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Prime note sulle novità del decreto legge n. 79/09 (anticrisi)
di Giosuè Nicoletti 7 luglio 2009
Materia: finanza pubblica / spesa pubblica

PRIME NOTE SULLE NOVITA’DEL DECRETO LEGGE N. 79/09 (anticrisi)

 

Il Decreto Legge 1 Luglio 2009, n°79 (cosiddetto “anticrisi, o “minifinanziaria”, ma in verità uno dei tanti decreti “omnibus”; basta segnalare che contiene norme per le missioni internazionali) reca anche alcune importanti norme riguardante l’area dei servizi pubblici locali.

 

I° dismissione delle società non strettamente necessarie

 

La prima norma (articolo 19, comma 2) stabilisce una nuova scadenza per la dismissione delle partecipazioni societarie non strettamente necessarie per le finalità dell’Ente in esecuzione dell’articolo 3 commi 27 e seguenti della legge 244/07 (finanziaria 2008) . Ricordiamo che la scadenza originaria stabilita dalla Finanziaria stessa era il 30 giugno 2009 termine che la recente Legge 18 giugno 2009 n° 69, all’articolo 71, aveva prorogato al 31 dicembre 2010.

Riserve sono state avanzate da diverse parti in via ufficiosa o ufficiale su questa maxi proroga che avrebbe portato il termine a ben tre anni e ciò non per concludere le dismissioni, ma per avviare il procedimento. Probabilmente ciò ha indotto il Governo ad un ripensamento “lampo” (e cioè prima ancora dell’entrata in vigore della norma: 4 luglio 2009) limitando la proroga, rispetto al termine ufficiale, a tre mesi anziché a diciotto.

Ma oltre alla scadenza su questa materia vanno richiamate altre particolari disposizioni e precisamente:

 

1) perentorietà della scadenza; sono così superate le differenti interpretazioni date alla norma sopra richiamata. Mentre la Corte dei conti aveva espresso l’avviso che, in mancanza di specifica previsione normativa, il termine dovesse considerarsi perentorio, la migliore dottrina lo considerava come semplicemente ordinatorio o come si suol dire “sollecitatorio”. La conseguenza della perentorietà è la nullità di eventuali provvedimenti adottati a decorrere dal 1 ottobre p.v.

Vi era invece accordo nel ritenere che entro il termine legale gli enti dovessero avviare la procedura, ma non necessariamente concluderla e ciò per evitare svendite o speculazioni dei soggetti privati nella determinazione della partecipazione o della società in mano pubblica. La Corte dei conti ha comunque sottolineato la necessità della redazione di un accurato programma che scandisca i tempi e le modalità delle previste dismissioni.

 

2) la previsione espressa della responsabilità amministrativa (il decreto letteralmente la definisce “erariale”) per il mancato avvio delle procedure finalizzate alla cessione delle partecipazioni non necessarie. Questa responsabilità fa capo ai funzionari e dirigenti dell’ente locale che hanno il compito di sottoporre la proposta di deliberazione al Consiglio comunale, ma è da ritenere che la responsabilità stessa riguardi anche gli amministratori dell’ente locale.

Dato che la responsabilità cosiddetta formale e cioè per colpa grave per inosservanza della norma anche senza danno non è più rilevabile, da cosa potrebbe derivare la responsabilità per la mancata dismissione o meglio per il mancato avvio della procedura di dismissione? Certamente il danno erariale può sussistere a causa dell’eventuale accollo al bilancio dell’ente locale di finanziamenti alla società “vietata” sia in conto capitale che in conto esercizio ed, a maggior ragione, per il ripiano dell’eventuale perdita di esercizio. Ma vanno considerati anche per i costi (molte volte trascurati) conseguenti alla la sola esistenza in vita di una società anche non attiva: compensi ad amministratori e sindaci, onere iscrizione al Registro delle imprese ecc.).

