo di una protrazione del periodo transitorio per il raggiungimento di una dimensione “minima” di 100.000 clienti o 1.000.000 di mc /anno. In verità, stando a dati non ufficiali, ma attendibili, la concentrazione delle gestioni è già avvenuta essendosi i gestori ridotti dall’anno 2000 all’anno 2006 da 814 a 380 ed i comuni per esercente da circa 8 a circa 15.
La introduzione dei bacini ottimali di utenza
Con il provvedimento in esame si è introdotto nel settore gas il concetto di Ambito (o bacino) mutuando il concetto dall’ordinamento del servizio idrico e dei rifiuti urbani. Va rilevato che, a quanto si può desumere dalle nuove norme, esso non riguarda direttamente la gestione bensì le gare che, condotte unitariamente, potrebbero portare a unico gestore nell’ATO.
A quanto risulta (vedi documento ENI/ITALGAS LA DISTRIBUZIONE DEL GAS IN ITALIA Roma 20 ottobre 2007) l’emendamento contenuto nella finanziaria 2008 è stato sollecitato dagli operatori del settore. Nel documento sopra segnalato si sostiene, infatti, che le gare per ambito:
• favoriscono l’efficienza complessiva del sistema;
• contengono l’interesse politico locale sul servizio a vantaggio degli aspetti industriali;
• consentono una migliore selezione degli operatori del settore;
• riducono il numero di gare, evitando il temuto “ingorgo” che potrebbe verificarsi quando la stragrande maggioranza delle concessioni verranno messe in gara.
Sempre secondo il documento ENI/ITALGAS gli obbiettivi possono essere raggiunti con bacini ottimali di utenza di circa 100.000 utenti (già indicati nel decreto Letta).
Al riguardo mi siano consentite alcune osservazioni. Nel settore del ciclo idrico integrale (il primo ad introdurre gli ATO), il riferimento è il bacino idrografico (o dovrebbe essere, dato che in molti casi si è preferita la coincidenza con la circoscrizione amministrativa) ma l’interesse all’accorpamento non riguarda solo e non tanto le reti di distribuzione dell’acqua, normalmente non interconnesse, ma gli impianti di captazione e, soprattutto. quelli di depurazione per i quali è indispensabile un bacino di utenza minimale e sono accertate le economie dimensionali.
Altrettanto può dirsi per i rifiuti per i quali la costituzione degli ATO è d’obbligo ma procede con più lentezza. In questo settore l’economia di scala non si realizza nel servizio di raccolta, ma negli impianti di smaltimento.
Ben diversa è la situazione della distribuzione gas. I gestori, quale che sia la loro dimensione, ricevono il metano dalla rete nazionale SNAM per cui le dimensioni ridotte possono eventualmente incidere sulle modalità del pronto intervento e della sicurezza in genere.
Ma la determinazione per le future gare degli ambiti ottimali i problemi aperti e, che si spera siano risolti con la disciplina derivata, sono diversi:
chi bandisce la gara? Si dovrà costituire un Consorzio intercomunale? Oppure si potrà dare delega ad un Comune? Come si potrà bandire una gara unica se le scadenze delle concessioni in atto sono diverse? Si potranno richiedere canoni differenziati?
Anche l’Autorità per la concorrenza ed il mercato nella segnalazione al Parlamento sull’articolo 46 bis del d.d.l. approvato dal Senato, di cui si è detto, ha sollevato osservazioni sulla proroga biennale generalizzata (che, come accennato, ha è stata eliminata nella Finanziaria 2008) mentre ha avanzato serie riserve in ordine agli Ambiti territoriali, così esprimendosi testualmente:
L’Autorità ritiene che definire ambiti territoriali minimi “in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi” per via esogena e autoritativa implica l’oneroso compito di acquisire informazioni e dati su tali aspetti in condizioni di asimmetria informativa del regolatore rispetto a realtà tecnico-economiche locali. Inoltre, tali asimmetrie potrebbero favorire la definizione di ambiti che non riproducono strettamente le esigenze tecniche e di riduzione dei costi riscontrabili sul mercato, ma finiscono per rispondere, ad esempio, a esigenze di mera semplificazione amministrativa che, in realtà, non esauriscono gli obiettivi di efficienza sottesi alla riforma.
