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La riforma dei servizi pubblici locali; prime valutazioni sul decreto legge 25 settembre 09 n. 135.
di Giosuè Nicoletti 29 settembre 2009
Materia: servizi pubblici / disciplina

La riforma dei servizi pubblici locali; prime valutazioni sul decreto legge 25 settembre 09 n. 135

 

Sono molto soddisfatto, ha dichiarato il Ministro Fitto, per l’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri di una norma che, emendando l’articolo 23 bis del decreto legge 112 del 2008, risolve alcuni nodi interpretativi dell’applicazione della precedente norma in materia di servizi pubblici locali a rilevanza economica.

Non altrettanto soddisfatti appaiono  gli operatori interessati alla Riforma (enti locali, società pubbliche e private) che sono in attesa di un quadro normativo ben chiaro e definito e, soprattutto, stabile e ritengono che ad una riforma seria non si possa provvedere a mezzo di decreti legge e regolamenti.

In effetti l’ultima riforma varata lo scorso anno con l’articolo 23 bis, alla quale non ha fatto seguito, come avrebbe dovuto, il regolamento applicativo, aveva certamente bisogno quanto meno di un “lifting” in quanto alcune norme erano oscure. Basti accennare ai commi 2 e 3 che facevano riferimento ai principi del trattato UE  (comma 2) ed ai principi della disciplina comunitaria (comma 3) senza alcun espresso richiamo alle società miste ed alle gestioni in house che venivano invece indicate al comma 10 lett. a)  come oggetto di disciplina regolamentare.

 

Veniamo alle novità contenute nel nuovo decreto legge:

 

1.         ambito applicativo: il comma 1 conferma l’esclusione dalle norme in parola del servizio distribuzione gas e la estende all’energia elettrica (precisazione superflua trattandosi di servizio non concesso da enti locali) ed al trasporto ferroviario regionale (precisazione anche questa non necessaria in quanto le Regioni non sono enti locali)

 

Il nuovo testo  del primo comma è il seguente:

primo periodo.    Omissis (ìnvariato)

secondo periodo: le disposizioni contenute nel presente articolo si applicano a tutti i servizi pubblici locali e prevalgono sulle discipline di settore

terzo periodo: Sono fatte salve le disposizioni  del decreto legislativo 23 maggio 2000 n. 164 e dell’articolo 46 bis  del decreto legge 1 ottobre 2007 n. 159 convertito con modificazioni  dalla legge 29 novembre 2007 n. 222 in materia di distribuzione di gas naturale, le disposizioni del decreto legislativo 16 marzo 1999  n. 79 e della  legge 23 agosto 2004 n. 239 in materia di distribuzione di energia elettrica  nonché quelle del decreto legislativo 19 novembre 1997 n. 422 relativamente alla disciplina del trasporto ferroviario regionale.

 

2.         Novità per le società miste.

E’ ben nota  la discussione riguardante questa forma di gestione e sono altrettanto noti i dissensi tra coloro che  sostenevano trattarsi di forma “ordinaria” e chi sosteneva che, invece, essa deve considerarsi derogatoria (più o meno come l’in house) in quanto la forma normale è solamente la “procedura ad evidenza pubblica per il conferimento della gestione”. Sono note anche le difformi pronunzie giurisprudenziali riguardanti la necessità o meno della doppia gara (la prima per la scelta del socio, la successiva per l’affidamento del servizio).

Con le nuove norme, sulla base anche degli orientamenti UE, l’affidamento a società mista pubblica privata diviene forma ordinaria a condizione che la selezione del socio avvenga mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, le quali abbiano ad oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e l’attribuzione dei compiti operativi connessi alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita una partecipazione non inferiore al 40 per cento. 

Una precisazione importante è contenuta nel decreto legge anche sulle prestazioni del socio privato. Si ricorda che, secondo gli orientamenti UE, nel partenariato pubblico-privato il socio pubblico deve limitarsi al controllo mentre la operatività deve essere affidata al socio privato. Nella prassi nazionale delle società miste generalmente  non è avvenuto cosi: al socio privato spesso sono attribuiti compiti limitati lasciando l’operatività come tale alla società; qualche pronunzia della Magistratura amministrativa ha convalidato questa interpretazione. Tessarolo ha definito questa prassi   il “modello italiano” di società mista (vedi articolo su questa Rivista in data 20 luglio 2004).

Ora l’equivoco dovrebbe essere superato in quanto la norma espressamente prevede l’attribuzione al socio privato dei  compiti operativi e non di compiti operativi.

La società mista si avvicina, in questo modo, alla concessione a terzi con la variante del controllo interno anziché esterno da parte del socio pubblico.

Vedremo, nella pratica attuazione, come il nuovo modello funzionerà nei rapporti con gli utenti ed i terzi, nei rapporto di lavoro, relativamente alla proprietà ed alla gestione degli assets.