 

3) Il Consiglio dell’ente locale deve provvedere con deliberazione motivata in ordine alla sussistenza della stretta indispensabilità di nuove partecipazione ed al mantenimento di quelle esistenti. Non necessitano di questa (specifica) autorizzazione le società che producono servizi di interesse generale (ed a maggior ragione quelle che gestiscono servizi pubblici). Come già detto questa deliberazione va adottata entro il 30 settembre p.v. e deve contenere un dettagliato inventario delle partecipazioni, anche di minoranza, con l’indicazione dell’oggetto sociale, del capitale sociale e del patrimonio netto, dei risultati economici estesi quanto meno all’ultimo triennio, al numero dei dipendenti ecc.. E’ consigliata l’inclusione nell’elenco sottoposto al Consiglio dell’ente locale anche delle società che gestiscono servizi pubblici locali sia per verificarne la effettiva natura di servizio di intesse generale e la rispondenza dell’oggetto sociale alle finalità dell’ente ma anche per accertarne i risultati economici. La deliberazione va inviata alla Corte dei conti:

 

4) Con l’occasione va segnalato come il più volte citato articolo 3 comma 27 della legge finanziaria 2008 prevedeva l’obbligo della dismissioni delle partecipazioni mantenute direttamente o indirettamente. Con un’operazione che Giannini avrebbe definito “occultamento legislativo” le parole “o indirettamente” sono state soppresse con la legge 69 del 18 giugno 09 articolo 71 c.1 lettera b). In conseguenza sarebbe consentito ad una società “necessaria” per l’ente locale di detenere partecipazioni in una società figlia (“nipote” dell’ente locale) anche di attività non “necessarie”.

 

II: Estensione alle società partecipate dagli enti locali dei limiti alle assunzioni stabiliti per gli enti controllanti.

 

Il richiamato articolo 19 del decreto legge in esame stabilisce con norma aggiuntiva al comma 2 dell’articolo 18 del decreto legge 112 (legge 133) che i divieti e le limitazioni alle assunzioni di personale e le politiche di contenimento degli oneri contrattuali o di consulenze si estendono alle:

 

*società a partecipazione pubblica totale e di controllo che siano titolari di affidamenti diretti senza gara (in house o no; non vi dovrebbero rientrare le quotate in Borsa escluse dalla norma originale ora “integrata”)

* società che svolgono funzioni volte a soddisfare esigenze di carattere generale aventi carattere non industriale o commerciale

*società che svolgono attività nei confronti della pubblica amministrazione a supporto di funzioni di natura pubblicistica (società strumentali cosiddette ”Bersani”)

Il coinvolgimento delle società controllate alle vicende della gestione degli enti controllanti è iniziata con l’articolo 23 bis del decreto legge 112/08 (legge 133/08) che le assoggettava al “patto di stabilità”, norma rimasta sinora lettera morta in attesa del Regolamento applicativo (se mai uscirà) ma anche per le difficoltà applicative: come si possono applicare norme stabilite per un regime di bilancio e contabilità finanziaria?

La nuova norma relativa al blocco delle assunzioni ha sollevato dubbi seri in ordine al contrasto con l’ordinamento societario, con il dinamismo proprio delle società che possono svilupparsi acquisendo nuovi servizi e con la caratteristica dei rapporti di lavoro del personale. Ma sono comunque evidenti le ragioni di inopportunità: nelle società a partecipazione pubblica la maggior parte dei lavoratori sono dedicati alla produzione di beni e servizi; quindi non rappresentano solamente un “onere” ma costituiscono una “risorsa umana” altrettanto indispensabile come le infrastrutture. Vi è poi una difficoltà in più per le società (e sono molte) nella cui compagine societaria vi sono più enti locali con posizioni differenziate rispetto all’osservanza del patto di stabilità e dei limiti alle assunzioni. Potrebbe farsi riferimento al socio di riferimento (vedi A. Barbiero: su il SOLE 23 Ore del giorno 6 luglio u.s.) ma spesso questo manca od è incerto attese le partecipazioni frammentate o di eguale valore.

Esponiamo in sintesi le disposizioni riguardanti il blocco delle assunzioni negli enti locali rinviando per eventuali approfondimenti al n° 2/2009 della Rivista AZIENDITALIA e 10/08 di AZIENDAITALIA IL PERSONALE.

a) l’articolo 76 c.4 del DL 112 /08 (legge 133/08) ha ripristinato per gli enti che non hanno rispettato il patto di stabilità nell’anno precedente il divieto di assunzione del personale con qualsivoglia tipologia contrattuale compresi i co.co.co e le somministrazioni di lavoro vietando altresì di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che comportino elusione del divieto di assunzione.

b) Con D.P.C.M a quanto risulta non ancora emanato (probabilmente per il difficile “concerto” con le rappresentanze delle Regioni e delle autonomie locali) saranno definiti anche criteri e modalità per estendere la norma agli enti non sottoposti al patto di stabilità interno.

c) fino all’emanazione del citato D.P.C.M. è fatto divieto agli enti nei quali la spesa di personale è superiore al 50% delle spese correnti di procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo.

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