Da questo punto di vista, il legislatore, nel valutare la desiderabilità di configurare autoritativamente il mercato, dovrebbe soppesare i costi dell’attuale frammentazione delle concessioni messe a gara e quelli connessi alla regolazione del processo di riaccorpamento.
A che servono le gare ?
Le perplessità dell’Antitrust sulla proroga delle gare non trovano l’accordo di alcune associazioni dei concessionari privati come l’ANIGAS il cui presidente ha rilevato anzitutto come il periodo massimo di 12 anni stabilito dal Decreto Letta è, non solo inferiore alla durata delle preesistenti concessioni che era di 25/30 anni con proroghe senza gara che di fatto hanno mantenuto lo stesso concessionario anche per oltre 60 anni, ma inferiore a quella media degli Paesi dell’Europa parecchi dei quali hanno durata delle concessioni indeterminata. Lo stesso presidente rileva che “il settore della distribuzione è altamente efficiente ed i suoi costi incidono in modo molto marginale sul prezzo che paga il cliente finale. Non sussiste quindi alcuna urgenza per effettuare le gare”.
E’ ben noto d’altronde che nonostante l’obbligo di Legge (articolo 267 del RD 1175/25) i Comuni con l’autorizzazione prefettizia (fintantoché prevista) sono ricorsi alla trattativa privata singola od al più ad una ricerca di mercato sia per la prima concessione che le eventuali successive proroghe.
La vera (e non espressa) motivazione che ha spinto i Comuni a sollecitare le gare è stata quella di ottenere il canone di concessione; ma va ora considerato il nuovo obbligo della destinazione prioritaria degli introiti del canone a beneficio dell’ utenza e, comunque, l’orientamento di privilegiare nei Bandi e nei contratti di servizio i parametri qualitativi più di quelli economici .
La prossima puntata della telenovela: la riforma generale portata dal ddl 772 ““Lanzillotta”
Sono ben note a tutti gli operatori del settore le vicende del DDL di riforma generale del settore presentato dal Ministro Lanzillotta al Senato nel febbraio dello scorso anno e che ha avuto un lentissimo iter parlamentare nonostante l’impegno e il desiderio della proponente. Da ricordare che si trattava di una legge delega per cui nella migliore delle ipotesi i decreti delegati avrebbero visto la luce nel 2009. Da qui il tentativo di inserire il ddl nella Finanziaria (comma più comma meno…….) tentativo bloccato in extremis dal Presidente Marini che giustamente ha difeso le prerogative del Senato e la stessa serietà del Governo. Indomabile, il Ministro ha ottenuto di riprendere sostanzialmente il ddl 772 tramutando la proposta da legge delega a legge ordinaria composta di un solo articolo e quindi, con possibilità di una conclusione rapida.
Perché richiamiamo questo ddl in un articolo riguardante la distribuzione gas?
Nel nuovo testo, ancora più chiaramente, viene detto che le nuove disposizioni si applicano “a tutti i servizi pubblici ad eccezione per il servizio idrico e prevalgono sulle disposizioni di settore con esse incompatibili”. Vengono nel contempo abrogati gli articoli del TUOEL 112 e 113 (quest’ultimo al comma 1 escludeva il servizio gas per il quale quindi si applicano solo le leggi di settore).
Si deve concludere che in caso di approvazione del DDL Lanzillotta per il servizio gas le modalità di affidamento saranno quelle generali stabilite dal DDL 772 e precisamente:
a) l’affidamento a mezzo di gara;
b) affidamento a società mista nella quale il socio privato detenga una quota di almeno il 30%;
c) in via derogatoria a società in house con i tre requisiti richiesti dall’ordinamento comunitario.
Il ddl in esame stabilisce che resta ferma la possibilità di gestione in economia o a mezzo azienda speciale anche consortile(articolo 114 TUOEL).