 

3.         Novità per le società in house.

I primi commenti al decreto legge  hanno sottolineato  come esso introduca per l’in house ulteriori restrizioni e limiti, il che, a mio avviso, non risponde  completamente a verità, in quanto già a legislazione vigente  l’in house deve considerarsi assai difficile per non dire impossibile (si veda al riguardo su questa Rivista il mio contributo pubblicato il 21 aprile u.s.). L’Autorità antitrust ha infatti espresso parere negativo nella  quasi totalità dei casi ad essa sottoposti, dato che ritiene inammissibile la gestione “in house” qualora esista,  sia pure solo potenzialmente, un soggetto (privato o pubblico) disposto ad assumere il servizio.

Un elemento che viene portato a sostegno dei maggiori  limiti o vincoli alle “in house” è l’aggettivo “eccezionali” aggiunto al comma 3 dopo il sostantivo “situazioni  ma è evidente che nulla  si aggiunge di sostanziale  alla norma.

 Va comunque   osservato quanto segue:

a)         anzitutto che al comma 3 si indica espressamente  la gestione in house mentre nel  precedente testo dell’articolo 23 bis si parlava solo di forme rispettose della disciplina comunitaria espressione, come già detto,  quanto meno oscura.

b)         La indicazione dei tre requisiti richiesti alle società in house (capitale interamente pubblico,  controllo analogo, prevalenza dell’attività svolta con l’ente che la controlla) nulla aggiungono e nulla tolgono all’ordinamento attuale.

c)         Al comma 4 si è depennato il richiamo alle autorità di regolazione del settore che avrebbero dovuto esprimersi sulla scelta dell’in house in aggiunta al parere dell’autorità garante della concorrenza e del mercato. La norma, quindi,  semplifica la procedura; ricordiamo che per le aziende del settore idrico l’autorità di vigilanza sui contratti pubblici aveva avviato una propria indagine giungendo a conclusioni favorevoli alle società circa la sussistenza dei requisiti in house, in contrasto con il parere dell’Antitrust.

d)         Si è aggiunto un comma: il 4 bis che riprendendo il testo della bozza di regolamento stabilisce che l’Autorità garante della concorrenza e del mercato individua, con propria delibera, le soglie oltre le quali gli affidamenti di servizi pubblici locali assumono rilevanza ai fini dell’espressione del parere di cui al comma 4.

Con tutta probabilità si tratterà di soglie assai ridotte, tali cioè da non sollecitare in alcun modo la concorrenza. Si consideri che l’Autorità GCM  sinora si è espressa favorevolmente in un solo caso: quello di gestione di una scuolabus in  Comune di  1900 abitanti.

e)         Può certamente essere indicato come nuovo limite dell’in house la norma dell’articolo 8 lett. a) che stabilisce la cessazione al 31.12.2011 delle gestioni in house esistenti alla data del 22 agosto 2008  anche se conformi ai principi  comunitari (quelli difformi cessano al 31.12.2010).

Per la precisione va ricordato come anche a legislazione vigente si è sostenuto che l’in house doveva considerarsi provvisorio come “ponte” per il tempo necessario a bandire  la gara.

 

4.         Il già richiamato articolo 8 detta poi le norme relative al regime transitorio degli affidamenti sintetizzabile come segue:

 

scadenza prevista dal contratto di servizio per le società miste qualora sia stato  scelto con  gara  il socio privato e siano stati  attribuiti nel contempo i compiti operativi al socio stesso con la stessa gara e per le società quotate e loro controllate  con partecipazione di soci privati  ridotta al 30% o inferiore.

31 dicembre 2011: gestioni in house “conformi” alle direttiva  UE di cui abbiamo appena detto e  società  miste  che non abbiano affidato la gestione del servizio  in occasione della gara per la scelta del socio privato.

31 dicembre 2012 società quotate in  Borsa al 1 ottobre 2003 e loro controllate  per affidamenti diretti assentiti alla stessa data salvo che  la partecipazione  pubblica non venga ridotta ad una quota del 30% o inferiore nel quale vale la scadenza del contratto di servizio.

31 dicembre 2010  in tutti gli altri casi, senza necessità di apposita deliberazione dell’ente affidante.

 

5.         Al comma 9 il decreto legge prevede per le società e loro controllate o controllanti che  gestiscono servizi pubblici locali in affidamento diretto di acquisire la gestione di servizi ulteriori in ambiti territoriali diversi o svolgere servizi ed attività per altri enti pubblici e privati. Rispetto alla norma attuale sono state comprese nel divieto in parola (e non se ne capisce il motivo) anche le società miste “regolari” e società non appartenenti a stati membri dell’UE mentre sono state escluse le società quotate.

Per tutte le società è possibile concorrere alla prima gara per l’affidamento dello specifico servizio  già a loro affidato.

 

6.         Al comma 10 viene confermata la delega al Governo di emanare uno o più regolamenti, con alcune varianti rispetto al 23 bis e precisamente:

          termine differito al 31 dicembre  2009 (praticamente un anno dopo quello originario)

          sostituzione del termine “affidatari diretti” con quello “affidatari in house”

          depenno della lettera c)  relativa all’allineamento delle scadenze in essere.

 

 

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