Il ddl Lanzillotta prevede l’attribuzione agli enti locali della proprietà delle reti e degli altri beni strumentali alla gestione in linea con l’orientamento diffuso tesi a favorire la concorrenzialità (si veda al riguardo Guida Normativa per l’amministrazione locale 2008, parte 49, di C. Tessarolo I servizi pubblici locali pagg. 2095 e seguenti). Al riguardo il più volte richiamato documento ENI/ITALGAS solleva perplessità che possono condividersi. Infatti la proprietà rete in capo alla società di gestione favorisce la migliore programmazione degli interventi di sviluppo e rinnovo dato che il gestore–propretario è incentivato ad apportarvi migliorie a beneficio della sicurezza del servizio.
E’ evidente che lo scenario anche per il gas verrebbe a radicalmente a mutare . Ci si è chiesti in proposito se questa normativa non sia in contrasto con gli orientamenti UE considerando che il decreto 164/00 era attuativo della direttiva 98/30 (ora sostituita dalla direttiva 2003/55).
La risposta è negativa. Era già stato osservato come il decreto Letta fosse andato al di là degli obblighi imposti dalle norme UE che non entrano nel merito delle forme di gestione, la cui scelta è lasciata agli Stati membri. Le direttive UE sono invece assai precise e vincolanti in ordine ai compiti del gestori della rete di distribuzione che devono mantenere e sviluppare, a condizioni economiche accettabili, un sistema di sicurezza affidabile ed efficiente nel dovuto rispetto per l’ambiente. Il gestore deve in ogni caso astenersi da discriminazioni tra gli utenti in particolare da imprese ad esso collegate e , qualora faccia parte (come avviene in genere nel nostro Paese) di impresa verticalmente integrata, esso deve essere “indipendente” quanto meno sotto il profilo della forma giuridica dell’organizzazione e del potere decisionale da altre attività non connesse alla distribuzione.
In altri termini deve realizzare il c.d. unbundling “funzionale” che è più vasto della separazione amministrativa e prepara alla separazione proprietaria. Ma tutto questo non riguarda la natura giuridica del gestore.
Ma se approvato il ddl quali conseguenze potrà avere per le future gare? Ritengo che le amministrazioni comunali tenderanno al mantenimento dello status quo. Mi spiego: se il servizio viene dato in concessione a imprese private difficilmente passeranno alla gestione diretta, salvo il caso (assi raro) in cui, giunta la concessione a scadenza naturale l’ente locale abbia ottenuto, per devoluzione gratuita, la proprietà degli impianti. Più probabilmente i Comuni cercheranno di ottenere un buon canone di concessione. Diverso potrebbe essere il caso in cui il gestore sia una società posseduta al 100% dal Comune (ex municipalizzate). In questa ipotesi sempre che la propria società garantisca all’ente proprietario un adeguato utile ,le amministrazioni comunali potrebbero preferire la gestione “in house” o la società mista monetarizzando adeguatamente la cessione della partecipazione minoritaria.
PRECEDENTI INTERVENTI SULL’ARGOMENTO RINTRACCIABILI SUL SITO www.dirittodeiservizipubblici.it
26/01/2005 Stefano FERLA Le ultime modifiche al regime transitorio relativo agli affidamenti ed alle concessioni in essere per la gestione dei servizi locali di distribuzione del gas metano (art. 1, comma 69, l. 239/2004)
30/11/2005 Giosuè Nicoletti Il servizio distribuzione gas:periodo transitorio e riscatti. Una nuova puntata della “telenovela”
01/02/2006 Paolo ATI Distribuzione del gas e decreto “mille proroghe” – nota di riepilogo e aggiornamento.
29/05/2006 Antonio PETRINA Il processo di liberalizzazione del servizio pubblico di distribuzione del gas .
20/11/2006 Sara SILEONI Distribuzione del gas. Al via le gare?
17/04/2007 Stefano FERLA Il regime transitorio per gli affidamenti e le concessioni dei servizi di distribuzione del gas naturale rientranti nell’ambito di applicazione della normativa in materia di metanizzazione del Mezzogiorno.
DISTRIBUZIONE GAS
Decreto legislativo 159 del 01/10/2007 convertito nella Legge 29/11/2007 con le modifiche apportate dalla
Legge 24/12/2007 n. 244, art. 2, comma 175
Art. 46-bis
Disposizioni in materia di concorrenza e qualità dei servizi essenziali nel settore della distribuzione del gas
1. Al fine di garantire al settore della distribuzione di gas naturale maggiore concorrenza e livelli minimi di qualità dei servizi essenziali, i Ministri dello sviluppo economico e per gli affari regionali e le autonomie locali, sentita la Conferenza unificata e su parere dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas, individuano entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto i criteri di gara e di valutazione dell’offerta per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas previsto dall’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, tenendo conto in maniera adeguata, oltre che delle condizioni economiche offerte, e in particolare di quelle a vantaggio dei consumatori, degli standard qualitativi e di sicurezza del servizio, dei piani di investimento e di sviluppo delle reti e degli impianti.
2. I Ministri dello sviluppo economico e per gli affari regionali e le autonomie locali, su proposta dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas e sentita la Conferenza unificata, determinano gli ambiti territoriali minimi per lo svolgimento delle gare per l’affidamento del servizio di distribuzione del gas, a partire da quelli tariffari, secondo l’identificazione di bacini ottimali di utenza, in base a criteri di efficienza e riduzione dei costi, e determinano misure per l’incentivazione delle relative operazioni di aggregazione.
3. Al fine di incentivare le operazioni di aggregazione di cui al comma 2, la gara per l’affidamento del servizio di distribuzione di gas è bandita per ciascun bacino ottimale di utenza entro due anni dall’individuazione del relativo ambito territoriale, che deve avvenire entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto.
4. A decorrere dal 1 gennaio 2008, i comuni interessati dalle nuove gare di cui al comma 3 possono incrementare il canone delle concessioni di distribuzione, solo ove minore e fino al nuovo affidamento, fino al 10% del vincolo sui ricavi di distribuzione di cui alla delibera dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas n. 237 del 28 dicembre 2000, pubblicata nel supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 4 del 5 gennaio 2001, e successive modificazioni, destinando prioritariamente le risorse aggiuntive all’attivazione di meccanismi di tutela relativi ai costi dei consumi di gas da parte delle fasce deboli di utenti.
4-bis A decorrere dal 1 gennaio 2008, alle gare di cui al comma 1 del presente articolo si applicano, oltre alle disposizioni di cui all’articolo 15, comma 10, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, anche le disposizioni di cui all’articolo 113, comma 15-quater, del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che si intendono estese a tutti i servizi pubblici locali a rete.
NORME RICHIAMATE
Art. 15, comma 10, Legge 164/2000
I soggetti titolari degli affidamenti o delle concessioni di cui al comma 5 del presente articolo possono partecipare alle gare indette a norma dell’articolo 14, comma 1, senza limitazioni. Per i soggetti che devono essere costituiti o trasformati ai sensi dei commi 1, 2, e 3 del presente articolo, la partecipazione alle gare è consentita a partire dalla data dell’avvenuta costituzione o trasformazione.
Art. 113, comma 6, Legge 267/2000 (TUOEL)
Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all’estero, gestiscono a qualunque titolo, servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi; tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4.
Comma 15 quater
A decorrere dal 1° gennaio 2007 si applica il divieto di cui al comma 6, salvo nei casi in cui si tratti dell’espletamento delle prime gare aventi ad oggetto i servizi forniti dalle società partecipanti alla gara stessa. Con regolamento da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, sentite le Autorità indipendenti del settore e la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, il Governo definisce le condizioni per l’ammissione alle gare di imprese estere, o di imprese italiane che abbiano avuto all’estero la gestione del servizio senza ricorrere a procedure di evidenza pubblica, a condizione che, nel primo caso, sia fatto salvo il principio di reciprocità e siano garantiti tempi certi per l’effettiva apertura dei relativi mercati.
(comma introdotto dall’articolo 4, comma 234, lettera c), legge n. 350 del 2003). |